Ricerca per Volume

PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, IV della I Serie dei Documenti Diplomatici, inizia il 10 luglio 1863 e termina il 30 gtugno 1,864, con l'entl'ata nel vivo delle trattativ,e ~che •condurranno allla Convenzione di settembre.

2,. Il voLume si basa principalmente suHa documentazione conserva,ta nell'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri e divisa neHe serie se,guenti:

I -Gabinetto e Se,gretariato Generale: a) registri copialettere di corrispondenza confidenziale; b) corrispondenza telegrafica; c) carteggio confidenziale e riservato: due buste relative alle relazioni segrete con l'Ungheria, i Principati Danubiani e la Polonia.

II -Dhnisione delle Legazioni e Divisione Conlsolare:

a) registri copialettere legazioni; b) registri copialettere consolati; c) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

III -Anche per questo volume l'a11chivio della L~egazione di Londra è stato utile per 'ControHare i passi mancanti o di lettura ince~rta e !Le date di partenza e di arrivo dei teleg~rammi conservati nei regi,stri della corrispondenza telegrafica.

3. A1ti1i documenti sono tratti dalla oa:Vtel!la 5 del fondo L~e~aZJione a Francoforte, 'Conse,rvato pres,so J.'a,rchivio di Stato ,di Torino e da numerosi archivi privati: l'Archivio V,i,sconti v.enos,ta di Santena, le Carte Pepoli conservate presso l'Archivio Stori<co del Ministero degli Esteri, le Carte Minghetti, conservate presso la Biblioteca Comunale deill'Archiginnasio di Bologna, le Carte La M<armora conservate presso l'Ar·chivio di Stato di Biella, Le Carte Eredità Nigra, conservate presso ,J'Archivio Storico del Ministero degli Esteri, le Carte D'Azeglio 'conservate presso 'l'Ar,chivio di Stato di Torino.

Alcuni documenti sono infine tratti dalle « Copie Artom » esistenti presso la Commissione ed un solo documento degli Archives de Prangin è st,ato riprodotto da una copia fattane da Walter Maturi.

A:1euni dei documenti pubblikati e111ano già editi in:

Libro Verde n. 7. Documenti diplomatici relativi alla cattura eseguitasi sull'Aunis presentati ~al Parlamento i1l 20 luglio 1863. Carteggio tra Marco Minghetti e Giuseppe Pasolini, a cW'Ia di G. PASOLINI, vol. III (1:860-1863), Torino, 1929 e vol. IV (1864-1876), Torino, 1930.

IX

G. PASOLINI, Memorie, IV ediz. vol. I, Torino, 1952.

M. MINGHETTI, La convenzione di settembre, Bologna, 1899.

L. LIPPARINI, Minghetti, vol. II, Bologna, 1942.

H. BASTGEN, Die Rom~sche Frage, II, Freiburg im Bresgau, 1918.

Nel 1~cenz,ia~re i1l voll.l!me desLdero rit[}JglrazLare iJ dott. Giovanni Silengo che cortesemente ha coUaz'ionato vari documenti dell'Archivio Visconti Venosta.

RuGGERO MoscATI

La messa a punto dei documenti per la stampa e la compilazione delle note e degli indici sono stati curati dal dott. MARIO PASTORE e dalla dott.ssa EMMA GHISALBERTI.


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 668. Torino, 10 luglio 1863, ore 22,20. Préfet de Genes sachant qu'aujourd'hui étaient arrivés à bord d'un bateau des Messageries Impériales allant de Civitavecchia à Marseille cinq chefs de brigands, napolitains, célèbres par leurs crimes et contre les quels H y avait des mandats de l'autorité judiciaire, se crut autorisé, avec l'avis du procureur général, de procéder à leur arrestation. Commandant bateau demanda autorisation Consul français. D'après demande personnelle du questeur consul envoya employé à bord pour donner autorisation. Jugez vous-meme s'il est utile

que Gouvernement français soit averti par vous de cette affaire, et dites-moi votre avis sur la condu:ite probable du Gouvernement français.

2

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 10 luglio 1863. Il Governo Austriaco fa costruire vaste opere di fortificazione nel Monte Croce presso Peschiera nella Zona Militare assegnata dal Trattato di Zurigo a questa fortezza. I lavori sono cominciati da vari mesi; in questo momento si sta tagliando e spianando il culmine del monte per averne un'area regolare e spaziosa; e si raduna copia grandissima di materiali. L'area del nuovo forte è di circa 6 mila metri quadrati cosicchè trattasi di opera di molta entità. L'erezione di una nuova fortezza in quella località che domina le migliori posizioni della nostra frontiera e da cui il cannone austriaco porterà facilmente sul nostro terrHorio, pregiudica grandemente le nostre condizioni mili· tari, e rende più formidabile ancora per l'indipendenza d'Italia, le già tanto minacciose opere del Quadrilatero. Noi abbiamo l'intima convinzione che le nuove fortificazioni ordinate dall'Austria sono contrarie se non alla lettera del Trattato di Zurigo certament·e alle intenzioni che si avevano e dalla Francia e da noi nello stipular.lo; non meno che allo scopo palese che veniva indicato dagli stessi Plenipotenziari Austriaci. Ella sa, signor Cavaliere, per la parte distinta da lei presa a' lavori de' Plenipotenziari Sardi a Zurigo, come una delle quistioni che presentavano maggiori difficoltà fosse precisamente lo stabilire il confine dal lato di Peschiera, ossia il raggio di difesa della fortezza, che l'Austria, dando un'interpretazione affatto insolita alle espressioni, naturalmente vaghe, de' Preliminari

di Villafranca pretendeva di estendere a 6 mila metri. La ragione che l'Austria invocava per ottenere quella enorme estensione di perimetro si era che altrimenti dalla frontiera nostra noi avremmo potuto co' cannoni rigati offendere Peschiera, e che per conseguenza bisognava si lasciasse fra le opere della fortezza ed il nostro confine un terreno libero abbastanza vasto perchè i tiri delle artiglierie non vi potessero giungere.

Per troncare con un temperamento di conciliazione queste difficoltà, Plenipotenziari Francesi, per ordine del Governo Imperiale, concedevano che il raggio della zona dal centro della Piazza fosse di metri 3500, estensione molto più grande che non sogliasi stabilire in simili casi. Difatti, lo stesso Maresciallo Vaillant consultato officiosamente per parte del Generale La Marmora, come persona competente in questa materia, si dimostrava di parere che tutt'al più l'Austria potesse chiedere il limite stabilito in fortificazione per le servitù militari, ossia mille metri dallo spalto delle opere più avanzate.

Se dunque i Plenipotenziari Francesi concedettero molto di più, non era sicuramente nell'intendimento di dar mezzo all'Austria di rendere le sue posizioni al confine più forti che noi fossero prima della Guerra, nè di crearvi nuove opere che dominassero la frontiera già così debole e così sguernita dello Stato vicino.

Siffatta idea abbondantemente esclusa da quanto la Francia avea fatto per liberare ,l'Italia, lo era poi esplicitamente dal corso de' negoziati che eransi passati a questo riguardo fra i Plenipotenziari Francesi ed i Plenipotenziari Sardi. Difatti i Plenipotenziari Sardi non avevano omesso di far sentire che in ogni caso si dovesse intendere una Zona libera nella quale non fosse lecito l'innalzare nuove opere ed anzi prima che fosse firmato il Trattato avevano rimesso a' Plenipotenziari Francesi una Nota Verbale in questo senso.

Non è dunque da supporre che la Francia la quale stipulava in favore dell'Italia e che conosceva le intenzioni del Governo del Re sovra questo punto, volesse far cosa contraria non solo agli interessi d'Italia, ma a que' grandi e generosi motivi per i quali la Francia avea fatto così ampio sacrificio di sangue e di danaro.

Se i Plenipotenziari Francesi non chiesero d'inserire nel Trattato una clausola precisa a questo proposito, si è certamente perchè la reputavano superflua, e credevano l'Austria bastantemente impegnata in buona fede dalle stesse ragioni ch'essa avea addotte domandando una Zona tanto estesa. E che questa fosse l'opinione de' Plenipotenziari Francesi, risulta da una circostanza ch'è importante il notare. Il Colonnello Govone mandato a Zurigo per assistere colle sue cognizioni tecniche i Plenipotenziari Sardi essendosi ne' primi giorni del Settembre recato a far visita a S. E. il Barone di Bourqueney col quale trovavasi pure il Marchese di Banneville, e sentendo che i Plenipotenziari Francesi già si erano impegnati con Nota a concedere all'Austria assai più de' 1000 Metri di Servitù Militare che parevano equi al Governo Italiano,

esprimeva la persuasione che almeno gli Austriaci non sarebbero liberi di aumentare le loro fortificazioni con opere più avanzate di quelle esistenti. Allora il Marchese di Banneville esclamava • Evidemment non! Les Autrichiens ne pourront construire de nouveaux ouvrages. On n'en parlerait pas, que, bona fide, cela devra étre bien-entendu •. A quali parole si associava S. E. il Barone di Bourqueney.

Dal complesso di questi fatti ci sembra manifestamente provato che se

manca nel Trattato una proibizione esplicita, gli stessi Plenipotenziari Francesi riconoscevano che vi era una specie d'impegno morale, che l'Austria in buona fede era vincolata verso la Francia a non costrurre nuove opere. È chiaro insomma che se il raggio di difesa fu interpretato in modo largo in favore dell'Austria, lo fu a tutela delle sue fortificazioni di Peschiera, ma non perchè diventasse una minaccia ed una offesa contro il territorio italiano. Ora, colla costruzione del nuovo forte, lo scopo del Trattato è del tutto invertito ed adulterato. Ciò che doveva essere elemento di pace, diventa anzi motivo di ostilità. Infine poi bisogna osservare che il Trattato parla di Zona di difesa, e che col nuovo forte il raggio di difesa tra le opere Austriache ed il territorio italiano, non esiste più.

Noi pertanto portiamo fiducia che il Governo di S. M. Imperiale vorrà dimostrare anche in questa congiuntura quell'interessamento per la sicurezza e per il bene d'Italia di cui non ha cessato mai dal darci luminose prove, e non vorrà permettere che il Governo Austriaco interpreti le stipulazioni del Trattato di Zurigo in un modo che non era certamente nelle intenzioni della Francia.

D'altronde il Governo Francese è troppo perspicace per non sentire quanto lo stato di cose che ne deriverebbe sarebbe pericoloso. Quando le opere che l'Austria intende costrurre venissero condotte a termine, esse porterebbero le loro offese sul territorio italiano, e faciliterebbero all'Austria in date eventualità i mezzi di aggressione sulla Lombardia. Quindi l'Italia per premunirsi sarebbe costretta di opporre alle fortificazioni Austriache, altre fortificazioni sull'estremo suo confine, e ne verrebbe uno stato di diffidenza e d'irritazione che potrebbe da un momento all'altro far nascere complicazioni dannose alla pace d'Europa.

Oltre pertanto alla offesa che a parer nostro riceverebbe la dignità della Francia se l'Austria sprezzando le intenzioni chiaramente risultanti da' Negoziati di Zurigo continuasse a far opere che a buon diritto si possono dire aggressive e provocatrici, a noi sembra che gli interessi di una savia politica debbano pure aver molto peso presso del Governo di S. M. Imperiale per indurlo ad appoggiarci in questa vertenza.

Prima però di far pratiche presso di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, sarà necessario che la S. V. Illustrissima esplori privatamente il Signor de Banneville, e procuri con quell'accortezza e con quel tatto che le son propri di ottenere da lui la conferma delle parole riferite dal Colonnello Govone e qualche dichiarazione che ci sia favorevole.

Quando ella riesca ad avere dal Signor de Banneville, ed ove possibile anche dal Signor de Bourqueney nuove assicuranze nel senso sovra espresso, allora punto non dubito che la S. V. Illustrissima vi troverà mezzo a persuadere il Governo Francese della giustizia de' nostri reclami, ed a determinarlo a far valere presso l'Austria gl'impegni che i suoi Plenipotenziari in certo modo assumevano trattando per l'Italia.

Favorisca Signor Cavaliere informarmi prontamente de' passi che secondo queste istruzioni Ella andrà facendo...

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 10 luglio 1863.

Appresi con piacere dal Dispaccio della S. V. Illustrissima del 25 giugno

n. 229 (1), la comunicazione fattale dal Conte di Moltke, circa l'intenzione del Governo di S. M. il Re di Danimarca di accreditare un Ministro Residente presso S. M. il Nostro Augusto Sovrano. Non dubito ch'Ella avrà immediatamente ringraziato il Ministro Danese di questa nuova prova di amicizia, di cui apprezziamo tanto più il valore, in quanto che essa fornirà l'opportunità di estendere e riconfermare con nuove stipulazioni i rapporti commerciali che esistono fra l'Italia e la Danimarca.

Ella vorrà pure manifestare al Conte di Moltke la soddisfazione del Governo del Re nel sentire che il Marchese Migliorati, attuale nostro Incaricato d'Affari a Copenaghen, si trova in ottimi rapporti col Governo Danese, e vi adempie le sue funzioni in modo da procacciarsi la stima e la simpatia di quelle Autorità.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 670. Torino, 11 luglio 1863, ore 11,45.

Je vous ai télégraphié hier soir (2) arrestation de Genes. Le préfet a agi de son chef, mais ayant obtenu l'assentiment du consul français je le crois en règle. Je vous enverrai copie de son rapport. Je suis convaincu que la France ne réclamera pas Cipriano La Gala et ses compagnons, forçats échappés du bagne et souillés de tous les crimes. Parlez-en immédiatement à Drouyn de Lhuys. S'il veut discuter sommairement avec vous le point de droit servezvous des arguments que vous trouverez dans Wheaton, Ortolan, et Haussonville. Mais nous croyons que cet incident doit etre réduit à une simple question de police. Je vous préviens confidentiellement en tout cas que nous n'entendons pas soulever une question de droit maritime avec la France.

5

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1122. Parigi, 11 luglio 1863, ore 16,40 (per ore 17,50)

J'ai annoncé à Drouyn de Lhuys l'arrestation faite à Genes et je l'ai re· mercié en votre nom de cette nouvelle preuve d'amitié que le Gouvernement français nous a donnée. Drouyn de Lhuys n'accepta remerciements qu'avec

Il\ Non pubblic,to.

réserve. Il se propose d'examiner les faits mais il m'a déclaré qu'il partageait complètement notre vif désir de ne pas soulever question à ce sujet et de ne pas donner trop d'importance à la chose. J'espère que cette affaire n'aura pas de suite désagréable. Une erreur de chiffre dans le télégramme d'hier au soir (1) m'avait fait croire que l'arrestation n'avait pas encore été effectuée, ce qui vous explique ma réponse de ce matin (2).

(2) Cfr. n. l.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL FRATELLO GIOVANNI

(AVV)

L. P. Torino, 11 luglio 1863.

È successo ieri a Genova un incidente sul quale desidero che, mantenendo il segreto, tu mi dia il tuo avviso. Esso si trascinerà per qualche tempo, ma può avere un'influenza decisiva sulla mia carriera ministeriale. Il Prefetto di Genova saputo che a bordo di un legno delle Messaggerie Imperiali v'erano cinque briganti che da Civitavecchia andavano a Marsiglia, li fece arrestare a bordo di quel legno francese, avvisando nel tempo stesso il Console di Francia il quale diede una specie di autorizzazione verbale. La Francia non ammette la giurisdizione degli altri a bordo dei suoi legni, specialmente se legni postali. L'autorizzazione del Console ci mette in una buona posizione, ma il Console può essere désavoué dal suo Governo. E l'affare potrebbe diventar grosso. La Francia cioè ci potrebbe chiedere che noi restituissimo puramente e semplicemente gli arrestati. Io mando, nel cuor mio, al diavolo il Prefetto che ci ha tirato addosso questo fastidio, sono convinto che non bisogna fare grossa questione che delle questioni grosse, che non bisogna guastare la politica generale con questi incidenti. Ma se fossimo al punto di dover restituire? Accetterei un mezzo termine, un arbitrato, l'espediente di trarre i briganti e frattanto chiedere ed ottenere dalla Francia l'estradizione.

Ma se ciò non bastasse, non mi illudo sullo stato dell'opinione pubblica in Italia. E credo che farei atto di ragionevole egoismo, dando le mie dimissioni piuttosto che accettare la responsabilità della mortificazione che urterebbe il pubblico se ci vedesse restituire i briganti. Hudson ci dice: non fate questioni di questo genere, restituite. Ma Hudson non ha la Camera e non è nella mia posizione.

(1) -Cfr. n. l. (2) -Cfr. t. 1119 dell'll luglio, ore 10,40, per. ore 11,45, non pubblicato, nel quale Nigra consizliava di lasciare al Governo francese la scelta fra la consegna immediata dei bri;;:anti e la foro estradizione in via ordinaria.
7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 674. Torino, 13 luglio 1863, ore 11 ,30.

Vous aurez reçu aujourd'hui le premier rapport du préfet de Genes et vous recevrez demain la lettre que le consul lui a adressé pour amoindrir la valeur de son autorisation. Je vous préviens cependant que Sartiges vlent de m'écrire une note dans laquelle il désavoue consul et demande embarquement immédiat des cinq individus pour Marseille (1).

Voyez Drouyn de Lhuys car je crains qu'avec Sartiges l'affaire ne s'aigrisse. Nous devons tenir compte de l'opinion publique.

8

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1125. Parigi, 13 luglio 1863, ore 17,10 (per. ore 18,10).

Drouyn de Lhuys que je viens de voir est disposé à proposer à l'empereur le mezzo-termine suivant: l" Principe de l'inviolabilité du pavillon reconnu dans une note; 2o dans le cas actuel malentendu regrettable; 3° les hommes arrètés et placés par ce fait sous la main des autorités italiennes considérés comme étant à la disposition de la France; 4o demande d'extradition sera faite. La France verra s'il y a lieu à extradition; s'il n'y a pas lieu les arrétés seront restitués, s'il y a lieu à extradition elle sera considérée comme faite. Mais le Gouvernement italien s'engage dans le cas où il y aurait corndamnation capitale à commutation de peine en sorte qu'il n'y ait pas de sang répandu. Je vous prie de me faire connaitre au plus tòt possible si le Gouvernement du roi accepte ce mezzo-termine.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 13 luglio 1863.

Nel mio Dispaccio di Gabinetto dell'8 Maggio (2) informavo la S. V. che il Governo del Re non poteva affatto accettare come soddisfacenti le spiegazioni date dal Governo pontificio in data del 16 Aprile circa il trattamento a

\2) Cfr. Serie l, vol. III, n. 584.

cui i nostri bastimenti mercantili sono sottoposti nei porti della Santa Sede. Le facevo osservare come le allegazioni addotte dallo stesso Governo, fossero inesatte in quanto ai fatti ed. inammissibili in quanto alle massime che in esse si pretende di stabilire.

Tali esorbitanze anzichè essere cessate dopo le rimostranze fatte dal Governo del Re e trasmesse alla Corte di Roma dal Governo francese, continuano ad essere inflitte ai nostri bastimenti con tale persistenza, che non posso a meno di ravvisarvi una violazione sistematica e perciò assai grave dei diritti più essenziali del commercio italiano. A conferma dei medesimi, trasmetto qui unito alla S. V. un elenco (1) di 72 soppressioni o scambi di ruoli di equipaggio di bastimenti nazionali, operat1i dagli Agenti Pontifici a Civita Vecchia e Fiumicino, fino al 20 Maggio 1863.

Lo stracciare i ruoli d'equipaggio regolari dei bastimenti nazionali, e lo scambiarli con altri arbitrariamente stesi da Agenti che non hanno nè giurisdizione nè mezzi d'informazione sui dati che formano oggetto di detti ruoli è la più flagrante ed ingiuriosa infrazione degli attributi che hanno ad essere esercitati per la tutela dei diritti e degli interessi privati, dal Governo da cui emanano le carte di bordo. Ne risultano dannosissimi impedimenti al servizio della pubblica polizia ed a quello dell'amministrazione marittima. È noto infatti alla

S. V. che la patente di nazionalità ed il ruolo d'equipaggio sono le carte di bordo più importanti fra quelle richieste dalla nostra legislazione.

È mio stretto dovete di chiamare di nuovo colla più viva insistenza l'attenzione del Governo francese su queste provocazioni ognor rinnovate dalla Corte di Roma. Se questa si trova in tale condizione da non essere in grado di rispondere delle conseguenze dei proprii atti, ciò stesso m'induce maggiormente, Signor Ministro, a confidare che il Governo dell'Imperatore vorrà tenere il debito conto delle osservazioni che la S. V. è incaricata di sottomettergli a tale riguardo.

(1) Cfr. L V 7, pp. 3-4.

10

GIOVANNI VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. 13 luglio 1863.

La notizia dell'arresto dei briganti piacque naturalmente, come una di quelle cose che soddisfano l'amor proprio nazionale, il quale dopo averne patite tante si piglia una piccola soddisfazione. Si credette generalmente che la cosa potesse correre a gonfie vele e lo si crede. Il prefetto, si dice, avrà agito dietro istruzioni del ministero, il quale avrà saputo d'essere su un terreno indiscutibile. La tua lettera (2) mi toglie questa persuasione. Per darti un consiglio, bisogna che prima veda che piega piglia la cosa e che veda poi come si atteggia

l'opinione pubblica sui fatti che si spiegheranno. L'aver avuto il concorso del console, l'averlo sentito, toglie di molto la gravità della cosa o per lo meno rende più facile alla Francia, se ha buone disposizioni, il lasciarsi condurre sulle vie d'un accomodamento o d'un arbitrato. A voi altri poi non ponno mancare, oltre alle ragioni buone e discutibili del diritto, dei pretesti d'occasione. Si può sempre supporre che voi altri sapeste che quei cinque vi minacciassero di qualche trama imminente, volessero sbarcare all'insaputa ecc. Non credo che il Governo di Francia vi voglia mettere al muro e farvene ingoiare qualcuna grossa. In tal caso non saresti in ballo tu solo ma lo sareste tutti. Fai di non !asciarti dividere, è la sola cosa che ti possa suggerire oggi. Tienimi al fatto con qualche breve riga ed io ti scriverò schiettamente l'impressione mia e degli amici. Credo anch'io che non si debbano far delle grosse questioni per cose piccole, ma è però vero che la cosa piccola diventa grossa quando non si ha il compenso di nessun'altra situazione che soddisfa il decoro del paese. Ma ci può essere la transazione che salva la forma, e non credo che la Francia vorrà proprio farvi cadere e spendere l'ultimo bricciolo di popolarità in Italia. Fammi il piacere dunque scrivimi ancora.

Fra otto giorni io forse andrò a riposarmi e farò un giretto nell'Oberland.

(1) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 6.
11

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL FRATELLO GIOVANNI

(AVV)

L. P. [Torino], 13 luglio 1863.

Tu mi rispondi non rispondendo. La questione è questa. Io sono pronto ad accettare ogni transazione che non implichi la restituzione materiale dei briganti. Ma se la Francia esigesse che prima di tutto si restituissero, e poi trattasse in seguito per l'estradizione o altro? Frattanto ti dirò in segreto che Sartiges mi rivolse una nota nella quale si chiede che i cinque individui siano tosto imbarcati per Marsiglia.

12

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 677. Torino, 14 luglio 1863, ore 14,45.

Conseil des ministres accepte en principe l'arrangement proposé par Drouyn de Lhuys. Il y aura cependant à examiner quelques points de détail, et surtout de forme. Je vous écris sur tout cela aujourd'hui par courrier.

Communiquez tout de suite notre adhésion en principe à Drouyn de Lhuys pour qu'il ne revienne pas sur les bases de ses propositions.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 678. Torino, 14 luglio 1863, ore 18,15.

Sartiges m'a fait lire une dé~che en clair dans laquelle Drouyn de Lhuys constate que l'arrangement a été suggéré par ministre d'Italie, et qu'il a été soumis à l'empereur. Drouyn de Lhuys ajoute avoir reçu la réponse de S. M. qui l'autorise à approuver la conduite de M. de Sartiges et à maintenir sa demande. J'ai répondu au ministre de France en le priant de surseoir jusqu'à ce que je connaisse le résultat de vos pourparlers avec Drouyn de Lhuys. J'attends avec anxiété de connaitre les déterminations de l'empereur.

14

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (Ed. in LV 7, pp. 4-6)

R. CONFIDENZIALE 167. Parigi, 14 luglio 1863.

Con successivi telegrammi del 10 e 11 corrente (1) l'E. V. mi annunziava l'arresto operatosi a Genova per cura delle R. R. Autorità sopra un bastimento francese delle Messaggerie Imperiali previa autorizzazione del Console Generale di Francia, del famigerato Cipriano La Gala e d'altri quattro briganti suoi compagni, jmbarcatisi a CiVIitavecchia a destinazione di Marsiglia.

Nello scopo d'evitare che questo incidente sollevasse fra i due Governi d'Italia e di Francia una spiacevole questione di bandiera e di diritto marittimo, l'E. V. mi incaricava di recarmi dal Signor Drouyn de Lhuys e di dare a questo Ministro le occorrenti spiegazioni.

Mi recai in seguito a questi telegrammi dal Signor Drouyn de Lhuys nella giornata dell'l! corrente; gli esposi il fatto quale era riferito nei telegrammi stessi, e lo ringraziai di quanto il Console Generale di Francia aveva fatto in questa circostanza, dicendogli che il Governo del Re considerava l'autorizzazione data come una nuova prova di buona volontà che la Francia ci dava per la repressione del brigantaggio.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose che ignorava ancora il fatto da me accennato, che non poteva quindi accettare i miei ringraziamenti se non colla riserva di esaminare il fatto stesso sui rapporti che gli sarebbero stati spediti dalle Autorità francesi, e soggiunse che, a pl'ima vista, gli pareva che la condotta del Console Generale di Francia fosse tutt'altro che corretta.

Pregai allora l'E. S. di volere esaminare la cosa, quando le giungessero i relativi rapporti, tenendo conto del desiderio che nutriva il Governo del Re di non sollevare a proposito di questo incidente una questione di diritto ma

rittimo. Il Signor Drouyn de Lhuys s'affrettò a dichiarare ch'egli pure desiderava di non dare soverchia importanza a questo fatto e di scartare per quanto fosse possibile ogni questione di bandiera.

Con telegramma dello stesso giorno (1) informai l'E. V. di questa risposta del Signor Drouyn de Lhuys.

Ma l'indomani questo Ministro mi dirigeva il biglietto che mi pregio di unire in originale, e col quale m'annunziava che aveva ricevuto il rapporto del Console Generale di Francia sull'incidente di Genova, e che io era stato informato inesattamente, giacchè i fatti ivi riferiti vi erano presentati sotto un punto di vista diverso e con un carattere più grave.

Jeri mattina poi ricevevo dall'E. V. un telegramma (2) nel quale Ella mi annunziava che il Conte di Sartiges avevale diretto una nota ufficiale per domandare il rimbarco degli arrestati e per sconfessare l'operato del Console Generale di Francia a Genova. L'E. V. mi dava istruzione di recarmi di nuovo dal Signor Drouyn de Lhuys, per tentare un accommodamento il quale avesse per risultato principale d'evitare la riconsegna materiale degli arrestati. Benchè assalito da febbri intermittenti, mi recai dal Signor Drouyn de Lhuys senza perdita di tempo, e dopo uno scambio di osservazioni reciproche il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, senza impegnare però definitivamente le risoluzioni future dell'Imperatore, si mostrò disposto a sottomettere a S. M. una proposta di mezzo termine sulle basi seguenti:

1° i,l principio dell'inviolabilità della bandiera riconosciuto per mezzo di scambio di Note;

2° considerare l'avvenuto come uno spiacevole malinteso;

3° gli arrestati che furono con questo fatto messi in mano delle Autorità Italiane, sarebbero considerati 'come restanti a disposizione della Francia;

4° la domanda d'estradizione sarebbe diretta in via regolare alla Francia dal Governo Italiano. La Francia vedrebbe se vi è luogo all'estradizione. Se non v'è luogo, gli arrestati sarebbero restituiti; se vi è luogo all'estradizione, questa sarà considerata come fatta; ma il Governo Italiano s'impegnerebbe pel caso in cui vi fosse condanna capitale, a commutar la pena, in guisa che non vi fosse sangue sparso.

Nel mandarle per telegrafo questa proposta (3) io La pregai di volerla esaminare attentamente e di farmi conoscere egualmente per telegrafo l'intenzione precisa del Governo del Re in proposito.

Sto adunque attendendo le ulteriori istruzioni del Mintstero per agire in conformità.

ALLEO':-\T O.

DROUYN DE LHUYS A NIGRA

Paris, le 12 juillet 1863.

J'ai reçu le rapport du consul général de France sur l'incident de Genes. Vous aviez été informé inexactement, car les faits y sont présentés sous un jour différent et avec un caractère plus grave.

lO

(1) Cfr. nn. l e 4.

(1) -Cfr. n. 5. (2) -Cfr. n. 7. (3) -Cfr. n. 8.
15

GIOVANNI VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Milano, 14 luglio 1863. Credevo d'essermi spiegato; il mio parere dunque è questo. La restituzione pura e semplice fatta oggi alla Francia sarebbe un fatto enorme in faccia al credito interno e esterno. Non fatela. Impiantate la questione, fate saltar fuori l'arbitrato p. e. dell'Inghilterra, e dall'arbitrato accettate poi anche la restituzione pura e semplice. Il ritirarti, il farti sagrificare solo, dinanzi ai briganti sarebbe pel Ministero una umiliazione doppia. Ciò per i tuoi colleghi, in quanto a te se ti trovassi a questo brutto passo, non mancherai di farlo col debito strepito. Parmi però inverosimile, che i tuoi colleghi possano in qualunque evento separarsi da te per una questione di dignità nazionale che poi le ren

derebbe impossibili. E parmi difficile che la Francia voglia spingere le cose tanto oltre. Ma la restituzione non fatela se non per un arbitrato.

P.S. -Ieri sera alla Perseveranza discorrendosi di questo fatto si concludeva come ti ho concluso io. Ben inteso che finsi per conto mio di non sapere nulla.

Tengo varii tuoi conterelli, del Club, etc. per più di 200 lire, dovresti mandarmi tre biglietti di banca da cento f. e faresti una bellissima ,cosa.

16

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1128. Parigi, 15 luglio 1863, ore 15,40. Empereur après avoir examiné le mezzo termine proposé vient de répondre à Drouyn de Lhuys qu'il croit que la seule manière correcte et honorable pour les deux pays de trancher la question est de procéder à 1a restitution et de sauvegarder ainsi les principes de droit maritime également chers aux deux pays. Les prisonniers seraient gardés en toute sùreté et rendus en voie régulière aux autorités italiennes s'il y a lieu à extradition. Drouyn de Lhuys n'écarte pas l'idée que les prisonniers soient envoyés à Marseille pour plus de sùreté par batiment de guerre italien. Les prisonniers une fois extradés seraient à la disposition des autorités italiennes et aucune demande de clémence ne serait adressée en leur faveur le Consul serait désavoué. On se réserverait d'examiner comment de tels criminels se sont trouvés à bord d'un batiment français et introduits dans un port ami. J'ai répondu à Drouyn de Lhuys que je regrettais beaucoup que mezzo termine ne fùt pas accepté; que la restitution ferait très mauvaise impression en Italie; que j'aurais communiqué à mon Gouvernement la réponse de l'empereur en réservant les déterminations qu'il aurait été dans le cas de prendre. Je vous prie de réunir d'urgence Conseil

des Ministres. Si on est disposé à restitution il faut le faire vite, avant que la chose tombe dans le domaine de la presse.

Il

6 -Documenti dipLomatici -Serie I -Vol. IV

17

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL FRATELLO GIOVANNI

(AVV)

L. P. Torino, 15 luglio 1863.

Ho ricevuto con grande piacere la tua lettera (1) e quella di Bonfadini (2). Io non sarei in ogni modo isolato, Peruzzi è pure durissimo 'e piuttosto che rimandare i briganti a Marsiglia, il Ministero si ritirerebbe in massa. In diritto abbiamo torto, ma vi è una questione di equità politica e di moralità, d'altronde il consenso del Console, benchè non fissato, attenua la responsabilità del Prefetto.

lo sono pronto a rivolgere al Governo francese una nota per stabilire che il caso non fa precedente, e che noi riconosciamo quei principii di inviolabilità della bandiera che sono consacrati nei nostri trattati colla Francia. La nostra Convenzione postale colla Francia riconosce esplicitamente pei legni postali l'immunità dei legni da guerra.

Il governo italiano chiederà l'estradizione alla Francia. Frattanto e finchè non sia accordata, rimarranno nelle carceri di Genova come prevenuti e quindi implicitamente come a disposizione della Francia, ben inteso che essa non ce li chiederà. Fin qui parmi che si possa arrivare. Ma se la Francia per una quistione di principii assoluti chiede che sieno mandati a Marsiglia, benchè si impegni di arrestarli poi là e di restituirceli coll'estradizione, io dico no. Non ammetto la restituzione materiale perchè l'intuizione in politica dice che si va fino ad un certo punto e non più in là.

Ieri a Parigi parevano disposti ad accettare il mio mezzo termine, oggi pare di no e che nuove difficoltà si accampino. Ad ogni modo il nostro partito è ben preso.

Leggi questa lettera a Bonfadini e tu o lui rispondetemi subito.

18

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 7, pp. 7-9)

R. CONFIDENZIALE 168. Parigi, 15 luglio 1863.

Continuo il rendiconto di quanto si passò da jer,i ad oggi fra questa R. Legazione e il Ministero Impe:dale degli Affari Esteri intorno all'incidente dell'arresto operatosi a Genova sull'Aunis.

Jeri dopo la spedizione del mio Dispaccio n. 167 (Confidenziale) (3) mi giunse il telegramma ( 4) con cui V. E. mi annunziava che il mezzo termine

contenuto nel dispaccio stesso e che il Signor Drouyn de Lhuys s'era incaricato di sottomettere all'Imperatore, era approvato in principio dal Consiglio dei Ministri. Partecipai questa approvazione al Signor Drouyn de Lhuys con un biglietto particolare, e questo Ministro poco dopo mi dirigeva la lettera che pregiomi qui un:ire in originale, e nella quale m'annunzia che ii nuovi rapporti a lui giunti e quelli diretti al Ministero Imperiale di Marina aumentavano la graviità del fatto; che la restituzione degli arrestati gli pareva il solo modo di terminare la questione; e che attendeva gli ordini dell'Imperatore sulla mia proposta di mezzo termine.

Devo anzi tutto rettificare quest'ultima espressione del Signor Drouyn de Lhuys. La proposta da me fatta era concepita nei termini di quanto era indicato nella lettera particolare che V. E. mi diresse 1'11 corrente (1). Io proposi che il principio di diritto ma11ittimo rimanesse impregiudicato col mezzo di uno scambio di note; che i prigionieri rimarrebbero provvisoriamente ~n nostra custodia; che intanto si domanderebbe l'estradizione in via regolare. Le aggiunte e le modificazioni furono suggerite dal Signor Drouyn de Lhuys. Questa rettifica non ha altro scopo che quello di ben constatare i fatti, giacchè, come Le scrissi jer:i (2), il Ministro Imperiale degli Affari Esteri nel disporsi a sottomettere il mezzo termiine predetto <all'Imperatore, riservò espressamente le determinazioni di S. M.

Oggi poi, ad un'ora pomeridiana il Signor Drouyn de Lhuys mi pregò di passare da lui. Questo Ministro mi disse che la risposta dell'Imperatore era giunta; che S. M. aveva esaminato il mezzo termine proposto, ma che credeva che la finzione legale in esso contenuta non fosse degna dei due Governi; che il solo modo corretto e degno egualmente delle due Nazioni, a cui doveva stare parimente a cuore l'osservanza dei principii di diritto marittimo, era che il Governo Italiano rendesse gli arrestati, e che il Governo Francese li ponesse sotto sicura custodia e li restituisse all'Autorità Italiana dopo ottenuta, se vi ha luogo, la regolare estradizione.

Il Signor Drouyn de Lhuys soggiunse che il Console sarebbe sconfessato; che sarebbe riservata tra i due Governi la questione d'esaminare come dei malfattori, sudditi italiani, siansi trovati a bordo d'un bastimento francese in un porto italiano. Soggiunse che naturalmente, quando l'estradizione fosse operata, nessuna domanda di clemenza sarebbe diretta dal Governo francese al Gov,erno italiano, il quale sarebbe quindi intieramente libero d'applicare ai colpevoli tutto il rigore delle leggi. Il Dispaccio del Conte di Sartiges sarebbe considerato ~come contenente la domanda di restituzione ~atta dal Governo Francese.

Il Signor Drouyn ~e Lhuys insistette specialmente sulla ,gravità della circostanza che siasi proceduto verso il bastimento a vie di fatto prima dell'intervento del Console francese, il quale non avrebbe finito col dare il suo consenso all'arresto se non come forzato moralmente.

Ho risposto al Signor Drouyn de Lhuys che il consenso del Console francese era un fatto che non si poteva rivocare in dubbio, e che io non poteva ammettere che si potesse forzare in qualsiasi modo un Console a dare un

consenso quando non intendesse di farlo; che il fatto della presenza a bordo d'un bastimento mercantile di cinque ribaldi della specie di Cipriano La Gala e compagni, era di quelli che potevano turbare l'ordine pubblico nel porto. Ripetei del resto che il Governo del Re non intendeva sollevare col Governo Francese una questione di diritto marittimo, i cui principii gli stavano ugualmente a cuore che alla Francia; che il suo desiderio era di accommodare la cosa con soddisfazione delle due parti, evitando di operare la restituzione materiale degli arrestati, la qual cosa avrebbe prodotto in Italia una cattiva impressione, attesa specialmente l'indole delle persone arrestate. Dissi che a nostro giudizio il mezzo termine proposto offriva le basi d'un ragionevole componimento; che apprendevo con vero e vivo rincrescimento che l'Imperatore non l'avesse accettato; che io non potevo quindi che trasmettere puramente e semplicemente la risposta dell'Imperatore, riservando intieramente il giudizio del mio Governo e le sue determinazioni.

Le mandai per telegrafo (1) queste medesime cose, ed attendo per agire in conseguenza la risposta che l'E.V. sarà per malfidarmi, dopo aver preso gli ordini del Re e sottomessa la cosa al Consiglio dei Ministri.

ALLEGATO.

DROUYN DE LHUYS A NIGRA

Paris, le 14 juillet 1863.

Les nouveaux rapports que j'ai reçus et ceux qui ont été adressés au Ministre de la Marine ne font qu'ajouter à la gravité du fait. La remise à la France des hommes arrétés me semble étre le seul moyen de terminer ce grave différend. J'attends les ordres de l'Empereur sur votre proposition d'un moyen terme.

(1) -Cfr. n. 15. (2) -Non pubblicata. (3) -Cfr. n. 14. (4) -Cfr. n. 12.

(1) Non pubblicata.

(2) Cfr. n. 14.

19

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 681. Torino, 16 luglio 1863, ore 0,15.

Le roi est absent. Impossible de réunir le Conseil ce soir. Opinion publique Ibllie tellement prononcée contre la restitution immédiate qu'il est impossible de l'accorder. Aujourd'hui on a annoncé interpellations à la Chambre. Alliance avec la France serait tellement compromise qu'il y aurait .impossibihlté de faire approuver traité de commerce et de navigation.

La question est toute dans les mesures à l'égard des prisonniers pendant l'intervalle entre la demande et la ·Concession d'extradition. Nous pourrions écrire une note, exprimer nos regrets, affirmer le principe de l'immunité du pavillon et garder les cinq prisonniers en les considérant toutefois comme à la disposition du Consulat ou de la légation de France. Bien entendu que l'extradition ne sera pas refusée en prétextant caractère politique crimes.

(1) Cfr. n . 16.

20

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1135. Parigi, 16 luglio 1863, ore 8,15 (per. 01·e 9,05 ).

J'ai reçu votre dépeche télégraphique de ce matin (1). Ici opinion publique commence à se monter en sens inverse qu'en Italie. J'insiste pour que le roi envoye une dépeche télégraphique à l'.empereur ·sans perdre du temps. Si Gouvernement du roi est disposé à refuser restitution matérielle, malgré possibilité d 'une rupture, je vous prle de me le télégraphier ·afin que je puisse y conformer mon langage.

21

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III

T. 682. Torino, 16 luglio 1863, ore 11,45.

Dans affaire Genes préfet auratit outrepassé ses attributions, mais consul français ayant consenti arrestation sanctionna le fait. Moyen de terminer l'affaire, à mon avis, serait la consigne des assassins à un bàtiment français, suivie immédiatement de leur restitution par droit d'extradition, et note de mon Gouvernement au vòtre dans le sens du droit maritime. La demande de

M. de Sartiges peut amener des conséquences bien graves et compromettre pour toujours les bonnes relations des deux pays. J e compte encore dans cette occasion sur l'amitié de V. M. (2) .

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T . 684. Torino, 16 luglio 1863, ore 13,50.

Vous aurez reçu la dépeche du roi (3). Il reste entendu d'après cette

dépeche qu'il n'y aura pas d'intervalle entre la remise des prisonniers et leur

restitution par extradition. En aucun cas nous n 'irons au delà de la limite

tracée par le roi.

Vous me demandez (4) si nous sommes di-sposés à aller jusqu'à une rupture.

Le conseil n'a pas délibéré là-dessus mais comme le traité de commerce serait

infailliblement rejetté, ma conviction est qu'avant de rompre sur la question

du traité il vaut mieux rompre sur la question Cipriano La Gala.

(l-) Cfr . n . 19.

(4 ) Cfr . n. 20 .

(2) -Annotazione margina le : • Venne pure comunicato per telegrafo al Cavalier Nigra • .

(3) Cfr. n. 21.

23

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1138. Napoli, 16 Luglio 1863, ore 17,30 (per. ore 19).

Ricevo in questo istante risposta generale Montebello. Quantunque amabile nella forma non si può altrimenti considerare che come rifiuto perentorio di intavolare qualsiasi convenzione. Generale Montebello si mostra perfino offeso che Governo del re abbia iniziato pratiche a Parigi per una repressione più efficace, vedendo in ciò rimprovero alla sua condotta passata. Egli fa appello al mio onore invitandomi a dichiarare se egli non fece sempre lealmente quanto poteva per impedire reazionari di riunirsi e di passare frontiera. In verità io non saprei citare un solo fatto che provi il contrario e perciò sono molto imbarazzato a rispondere. Io ne sono dolentissimo tanto più che temo che non si abbiano a raffreddare i nostri rapporti con francesi che furono finora buonissimi. Mi perdoni, signor ministro, ma se il Governo mi avesse menomamente interpellato io avrei probabilmente evitato questo smacco. Mando copia della mia lettera e della risposta, e mi permetterò alcune altre osservazioni.

24

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 170. Parigi, 16 Luglio 1863 (pe1. H 18).

Ho Ietto, con l'attenzione che merita l'argomento, il dispaccio di Gabinetto che l'E. V. mi diresse in data del 9 Luglio corrente relativamente alla questione romana (1). L'E. V. m'incarica di porre questa questione sul terreno indicato nel dispaccio stesso, nelle mie conversazioni con S. E. il Signor Drouyn de Lhuys. Desiderando che le cose ivi esposte fermassero l'attenzione di questo Ministro, in modo meno fugace di quanto avrebbe potuto accadere ove fossero fatte oggetto di semplici conversazioni, ho stimato di dare comunicazione al Signor Drouyn de Lhuys del dispaccio medesimo, valendomi anche a questo scopo della libertà d'azione che Ella volle !asciarmi nell'uso da farsi di questo documento. Oggi dunque rimisi aU'E. S. una copia del dispaccio. Nel fare questa comunicazione dissi al Ministro Imperiale degli Affari Esteri che lo pregavo di esaminarne il contenuto con matura attenzione nello scopo principale di vedere se a giudizio del Governo Imperiale questo documento forniva gli elementi d'una seria negoziazione, quegli elementi, doè, che non erano stati rinvenuti nel dispaccio dell'8 Ottobre 1862 (2) da me comunicatogli, come è detto nel dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys all'Incaricato d'Affari di Francia a Torino in data del 26 dello stesso mese.

(1) -Cfr. Serie l, vol. III, n. 696. (2) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 143.
25

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 171. Parigi, 16 Luglio 1863 (per. H 18).

Sotto forma di nota verbale di cui l'E. V. troverà qui unita una copia, ho comunicato oggi a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys il contenuto del dispaccio di Gabinetto del 13 Luglio corrente (1) concernente il trattamento dei legni nazionali nei porti pontificii. Vi unii l'elenco che era annesso al dispaccio predetto di V. E. di 72 soppressioni o scambi di ruoli d'equipaggio operati dagli Agenti Pontificii •a CiVIitavecchia e Fiumicino fino al 20 Maggio scorso. Ho chiamato, nel fare questa comunicazione, tutta l'attenzione del Ministro ImperLale degli Affari Esteri, sopra una tale condizione di cose che diventa di giorno in giorno più intollerabile.

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

NoTA VERBALE. Paris, le 15 juiHet 1863.

Le Gouvernement ltallten a déjà déclaré qu'il ne pouva·it aocepter comme satisfaisante l'e~plication donnée par le Gouvernement Pontificai •en date du 16 Avril dernier sur le traitement auquel sont soumis les bàtiments marchands italiens dans les ports du Saint Siège.

Le Govvernement Italien a démontré également combien les allégations du GouvernemP.nt Pontificai étaient inexactes quant aux faits et inadmissibles quant aux principes qu'ils cherchent à établir.

Ces abus, malgré les remontrances du Gouvernement Italien qui ont été transmises à la C'our de Rome par le Gouvernement Français, continuent et le méme traitement est infligé aux navires italiens avec une telle persistance qu'on ne peut faire à moins que d'y reconnaitre une violation systématique et par cela fort grave des droits plus essentiels òu Commerce. A l'appui de ce Qui précède on trouvera ci-jointe une liste de 72 suporessions ou échanges de ròles d'équipage de bàtiments opérés par les Agents Pontiucaux à Civitavecchia et Fiumicino, jusqu'au 20 Mai 1863.

Déchi:rer les ròles d'équtpage.s réguliers des bMiments i•taliens et l.es échamger avec d'autres d~livrés arbitrairement par des Agents qui n'ont aucune juridiction nt moyen d'information sur les données qui forment l'objet de ces ròles est une des ·plus flagrantes et injurieuses infractions aux attributions qui doivent ètre ex·ercées, pour la tutèle de~ droits et des intéréts privés, par le Gouvernement dont émanent les papiers de borti; il en résulte des empéchements fort nuisibles au service de la Police publique et ~ celui de l'Administration Maritime; la patente de nationalité et les ròles d'équipagei'\ sont on le sait, les papiers de bord les plus importants parmi ceux exigés par la Législation Italienne.

Il est donc du òevoir du Gouvernement du Roi d'appeler de nouveau l'attention du Gouvernement Français sur ces provocations renouvelées sans cesse par la Cour de Rome.

(1) Cfr. n. 9.

26

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 686. Torino, 17 luglio 1863, ore 16.

L'empereur dans la réponse qu'il a fait au roi en clair insiste pour la resHtution, il dte l'affaire du • Trent » et dit qu'il n'y a pas de déshonneur à céder lorsqu'on a tort.

Conseil se réunit ce soir pour délibérer. Je voudrais savoir en attendant pour qu'il soit mieux en mesure de décider si l'on pourrait obtenir au moins un engagement moral que l'extradition nous sera accordée. Je vous prie aussi de me dire si dans votre opinion proposition faite par nous d'un arbitrage aurait des chances d'ètre accueillie.

27

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1139. Parigi, 17 luglio 1863, ore 15,40 (per. ore 17,50).

Prince Napoléon m'a fait chercher aujourd'hui pour me dire que Drouyn de Lhuys l'avait prié d'écrire à Turin au sujet des arrestations de Gènes. Prince Napoléon, bien que je l'aie mis au courant de tout, nous donne tort lui aussi, et voit la guerre sortir de ce différend. Il pense que nous devons rendre les prisonniers pourvu que nous obtenions engagement moral qu'ils nous seront restitués par extradition. Cependant prince désire que le roi et Minghetti sachent que si on croit son intervention auprès de l'empereur utile, on peut disposer de lui. En ce cas Minghetti pourrait lui télégraphier. Remarquez bien que je ne fais que vous transmettre purement et simplement ce que le prince m'a prié de vous faire savoir. J'attends réponse de l'empereur. Je vous prie de me l'envoyer aussitòt reçue. Que pensez-vous de l'arbitrage? Rapport arrivé; je l'ai communiqué à Drouyn de Lhuys. Réponse russe arrivée aujourd'hui à Paris.

28

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1141. Parigi, 17 luglio 1863, ore 21,45 (per. ore 22,45).

Drouyn de Lhuys n'est pas chez lui ce soir. Je ne puis donc que répéter ses déclarations, savoir, que la convention d'extradition sera appliquée loyalement sans chicaner. La mème déclaration a été faite par lui au prince Napoléon. Quant à I'arbitrage prince Napoléon pense qu'il aurait peu de chance de succès auprès de l'empereur, et qu'en tout cas il n'améliorera pas notre position en rendant l'extradition moins sure.

29

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1143. Parigi, 17 Luglio 1863, ore 23,35 (per. ore 1,30 ore 18).

J'ai sous les yeux texte de la réponse de l'empereur. Vous avez demandé mon opinion, la voici: une rupture ne m'épouvante nullement; seulement si elle devient inévitable il faudrait la faire dans des bonnes conditions. Je préférerais la faire sur la question d'extradition si elle nous est refusée après la restitution, car tout le monde nous donnera raison, plutòt que de la faire sur la question de l'arrestation où tout le monde en Europe nous donnerait tort. Quant à l'opinion publique en Italie rappelez-vous que c'est vous-mèmes qui devez la faire, et que vous ètes en ce moment l'expression la plus sincère et la plus autorisée.

30

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 496. Berlino, 17 Luglio 1863 (pe1·. iL 24).

Dans mon entretien avec M. de Bismarck, je lui ai rendu compte des discours prononcés à la chambre des députés par V. E. et par M. le Président du Conseil sur notre politique intérieure et extérieure, notamment au sujet des affaires Polonaises. S. E. a paru rendre justice à notre langage dans des circonstances aussi délicates. Je lui ai remis, sur sa demande, un exemplaire imprimé (traduction française) des discours de S. E. M. le Commandeur Mioghetti, -séances des 17 et 18 Juin -. J'ai également mis à la disposition de quelques collègues et de quelques notabilités politiques du pays, des copies de ces discours remarquables à tant de titres.

Le projet d'un Congrès ne me semble pas pour le moment avoir des chances de réussite. Puisqu'il ne s'agit encore, de la part des soi-disant champions de la Pologne, que de patronner des réformes administratives qu'à notre point de vue nous jugerions comme parfaitement insuffisantes pour Rome et pour la Vénétie, franchement nous ne saurions avoir à regretter de ne pas figurer dans cette seconde phase des négociations. Nous agissons sagement en nous tenant sur la réserve, et en guettant l'occasion favorable pour refaire acte de présence pour le mieux de nos intérèts. En attendant l'Europe libérale sait que notre langage a été .conforme aux principes sur les quels repose le Royaume d'ItaHe. Quand les autres Puissances hésitent à nous suivre dans cette voie, rien ne nous contraint et mème plusieurs raisons nous engagent à ne pas aller plus loin. Laissons l'Autriche s'envelopper de plus en plus dans son travestissement, véritable robe de Néssus, qui menace de la conduire à sa perte, et quand sa mauvaise foi sera mise en évidence par la force des choses et qu'elle aura indisposé ceux qui la caressent aujourd'hui, nous aurons alors de meilleures cartes en main pour dessiner une attitude plus hardie. Il importe surtout de dessiller les yeux à l'Angleterre, dont l'alliance nous est plus que jamais indiquée en présence de la conduite si énigmatique de la France. Si je dois en effet croire à des insinuations à mots couverts, provenant de personnes très au courant de la situation, Elle travaillerait dans l'ombre à faire échouer l'unité Italienne; à nous épuiser par un état de choses qui en dévorant nos finances, laisserait notre énergie sans cet aliment si nécessaire à la réalisation de nos voeux!

II va sans dire que je me garde bien dans mes entretiens ici de jamais élever le moindre doute sur la bienveillance du Cabinet des Tuileries à notre égard. Mais V. E. comprendra que dans ma correspondance avec Elle je ne doive lui cacher aucune des appréciations qui me parviennent, ni aucune des impressions que je reçois; car Elle est mieux à mème que moi d'en contròler l'exactitude.

Je la remercie bien sincèrement de sa circulaire du 2 Juillet, où j'ai trouvé de si précieuses indications.

P. S. -Un Prussien de distinction me communique confidentiellement une lettre qu'il vient de recevoir d'un de ses amis qui a suivi de près !es événements des dernières années en Italie. J'ai fait l'extrait ci-joint de cette lettre, pensant qui'il pourrait intéresser V. E., ainsi que notre Président du Conseil, de prendre connaissance du jugement porté par un étranger, parfaitement indépendant dans ses opinions, sur nos circonstances politiques et nommément sur l'état des choses dans l'Italie centrale.

ALLEGATO

Bologne, 11 juillet 1863 .

. . . . . . . . . que vous dirai-je des affaires politiques italiennes que vous ne sachiez aussi bien que moi. Oui sans doute M. Minghetti s'est chargé d'une rude besogne, mais jusqu'à présent il a fait preuve d'une grande fermeté de caractère et d'un savoir faire incontestable. Je crois q,ue dans l'état actuel des choses, il est peut-ètre le seui homme politique assez capable -et son honnèteté est indubitable -pour faire victorieusement face aux exigences de la situation financière du pays. Aussi je crois qu'il est à désirer, pour le véritable intérèt de l'Italie que cette capacité secondée par d'autres hommes de talent, reste au pouvoir le plus longtemps possible. Il dispose d'une forte majorité dans le Parlement, et a battu dernièrement M. Rattazzi de la manière la plus complète à la tribune; sans parler du coup d'épée qui, celui-là, était de trop. Enfin Rattazzi est aujourd'hui un homme coulé politiquement parlant; car sa défaite a été tDop grande pour qu'il puisse jamais s'en relever, soyez en siìr! Ici dans les Romagnes, comme dans toute l'Italie centrale et septentrionale, le nouvel ordre de choses est généralement apprécié. Il y a sans doute des mécontents parmi les gens dont l'ambition exagérée n'est pas satisfaite, et parmi ceux qui sont retenus loin des affaires par des scrupules religieux plus que par conviction politique, et c'est à cette dernière catégorie qu'appartiennent encore plusieurs familles de la vieille noblesse Bolonaise. Quant aux ambitieux non satisfaits, ce sont des individus qui voudraient manger au ratelier de l'Etat, sans avoir les capacités nécessaires pour occuper des emplois civils ou militaires. Le nombre en est grand et ils crient bien fort, mais il faut espérer que peu à peu l'opinion publique en fera justice. En attendant il est incontestable que le bien étre matériel des masses a progressé sensiblement depuis 4 ans, et que le siìveté des personnes et des propviétés est maintenant à peu près complète. Le gouvernement a beaucoup fait dans ce sens, et les chemins de fer Qui se multiplient partout avec rapiàité n'ont pas peu contribué au développement de la richesse privée. On ne parle plus de Garibaldi; lui aussi est un homme usé. En voulez-vous une preuve? C'est lui qui a été l'initiateur et l'organisateur des tirs nationaux italiens. Eh bien! à celui qui vient d'avoir lieu à Turin avec un concours énorme de personnes venues de toutes les parties de l'ltalie, son nom n'a pas été prononcé une seule fois, ni dans les discours, ni dans les toasts.

. . . . . . . . . Vous me demandez quelle est mon opinion à l'endroit de l'extension exagérée qu'a pris le mouvement national en 1860. Je vais donc vous répondre avec la plus grande franchise, quoique je vous trouve mille fois trop bon d'attacher la moindre importance à ma manière de voir sur un sujet d'une si haute portée. Il eut été peut-etre à désirer que le Gouvernement du Roi Victor Emmanuel eiìt pu s'arreter en route; qu'i,l y eut un répit pour l'organisation intérieure, persuadé que le reste seraU peut etre venu ensuite, ~sans secousses tpérilleuses. L'extension trop rapide a été une vraie fatalité. Tous les hommes sérieux le reconnaissent; mais ils avouent en méme temps qu'après l'expédition de Garibaldi en Sicile et à Naples, le Roi Victor Emmanuel n'aurait pu se dispenser d'intervenir militairement sans risquer de compromettre sérieusement la position qu'il avait prise dans l'ltalie centrale. En abandonnant à lui meme le mouvement du Royaume des Deux Siciles, il est évident que la plus complète anarchie n'aurait pas tardé à y prendre le dessus, et que très probablement il en serait résulté une intervention armée de la part de la France et de l'Angleterre. Une fois le vin versé, il falrait le boire sans hésiter; mais je le répète, cela a été d'après mon opinion, une fatale nécessité qui a coiìté et coutera encore bien du sang et de l'argent au Gouvernement italien, sans qu'il puisse avoir la certitude de pacifier d'une manière stable et de conserver ces malheureuses provinces du Midi.

31

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 172. Parigi, 17 Luglio 1863.

Jeri ho visto di nuovo il Signor Drouyn de Lhuys al Ministero degli Affari Esteri. Egli mi domandò se io aveva fatto conoscere al Governo del Re la risposta dell'Imperatore, e se essa fosse stata favorevolmente accolta a Torino. Risposi che avevo telegrafato a Torino la risposta dell'Imperatore e che per telegrafo m'era stato riscontrato da V. E. che l'intenzione del Governo di S.M. era tuttavia di procedere all'accommodamento dell'incidente dell'Aunis sulle basi seguenti, cioè, che il Governo italiano esprimerebbe in una nota il dispiacere dell'accaduto e affermerebbe il principio dell'immunità della bandiera; che i prigionieri rimarrebbero in nostra custodia, ma sarebbero considerati come restanti a disposizione del Consolato Generale di Francia a Genova, o della Legazione Imperiale a Torino, e che l'estradizione non sarebbe negata col pretesto che il brigantaggio rivesta carattere di delitto politico.

Il Signor Drouyn de Lhuys insistette nel mantenere i termini della risposta dell'Imperatore, appoggiandosi sul torto che evidentemente aveva avuto l'Autorità politica di Genova di procedere all'arresto dei prigionieri sopra un bastimento coperto dalla bandiera francese ed attenuando l'importanza del consenso dato dal Console Generale di Francia, il quale in certo modo sarebbe stato moralmente forzato ad agire come ha agito. Il Signor Drouyn de Lhuys mi fece le più vive premure perchè senza perdita di tempo si procedesse alla restituzione, salva l'estradizione successiva.

Risposi al Ministro Imperiale degli Affari Esteri facendogli osservare, come nel fatto dell'arresto si dovessero distinguere due fasi separate. Convenni che gli atti accaduti a bordo prima della presenza del Console e del suo delegato erano fatti all'infuori della voluta regolarità. Ma sostenni che quelli a cui si procedette in presenza e coll'autorizzazione dell'ufficiale consolare francese, e quindi specialmente l'arresto, non potevano esserci opposti come infrazioni delle leggi di diritto marittimo.

Non ammisi che un Console Generale di Francia possa essere moralmente forzato a dare un consenso quando sia deciso a non darlo. Espressi di nuovo il mio vivo rammarico che il mezzo-termine precedentemente proposto non fosse stato accettato, aggiungendo che, a mio giudizio, esso conteneva tutti gli elementi di dovuta riparazione. Insistei sul pessimo effetto che avrebbe prodotto in Italia la restituzione dei cinque scellerati arrestati sull'Aunis; e non celai che tale restituzione avrebbe forse fatto rigettare il Trattato di Commercio che ,sta per essere discusso al Parlamento.

Malgrado queste osservazioni il Signor Drouyn de Lhuys mantenne la sua domanda, osservando inoltre che il Governo del Re aveva ammesso poco fa, in simili circostanze, che non si arrestassero malfattori su bastimenti francesi; che se noi dovevamo tener conto dell'opinione pubblica in Italia, il Governo Imperiale doveva tener egual conto dell'opinione pubblica della Francia e dell'Europa; che il rigetto del Trattato di Commercio sarebbe stato certamente un atto dannoso agli interessi dei due paesi, ma che questa considerazione non doveva esercitare alcun peso nel conflitto attuale. Infine mi disse che la stessa questione dell'estradizione, se fosse trattata in via regolare dopo la restituzione, non presentava inconvenienti; ma che se si agitasse, mentre gli arrestati erano in nostro potere, vi sarebbe stata una tendenza naturale a cercare tutti i modi per !imitarla.

Il Signor Drouyn de Lhuys nel corso della conversazione fece inoltre

un'allusione alla prolungata prigionia del Christen, per cui da lungo tempo

era stata promessa la grazia.

Avendomi il Signor Drouyn de Lhuys pregato instantemente di far cono

scere queste sue considerazioni al Governo del Re, gli promisi di farlo, ma ho

riservato, come aveva di già fatto precedentemente, tutta intiera la libertà

di giudizio del mio Governo intorno a questo gravissimo conflitto.

Questa mattina intanto essendomi giunto col corriere il rapporto (1) che l'E. V. mi diresse intorno all'accaduto, in un coi documenti annessi, mi feci premura di trasmettere l'uno e gli altri immediatamente a questo Ministro degli Affari Esteri. Ritenni solamente l'incartamento contenente le informazioni sommarie dei delitti commessi dai cinque prigionieri, perchè ravvisai in essi indicazioni di reati che qui potrebbero essere considerati come aventi carattere politico p. e.: le relazioni con Francesco II e colla curia romana, partecipazione al complotto De Christen etc. Per non pregiudicare la questione dell'estradi

zione, credo utile che l'indicazione dei reati, pei quali questa estradizione potesse essere domandata in seguito, non faccia menzione che dei crimini aventi evidente e incontestato carattere di delitti comuni, e pur troppo questi sono enormi e numerosi.

Rimane ora che il Governo del Re prenda in proposito le risoluzioni che sono richieste dalla gravità del caso. Non dubito ch'esse saranno conformi alla giustizia, alla dignità del paese ed agli interessi dello Stato.

(1) Non pubblicato.

32

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Berlino, 17 lugLio 1863. Le Courrier Anglais part aujourd'hui. Mon sac était vide ce matin. Je ne savais donc que vous écrire. Tout heureusement j'ai été prévenu de l'arrivée de M. de Bismarck qui repart déjà demain pour rejoindre le Roi à Gastein. Je sors de ,chez lui. Voici ce qu'il m'a confié. Les réponses de la Russie aux notes des trois Puissances ont traversé hier Berlin. Elles sont conciliantes. La Russie admet des négociations sur la base des six points, sauf à développer ses propres idées. Mais d'après des indications, si non certaines, du moins très probables eUe décli:nerait une conférence ad hoc: elle ne voudrait d'une conférence que si on y traitait, outre la question polonaise, d'autres affaires au moins aussi importantes. Quant à une souspension d'armes, on tiendrait beaucoup à St. Pétersbourg à empécher l'effusion du sang; on avisera au meilleur moyen d'y parvenir sans compromettre la dignité du gouvernement légitime vis-à-vis des révoltés. Bref il y a là un vaste champ ouvert aux négociations. J'ai manifesté quelque étonnement de ce que la Russie n'eut point pris d'une manière plus explicite l'initiative de demander un congrès proprement dit, ou du moins qu'elle n'eut pas engagé la Prusse, par exemple, à émettre elle méme cette idée, qui aurait trouvé quelques adhérents. • C'est peut-etre, répondait M. de Bismarck, parce qu'elle prévoyait un refus de la part de l'Autriche et de l'Angleterre. Quant à nous, depuis plusieurs semaines déjà nous avions fait savoir confidentiellement à St. Pétersbourg que si nous ne nous sentions pas la vocation de nous mettre en avant pour proposer un congrès, nous étions disposés à appuyer cette proposition quand elle serait présentée officiellement •. Voilà en résumé ce que j'ai appris au Ministère des Affaires Etrangères. Vous en savez plus que moi; aussi je ne vous transmets les détails que dans le but de les soumettre à votre contrale. Que devenez-vous? que faites vous? Depuis votre dernier passage à Berlin vous n'avez plus donné signe de vie. C'est peut-étre que le projet du congrès

ayant été mis à l'arrière -plan, nous nous effaçons durant cette seconde phase des négociations. Franchement je ne le regrette pas trop. Puisqu'il ne s'agit pour le moment de la .part des soi disant ·champions de ~a Pologne, que de patronner des réformes administratives qu'à notre point de vue nous jugerions parfaitement insuffisantes pour la Vénétie et pour Rome, nous agirons sagement en nous tenant sur la réserve et en guettant l'occasion favorable de rentrer dans la !ice pour le mieux de nos propres intérets. En attendant l'Europe libérale sait, et nous vous le devons, que seuls nous avons invoqué le grand princ.ipe de nationalité. Après avoir planté notre drapeau, et lors qu'aucune Puissance n'a suivi notre exemple, rien ne nous oblige, et meme beaucoup de raisons nous dissuadent à aller plus loin, laissons l'Autriche s'envelopper de plus en plus dans un travestissement véritable robe de Nessus, qui menace de la conduire à sa perte, et quand elle sera bien enferrée et que sa mauvaise foi sera mise en évidence par la force des choses, nous aurons alors de meilleures cartes en main.

J e pars le 22 pour les bains de mer à Misdray près de Stettin. J'y resterai 3 semaines. Comme je resterai en Prusse, je serai en gré de continuer à expédier les affaires, mais c'est convenu avec Turin que le Comte Puliga me remplacera durant Ies trois semaines. Après quoi je prendrai un congé régulier d'un mois au moins. J'irai en Italie. Je tiens à m'assurer si on me laissera ou non à Berlin. C'est pourquoi je serai bien aise si vous vouliez bien répondre à la question que je vous ai faite dans la Iettre qui a diì. ètre remise par le Marquis de S. Germano. J'espère que leur fils est maintenant hors de danger. Je désirerais cependant en recevoir la bonne nouvelle par votre entremise.

Madame de Launay vous envoie ses meilleurs compliments. Je oubliais de vous féliciter d'avoir réussi à sauver la vie de nos compatriotes menacés d'etre fusillés. Je vous envie cette bonne action.

33

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL PRINCIPE NAPOLEONE (1)

T. 687. Torino, 18 luglio 1863, ore 0,45. Je remercie de tout mon coeur V. A. Je suis sur d'interpréter !es sentiments de S. M. en acceptant l'offre de ses bons offices auprès de l'empereur. Il se peut qu'au point de vue de la lettre des traités le préfet de Genes ait commis un acte irrégulier; mais il faut distinguer entre les premiers ordres qu'il a donnés, sans l'adhésion préalable du consul, et l'arrestation qui n'a été faite qu'en présence et avec l'adhésion d'un fonctionnaire français. Un arbitrage nous semble un moyen de solution convenable. Si V. A. croit pouvoir le proposer à l'empereur, nous laisserons à S. M. I. le choix de l'arbitre. Nous serions meme disposés à consigner les cinq individus à bord d'un batiment de la puissance arbitre. Je ne puis cacher à V. A. que ce qui nous

préoccupe le plus dans cette question c'est de sauvegarder devant l'opinion publique l'alliance française et d'empecher le triomphe du parti d'action.

(1) Il telegramma venne trasmesso tramite la legazione a Parigi.

34

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1144. Pietroburgo, 18 luglio 1863, ore 19,15.

Notes russes très fermes. Refusent nettement armistice et conférence des huit puissances; affirment six points etre dans les intentions de l'empereur. Proposent offrir conférence à Pétersbourg avec Autriche, et à l'exclusion France et Angleterre. Protestent contre la démagogie européenne. Ambassadeurs d'Angleterre et de France ont essayé ce matin, inutilement, d'avoir explications conciliantes. La note à la France surtout est très dure. Manifeste impérial paru. Appelle sous les armes dix hommes sur mille. Bien de choses à ma famille. Chevalier Gianotti mieux.

35

GIOVANNI VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. 18 luglio 1863.

Ho fatto vedere a Bonfadini la tua lettera (1), come mi avevi detto. Trattandosi che si possa constatare che noi avevamo proprio torto in diritto, e che non si debba fare che una semplice riparazione alla forma, con uno scambio di concessione che non include la consegna dei briganti ma una restituzione in integro sul punto di diritto, 'la soluzione di cui mi parli è possibile e tale parve anche a Bonfadini, perciò ti mandai il telegramma. Nel modo del fare la cosa bisognerà studiare però che le suscettibilità del paese siano molto salve, perchè e l'opinione pubblica è in proposito riscaldatissima e la fermezza usata finora dal Governo è oltremodo popolare. Guai se il risultato dovesse parere un disinganno. E non è proprio stato possibile un arbitrato, trattandosi che da principio consideravate il diritto come cosa controversa?

Se per esempio si volessero far riconsegnare quei cinque sul postale, per darveli pure subito, la cosa sarebbe già malissimo accettata in paese. Bisognerebbe limitare la cosa se è possibile alla stesa d'un protocollo, in cui si riconosce per i titoli incontrastabili del diritto la cattura irregolare e quindi la si dichiara nulla, mentre si dichiara che vengono trattenuti pel fatto invece della estradizione concessa. Ciò potrebbe essere ben accolto in paese, ma di più non so -anzi no. Pensa che anche la Francia dovrebbe essere in un bell'imbarazzo se dovesse romperla con noi.

Che cosa potrebbe fare? Intanto ti ringrazio d'avermi tenuto al corrente della faccenda. Scrivimi ancora. Ti avviso però che lunedì sera me ne vado a respirare un po'. Se hai

(l} Cfr. n. 17.

qualcosa a dirmi nella settimana ventura scrivimi fermo posta a Zurigo. È 11

rendez-vous che ho con Bonfadini e qualche altro, poi scenderemo nel

l'Oberland.

Ho ricevuto un altro tuo canterello di 40 franchi dalla vedova Sidoli per

l'associazione dei disegni. Quei tre biglietti di cento franchi mandati subito,

come ti ho detto, andrebbero a meraviglia.

36

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 688. Torino, 19 luglio 1863, ore 12.

Minghetti me charge de vous dire que Sartiges lui assura que l'extradition peut etre obtenue dans les vingt quatre heures. Cela facilitera beaucoup l'opération. Tachez que le prince persuade ministre de la marine de ne pas s'opposer à la restitution par terre.

37

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1147. Parigi, 19 luglio 1863, ore 15,20 (per. 01·e 16,45).

J'ai transmis dépeche au prince Napoléon. J'ai parlé dans le meme sens à Drouyn de Lhuys. Ce ministre a combattu d'abord l'idée de la restitution par terre, mais enfin il l'a admise pour sa part, sauf à en référer à l'empereur, ce qu'il a fait. Il me fera connaitre réponse. En cas affirmatif Drouyn de Lhuys désire qu'on ne fasse pas mention dans notre note du mode de restitution et que la note contienne paroles de satisfaction pour pavillon français. Drouyn de Lhuys m'a assuré qu'il fera enquete, qu'on fera bonne garde aux brigands, qui seront mis en état d'arrestation, et que la convention d'extradition sera appliquée avec la plus grande célérité possible.

38

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1149. Parigi, 19 luglio 1863, ore 21,10 (per. ore 22,50).

Empereur accepte remise des prisonniers à Chambéry.

39

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1145. Londra, 19 luglio 1863.

Lord Palmerston m'a dit que réponse russe était fort inconcluante, disant que les six points avaient été ou essayés, ou étaient dans les intentions impé~iales, ou ne pouvaient ètre appliqués qu'après pacification. On objecte armistice ainsi que la conférence, qu'on désire établir seulement entre Prusse et Autriche comme pouvoi:m copartageants. Autriche a déjà refusé cet arrangement.

40

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LV 7, prp. 16-20)

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 19 luglio 1863.

Le Comte de Sartiges est venu avant-hier me donner lecture d'une dépeche dans laquelle S. E. M. Drouyn de Lhuys après avoir rappelé sommairement les pourparlers auxquels a donné lieu l'arrestation de Cipriano La Gala et de quatre autres criminels à bord du bateau français l'• Aunis • conclut en déclarant que le Gouvernement Français se croit fondé à demander en vertu des principes du droit maritime et des stipulations existantes entre l'Italie et la France la restitution de ces cinq individus. Le Ministre de France m'a donné en mème temps communication officieuse d'une dépeche adressée au Consul Général Français à Gènes' pour désavouer formellement sa conduite dans cette occasion.

Le respect rigoureux des principes du droit maritime a toujours été et sera toujours la règle de notre conduite. Les stipulations de la Convention du 4 septembre 1860 sont conçues dans des termes d'une réciprocité absolue: notre intérèt aussi bien que notre honneur nous défendent donc d'en amoindrir de quelque manière que ce soit la valeur et la portée.

Nous avons cru cependant que la question devait etre examinée sous un point de vue plus large et plus élevé que celui d'une simple interprétation de la lettre des traités.

L'adhésion du Consul Général de France à l'acte d'arrestation, adhésion qui est 'constatée par le àésaveu ,méme de son Gouvernement aurait dù suffire à notre avis à écarter toute l'apparence d'une infraction intentionnelle du droit des gens, laquelle seule peut constituer une offense aux droits du pavillon. Que M. Huet eùt outrepassé ou non ses pouvoirs, le Préfet de Gènes a pu se croire de bonne foi fondé à procéder à un acte qui n'eùt acquis un caractère blessant que par suite d'une protestation ou d'une opposition formelle. En effet les Autorités italiennes s'empressèrent de suspendre toute opération jusqu'à ce que le consentement du Consul eùt été obtenu.

7 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Du moment que la question de bonne foi était de part et d'autre hors de contestation, il ne restait à notre avis, qu'à régulariser la situation, soit en déclarant, comme nous étions disposés à le faire, que l'incident de l'. Aunis » ne pouvait constituer un précédent, soit en demandant dans les formes ordinaires l'extradition des cinq criminels qui auraient continué à rester provisoirement dans nos prìsons. C'est ce but que nous voulions atteindre dans les pourparlers que S. E. M. Drouyn de Lhuys rappelle sommairement dans sa dépeche. Le Gouvernement Impérial nous rendra la justice de reconnaitre que dans toutes les phases de ces négociations nous nous sommes montrés anìmés d'un sentiment de conciliation d'autant plus sincère qu'une transaction nous paraìssaìt et nous paraìt encore répondre seule aux véritables exigeances de la sìtuation.

Cependant S. E. M. Drouyn de Lhuys persiste à croire que la question de droit doit etre seule prise en considération sans avoir égard à la qualité des individus arretés ni au consentement du Consul de France. On nous demande donc en vertu des stipulations existantes la restitution des cinq criminels arretés à bord de l' • A unis ». La question étant posée dans ces termes de droit rigoureux, nous avons du examiner jusqu'à quel point nous pouvions accéder à cette demande.

Quel a été le but des Autorités italiennes e n saisissant à bord de l' • A unis • les cinq individus dont les noms ont eu de si tristes retentissements en Italie? Celui de sauvegarder l'ordre moral et la sécurité publique en empechant ces, criminels de se soustraire à la répression de la justice. La France qui nous demande l'exécution stricte et formelle des traités existants ne se refusera pas j'en ai la conviction, à exécuter de son coté ces traités en ce qui regarde l'extradition des malfaiteurs. Nous pouvons donc consentir à la restitution de Cipriano La Gala et de ses compagnons puisque cette restitution ne saurait leur fournir un moyen légal d'échapper au jugement des Tdbunaux compétents. D'après les dispositions de la Convention du 23 Mai 1838, qui a été de part et d'autre appliquée à tout le territoire du Royaume d'Italie, les individus frappés d'un mandat d'arnet pour les crimes énoncés à l'art. 11 sont, pendant. l'examen de la demande d'extradition, arretés et détenus par le Gouvernement qui doit les livrer. Nous sommes donc fondés de demander, comme condition de la restitution que Cipriano La Gala et ses quatre compagnons soient tenus provisoirement en prison, et que les Autorités françaises prennent toutes les. dispositions nécessaires pour rendre impossible leur évasion. La soustraction de Cipriano La Gala et de ses compagnons au jugement des tribunaux compétents serait un fait d'une telle nature que nous nous refusons à en admettre la possibilité. Nous croyons en outre que les circonstances particulières du fait et l'impression qu'H a produite en Italie engageront le Gouvernement. Impérial à hater autant que possible la concession de l'extradition.

L'incident arrivé à bord de l'• Aunis » n'est pas un événement isolé et absolument sans rapport avec d'autres cas antérieurs. S. E. M. Drouyn de Lhuys rappelle lui-meme que des individus connus par leur active participatìon au brigandage ayant passé à bord d'un batiment des Messageries Impériales à Messine et à Naples, le Gouvernement du Roi a demandé au Gouver-· nement Français l'autorisation de procéder à leur arrestation et que cette arrestation a été refusée. Nous reconnaissons que ce précédent existe, mais nous en tirons des ~conséquences différentes. Ce fait et d'autres semblables ayant été signalés à plusieurs reprises au Gouvernement français, les Messageries Impériales auraient du ne pas faire servir contre la sécurité de notre Etat les immunités qui leur sont accordées sous la garantie du pavillon français. S. E. le Ministre des Affaires Etrangères déclare que les paquebots-postes des Messageries Impérialles sont assirrnilés à quelques égards aux batiments de guerre. Or il est incontestable d'après les principes les plus reconnus du droit de gens, qu'un batiment de guerre ne saurait servir d'asyle à des malfa.iteurs de la plus ignoble espèce. Des garanties analogues doivent évidemment exister pour les paquebots-postes des deux pays. Quelle que so1t la portée des articles 6 et 7 de la Convention postale, nous n'interpréterions pas les immunités dont jouissent nos paquebots-postes au point de croire qu'ils aient le droit de donner impunément abri dans les ports mèmes de la France à des criminels échappés de ses prisons. Il y a en effet des cons1aerations de haute moralité dont nul Gouvernement ne saurait faire abstraction dans l'application de la lettre de ses traités.

Nous nous croyons donc fondés à demander qu'une enquète soit ouverte sur 1es oirconstances par lesquelles les cinq criminels dont il s'agit ont pu ètre admis, malgré leur lugubre renommée, à prendre passage à bord de la

• Aunis • et à jouir de la protection française dont ils sont évidemment indìgnes à tous égards.

Nous demandons en outre que des ordres formels soient donnés pour qu'on ne puisse désormais amener impunément dans nos ports et dans nos eaux territoriales des individus dont les crimes troublent d'une manière permanente la tranquillité de l'Italie et excitent à bon droit l'indignation de tous les pays.

Veuillez donner lecture de cette dépèche à S. E. M. Drouyn de Lhuys...

41

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Eredità Nigra)

L. P. Torino, 19 luglio 1R63.

Mi spiace assai di sentire che tu sia malato colle febbri, e verrei imme· diatamente a Parigi se potessi lusingarmi che la mia presenza ti permettesse di assenta,rt'~ dal tuo posto. Ma finchè dura questo sgraziato incidente di Genova, piovutoci addosso come una tegola sul capo, nè io mi posso muovere da Torino nè tu da Parigi. Aggiungi che io sto così poco bene di salute che avevo già supplicato Visconti di darmi un mese di congedo, cosa che non ho da più anni e che pagherei anche a costo della mia demissione. Quasi quasi desidero che il Ministero cada, com'è probabile, su questa questione per do

mandare l'aspettativa senza stipendio e rimanere un po' di tempo a casa colla mia madre, malaticcia anch'essa, e che da gran tempo non mi ha presso di lei due giorni di seguito. Però se tu puoi fare 'Con Incontri ancora pel mese d'agosto, io, se non accadono avvenimenti straordinari pregherò Visconti di !asciarmi ritornare a Parigi nell'autunno o nell'inverno.

Infatti la mia vita qui è molto triste. Non v'è nè occasione nè speranza di fare alcun po' di bene. A poco a poco vedo il Ministero perdere ogni autorità nelle questioni estere, ed io non so più quale espediente suggerire, nè quale missione mandare per uscire dall'isolamento e dall'inerzia che ci è imposta.

Quest'ultimo incidente è veramente e puramente una disgrazia. Esso è dovuto alla circostanza che ora ti dirò. La notte stessa in cui Gualterio telegrafò in cifra a Peruzzi circa l'arrivo dell'Aunis Peruzzi fu chiamato per telegrafo a Pisa perchè suo suocero era stato colpito da apoplessia. Il dispaccio di Gualterio rimase qualche ora a casa Peruzzi senza essere decifrato: non fu che la mattina alle 10 che Spaventa ne ebbe conoscenza e telegrafò immediatamente a Genova per impedire l'arresto. Intanto questo era avvenuto e Gualterio replicò trionfante che il Console aveva aderito, che la popolazione era entusiasta ecc.

L'assenza di Peruzzi e quella del Re fece si che il Consiglio non si occu

passe della cosa che tardi, ed altro tempo fu perduto nella speranza che il

mezzo termine concertato fra te e Drouyn de Lhuys e di cui questi sconfessa

la paternità fosse accettato. Intanto qui vi è uno scatenamento generale contro

la Francia ed io esito assai a credere che il Ministero resista alla burrasca, o

non vi perda almeno ogni autorità morale. Se si ottenesse che l'estradizione

seguisse a brevissimo intervallo la restituzione dei briganti, pazienza: ma se

corrono molti giorni fra l'una e l'altra o se per qualsiasi pretesto l'estradi

zione è rifiutata io vedo la rottura inevitabile. In questo caso io bramerei

che altri uomini facessero la nuova politica. Vimercati, che fu chiamato qui

dal Re, il quale voleva mandarlo a Vichy, ma che ritorna ,stasera a Peg1i, ti

consiglia a rivolgerti a M. Noel, segretario del Contenzioso per raccoman

dargli la pronta concessione dell'estradizione. Egli fu nominato testè com

mendatore dei soliti santi.

Peruzzi mi raccomanda di dirti di far valere tutta l'importanza della

concessione che noi facciamo alla Francia: di far sentire che se essa non cam

bia modo d'agire sopra un incidente od un altro si dovrà rompere finalmente:

che insomma per ripetere una frase celebre, la position n'est plus tenable.

Addio, caro Costantino. Non sono di buon umore q:1est'oggi e vedo una

lunga e magra figura avvicinarsi alla tavola della Presidenza del Consiglio

come dopo Novara e Villafranca.

P. S. -La nota che ti mando (1) era redatta in modo più dignitoso, ma fu modificata ed addolcita in 'consiglio dietro l'ultimo tuo dispaccio d'oggi (2).

Mandami H nome dell'individuo raccomandato dalla Marchesa di Bethisy per la croce.

(2J Cfr. n. 37.

(1) Cfr. n. 40

42

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Napoli, 19 luglio 1863.

Io mi sono poi deciso di scrivere al Generale Montebello e mi pregio di trasmetterle copia deHa lettera che oggi stesso io gli dirigeva. Non si scàn~ dalizzi del tenore della medesima, al punto che erano le cose ho creduto bene di far della diplomazia a modo mio.

Mi premeva anzitutto rimbeccare al Generale Montebello che non si trattava di reazionarii ma di assassini i più scelerati. Voleva poi far capire al Generale come stando i Francesi in Roma, hanno il dovere di impedire ad ogni costo che si cospiri contro noi, e che a loro spetta arrestare e allontanare i cospiratori. Non potendo io ciò dire neanche in una lettera particolare mi permisi esprimere il mio rincrescimento che il Governo nostro non lo avesse chiesto, quantunque io ben capisca che non lo poteva fare, massima nella forma da me usata. Bisognava poi anche che io dassi una risposta al Generale Francese, che mi aveva gentilmente proposto di aboccarsi col mio Capo di Stato Maggiore a Isoletta. Quantunque io desiderassi di aboccarmi io stesso col Generale io non lo poteva fare per i motivi che adussi al Generale La Rovere, ma volendo però utilizzare mio rifiuto, dissi al Generale Montebello che non valeva la pena che si disturbassero due Generali in capo, giacchè si trattava di poca cosa. Molto probabilmente il Generale Montebello si sentirà ferito da questa mia dichiarazione, e siccome cercherà di rimediarvi guarderemo allora di profittarne.

Come ella ben vede Signor Conte, non sono i diplomatici soltanto che entortillent les questions par des détours et des réticences. Bisogna pur troppo che molte volte, anche i militari vi ricorrano; ma io deploro però, che massima le questioni gravi, non si possano trattare con più franchezza e lealtà, e nel caso presente mi ripugna poi il sentir dire, e dover dire io stesso che tutti i mali nostri vengono da Roma, mentre io sono convinto che se Roma è realmente una delle cause del brigandaggio, ve ne sono però molte altre che nulla hanno ,che fare con Roma.

Mi perdoni Signor Ministro il modo poco conveniente col quale a lei scrissi per la prima volta in particolare ...

P. S. -Un altro motivo che mi fa credere non mi convenga per ora aboccarmi col Generale Montebello, è che ignoro a che punto ne sia la questione dei briganti Cipriano La Gala e compagni arrestati a Genova su vapore Francese. E a questo proposito mi permetta rammentarle per quell'uso che crederà

di far-ne, che l'anno scorso io sequestrai il vapore .francese « Abatucci » mettendo in prigione il Capitano francese senza che il Governo Imperiale abbia reclamato. È vero che ho parimenti imprigionato 3 Deputati per cui ci fu gran chiasso, ma se mi trovassi a fronte d'una rivolta come quella dell'anno scorso, non esiterei a far lo stesso (1).

43

IL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, PISANELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Lunedì, ... luglio 1863 (2).

Le tue parole non mi hanno fatto dormire: ho passato una notte d'inferno. Ho sempre creduto che per una nazione nascente l'onore è tutto e deve stare innanzi tutto. Consentendo la restituzione accompagnata dalle tue condizioni espresse nel telegramma mi è paruto che l'onore del nostro paese non fosse offeso. Il primo mio concetto, se rammenti, è stato questo di metter da parte la questione di diritto e chiedere l'estradizione. Tutto il Consiglio lo ha adottato. Fin ,qui non ci è offesa all'onore del paese. Potrebbe verifica·rsi nell'esecuzione; questa ti appartiene, e tu, confido, la regolerai in modo che l'onore sia inviolato. Se il Governo Francese pubblicasse la restitu.done prima di concedere l'estradizione, scorJirerei in questo la volontà di umiliarci, e per Dio rifiuterei la consegna. Finchè i prigionieri sono nelle nostre mani la coscienza è tranquilla, ma dal punto in cui comincerà il loro viaggio fino a che non ci saranno renduti, sarà per me un palpito.

Ripensa sulla cosa e provvedi.

44

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1151. Parigi, 21 luglio 1863, ore 11,50 (per. ore 13,10).

J'ai donné lecture de la dépéche (3) à Drouyn de Lhuys. Il trouve qu'elle laisse à désirer mais il n'insiste pas sur la forme. Il a pris engagement que les prisonnniers seront arretés et détenus. Gouvernement français donnera cours le plus promptement possible à la demande d'extradition que je lui ai transmis aujourd'hui. Enquéte sera faite. Veuillez me télégraphier sans délai heure prisonniers pourront se trouver sur la frontière du Mont Cenis. Plus tòt possible c'est le mieux.

(1) -Annotazione marginale del documento: • La prego di leggere prima mia lettera al Generale Montebello». (2) -Si inserisce sotto il 20 luglio. che era un lunedì. avendo presente il contenuto del documento. (3) -Cfr. n. 40.
45

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 21 Luglio 1863.

Consumatum est. È il più sgraziato, il pm spiacevole, il più doloroso affare che io abbia trattato. Ne ho l'anima amara. Ma non era possibile altra soluzione, tranne la guerra. Ora bisogna avere coraggio. Tutto fu tentato. Se altra soluzione fosse stata possibile si sarebbe ottenuta. Drouyn de Lhuys non si mostrò animato di cattive intenzioni e tennemi sempre un linguaggio assa'i benevolo. Chi spinse fu la Marina e devo dire anche l'Imperatore stesso, il quale ha un sentimento vivissimo della bandiera. La stessa buona volontà di Drouyn de Lhuys ci nocque in quella circostanza. Sarebbe stato meglio che fin dal primo giorno avesse recisamente domandato la restituzione, invece di !asciarci concepire speranze d'un miglior accomodamento. Fatto sta che la questione andò grandeggiando di giorno in giorno e d'ora in ora sotto il colpo dei successivi rapporti, prima del Console e poi della Marina. Era mio dovere di farLe conoscere giorno per giorno queste fa,si successive e l'ho fatto. Ora non rimane che ottenere l'estradizione presto. Come mai il Sarno si trova solo incolpato di associazione di malfattori? Come mai nel mandato d'arresto dello Stramengo si indica il delitto di sovvertire e mutare l'ordinamento politico attuale? Perdio! Che i magistrati di Napoli non siano nemmeno capaci di formulare un mandato di cattura parmi veramente straordinario. Io la impegno vivamente ad ottenere dalla Corte di Napoli un mandato contro il Sarno per uno dei delitti indicati nella Convenzione. Il dire che associazione di malfattori (badi bene senza altra frase, giacchè non ci è altro affatto sul conto del Sarno nel mandato d'arresto) implica assassinio, incendio e furti qualificati, mi pare non abbastanza chiaro. Se non altro la cosa è dubbia, quindi giustificabile la domanda di spiegazioni, quindi ritardo.

L'Imperatore fu vivamente irritato dalla notizia che Vimercati sarebbe mandato a Vichy. Ne scrisse per telegrafo e molto secco a Drouyn de Lhuys, dicendogli che non yuol saperne di queste comunicazioni ufficiose. La lezione a chi tocca.

Non si perda d'animo, perdio! È questo un incidente doloroso, ma nulla altro che un incidente, non disgrazia. Se il Ministero cade, dove si va? Verrà un altro Ministro (nella migliore delle ipotesi), il quale ricomincierà la dolorosa esperienza di Ricasoli, di Durando, di Pasolini e di Lei, dalla quale esperienza risulta che l'Europa desidera che non facciamo parlare di noi per un paio d'anni.

La risposta della Russia è quale gliela feci prevedere. Non fu trovata soddisfacente nè qui nè a Vienna nè a Londra. Ma i discorsi di Gladstone e Palmerston non mi pajono ancora tali da far procedere la questione ad una soluzione.

Se il Ministero crede che il Trattato di commercio pericoli è meglio rimandarne la discussione all'autunno.

46

ROMUALDO BONFADINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Milano, 21 luglio 1863.

Gino è partito ieri per la Svizzera, dove io Io raggiungerò fra una quindicina di giorni. Sull'affare dell' • Aunis » v'è nell'opinione pubblica di qui una certa moderazione maggiore, una certa maggiore disposizione a trovar buono qualunque componimento. Forse in fine avrete il vantaggio di essere stati più audaci di quanto desiderava il pubblico. Dico più audaci, perchè ritengo che a quest'ora il vostro partito sarà preso, e nella nota alla Francia avrai fatta l'ultima proposta accettabile. Le tue ultime lettere a Gino (1) mi fanno sicuro che non sarai andato colle concessioni più in là del necessario e dell'equo. Per me, persisto a credere accettabile e decoroso, nella nostra situazione, qualunque partito che non lasci andar fuori, nemmeno provvisoriamente, da territorio, da bastimento o da mare italiano i cinque briganti; crederei indecoroso qualunque partito che ammettesse l'ipotesi contraria. Mi pare che tu pure fossi del mio parere, e le ultime frasi della Stampa mi lasdano credere che il contenuto della nota sia conforme a questa nostra opinione.

Del resto, qualunque sia l'esito dell'attuale incidente, io credo ch'esso debba formare il punto di partenza di una nuova fase nelle nostre relazioni colla Francia. Un'amicizia così equivoca non vale, secondo me, la pena di grandi ,concessioni. Alla piega che prendono gli affari polacchi, mi pare che dovrà venir presto il giorno in cui bisognerà dichiarare che vogliamo, o far la guerra coll'Austria in favore della Polonia, o farla, se occorre, contro l'Austria e contro la Polonia. Charitas incipit a semetipso. Non sarà inopportuno l'acquistar prima, in faccia alla Francia, una certa maggiore indipendenza di contegno, che renda, e per la Francia e per l'Europa, più credibili le nostre dichiarazioni. Se poi l'Austria non farà la guerra, e noi avessimo a tornar buoni in qualche cosa, sarà tanto maggiore la nostra influenza quanto più avremo avuto il coraggio di mettere in dubbio la nostra partecipazione definitiva alla contesa. Sarà politica alla Petruccelli, se vuoi, ma ha qualche cosa di vero.

Il Consiglio Provinciale di Sondrio ha mandato una petizione alla Camera circa l'affare della riduzione del censo combinata colla perequazione. Ne ha mandata una copia anche ai Ministri dell'Interno e delle Finanze; te ne prevengo perchè aggiunga la tua parola in proposito, trovandoti con essi.

Ti raccomando inoltre di nuovo la risposta alla nota svizzera sul passaggio delle Alpi. È un affare di due ore, ma che può avere grandissima importanza per l'avvenire di quella questione. Non perdere l'opportunità che ti si offre di rendere a questa causa un servigio che in altre occasioni e da altri difficilmente potrebbe essere reso.

(1) Cfr. nn. 6, 11 e 17.

47

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 694. Torino, 22 lugLio 1863, ore 16,10. Les cinq prisonniers parl€nt 1ce soir par ,convoi exprès de Genes vers minuit et seront au Mont Cenis demain de dix heures à midi. Ils sont conduits par l'inspecteur de police Mezzera, qui a ordre de les livrer aux autorités françaises sur procès-verbal. Veuillez télégraphier si je peux tenir cela pour convenu.

Veuillez me dire aussi si vous voyez d'inconvéniens à la publication dans journal officiel de demain de la note dont vous av,ez donné lecture (1).

48

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1154. Parigi, 22 luglio 1863, ore 20,30 (per. ore 21,30).

Gouvernement français est informé de l'heure et du lieu de la remise, ainsi il n'y a rien à changer à ce sujet. Je n'approuve pas la publication de la dépeche ainsi isolée. Il ne faut pas que le Gouvernement ait l'air de se justifier. Qu'il parle haut et qu'il dise tout simplement qu'il a fait ce qui était juste.

49

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1156. Parigi, 23 luglio 1863, ore 13,05 (per. ore 14).

La réponse de la Russie a produit très mauvaise impression ici, à Londres et à Vienne. Un projet de note à la Russie, qu'on dit assez forte, a du ètre envoyé hier de Paris à Londres pour étre communiqué probablement au Gouvernement anglais.

50

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Francofo1·te, 23 lugLio 1863 (per. il 27).

Un membre du Corps diplomatique étranger, qui a eu occasion de voir récemment le Roi de Prusse à Carlsbad, m'a dit à son pass:age id, que S. M. se faisait complètement illusion sur l'état des esprits dans son Royaume, et s'était

montrée entièrement rassurée sur la tranquillité intérieure du Pays qui, suivant ses appréciations, ne courait aucun risque d'ètre troublée; mais qu'en revanche S. M. avait paru moins satisfaite de l'état de ses relations avec les Puissances étrangères, et mème avait semblé un peu soucieuse de l'espèce d'isolement dans lequel se trouve la Prusse.

En me faisant part de ces dispositions d'esprit du Roi, le diplomate en question ,m'a dit qu'il est très probable que M. de Bismarck se rende en France pour tacher de se remettre en bons tei'mes avec l'Empereur, et que mème il aurait déjà entrepris ce voyage, si personnellement il ne craignait que pendant son absence, on ne cherchat à circonvenir le Roi et à lui démontrer les dangers d'une poNtique que, non pas seulement la Prusse, mais toute l'.A;llemagne réprouve hautement camme une véritable trahison nationale.

(1) Cfr. n. 40.

51

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 696. Torino, 24 luglio 1863, 01·e 21,40. La chambre a décidé aujourd'hui de rester réunie encore pendant huit

jours pour voter loi sur l'octroi. J'espère etre à mème de lui annoncer avant qu'elle cesse ses séances que l'extradition a été accordée.

52

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, pp. 291-293)

L. P. Londra, 24 luglio 1863.

Ho aspettato invano che mi si presenti un'occasione per scriverti, e mi decido di farlo in qualche modo per la posta. Giunsi qui felicemente lunecli sera. Martedì mattina vidi Azeglio, col quale ebbi lungo discorso; dissi finito lo scopo della mia venuta; ad ogni modo dover ripetere le buone nostre intenzioni; il vostro desiderio di essere chiamati, sebbene da me non diviso (perchè mi disse non diviso da lui). Mi disse di avere provocat·a la mia venuta egli stesso; dovergli però dire tutto, se no, quando io venissi fuori qui con cose non dette a lui, la romperebbe del tutto. L'ho rassicurato dicendo che se nel parlare di politica mi venisse qualche idea nuova, gliela comunicherei. Mi condusse dopo subito da Palmerston, Russe! e Layard. Il primo non parlò che in termini generali; dopo disse ad Azeglio di non aver capito il mio nome, e non aver saputo bene che dire; mi fece poi invitare a pranzo per domenica. Giovedì sera pranzai a Richmond coi Russe! soli, e passai la sera con loro; non rimasi la notte come mi offrirono, e ci tornerò piuttosto; oggi per suo invito debbo vede::lo al Foreign Office e dimani tornerò a Richmond. Conta partire per la Scozia il 4 p. v.: e potrei andare anche colà. Non sono ritornato da Layard, nè andato da Gladstone, perchè Panizzi mi ha detto che in questi ultimi giorni del Parlamento sono occupatissimi; pranzerò con loro martedì da Panizzi e prenderò appuntamento per rivederli.

Io mi trovo appunto nella difficoltà che prevedeva, sebbene vegga Azeglio quasi tutti i giorni, ed egli sia ultragentile con me. Oggi ci dà un pranzo, sverginando certa porcellana nuova etc. etc. Il momento è di grande importanza, e chi conoscesse bene il terreno, non potrebbe essere più opportuno; ma io non oso temendo di fare passo inopportuno che guasti tutto. Quando io avessi proprio veduto con chi fosse meglio, non differirei. Se il Ministro non fosse qui, chiederei più francamente che cosa si tratti adesso etc. etc. Credo che oggi deciderà qualche cosa il Consiglio dei Ministri, e sarà una controrisposta alla Russia, e voild tout. Le idee capitali qui sono: non toccare l'Oriente e diffidare dell'Imperatore. Poi la gente vuole andarsene (altro che da noi), e quindi per due mesi importa innanzi tutto che non ci sia da fare niente di grave. Per questo crederei quasi che non ci fosse gran premura di dire. Ti ho scritto queste due righe piuttosto per farti sapere che son vivo, che per spiegarti alcuna cosa, che così scrivendo si imbroglia e non si spiega. Appena mi diranno esserci occasione, scriverò. Je louvoye, ecco tutto.

P. S. Non aveva meco la tua lettera per Lord Palmerston quando lo vidi; gliela lasciai dopo, e lo vedrò anche questa sera.

53

ROMUALDO BONFADINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Milano, 24 luglio 1863.

I miei complimenti pel dénouement, e specialmente pel tuo linguaggio di ieri alla Camera. Mi faccio obbligo di dirti che qui, in complesso, la soluzione parve soddisfacente, sopratutto perchè era parso grave il torto del Prefetto di Genova. È deplorabile che non si abbia potuto annunciare contemporaneamente alla Camera l'accettata estradizione per parte del Governo Francese o che non si possa annunciarla domani. Anche a me però, la confessione e la promessa che avete ottenuto dalla Francia di investigare e sorvegliare d'ora innanzi la condotta de' suoi agenti in simili vicende sembra un successo notevole, e tale da bilanciare la sfavorevole condizione dell'effettiva consegna sul territorio francese. A questa però la Francia, con un po' di più di buonvolere, avrebbe potuto rinunciare cosicchè rimane sempre l'amarezza di avere un amico così poco disposto a fare il più lieve sacrificio per noi, e disposto sempre ad esigerne di non lievi. Ora ti capita sul collo la questione polacca, nella quale mi pare che l'Europa sia già, senza accorgersene, sprofondata insino al collo. L'Inghilterra dovrebb'essere, in questa fase, la nostra più influente allec:ta. Ti auguro buone idee e buoni successi.

54

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1159. Parigi, 25 luglio 1863, ore 16,15 (per. ore 17). Les papiers d'extradition ont été transmis au ministre de justice depuis

deux jours. Drouyn de Lhuys m'a promis d'en faire hiì.ter l'examen et il espère que la solution aura lieu avant la prorogation de la Chambre des députés.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 25 lugLio 1863.

Malgrado che Ella mi avesse fatto. conoscere molto opportunamente col telegrafo (1) il senso generale delle risposte date dal Governo Russo alle Note dell'Austria, della Francia e dell'Inghilterra, ho creduto di dover ritardare l'invio del corriere a Pietroburgo sinchè avessi potuto prendere notizia del testo stesso di questi importanti documenti.

Questa lettura confermò quanto Ella mi aveva già fatto prevedere, cioè che l'ordine delle idee a cui S. E. il Principe Gortchakoff attinge le sue argomentazioni non fornisce per ora al Governo del Re alcuna occasione favorevole per mettere innanzi la proposta d'un Congresso Generale. Infatti gli è pur sempre nella sfera e nei limiti dei trattati del 1815 che il Governo Russo ammette alcuna forma di negoziati fra esso e le altre potenze; ed il rifiuto di dare il suo consenso alle conferenze proposte dall'Austria, dalla Francia, e dall'Inghilterra poggia sovratutto sul desiderio chiaramente manifestato di seguire il metodo adottato nel 1815 pei negoziati relativi alla Polonia vale a dire di addivenire ad un concerto delle tre potenze aventi possessioni polacche, che sarebbe confermato poscia dal semplice assenso degli altri Stati segnatarii dei trattati del 1815. Benchè questa proposta del Principe Gortchakoff riveli troppo apertamente la speranza d'indurre l'Austria a far causa comune colla Russia e colla Prussia, e debba perciò non suonare troppo gradita alle due Potenze Occidentali, io non ispero tuttavia che queste s'accordino subitamente a considerare veramente la questione in tutta la sua ampiezza, ed a trasportare la discussione sul campo di quei principi che il Governo del Re ha sopratutto a cuore di difendere e di far prevalere. I discorsi pronunciati recentemente alla Camera dei Comuni da Lord Palmerston e da Sir W. Gladstone dimostrano quanta ripugnanza abbia il Governo Inglese a staccarsi dalla base dei trattati del 1815; nè la Francia per sè sola ha mostrato sin qui di voler spingere la sua azione diplomatica sino a tal punto da trovarsi isolata dall'Austria e dall'Inghilterra. In tale stato di cose io sono d'avviso che continuare nella politica di riserva che Le ho raccomandato finora sia per noi, non che prudenza, necessità. E ben lo comprende in Italia l'opinione pubblica, la quale si mostra poco desiderosa di vedere il Regno

d'Italia impegnarsi direttamente in negoziati, dei quali non è prevedibile per ora alcun risultato utile per la Polonia, nè soddisfacente per l'Europa.

Per ora non ho che a confermare alla S. V. Illustrissima le istruzioni già date. Però non debbo astenermi dal pregarla di voler raddoppiare d'oculatezza nell'investigare, e di prontezza nel rendermi conto delle sue osservazioni. Egli è evidente per me che negoziati non ufficiali e di natura segretissima tendono sin d'ora a preparare il terreno per gli avvenimenti possibili: ed Ella comprenderà di leggieri quanto interesse abbia il Governo del Re a conoscere e seguire da vicino tutte le fila di codeste pratiche.

La sorte degli Italiani, che rimasero prigionieri dei Russi in Polonia, continua a preoccupare a buon diritto la pubblica opinione. Fu accolta con piacere la notizia che mercè gli uffizii dell'E. V. Illustrissima fosse ,loro condonata la pena capitale: ma la loro deportazione in Siberia ha prodotto com'era naturale, una dolorosa impressione. Io spero ch'Ella potrà, nei limiti che le convenienze internazionali esigono, continuare ad esercitare a pro di questi Italiani la di Lei benefica influenza, ottenendo che sia raddolcita la pena e possibilmente abbreviata la durata di essa. La prego intanto di volermi ragguagliare sul luogo dove si trovano i prigionieri italiani e sul trattamento che subiscono.

Non terminerò questo Dispaccio senza accennarle l'incidente dell'arresto dei cinque briganti sul Vapore postale delle Messaggerie Francesi l'· Aunis •· Preoccupandosi esclusivamente delle necessità della Pubblica Sicurezza, il Prefetto di Genova ordinava quell'arresto senza attendere l'autorizzazione del

R. Governo e senza averne preventivamente il consenso del Console Francese. Questi, interrogato troppo tardi, non assentì che quando gli atti di ricerca a bordo dell'• Aunis », espressamente vietati dagli artt. 6 e 7 della Convenzione Postale colla Francia erano già stati compiuti. Ciò diede occasione al Governo Francese di chiedere la restituzione dei briganti e di negare ogni valore legale alla adesione del Console, che fu inoltre espressamente disapprovato. Trattandosi di convenzioni fatte su base di perfetta reciprocità il Governo del Re non poteva rifiutarne l'applicazione, e perciò dopo aver sentito il parere del Consiglio del Contenzioso, acconsentì alla consegna degli individui, chiedendo nel tempo stesso che la Francia li tenesse in arresto provvisorio e desse sollecito corso alla domanda dell'estradizione. Per togliere a questa consegna ogni carattere di riparazione (poichè il Governo del Re non potè ammettere che vi fosse stato in realtà alcun oltraggio alla bandiera francese) noi abbiamo chiesto che la restituzione si facesse alla frontiera del Cenisio anzichè a Marsiglia, od a bordo dell' • A unis •. Inoltre insistemmo presso il Governo Francese ed ottenemmo da lui che fosse fatta un'inchiesta per scoprire come mai quei cinque briganti, alcuni dei quali fuggiti di galera, avessero potuto trovar rifugio sotto la protezione della bandiera francese. Ordini severissimi saranno dati dal Ministero Imperiale della Marina perchè simili casi non abbiano più a verificarsi per imprudenza dei Capitani delle Messaggerie Imperiali.

Il favore col quale la Camera accolse questa soluzione e la presentazione dei documenti relativi a questa vertenza, mi fa sicuro di avere in questa circostanza tutelata la dignità del paese.

(1) Cfr. n. 34.

56

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 175. Parigi, 25 luglio 1863 (per. il 27).

Le risposte della Russia hanno prodotto sfavorevole impressione presso Gabinetti di Parigi, di Vienna e di Londra. L'E. V. ha di già veduto come il Governo Austriaco siasi affrettato a respingere la :proposta russa d'un accordo tra l'Austria, la Prussia e la Russia. Il Signor Drouyn de Lhuys mi ha detto oggi che l'accordo el'a perfetto tra le Corti di Francia, d'Austria e d'Inghilterra nel giudicare insufficiente la risposta della Russia. Nessun progetto di contro-risposta è finora stato mandato da Parigi a Londra o a Vienna, bensì il Gabinetto delle Tuileries avrebbe fatto conoscere alle due Corti che è disposto ad entrare nella via dell'azione ove sia efficacemente secondato dall'Austria e dall'Inghilterra. Se queste due Potenze si mostrassero egualmente disposte aJl'azione, la Francia non .esiterebbe, ed allora la quistione Polacca entrerebbe in una fase più decisiv.a. Se no, la Francia si riserverebbe di pensare maturamente al da farsi. Ma la più gran calma e la più grande moderazione dissemi il Signor Drouyn de Lhuys non ha cessato di dominare nello spirito dell'Imperatore; quindi esso crede infondati i timori che si spargono da più giomi alla Borsa di P.arigi. È probabile che per ·calmare queste apprensioni il Moniteur di domani contenga un articolo in senso rassicurante.

57

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 221. Roma, 25 luglio 1863 (per. il 30).

I Francesi continuano alacremente nelle loro operazioni contro il brigantaggio, e si nota con soddisfazione che vi si distingue il Comandante la Gendarmeria Maurice, sul quale non si faceva finora alcun ass•egnamento. Non passa quasi giorno senza qualche perquisizione ed arresto importante, ed uno ne venne operato jeri l'altro di certo Pils o Pila, Spagnuolo, che fruttò il sequestro di carte di rilievo. Costui era uno dei capi della spedizione preparat.asi in Corfù ed in A~bania ,contro il R .. Governo nel Maggio u. s., e che riparò in Roma con diversi suoi compagni il 12 corrente.

Il Consiglio di Guerra Francese ebbe a sentenziare ultimamente contro cinque briganti rei di delitto verso i suoi, e due o tre di essi vennero condannati a due anni di pena nel bagno di Tolone, spirata la quale verranno consegnati al Governo Italiano. Indifferenti alla condanna, che credevano maggiore, si risentirono e protestarono contro la seconda parte della sentenza. Lo Stramenga verrà giudicato dallo stesso Consiglio fra pochi giorni essendo esso pure reo di omicidio di un Caporale Francese.

La cooperazione del Governo Pontificio ad inquietare le mene del brigantaggio si mostra più attiva, se non sincera, di quanto si poteva presagire. I ladrocinii e le azioni turpi che si vanno più frequentemente ripetendo da qualche tempo in Roma e nei suoi dintorni da questa feccia di ribaldi qui riparatisi all'ombra della Religione, lo rendono avvisato qual molesto nemico si abbia in casa, e cerca di provvedervi. La condotta che tiene il ceto agiato della emigrazione napoletana è pur generalmente disapprovata da qualsiasi classe di persone, e Sua Santità istessa si è pronunziata a riguardo di alcuni di essi in termini di vero risentimento.

Dal Prefetto dell'Umbria mi venne osservato che i spezzati d'argento della moneta Italiana scomparivano da quelle piazze e vi circolavano invece i spezzati d'argento di nuovo conio, di quella Pontificia, così detti Papetti, o di un Paolo. Da informazioni assunte in proposito da persone competenti, mi risulta che i suddetti spezzati di nostra moneta vengono volontieri acquistati dalla Banca Romana, presentando un valore reale metallico del 22 % in più, in confronto delle suindicate monete Pontificie, e che tale genere di commercio viene operato dai Banchieri e Cambiavalute di qui, ma in modo più lucroso da incettatori nazionali sulle piazze delle Provincie limitrofe, che abusano della ignoranza e correntezza degli abitanti nelle transazioni commerciali.

La suindicata deficienza di valore metallico non viene osservata nello scudo d'argento Pontificio, anche di nuovo conio, che perciò pochi ne somministra la Zecca, e per contro mi viene assicurato che si verifica nelle monete d'oro di ultimo conio di 25 e 10 Paoli, che sono frequentissime in piazza.

Abbenchè il suddetto commercio illecito di moneta non possa mettersi in dubbio, pure non è qui generalmente avvertito, forse perchè non circolando che in pochissima quantità nello Stato Pontificio i suindicati spezzati d'argento di moneta Italiana, si riesce a farlo nascostamente.

Si vocifera nuovamente del prossimo ritiro del Cardinale Antonelli e della nomina al suo posto del Cardinale Altieri. Prego la gentilezza di V. E. di voler far ricapitare l'accluso piego a S. E. il Ministro dell'Interno, e la lettera al signor Angelo Carrera.

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 15. Toll"ino, 26 lugLio 1863. Minghetti Le scrive (1), io ho dunque poco da aggiungere. Mi basterà ringraziarLa dell'opera così valevole da Lei prestata nel disgraziato affare del

l'Aunis. La soluzione ottenuta finì col soddisfare l'opinione pubblica, perchè l'Italia, malgrado le eccitazioni di un sentimento nazionale irritato dall'ina

zione, è pur sempre un paese di buon senso. Io andai alla Camera preparato ad un accoglimento ostile, e con molta meraviglia udii invece delle voci di approvazione. Si dovette tener alto il tuono del linguaggio, perchè vi sono delle esigenze parlamentari a cui non si può sfuggire, e perchè così siamo riusciti e forse riusciremo ad evitare del tutto la discussione. Ciò dipenderà in gran parte dall'ottenere o no l'estradizione, per la quale mi raccomando sempre caldamente.

Gli animi già cominciano a rioccuparsi della quistione Polacca e si domandano quale sarà la posizione fatta all'Italia dagli avvenimenti. A me pare difficile se la guerra scoppia, che si voglia procedere senza tener conto di noi e della nostra attitudine, o senza calcolarci almeno come una forza che può diventare un'imbarazzo.

Scrivo a Pepoli (1) e gli raccomando la più assoluta riserva, mostrandogli come i progetti coi quali era partito diventano ora assolutamente intempestivi. La prego di volermi ragguagliare sullo stato attuale della quistione e sul giudizio ch'Ella ne porta, e mi creda ...

(1) Cfr. n. 60.

59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Torino, 26 luglio 1863.

Ho sempre aspettato a mandarti il corriere credendo che di giorno in giorno gli avvenimenti avrebbero presa una piega da permetterei di agire più

o meno a seconda delle prese intelligenze. Del resto tu, informato a Pietroburga della condizione delle cose, avevi già da tempo preveduto che questa eventualità non si sarebbe assai probabilmente presentata. I tuoi dispacci fecero nettamente presentire quale sarebbe stato il carattere della risposta russa e sopratutto della risposta alla Francia. Quello che forse da Pietroburgo non prevedevasi è la profonda irritazione prodoUa dai dispacci del Principe Gortschakoff.

Duolmi che oggi, alla partenza del corriere, non abbia ancor ricevuto da Parigi e da Londra i ragguagli che attendo sull'ulteriore azione diplomatica che si prepara, e su quell'altra eventuale a cui si pensa. Le mie informazioni da Vienna mi danno qualche notizia sulla nota austriaca comunicata a Parigi prima di essere spedita a Pietroburgo e aggiungono ·che come primo e analogo piano di campagna si tratterebbe di far sì che la Francia e l'Inghilterra facciano una dimostrazione mandando la loro flotta nel Baltico, e l'Austria concentri cento mila uomini in Polonia, sotto pretesto che l'agitazione della Polonia russa si comunichi, come si prevedeva, alla Galizia.

Comunque sia, e come tu mi facevi osservare da quindici giorni, parmi che le nostre proposizioni non abbiano ora nè probabilità, nè opportunità e

ch'esse riuscirebbero affatto intempestive. È dunque il caso di continuare la tua attitudine di riserva e di esatta osservazione.

In una delle prime lettere che tu mi scrivevi da Pietroburga, mi dicevi:

o la negoziazione diplomatica riuscirà ad un fiasco e ad una delusione e per noi sarà meglio l'essere rimasti fuori, o ne uscirà la guerra ed allora bisognerà contare sulla nostra attitudine. Farmi che questa situazione si vada avvicinando.

E appunto per ciò il punto che sempre a noi più importa di ben chiarire è la disposizione vera e l'intenzione dell'Austria. Il tentativo del Principe Gortschakoff di staccare l'Austria dalle due Potenze occidentali mediante il sistema proposto di conferenze non sia [sic] riuscito, mi sembra difficile che il Governo Russo si sia deciso à brusquer tutto senz;a avere delle forti lusinghe che l'Austria non avrebbe seguitato le altre due Potenze sino alla fine. Come pure suppongo che il Governo Russo il quale si propone di guadagnar tempo e di far giungere l'autunno avrà in serbo qualche altra proposta o qualche concessione alle comunicazioni che si stanno ora preparando da parte delle tre Potenze. Siccome queste proposte si riferiranno assai probabi:Imente aHa forma delle conferenze accettabili dalla Russia, sarebbe assai importante di sapere su che terreno il Ministro russo cerca e si propone di condurre la vertenza. Finirà coll'accettare, come ultima concessione, la conferenza delle altre Potenze? Sarà, per avventura, condotto ad accettarla delle sole grandi Potenze? Tutte queste domande, tutti questi dubbii toccano troppo davvicino i nostri progetti e la nostra condotta avvenire perchè non si aspettino con ansietà le tue informazioni. Io sarò molto lieto e ti sarò riconoscente, poichè la situazione, dopo il tuo viaggio a Torino, si è notevolmente modificata, che tu mi voglia far sapere come la giudichi e quale condotta tu pensi debba seguitare il Governo Italiano. Scrivimi, informami e consigliami tanto per iscritto quanto per telegrafo.

Stackelberg qui è alquanto inquieto. Vedendo l'orizzonte abbuiarsi teme che noi prendiamo o abbiamo già preso qualche impegno colla Francia. La formazione della squadra di evoluzione, i campi d'istruzione, il viaggio del Principe Amedeo in Svezia e in Norvegia, tutto gli è oggetto d'induzioni sospettose. Veramente per essere inquieto di noi oggi, valeva meglio esserne inquieto qualche tempo fa e comprendere come allora potevamo essere buoni a qualche cosa, buoni a servire, per esempio, di utili intermediarii e come era fuori di proposito il fare il bello spirito per rispondere alla nostra nota, la più amichevole di quante siena uscite dalle Cancellerie d'Europa. Quanto al viaggio del Principe Amedeo, nessuno ha mai pensato qui a darvi un significato politico. È il solito viaggio di tutti gli anni che questa volta è diretto al Nord. Il Principe viaggia sotto il più stretto incognito col nome di Conte di PQllenzo. È accompagnato dal Generale Rossi e da qualche ufficiale d'ordinanza.

In questi giorni fummo occupati e preoccupati dal malaugurato incidente dell'Aunis che minaccia di prendere delle grosse proporzioni.

I documenti che oggi ti spedisco ti informeranno pienamente dell'affare. Gualterio agì di suo capo, e il suo operato fu un'espressa violazione della Convenzione postale colla Francia (A. 6, 7). Ho fatto tutti gli sforzi possibili

8 -Documenti dipLomatici -Serie I -Vol. IV

per evitare la restituzione materiale, ma il Governo Francese e l'Imperatore stesso furono su questo punto irremovibili. Sino dal primo giorno constatai come il consenso dato dal Console togliesse alla questione ogni carattere irritante e espressi il desiderio di non sollevare una vertenza di diritto marittimo, portando la questione sul terreno dei buoni rapporti fra i due Governi e dell'intento comune sulla repressione del brigantaggio. Persisto a credere che il mezzo termine da me proposto bastava a regolarizzare la questione, a salvare i principii, e rispondeva meglio alla situazione. Poichè il Governo Francese pom~va la questione sul terreno dello stretto diritto, noi non potevamo esimerci dalla esecuzione dei trattati. Ma v'era un principio sul qual2 non potevamo transigere. Poichè questi malfattori si trovavano in mano dell'Autorità italiana che aveva agito in buona fede non potevamo permettere che fossero sottratti alla giustizia del loro paese. Non ci era dunque possibile di reintegrarli, per così esprimermi, allo stato di passeggieri. Se vi era una Convenzione consolare e postale che eravamo pronti ad adempiere, v'era anche un trattato di estradizione al cui adempimento potevamo richiamare la Francia. Li restituimmo dunque, ma in istato di arresto e coll'engagement dell'estradizione. Non li restituimmo a Marsiglia, perchè questa forma solenne implicava la riparazione ad un'offesa non esistente. Inoltre si chiese ed ottenne un'inchiesta perchè l'estradizione di questi malandrini in un porto italiano a bordo di un legno francese era un abuso delle immunità consacmte daUe Convenzioni. L'affare aveva preso a Parigi e a Torino le più grosse proporzioni. Qui l'opinione pubblica s'era da principio esasperata, come avrai veduto dai giornali. In seguito essa si calmò notabilmente e finì coll'accogliere con

favore una soluzione in cui le concessioni non erano da una sola parte.

Ti raccomando, benchè non ne sia d'uopo, l'affare dei prigionieri. Benchè sia già stato molto il salvarli dagli estremi rigori, ti dirò che l'annuncio della deportazione in Siberia ha qui sinistramente impressionata l'opinione pubblica e anche i giornali moderati se ne occuparono ripetutamente. Io spero che si sarà voluto piuttosto pronunciare la parola Sibe1·ia, che applicarne la realtà. E sono convinto che tu avrai impiegato tutti i tuoi ufficii a quest'uopo. Prima che la Camera si proroghi mi sarà certamente fatta qualche nuova interpellanza. S'io potessi dare qualche benigna assicurazione ciò farebbe un eccellente effetto. E avrei d'altronde bisogno di sapere quanti sono questi prigionieri, dove sono e come sono trattati. Almeno nei limiti di questa investigazione l'intervento di un Governo è ammesso dovunque. La Camera udirebbe volentieri qualche buona assicurazione ch'essa saprebbe, per mia bocca, dovere alle tue autorevoli premure.

Sono dolentissimo di non poterti neppur oggi mandare la copia del trattato che fu mandato per la parte giuridica al Ministero di Grazia e Giustizia dal quale non potrò averlo che fra quattro o cinque giorni. Del resto esso fu pienamente approvato dal Ministero d'Agricoltura e Commercio e delle Finanze. Il Consiglio de' Ministri pure mi autorizzò a darvi corso. Te lo spedirò dunque col primo corriere, nulla più opponendosi alla sua conclusione. A proposito, hai i pieni poteri firmati dal Re? Nel caso contrario telegrafa perchè li faccia preparare. Credo che appena ricevuta la copia il trattato sarà conchiuso. E al Ministero si potrà far eseguire l'esemplare per lo scambio delle

ratifiche che si farà a Pietroburgo. Ti prego di fare al Ministero un rapporto sul servizio Consolare italiano in Russia e sui posti che i nostri interessi richiedono si stabiliscano nell'Impero. Con questo Corriere riceverai le decorazioni pe' tuoi raccomandati.

Fui molto inquieto per la sincera amicizia che professo alla famiglia San Germano, a cagione della malattia di Casimiro. Credo di far cosa grata aìla Marchesa dandogli una destinazione meno lontana e sono pronto a mandarlo a Londra. Ti prego di dirmi il tuo avviso in proposito.

Finalmente mi permetto di darti una commissione insieme con alcuni miei colleghi del Ministero, Menabrea, Cugia e Peruzzi. Vorremmo ricorrere alla tua compiacenza perchè ci mandi collettivamente una provvista di the di carovana. Credo che vi sieno delle cassette di un volume solito, e tl prego di mandarmene una.

(1) Cfr. n. 59.

60

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, prp. 125-127)

L. P. Torino, 26 luglio 1863. Prima di tutto vi ringrazio e vi lodo di tutto cw che avete :llatto per questo malaugurato affare dell'Aunis. Esso è pur nondimeno finito abbastanza bene, e l'opinione pubblica che nei primi giorni era ad un grado di esasperaz,ione grandissimo, si è a poco a poco calmata e ha finito per approvare il nostro operato. Ma tutto dipende dalla restituzione, la quale se doves,se tardar,e, non dubito che l'irritazione si rinnoverebbe, ma non voglio fare cattivi pronostici. Vi rimando il biglietto di Drouyn de Lhuys. Non so come egli sapesse che l'idea di mandare Vimercati a Vichy era venuta nel pensiero del Re: ma fu un'idea sfuggevole che non ebbe seguito, e Vimercati sta a Pegli senza che più si sia parlato di ciò sin da che l'Imperatore al Re [sic]. Mi duole che la vostra salute non sia buona, ma nel momento mi parrebbe inopportuna la vostra assenza. Le risposte della Russia sono forse gravide di grandi eventi: e le decisioni che si prenderanno in codesti giorni possono inchiudere le sorti avvenire. In quel discorso che voi aveste coll'Imperatore due cose mi colpirono fortemente; la prima com'egli mostrasse di credere che se l'Italia rimanesse spettatrice di una guerra senza prendervi parte, e di un congresso senza intervenirvi, ciò era cosa quasi naturale nelle circostanze presenti, non punto nociva nè indecorosa all'Italia. La seconda che un'alleanza della Francia coll'Austria in disparte dall'Italia non potrebbe avere sinistri effetti su questa. Io non convengo in alcuna di queste due idee. L'alleanza della Francia coll'Austria sin dai primi momenti parve a me come a voi sommamente pericolosa. E credo poi che se vi fosse congresso, ma soprattutto se vi fosse la guerra, l'Italia non potrebpe lasciare questa occasione senza fare alcun passo verso il compimento della sua indipendenza.

Io veggo la questione in questo modo che se si vuol fare qualche cosa di serio per la Polonia, e farlo con beneficio della pace d'Europa e della

civiltà, bisogna fare un fascio di forze il più potente che si possa. E credo che questa occasione sarebbe bellissima se l'Imperatore fosse deciso di fare una politica grande, e se vi fosse in Austria un uomo di stato di larghi concetti e di animo ardito. Voi conoscete su questo punto le nostre idee e non mi occorre di ripeterle. Solo voleva inferirne che il momento mi par gravissimo e decisivo per l'avvenire, e che a noi in ogni modo non si conviene rimanere estranei alle combinazioni che possono sorgere.

Vi scrivo dalla Camera in mezzo a una discussione. Ciò spiegherà la sconnessione di questa lettera. Spero che si voterà la legge sul dazio consumo: ed io oso dire che se ciò avviene pochi parlamenti saranno stati più operosi. Perchè votare il bilancio 1863, e il passivo 1864, votare due grandi leggi di imposta, senza contare le minori, è un compito onorato e degno di un paese da gran tempo avvezzo alla vita libera.

In questo momento Spaventa mi fa vedere l'accluso telegramma che traversa en dair. Vedete a ,che giunge l'impudenza di costoro. Il Gil è uno di quelli che volevano arrestare a Messina. Vidi la Principessa di S. Elia, spero compiacerla.

Vi prego di fare avere subito l'acclusa al Principe Napoleone e di spedire l'altra (1) a Pasolini per via sicura.

61

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghettì-Pasolini, pp. 293-294)

L. P. Torino, 26 Luglio 1863. Non ho avuto sin'ora che un telegramma, e la lettera del 19 corrente da Par,igi. L'affare dell'Aunis fu accomodato meglio di ciò che poteva sperarsi. Non dico tanto in sè, ma rispetto all'opinione pubblica che se n'è accontentata. La Camera discute alacremente la tassa di dazio consumo, e spero la voterà. Tutto ciò mi costa fatiche immense, ma alla perfine il bilancio votato, due imposte, e più leggi di utilità pratica, sono un bel risultato in sì breve tempo. Col Re siamo benissimo. La Camera si prorogherà sabato contenta di sè e di noi. Ora le risposte della Russia mi pare che porgano il destro stupendamente alle combinazioni che tu sai. Più che mai divien necessario il far comprendere che, o sia che le presenti emergenze abbiano fine con un Congresso, o trascinino alla guerra, nell'uno e nell'altro caso, noi non possiamo rimanere spettatori di questo fatto, senza trarne partito per la questione italiana. Io sono lietissimo che tu sia a Londra in questo momento, e aspetto da te qualche lume

che rischiari il nostro cammino. Parmi che l'Inghilterra in questo momento possa dare il crollo alla bilancia; e siccome essa è interessata più che altro a

mantenere la pace o almeno a far sì che la guerra sia brevissima e di sicuro esito, così parmi che il suo interesse debba consigliarla di associare il maggior numero di forze dirimpetto alla Russia.

Sento che l'Imperatore viene a Parigi ai primi di agosto: credo che se ciò è vero, egli aspetterà colà sin dopo il 15. Forse sarebbe per te occasione propizia di vederlo passando.

Spero che avrai avuto una mia lettera per Azeglio.

P. S. So che i tuoi di Pegli stanno bene. Se il dazio consumo finisce giovedì, farò una corsa a salutarli.

(1) Cfr. n. 61.

62

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1164. Pietroburgo, 27 luglio 1863, ore 17,50 (per. ore 1,25 del 28).

Ambassadeur d'Angleterre envoie demain à son Gouvernement dépèche lui conseillant congrès général camme le seul moyen d'éviter avec honneur la guerre. Je crains que vous n'ayez laissé échapper l'occasion favorable pour relever ltalie, mais peut-ètre nous sommes encore en temps. Voulez-vous que je parle à Gortschakoff? Télégraphiez-moi vos instructions et ce que l'on fait à Paris et à Londres.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 27 luglio 1863.

Vous avez pris connaissance au moment où je Vous écris, des réponses faites par le Gouvernement Russe à la France, à l'Angleterre et à l'Autriche. La Russie se tenant strictement attachée aux principes et mème aux formes suivies dans les Conventions de 1815, cette attitude prise par elle ne nous offre pas l'opportunité de faire valoir les principes qui sont les nòtres et que nous avons explicitement exposés naguère devant le Parlement. Le Gouvernement de S. M. Britannique et celui de l'Empereur des Français, bien que peu satisfaits de la tendance que montre la Russie à se concilier l'Autriche en lui offrant de s'entendre d',abord avec elle et la Prusse sur la question de Pologne, ne montrent pas néanmoins jusqu'à présent l'intention de quitter le terrain sur lequel elles ont réussi à se maintenir d'accord avec l'Autriche. Le Gouvernement du Roi continuera donc à garder l'attitude réservée qu'il a prise, et que l'opinion en I,talie approuve entièrement. Il est superflu sans doute d'appeler votre attention particulière, M. le Comte, sur l'importance de bien observer le ròle que l'Autriche joue en ce moment, d'un còté dans ses rap

ports avec le Gouvernement Prussien et la Russie, de l'autre avec les deux puissances occidentales. Je compte que Vous ne négligerez pas de recueillir avec la prudence nécessaire toutes les ,informations sùres qui pourront etre à votre portée sur la politique actuelle de l'Autriche et sur les appréciations qu'on en pourra faire à Berlin.

Vous trouverez ci-joint, M. le Comte, les documents présentés à la Chambre des Députés et relatifs à la capture de cinq malfaiteurs à bord d'un bateau des Messageries Impériales. L'examen de ces pièces vous instruira de ce qui s'est passé. Les malfaiteurs ont été consignés, en conformité des conventions en vigueur aux autorJtés fmnçaises, en attendant qu'ils nous soient livrés de nouveau en vertu des traités relatifs à l'extradition des malfaiteurs.

64

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2057/189. Londra, 27 luglio 1863 (per. il 30).

Mi son astenuto da qualche giorno dallo scrivere all'E. V. riguardo alle relazioni fra la Russia e l'Inghilterra perchè mi sembrava ridicolo di non aver altro a comunicare se non che non si sapeva nulla.

Il Governo qua ricevuta che ebbe la risposta del Principe Gortchakoff mantenne una gran riserva e sembrando naturale che alcuni giorni s'impiegassero in comunicazioni fra i varj Gabinetti per intendersela sul da farsi ulteriormente pensai inutile cercare a scoprire questi arcani.

Intanto quel giorno stesso ove ebbe luogo la pubblicazione della risposta Russa ebbe luogo pure la discussione alla Camera dei Comuni ove assistetti in parte per farmi un'idea anche dall'aspetto della Camera dell'interesse che esistesse per la Polonia.

Rimasi sorpreso dell'aspetto freddo che dominava l'Assemblea. I Deputati eran pochi, i discorsi senza animazione e l'uditorio l'opposto di numeroso. Gli Oratori che parlarono lo fecero o senza tatto o senza misura o quel ch'è peggio con quella prolissità che annulla l'interesse. Il Governo rispose con riserva e con quell'arte in cui Lord Palmerston è maestro, che consiste a discorrere a lungo senza dir nulla.

Si cercò fuori della Camera a destare le simpatie Inglesi per la Polonia in qualche meeting presieduto à~ Membri del Parlamento e per cui vennero persino degli operai Francesi a far discorsi. Ma anche questi passarono inosservati.

Le discussioni ai Lord non ebbero neppure esito molto più felice e dai Tory si biasimò il Ministero per aver anche fatto quel poco che fece.

Tra i Ministri i più bellicosi farebbero forse la guerra ove le condizioni divenissero tali da renderla una assoluta necessità per l'onore del paese. Gli altri come Lord Russe! non nascondono che le loro tendenze son totalmente pacifiche. E non convien neppure lasciarsi indurre in errore dagli articoli del Morning Post il quale sovente in relazione col partito Polacco scrive questi articoli sotto alla sua ispirazione e per non parer mettere i loro interessi totalmente da banda.

Insomma non so cosa succederebbe se atrocità si commettessero ulteriormente dai Russi. Ma per ora esiste grande apatia nelle popolazioni Inglesi e i governanti più che degli interessi Polacchi s'occupano d'invigilare sulla marcia politica degli altri Gabinetti onde riparare ai pericoli che ne potrebbero nascere.

Domani intanto si chiude il Parlamento e quistioni non se ne faranno fino all'anno venturo. I Ministri stanno per disperdersi in vacanze che credon meritate e Lord Russel mi disse ieri che stava fermo nell'intenzione d'andare in Scozia nella prima settimana d'Agosto.

Mi disse poi che il Governo Inglese benchè non potesse a meno di considerare troncate dalla risposta Russa le negoziazioni che eransi credute poter inilziare, però farebbe al Principe Gortchakoff una risposta non fosse che per ribattere i suoi argomenti. Gli chiesi se questa sarebbe fatta in termini identici e mi rispose di no, ogni Potenza riservandosi di farla secondo le viste sue speciali. Aggiunse che la Russia vedendo fallito il colpo circa il divider i tre Gabinetti, forse consentirebbe a far proposte più concilianti.

Il Conte Zamoyski che incontrai Sabato sera da Lord Palmerston mi disse aver avuto col Primo Ministro una conversazione nella quale le loro viste s'erano poco accordate. Anzi confessò che era stato trattato di sragionevole. Il fatto sta che la teoria del partito Polacco consiste ad insister perchè l'Inghilterra dichiari la Russia decaduta dall'Imperio sulla Polonia conferitogli dai Trattati del 15 per non averne osservato le stipulazioni e che l'Inghilterra dichiari che agli occhi suoi il diritto di questo imperio è annientato.

Quando domandai al Zamoyski se intendeva con questo implicare la soppressione dei Trattati del 15 egli negò energicamente ma disse esser come un contratto a due stipulato sotto la garanzia d'un terzo. Se uno dei contraenti non eseguisce il contratto, non si straccia per questo, ma dal garante si domandan risarcimenti dei danni. Non vuol lacerare i trattati ma vuol semplicemente che si mantengano le stipulazioni e si risarciscano i Polacchi pei danni sofferti.

Queste son contraddizioni e non mi stupisce che come poco ragionevoli le abbia qualificate Lord Palmerston il quale applica il medesimo epiteto quando dicono i Polacchi che il Regno di Polonia deve estendersi dall'uno all'altro mare.

Una delle soluzioni che il Conte Zamoyski pare incaricato di mettere avanti si è quella della cessione per parte dell'Austria della Gallizia e dei reggimenti da essa forniti. Ed inoltre l'istituzione d'un Regno Polacco sotto un Arciduca. Non potei a meno di dichiarargli che sicuramente era questo un argomento eloquente in favore del liberalismo il veder Principi Austriaci che da jeri mal fermi ancora seguivano le pedate del Costituzionalismo e libertà esser già talmente à la hausse da esser ambiti come Sovrani della Polonia, e forse del Messico. Ed egli mi disse gli si desse la Gallizia e poi in quanto all'Arciduca s'incaricherebbero di non lasciargli il menomo dubbio sulle attribuzioni del popolo Sovrano. Non furon queste le sue parole. Bensì il suo concetto.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 704. Torino, 28 luglio 1863, ore 10,30.

Marquis Pepoli nous pousse à proposer un congrès pour question Pologne et autres. Croyez-vous moment favorable? Pourrions nous compter sur adhésion de l'Angleterre? Minghetti désire avoir aussi l'avis de Pasolini là-dessus (1).

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 705. Torino, 28 luglio 1863, ore 11,45.

J'ajoute à ma dépeche de ce matin (2) que Pepoli mande (3) que ambassadeur d'Angleterre envoie aujourd'hui à son Gouvernement une dépeche lui conseillant congrès général comme le seui moyen d'éviter la guerre. Je crois en effet que le cabinet anglais ne peut pas rester sous le coup du refus de la Russie. La proposition du ,congrès faite par nous donnerait en conséquence au Cabinet anglais le moyen de sortir de l'impasse où il se trouve, et d'éviter de plus grandes complications. Pepoli croit que la Russie accepterait un congrès général.

67

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1165. Parigi, 28 luglio 1863, ore 16,10 (per. ore 17,25).

Si le congrès général est proposé par l'une des grandes puissances il sera tout nature! que l'Italie demande d'y intervenir et de discuter les questions italiennes, mais une initiative de notre part dans !es circonstances présentes. aboutirait à un échec certain.

(1) -Telegramma analogo, salvo l'ultimo capoverso, venne inviato a Nigra, ln pari data, col n. 703. (2) -Cfr. n. 65. (3) -Cfr. n. 62.
68

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1166. Londra, 28 luglio 1863, ore 17,12 (per. ore 19,45).

Ayant demandé à lord Palmerston tantòt si le projet que vous me mandez aurait l'adhésion de l'Angleterre, il m'a répondu très formellement que non, le but de la Russie n'étant autre, par ces propositions que de se débarasser des stipulations du 15. Pasolini est également persuadé de l'inutilité de cette proposition du reste il vous écrit par la poste.

69

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 706. Torino, 28 luglio 1863, ore 22,55.

Ayant interrogé Nigra et Azeglio j'ai acquis la ce11titude absolue que toute proposition de congrès faite par nous aboutirait à un échec certain. Le moment donc est aussi peu favorable qu'il l'était d'après votre avant-dernière dépeche. Du reste à Londres on est très pacifiques et à Paris on ne parait pas décidé à agir isolément.

70

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 28 luglio 1863. Non ho potuto per alcuni giorni, siccome avrei voluto, ringraziarvi per la lettera ultima che gentilmente mi scriveste. Continui disturbi vi si opposero. E questi son precisamente quelli che impedendo qualunque pensiero si possa avere di dare qualche attenzione alla propria salute rendono indispensabile d'allontanarsi dal campo della gloria. Mi parve di poter interpretare la vostra permissione pel congedo, che ve ne rimettevate al mio buon giudizio. Pensai d'aspettare a vedere che tournure prendesse l'affare polacco; lacchè dovea decidersi in questi pochi giorni. Ora vedendo qua esistervi gran confidenza nella pace, e riprendersi la penna invece della spada, non parmi urgente la mia ulteriore presenza. Aggiungasi che 'essendo qua ancora per tre settimane Pasolini in caso grave potrebbe far qualche comunicazione al Governo. Almeno a chi potrebbe trovare sia qua sia in Scozia dove conta andare e dove J. Russell va il 4 agosto.

Questi anzi parla di restarci fino al 24 ottobre. Lord Palmerston parte fra 10 giorni. La Regina e Granville pure. L'Ambasciatore di Prussia va a Kissingen

o a Karlsbad. L'ambasciatove di Francia andrà in Francia nei primi d'agosto. Al Foreign Office mi dissero aver dato due mesi di congedo a Hudson. Gramont è partito da Vienna. Infine tutta la diplomazia essendo in vacanza non vedo motivo per non farne altrettanto. Farei dunque conto di partire il primo agosto. Miei nipoti i S. André vengono a incontrarmi a Spà. E li credo partiti da Torino. Le acque non si panno prendere che a una data stagione. Tutte ragioni che spiegherebbero i miei movimenti anche senza l'illustre esempio di Lord Russell.

M'avete bombardato di telegrammi stamane (1). Fu per me fortuna speciale d'aver potuto acchiappare di volo Lord P. Poichè chiudendosi il Parlamento dovea andarvi all'una e mezzo, e aveva condannato la porta per tutti. Tanto più poi che Mi,lady 'si lasoiò scappare che eva occupatissimo a rimpastare il dispaccio alla Russia di Lord John, il quale egli trovava come al solito pieno di lungaggini e che voleva render più conciso e concludente. Prova ulteriore che il dispaccio non sarà identico ma potrà bensì essere conforme agli altri.

Del resto mi espresse l'opinione sua negativa quanto ai vostri telegrammi con tal determinazione che indicava un partito già preso e fermo. Spero sarete stato soddisfatto di me per quel che feci col celebre e gigante giornale.

Che non credo sarebbe dato a molti fra i Ministri forestieri qua non solo di fermare la pubblicazione di un giornale ma di persuaderlo a rimpiazzarlo in senso contrario. Fui a trovar l'editore capo alle 11 della sera e gli spiegai brevemente di cosa si trattava. Egli suonò e fattosi portare l'articolo già stampato per l'indomani mi pregò di leggerlo. Ed io gli dissi che o bisognava scriverne uno diametralmente contrario o almeno non pubblicare quello. Predicai per il mio Santo e feci un appello ai suoi sentimenti per la nostra causa e poi alla sua amicizia per me. Ed egli riflettè un momento e poi mi disse sarebbe fatto pienamente a modo mio. E così fu. Ed io partii contentissimo. Poichè giudico questo trionfo uno dei più flatteur della mia gestione a Londra. Con l'altro giornale non vi fu gran difficoltà. Mandai poi un telegramma aperto perchè lo pensai più utile alle intenzioni vostre. Ma lo cercai invano nei vostri giornali.

Per un'altra fortuna accadde che il de Rente avesse bisogno di me quel giorno. Locchè senza affettazione mi permise suggerirgli un telegramma in quel senso. Che mi promise mandare. Feci dunque quello che per me si potea. Ed avevo doppio merito che quel giorno con immensa mia seccatura dalle 9 alle 7 avevo dovuto assistere ad una prov,a sul Tamigi di un nostro bastimento

• Il Messaggero • e tornando a ,casa stanco e seccato trovai H telegramma e 11 resto. Col Pasolini ce la intendiamo perfettamente: feci tutto quello che potevo per metterlo in relazione coi magnati e per rendergli il soggiorno piacevole. Anzi gli offersi un banchetto di 20 italiani di cui eccovi stampati i nomi. Stasera pranziamo da Panizzi.

Ed ora parmi d'avervi scritto tutto quanto vi può interessare. E così me ne scappo che non ho avuto ancora tempo nemmeno di mangiare.

(1) Cfr. nn. 65 e 66.

71

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Jlllinghetti-Pasolini, pp. 294-297)

L. P. Londra, 27-28 luglio 1863..

J'écris en Français à cause du chiffre. Je ne saurais te dire combien je suis contrarié de ce que je n'ai jamais d'occasion pour écrire alla distesa et te rendre les différentes conversations que j'ai eues; quoique très intéressantes, le temps qui s'interpose et les autres qui surviennent les font passer un peu de la mémoire. Je t'ai dit que mon grave embarras c'était le choix de la maison de banque à laquelle livrer mon affaire, ne les connaissant pas d'avance pour en juger le mérite et l'à propos. Samedi soir j'ai été avec Azeglio à la soirée de Lord Palmerston; c'était le moment où tout le mond s'en allait. J'ai causé longtemps seul, et l'homme m'a tellement plu et la conversation a roulé de façon que j'ai cru lui dire nos idées. Il a fait beaucoup de difficultés auxquelles j'ai taché de répondre, et il répétait souvent: il y a beaucoup de vrai en ce que vous dites. Et sortant avec Azeglio, qui me demandait de ma conversation, je lui ai dit que n'osant pas demander ce qu'on allait faire pour la Pologne je lui avais fait un projet (1); et je le lui ai dit, mais donnant à la chose l'air bien léger. Hier, après un dìner chez Lord Palmerston il m'a remis sur la conversation de la veille en me racontant qu'en 1849 un Autrichien était venu proposer un projet du mème genre dans l'affaire de Pologne, mais que les vktoires d'Autriche avaient fait évanouir tout cela. Mais, me dit-il, croyez-vous que la France appuyerait? Je pense qu'elle n'oserait pas s'y opposer (oui, oui, n'oserait pas, dit-il en riant) et que mème se trouverait piquée d'honneur de l'appuyer. Mais nous avons dernièrement offert au Sultan de lui acheter deux provinces pour la Grèce: il s'est fièrement refusé. Notre cas serait bien différent, la Turquie n'a qu'une redevance annuelle qu'on affranchirait. C'est vrai, c'est vrai répétait-il, et ce serait un scacco matto véritable pour la Russie. Alors il m'a pa:rllé de la difficuilté de faire la guerre maintenant, et de la crainte que si on attendait le printemps, tout ne soit fini. Il m'a dit croire que la nation Française ne voulait pas de la guerre. Empereur et nation seraient prèts, je crois, s'ils avaient l'alliance Anglaise; et l'Empereur je crois donnerait toute espèce de garantie pour le Rhin. Oh je le crois, et il nous suffirait d'un traité, mais les 'Provinces ne veulent pas de 1l'Autriche qui y a renoncé d'avance. Il croit ètre mieux informé en affirmant que maintenant

(elles) l'accepteraient: puis un jour cela se fera par la nature mème des choses. Ne vaut-il la faire maintenant, et en mème temps arranger pour cinquante ans les questions d'Europe?

Quand je me suis éloigné, il m'a demandé combien de temps je resterais à Londres; je lui ai dit quinze jours. C'est bon, m'a-t-il dit. Je n'ai pas poussé plus loin. Ne vaudrait-iJl pas mieux tater d'abord l'Empereur? Je le crois

pour plusieurs raisons. Azeglio et Lord Russell (par. ill.) et je dois revoir aujourd'hui Lord Russell; et je me suis fait inviter en Ecosse; lui et Milady ont été on ne peut plus aimable avec moi. Nous avons beaucoup causé; mais je ne me suis pas ouvert à lui. Pour mon compte je n'en parle plus jusqu'à ce que je ne reçoive de vos lettres et de vos ordres. Je te prie de me faire savoir de suite lorsque tu aums celle-ci. J'ai revu hier Lord Russell au Foreign Office; je lui ai dit que j'allais t'écrire, que je t'aurais assuré que des doutes passés il n'en était plus que,stion; que rien ne faisait prévoir un Congrrès quelconque, que pourtant si une occasion se présentait de quelque nouvel arrangement en Europe il n'oublierait pas que nous avons armée et argent; qu'avec l'Autriche nous avons une seule question, la Vénétie, que tòt ou tard il faudra arranger, et que je lui ai déclaré qu'en Orient notre politique n'est ni Russe ni Française et qu'il serait de l'intéret de l'Angleterre de s'entendre au cas avec nous d'avance; que Caracciolo s'en irait. Il m'a dit avoir demandé la veille à Apponyi s'il croyait que Autriche put entrer en pourparler pour la cession de la Vénétie. Pas plus, a-t-il répondu, que vous ne vous présenteriez au Parlement pour annoncer que vous la garantissez à l'Autriche; d'avoir vu hier meme le Baron Gros qui disait aussi que pour une note on ne ferait pas la guerre; qu'il voyait bien que peut ètre en deux ou trois ans nous aurions trouvé probablement le moyen d'avoir la Vénétie.

Je te dis seulement J.es points principaux des choses, ce qui m'est très désagreable ne pouvant pas bien réproduire l'esprit des conversations. En général on ne veut pas de guerre ici et Lord Russell surtout; mais Lord Palmerston n'en a pas peur, il est au-dessus de •tout. Je dis à tout le monde que je reste ici deux semaines et qu'après je vais en Ecosse: j'attends tu me dise si je dois rester ou revenir. Maintenant que le Parlement est :fermé je verrai Gladstone, Layard etc. J'avais écrit ceci, quand à la légation j'ai aprpris votre télégramme d'aujourd'hui (1). Pendant que j'y étais Azeglio est revenu; dl avait été (le) communiquer tout bonnement à Palmerston, qui y a vu un piège de la Russie pour se soustraire à la base du traité de Vienne, et a répondu: jamais (2). Azeglio ne voudrait pas voir surgir une affaire la veHle de son congé. Quand Lord Palmerston me disait qu'on avait pas 1e droit d'òter la Pologne à la Russie, je lui avais dit: vous répondez maintenant tant bien que mal à la Russie; quand vous voudrez, d'accord les cinq Puissances feront un ultimatum qu'elle n'acceptera pas et alors vous serez le maitre. C'était tout dilfférent. Je crois qu'il faut reprendre l'affaire avec l'Empereur. Je ne vois de difficuJ.té qu'avec l'Autriche, •et je suis bien étonné que Palmerston ne me l'eut pas cité. Le discours de Russell à Apponyi n'a été, je crois, qu'une espèce de bon dés!ir que Lord Russe11 a voulu me témoigner. Quel dommage que l'intimité d'Azeglio avec Palmerston ne serve à rien. Quand Azeglio sera part:i, si vous voulez que je demande à Palmerston: si l'Empereur accepte notre projet, l'acceptezvous? Je suis prèt mais je crois qu'il faudrait d'abord avoir quelque intelligence avec Empereur. L'avis que tu me demandais dans le télégramme n'a de but après la démarche d'Azeglio.

(1) Per la natura del progetto di cui Pasolini era incaricato di parlare con Palmerston e Russell cfr. nn. 215. 217 e 225.

(1) -Cfr. n. 65. (2) -Cfr. n. 68.
72

IL GENERALE GOVONE AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Girgenti, 28 Luglio 1863.

Ho dcevuto ieri a Girgenti la gr:aziosa 'lettera di V. E. (1). La spedizione che il Ministero aveva ordinato .per una v.entina di .giorni o rimaneva senza risultato ovvero doveva prolungarsi assai più. In quest'alternativ:a d.o rimasi qui fin'ora senza che :alcuno mi abbia detto di andarmene. I renitenti e disertori vengono. Ma di 3300 che figuravano sulle liste, io ne prenderò appena 1200; pochissimi mi sfuggiranno, ma d. più non esistono, sebbene figurino sulla carta. Le liste furono fatte con incredibile negligenza. Furono allistati tutti i nati, risultanti dallo stato civile, ma poi non cancellati i morti, nè fatte variaZJioni per gli espatriati ~etc. Molte femmine figurano per uomini; insomma è una confusione incredibile. Per avere nelle mani quelld. che esistono devo procedere con grande vigore: fo circondare paesi e citJtà e li devo tenere bloccati alcuni giorni, mettere soldati in alloggio militare e vda dicendo. Ma per tal modo non solo prendo d. coscritti, ma vengono ancora arrestati o si costituiscono numerosi imputati ~adri, assassini ed om[cida. È un fenomeno singolare che vengono a presentarsi individui con 10 omicidi. Le misure che impiego non sono miti; ma il Ministero mi mandò qui, senza troppe istruzioni. Io mi guardai dal chiederne e pensai che il meglio era riuscire. Vedremo se poi si scatenerà una burvasca. Lo ,stato delle cose è qui veramente deplorevole. L'omicidio non desta ribrezzo e sovente acquista prestigio e fama di bravur:a. Uccidere dietro un muro chi vi ha offeso sarebbe come da noi battersi in duello. Si trova anche con poca moneta, senza difficoltà, chi s'incarica di uccidere un vostro nemico. Deporre in giudizio è una viltà, ed espone all'immediata vendetta. Per cui ciascuno :cerea guarentirsi da sè la proprietà e 1a vita tenendo intorno a sè dei sicari :temuti che lo facciano rispettare. Siamo appunto ai bravi di Don Rodnigo e de1l'Innominato. 1·1 Governo dice: se non m'aiutate, se non deponete in giudizio, io non posso liberarvi dai malviventi; il paese risponde: che chi depone è esposto ad immediata vendetta. È un c·ircolo vizioso da cui, colla legalità, non si potrà sortire molto presto. Ora io raccoglierò un 150 o 200 malviventi. Chiesi al Ministero che doveva farne. Mi rispose tenerli a sua disposizione. Ma se non li deporta altrove, saranno presto in libertà e sarà peggio.

Le truppe in tutte queste marde e fatiche sono ammirevoli. L'ottimo stampo che V. E. impresse all'antico esercito sardo, va modellando egregiamente anche il nostro giovane esercito. V. E. può facilmente consolarsi dei

tratti del Ministero verso di Lei, mediante la giustizia che le rende piena ed intera l'opinione pubblica, pei passati e recenti servizi. Quando passai a Napoli, di dove V. E. era assente, voleva dirle come avessi visto, con vivo piacere, che a Torino come 1in Lombardia V. E. era il Personaggio più popolare che vi fosse, dd tutto l'esercito. Anche i membri della Commissione del brigantaggio ne dicevano gran bene. Io fui chiamato avanti la Commissione e rilasciai anche un lungo rapporto. Ho detto come io attribuissi la più gran causa del brigantaggio all'oppressione del proletariato, al disordine sociale ed al disordine dell'amministrazione civile, che non pone riparo agli altri mali. Riguardo a,i francesi ho visto come alcuni membri volessero dar loro una responsabilità assai esag,erata. Dissi come ai tempi del Generale Goyon, noi avessimo molte difficoltà, ma come il Generale di Montebello avesse sempre mostrato condiscendenza e desiderio di aiutarci lealmente. Che non si poteva d'altronde esigere dai francesi, meno numerosi di noi sulla frontiera, che impedissero assolutamente a qualche banda di penetrare. La storia della convenzione coi francesi, introdotta nel discorso della Corona, che V. E. mi accenna sarebbe assai comica, se non si trattasse, di così gravi interessi del paese. Pare incredibile trattare così leggermente le cose e prendere di tali granchi! Ma ho visto a Torino nel poco tempo che vi fui, come il Ministero si occupasse più di governare i partiti deHa Camera, che non il paese, per cui gli affari vanno come possono. Mi pare che sarebbe appunto il sistema opposto che si dovrebbe scegl-iere e nell'interesse d'Italia ed in quello del Ministero stesso. Del resto abbiamo una fortuna: c'è l'armata per tener su questa bamcca, e impedire lo

sfasciamento. Intanto le cose andranno a poco a poco a posto da sè.

Io prego V. E. di presentare i miei omaggi alla Signora Contessa e ricordarmi al Colonnello Bariola.

(1) n Generale La Marmora aveva risposto con tale lettera al Govone che in una sua precedente comunicazione del 25 giugno, parzialmente edita in U. GovoNE n generale Giuseppe Govone, Torino 1911, lamentava che il brigantaggio in Sicilia non avrebbe potuto essere stroncato con ll:na • passeggi_ata pet: qu~nto _lenta, ~o a!>bia ordinato di far~a perchè per esperienze fatte. qu1 la pr~sentaz10ne del rex.utenh ~o"!-s1 othene che colle mol.eshe prolungate, lasciando per 1ntere settimane forze cons1derevoh 1n un mandamento coll'mcarico di non dar tregua a nessuno •.

73

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1167. Pietroburgo, 29 luglio 1863, ore 12,46 (per. ore 20).

Brunow a télégraphié de Paris que l'Empereur n'a pas trouvé réponse satisfaisante.

74

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1169. Pietroburgo, 30 luglio 1863, ore 11,50 (per. ore 18,05).

Je vous ai télégraphie que le moment était favorable croyant à un rapprochement de Russie à l'Autriche. Le danger dissipé je maintiens que le moment est très favorable. J'ignore à quelle source Azeglio et Nigra puisent leur renseignements, mais mes informations sont de nature différente, et vous avez été à mème de juger de leur exactitude puisque vous avez été le seul Gouvernement qui a été bien informé sur le contenu de la réponse aux notes. Dispositions pacifiques paralysées et l'isolement de France favorise réussite de notre projet. Une note russe à l'Autriche va partir aussitòt.

75

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 30 lugLio 1863.

Dai documenti presentati al Parlamento relativi all'affare dell' • Aunis ,, i quali Le furono spediti testè, Ella avrà rilevato come il Governo pontificio diriga a Barcellona dei malfattori la cui destinazione ulteriore rimane incerta. Altre notizie partecipatemi dal Ministero dell'Interno recano che continua quel passaggio da Civita Vecchia a codesta città di individui compromessi nei fatti di brigantaggio ed anche ,ricercati dai tribunali per delitti comuni. Essi sono muniti di passaporti e di lettere di raccomandazione delle Autorità pontificie e viaggiano a spese delle medesime. Si hanno fondate ragioni di ritenere che da Barcellona, ove hanno sicuri recapiti, essi ritornano poi per altre vie nelle provincie napoletane, onde portare nuovi aiuti al brigantaggio, il quale si trova ormai ricacciato sul territorio pontificio dalle misure prese in questi ultimi tempi dalle autorità francesi.

A questi fatti meritevoli di seria considerazione, si deve aggiungere quanto

il R. Console Generale a Barcellona mi fa conoscere, cioè che in quella città

un sedicente Console delle Due Sicilie, Signor Bladò, rilascia passaporti a

qualche malvivente napoletano e si atteggia ad Agente effettivo del cessato

Governo in favore specialmente della reazione, che si sforza tuttora d'intro.durre elementi di delitto e di disordine nelle provincie napoletane.

Benchè la Spagna non abbia riconosciuto il Regno d'Italia, e perciò non

sia opportuno di fare ufficialmente alcuna pratica in proposito, io mi lusingo

che Ella potrà giovarsi dei buoni rapporti nei quali Ella si trova coi Ministri

di S. M. C. per far loro comprendere che qui si tratta d'un interesse di mora

lità e di sicurezza pubblica, superiore ad ogni considerazione politica, ed al

qua,le un Governo civHe non può mostrarsi indifferente. Ho incaricato il R. Con

sole Generale in Barcellona di sorvegliare gli intrighi di codesti briganti.

Spero che, mercè la cooperazione della S. V. Illustrissima si riuscirà ad ottenere

il concorso officioso delle Autorità spagnuole per impedire nuove spedizioni

di briganti.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 708. Torino, 31 luglio 1863, ore 14,40.

Je ne doute pas que vous ne soyez bien informé de la situation à Pétersbourg; mais nous devons tenir le plus grand compte des dispositions dominantes à Paris et à Londres. Or c'est Palmerston lui-mème qui a refusé nettement l'idée d'une proposition de congrès de notre part camme un piège de la Russie. L'Autriche d'un còté, la France de l'autre, se tiennent cramponnées à l'Angleterre qui est maintenant maitresse de la situation. Cependant écrivez-moi quelles seraient d'après vous les bases du congrès et jusqu'à quel point la Russie pourrait les accepter.

77

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1170. Pietroburgo, 31 luglio 1863, ore 14,20 (per. ore 17,45).

Mercredi ministre d'Autriche a communiqué à Gortchakoff dépéche autrichienne adressée à Metternich. Gortchakoff a répondu aujourd'hui proposition russe est conforme au traité de Vienne, et qu'H laisse à l'Autriche responsabilité refus. Note très raide. Ici on craint résolutions France. On presse opérations militaires en Pologne pour pouvoir publier concessions plus larges que celles demandées.

78

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1171. Pietroburgo, 1 agosto 1863, ore 14,10 (per. ore 18,35).

Je n'ai vu le prince Gortchakoff qu'une seule fois; nous n'avons pas parlé de congrès; il n'y a pas piège de la part de la Russie; le danger présent qu'il faudrait éviter est un congrès restreint aux dnq grandes puissances que la Prusse inspirée par l'Angleterre proposerait; il faut compter avec l'opinion publique et marcher avec elle sans se cramponner à aucune puissance. J'ai lieu de croire que non obstant l'intromission de d'Azeglio entre la France et l'Angleterre on nous laissera à la porte. Je vous écris par le courrier de cabinet.

79

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 16. Torino 1 agosto 1863.

Il Generale Menabrea mi riferì ieri la conversazione avuta col Principe e con lei, e mi disse che la di lei impressione era che noi attraversavamo ne' nostri rapporti colla Francia una fase sfavorevole. E per dire il vero da alcuni mesi non facciamo altro che cercar di scongiurare questa triste verità.

Qui, noi siamo alquanto inquieti sulla restituzione dei cinque briganti e

l'opinione generale, alquanto scettica sulle disposizioni della Francia, comincia

a persuadersi che non ci saranno resi. Per fortuna la Camera è agli sgoccioli e

potrà al più essere in numero per due o tre giorni ancora. Non temo dunque

una violenta discussione alla Camera, ma non mi illudo neppure sulla diminu

zione d'autorità che ne deriva al Governo sinchè l'estradizione non è accor

data. Se è vero che l'esame dei documenti fu mandato alla Corte di Aix, temo

assai lo spirito di quella magistratura. Certo sarà meglio, ad ogni modo, avere

una quistione a proposito del trattato di estradizione che è in nostro favore, che

a proposito della Convenzione postale che ci dava torto. Ma la prospettiva di

questa quistione mi sorride poco, benchè, nello stato attuale delle cose, noi ci

troviamo obbligati a procedere. Pisanelli non ha ancora ricevuto il mandato

contro il Sarno e me lo promette di giorno in giorno. Il Governo francese

sembra lasciare la concessione o il rifiuto della estradizione alla sentenza della

magistratura, ma l'estradizione è una facO'ltà del potere esecutivo, e,ssa non co

stituisce un giudizio, e da governo a governo non esiste la divisione de' poteri

in simili materie. Noi non potremmo considerare il rifiuto altrimenti che come

una violazione del trattato.

Menabrea le ha pure comunicate le lettere scambiatesi fra il Generale La

Marmora e il Generale Montebello. Seguiteremo il datoci consiglio e aspette

remo che sia terminato l'affare dell'Aunis e dei briganti. Amerei io stesso ren

dermi un ,conto esatto del genere preciso di impegni presi dal Governo francese

e per qual modo Minghet,U potè credersi autorizzato a porre nel discorso della

Corona la frase relativa agli accordi militari. Le autorità francesi, a Roma, spie

gano ora una insolita attività. Probabilmente si vuole ad una convenzione scritta

sostituire un accordo morale, opponendo alla opportunità della Convenzione

questa cooperazione stessa rivolta a dimostrarne l'inutilità. So dal Segretario

della Legazione francese che Sartiges ricevette dal Ministero degli Esteri comu

nicazione delle lettere scambiatesi fra La Marmora e Montebello coll'aggiunta

che n Governo francese approvava la condotta di quest'ultimo. Alle lettere che

mi scrisse il Generale La Marmora io risposi che avrei chiesto delle spiega

zioni a Parigi su un rifiuto che non mi sapevo spiegare e che la quistione non

era di sapere se Montebello agiva con zelo o no bensì di sapere se il governo

francese aveva o no accettata l'idea di negoziare degli accordi militari.

L'insuccesso delle pratiche fatte dal governo francese per l'allontanamento

di Francesco II0 , lo dovrebbe rendere più inclinevole ad una Convenzione che

avrebbe ben chiarito le intenzioni della politica francese in faccia a Francesco

no stesso e sarebbe stata una garanzia dataci contro gli effetti di cui la Francia · è impotente a togliere la causa.

Ma Dio volesse che tutte queste antipatiche quistioni sparissero presto

nelle vere e grandi quistioni della politica europea. Il Generale J.l1Ienabrea mi

riferiva che il Principe Napoleone trovava la nostra situazione buona perchè

dalle trattative attuali poco male star fuori, e se la guerra scoppiava era im

possibile che non ci avessimo il nostro posto. Se così fosse davvero noi non

saremmo inquieti, e l'opinione del paese vi si accomoderebbe perfettamente.

Ma fra le varie ipotesi che si presentano, ve ne è una, la sola che veramente

mi preoccupi, ed è se la Francia e l'Austria facessero la guerra ed a noi si chie

9 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

desse di rimanere tranquilli e inoperosi. So bene che la Francia in tale circostanza, non avrebbe il diritto di chiederci gratis un tale impegno, che noi potremmo rispondere che piglieremo consiglio dai nostri soli interessi appoggiando le parole nostre colla nostra attitudine. Ma io temo che quel giorno la nostra libertà d'azione sarà più nominale 'che reale e che noi saremo dominati da una di quelle situazioni morali che valgono più di un esercito. Noi non saremmo liberi perchè la guerra non si fa in tre ma in due; e chi sarà contro l'Austria sarà colla Russia. Per quanto non valga spesso la pena di gettarsi nel mondo delle ipotesi, pure mi sembra che tutti i nostri sforzi debbano rivolgersi a prevenire se è possibile questo pericolo che sarebbe gravissimo. Le ho telegrafato qualche giorno fa il progetto di Pepoli rivolto appunto a questo intento. Personalmente il piano di Pepoli ch'ella conosce già da qualche tempo, non mi ha mai convinto. Da una parte la Russia ha rifiutato le conferenze proposte, dall'altra le potenze non accettano la forma progettata dalla Russia. Le risposte del Principe Gortchakoff hanno creato una situazione pericolosa e una specie d'impasse per tutti. Pepoli credeva dunque che il momento fosse opportuno per noi di valerci di questa divergenza e proporre il Congresso. Egli ci prometteva l'accettazione della Russia. Ma quale sarebbe stata la nostra situazione se la proposta fosse stata accolta solo dalla Russia? il giuoco era evidente ed evidente l'immagine della zampa del gatto. Perchè il progetto potesse ottenere il risultato, raggiungere lo scopo a cui mirava, era indispensabile ch'esso fosse accolto dalla Francia o dall'Inghilterra. La sua risposta non mi lasciò dubbio per ciò che riguarda la Francia. Mandai un simile dispaccio ad Azeglio il quale lo mostrò tout bonnement a Lord Palmerston. Questi rispose che era un piège della Russia per esimersi dalle precise obbligazioni del 15 e che mai il Governo inglese non avrebbe accettata la proposta. Una combinazione invece che incontra delle grandi difficoltà ma che valeva la pena d'essere tentata, è quella che Pasolini portò a Londra. Pasolini ci ha scritto. Cogliendo l'occasione favorevole di una conversazione confidenziale con Palmerston gli espose come una ispirazione personale il progetto. Lord Palmerston pure parlando degli ostacoli e delle difficoltà, accolse l'idea con favore e con simpatia. Pasolini si fermerà quindi a Londra, e quando Palmerston l'abbia autorizzato a ciò si recherà in Scozia da Lord Russell per parlare anche ad esso del progetto già previamente accettato da Palmerston. Pasolini inclinava a credere che giovasse di contemporaneamente ,sondar l'animo dell'Imperatore. Qui non siamo dello stesso parere perchè nello stato attuale delle cose e nell'incertezza d'animo dell'Imperatore gioverà meglio presentargli, ove sia il fortunato caso, qualcosa di più ordito.

Giunse a Torino il signor Ortega Segretario del Comitato polacco di Parigi con delle credenziali del Governo nazionale di Varsavia presso il Governo italiano. Il riassunto dei suoi discorsi è il seguente. Egli dice che il Governo polacco e che l'insurrezione non transigeranno sul programma nazionale, ch'essi non hanno alcuna illusione sulla condotta dell'Austria e sui risultati che ne deriveranno per la Polonia, che sperano prossimo il tempo in cui potranno rivolgere la loro azione anche contro l'Austria, ma che sinora se ne trattengono pei riguardi che sono obbligati di avere verso il Governo francese. Il signor Ortega è amico di Klapka e in piena intelligenza con lui. Quali siano le idee di Klapka se lo può immaginare. Egli teme come noi la situazione che può prendere

l'Austria e vorrebbe trattenerla e distoglierla provocando degli avvenimenti in Ungheria e in Gallizia. Ella comprende quali progetti e quali dimande ci si facciano dunque ogni giorno. La prego di dirmi il Suo avviso sui varii argomenti che ho toccato e mi creda

P. S. -Le unisco la copia di due dispacci telegrafici di Pepoli (1).

Ella vedrà probabilmente Azeglio a Parigi, in congedo; non gli parli di Pasolini, non sapendo sino a che punto sieno andate le loro intelligenze.

80

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 298-300)

L. P. Torino, l agosto 1863. Poichè la presente parte per mezzo di un corriere, non ho mestieri di adoperare cifra. Parmi innanzi tutto che la prima parte della tua missione sia bene riuscita, poichè Lord John dichiara che le ombre son dileguate, e ristabilita la buona intelligenza e fiducia. Tu puoi esprimergli il mio compiacimento, e il mio deEiderio che in tutte le grandi questioni possiamo intenderei e procedere d'accordo. Rispetto alla seconda, quella della Conferenza o del Congresso, la risposta è un po' evasiva; giacchè costì non si crede che vi sarà Congresso alcuno, e solo si promette in casi avvenire di avere a noi riguardo. Noi avremmo desiderato di avere qualche certezza che essendovi Conferenza potremmo entrare; ma comprendo anch'io che allo stato delle cose la questione è vulner.ata. D'altra parte non è del tutto spregevole la posizione d'indipendenza nella quale ci troviamo. Vengo all'ultimo e più grave punto. Mi ha fatto immenso piacere che Palmerston non abbia eliminato il grande disegno, e al contrario abbia dato qualche segno di favorirlo. Io credo che sarebbe inutile e pericoloso tentare l'Imperatore adesso su quento punto. Imperocchè la cosa correrebbe rischio di propalarsi; presentata da noi avrebbe poca efficacia; e per di più l'Imperatore trovasi in questo momento assai imbarazzato e sente che l'Inghilterra è quella che tiene in mano i destini avvenire. Io non ho ombra di dubbio che volgendosi all'Imperatore, quando siasi sicuri della adesione inglese, egli accetterà questo disegno: anzi gli balenerà come luce che guida in tenebroso cammino. So che l'Imperatore in questo momento è di cattivo umore: teme che essendosi spinto innanzi, le altre due Potenze non [o abbandonino. E la insurrezione polacca venendo meno per manco di forze, tutto questo

minacciare finisce in un vano tuono, con scapito della dignità della Francia e del suo prestigio.

La via da tenersi pertanto mi par questa: che tu ripigli direttamente il discorso con Palmerston, e se ti riesce di concretare if piano, gli chiegga licenza di parlarne a Lord John. Quindi tu vada a passar qualche giorno nella costui villa in Scozia, e quivi lo attiri a darti la sua sanzione.

Ciò posto, bisogna allora tentare Napoleone. E qui si presentano varii mezzi; o tu stesso ripassando di Francia potresti parlargli, o potrebbe farlo Nigra. Hudson propone un altro mezzo che a me pare assai plausibile. Panizzi suole andare a passare alcuni giorni, o almeno il fece e può farlo, a Biarritz o altrove: vive in casa dell'Imperatore, lo vede e gli parla famigliarmente.

Con Panizzi potresti, a quanto Hudson assicuva, fare affidanza ,intera. Se Panizzi accetta l'incarico, e va presso l'Imperatore, la proposta ha l'aspetto di venir d'Inghilterra, più che da noi. E se l'Imperatore, come io non dubito, entra nella combinazione, allora o tu stesso trovandoti poco !ungi (per esempio a Parigi) o io, potremmo avere coll'Imperatore una conferenza definitiva. Ma o tu o io non dovremmo apparire se non quando l'm,dito fosse già fatto, e non ci fosse che da empirne le trame.

La questione polacca ha messo tutti in una posizione difficile. Oggimai sarebbe conveniente uscirne con un piano che assicurasse la pace d'Europa per lungo tempo, e il nostro forse è il solo che possa condurre a questo risultato. Lord Palmerston è uomo che ha mente da comprendere la grande politica e coraggio da eseguirla. Se tu riesci a persuaderlo, avrai reso il più gran servigio all'Italia.

Oggi è l'ultimo giorno della Camera.

Io sono spossato dalla discussione delle due leggi d'imposte finalmente entrambe passate, voglio dire anche il dazio consumo. Ci fu della fortuna. Inoltre passò a gran furia il contratto sulle Calabro-Sicule, l'applicazione a tutto il Regno della legge sui Lavori Pubblici, una legge sui renitenti, ed ora si discute quella sul brigantaggio. Ma stasera, finito o non finito, tutti partono e avremo quiete.

Credo la tua famiglia ritorni oggi da Pegli. Saluta Pierino, e digli che vegga ben bene e con tutta l'attenzione il British Museum. Gli raccomando le antiche sculture di Egira, e quelle del Partenone.

Addio. I colleghi ti salutano di cuore, ed io ti ringrazio con tutto l'animo...

(1) Cfr. nn. 74 e 78.

81

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 300-301)

L. P. Londra, l agosto 1863.

Ti ho mandato due lettere con sovracoperta (1): al Conte Guido Borromeo, Deputato. Sono ansioso di sentire se hai avuto sopra tutto la seconda, in cifra. Ho ricevuto la tua 26 p. p. (2) Ieri sera ho detto a Lord Palmerston ,che tu mi scrivevi di mandarti lume di qui. Ma, rispose, è qui ancora piuttosto buio.

(l} Cfr. nn. 52 e 71. (2} Cfr. n. 61.

Non guerra per quest'anno. -Dunque Congresso? -Nemmeno, ma evoluzioni diplomatiche. -Oggi vado a Richmond a salutare i Russell che partono; e dimani vado con Azeglio in campagna da Lord Palmerston, sempre gentilissimo con me. Questo è un fatto curioso: se ne vanno tutti i Ministri. Appena ebbi il tempo di vedere Gladstone, il quale se ne sta fuori per non tornare che una volta al mese. Per ciò anche la politica bisogna che vada adagio, e Lord Russell, che vuole stare due mesi in Scozia, non desidera che nulla precipiti, e il Signor Layard mi pare che non vada molto innanzi da sè. Ma per l'agosto Lord Palmerston mi pare che sia deciso di rimanere qui o qui vicino. Poichè ci sono, mi pare che sarebbe meglio che io vedessi di andare stuzzicando a dritta e sinistra per vedere ciò che ne può uscire. Ed io crederei opportuno che tu mi scrivessi una lettera leggibile a Lord Palmerston, in cui mi facessi categoriche dimande, e per varii casi. Partito Azeglio, non dovrebbe avere difficoltà a rispondermi; ma io dubito che abbia dimenticato che io ho qualità da te e dal Ministero. Poi vi è un'altra cosa che è un segreto che con parola d'onore so da un pezzo, e l'ho tenuta; ora l'ho saputa da altra via e te la confido a te solo, finchè non ti viene da altra parte. Hudson vuole andarsene, lo credo un gran male, sopratutto in circostanze gravi. Ne ho parlato con Russell, ma inutilmente; voglio tentare Palmerston dopo partito Azeglio. Se ne parli con Hudson, digli bene che io te l'ho scritto dopo che sono riuscito a saperlo per discorsi indiretti. Nessuno ancora lo sa qui, nè Panizzi nè Azeglio, nè altri.

Quanto all'andare dall'Imperatore a Parigi, temo non farei nulla, e dovrei lasciare qui un poco troppo presto. Temo che in una sola udienza di complimento nemmeno riuscirei a combinare di parlare teco. Di' a Nigra che sorvegli bene questo affare della Polonia.

Potresti farmi il piacere di farmi avere una lettera di credito per ventimila franchi per Londra e Parigi, se mai io compro qualche cosa? Ti rimborserei al mio ritorno.

Credo poter mandare questa per la posta, acclusa a mia moglie. Scusami in qualche modo col Visconti.

82

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 301-302)

L. P. Londra, 1 agosto 1863.

Sono stato a Richmond, ma Lord John non è tornato da Londra. Voglio dirti che appena ho deviné il successore di Hudson, ho capito che non era più cosa da parlarne a Lord John. Ne parlai a Layard che mi chiese di parlarne in mio nome al suo principale, il che vuoi dire che da sè non osava; mi disse di parlarne io a Lord Palmerston, ma io voleva aspettare martedì, partiti Russell e Azeglio; ma l'affare si è fatto intanto. La parentela del successore neutralizzava ogni mia azione. Elliot mi disse stamane di scriverti poichè era felice di venire in Italia e di avere a fare con te. È desideroso di riuscire gradevole. Non gli ho nascosto che troverà molti 1·eg1·ets di Hudson. Se credete di appro

fittare di questa sua buona volontà, io potrei dirgli quello che mi suggerirete; ma è chiaro che non può avere la autorità di Hudson. Sta a qualche ora da Londra e non verrà costì che fra sei settimane. Sua moglie è molto amica della mia.

Ora aspetto tue lettere e le tue ispirazioni. Se volessi ad ogni modo che andassi a Parigi per l'Imperatore bisognerebbe che sentissi prima da Nigra se c'è probabilità di vederlo colà; poi bisognerebbe che vedessi la Principessa Matilde, il Principe Napoleone, Drouyn de Lhuys etc. etc. Tutto questo mi sorride poco. Dimani vado in campagna da Lord P·a1merston e ci resterò la sera.

P. S. -Spiego il ritardo interposto da Hudson alla mia venuta: voll:€ avere prima risposta definitiva da Lord John temendo gli ostacoli che io potessi destare.

83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 713. Torino, 3 agosto 1863, ore 15,30. Quelle est la cour d'appel à laquelle on a envoyé la demande d'extradi

tion? Avez-vous pressenti quel a été l'avis du comité du contentieux et celui du garde des sceaux? Public commence à s'inquiéter du retard.

84

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1172. Londra, 3 agosto 1863, ore 15,40 (per. ore 18). Lord Palmerston m'a dit hier que malgré les instances pressantes de la France, l'Angleterre n'accède pas à envoyer à Pétersbourg une note identique,

trouvant la rédaction française trop menaçante. Il partait convaincu du maintien de la paix. Je pars demain.

85

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1173. Parigi, 3 agosto 1863, ore 17,40 (per. ore 19,05). La demande d'extradition suit son cours ordinaire, elle a été transmise sans retard au ministère de la justice avec recommandation d'en hater l'expédition; le comité du contentieux n'a pas eu à se prononcer. J'ai demain audience du garde des sceaux et je vous télégraphierai à quel point est l'affaire: vous pouvez ètre sur que je fais le possible pour qu'on ne perd pas de temps et que

ie demanderai d'ètre rappelé si l'extradition n'est pas accordée; mais en attendant je vous engage à ne pas partager les inquiétudes du public.

86

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 176. Parigi, 4 agosto 1863 (per. il 6).

Domandai ieri al Signor Drouyn de Lhuys a qual punto erano i negoziati fra i tre Gabinetti di Parigi, Londra e Vienna relativamente alla questione polacca. Questo MinLstro mi disse che poteva ritenersi come convenuto in massima che i tre Gabinetti dirigerebbero ciascuno una nota separata ma con conclusioni sostanzialmente identiche, in risposta alle ultime comunicazioni della Russia. Il progetto della risposta inglese era di già stato comunicato al Gabinetto delle Tuileries. Quello della risposta austriaca non era ancora stato comunicato, come neppure quello della risposta francese. In queste risposte si farà comprendere alla Russi.a come queste comunicazioni debbano essere le ultime, e si aggiungerà che nel caso in cui il Gabinetto di Pietroburgo non le pigli in considerazione, alla Russia sola incomberà la responsabilità delle eventualità future. In altro dispaccio annunziai di già a V. E. che il Governo Francese aveva chiamato l'attenzione dei due Gabinetti di Londra e di Vienna. su queste eventualità, lasciando comprendere che la Francia avrebbe secondato ogni passo tendente a far entrare la questione in una fase d'azione. Pare che i Gabinetti di Londra e di Vienna, senza pronunziarsi sulle eventualità predette, siansi limitati a rispondere che non sembra giunto il tempo di preoccuparsene fin d'ora. Ho domandato al Signor Drouyn de Lhuys se avesse qualche ragione di credere che la Russia si mostrasse più pieghevole in seguito a queste nuove

pratiche concordi dei Gabinetti alleati. Egli mi l'ispose che non vedeva finora alcun sintomo di disposizioni più favorevoli nel Gabinetto russo.

87

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 13. Pietroburgo, 4 agosto 1863 (per. il 12).

La lettura delle risposte alle tre note delle Potenze Occidentali avrà convinto V. E. che le mie informazioni erano esatte e che i Gabinetti di Parigi, di Londra e di Vienna erano caduti in un grave errore sul valore e sulla forma di esse. Io non entrerò ad esaminare sovra quali dati si fondassero le speranze concepite dai Governi Inglese, Francese ed Austriaco, ma posso affermarle, signor Ministro, che le parole ed H contegno del Principe Gortschakow non autorizzarono mai queste speranze e che egli, nei giorni che precedettero l'invio delle note, serbò coi Ministri Esteri un contegno riservato ma tutt'altro che timido e pauroso. E se le prime Note fossero state esaminate dalla Diplomazia

senza essere sotto il fascino d'un ottimismo ch'io non ho mai diviso, essa avrebbe potuto convincersi che fin d'allora la Russia non invitava le potenze segna

tarie del Trattato di Vienna a scambiarsi reciprocamente le idee per assicurare l'indipendenza della Polonia, ma per vincere e porre un freno allo spirito rivoluzionario.

Ed infatti, dal momento in cui si era improvvidamente invocato il Trattato di Vienna, era facile al Gabinetto Russo di porre in evidenza le contraddizioni della condotta dell'Inghilterra e della Francia.

Se lo ,spirito ,che informa quei funesti Trattati dominasse ancora in Europa, giammai l'insurrezione polacca avrebbe trovato appoggio nella Diplomazia. La Russia era certamente più fondata a ribadire in loro nome la schiavitù della Polonia che l'Inghilterra ad invocarli come mezzo di salvezza per essa.

Le due più gravi infrazioni ai Trattati di Vienna, il ristabilimento della dinastia napoleonica in Francia e l'emancipazione d'Italia sono state il principal fomite all'insurrezione ed alle manifestazioni simpatiche dell'Europa in favore della Nazionalità polacca. Ma quando le prime Note non avessero accennato apertamente l'indirizzo politico che intendeva seguire la Russia, un esame attento dei fatti successi ultimamente avrebbe dovuto distruggere le speranze d'una politica di conciliazione. La Russia avea risposto anticipatamente alla domanda d'armistizio e d'amnistia inviando ,Mourawiew in Lituania. Le condanne, gli esigli, il rigore, la crudeltà, posti all'ordine del giorno da quel generale erano un cartello inviato in risposta alle ammonizioni europee.

E qui io debbo rettificare alcune informazioni che io le diedi, Signor Ministro, nei miei precedenti rapporti. Io avea affermato che gli atti di crudeltà degli insorti vincevano la crudeltà degli atti del governo russo. Oggi debbo dichiararle che la politica dell'intervento diplomatico ha già ottenuto questo splendido risultato: « Alla mitezza ha sostituito il rigore , . Le sentenze di sequestro, il famoso bando di Mourawiew che offre ai contadini della Lituania per ogni insorto preso vivo tre rubli, le sevizie usate colle dame polacche, le barbare condanne contro i preti cattolici sono tutti fatti posteriori alla dorr:.anda di amnistia e di armistizio.

Ma dopo tutti questi disinganni, dopo queste illusioni che furono causa di tante sciagure e di tanto spargimento di sangue, io veggo con dolore l'opinione pubblica in Europa pur anche tratta in errore e come essa si pasca della strana illusione che sia possibile rannodare le trattative.

Mentre la Diplomazia si arrabatta nel vuoto e si studia di dissimulare la propria impotenza, il suo intervento impedisce allo Tzar di perdonare, di mutar sistema, impedisce agl'insorti di deporre le armi. Triste giuoco che afferma la decadenza della Diplomazia e che muoverebbe al riso la pubblica opinione se per esso non fosse provocata ed affrettata l'agonia della Polonia.

La questione oggi si presenta gravissima. Le informazioni ch'Ella mi ha trasmesse col telegrafo sono esatte, esse suonano pace dal lato dell'Inghilterra e dal lato della Francia proposito deliberato di non muovere isolata guerra alla Russia.

Ora da questi due fatti, ch'Ella, Signor Ministro, afferma e che io non contraddico, mi pare evidente che non può nascere alcun beneficio pella Polonia. La pubblica opinione in Inghilterra è palesemente contraria alla guerra: la politica di sentimentalismo non conviene all'indole commerciale di quella grande Nazione.

Ella rammenterà, Signor Ministro, i dubbi ed i sospetti ch'io avea rela

tivamente al progetto di una costituzione d'una Polonia aristocratica e cattolica.

Ora questo dubbio, questo sospetto è diviso da molti uomini insignì d'Inghilterra. Colà s'avveggono che il nuovo Regno aumenterà l'influenza francese e l'influenza cattolica in Europa; essi temono che la Francia colga l'opportunità per conquistare il Reno ed il Belgio. Temono i liberi pensatori d'Inghilterra che la guerra di Polonia non abbia ad iniziare una nuova era di guerre europee; essi in nome della libertà e della prosperità morale e materiale del loro paese la respingono poichè in lei veggono il pericolo di rafforzare in Europa l'influenza delle armate; temono che per emancipare la Polonia la libertà non sia dovunque costretta a curvarsi sotto il dispotismo della spada.

Il Cesarismo è il fantasima che spaventa l'Inghilterra e, mi sia lecito di dirlo, il concorso dell'Austria aumenta questi sospetti. Questo concorso vuol dire l'esclusione dell'Italia, vuol dire l'esclusione del partito nazionale, vuol dire le guerre dell'Impero, non le guerre della Repubblica Francese, le guerre dinastiche non le guerre di emancipazione, la guerra del Messico non la guerra d'Italia. Vuol dire la Francia sanzionando nuovamente a Vienna il diritto di conquista, non la Francia e l'Italia secondando e rafforzando coll'emancipazione di Roma i principii della democrazia. A tutte queste obbiezioni rispondono alcuni ricordando l'esempio della guerra di Crimea. Lo studio della Diplomazia fu allora di localizzare la guerra. Ma è vana speranza localizzare la guerra della Polonia posta al centro dell'Europa.

Quale sper;o;nza di conciliazione rimane dunque?

Il governo russo non può cedere senza menomare la propria dignità, senza inasprire contro di sè l'opinione pubblica, senza apparecchiare al partito del disordine un facile campo a sanguinose rivoluzioni ed a violenti disastri.

D'altra parte se i governi francese, austriaco ed inglese non ottenessero per la Polonia radicali riforme, la !ora dignità sarebbe perduta per sempre; la Russia avrebbe affermata la impotenza dei loro consigli in faccia all'Europa intera.

L'opinione pubblica accoglierà con plauso generale una soluzione che salvi la dignità di tutte le nazioni, allontani il pericolo di una guerra, concilii colla causa della Polonia la causa della democrazia europea.

Questa soluzione non può essere che un congresso generale! un congresso dove, stabilendo larghe transazioni, l'opinione pubblica ottenga il compimento dei propri voti.

L'abbandono del Gran Ducato di Varsavia sarà legittimato dall'abbandono della Venezia. La soluzione della questione di Roma mitigherà l'amarezza dell'Inghilterra di veder proclamata la libertà del Mar Nero. La garanzia europea all'Austria del Tirolo e dell'Istria troverà un giusto raffronto nella garanzia alla Russia della Lituania e delle antiche provincie.

In reciproche transazioni sta la comune salvezza.

L'egoismo nazionale deve scomparire dinnanzi al giusto sentimento di solidarietà che vincola fra di loro le diverse nazioni. Io credo che quel Governo che oserà senza esitanza farsi iniziatore di questo grande concetto avrà con lui la pubblica opinione. È per ciò che io non mi preoccupo esclusivamente del giudizio di Russell e di Palmerston e dell'Imperatore di Francia a questo proposito. Il Governo Italiano è alla testa dell'opinione liberale: ch'egli parli in suo nome; mostri che noi non vogliamo la guerra per fini reconditi; affermi colla sua condotta che nessun obbligo d vincola alla Francia, che nato dall'opinione pubblica egli è il primo che s'inchina dinnanzi a lei. Mostri l'Italia agli eterni calunniatori dei principii Hberali che essa, accusata di fomentare i disordini, di promuovere le violenze è la prima a dichiarare che è oramai tempo che le Nazioni, raccolte in congresso generale, introducano nei rapporti internazionali quelli stessi principii di giustizia che la civiltà ha introdotti dovunque nei rapporti individuali. Un esame accurato, imparziale dell'opinione pubblica di ogni Nazione in Europa toglie al mio concetto il carattere di ipotetico che forse piaceva ad alcuno attribuirgli.

In Russia mentre l'immensa maggioranza del paese respinge le Conferenze e le concessioni alle Potenze Ocddentali, un immenso partito non esiterebbe a consigliare al governo di cedere il Ducato di Varsavia se questa cessione si potesse fare in guisa che la dignità del paese non ne avesse sfregio.

In Inghilterra ho già accennato qual é la pubblica opinione. La Francia non desidera la guerra; essa vi si assoggetterebbe piuttosto che subire un'umiliazione; ma il paese è stanco delle spedizioni del Messico, della Cina, e d'Oriente; essa sente che la gloria militare, aumentando l'influenza dell'armata allontana ,sempre più il giorno ,ch'essa invoc,a in cui la libertà coronerà l'edifizio. La Francia accoglierebbe con plauso una simile proposta.

Nell'Austria medesima un partito potente consiglia la cessione del Veneto; e la Prussia sul cui capo la cieca ostinazione del Re sospende la minaccia dell'alleanza russa, sarebbe lieta di trovare in questa soluzione un mezzo di esercitare una giusta e legittima influenza.

Parlo delle nazioni non dei governi e l'Italia, interprete della pubblica opinione, sarebbe in breve a capo di questo grande movimento che non tarderebbe a salire dalle regioni popolari alle regioni dei governi perchè, e non lo dimentichiamo, il secolo attuale è il secolo della pubblicità e della pubblica opinione.

L'Italia, per valermi d'una felice espressione del Conte di Cavour, sarebbe la stella polare della pubblica opinione in Europa. Lo scacco momentaneo che il governo del Re teme diplomaticamente, avrebbe la sua rivincita in uno splendido trionfo politico.

Io credo, Signor Ministro, che questa politica è preferibile ad una politica che non sapesse escire dalle spire in cui la Diplomazi,a tiene avvinta l'Italia e che la condanna a vacillare incerta tra l'Inghilterra e la Francia senza che mai essa abbia la coscienza della propria forza. E se da questa soluzione volgo l'attenzione alle altre soluzioni che si propongono, io confesso che sento sorgere in me amari sospetti. Alla guerra colla Francia sulla Vistola, io preferisco un'immediata guerra sul Po coll'Austria. Per rompere l'alleanza austriaca e francese non esiterei a sommuovere l'Europa poichè non posso che confermarle la mia opinione che quella alleanza sarebbe funesta al nostro avvenire.

La Conferenza delle Potenze segnatarie del Trattato di Vienna è un'offesa incomportabile. L'Italia non può riconoscere il diritto alle Potenze riunitesi all'indomani di una grande disfatta di continuare a far pesare il loro dominio sull'Europa.

Essa non può riconoscere alla Svezia, alla Spagna, al Portogallo il diritto di sedere ad un Congresso dal quale essa fosse esclusa.

L'Italia non può col suo silenzio lasciar sanzionare a suo riguardo questa immensa ingiustizia. Alle proposte Inglesi preferisco per la dignità nostra le Conferenze ristrette proposte dalla Russia. Funesto sarebbe ugualmente all'Italia se l'Inghilterra ottenesse dalla Prussia di proporre il Congresso delle cinque Grandi Potenze. Noi non possiamo permetterlo. È per ciò che non dobbiamo indugiare a prendere posto ed a porre i nostri diritti sotto la tutela dell'opinione pubblica europea.

Ella teme che la mia proposta sia un agguato russo: teme ch'io ceda alla pressione del Principe Gortchakow? Non vidi il Principe che una sola volta dopo il mio ritorno e non gli parlai del Congresso.

Respingo recisamente questo sospetto che si rivela da alcune frasi dei suoi dispacci.

Io, benchè me ne addolorassi, ho come era debito mio, seguito le sue istruzioni; ma mi sia lecito rammentarle, Signor Ministro, che in una sua lettera Ella si doleva che il governo russo non seguisse quelle grandi ispirazioni politiche di cui fu maestro il Conte di Cavour; io credo che quel grande uomo di Stato nelle attuali contingenze non avrebbe esitato a porsi a capo dell'opinione pubblica in Europa. Io spero che il Signor Presidente del Consiglio ed Ella che hanno raccolta quella gloriosa eredità, sapranno trovare nella loro mente e nel loro cuore una via che salvi la dignità della patria che la politica francese minaccia e che l'egoismo del Gabinetto inglese sacrifica ad antichi pregiudizi.

Gr'ave responsabilità è quella che peserebbe sull'attuale Gabinetto se lasciasse nel 1863 prendere all'Austria la rivincita del 1859. Io confido che le risoluzioni che saranno adottate dal Governo Italiano faranno scomparire questi tristi presagi.

Qui debbo aggiungere parole sull'apparente contraddizione in cui il suo dispaccio telegrafico accenna ch'io sono caduto. Ho consigliato di non formulare la proposta d'un Congresso allorquando io credeva che la Russia e l'Austria avessero rannodate le antiche relazioni d'amicizia. Le Potenze Occidentali perduta la speranza d'avere con loro l'Austria avrebbero dovuto chiedere il nostro concorso e noi non avremmo perciò dovuto procedere ad un atto così grave senza consultare l'Inghilterra e la Francia. La proposta del Congresso non era più necessaria per uscire dall'isolamento in cui ci trovavamo. Oggi essa torna opportuna poichè nuovamente ci troviamo isolati.

Se le ho annunziato il ravvicinamento della Russia all'Austria egli fu perchè il fatto era positivo. Eccole alcuni ragguagli che garantisco esatti. La Nota russa fu communicata al governo austriaco prima che fosse spedita officialmente.

Balabine telegrafò al Gabinetto di San Pietroborgo che l'Austria non dissentiva da quel concetto e pareva accogliesse con soddisfazione i passi fatti dalla Russia per istabilire un accordo con lei. Il dispaccio di Balabine fu comunicato al Consiglio dell'Impero. Ma la sera dopo giunsero due dispacci a Pietroborgo l'uno diretto da Balabine a Gortchakow col quale lo avvertiva che il Gabinetto austriaco esitava; l'altro diretto da Rechberg a Thun che nel modo il più formale respingeva la proposta russa. La spiegazione di questo mutamento stava in altro dispaccio giunto da Parigi a Vienna il giorno innanzi e che accordava all'Austria (a quanto affermasi) quelle guarentigie che prima la Francia le aveva negato. Le parole dell'Imperatore Napoleone al Cavalier Nigra sulle ragioni che facevano esitare l'Austria a formare francamente una triplice alleanza completano le notizie necessarie per formarsi un esatto criterio sopra le segrete trattative di questa fase diplomatica grave per noi nei suoi risultati. L'Austria ha bruciati i suoi vascelli ed il suo Ministro Thun era ieri sera adiratissimo col Principe Gortchakow pel modo beffardo con cui gli avea letto il suo ultimo dispaccio.

A completare queste informazioni debbo aggiungere che l'Inghilterra si studia d'ottenere dalla Prussia ch'essa proponga un Congresso delle cinque Grandi Potenze ed essa consentirebbe che in questo Congresso, per mitigare la suscettività Russa si trattassero le questioni Gr,eca e dell'Holstein e si escludessero l'Italia e la questione Italiana. Da un altro canto la Russia si affretta di soffocare l'insurrezione Polacca. Essa ha già in pronto la Costituzione che sarebbe largita al Ducato di Varsavia. Consigli Comunali eletti dal suffragio universale, Consigli provinciali eletti dai Consigli Comunali, Camera eletta dai Consigli Provinciali alla quale si accorderebbe il voto delle imposte. Ma questa Costituzione minaccia di non veder mai la luce.

L'insurrezione se non aumenta si mantiene; e le provincie polacche sono lungi dall'essere pacificate. Domani vedrò il Principe Gortchakow e tosto Le darò conto del mio abboccamento coll'E. S.

In quanto a ciò ch'Ella mi chiede con suo dispaccio (1), eccoie quali sarebbero a mio avviso le basi del Congresso. La mia risposta sarà breve.

Il Governo Italiano si deve inspirare dei sentimenti che agitano l'opinione pubblica in Europa; è ad essa più che ai Governi che deve domandare la sanzione del proprio operato.

La Nota sia prudente, calma, dignitosa; risponda al desiderio di pace che è nell'animo di tutti in pari tempo ch'essa deve rivendicare il diritto delle Nazioni.

Si affretti; poichè gl'avvenimenti incalzano e la questione potrebbe complicarsi in modo che la guerra diventasse una fatale necessità. Si affretti; poichè le cinque Grandi Potenze potrebbero accordarsi fra di loro ed allora l'Opinione Pubblica considererebbe la nostra esclusione come una giusta pena del nostro silenzio e della nostra rassegnazione.

88

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1175. Parigi, 5 agosto 1863, ore 19,05 (per. ore 20,35).

J'ai eu une conférence avec le garde des sceaux. Les demandes d'extradition ne sont pas déférées aux Cours, c'est le garde des sceaux qui les examine et donne son avis et c'est l'empereur qui les accorde par décret (2).

Le g.arde des sceaux m'a dit qu'il a examiné la demande mais que pour

donner son avis il désire avoir communication non seulement des extraits

mais des sentences mentionnées dans les documents présentés et qu'il en a

fait hier la demande au ministre des affaires étrangères. Ce dernier nous demandera donc ces pièces. Le garde des sceaux désire avoir en outre des renseignements sur la position et les antécédents des cinq prisonniers; ces renseignements n'ont pas besoin de procéder des autorités judiciaires, il suffira qu'ils soient donnés par le Gouvernement italien. Il m'a demandé si c'est vrai que l'un des prisonniers était un évadé des bagnes ce qui n'est pas indiqué dans les mandats d'arrét. Le garde des sceaux m'a dit qu'en lui fournissant ·ces pièces nous le mettrons à meme de juger avec toute conscience ce qu'il désirerait faire. Mon impression est que son avis sera favorable à l'extradition avec quelques réserves peut-étre; mais ce nouveau retard est très fiì.cheux et je lui ai témoigné mon grand regret. Tiìchez de faire dresser sans retard des pièces inattaquables et de m'envoyer les renseignements qu'on nous demande, mais avant de me les expédier je vous prie de vous assurer de leur contenu.

(1) -Cfr. n. 76. (2) -Risponde al t. n. 713 del Visconti Venosta in data 3 agosto. Cfr. n. 83.
89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 304-306)

L. P. Torino, 5 agosto 1863. A dir vero, dopo l'ultima lettera che ti scrisse Minghetti, io non ho cosa da aggiungere. Ti mando dunque queste righe per stringerti la mano e per ricordarmi alla tua amicizia. La notizia del richiamo di Hudson cagiona a quanti lo conoscono un vero dolore. Il paese considererà questo come una disgraz•ia pubblica. Hudson aveva qui una posizione unica e che ben di rado alcun diplomatico avrà avuta in alcun paese. Non parmi che sia nella tradizione della politica inglese il rinunciarvi. Tu sai che già da più di un anno gli si ·offrì il posto di Pietroburgo ch'egli rifiutò, rispondendo che egli preferiva rimanere a Torino sinchè avesse compito il suo tempo. Questo tempo di servizio si compie oggi, giorno 5, ed oggi è posto in pensione. A te i commenti. Del resto il linguaggio di Hudson non ci lasciò dubbio sulla natura irrimediabile del fatto. Qui l'opinione comincia a dividere quella inquietudine del rimaner fuori che noi conosciamo da lungo tempo. E per dire la verità, l'Inghilterra v'ha alquanto contribuito, poichè mentre la Francia proponeva da principio di fare una quistione europea, _essa restrinse più che mai la quistione nel terreno dei trattati del quindici e quindi al concerto delle potenze segnatarie di quei trattati. Io mi tormento il cervello per vedere se dobbiamo avere dei rimorsi, e se mai si sia presentata la fessura in cui potevamo penetrare e non lo facemmo. Qui l'annuncio che l'Inghilterra si rifiuta alla nota identica fu accolto con maligno piacere, poichè siamo ridotti a sperare negli aborti.

Il nostro amico Pepoli mi martella di telegrammi per il suo Congresso, dandomi anche delle lavate di capo e richiamandomi al rispetto dell'opinione

pubblica. La risposta di Azeglio la conosci; Nigra mi rispose annunciando un échec inevitabile, ma senza dirmi dove avesse attinta questa certezza assoluta. Vedi quale situazione sarebbe la nostra se facessimo una proposta accettata dalla sola Russia!

Poco fa leggevo la solita corrispondenza della giornata. Ti faccio per curiosità un estratto del dispaccio di Barrai da Francoforte. Il nostro ministro espone come il ministro inglese ritornato a Francoforte parli delle intenzioni I_Jacifiche dell'Inghilterra il cui scopo, dice egli, è d'arrivare a una conferenza delle cinque grandi Potenze per regolare la posizione della Polonia, prendendo per base i sei punti. Barrai soggiunge come le persone meglio informate asseverino che le intenzioni dell'Austria non sono sostanzialmente diverse, che non bisogna dare una portata eccessiva alla nota del conte di Rechberg del 19 luglio e che l'Austria non vuole la guerra e intende partecipare alla conferenza essa pure delle cinque potenze. Poi aggiunge ancora: accanto di queste previsioni che hanno corso fra i membri del corpo diplomatico e quelli della Dieta, si presenta un'altra combinazione imprevista portata da una corrispondenza di Vienna, di cui mi si confidano i particolari e che mi si dà come formante l'oggetto di negoziati segreti fra Parigi e Vienna. Secondo questa corrispondenza, l'Imperatore Napoleone, per ottenere il concorso armato dell'Austria, gli avrebbe proposto di ricostituire la Polonia ne' suoi antichi limiti con un Arciduca per Re. Successivamente l'Austria abbandonerebbe la Venezia col compenso dei Principati Danubiani, e la Francia si aumenterebbe della riva sinistra del Reno, senza poi toccare il Belgio che resterebbe qual'è. Si spera che l'Inghilterra, rimanendo il Belgio intatto, non si opporrebbe seriamente. Ma, conchiude Barrai, non è che esitando e come semplice informazione che oso far parte di questa corrispondenza. Barrai dunque mi avrà se non altro suscitato a scrivertì una lettera abbastanza lunga.

P. S. -Addio dunque, voglimi bene e consenta il Cielo che non ti pesi sull'animo come un rimorso.

90

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 14. Pietroburgo, 5 agosto 1863 (per. il 12).

Mi sono recato questa mattina dal Principe Gortchakow. Io non lo avea

veduto dopo la pubblicazione delle sue Note.

Le prime sue parole furono queste. Siete persuaso! Voi solo avete cono

sciuto la verità e l'avete scritta al vostro Governo. Doteve essermi grato.

Ringraziai il Principe della sua fiducia e convenni infatti con lui ch'egli

m'avea informato esattamente.

Il Principe era lietissimo: egli mi mostrò un fascio d'indirizzi delle diverse

Città della Russia che applaudivano il suo linguaggio. • Non vado a Mosca mi

disse egli perchè provocherei una dimostrazione che mi obbligherebbe a pronun

ciare un discorso che nell'impeto dell'improvvisazione potrebbe uscire da quei

limiti che la prudenza mi traccia. Ho dissipato le tenebre di questa discussione; oggi la volontà della Russia è chiara·ed esplidta nessuno può illudersi. Domani uscirà una mia nuova nota al nostro Ministro a Parigi per commentare la Nota Francese. Io mantengo i miei principii! Respingo l'accusa che la mia Nota fosse ·ironica. Non credo alla complicità della Francia; ma credo che un Gran Governo deve neppure avere l'apparenza della complicità. Parigi è il focolare dell'insurrezione ».

Chiesi s'egli era disposto ad accettare le Conferenze fra le cinque Grandi Potenze. Rispose che non accetterebbe mai un Congresso o conferenze limitate alla sola questione Polacca.

Replicai chiedendogli s'egli avrebbe acconsentito a limitare l'ingerenza del congresso, oltre alla questione di Polon1a, a quella della cessione delle Isole Ionie ed a quella dell'Holstein, come ne correva voce. Purchè si tratti anche di altre questioni, risposemi, non esiterei ad accettare.

Insistei allora per conoscere s'egli si acconcierebbe ad accettare la Conferenza delle Cinque Grandi Potenze. Senz'affermare che avrebbe respinta questa proposta aggiunse che la Russia avrebbe chiesto in quest'ipotesi l'intervento di tutte le Potenze Europee compresa l'Italia. Mi osservò però ·ch'egli ignorava se la proposta di un Congresso Generale sarebbe sottoposta alla Russia; che non conosceva nè officialmente, nè officiosamente che l'Inghilterra avesse aperto pratiche a questo proposito colla Prussia.

Mi chiese se io avea rinunziato al progetto d'un Congresso di cui gli tenni parola prima di partire per l'Italia.

Risposi, come era debito m·io, evasivamente, ma m•i conferm.ai nel concetto che la Russia e la Prussia accoglierebbero la nostra proposta. Accennai al Principe la mia opinione che in un Congresso Generale la Russia avrebbe potuto abbandonare il Gran Ducato di Varsavia. Non respinse assolutamente questo concetto si limitò a pregarmi di non entrare nel campo delle induzioni (conjectures). E qui incominciò a dolersi acerbamente che a Torino prevalesse il concetto che se la Francia ci avesse ceduto Roma sarebbe stato nostro obbligo di schierarci fra gl'avversari della Russia. Mi chiese nel modo il più formale se il nostro Governo era disposto a garantire che in nessun caso avrebbe partecipato ad una guerra contro l'Impero dello Tsar.

Risposi che la Francia non avea mai aperte pratiche su questo proposito; che il Governo del Re non mi avea mai tenuto parola di queste pretese eventualità; ch'io poteva affermargli che i Ministri erano benevoli per la Russia e desiderosi della sua Alleanza e la mitezza della Nota Italiana dovea averlo persuaso di ciò; ma che io non era autorizzato ad assumere alcun impegno formale e che s'egli voleva avrei posto la questione al Ministero. Soggiunsi che l'opinione del Gabinetto di Torino era che la pace non sarebbe stata turbata in Europa e quindi non poteva preoccuparsi di contingenze guerresche. In quanto a me personalmente egli conosceva la speranza ch'io avea di veder raccogliersi in un congresso tutte le Potenze d'Europa e che in questo congresso io credeva fermamente che, lungi dal propugnare interessi opposti, la Russia ci avrebbe dato il suo appoggio nella questione Romana e nella questione Veneta, e ciò tanto più ch'io mi lusingava ch'egli avrebbe potuto trovar modo di cedere il Ducato di Varsavia conciliando gl'interessi

della sua politica colla dignità del suo Governo. Egli m'interruppe colle solite parole: "Non entriamo nel campo delle congetture"· Ma non respinse nè l'una nè l'altra proposta, ma insistè sui dubbi che la condotta del Ministero di Torino faceva sorgere in lui e nell'Inviato di Russia in Italia. Io colsi quest'occasione per dirgli essere naturale che in Italia l'opinione pubblica non fosse favorevole alla Russia poichè essa non era con noi stata benevola e ci aveva risposto più aspramente che alle altre Nazioni. Toccai della questione orientale e della domanda dell'Italia di partecipare a tutte le Conferenze. L'indugio non era, a mio senso, prova di simpatia. Mi rispose ch'egli si era riservato a rispondere conosciuta che avrebbe la risposta delle altre Potenze. L'Inghilterra non avea risposto direttamente, però egli sapeva che la sua risposta ci era favorevole. La Francia avea serbato il silenzio; l'Austria avea protestato, la Prussia, come sempre, era dubbia e vacillante. In quanto a lui in massima era contrario; egli trovava più logico che l'Italia chiedesse di partecipare a quelle Conferenze non in forza del Trattato di Parigi ma come sesta grande Potenza.

Chiesi se, posta la questione su questo campo, la Russia l'avrebbe accolta: rispose ch'egli troverebbe questa domanda più logica che l'altra. Colsi l'occasione per domandare anche quale era stata la risposta della Russia alle proposte Inglesi in ordine ad alcuni punti di diritto marittimo. Mi disse che l'Inghilterra non avea indirizzato alcuna proposta alla Russia a questo riguardo.

Prima di accommiatarmi toccai dei prigionieri. Chiesi se la sentenza fosse stata di morte e poscia commutata, oppure se la sentenza era stata semplicemente di lavori forzati in Siberia. Affermò che il Gran Duca Costantino avea commutato la pena di morte. Mi studiai di parlargli di clemenza, m'interruppe dicendomi che nuovi Italiani erano in armi in Polonia e ch'egli non poteva consigliare la clemenza all'Imperatore, che anzi avrebbe consigliato il rigore. Io replicai ch'egli avrebbe dato un pessimo consiglio al suo Sovrano, ch'egli sapeva quanto io era amico della Russia e sopratutto sincero ammiratore dell'Imperatore Alessandro 2"o, ma ch'io deplorava amaramente la condotta di Mouraview in Lituania. Il principe tornò in campo coll'esempio di Napoli e paragonò i proclama di Mouraview a quelli di Pinelli. Gli risposi narrandogli ch'io fui presente un giorno quando Cavour telegrafò al Governo di Napoli a proposito di quei proclama, ch'essi disonoravano l'Italia. Ed avea ragione, mi disse il Principe, ma voi combattevate in Napoli dei cittadini che credevano rimanere fedeli al loro Sovrano, mentre noi combattiamo degli insorti: il parallelo non sussiste. Avete ragione, interruppi a mia volta. N o i combattiamo dei briganti e voi combattete de' patriota che rivendicano la loro nazionalità. Citai il famoso articolo dell'Invalido Russo. Eccoci di nuovo sul campo delle nazionalità, osservò il Principe, qui non ci troveremo mai d'accordo; ed io spero invece che presto ci troveremo d'accordo, gli replicai io, perchè corre voce che vinta l'insurrezione, prima che la Francia e l'Inghilterra si accordino fra di loro, la Russia proclamerà una Costituzione.

Non concederemo mai alla Polonia ribelle che ciò che accorderemo alla Russia fedele esclamò il Principe. Ed infatti ripresi io, credo che fra breve voi sarete annoverati fra le Potenze Costituzionali, il grande Impero diventerà un elemento di libertà in Europa. E qui per la terza volta mi disse: • Non entriamo nel campo delle congetture •. Ma con un suo sorriso che lasciava intravvedere ch'io non era interamente lontano dal vero.

Io mi lusingo che queste informazioni potranno giovare a rischiarare la situazione ed a guidare il Ministero in queste difficilissime contingenze. Io La prego, Signor Ministro di telegrafarmi se approva il linguaggio da me tenuto affinchè ciò mi serva di norma se mi si presentasse l'opportunità di nuovamente abboccarmi col Principe Vice Cancelliere.

91

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 6 agosto 1863.

Intorno agli accordi militari di cui Ella mi parla nella Sua ultima lettera, non vi furono altri impegni che quelli contenuti nei dispacci ufficiali da me mandati e nella risposta del Signor Drouyn de Lhuys. Copio la frase: • Le Gouvernement français facilitera (ovvero est disposé à faciliter) les accords que les Autorités militaires italiennes et françaises pourront prendre pour la répression du brigandage sur les frontières pontificales •. Minghetti desiderava qualche cosa di più e voleva la parola convenzione. Diffatti Vimercati fu incaricato, se non erro, di proporre una formula più ·esplicita, scritta dalla stessa mano di Minghetti, la quale doveva figurare nel discorso della Corona. Ma l'Imperatore l'inviò Vimerc.ati a Drouyn de Lhuys; e questi lo rinviò a me, dopo avergli ripetuto testualmente la frase che ho copiato testè. Quanto all'origine di questa pratica Ella si ricorderà che mi domandò il mio avviso sulla risposta che si sarebbe fatta ad un dispaccio sul brigantaggio, dispaccio che per avere una portata pratica, doveva contenere la proposta di estendere la Convenzione del 1861 alle altre parti della frontiera pontificia. Le riJSposi che avrei certamente ottenuto una risposta benevola, se non affermativa. La risposta fu difatti benevola, e gli effetti furono efficaci. Giacchè non v'è dubbio che dopo allora l'attitudine delle truppe francesi divenne di gran lunga mig1ior·e. Ecco lo stato della pratica. Ora, se il Governo crede che ci voglia un accordo militare scritto, ne faccia preparare i11progetto da La Marmora, e me ne scriva d'ufficio. Sarebbe però bene che La Marmora avesse una conferenza con Montebello, e desse il suo parere.

Ho scritto a Peruzzi sull'estradizione, e l'ho pregato di comunicare quanto gli scrissi a Lei ed a Minghetti.

Credo che il Princ.ipe ha ragione quando dice che a noi giova lo stare in fuori delle pmtkhe attuaU into11no alla Polonia. Del resto non si può lottare coll'impossibilità. Nè l'Austria nè l'Inghilterra ci vogliono, e la Francia che ci accoglierebbe volentieri in un fascio coll'Olanda e cogli altri Stati di secondo

o terzo ordine, non è però disposta a disgiungersi dai due grandi Gabinetti per noi. Il pericolo vero è quello da Lei accennato; cioè che in caso d'alleanza

10 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

offensiva tra Francia ed Austria ci si domandi la neutralità. L'Imperatore mi ha detto a più riprese che l'alleanza austro-francese non avrebbe cattivi risultati per noi, giacchè potrebbe avere per effetto la cessione della Venezia. Ma malgrado questa promessa, una tale alleanza è un'eventualità terribile per noi. Il solo modo d'evitarla sarebbe di mettere il fuoco in casa d'Austria e sopratutto in Gallizia. Per poco che il moto polacco duri, quest'eventualità mi pare probabile. D'altra parte giova sperare nella diffidenza del Gabinetto di Vienna verso la Francia. Se il progetto portato da Pasolini a Londra vi fosse accolto, le cose potrebbero mutar d'aspetto subito. Ma non ho fede in Russe}!. La paura di Napoleone incatena il Gabinetto inglese ai Trattati del 15. Voglia Dio che il mio pronostico erri, e che Pasolini porti l'adesione dell'Inghilterra ad un progetto il quale sarebbe accolto qui senza dubbio favorevolmente.

Intanto l'Inghilterra rifiutò l'idea di una nota collettiva. Si spediranno adunque note separate. D'altra parte si dice che la Russia abbia inviato un dispaccio in data 30 luglio, contenente indizii d'usi cittadini più pieghevoli. Queste notizie furono accolte dalla Borsa di Parigi con un notevole rialzo; e le idee pacifiche trionfano oggi qui su tutta la linea.

Io continuo ad essere fabbricitante, e non mi caverò il male d'adosso se

non cambio aria. La prego quindi caldamente a mandarmi Artom. Finchè

l'affare dell'estradizione non sarà terminato non lascierò la Francia e mi

limiterò ad andare all'Hàvre o a Trouville per pigliar bagni. La distanza da

questi posti a Parigi essendo di sole quattro ore potrò venire alla Legazione

quando occorre. Ma sarebbe indispensabile che Artom venisse e subito. Nel

mese di settembre poi Le domanderò il congedo d'un mese. In due anni non

ebbi che undici giorni di riposo, e ancora turbati da continue conferenze al

Ministero degli Affari Esteri. La prego vivamente a voler pigliar questo mio

desiderio in considerazione. Nel settembre l'Imperatore sarà a Biarritz e non

si risolverà nulla d'importante.

P. S. -Le unisco il bollettino del giorno, perchè abbia un'idea delle voci che corrono nei circoli di Parigi (1).

92

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

T. 717. Torino, 7 agosto 1863, ore 15,20.

Comte de Barrai me mande (2) que l'empereur d'Autriche vien t d',inviter les souverains allemands à se réunir à Francfort le 16 en congrès pour traiter des affaires germaniques. Dites-moi ce qu'on pense à Berlin de cette réunion.

(1) -Non si pubblica. (2) -Con t. 1178 del 6 agosto, non pubblicato.
93

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1181. Berlino, 7 agosto 1863, ore 14,37 (per. ore 18).

Le Ministère ici n'a pas cru pouvoir engager les déterminations de M. de Bismark. J'ai appris ·par le ministre de Russie que le roi de Prusse a refusé d'intervenir à Francfort. L'Aukiche insiste pour qu'il envoie au moins un prince de sa maison; cette seconde proposition a été également déclinée; on

ne sait encore rien de positif à l'égard de l'acceptation des autres états allemands.

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 17. Torino, 7 agosto 1863. Ho ricevuto a suo tempo il telegramma nel quale ella mi rendeva conto della conversazione avuta col Guardasigilli. Ho immediatamente comunicato il dispaccio a Pisanelli il quale per maggior precauzione mandò espressamente una persona a Napoli per raccogliere i documenti e per vegliare che siena tali da non suscitare obiezioni. Io non comprendo però come sia fondata in diritto la richiesta del Signor Baroche. Secondo i.l trattato di estradizione il solo documento a produrre è il mandat d'arret o un documento che l'equivalga. Il Governo francese non ha d~ritto a chiedere altra cosa che questa. I due evasi dalle galere sono appunto i due fratelli La Gala i quali furono nel 1854 condannati a vent'anni di lavori forzati e fuggirono nel 60 dal bagno di Castellamare. Le spedisco frattanto le informazioni sul conto dei cinque malfattori quali risultano dai rapporti dei Prefetti e dei Sindaci compendiati in un rapporto del Ministero dell'Interno. Le informazioni da Londra sono uguali. La politica del Governo vi è ispirata da una profonda e istintiva diffidenza verso la Francia. Si crede che l'Austria sia nelle stesse disposizioni dell'Inghilterra. In fondo parmi che si voglia e che si ottenga di isolare la Francia. La nuova Nota inglese ripeterà le argomentazioni della Nota precedente. Russell e Palmerston espressero esplicitamente la loro opinione che non vi sarebbe stato per ora alcun Congresso e Conferenza. Bensì Russell soggiunse che la Russia era disposta a un Congresso per gli affari tutti d'Europa nello scopo evidente, diceva egli, di vendicarsi dell'Austria. Sartiges, di ritorno dai bagni di Valdieri, è venuto ieri a trovarmi ed era assai preoccupato dagli affari di Polonia. Egli mi tenne un lungo discorso, assai dissimile da quelli che mi ha tenuto finora. Mi disse che l'attitudine

dell'Inghilterra poneva termine a una fase di combinazioni alle quali era meglio che l'Italia rimanesse estranea, che un'altra fase poteva succedervi in

cui altre potenze potevano essere chiamate a concorrere, che l'Italia non doveva avere ripugnanza all'idea di trovarsi coll'Austria; che l'Austria neutrale ci paralizzava, mentre, impegnata con noi, lasciava luogo a utili combinazioni, ecc. ecc. Qui non si ha l'abitudine di dare troppa importanza a quanto dice Sartiges e dal suo discorso mi pareva che questa conversazione rivolta a conoscere le nostre intenzioni, fosse piuttosto tenuta da lui di suo capo, che per istruzioni avute dal suo Governo. Di poi ebbi di ciò quasi la certezza perchè, uscito dal Ministero degli Esteri, andò da Minghetti e non gli parlò che di alcuni oggetti riflettenti il Ministero delle Finanze. Io risposi a Sartiges in modo abbastanza vago !asciandogli però intendere che con noi si poteva trattare sugli engagements per l'azione e non sugli engagements per l'inazione e che l'escludere l'Italia dalle grandi quistioni della politica regolare europea era un rigettarla verso la rivoluzione. Non pongo, ripeto, importanza a questa conversazione, ma ad ogni modo gliela accenno. Ora bisogna raddoppiare di vigilanza per spiare il momento e coglierlo se si presenta. Fra i varii dispacc:i. che ricevo quotidianamente dalle varie Legazioni ne ebbi ieri uno di Barrai, il quale mi rende conto delle opinioni che corrono nel Corpo diplomatico e fra i Membri della Dieta. Il Ministro d'Inghilterra or ora di ritorno a Francoforte parla altamente delle disposizioni pacifiche dell'Inghilterra. Le informazioni pure delle persone meglio edotte sugli affari austriaci non attribuiscono all'Austria altri intendimenti e fanno credere che si sia esagerata la portata della Nota del 19 luglio del conte di Rechberg; che l'Austria non sia disposta a compromettere i suoi interessi politici in Galizia e che lo scopo che essa si propone è la riunione di una conferenza delle cinque grandi potenze per regolare la vertenza sorta colla Russia. Infine Barrai soggiunge di aver veduta una corrispondenza di Vienna in cui si parla d'una combinazione che farebbe ora l'oggetto di segreti negoziati fra Vienna e Parigi. È la nota combinazione della Polonia ricostituita con un Arciduca Austriaco, della Venezia ceduta coi Principati per compenso. Il progetto è troppo bello, dice Barrai, per essere credibile e lo riferisco esitando come un semplice elemento d'informazione.

Ed io pure, a titolo di curiosità, glielo trascrivo.

Una notizia importante mandatami pure ieri sera per telegrafo da Barrai è che il Presidente della Dieta annunciò che l'Imperatore d'Austria invitava i Sovrani della Germania a riunirsi, il 16, a Francoforte per intendersi sugli Affari della Confederazione. L'annuncio fece grandissima impressione e si credeva che gli affari della Confederazione fossero un pretesto per occuparsi della situazione generale d'Europa. Oggi poi Barrai mi telegrafa che il Re di Prussia rifiuta l'invito di rendersi a Francoforte.

Questa riunione dà luogo a molte e svariate supposizironi. La prego di sapermi dire che cosa se ne pensa a Parigi.

Il richiamo di Hudson surrogato da Elliot, cognato di Lord Russell, fu qui accolto con quel dolore ch'ella si immagina. Lord Russell aveva offerto quattordici mesi fa a Hudson il posto di Pietroburgo per mandar qui suo cognato. Sir James non accettò e rispose che preferiva finir qui il suo tempo, dopo di che il Governo lo poteva porre a riposo. Il tempo suo di servizio finiva il giorno 5 corrente e il giorno 5 fu posto a riposo e rimpiazzato da

Elliot. Hudson assicura che Elliot è favorevole all'Italia e che ce ne troveremo contenti. Il viaggio di Pasolini e le conversazioni sue con Russell giovarono a dissipare molti sospetti e migliorarono la disposizione dell'Inghilterra a nostro riguardo.

95

IL MINISTRO RESIIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Francoforte, 7 agosto 1863 (per. l'11).

La présence des Princes et Souverains Allemands à Francfort devant infailliblement donner lieu à une démarche du Corps diplomatique étranger pour ètre admis à l'honneur de leur offrir ses hommages, je viens appeler l'attention de V. E. sur la position difficile que me créerait une rprésentation à des Princes qui n'ont point reconnu le nouvel ordre de choses établi en Italie.

Je n'ai pas besoin de dire à V. E. que je ne me preterai d'aucune manière à une présentation où je ne serai pas reçu en qualité de Représentant de

S. M. le Roi d'ltalie. Mais comme d'un còté je ne suis pas de fait accrédité comme tel auprès de la Diète, et que de l'autre l'on ne peut pas douter de l'hostilité de la plupart des Souverains Allemands à notre égard, il s'en suit que bien positivement, si je me joignais à mes collègues, je serais exposé à ètre présenté come • Ministre de Sardaigne •.

Dans cet état de choses, si V. E. veut bien me permettre de Lui soumettre mon opinion, je crois que le seul moyen de parer à la difficulté de la situation, serait de m'absenter pendant le peu de temps que séjourneront à Francfort les différents Souverains, sauf, à mon retour, à informer V. E. des propositions et décisions qui auront pu ètre prises.

Comme le temps presse, puisque la réunion doit avoir lieu le 16 de ce mois, je serais très obligé à V. E. de vouloir bien m'adresser quelques lignes par le télégraphe pour me faire connaìtre Ses instructions à cet égard et en Lui en offrant d'avance tous mes remerciements je 8aisis...

96

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. S. N. Berlino, 8 agosto 1863 (per. il 12).

J'ai l'honneur de vous accuser réception de la dépèche Cabinet en date du 27 Juillet (1) dernier que le courrier Collino m',a apporté en son temps, et par 1aquelle V. E. voulailt bien me donner quelques indications sur la politique que le Gouvernement du Roi avait l'intention de suivre pendant la phase présente de la question Polonaise. V. E. veut bien me dire que l'attitude prise par le Gouvernement du Roi a obtenu l'approbation unanime en Italie,

je puis à mon tour assurer V. E. que toutes les personnes politiques d'ici qui suivent avec un intérèt bienveillant le développement successif de nos destinées et avec qui j'ai eu l'occasion de m'entretenir à ce sujet, partagent également sa manière de voir.

Quant à observer le ròle que l'Autriche joue en ce moment d'un còté dans ses rapports avec le Gouvernement Prussien et la Russie et de l'autre avec les deux Puissances occidentales, le Comte de Launay en partant m'avait déjà fait la mème recommandation. La tiì.che pourtant que j'ai à accomplir n'est guère facile: V. E. n'ignore pas que tous les Ministres Prussiens sont absents et que en fait de Ministres étrangers, le Ministre de Russie c'est le seui qui reste à Berlin, et je n'ose pas me servir de toutes ses informations du moment qu'il m'est impossible de les contròler. M. de Thile lui mème, qui dirigeait, en absence de M. de Bismarck, le Ministère des Affaires Etrangères, ayant obtenu un congé a aussi quitté Berlin depuis huit jours ne laissant au Ministère qu'un chef de section, chargé uniquement de l'expédition des affaires courantes. Je ne peux donc livrer à l'appréciation de V. E. que quelques fatt isolés dont je n'ose pas garantir l'entièl'e exactitude mais que peut--ètre comparés et rapprochés des rapports des autres Agents de S. M. à l'étranger, en ceci beaucoup plus heureux que moi, pourront lui ètre utiles malgré leur insuffisance et leur défaut de précision. De plusieurs sources il me revient donc qu'à Vienne on n'est pas sans avoir une forte crainte des dispositions de la France à son égard. Le Cabinet Autrichien a trop longtemps fait profession d'une politique cauteleuse et à double entente pour pouvoir inspirer une confiance illimitée à ses nouveaux alliés. Le Cabinet de Paris n'accepterait donc quelques-unes de ses protestations d'amitiés que sous bénéfice d'inventaire; d'un autre còté l'Autriche sait parfaitement que son concours serait fort utile, sinon indispensable, à la France pour mener à bonne fin son dessein de constitution d'un Royaume de Pologne. Tout en donnant des gages de sa bonne volonté elle voudrait faire payer le plus cher possible sa coopération active. De là les deux courants qu'elle parait imprimer à sa politique; de là l'explication de sa dépèche du 19 Juillet à ses Agents de Paris et de Londres; de là le départ précipité de M. de Balabine, Ministre de Russie à Vienne qui parait avoir été induit positivement en erreur par le Comte de Rechberg. D'après ce qu'on m'a dìt à la Légation de Russie, le Comte de Rechberg a comp]ètement laissé ignorer à M. de Balabine la dépèche susmentionnée dont la lecture a été comme un coup de foudre pour le Prince de Gortchakoff. Le mécontentement d'avoìr été dupé à ce point a dicté au Prince la première partie de la dépèche du 27 Juillet dans laquelle il se hiì.te de disculper l'Autriche de toute entente préalable qui pourrait la compromettre vis-à-vis des puissances occidentales. Les rapports entre les deux Cours scmt assez tendus et l'irritation qu'on en a ressenti à Pétersbourg, surtout dans les rangs de l'armée, parait ètre arrivée à la dernière limite. Par malheur l'attitude de l'Angleterre fait à l'Autriche la partie bien belle, et lui permet de se donner des airs de libérateur et de matamore sans beaucoup risquer en réalité: il me revient en effet que l'Angleterre n'est aucunement disposée " dégainer. La France pourra-t-elle prétendre que l'Autriche fasse plus en faveur de la malheureuse Pologne que la libérale Angleterre ne fait?

En priant V. E. de vouloir bien me pardonner la pénurie des renseignements que j'ai été à mème de recueillir, j'espère qu'elle ne voudra pas en attribuer l'insuffisance à mon manque de zèle, mais uniquement aux circonstances toutes spéciales au milieu desquelles je me trouve placé.

(1) Cfr. n. 63.

97

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 308-309)

L. P. Settefonti, 10 agosto 1863.

Sono quassù da ieri, e vi rimarrò tre o quattro giorni ancora. Le ultime due tue lettere furono quella del 1'0 corrente, e quella del 3 per mezzo di tua moglie (1). Le ebbi prima di partire. Mi sembra che la prima parte de ta mission sia riuscita perfettamente e che nos rapports avec Angleterre soient bons; non dubito punto di Elliot che ti prego di salutare. Quanto alla seconda parte les dernières paroles de Russell d fanno sperare che essendovi Congrès il tiìchera de nous y faire entrer. Ma siccome dice di non credervi, non trovo opportunità di nuove insistenze. Però bisogna che tu sappia che secondo

rapport Nigra, Napoléon se trouve très embarrassé et accueillerait toute proposition qui le th·erait de cet embarras.

Ecco dunque occasione propizia anche per la terza parte, che è pur sempre. la capitale. Intorno a ciò, o tu credi impossibile di riuscire a qualche combinazione seria, ed allora je ne vois pas nécessité à ce que tu t'arrète à Paris; il n'y a qu'attendre les événements; une entrevue avec Empe1·eur n'aurait aucun résultat dans ce moment. Ou bien Palmerston accepte, et alors il faut que tu vois Russell, obtienne son consentement, et puis il faut que tu passes par Paris pour traitet ou pour préparer les négociations; c'est toujours notre première piace, come ti scrissi con la lettera spedita per corriere. Aspetto dunque l'esito di questa pratica, parendomi che le tue successive lettere non cambino punto il primo giudizio sullo stato delle cose.

Mia madre sta abbastanza bene e ti saluta. Io ti prego di dir mille (cose) a Pierino e di ricordarmi ai nostri amici costì, e specialmente a Panizzi, qu'on pourrait utiliser aussi come ti scrissi. Hudson è partito per Recoaro, disse di ripassare, ma non lo credo.

98

IL SENATORE PASOLINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 10 agosto 1863.

Ti ringrazio deUa carissima tua 5 corrente (2). Oggi stesso per mezzo del corriere che ritorna costì e che per mia preghiera Corti ritenne finora, scrissi

una lunga lettera a Mingheiti (1) che suppongo sarà l'ultimatum della mia mis

sione. Non istò a ripetere i particolari che saprai da lui; non avendo io fatto

differenza dallo scrivere all'uno e all'altro. Due ,cose mi preme di dirti. Qui in

genere ha fatto impressione sfavorevole a Lord Russell il ritiro di Hudson e la

nomina di Elliot cognato ,a Lord Russell medesimo. L'altra cosa è che io non

so dolermi troppo che noi siamo fuori degli imbrogli polacchi, nei quali poco

felicemente si ,aggirano le Potenze. Senza le tue istanze e quelle di Minghetti

io forse nemmeno avrei parlato di congresso e del nostro entrarci. Mi pare

che noi dobbiamo cercare di essere in relazioni amichevoli e intime (se è

possibile) coll'Inghilterra e la Francia per sapere che cosa accade; il giorno

che ci pare di entrare possiamo esporre le nostre ragioni e liberamente di

chiarare il nostro modo di vedere. Io credo che qui siete creduti e ben visti.

Credo Lord Russell benevolo e Palmerston convinto che oggi negli interessi ita

liani nulla vi è di antipatico agli interessi inglesi. Ma è chi sta a spiare ciò

che accade, a ricordare che Italia ci è e non dorme? A dire il vero è un poco

difficile quando tutti i Ministri se ne vanno agli angoli opposti dell'Inghilterra.

Quanto alla proposta voluta dal Pepoli, io non intendo come si possa farla se

nessuno la vuole -perchè piuttosto la Russia non accetta quella dei segnatarii

del Trattato di Vienna, coll'aggiunta dell'Italia per la nuova sua condizione in

Europa? Quanto a ciò che mi scrivi sulla corrispondenza del Russell, credo

impossibile che le cose siano come egli le riferiva; ma potrebbe pure esservi

qualche cosa di vero. Mi è sempre dispiaciuto di non aver avuto nè da voi nè

da Minghetti una lettera tale a Lord Palmerston ,che lo invitasse a parlare meco

come a persona di ufficio. Se non che alla mia venuta, quando ci era Azeglio,

questo non poteva convenire. Ad ogni modo questa mancanza mi ha fatto

tenere un contegno che dimostrasse che io non aspiravo a cogliere segreti

diplomatici.

Mia moglie mi scrive di avermi mandato una lettera sotto enveloppe di

Hudson; non so di avere ricevuto qualche cosa di simile, e di chi potesse

essere. La perdita di Hudson è proprio serissima.

Ti lascio in fretta; ricordami ti prego a Artom.

(1) La prima è il n. 81; la seconda non esiste nel Carteggio Minghetti-Pasolini.

(2) Cfr. n. 89.

99

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 309-315)

L. P. Londra, 10 agosto 1863.

Ho ricevuto le tue l, 2, 5, e 6 corrente (~).Dall'insieme di queste io rilevava un gran desiderio tuo di portare innanzi e l'affare del Congresso e il progetto. Ora le due cose non mi parevano andare insieme; rivelando e insistendo sul progetto mi pareva si potesse porre ostacoli al Congresso pel quale conviene mostrare mansuetudine e bontà. Sul Congresso avevo insistito presso Lord Russell, e quando ci lasciammo potrei dire che mi feci promettere di intendersi prima con noi, se Congresso (contro le sue previsioni) dovesse esserci.

Ma siccome la promessa non mi pareva che potesse nè dovesse essere esplicita sopra un futuro contingente io neppure te l'ho scritto. Promessa da una parte, ne richiama una dall'altra, ed io non sarei disposto a promettere molto. Se fossimo ora riuniti nel gachis di queste grandi Potenze, ci troveremmo bene? A me non pare. Quanto al progetto, io credeva che, veduto come in genere sorridesse a Lord Palmerston, si dovesse tentare l'Imperatore nella cui mente e nelle cui mani si sarebbe più facilmente trovato il mezzo di condurlo ad effetto. E questo non disfavore mi aveva consolato tanto di più in quanto che qui arrivando, aveva sentito per caso parlare sorridendo di una congenere cessione delle provincie Danubiane all'Austria, e Visconti ora mi scrive parlarsene anche su qualche giornale. Tu insisti sempre perchè io faccia accettare a Lord Palmerston, ma non hai risposto ad alcuna delle mie domande categoriche. Io ti scriveva: si vous voulez que je demande à Palmerston: si l'Empereur accepte notre projet, l'acceptez-vous? Je suis prét aussitot parti A[zeglio]. Ti ho chiesto una lettera ostensibile in cui ,tu stesso facessi le dimande e che io gli avrei letta, e ti ho chiesta una nuova tua lettera in cui apparisca che io aveva qualità se non diplomatica almeno sommamente confidenziale per fare discorsi diplomatici con lui, cosa che non mi pareva fosse bene nella sua mente. Ma nulla rispondesti a tutto questo; e insistendo pur sempre e recisamente sopra tutto nell'ultima 6 corrente di assicurarsi della adesione di Lord Palmerston prima di parlare all'Imperatore, e sapendo che Lord Palmerston parte per Walmer Castle martedì, mi decisi di andare ieri dopo di essere stato il dì innanzi da Milady, e di portare la cosa fin dove fosse possibile prudentemente a mio avviso. Riferisco il meglio che posso il mio dialogo, togliendo tutto che riesca inutile a rischiarare la materia presente. Cominciai dal dirgli come io sperava non ignorasse che la vera cagione della mia venuta era :il desiderio del Governo italiano di dissipare dall'animo di Lord RusseU alcuni dubbi sulle sue tendenze; e Lord Russell mi ha assicurato esserne chiaro, etc. etc.

Egli (Lord Palmerston) mi disse esserne convinto e sorridendo aggiunse: -finchè non torna Rattazzi etc. etc. -Stabilite cosi, soggiunsi poi, le buone intelligenze del nostro Governo con loro, io non posso dissimularle essere nell'animo nostro una specie di malcontento per essere tenuti lontani da ogni ingerenza nei grandi affari di Europa, dove pure anche noi ne abbiamo e di grossi. Abbiamo fatte note alla Russia sulla questione polacca per invito dell'Inghilterra, ed ora neppure credo che il Governo italiano sappia quello che accade. -Mi interruppe ridendo: -il male è che neppure noi lo sappiamo. lo glielo dicevo l'altro di in campagna, ma ora ricevo una lettera di Minghetti, di cui mi permetta leggerle un paragrafo che mi pare esprima chiaramente il concetto da me accennato. -E gli lessi il tuo: On ne nous croit pas assez solides, etc., mais nos amis devraient nous mettre dans les premières positions pou1· que nous ne pninions pas les secondes (1).

« On ne nous croit pas assez solides, assez forts, assez sages pour que les grandes puissances nous mettent à part de leurs affaires; on nous croit trop solides, trop forts, trop sages pour craindre que nous voulions compromettre avec un coup de tète le sort de l'Europe; cependant cette position n'est pas tenable, et nos amis devraient nous mettre dans les premièrespositions pour que nous ne prenions pas les secondes ».

-È giusto (mi rispose egli in italiano, e coll'aria di convinzione), e lo capisco benissimo; fu proposta una conferenza a 3 che noi non accettammo, a 4 che non fu accettata dalla Russia; noi la proponemmo a 8 prendendo per base quelle potenze che hanno segnato il trattato di Vienna. -Di buona fede, Milord, si può oggi fare un congresso europeo in cui si chiami il Portogallo e non l'Italia?

-Lo capisco, ma è per avere un punto di partenza: il trattato del '15. --Se è per la lettera io non intendo l'Imperatore dei Francesi; se è per

lo spirito noi abbiamo acceduto.

-No.

-Si; la Sardegna. Volle andare a prendere il trattato di Vienna e non trovando la nostra accessione, io dissi che la tenesse sicura, e che io mi impegnava occorrendo a mandarle copia dell'atto. -Poi è vero, disse egli, che insomma voi avete fatto la guerra con noi e prendeste parte al trattato di Parigi, non è vero?

-Ma davvero, ella stessa Milord mi suggerisce ragioni; ma poi ella sa meglio di me che la ragione si trova sempre; l'importante è che l'Inghilterra voglia che noi ci siamo.

-Ma esclusa la conferenza degli 8 del trattato di Vienna, qualunque altra si faccia, se chiamiamo l'Italia, la Spagna vorrà intervenire anche essa e l'Austria si opporrà a voi.

-Quanto alla Spagna non me ne incarico troppo, ci si può ben pensare (non sapeva che dirmi); quanto alla opposizione dell'Austria, se le ragioni nostre son buone, se l'Inghilterra è con noi, sarà facilmente vincibile. -Non mostrandomi egli grande difficoltà su questo, io conclusi dicendo: -insomma io vorrei essere autorizzato a scrivere a Minghetti che se un Congresso ci

dovesse essere, sarà prima sentita l'Halia. Si fermò a pensare un po', poi mi disse: -non ci ho difficoltà per me, ma non è una promessa, perchè sul futuro indeterminato non si suole affermare; già vi dissi che per om non veggo qual Congresso sia possibile. -Ma noi non saremo esclusi a priori; le nostre ragioni saranno esaminate; che l'Inghilterra ci domandi il nostro modo di vedere le questioni etc. etc.

-È giusto, mi disse, ed io: -scriverò in questo senso a Minghetti; ora poi cesso dal parlare in nome del Governo, e profittando della bontà che mi ha dimostrato, mi permetta di farle una domanda per mio proprio conto, parlando da gentleman e non da diplomatico: che le pare sul mio progetto dell'altro giorno sulla cessione dei Principati Danubiani?

-Ci vorrebbe il consenso dei segnatari del trattato di Vienna e poi della Turchia, e il consenso di quelle popolazioni (il che mi spiegò con molte parole).

-Questa è la via pacifica, ma se colle note sulla Polonia non riuscite a

far nulla, non sarebbe megiio venire ad una guerra di questo genere? -Ma come farla? -Intendendosi prima sullo scopo definitivo. -E quale sarebbe il nuovo Regno di Polonia? -Quello che si determinerebbe prima da chi deve fare la guerra. -

-E il Parlamento non so quanto volentieri sentirebbe una guerra. -Ella saprebbe ben dirgli come si assesta con essa la questione di Oriente.

-È vero; sebbene la Russia si rafforza dalla parte dell'Asia e di là può giungere a Costantinopoli... (1) ad ogni modo ci vorrebbe l'assenso delle popolazioni.

-Sento che il suo segretario privato va a fare un viaggio nei Principati per suo diletto, egli gliene dirà qualche cosa, ma infine l'Austria dovrebbe pensare essa a fare l'annessione che le si permetterebbe... (1). -Io le dirò che se gli affari di Europa si facessero qui tra noi due, la cosa sarebbe molto fattibile.

-Ciò vuol dire che se invece di essere proposta da me, lo fosse dalla Francia o dall'Austria sar·ebbe fatta.

-Oggi non ·credo, ma fra qualche giorno sarebbe effettuabile.

(Suppongo disse giorno per tempo). Io credetti non andare più innanzi perchè mi pareva inopportuno, e nulla di peggio della inopportunità. Prendendo congedo da lui, egli mi disse: -tutto quello che ella mi ha detto è molto ragionevole. -Lascio stare le dichiarazioni sull'Italia etc.

Ora permetti che io ti faccia alcune ·Considerazioni generali che, unite a quei brani di colloquio, ti spiegheranno la posizione come io la intendo.

l) Lord Palmerston è un grande uomo di Stato coll'ingegno splendido e grande pratica di affari. Quel vederlo fermarsi a pensare prima di rispondere mi ha colpito. Ma l'Inghilterra sta assai bene e non ama la guerra. Ed ad ogni modo Lord Russell e Lord Palmerston non possono a meno di risentirsi della età senile.

2) La riserva di Palmerston sul Congresso mi pare troppo giusta nulla essendovi di presente su cui praticamente discutere. Poi su questo punto mi par meglio di spingere Lord Russell (è in Scozia per due mesi) e lo faccio per mezzo di Elliot che fui a trovare sabato a (par. ill.); mi disse nulla sapere della proposta della Russia (e mi pare certo che anche Lord Palmerston me lo dicesse al principio del discorso), mi promise di passare oggi al Foreign Office ed abbiamo appuntamento di vederci questa sera.

Egli va domani in Scozia; vedrò di dirgli quanto è possibile per Lord Russell. Ma anche quanto al Congresso io capisco il vostro desiderio per la soddisfazione dell'amor proprio del paese; ma per ora non è meglio assicurarci delle buone disposizioni verso di noi e lasciare gli altri indecisi per non dovere noi dichiararcì e deciderci per quello che è l'incognito? La mia posizione niente ufficiale presso Lord Palmerston mi fece astenere dal fare alcuna domanda sullo stato attuale della questione, perchè non gli venisse in mente che io fossi un curioso e un ficcanaso; quella parte conviene solo a chi ha qualità e missione per chiedere.

3) Visto lo stato delle cose, cioè e la opinione del paese e il punto in cui è la diplomazia nella questione polacca, mi parve impossibile che Lord Palmerston dicesse di più di quello che ha detto sul progetto. Iniziativa di azione non mi pare possa aspettarsi qui, nè per questo nè per altro. Il grano si semina

poi cresce, poi si miete, ma non si può far tutto ad un tempo senza perdere tutto. Mi pare proprio il caso e pel Congresso e pel progetto di aver fatto quello che si poteva: seminare; ora bisogna coltivare. Io non credo che altri che l'Imperatove possa dare effetto al progetto se gli piace. E mi pare che potesse dirglisi che, datone sentore a Palmerston, questi non oppose che la difficoltà di intendersi in tanti per eseguirlo. Avverto che quanto alle garanzie pel Reno, Palmerston parlò in guisa da farmi credere che già gli fossero state offerte per qualunque caso, e ad ogni modo ravvicinarci all'Imperatore mi pare che bisognerebbe per bilanciare un poco l'azione malefica dell'Austria e di Drouyn. Ma chi gli parlerebbe? Panizzi, tu dici. Non mi pare davvero, ma posso sbagliare. Io non converrei per cento ragioni. Del resto sai già che, progetto o non progetto, io ho sempre desiderato e chiesto che tu vegga l'Imperatore e gli parli; e ti direi solo: non ti rompere il capo per quella tua Roma; pensa al Veneto. E che male vi sarebbe se anche tu proponessi il progetto e non fosse accettato? Non sarebbe anche abbastanza che servisse il pretesto, anche in faccia all'Inghilterra? Io credo che seriamente tu non possa fare il Presidente e fare della politica europea, come vorresti, senza parlare direttamente coll'Imperatore. Questo è il mio avviso. Ora di me. Io sono indispettito che tu mi scrivi dei miei diletti e del mio viaggio in Scozia. E quel che è peggio, ne parla il mio capo, il Peruzzi, come se io non facessi che divertirmi. Mi divertirei se non avessi preoccupazioni, e oso dirti che se tutti i tuoi agenti all'estero mettessero ai loro affari lo studio e l'attività che io ci metto, saresti in condizioni migliori. A tutti parlo del mio divertirmi perchè se no, che cosa dico? Ho detto di andare in Scozia pel caso in cui fossi stato obbligato di andare in cerca di Lord Russell. Ciò che mi duole qui è di non poter conoscere molta gente come avrei voluto; moltissimi sono via (come il Clarendon cui non potei dare la tua lettera), e non ho chi mi faccia conoscere. Sono andato a trovare Lacaita in campagna; viene a Londra e vedrò che ne possa trarre. Ad ogni modo Russell, Palmerston, Gladstone sono assenti; altri Ministri non conosco, non veggo che cosa più potrei fare qui. Aspetto che tu mi dica di venirne via. Intanto cercherò di vedere Layard, studi:erò ancora Panizzi e qualche altro. Se non dai ordini dive·rsi, prenderò qualche giorno per pur vedere a fare qualche cosa per conto mio e partirò. Penso di passare per Parigi, dove mi dirai che cosa debba dire a Nigra. Dimenticavo dirti che ho avuto la tua credenziale per sterline 1000 e ti ringrazio.

(1) Cfr. n. 99.

(2) È pubblicata solo la lettera dell'l (cfr. n. 80). Per le lettere del 2, 5 e 6 agosto cfr. Carteggio Minghetti-Paso!ini, vol. III, pp. 303 e 306-307.

(1) Il passo completo, contenuto in una lettera di Minghetti a Pasolini del 5 agosto, ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, pp. 306-307, è il seguente:

(1) Così nella copia esistente nell"Archivio Pasolini.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

T. 729. Torino, 12 agosto 1863, ore 17,45.

Pepoli m'écrit que le Gouvernement anglais fait des démarches auprès du Gouvernement prussien pour qu'il propose la réunion d'une conférence des cinq grandes puissances pour régler la question polonaise, celle du Schleswig

et la cession des ìles Joniennes. Cette proposition aurait des chances d'etre acceptée par la Russie. Il nous intéresserait beaucoup de savoir s'il y a du vrai dans cette nouvelle.

101

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1191. Berlino, 13 agosto 1863, ore 15,57 (per. ore 18,10).

Le ministère prussien m'a dit que pour le moment il n'y avait rien de vrai dans le projet dont vous m'avez parlé; on y a pensé autrefois a-t-il ajouté et il est possible qu'on le reprenne plus tard. Il m'a prié de ne communiquer cette réponse qu'à mon Gouvernement. Le chargé d'affaires anglais n'a point reçu des instructions à ce propos, il attend un courrier de Cabinet pour demain, et il m'a promis de me dire tout ce qu'il saura à ce sujet.

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

T. 733. Torino, 13 agosto 1863, ore 22,30.

Le chevalier Scotti attaché partira demain soir pour remplacer M. Gonella destiné à la Haye. Je vous autorise à quitter Francfort pendant la réunion, mais je vous prie d'attendre mes instructions avant de prendre votre congé définitif. Vous comprenez quel intérèt nous attachons à connaitre ce qui va se passer dans cette circonstance.

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 18. Torino, 13 agosto 1863.

Spedisco un Corriere a Londra e mi approfitto dell'occasione per scriverle. Minghetti è assente da alcuni giorni da Torino, ma lo aspettiamo per lunedì. Egli mi scrisse oggi e mi si dimostra assai vivamente preoccupato della situazione, la quale è davvero tale da richiamare la più grande attenzione. Se infatti si considera isolatamente la quistione polacca quale è om posta nella trattativa, può parere che a noi non nuocerà gran fatto il rimanere fuori dell'imbroglio diplomatico. Ma nuovi fatti sopravvennero i quali si collegano o possono collegarsi colla quistione polacca e che impongono come un indeclinabile dovere al Governo la più attenta sollecitudine. L'Austria in questo momento tiene il campo. L'alleanza francese, l'egemonia germanica che l'Austria tenta acquistare, il trono del Messico offerto alla sua dinastia sono tre fatti i quali se si compiono possono essere gravissimi e sollevando quella potenza, abbassano noi di altrettanto: • Bisogna, mi scrive Minghetti, ed io le trascrivo le sue parole, prendere arditamente qualche iniziativa, e può essere duplice o di accordi coll'Austria se essa cogliendo questo momento nel quale non può essere tacciata di debolezza e di timore voglia onoratamente trattare della Venezia o facendo opera di guastare a qualunque costo i fatti suoi, e impedendo che raggiunga la méta ». E davvero considerando quanta parte è la dinastia in un governo come l'Austriaco, non si può a meno di convincersi che la presenza del fratello dell'Imperatore Francesco Giuseppe sul trono del Messico con una guarnigione francese padrona di lui e del paese rimane un vincolo di necessità fra l'Austria e la Francia che darà un carattere permanente a una combinazione che noi vorremmo invece transitoria.

La posizione poi dell'Austria nella Confederazione Germanica ci interessa al più alto grado, essa può avere sulla quistione veneta un'influenza decisiva. Nella incertezza attuale e mentre si sente che saremo un giorno o l'altro chiamati a prendere una risoluzione, è necessario conoscere più esattamente che si può la situazione. La prego quindi di volermi dare in proposito tutti quei dati che Le sarà possibile raccogliere. Si conosce se l'Austria accetta il plebiscito Messicano, -si crede ,che ci sia un nesso fra la soluzione al Messico e la quistione polacca; vi potrebbe essere colla quistione italiana; si suppone una relazione fra l'iniziativa presa dall'Austria a Francoforte e le quistioni che occupano l'Europa?

Le conclusioni delle conversazioni che ebbe finora Pasolini con Lord

Palmerston possono riassumersi così. Il Governo inglese è ben disposto per

l'Italia, esso crede che oggi gli interessi italiani non abbiano nulla di con

tradditorio cogli interessi inglesi; -nel caso di congresso o conferenza, è,

in genere, disposto a sostenere la nostra ammissione ma non può nè vuoi

prendere un impegno positivo per una eventualità che gli sembra molto ipo

tetica; quanto al progetto portato a Londra, Palmerston lo considera in modo

favorevole, crede che ora vi sieno molte difficoltà, ma crede anche che po

trebbero presentarsi fra qualche tempo delle circostanze ad esso propizie. Pro

babilmente l'Inghilterra non vorrà prenderne l'iniziativa perchè sarebbe pren

dere l'iniziativa della guerra della quale il progetto non è altro che il pro

gramma. Così stando le cose, rimane a vedere se convenga portare il progetto

dinanzi l'Imperatore, facendoci intermediari fra esso e l'Inghilterra.

Credo utile di mandarle la copia di quello che v'ha di più importante nei

dispacci che Pepoli mi spedì coll'ultimo Corriere da Pietroburgo. Quanto alla

proposta del Congresso quale è intesa da Pepoli, è inutile ch'io la discuta,

perchè bisognerebbe che questa proposta fosse accettata almeno dalla Francia.

È vero che la riuscita non sembra nel pensiero di Pepoli essere una condi

zione necessaria del suo sistema. Egli vorrebbe piuttosto che un successo diplo

matico un successo d'opinione pubblica. In questo caso la proposta non po

trebbe essere che una specie di dichiarazione nel caso che, esauriti gli altri

mezzi, non rimanesse che a gettare sulle ruote dell'Austria dei bastoni rivolu

zionarii. Quanto alla proposta che la Prussia si preparerebbe a fare d'una Conferenza delle cinque grandi potenze, le mie informazioni da Berlino portano che il Governo Prussiano vi ha pensato, senza poi darvi corso, e che sarebbe possibile che riprendesse il progetto più tardi.

È pure degno di nota quello che disse il Principe Gortchakoff, essere disposto ad accettare le conferenze quando vi si aggiungesse anche solo alcuna altra quistione, come quella dello Schleswig, e la cessione delle isole Ionie.

Appena giunto Minghetti avrò di certo qualche importante comunicazione a farle, perchè è chiaro che si vanno adunando gli elementi di una situazione in presenza della quale bisognerà risolutamente avvisare.

Aspetto ogni giorno i documenti da Napoli; quanto alla locazione le scriverò ben tosto.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 315-318)

L. P. Torino, 13 agosto 1863.

Questa notte scorsa è giunto il corriere di Londra colla tua carissima per me e colla lettera per Minghetti (1) che fu aperta secondo le istruzioni di Minghetti medesimo, il quale sarà di ritorno a Torino lunedì prossimo.

Dalla tua lettera risulta che per la conferenza le disposizioni dell'Inghilterra sono buone benchè non vi possa essere un impegno positivo per una eventualità assai problematica. Quanto al progetto, Lord Palmerston lo considera con favore, ma l'Inghilterra non ne prenderà l'iniziativa, perchè sarebbe prendere l'iniziativa della guerra della quale esso non è altro che il programma.

E per verità, se non si trattasse ancora che della sola questione polacca,

non sarebbe gran male per noi il rimanere fuori dell'imbroglio diplomatico.

Ma sorgono nuovi e importanti avvenimenti che si collegano colla questione

polacca, e che creano una situazione europea in faccia alla quale dobbiamo

seriamente avvisare ai fatti nostri.

L'Austria in questo momento tiene il campo. L'alleanza francese, il pri

mato germanico che tenta acquistare, il trono del Messico che è offerto al

fratello dell'Imperatore Francesco Giuseppe, sono fatti i quali, se si compiono,

possono riuscire gravissimi, e sollevando quella Potenza, abbassare noi di

altrettanto. Io credo che diventa indispensabile al governo il prendere qualche

iniziativa.

Minghetti oggi mi scrive in proposito e nel modo più vivo. Egli crede si

debba risolutamente entrare in una di queste due vie: O tentare di stabilire

accordi coll'Austria, se essa cogliendo questo momento nel quale non può

essere tacciata di debolezza e di timore voglia onoratamente trattare della

Venezia, o di far opera per guastare a qualunque costo i fatti suoi e impedire

che raggiunga la meta. In questo senso era il telegramma (1) che Minghetti

mi mandò e che io oggi ti ho spedito.

E per verità, per un governo di cui l'idea dinastica è tanta parte come è

il Governo austriaco, l'arciduca Massimiliano Imperatore del Messico con una

guarnigione francese padrona del paese, è un legame di necessità che stringe

la politica austriaca alla politica francese, un legame che mantiene in modo

permanente una combinazione di alleanze così sfavorevole a noi e che noi

tanto speriamo non possa essere che transitoria. La posizione poi che prende

l'Austria in Germania è per noi d'una maggiore e più vitale importanza,

quando si consideri l'influenza ch'essa può avere sulla questione veneta. Sono

veramente ansioso di sapere che cosa ne pensi dell'affare del Messico, l'In

ghilterra così diffidente verso la Francia, se si crede che vi sia un nesso im

mediato tra la questione del Messico e la polacca e se garba all'Inghilterra

questo legame che può avvincere l'Austria alla Francia. È giunto ier l'altro

il corriere di Pietroburgo coi dispacci di Pepoli. Faccio fare una copia delle

parti più interessanti e te le mando. Faccio una spedizione simile per Nigra.

Pepoli sviluppa il suo progetto di Congresso. Io pure mi chiedo a che possa servire questa proposta, se nessuno l'accetta. Ma parmi che nel pensiero di Pepoli la riuscita non sia una condizione essenziale del suo sistema. Egli sembra cercare piuttosto che un successo diplomatico un successo di opinione pubblica, sembra volere piuttosto che una nota un manifesto. In questo caso la sua opportunità potrebbe essere discussa quando, esauriti gli altri mezzi, non vi rimanesse che a gettare poi nelle ruote dell'Austria dei bastoni rivoluzionari. Frattanto la Russia ha proposto una forma di conferenze che non fu accettata dalle tre Potenze. Queste proposero le conferenze degli otto segnatari dell'atto del quindici, ma incontrarono il rifiuto della Russia, la quale non accetta riunioni in cui si trattino i soli affari polacchi, reputando ciò contrario alla sua dignità. Un Congresso generale non sarebbe accettato dall'Inghilterra. Pepoli assicura che il governo inglese si fa iniziatore presso la Prussia, perchè proponga una conferenza delle cinque grandi Potenze nella quale, colla questione polacca, si trattino le questioni precise limitate dello Schleswig Holstein e si regolarizzi la cessione delle isole Jonie. La tua conversazione con Lord Palmerston mostra inesatta l'informazione di Pepoli. Si potrebbe cavare da tutte queste proposizioni una proposizione intermedia che eviti le obbiezioni a priori, così dell'Inghilterra come della Russia, e che apra l'adito a noi. Tale potrebbe, p. e., essere una conferenza appunto per la Polonia, lo Schleswig, le isole Jonie, delle otto Potenze segnatarie del quindici, più l'Italia per la sua nuova e importante condizione in Europa. Ma bisognerebbe essere sicuri di entrarci, bisognerebbe per esempio, che l'Inghilterra ci facesse prima nella questione delle isole Jonie una posizione che avesse per

conseguenza la nostra legittima ammissione. Ammessa la conferenza, accettati noi, ci troveremmo nel centro delle possibili combinazioni, potremmo orientarci e pigliare tempo, e affidarci che frattanto non si consuma qualche fatto compiuto a nostro danno. Io non faccio del resto che almanaccare e lasciar

scorrere la penna. Il corriere straordinario lo mando a Londra per comunicarti le idee della lettera che oggi mi scrisse Minghetti e che sviluppa il senso del telegramma d'oggi. Ho creduto anche utile di comunicarti i dispacci di Pietroburgo.

Attendo Minghetti lunedì prossimo. Giunto lui, si prenderà una decisione, perchè certo la cosa più importante che Minghetti deve chiedere è se ora che abbiamo, come tu dici, seminato a Londra, e raccolto quello che si poteva raccogliere intorno alle disposizioni di Palmerston sul noto progetto, egli creda giunto il momento di tentare presso l'Imperatore.

Mentre sto per chiudere la lettera ricevo questo telegramma da Pietroburga: On présentera les notes vendredi. La dépéche française confute avec hauteur les arguments russes, regrette, mais n'insiste pas sur la Conférence, prend acte que l'Empereur de Russie se renfermant dans la plénitude de son pouvoir sur la Pologne laisse pleine liberté d'action à la France qui ne peut qu'appeler l'attention de la Russie sur le danger que cet état de choses crée (1).

P. S. -Ricevuti i dispacci di Pepoli e prima della tua lettera, avevo chiesto informazio;ni a Berlino sulle asserzioni di Pepoli. Da Berlino mi si telegrafa (2) che on y a pensé aut1·ejois, che non si era dato seguito, che era possibile che si riprendesse il progetto.

(1) Cfr. nn. 98 e 99.

(1) Non pubblicato.

105

IL MINISTRO DELL'INTERNO, PERUZZI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, A SETTEFONTI

(Ed., con data 10 agosto, in LIPPARINI, pp. 340-341)

L. P. Torino, 13 agosto 1863.

Sento con dispiacere che, disabituato alla libertà, tu ne abbi abusato con detrimento della tua salute. Ma credo che, ammaestrato dall'esperienza, e prolungandone l'uso moderato, ne trarrai alla perfine quel giovamento che te ne eri ripromesso. Credo che ben tu possa continuare senza timore codesto ozio tranquillo fino a domenica o lunedì.

La l'elazione sarà sabato mattfula e nel dopo mezzogiorno, cioè alle 7 p.m. vi sarà il noioso pranzo di Sartiges che ho trovato stamani già rassegnato a non averti.

Del resto gli avvenimenti non incalzano e puoi star certo che un telegramma non ti mancherebbe alla prima occorrenza. All'interno le solite voci di moti mazziniani da tutti i lati; ma nessuna apparenza di esecuzione che pur tutti affermano imminente. Ad ogni modo le disposizioni son date per prevenire o reprimere secondo l'occorrenza. Del brigantaggio e della Sicilia nulla di nuovo. La Farina reduce da Messina è stato stamani da me, soddisfatto e meravigliato delle condizioni nelle quali ha trovato Messina e la sua

11 -Documenti dipLomatici -Serie I -Vol. IV

provincia. Ieri fu da me Della Rovere a dirmi che Lamarmora gli aveva mandato la sua dimissione, senza specificare i motivi: dicendo solo che credeva non potersi intendere fra loro. Della Rovere suppone che ciò sia motivato da certi ordini dati da lui per movimenti di truppe e per riduzione del soprassoldo alle truppe stanziate nella città. Il curioso si è che aveva consentito al1a proposta di mandar qui H suo Capo di Stato Maggiore per concertare i modi di esecuzione della legge sul brigantaggio. Combinammo di tener segreta la cosa fra lui e me, e non l'ho detta neppure ai colleghi: Manna stesso lo ignora. Della Rovere gli scrisse esser tu assente e pregarlo a non insistere in questo momento, anche per non aver l'aria di cedere al desiderio del Diritto. Vedremo cosa risponde e ne parleremo al tuo ritorno.

Pepoli scrive lungamente (1) insistendo sul Congresso da proporre per amicarci la pubblica opinione d'Europa, e senza curarci ili veder accolta la proposta dai Governi. Lo che a me pare da discutere, soltanto quando si sia decisi

a perseverare in questa V'ia di trattar coi popoli e non coi governi, cioè a far della politica rivoluzionaria. Nonostante, siccome afferma che l'Inghilterra ecciti la Prussia a proporre essa un congresso, e che la Russia sia disposta ad acconsentire purchè, oltre la Polacca, vi si trattino altre questioni, Visconti ha interrogato su ciò De Launay e scritto a Pasolini e Nigra per interpellarli sulle idee di Pepoli. Pasolini scrive al solito che Palmerston ha accolto bene l'idea del gran • remaniement •; ma nulla di concludente per ora. Il male si è che nessuno ci tiene informati e che ne sappiamo quanto il pubblico. Abbiamo formulato con Visconti parecchie questioni sui grandi fatti politici recenti e sulle relazioni fra loro e rispetto a noi; e ne abbiamo scritto a Nigra e Pasolini cui si è diretto il tuo telegramma leggermente allargato. Ora finchè si abbiano queste o altre notizie, parmi che nulla siavi da fare. E temo che anche dopo vi sarà da far poco; perchè in diplomazia bisogna far con altri e far quello che si ha probabilità di vedere accettato da altri, e di imporlo con la forza a chi non ne vuol sapere con le buone. Ora siamo ancor lontani da ciò. Vi ha però qualche cosa da fare soli? Io credo che per adesso, converrebbe rialzare la nostra diplomazia, esplorare l'animo dell'Imperatore, affermarci per quel che siamo, averne la coscienza, dimostrare all'Europa che siamo più che quel che ci reputa. Per rialzare la diplomazia io passerei a Costantinopoli Nigra, che nulla fa a Parigi, nulla sa e nulla ci dice; manderei La Marmora a Parigi, ed a Londra Pasolini e se egli non vuole, vi manderei il Ricasoli. Per esplorare Napoleone non avendo nessuno da mandargli, prenderei il pretesto del campo di Chalons e vi manderei un generale di nostra fiducia con missione militare, come fece Fanti due anni fa e gli darei incarico di conferire. Potrebb'esser un generale fine e di nostra fiducia, forse anche Menabrea. Infine per il terzo scopo, non si potrebbe alle manovre di artiglieria di Somma, far intervenire le truppe di 4 Corpi d'Armata di Bologna, Parma, Milano e

Torino con il Re che veda il risultato delle Estrazioni de' Campi? Questa Rivista e quella della Flotta mi parrebbero opportune. A tutto ciò e ad altro pensa in codesta solitudine.

(1) -Si tratta di una parte del t. 1190 del 13 agosto, ore 8,30, per. ore 14,25, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 101.

(1) Cfr. nn. 87 e 90.

106

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 318-319)

L. P. Londra, 13 agosto 1863.

Le lettere di sabato non furono impostate che stamane e dirette a mia

moglie.

Da Azeglio avrete sentito come qui si rifiutino di aderire a Francia che desidererebbe nota collettiva delle tre Potenze; e come Palmerston ripete sempre che per l'inverno non ci sarà guerra, sicchè Francia mostra volerla più che qui. Torno adesso da campagna di Palmerston, dove fui tutto ieri. Egli torna domani Londra. Insomma l'idea capitale è diffidenza verso Francia. Mi diceva ieri che invasione in Inghilterra se è abbandonata, lo è per preparativi qui fatti. Veggo che tengono a alleanza d'Austria, perchè questo rassicura contro idea di Francia; e Francia ci tiene per dividere Potenze del Nord. Palmerston ripete di aspettare per Venezia, finchè possiamo fare soli: se no, ripete sempre che Francia ci domanderà il paese dopo Nizza.

La difficoltà essenziale del progetto mi pare sia nell'Austria che cederebbe la sua parte di Polonia anche meno della Venezia, e nei Polacchi che nulla accettano. Mi pare dunque che bisognerà lavorarci e prima presso l'Imperatore. Come vi scrissi, non ne parlo più direttamente senza avere nuove vostre direzioni. Addio. Dimenticando che la cifra è francese ho scritto in italiano.

107

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, A SETTEFONTI

(BCB, Carte Minghetti, ed in LIPPARINI, p. 143)

L. P. Torino, 14 agosto 1863.

Ti spedisco i dispacci di Pepoli (1). Ho ricevuto oggi il tuo telegramma per le istruzioni a BarraL Mi parve che in un dispaccio telegrafico era difficile spiegargli a modo H nostro pensiero e si poteva forse spingerlo a qualche passo

poco misurato. Gli scrissi dunque una ,lunga lettera e feci subito partire per Francoforte un attaché che era stato colà destinato e che farà il viaggio colla maggiore rapidità possibile.

La riunione di Francoforte è un fatto gravissimo. L'Imperatore Francesco Giuseppe vi sarà accolto con feste straordinarie, con una vera dimostrazione nazionale, come se fosse Barbarossa tornato al mondo. Credo anch'io con Peruzzi che noi dobbiamo rispondere a queste manifestazioni con delle manifestazioni militari in Italia. Diplomaticamente poi ci sarebbe di una grande guarentigia anche in faccia alla opinione di poterei ficcare in una combinazione qualunque. Diventa per noi di un grande interesse il sapere quali sono i veri rapporti dell'Inghilterra colla Prussia.

Dicevo ieri a Peruzzi che dallo studio delle varie combinazioni e dei vari progetti di conferenze, e dei varii motivi che finora li fecero tutti respingere ora dall'uno ora dall'altro lato si potrebbe cavare questa combinazione: la Prussia e l'Inghilterra potrebbero proporre una conferenza delle cinque grandi potenze, o delle otto potenze segnatarie aggiunta la questione dello Schleswig e quella delle Isole J onie.

L'Inghilterra potrebbe proporre anche l'Italia per la sua nuova condizione in Europa, e farci nell'affare delle isole Jonie una posizione tale da render legittima la nostra ammissione. La Russia, la Prussia accetterebbero l'Italia per far disPetto all'Austria e come potrebbe la Francia rifiutarci? Frattanto si potrebbe anche trattare pel noto progetto.

Dopo ricevuti i dispacci di Pepoli e prima di ricevere la lettera di Pa1!<llini e la tua telegrafai a Berlino (1) perchè cercassero di sapere cosa c'era di vero in questo progetto di proposta che dovea farsi dalla Prussia. Puliga mi rispose (2) che dal Ministero gli era stato risposto che il progetto vi fu, che non vi si diede seguito, ma che era possibile lo si riprendesse più tardi e che comunicasse ciò solamente al suo governo. Quest'ultima frase è incoraggiante.

(1) Cfr. nn. 87 e 90.

108

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 179. Parigi, 14 agosto 1863 (per. il 16).

Il dispaccio francese di cui il Duca di Montebello darà lettura in questi giorni al Principe Gortchakoff porta la data del 3 corrente. Egli è conforme nelle conclusioni, ai dispacci Austriaco ed Inglese. Il linguaggio in esso tenuto dal Signor Drouyn de Lhuys, è improntato di molta fermezza.

Il Signor Drouyn de Lhuys ribatte ricisamente l'accusa formolata dal Principe Gortchakoff contro le provocazioni venute dall'estero per suscitare e mantenere l'insurrezione Polacca. Egli dimostra che l'insurrezione è un fatto che ha la sua causa nella condizione della Polonia, e che riveste un carattere

nazionale. Passa quindi a dimostrare la necessità dell'armistizio. Combatte la teoria d'una conferenza a tre, messa in campù dal Principe Gortchakoff, ed invoca a tal fine i precedenti stessi del Congresso di Vienna, esposti ed esaminati in una Nota annessa al dispaccio.

Il Signor Drouyn de Lhuys dopo avere in tal guisa risposto all'ultime communicazioni del Gabinetto russo, conchiude col constatare L'inutilità degli sforzi fatti. Soggiunge che dal momento in cui la Russia rivendica la sua libertà di azione nella questione polacca, la Francia, dal lato suo ripiglia la sua libertà d'azione anch'essa, e finisce coll'annunziare al Gabinetto di Pietroburgo che oramai la Russia dovrà avere la responsabilità di quanto fosse per avvenire.

Risu~terà da questa comunicazione, che o la Russia, piegandosi ad altri consigli, si mostrerà disposta ad accettare le proposte delle potenze in tal modo confermate e rinnovate, ed allora i negoziati continueranno, e potrà aver luogo una conferenza a cinque o ad otto; ovvero la Russia persisterà nel suo proponimento e nei termini degli ultimi suoi dispacci, ed allora i negoziati saranno interrotti.

Domandai al Signor Drouyn de Lhuys che cosa farebbe la Francia in quest'ultima ipotesi. Ma il Ministro Imperiale degli Affari Esteri dissemi che non poteva prevedere quali sarebbero in tal caso le determinazioni dell'Imperatore... Solo mi lasciò di nuovo comprendere come la questione essendo di sua natura d'indole europea, la Francia non si credeva tenuta a risolverla di per sè, e come d'altra parte l'Austria e l'Inghilterra si mostrassero poco disposte ad entrare in una fase d'azione.

Domandai ancora al Signor Drouyn de Lhuys se aveva qualche ragione di credere che la Russia si piegasse a più miti consigli; ma anche su questo punto, le previsioni di lui sono più incerte che mai.

(1) -Cfr. n. 100. (2) -Cfr. n. 101.
109

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 320)

T. Londra, 15 agosto 1863.

Je vois les choses comme vous. J'attends réponse à ma longue lettre du dix par courrier (1). Palmerston et Russell sont absents. Si vous voulez je puis en parler à Layard. Ou j'ira1" en Ecosse pour Russell, ou je tàcherai d'aller chez Palmerston où il est, mais pour celui-ci j'aurais besoin d'une lettre de vous à lui lire. Je crois inutile tout cela maintenant. Je crois que c'est l'Empereur qu'il faut aborder. Je commence à travailler Panizzi, mais je doute qu'il soit à propos.

(1) Cfr. n. 99.

110

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 321-322)

L. P. Settefonti, 15 agosto 1863.

Sarò lunedì mattina a Torino. Ma intanto adempio la promessa di scriverti di qui. E prima di tutto ti ringrazio infinitamente di ogni cosa. Non discuto punto del tuo giudizio intorno a Panizzi, ma io credetti indicarlo perchè Hudson mi consigliava istantemente di farlo. Ta mission ne pouvait mieux réussir. Palmerston a été explicite sur le grand projet autant qu'il pouvait ètre, ainsi suivant notre premier plan (il) :flaudrait maintenant tenter Empereur, mais les changements survenus après ton départ méritent considération sérieuse. D'un coté l'Angleterre parait s'éloigner chaque jour plus de la guerre, d'un autre còté alliance de l!'rance avec Autriche semble fait 'accompli, offre de trone du Méxique à Archiduc Electeur que celui-d réclame de occupatiorn française, sont d es faits très significatifs. Congrès Francfort montre qu'Autriche cherche toujours à établir sa préponderance en Allemagne. Devant ces faits il nous serait impossible de rester longtemps impassibles et dans inaction. Il faut à mon avis tirer de cette nouvelle situation une négociation pour le Vénitien, ou faire tous les efforts, mener la guerre s'il faut à Autriche pour empècher son agrandissement. Il sera dane très utile avant de quitter Angleterre de pouvoir connaitre jugement des hommes d'état sur ces nouveaux faits et surtout sur alliance France-Autriche. Une fois qu'on aura une idée claire de cela et du parti qu'on peut en tirer dans notre intérèt, je crois que tu dois passer quelques jours à Paris, voir Empereur si possible, et lui poser nettement les questions ou, au moins, me préparer une entrevue avec lui au moment favorable.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 736. Torino, 17 agosto 1863, ore 14,30.

La position de la Prusse en présence de la question polonaise et de la réunion de Francfort nous parait telle qu'elle devrait faire un effort pour en sortir. Ceci nous donne l'idée d'une initiative à prendre de la part de la Prusse et de l'Italie rpour proposer une conférence des c.inq grandes puissances plus l'Italie dans laquelle on traiterait outre la question polonaise, d'autres questions, par exemple celle des Hes Joruiennes et du Schleswig-Holstein. Croyez-vous qu'une ouverture dans ce sens à Bismarck aurait chance de réussir? Veuillez me communiquer vos appréciations à ce sujet.

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 19. Torino, 17 agosto 1863.

Minghetti Le scrive (1). Io non ho a dirLe altro se non che aspetto domattina i documenti pei briganti, da Napoli. Spero che saranno quali la circostanza li richiede. Qui il pubblico comincia a credere che non ci sarà accordata l'estradizione. Questo ritardo è assai doloroso. Tanto più che a termini del trattato la Francia avrebbe potuto già restituire i briganti. E se ce li rifiutasse la complicazione sarebbe gravissima. Saremmo nel bivio o di esautorarci completamente in faccia al paese, o di rompere le relazioni in un momento in cui questo fatto non può considerarsi solo in rapporto colla questione del La Gala, ma in rapporto con tutta la grave situazione della politica generale.

113

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in LIPPARINI, pp. 144-145)

L. P. Torino, 17 agosto 1863.

Desidero che l'unita lettera per Pasolini (2) vada subito e sicuramente a Londra. Se non avete occasione vi prego di mandare un uomo a posta.

La presenza di Pasolini a Londra mi sembra abbia avuto buonissimi effetti. Essa ha dileguato sinistre ombre che, sebbene create dai nostri predecessori, pur tuttavia sussistevano fra i due g,abinetti, ed ha preparato la buona intelligenza per le eventualità avvenire. Ma di ciò Pasolini stesso vi parlerà al suo passaggio costì. A me parrebbe sommamente opportuno che egli potesse vedere l'Imperatore. E vi fo preghiera perchè troviate il modo e il momento conveniente, a tal fine potete scrivere direttamente a Pasolini stesso, e intendervi con lui per accelerare occorrendo il suo ritorno. Ma il linguaggio franco di un uomo che conosce perfettamente le cose d'Italia, che ha fatto parte del Gabinetto, che è uno dei migliori nostri amici, e dei più rispettabili gentiluomini, può almeno io spero, lasciare qualche impressione nell'animo dell'Imperatore, e predisporre alcunchè per il futuro.

Invero la posizione nostra non dirò che sia già, ma può divenir grave. L'al

leanza fra Francia e Austria alla quale si mira pur sempre come fine, e alla

quale si sacrifkano le altre questioni; l'offerta del trono del Messico con una

intersanzione militare promessa che dovrà essere duratura, e infine l'attitu

dine dell'Austria dirimpetto alla Germania per acquista,re il primato, sono tutti

fatti che meritano la più grande attenzione da nostra parte. Ciò può sciogliersi

-o a nostro grande vantaggio qualora noi partecipiamo alle questioni che si agitano, e questa partecipazione sia mezzo o argomento di trattative per la Venezia; o a nostra grande jattura se rimanendo noi esclusi l'Austria si consolida

e si rafforza. Quest'ultimo caso dee evitarsi ad ogni patto, foss'anche colla guerra, quando ogni altro mezzo fosse inefficace. Mi rimetto a ciò che Pasolini vi dirà rispetto alla nostra idea della questione polacca sia ch'essa debba terminarsi con un congresso, ovvero si debba ricorrere alle armi.

Scopo precipuo della presente era quello col quale ho cominciato e col quale concludo, di pregarvi cioè a trovar modo che Pasolini vegga l'Imperatore al suo passaggio costì.

(1) -Cfr. n. 113. (2) -Cfr. n. 114.
114

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 323-326)

L. P. Torino, 17 agosto 1863.

Eccomi di nuovo al mio posto. Prima di tutto ti rassicuro completamente sulle tue lettere e le tue cifre. Ebbe tutto Borromeo sulla cui prudenza e riserva puoi contare interamente.

Nella tua lettera del 10 (1) tu trovavi ragionevolmente che fra il progetto e il Congresso vi ha contraddizione. Ma ti prego di riflettere che nella posizione nostra, è impossibile, stando le cose come sono in Europa, avere una sola via decisa e retta dinanzi.

Veggo che Palmerston stesso non sa che pronosticare, nè ha formato giudizio sulla condotta che dovrà tenere l'Inghilterra. Tanto più noi, i quali fummo fuori delle trattative intorno alla Polonia, e siamo costretti a provare la chiave ora ad un uscio ora ad un altro per tentare di aprirlo. E così è che, il Congresso essendo possibile, non bisogna trascurare questa possibilità. E mi par che si sia guadagnato questo per intanto, che l'Inghilterra non solo non ci escluderebbe a priori, ma è disposta a cercar modo perchè noi possiamo entrarci. A questo proposito di Congresso o Conferenza egli è indubitabiìe che fra la Russia e le tre Potenze non v'ha poi differenza sostanziale. Imperocchè essa accetterebbe la Conferenza, e la trattazione della questione polacca, quando soltanto non fosse quella questione la sola che vi si trattasse. Il che torna a quel concetto che noi avevamo avuto sin da principio (ma che Russell scartò) cioè di prendere occasione dalla necessità di una Conferenza per le isole Ionie, e quivi discutere eziandio della Polonia. Nè altre questioni mancherebbero all'uopo, come per esempio (lasciando stare quelle che si riferiscono all'Italia) la questione dello Schleswig-Holstein. Ho detto tutto ciò perchè panni che nelle disposizioni pacifiche inglesi, e stante la espressa intenzione della Russia, da un momento all'altro l'idea della Conferenza potrebbe essere ripresa, e concretata. Anzi vo un passo più innanzi. La situazione che il convegno di Francoforte fa alla Prussia, mi par tale da ispirarle la voglia di uscirne con qualche iniziativa. Ora se la Prussia e l'Italia che furono sinora estranee al dibattito fra le tre Potenze e la Russia, facessero esse stesse la proposta di un Congresso, che male potrebbe venirne? Tale Congresso dovrebbe fissare i punti da discutere, e questo è il più difficile;

dovrebbe farsi dalle cinque grandi Potenze, più l'Italia, come sesta. Come vedi, ciò differisce molto dal pensiero di Pepoli che è tutto di battere la gran cassa e di far della politica rivoluzionaria. Nè comprendo a prima giunta perchè l'Inghilterra lo rifiuterebbe, tanto più se fossimo d'accordo anticipatamente sulle materie più important-i, e sulle conclusioni. Questa è un'idea che ti manHesto, ma senza averla ben matu11ata e .però non ci do importanza.

Ma ciò che ripeto si è che, nella presente condizione delle cose, la Conferenza può essere proposta e accettata da un momento all'altro, e quindi non dee farti meraviglia se io non poteva eliminar questa ipotesi e teneva ad assicurarci che non restassimo esclusi.

Ora venendo al gran progetto, esso implica evidentemente la guerra. Intorno a un tappeto verde egli è assai difficile intendersi e concludere di sì grandi cose. Ora poi, la offerta della Corona del Messico all'Arciduca Massimiliano, muta anche un poco i termini della soluzione. Ma può sempre trovarsi per la Polonia un Re che sia ben accetto alle tre Potenze, e sopratutto all'Austria. Di Palmerston non è a dubitare, poichè il progetto non gli suona male, anzi lo vede con favore. A me pareva che, avendo opportunità di parlarne a Russell, fosse stato bene. Ma certo quel che importa si è di aprirsene coll'Imperatore, e in questa occasione fare ogni sforzo per intendersi con lui dell'avvenire. Pertanto convengo anch'io che questo è sostanziale. La difficoltà è di trovare il modo e il momento opportuno.

Tu che mi esprimesti più volte il desiderio che io avessi un abboccamento con esso, tu medesimo stimavi che questo abboccamento doveva essere apparecchiato. E ad ogni modo, quand'anche altri dovesse incaricarsi di tale apparecchio, a me par sempre bene che tu vegga l'Imperatore.

Di Panizzi non posso che ripeterti che Hudson fu quegli che ripetutamente e istantemente lo indicò (H che poi non è scevro d'inconvenienti). Ma ti lascio pienamente giudice della convenienza di metterlo pur solo a parte del progetto.

Torno a te, e dico che quando tu creda che la tua presenza in Londra, per la lontananza sopratutto dei leaders, non possa aver più efficaci risultati, tu devi tornare a tuo grado, ma passando da Parigi.

lo scrivo oggi stesso a Nigra, e gli dico netto che desidero vivissimamente che al tuo passaggio tu sia ricevuto dall'Imperatore, ben inteso che ciò possa farsi in modo conveniente. E gli soggiungo che si metta in comunicazione teco sopra di ciò per via sicura.

All'Imperatore credo che bisogna parlar franco: mostrargli la condizione presente d'Italia, il bene che può farci seguendo la grande politica ch'egli iniziò, e aprirgli il progetto che Palmerston non disdice. Ma non voglio anticipare su di ciò, e quando la cosa sia fattibile, ti scriverò a lungo come io pensi che il tuo colloquio possa utilmente farsi; almeno il tuo discorso, perchè l'Imperatore parla poco, si tira i baffi, e si compiace di lasciar le cose in sospeso; ma ascolta, e nota, e se s'imbrocca nel suo punto di vista, l'abboccamento può avere conseguenze amplissime.

Essendo giunto stamane, non ho ancora preso cognizione completa delle cose; ma in una prima conversazione che ebbi con Visconti e Peruzzi, parmi che senza dissimularsi le difficoltà e la gravezza dei fatti del Messico, e di Francoforte, propendono a credere che l'una e l'altra cosa, e specialmente la seconda, possono andare a monte o almeno lungamente trascinarsi prima di arrivare ad un fine. Tanto meglio; ma chi ha tempo non aspetti tempo; e a noi preme di non restare in Europa così come siamo, isolati e senza influenza. L'opinione pubblica su questo punto è schizzinosa, e a parte la questione estera ciò che più mi preoccupa si è che la continuazione di questa posizione ci tolga autorità all'interno per governare fortemente.

Intanto avremo a metà settembre la grande rivista di artiglieria a Milano, e quella della flotta a Genova. Vi interverrà il Re e servirà a mostrare che qualcosa s'è fatto, e qualcosa può farsi.

(1) Cfr. n. 99.

115

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 192. Londra, 17 agosto 1863 (per. il 24).

Il primo annunzio della proclamazione dell'Impero del Messico e della candidatura dell'Ardduca Massimiliano al nuovo trono, fu accolto con fred·· dezza da questa stampa. La fondazione di una Monarchia per le armi Francesi non poteva riuscire grata alla nazione Inglese; nè le istituzioni proposte pel nuovo Governo erano tali da calmare quelle naturali apprensioni. I giornali Ministeriali infatti ne parlarono in termini severi dapprima, più moderati in appresso. La stampa liberale fu unanime nel biasimare l'occorso. Il Times trattò la questione sotto un punto di vista più elevato, e ne trasse due conseguenze principali che sono: una maggiore intimità fra la Francia e l'Austria, ed un antagonismo fra quella e gli Stati Uniti. E a dir vero, lo stabilimento nell'America del Nord, di una Monarchia sostenuta dall'occupazione straniera è una contraddizione troppo flagrante della famosa dichiarazione di Monroe, perchè non ecciti vive animosità negli Stati Uniti; le quali potrebbero, allorchè la guerra -civile che travaglia quelle contrade, sia cessata, dare occasione ad una lotta fra essi e la Francia. Questa è la considerazione che maggiormente occupa la stampa Inglese in questo momento, e sulla quale si portano vari giudizi. Debbesi tuttavia riconoscere che l'opinione pubblica su tale quistione non è ancora formata. Dall'una parte il desiderio di vedere sostituito all'anarchia che regnava nel Messico, un governo regolare che presenti solide garanzie di soddisfare agli impegni verso i forestieri, ed una certa soddisfazione di veder nascere in quelle regioni un elemento d'antagonismo contro le pretensioni degli Stati Uniti; daWaltra la gelosia della Francia che crea Imperj e ne offre le Corone alle case regnanti d'Europa, ed il timore di un'occupazione permanente per parte di quella potenza inspirano sentimenti diversi, nel cui conflitto la Nazione Inglese non sa ancora discernere dove si trovi il suo vero interesse. Frattanto ignorasi fino a qual punto l'Arciduca Massimiliano sia disposto a cingere la Corona del Messico; ma son d'avviso che, nello stato attuale delle

relazioni fra i Gabinetti di Londra e di Vienna, se egli accetta l'offerta della Francia, il Governo Inglese non tarderà a riconoscere la nuova Monarchia.

116

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 17 agosto 1863.

Rispondo alle interrogazioni fattemi nella Sua lettera del 13 (1). L'Austria accetta o non accetta il plebiscito messicano? Il Principe di Metternich da me interpellato mi disse che ignorava ancora le risoluzioni del suo Governo in proposito. Ma soggiunse che la candidatura dell'Arciduca era un affare personale fra l'lmperatore Napoleone e l'Arciduca stesso; che ammettendo che il Governo Austriaco accordi il consenso, questo consenso non porterà seco nessun impegno, nessun obbligo per parte dell'Imperatore d'Austria. Il Governo Austriaco non darà nè un soldato nè un milione, nè un bastimento e non si crederà tenuto a nessun obbligo verso l'Imperatore dei Francesi. Evidentemente l'Arciduca desidera di accettare; ma il Governo Austriaco non ha molta voglia di mettere un Arciduca a discrezione della Francia in un paese lontano, ·con cui l'Austria non ha e non può avere rapporti, e

dove non può mandare una flotta. Havvi un nesso fra la canditura austriaca al Messico e la questione Polacca

o la questione Italiana?

No. Nessuna pratica ebbe luogo fra i Governi di Francia e di Austria relativamente al Messico; nessun impegno fu preso, nessun progetto formolato. È però molto credibile che l'Imperatore Napoleone abbia messo innanzi questa candidatura per ingraziarsi l'Austria, per istaccarla dalla coalizione e ravvicinarsela, e nell'intimo del suo animo può certamente nutrire la speranza che ciò renda più facile l'alleanza austriaca, la quale alleanza, secondo il desiderio dell'Imperatore Napoleone dovrebbe avere per risultato la cessione della Venezia e l'attuazione d'altri progetti. Ma Le ripeto, ciò non è finora che un pio desiderio. L'Austria darà forse il consenso all'Arciduca, ma vorrà mantenere la Venezia, e non si presterà all'esecuzione degli altri progetti platonicamente vagheggiati dall'Imperatore Napoleone.

Si suppone una relazionè fra l'iniziativa presa dall'Austria a Francoforte e le questioni che occupano l'Europa?

Lo scopo dell'Austria nel promuovere le riunioni di Francoforte è di ripi~ gliare in Allemagna la posizione stoltamente abbandonata dalla Prussia. La Germania tende anche essa alla nazionalità, non può non subire le scosse del movimento nazionale e unitario che agita la vecchia Europa. Si rivolse alla Prussia finchè questa Potenza parve secondare questo moto. Si rivolge ora all'Austria perchè non può più contare sulla Prussia, e perchè l'Austria pigliò in Europa una tale posizione da lusingare l'orgoglio e le tendenze di supremazia della razza germanica, mentre nel tempo stesso le tradizioni dell'Impero germanico, non danno ombra all'elemento conservativo e non minacciano l'esistenza delle piccole Corti tedesche. A dire il vero l'Austria è mirabilmente secondata dalla condotta della Prussia e dalla reazione clericale, che è ora po

tente in tutta Europa e che si esplica nel duplice appoggio che l'Europa dà contemporaneamente al Papa e all'insurrezione Polacca.

Apparentemente questo stato di cose pare debba essere fatale all'Italia. Ma o io m'inganno a partito, o questo è un errore profondo. La reazione cattolica e clerioale prosegue naturalmente :la sua parabola. Non v'ha dubbio che il nuovo Regno d'Italia minacciando il potere temporale apertamente, ha contribuito a sviluppare questa reazione. La cosa era naturale ed inevitabile. Ma come tutti i periodi di reazione, anche questo deve indebolirsi e cessare, se non se ne provocherà il ritorno. La prudenza consiglierebbe quindi di lasciar pacatamente decrescere questa reazione e di raccogliere le vele, finchè la tempesta e il vento siano chetati. D'altro lato la posizione dell'Austria deve necessariamente modificarsi. L'Austria non può esercitare una supremazia sull'Allemagna, non può diventarvi popolare, non può rafforzarvi l'unità politica che ad una condizione, cioè l'ostilità alla Francia. È questa una verità matematica, una degnità come direbbe il Vico. Riunite insieme dieci Tedeschi e dalle loro bocche uscirà unanime il grido: morte alla Francia, Viva il libero Reno tedesco. Io auguro di cuore all'Austria di riuscire nei suoi tentativi di supremazia germanica, perchè ciò porta inevitabilmente con sè l'impossibilità d'ogni alleanza con la Francia dall'un lato, e dall'altro nuovi germi di dissoluzione nelle Provincie austriache di razza non tedesca. Quanto al Messico sarebbe insensato il credere che vorrà subire a lungo un Arciduca portato dalle armi francesi. Nè l'Austria, nè la Francia malgrado la recente esperienza, si rendon conto di quel che le attende laggiù. Un terribile disinganno li aspeUa nella vecchia terra di Montezuma. Una sola Potenza aveva probabilità di stabilire un Governo tollerabile al Messico ed è la Spagna. La Francia e l'Al'ciduca se accetta, naufragheranno miseramente nei loro tentativi, ben lungi adunque dal vedere una minaccia per l'Italia in questi due fatti, la riunione di Francoforte e la candidatura austriaca al Messico, io ci veggo per noi i sintomi di un miglior avvenire, purchè sappiamo attendere con calma. La Russia e la Prussia hanno il medesimo interesse che noi a suscitare imbarazzi nelle Provincie non tedesche dell'Austria. La Francia sarà necessariamente forzata a rinunciare all'alleanza d'una Potenza che tenta di raccogliere intorno a sè il fascio delle forze germaniche, evidentemente dirette contro le ambizioni Napoleoniche. Perciò non credo che ci sia per noi grande utilità a sostenere in seno ad una conferenza le proposte austriache. Gli eventi lavorano per noi. La guerra non si fa. Quando si facesse, ma allora solamente converrà avvisare, senza parlare molto, alla posizione da prendersi. Quello che per ora parmi si possa tentare si è di sapere molto destramente se la Russia non sia disposta ad appoggiare qualche moto in Ungheria, o nelle Provincie Slave dell'Austria. Ma la cosa è d'una estrema delicatezza. Per noi, lo ripeto, la questione principale è la cessazione del brigantaggio nelle Provincie Napoletane e la tutela della pubblica sicurezza nella Sicilia. Poi viene la questione finanziaria. Altra grave preoccupazione del Governo deve essere di non permettere ad ogni costo che il partito d'azione sollevi la testa. Io credo che il paese è di questo avviso. Il giornalismo nostro sventuratamente non è l'espressione dell'opinione pubblica. L'abbiamo visto nella

questione deU'Aunis, la 'cui composizione ·così paventata nelle colonne del giornalismo, fu accolta dal paese con un lungo respiro di soddisfazione. Ora il giornalismo vocifera perchè l'Italia si dia del moto all'estero. Il vero è che sarebbe molto imbarazzato a dire che cosa si voglia. Esso mostra un'impazienza puerile ed un amor proprio fuor di luogo. Ciò non vuol dire che non dobbiamo osservare attentamente attorno di noi e star pronti agli eventi per trarne partito. Se il Gabinetto inglese pensa seriamente di pigliar in considerazione il progetto portato da Pasolini, un gran passo è fatto. Il nocciolo della questione è là, in Inghilterra. Per poco che l'Inghilterra sia disposta, troverà nell'Imperatore ottime disposizioni, ma non bisognerà farne motto a Parigi prima di essere sicuri di Londra.

E·ocole, caro amico, quanto ho a dirLe per ora. Aspetto del resto con wpazienza quanto si risolverà costì.

P. S. -Ho ragione di credere che l'Imperatore Napoleone non vede con soddisfazione la riunione di Francoforte. Il 15 agosto si passò con calma. Sul passaggio dell'Imperatore furonvi otto soli gridi di Viva la Polonia ed uno di Viva l'Italia. Il Prefetto di Polizia non era senza apprensione e temeva un attentato contro l'Imperatore il quale ciò non di meno volle uscire a fare il solito giro. Come al solito, non vi fu ricevimento diplomatico. Ma il 14 a sera vi fu ballo a St. Cloud, ove del Corpo Diplomatico erano invitati i rappresentanti di Prussia, Russia, Italia, Portogallo, Turchia. Il Principe di Metternich era assente. L'Imperatore partito ieri per Chàlons sarà di ritorno verso il 27 a St. Cloud e partirà per Biarrttz ai primi di settembre.

(1) Cfr. n. 103.

117

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1200. Berlino, 18 agosto 1863, ore 20,08 (per. ore 23,05).

Je ne crois pas que le projet indiqué dans le télégramme de V. E. d'hier (1) ait pour le moment chance de succès à Berlin. J'ai écrit aujourd'hui par la poste. On croit ici que le roi de Prusse persistera dans ses refus d'assister au Congrès de Francfort, ou que s'il s'y présentait ce ne serait que par courtoisie et pour faire ses réserves.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 20. Torino, 18 agosto 1863.

Faccio partire un corriere questa sera per mandarle i documenti giudiziarii giunti oggi da Napoli. Questi documenti mi paiono pienamente regolari e sod

disfacenti. Le sentenze sono per delitti comuni, di date diverse ma tutte ante

cedenti alla cattura. Vi sono anche le sentenze di condanna alla galera del

1854 e 1855 contro i due La Gala, evasi poi dal bagno. Io confido che il Signor

Baroche non vorrà concedere che i più volgari delitti possano passare impuniti

sotto una mentita bandiera politica. V'è in ciò una vera quistione di moralità

e un Governo che si rispetta non può ammettere che la politica vada fin là.

V'è a Parigi, ed ella lo avrà probabilmente veduto, il conte Sclopis. Non so se una conversazione fra M. Baroche e il conte Sclopis, Presidente del Senato, Presidente del Consiglio del Contenzioso Diplomatico che consigliò così altamente al Governo l'esatta osservanza della convenzione consolare e postale, e cultore così autorevole delle scienze legali, potesse giovare (1). È un'idea che mi si presenta scrivendo e che sottopongo alla Sua libera apprezzazione.

Il Congresso di Francoforte preoccupa, da noi, il paese e il Governo. Queste preoccupazioni sono giustificate quando si pensa che questo fatto tende a ricostruire una forza che sin'ora non pareva che negativa, in certo modo, e organizzata solo per la difesa e che questa forza ci collega colla quistione della Venezia. Pare che l'Austria sia pronta per la rappresentanza nazionale germanica a proporre anche le elezioni dirette, il che darebbe anche una più gran compattezza e unità al nuovo ordinamento. Non credo che l'Austria voglia proporre l'ammissione nella Confederazione delle sue provincie non tedesche. In faccia a una simile proposta la quistione diventerebbe ex jure europea e la nostra condotta sarebbe nettamente tracciata. Ma la preponderanza dell'Austria in una Germania collegata come un corpo politico vivo e operante potrebbe condur seco degli effetti simili se non per patto legale, almeno per ,conseguenza morale.

Barrai mi scrive da Francoforte che il Ministro d'Inghilterra in una sua

conversazione col Presidente della Dieta gli disse che certo la Germania era libera di ordinarsi come meglio le conveniva, ma che l'Inghilterra come segnataria dei trattati di Vienna aveva il diritto di esaminare sino a qual punto si voleva spingere la trasformazione. Il Ministro di Francia poi si dichiara apertamente opposto al cambiamento progettato e dice che non riuscirà. Barrai soggiunge che dapprincipio le Legazioni francesi in Germania mostrarono temere in questo fatto un motivo di più per l'Austria di mostrarsi più indipendente dalla Francia nella questione di Polonia. È parso a Lei che una simile preoccupazione si manifestasse anche a Parigi? Ma rimane sempre il dubbio che tutto questo non sia che una parte d'un programma combinato, e che l'iniziativa dell'Austria si colleghi con intelligenza coll'Imperatore ed abbia qualche rapporto colla quistione del Reno. Io inclino a credere di no. Ad ogni modo è un punto essenziale a chiarire.

(1) Cfr. n. 111.

(1) Cfr. in L V 7, pp. 9-16, il verbale della seduta del 19 luglio 1863 del Consiglio del Contenzioso Diplomatico, in cui fu discussa la questione della restituzione alla Francia dei briganti arrestati sull'c Aunis •·

119

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 500. Berlino, 18 agosto 1863 (per. il 22).

Par mon rapport n. 499 (1), j'ai transmis à V. E. les ·impressions personnelles de M. Philipsborn sur le Congrès de Francfort; qu'il me soit permis d'y joindre quelques détails que je me suis procurés à une excellente source, et quelques réflexions sur la situation. Il était évident que dans ces derniers mois l'Autriche travaillait sous main, pour s'unir davantage à l'Allemagne, et, vu la position anormale de la Prusse, il était à prévoir que sa r-ivale irait hardiment de l'avant; mais personne, excepté peut-ètre un petit nombre d'initiés, n'avait cru à une initiative aussi audacieuse. L'invitation de délibérer sur une réforme fédérale, la déclaration assez franche que l'ordre actuel des choses n'était plus tenable ont mécontenté la grande majorité des Princes, sauf probablement ceux -rari nantes in gurgito vasto -qui ne croyent plus à la solidité de ce qui existe, et qui consentiraient à renoncer à quelque privilège, de crainte de succomber à une prochaine catastrophe. Le Congrès de Francfort les piace tous dans un dilemme fàcheux. La question est de celles qu'il ne faut point aborder à moins d'avoir le pouvo1r et la ferme volonté de la résoudre. Si l'an ne fait rien, si le résultat est trop mince, on se compromet d'une manière dangereuse; on donne raison à ceux qui prétendent que cette question ne peut se décider ni par les Gouvernemens, ni par la voie légale, et qu'on ne réussira à une réorganisation qu'après avoir déblayé le terrain. Si on fait quelque chose de sérieux, les états secondaires au moins se suicident, car des réformes tant socit peu sérieuses ne peuvent s'établir qu'aux dépens de leur souveraineté. Conrment donc s'y prendre; puisque presque personne ne se décidera à des sacrifices importans? L'invitation ou plutòt la note qui l'accompagne disait: que l'Empereur François-Joseph ferait des propositions; qu'il s'agimit de concentrer et de fortifier ile pouvoir exécutif et d'établir un centre de représentation nationale. Est ce qu'on se fait à Vienne une idée hlen claire de ce que cela signifie? Bien des pevsonnes en doutent! N'aurait-on pas plutòt compté sur l'abstention et la tiédeur de la Prusse? Mais alors la démarche ne pol'suivrait pas son but ostensible, et ne serait qu'un coup monté contre la Prusse; ce qui impliquerait que tout ce qui se fait en Allemagne pour la réforme fédérale, pour les affaires communes, ne saurait ètre sincère et partant ne devrait ètre considéré que camme une pure comédie. Il ne manque pas d'hommes d'état qui eussent été d'avis que le Roi de Prusse ne répondit point par un refus. Il aurait dù surmonter son sentiment de dignité blessée et sa fierté de chef d'une grande Puissance auquel il ne convient pas de se laisser citer rpar le président de la communauté Allemande, pour traiter sur des questions fédérales. Il n'avait rien à craindre. On n'ira

pas trop loin. Les Princes vont à Francfort non sans beaucoup d'appréhensions. Ils recevront les ouvertures de l'Empereur avec beaucoup de reconnaissance;

ll) Non pubblicato.

mais ils diront que les détails auront besoin d'un examen scrupuleux; qu'ils approuvent la tendance des réformes projetées; mais qu'il appartiendra à la Diète, aux Gouvernements, ou à un Congrès des Mìnistres respectifs des affaires Etrangères de leur donner un plus ampie développement et une rédaction précise. Dans le fond de la pensée de chacun, il y aura avant tout la prétention de garder ce qu'H a, et de ne rien faire qui puisse mener à une dissolution de la Confédération. Or comme des réformes dont la Prusse (sans compter le Danemarck) sera exclue, imrpliqueraient une scission de l'Allemagne, le moyen de peu ou de ne rien faire est tout trouvé.

Mais ce ne sont là que des conjectures plus ou moins fondées. Dans quelques jours nous saurons .mieux à quoi nous en tenir. En tous oas, je ne m'attends pas à de grands résultats, immédiats et pratiques du Congrès de Francfort; mais le fait meme que la question ait été m~se sur le tapis avec tant de solennité et proposée, et discutée dans les conjonctures actuelles, à la veille de la réunion populaire du national verein, aura ses conséquences.

En attendant, il suffit de jeter un coup d'oeil sur le programme de l'Empereur pour se convaincre que la Prusse ne saurait l'accepter que sous bénéfice d'inv.entaire; autrement le vieil édifice de la confédémtion ne serait reconstruit que pour devenir un instrument de plus en plus docile entre les mains de ses adversaires. Ce serait abdiquer ses traditions et sa mission en Allemagne. Si ce Royaume était organisé constitutionnellement dans la véritable acception du mot; si ses hommes d'Etat depuis 1848, comme en Sardaigne, s'étaient appliqués à faire une sage propagande nationale et libérale, les choses n'eu seraient jamais venues au point où l'Autriche eut osé, avec des chances quelconques de réussite, lever le drapeau des réformes, et distancer la Prusse. Il resterait à celle-ci moyen de damer le pion au Cabinet de Vienne, ce serait d'offrir davantage en s'adressant à la nation Allemande, après avoir préalablement réglé ses comptes avec les chambres de son propre pays. Mais, vu le caractère du Roi et ses instincts ultra-conservateurs, cette voie est presque fermée, quelque soit d'ailleurs le penchant de son premier l\iinistre pour les coups d'Etat. Il resterait une diversion dans la politique étrangère, en faisant acte de présence dans les affaires Polonaises et d'autres questions Européennes, la proposition par exemple, d'un Congrès des grandes Puissances y compris l'Italie, pour le règlement de quelques uns des grands intél'ets en souffrance. Il se peut qu'on se décide à quelque chose pour la Pologne; mais je doute fort, toujours à cause des sentimens du Roi, qu'une ouverture de notre part et que notre coopération fussent ici favorablement accueillies. Je vais meme plus loin: non seulement j'en doute, mais je suis à peu près convaincu que nous recevrions une réponse au moins évasive. Dans ces circonstances, et dans l'intéret de notre dignité, je ne pourrais que méconseiller une démarche quelconque dans ce sens quelque puisse etre notre desir de nous rendre agréables à la Prusse et de concilier ses intérèts avec les nòtres. Il nous conviendrait plutòt de laisser les cartes se brouiller plus encore entre la Prusse et l'Autriche, comme

elles le sont déjà entre celle-ci et la Russie. En Pologne, quels que soient les efforts de la diplomatie, les choses traineront en longueur et nous ne perdrons rien pour attendre. D'ailleurs, camme je l'ai déjà mandé à V. E., si nous avions quelque proposition pour le Cabinet de Berlin, je pense qu'il vaudrait mieux prendre un détour, c'est-à-dire de la faire passer par le canal du Gouvernement Russe, les deux Souverains étant dans les meilleurs termes.

Au reste peut-etre que les succès de l'Autriche en Allemagne (succès qui s'ils se développent amèneront une rupture avec la Prusse) la rendront moins tenace en Italie. Si elle se brouille ouvertement avec la Prusse, elle devra resserrer davantage son alliance avec la France. Or si l'Empereur Napoléon est de bonne foi à notre égard, le moment sera venu de faire comprendre à Vienne qu'une alliance durable suppose une cession de la Vénétie. Je me résume en émettant respectueusement l'avis que, dans ·ces civconstances, nous devons continuer à maintenir une ligne de réserve, tout en nous tenant prèts et armés jusqu'aux dents, pour profiter des conjonctures politiques; c'est la conduite à la quelle je me suis toujours permis de donner la préférence, celle d'attendre, à moins d'autres événemens imprévus, une rupture entre les deux grands Etats Germaniques. Il serait alors difficile, pour ne pas dire impossible à l'Autriche de soutenir sa position au delà et en deça des monts. Nous aurions beau jeu alors pour lui mettre le marché à la main.

Comme je ne veux pas quitter mon poste pour me rendre en congé, sans une autorisation encore plus expresse de V. E., je la prie, si Elle le juge à p:ropos, de vouloir bien m'envoyer cette permission par le télégraphe, quand elle aura reçu mon expédition d',aujourd'hui.

120

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A VITTORIO EMANUELE II (AP)

L. P. Pietroburgo, 18 agosto 1863.

Approfitto della partenza del Marchese San Germano per iscriverLe. Io aspetto con impazienza le risoluzioni del Ministero; poichè non nascondo a V.

M. che l'Italia unita non si trovò a fronte mai di maggior pericolo di quello che oggi la. minaccia.

Questo mio concetto lo esplicai a V. M. quando venni a Torino. Da quel giorno quanto io aveva previsto si va avverando; ma purtroppo noi non siamo ancora usciti dall'inazione. Io ho fede in Minghetti; non è mio intendimento fare opposizione al Gabinetto; desidero servirlo lealmente; ma non posso nascondere a V. M. che se egli perdurasse nella politica attuale, io sarei costretto a ·Chiedere la mia dimissione, e l'amore che pur porto al Re ed al Paese mi costringerebbe a combattere allora quei Ministri che avrebbero lasciato prendere all'Austria nel 1863 la rivincita del 1859.

Le deliberazioni che saranno prese a Francoforte dai Principi tedeschi

possono fornirci il mezzo di protestare, ed il pretesto di raccogliere un esercito

al Mincio.

Giammai non potremo tollerare che la Confederazione Germanica si estenda in Italia. Non mancherò di tener informata V. M. di quanto sta per succedere; ma, credo, siamo alla vigilia di grandi fatti. Mi perdoni, Maestà, 1a libertà delle mie parole, e mi continui la sovrana benevolenza che tanto mi è cara.

12 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

121

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRINCIPE NAPOLEONE (AP)

L. P. Pietroburgo, 18 agosto 1863.

So che nella questione polacca poco andiamo d'accordo; ma voglio però scriverLe per esporLe ciò che io penso e ciò che spero.

La questione polacca non può essere trattata diplomaticamente; essa è una di quelle questioni che si troncano colla spada. Se la Francia voleva fermarsi, non era opera savia iniziare quella questione; era un errore il credere che la Russia avrebbe ceduto, avrebbe acconsentito di buon grado ad annullare essa stessa la propr:ia dignità. Ma la questione polacca è in seconda linea. Il fatto principale sta nell'alleanza austriaca e francese. Io non ho mai dissimulato il mio concetto a questo proposito: il solo alleato dell'Impero francese era l'Italia coll'elemento liberale.

L'Imperatore si getta in braccio all'elemento cattolico! Dio protegga la sua dinastia e la sua patria!

Intanto l'Inghilterra si ravvicina alla Russia. Credete, Principe, che un grande pericolo minaccia la Francia; i nemici dell'Impero si agitano. Mio Dio! l'alleanza austriaca cattolica ha perduto il primo Impero! suscitò contro di lui lo spirito liberale. La Francia esce da questa crisi polacca isolata..... poichè l'Austria la inganna e la lascerà a tempo opportuno sola esposta ai proprii nemici. Voi avete influenza sull'Imperatore, ditegli che non abbandoni l'alleanza italiana, che compia l'opera della rivoluzione; e tutti gli intrighi, tutte le cabale ordite contro di lui svaniranno; egli sarà sempre l'arbitro del mondo. Ma egli, lo ripeto, non può essere l'arbitro del mondo che alla testa dell'opinione liberale, che gli domanda l'abbandono di Roma, l'alleanza coll'Italia. È a Roma che bisogna colpire la reazione. È Roma che è la cittadella del vecchio mondo. Fino a tanto che Roma esisterà il vecchio edificio non crollerà in Europa.

122

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 741. Torino, 21 agosto 1863, ore 23,10.

Le congrès de Francfort pourrait nous offrir une occasion de sortir de l'inaction qui peut avoir des résultats funestes mème au point de vue de notre autorité à l'intérieur. Tout en applaudissant aux efforts de l'Allemagne pour parvenir à une organisation plus libérale nous ferions observer que tout changement dans la constitution de la confédération germanique fixée par l'acte final du congrès de Vienne touche aux intévèts européens et particulièrement à ceux de l'Italie; par conséquent il implique la sanction des puissances. Sans faire aucune proposition formelle nous indiquerions la possibilité d'un congrès dans lequel les autres quesHons pendantes, celle de Pologne surtout pourraient ètre débattues. Il nous suffirait d'obtenir de la France et de l'Angleterre une réponse confermant leur précédentes déclarations et constatant la nécessité de la sanction de l'Europe aux changements de la confédération germanique. Que penseriez-vous d'une note circulaire conçue dans ce sens?

123

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 21 agosto 1863

Moltissime volte ho avuto il pensiero di scrivervi, e poi la farragine degli affari me ne impediva, rimanendomi pur sempre nell'animo un 11ammarico e un desiderio. Ora a questo si aggiunge un sentimento di dovere, poichè il Gener,ale della Rovere mi ha comunicato al mio ritorno da una breve gita l'intenzione manifestatagli di iritirarvi dal posto che occupate. E ~sebbene io debba confidarmi che le cose scrittevi dal mio collega ~della guerra possano aver efficacia a dissuadervi da quella intenzione, nondimeno io sento prop11io il bisogno di rivolgervene la più viva preghiera, e di dirvi con tutta franchezza alcune considerazioni.

Voi avete avuto sempre ed avete la intiera e massima fiducia del ministero. Le vostre opinioni sono le nostre, i principii che d sforziamo di applicare son quelli medesimi che voi avete sostenuto altra volta al Governo, e il nostro fine precipuo è quello di mantenere l'ordine, di restaurare 1a finanza, di portare in ogni ramo della cosa pubbUca l'assetto, la regolarità, la moralità. Se vi fosse stato il più lieve dissenso o d:a parte vostra o dalla nostra, lo si 'sarebbe detto immediatamente. Le difficoltà pertanto che possono insorger,e non sono che difficoltà particolari, di esecuzione, di metodo sopra questo o quel punto speciale. Ora di queste difficoltà la cagione principale non è nella volontà degli uumini, ma nella natura delle cose e sopratutto nella ~condizione straordinaria di codeste provincie, dove il ben determinare le attribuzioni dell'autorità militare e della civile l'iesce più diffidle che per ogni altm parte del Regno. Ma su questo punto e sopra varii ,altri, Peruzzi e della Rovere mi dicono che d'accordo col Bariola si stavano prendendo degli appunti, opportuni perchè tutto camminasse a seconda dei vostri desiderii. Debbo assicurarvi che trovo nel ministero dell'Interno la maggior buona volontà possibile, e che se l'effetto non sempre vi risponde ciò dipenderà fors',anche dalle autorità 'locali, ma non dal centro.

Un'altra ·Considerazione mi pare degna di tutta la vostra 11iflessione, ed è che in questa impresa di pacificare le provincie infestate dal brigantaggio il Ministel'o è solidale con voi, e voi lo siete con noi. V o i avete reso alle provincie meridionali degli immensi servigi, e all'Italia intiera. Voi avete acquistato

anche costì una meritata autol'ità e rispetto. Ma è necessario che noi compiamo codesta grande opem, e che ci sforziamo di dare prima dell'inverno un vero tracollo al brigantaggio, e mostriamo all'Europa che questa piaga è guarita almeno in ciò che ha di più crudo e anormale. Om riuscendo come io spero in tale opera, •io comprendo il vostro desiderio di ritirarvi di costì: ma mentre siamo ancora nel forte del lavoro, mentre speriamo di r•a·ccogliere il frutto di ciò che si è fatto, il vostro ritiro sarebbe certamente dannosissimo non solo all'esecuzione dei piani che voi avete fatto con piena conoscenza di uomini e di cose; ma avrebbe anche un effetto morale disastroso, e quasi direi come di sconforto nel risultamento di tanti sforzi. Che se al contral'io voi continuate l'opera, la vostra presenza sarà un mezzo potente per condurla a compimento.

Adunque la piena fiducia che abbiamo in voi, il desiderio e la speranza di togliere le difficoltà pratiche che possano sorgere, la comunanza delle nostre opinioni, l·a solidarietà negli sforzi per pacificare codeste provincie mi sembrano tutti argomenti per persuadervi a rimanere ancora ne·l posto che tanto degnamente occupate. A questo aggiungo la preghiera vivissima di noi tutti e la mia più speciale non solo come Presidente del Consiglio, ma eziandio, permettetemi che io lo dica come antico e devoto amico.

Ora poichè ho preso a scrivervi (e con speranza ·che vorrete accogliere la mia preghiera) vi dirò alcune cose delle •Condizioni nostre interne ed esterne. All'•interno mi pare che siamo padroni della posizione, non solo nella Camera dove la .maggiol'anza ci sostiene fermamente, ma anche nel paese. E sebbene il partito d'azione vada sussurrando sempre che vuoi fare un altro tentativo specialmente nel Veneto, io .credo che tutti i provvedimenti son presi per prevenirlo, e se mai in dannata ipotesi per reprimerlo immediatamente. Le difficoltà nascono dall'•amministrazione e nasceranno dall'applicazione delle nuove tasse; ma è questa una necessità inesorabile, poichè la nostra finanza è in tali condizioni che senza pronti ed energici rimedi andremmo a ruina.

Quanto al di fuol"i, debbo dire con rincrescimento che noi abbiamo trovato la posizione nostra pessima. In Inghilterra si aveva verso di noi la massima diffidenza, e a ciò avevano contribuito certe missioni in Oriente che voi di leggieriÌ immaginate. La conseguenza era ·Che in qualsiasi questione ci trovavamo gli ambasciatori inglesi avversi per tutto. Ha bisognato fare un lavoro molto paziente per rimuovere quelle idee e quei sospetti; ma parmi che ci siamo riusciti, e •la nostra buona intelligenza sia ristabilita. Testè ancora da Londra partirono ordini per Bulwer a Costantinopoli che cessasse da ogni opposizione alla nostra partecipazione a quelle conferenze.

Rispetto alla Francia, ivi ancora abbiamo trovato al potere uomini avversi all'Italia, e sorti anzi per una reazione •Clericale ed austriaca. Voi sapete che il Drouin de Lhuys partecipa di entrambe queste qualità. Si aggiungeva a · ciò la questione polacca nella quale il partito cattoHco spingeva assai, e dove la geografia dava all'Austl'ia una posizione stupenda. Noi invece avevamo mille r·ag1ioni di non mescolarci troppo in una questione il cui esito non mi sembra poter essere conforme alle speranze. Nonostante ciò, tengo per fermo che l'alleanza fra Francia e Austria di cui si è tanto parLato, non sussista; e me lo conferma questo fatto che la riunione di Francoforte riuscì inaspettata e poco gradita a Napoleone. Ad ogni modo la nostra politica non può essere .per ora che un politica di vigilanza, e di prontezza a cogliere le occ·asioni che ci si presentassero.

Ma verranno queste occasioni? Avremo la guerra a .primavera? Io su questo non oso far pronostici; e qui mi fermo non senza rinnovarvi la mia preghiera e le assicurazioni della mia profonda considerazione e cordiale amicizia.

124

IL MINISTRO RESliDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AST, Legazione a Francoforte)

R. 43. Francoforte, 21 agosto 1863 (per. il 24).

Faisant suite à une dépèche d'hier (1) je m'empresse de transmettre ci-jodnt a V. E. la seconde .partie du programme des reformes Fédérales. Dans la rpremière partie que j'ai envoyée hier, V. E. aura sans doute remarqué que au sixième alinéa de l'art. 8, il est dit que: s'H y a danger de guerre entre un état confédéré ayant des possessions en dehors du territoire fédérat et une

• Puissance étrangère, le Directoire sera chargé de prendre l'avis du Conseil fédéral lequel décidera à la simpte majorité des vOix, si la confédération doive prendre part ou non à La guerre. Ceci pamit étl'e tout à fait à l'adresse de l'ItaHe, et témoigne assez des cr.aintes .qu'inspire à l'Autriche 11'avenir de sa domination en Vénétie. Mais en voulant faire passer une pareille disposition, la Chancellerie Autrichienne semble avoir fait trop bon marché de l'autorité suprème du Parlement qui a son vote à donner dans une question aussi considérable, et ne permettra certainement pas que pour des intérèts qui ·lui sont étrangers, l'Allemagne se lance dans une guerre exclusivement Autrichienne. Il n'y a donc pas à trop s'ala!'IDer de cet arprpe11indirect de l'Autriche au secours de ses Confédéres, et le Parlement qui nécessairement, par la force des choses, devra primer et très probablement déborder l'action Directoire exécutif réduira à leur juste valeur d'aussi injustifiables prétentions.

Ainsi que je me suis empressé d'en informer V. E. par ma dépèche télégraphique de .tout-à-·l'heure (1), le Roi de Saxe qui était aNé à Bade porter au Roi de Prusse l'invitation collective des Princes de se rendre au Congrès de Francfort en a rapporté ce matin la réponse formulée en terms extrèmement conciliants, que S. M . .regretta,it vivement de ne pouvoir venir, mais que lorsque les Souverains auraient terminé leurs conférences, il se reservait de prendre une détermination. Les termes dans lesquels cette déclaration a été faite aussi bien que l'expression très vive de regrets dont il l'a accompagnée, ont donné à penser ici que le Roi commençait à Hre ébranlé dans son système d'abstention, et qu'il finirait par une de ces réculades si fréquentes dans la politique Prussienne.

La circulaire du Gouvernement français dont par le mème télégramme je faisais part à V. E. dit en résumé que le Cabinet des Tuileries tout en approwvant l'idée d'une réforme fédérale due à l'initiative de l'Empereur d'Autriche, avait surtout vu avec satisfaction que dans la nouvelle combinaison fédérale l'on n'avait point fait entrer le concours des Provinces non Allemandes. Il est certain que dans son propre intéret la France n'aurait vu qu'avec un extrème déplaisir et mème probablement se serait opposée à une adjonction de forces non allemandes à la nouvelle confédération Germanique; mais il est tout au moins aussi sur que sans etre précisement inquiète de la nouvelle organisation qui se projette, elle n'en est au fond nullement satisfaite. L'on n'a ici aucun doute là dessus.

Je dois enfin donner des détails que je n'ai pu qu',indiquer dans mon télégramme sur l'accue1l fait par l'Empereur d'Autriche au Ministre de Russie.

S. M. a\èait invité hier à dìner les Membres de la Diète ainsi que les Ministres de France, d'Angleterre, de Belgique, d'Espagne et de Russie. Après s'ètre entretenue très gracieusement avec les quatre premiers surtout avec celui d'Angleterre, S. M. en approchant du Ministre de Russie, s'est tout-à-coup arrétée, et sans lui adresser la parole, s'est dirigée vers la salle à manger. Le Ministre de Russie a été excessivement blessé du procédé, et s'en est plaint hautement, disant que jamais réception semblable ne lui av,ait été faite rpar un Souverain. Après dìner, il est vrai, l'Empereur a bien voulu lui adresser quelques mots sur son passage, mais la première impression est restée et l'on a interprété nncident comme indice de rélations plus que froides entre l'Autriche et la Russie.

Les Membres de l'Association nationale (nationalverein) qui d'abord avaient renoncé à tenir id, en présence des Princes, leur réunion projetée pour demain, en apprenant que le programme impérial comportait la création d'un Parlement, se sont ravisés, et arrivent en foule pour tenir leur assemblée. Bien plus, sous la pression de leur ancien chef, le Due de Saxe-Cobourg, complètement converti aujourd'hui aux idées de l'Autriche, ils ne seraient pas éloignés de s'y associer en quelque sorte eux mémes, pourvO. qu'au lieu de se réunir tous les trois ans, le Parlement s'assemblat chaque année, et qu'au lieu d'etre choisis dans les différentes Chambres d'Allemagne, les futurs Députés fussent directement élus par le peuple. Ces dispositions de la part d'un parti dont les aspirations ardentes d'unité sont bien connues, indiquent assez, comme je le faisais remarquer au commencement de cette dépéche quel ròle prépondérant devrait bientòt jouer dans les futures institutions le Parlement Allemand, et quelle part mince de pouvoir serait infailliblement dévolue au Directoire exécutif.

(1) Non pubblicato.

125

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 502. Berlino, 21 agosto 1863 (per. il 25).

Le plan de réformes soumis au congrès des Souverains à Francfort, vient

d'étre livré à la publicité. Mais les détails principaux en étaient connus depuis quelques jours, notamment ceux relatifs à la paix et à la guerre. Dès hier, j'avais prié M. Philipsborn de me fournir quelques renseignements à cet égard, et j'avais pu me convaincre, d'après ses explications, que je ne m'étais pas trompé en attachant une grande importance à de telles modifications des anciennes lois constitutives de la Diète Germanique. Mais quand j'ai lu le texte meme de l'article 8 de ce projet, je n'ai pu m'empecher d'en faire ressortir la gravité, et cela, ai-je dit, bien plus encore dans l'intéret de la Prusse que dans celui de l'Italie.

Jusque ici l'attitude de l'A1lemagne était, quant aux cas de guerre, réglée par le's articles XXXIX à XLVIII de l'acte final des conférences de Vienne du 15 Mai 1820.

D'après le projet Autrichien (Article 8), il y aurait trois cas dans lesquels le Directoire, avec l'assentiment du conseil fédéral, pourrait procéder à des hostilités. Elles sont établies naturellement par le fait d'une invasion du territoire de la confédération, par une Puissance étrangère. Sur la proposition du Directoire, qui décide toujours à la pluralité des voix, le conseil fédéral pourrait, également à la simple majorité des suffrages, approuver une déclaration de guerre si le territoire extra fédéral d'une Puissance Allemande était menacé. Selon l'artide XLVII de l'acte final, la Confédération Germanique n'était jusqu'ici obligée, dans une pareille éventualité, à prende des mesures de défense, ou une part active à la guerre, que lorsque la Diète aurait reconnu en conseil permanent l'existence d'un danger pour le territoire Germanique. De plus l'artide XLVI devait servir d'avertissement salutaire à l'Etat confédéré ayant des possessions hors des limites de la confédération, et qui entreprendrait, comme l'Autriche en 1859, une guerre en sa qualité de Puissance Européenne, guerre à laquelle la confédération restait absolument étrangère. Pas de traces de cet artide XLVI dans les élucubrations de Vienne.

En outre, le conseil fédéral serait autorisé à sanctionner une déclaration de guerre si l'équilibre Européen était compromis d'une manière inquiétante pour la sùreté de l'Allemagne! A cet effet la résolution doit etre votée par deux tiers des voix.

Il saute aux yeux que le Cabinet de Vienne a été inspiré par les rudes expériences faites dans sa dernière guerre contre l'Italie. Si une simple majorité dans le conseil fédéral comme dans le Directoire, suffit pour appeler l'Allemagne aux armes aussitòt que Venise ou la Hongrie seront simplement menacées, il est évident que cette disposition équivaut à une garantie de l'ensemble des Provinces Autrichiennes. Pour combler la mesure et pour donner plus beau jeu encore à la maison de Habsbourg, en lui laissant presque les mains libres ou du moins la tentation d'entrainer les états confédéres dans ses calculs déguisés sous l'expression si élastique d'équilibre Européen. Jusqu'à ces jours la confédération Germanique, selon les vues des ses fondateurs, n'avait qu'un caractère essentiellement défensif; si les prétentions de l'Autriche étaient acceptées, sa nature ,serait non seulement modifiée, mais changée du tout au tout, sans compter que les pouvoirs militaires rentreraient dans les attributions du Directoire qui ,aurait en outre à décider de la préparation à la guerre (kriegsbereitschaft) et de la mobilisation de tout ou partie des contingents fédéraux, à nommer le général en chef etc. etc. etc.

Ces dispositions principales que je ne fais qu'indiquer, sont celles qui affecteraient le plus l es rapports de l'Allemagne avec l'étranger; ce sont celies aussi où l'Autriche montre Je mieux le bout de l'oreille! Le journal officieux du Gouvernement Prussien avait raison de dire que sous le prétexte de tenir compte des intérèts populaires, cette Puissance ne poursuivait que des ambitions personnelles, des intérèts dynastiques.

J'ai parlé dans ce sens à M. Philipsborn. Il m'a donné entièrement raison, et il m'a dit qu'il espémit bien que jamais la Prusse ne donnerait son assentiment à de telles innovations dans le pacte fédéral. Comme il se disposait à expédier son courrier à M. de Bismarck, je l'ai prié de toucher, dans sa dépèche, quelques mots de notre entretien.

Il ne savait encore rien, pas plus qu'aujourd'hui, sur la réponse qui serait faite par le Roi de Prusse à la démarche collective des Souverains réunis à Francfort. Mais il persistait à croire que Sa Majesté maintiendrait son refus.

En attendant il est curieux d'entendre le langage des différens partis politiques. Dans les régions officielles, il perce un vif mécontentement contre l'Autriche. Qu'il me soit permis d'intercaler ici qu'il n'a pas dépendu de moi qu'on se soit en tems opportun montré défiant envers cette Puissance. Presque dans toutes mes conversations avec M. de Bismarck, et en dernier lieu à son passage ici avant mon départ pour Misdroy j'ai bien eu soin encore de le mettre en garde contre la politique de notre ennemi commun.

Je reviens à l'opinion des différens partis.

Les rétrogrades jettent aussi feu et fiamme, et se donnent beaucoup de peine pour se faire pardonner d'avoir poussé la Prusse à un rapprochement avec Vienne, rapprochement qui ne devait aboutir qu'à une mystification. Les libéraux déplorent que l'initiative des réformes ne soit pas partie de Berlin, et ils espèrent encore que le Roi s'avisera qu'il a fait fausse route, et s'appliquera désormais à gouverner en se mettant d'accord avec son peuple. Les ultra-libéraux, auxquels le prestige de la couronne tient fort peu à coeur, sont plutòt satisfaits de la situation; ils acceptent en partie le programme de Vienne, comme point de départ, sauf à t:mvailler à son développement, entre autres moyennant l'assemblée populaire qui depuis aujourd'hui siège dans la mème ville que les Princes Allemands.

L'Autriche, comme l'indique suffisamment le discours de l'Empereur, voulait enlever le vote des Princes au pas de charge! L'abstention de la Prusse est un premier accroc; la Bavière, malgré la belle part qui lui est faite pour gagner sa voix, craint d'ètre entrainée trop loin à la remorque des Habsbourg; les Souverains de Bade, de Cobourg, de Weimar, demandent des concessions plus larges pour le peuple Allemand, entre autres l'élection directe, au lieu d'une délégation des différentes chambres Allemandes; délégation qui ne serait qu'une caricature de parlement.

Il faut donc s'attendre à ce que le collège princier ne parviendra pas à signex un protocole aussi complet qu'on s'en était d'abord flatté à Vienne. Le gros de la besogne passera donc dans quelques jours à la diplomatie proprement dite; c'est-à-dire que les discussions se prolongeront pendant quelques mois avant d'aboutir à un résultat pratique, si tant est que le mot pratique soit de mise en Allemagne.

On se dit à l'oreille que le Roi Gui11aume est dans un grand abattement. Sa Majesté aurait nouvellement parlé d'abdication; mais d'une manière trop vague pour que le Prince héréditaire cédàt à la tentation de prendre son Auguste Père au mot, ne fiìt-ce que dans l'intérét de la dynastie dont le prestige s'est considérablement affaibli dans ces derniers tems. Il est possible cependant que Sa Majesté comprenne maintenant que l'Allemagne est en train de muer, et que l'angle sous le quel El:le voyait jusqu'ici toute chose, commence à se déplacer.

126

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 329-332)

L. P. Londra, 21 agosto 1863.

Dopo la tua del 15 ho ricevuta quella del 17 (1) come ti ho telegrafato. Poi quella del 18 (2), della quale ti ringrazio molto: ma fu 'inutile, ogni paura era svanita; e la paura era stata grande; sicur01 che fuori di te e di B.[orromeo] nessuno vedrebbe le mie lettere, io era stato sul punto di scriverti certi discorsi sul conto di V.[isconti] che, veduti da lui, gli sarebbero dispiaciuti assaissimo, e forse anche avrebbero prodotto una crisi. Certe espressioni di mia moglie e sue, poste insieme, mi avevano spaventato e fatto credere imprudentemente dato da te il permesso. Aggiungi che nella lettera che egli mi scriveva, mi pareva poco soddisfatto di quel che io aveva fatto; ed a me pareva che ragionevolmente nulla più si potesse fare. Ciò crebbe forse il mto malumore. Quanto a B.[orromeo] anche io ho sottinteso sempre che nessuna riserva ci era per lui, e ne sono quietissimo.

Veniamo al bugno. Ti ho telegrafato che Nigra mi ha mandato la tua del 17, e fattomi dire che egli sicuramente mi avrebbe fatto vedere l'Imperatore. Ecco le mie considerazioni:

1o Tu dici che bisogna trarre profitto dalla posizione e fare ogni sforzo, anche la guerra, per impedire ingrandimento dell'Austria. Sono più che convinto della prima parte, ma quanto alla guerra non la capisco senza alleati. Colle rivoluzioni Ungheresi etc. dubito che siano abbastanza forti per essere utili.

2° Mi dici di farmi idea abbastanza chiara del giudizio di questi uomini principali e poi andare a Parigi, ma questo è difficile quando tutti sono ai poli opposti del Regno Unito. Credo poi che siano presso a poco quello che erano que' giudizi, e che si sono poco preoccupati del Messico e di Francoforte. Per buone ragioni ho creduto di parlare a Palmerston dopo partito A.[zeglio] e R.[ussell], ma ciò ha fatto che poi non ho detto ~a Russell tutto quello che poteva dirsi; perciò mi riservava la possibilità di un viaggio in Scozia. Io credo di aver lasciato Russell assai ben disposto per noi. Ho saputo da persona rispettabile che ultimamente egli diceva con un diplomatico che avrebbe dato la Po

lonia non solo ad un ~ciduca ma all'Austria stessa, perchè questa ci desse il Veneto. A proposito, voglio dirti che Scovasso non faccia imprudenze; mi fu detto, fra gli altri lamenti, che gli era stato dato un Vice Console perchè egli potesse girare e intrigare, e cresciuto il salario.

3° Quanto alla tua idea del Congresso delle 5 Potenze più l'Italia, dubito che non sia pratica. L'opposizione dell'Austria e di quelli che vogliono l'alleanza sarà troppo viva. Se poi proponiamo un progetto che sia accettato dalla Francia e dall'Inghilterra almeno, allora capisco che possiamo dire facciamo un Congresso in ·CUi si possa discutere anche questo; come capisco che se gli altri fanno un Congresso, noi chiediamo di essere ammessi. Ma proporre un Congresso senza esserci intesi prima, faremo diffidare di noi, e la proposta non mi pare che possa essere accettata. Mi sono anche più convinto che in diplomazia bisogna avere dei punti fissi e pratici su cui fare la discussione e provocare la deliberazione, se no si stringe il pugno e si prendono delle mosche.

4° Noi abbiamo bisogno del Veneto, abbiamo un progetto per questo, vediamo di metterlo fuori; il momento è opportuno; ballano molti affari; vediamo che anche il nostro entri nella fase della attualità. Ho cominciato a metterlo dolcemente innanzi, e il primo passo non è andato male; bisogna andare innanzi. Io credo la cosa urgente. Mi dici andare a Parigi e parlare all'Imperatore. Innanzi tutto a Parigi non ho les coudées franches; là è Nigra, e bisogna che faccia con lui. Io qui non ho parlato chiaramente a Palmerston che dopo partito Azeglio, e solo dopo questa partenza ho pensato a telegrafarti con la mia cifra. Poi all'Imperatore che cosa dico? Il progetto? Molto facilmente me lo può mettere da parte. E dopo la prima volta, io non posso rivederlo, tutto è finito. Io gli sono sospetto perchè sa che vengo d'Inghilterra. Sa che non sono al potere, che non ci sono voluto stare, e poco gli importa di guadagnarmi, sicchè, non dicendogli del progetto, è probabile che il discorso abbia poco valore e rechi il danno di togliere a Nigra di potergli proporre la sola cosa importante a mio avviso, un ·Colloquio con te. Sebbene io diventi vecchio, ed ogni dì senta rinascere il desiderio di pace perpetua, quando però sono in corsa corro il meglio che posso. Sai che quando si trattò di venire qui, convenni facilmente che io ero adattato, e ti confesso che anche adesso mi dispiace partire, perchè mi pare che all'occorrenza nessuno (scusa la modestia) avrebbe la pazienza di condurre qui le cose come io farei. Ma coll'Imperatore e compagnia non mi pare di essere adattato e dubito assai di fare più male che bene; per cui inclinerei piuttosto a incaricare Nigra di preparare e combinare il tuo colloquio. So che l'Imperatore scrisse a Drouyn de Lhuys che le missioni officiose non le voleva più ricevere. Ad ogni modo però io farò quello che tu vorrai. Io ho pensato che qui non potrei fare altro che andare in Scozia da Russell, ma tirare lui e l'Inghilterra alla iniziativa efficace mi pare tanto difficile che quasi lo dico impossibile, o aspettare Lord Palmerston che credo verrà nella settimana prossima, ma non essendo mutate le circostanze, non vedo che cosa di più attenerne; insomma è presto per lui. Al di sotto di loro, passando ora due giorni in campagna con Layard, è tutto quello che mi pare che io possa fare. A Parigi,

o veggo l'Imperatore o ispiro più vivamente il Nigra. Ti ho scritto che qui io non mi diverto; ma per verità neppure mi annoio; sicchè non è smania di partire; infine sono proprio ai tuoi ordini.

L'Imperatore, mi dice Sormani, si ferma pochissimi giorni a Parigi e parte per Biarritz. Chi potesse farsi invitare colà, quello sarebbe il luogo da discorrere, ma come fare? Panizzi ci andrà ma.... (1)

lVIi pare di averti espresso abbastanza le mie idee, perchè tu poi possa giudicare, ora bisogna che parta.

P. S. -Ti telegrafai che se debbo andare a Parigi dove l'Imperatore deve essere il 27, io anderei il 26.

(1) Cfr. nn. 110 e 114.

(2) Cfr. Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 327-328.

127

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 22 agosto 1863.

Ho ricevuto stanotte il telegramma (2) ch'Ella mi spedì ieri sera intorno al progetto d'una circolare per proporre un congresso a proposito della riunione di Francoforte. A me pare che noi non possiamo farci gli avvoçati dei Trattati del 1815. Noi ne abbiamo lacerato troppi fogli, ed altri troppi vogliamo ancor lacerare perchè abbiamo buona grazia a dichiarare che l'atto del Congresso di Vienna implica la sanzione delle Potenze per ogni mutazione che vi si voglia fare. Non si potrebbe ritornare l'argomento contro di noi? E l'Austria non potrebbe inallora domandare che si sottometta ad un congresso quella ch'essa chiama questione di Napoli? E sventuratamente in questa questione nemmeno la Francia ci sarebbe favorevole. D'altra parte mi pare indubitato che la proposta d'un congresso così fatto, non sarebbe presa in considerazione, nemmeno dalle due Potenze occidentali, e in tal caso avrebbe per unico risultato d'inimicarci l'Allemagna.

A meno adunque che il Governo non sia disposto a dichiarare la guerra all'Austria ad ogni costo e cerchi una ragione plausibile per farlo, non sarei d'avviso di dar corso a tale progetto. Che se per uscire dagli imbarazzi interni non si veda altra via che la guerra all'Austria, malgrado le sfavorevoli condizioni in cui si sarebbe forzati a farla, allora crederei che la proposta possa farsi, basandola però unicamente sui pericoli che l'Italia corre nella concentrazione di tutte le forze tedesche sotto la mano dell'Austria nostra naturale nemica, ma lascerei in disparte i Trattati di Vienna. Non commettiamo per carità gli errori commessi dalla diplomazia occidentale nella questione Polacca, e teniamo ad onore il non aver partecipato al vergognoso pasticcio di cui si è resa colpevole.

Però la guerra all'Austria, se saremo battuti, avrà gravi conseguenze per l'Italia. La Francia, non ne dubito, quando fossimo vinti, si offrirebbe a soccorrerei, e il suo soccorso ci varrebbe probabilmente l'acquisto della Venezia; ma ci varrebbe ad un tempo la perdita di Napoli. Non facciamoci illusioni.

L'Imperatore Napoleone è convinto che noi non possiamo tener Napoli. Checchè vi si dica di contrario, tenete per fermo che tale è il suo concetto. Non farà nulla per provocare una tal crisi, non dirà nulla, ma manet alta mente repositum. È mio dovere di avvertirvene. Che se la vittoria ci potesse arridere, i termini della questione muterebbero radicalmente.

Conchiudo adunque: Invocare i Trattati di Vienna, no. Fare una nota per fare una nota, no.

La proposta d'un congresso non credo possa avere in questo momento probabilità di riuscita. Ma questa è una mia opinione personale solamente. Sventuratamente non posso interpellare nè l'Imperatore che è a Chalons, nè Drouyn de Lhuys che è a Laon. Non verranno che verso il 27 o il 28. S'Ella crede che in quell'epoca se ne debba dire una parola all'Imperatore, Pasolini potrà farlo all'occasione della sua udienza.

(1) -Così nella copia esistente nell'Archivio Pasolini. (2) -Cfr. n. 122.
128

IL MINISTRO RE9rDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. CONFIDENZIALE. Francoforte, 24 agosto 1863.

Aussitòt après la réception de la lettre que V. E. a bien voulu m'adresser sous la date du 14 courant, je me suis empressé, dans la mesure de la prudence et de la réserve qui m'étaient recommandées, de chercher à savoir, en causant avec quelques hommes politiques connus pour leurs relations suivies avec le Comte Rechberg, quelle pourrait etre la pensée de l'Autriche relativement à un échange de la Moldavie et de la Valachie contre le territoire de Venise.

La réunion à Francfort de plusieurs hommes d'Etat allemands, tous plus ou moins dévoués à l'Autriche et dont j'avais connu quelques-uns assez intimement pour aborder, sous forme de simple conversation, certaines questions délicates, m'en a fourni une e~cellente occasion. Malheureusement ce que j'ai à dire à V. E. n'est guère :llavorable à nos espérances. Le premier auquel, par forme d'introduction, je commençais à parler des succès de l'Autriche, en ajoutant négligemment et comme une idée à moi personnelle, que ce serait une grande habilité de sa part de profiter de sa bonne position pour se débarrasser de cette épine au talon qui s'appelle Venise, et de s'assurer le cours entier du Danube par la compensation des Provinces moldo-valaques, ce personnage, dis-je, me répondit immédiatement et sans hésitation en ces propres termes:

• Ne vous faites pas illusion sur les intentions de l'Autriche; à moins d'y etre forcée, elle ne vous cédera pas Venise. Ses triomphes d'aujourd'hui en Allemagne, bien loin de l'engager à une cession de ce genre, lui font au cootraire un devoir de maintenir sa domination. Dans les circonstances de légitime méfiance où l'Allemagne est actuellement avec la France, un abandon de Venise ne serait pas seulement un acte de faiblesse aux yeux de toute la nation,

elle constituerait de plus un oubli impardonnable des intérets suprèmes de défense du territoire germanique que, sans la possession du terr.itoire vénitien, l'opinion publique .regaroe comme entièrement découvef!t de ce d'lté là •.

En entendant formuler cette ·considération qui malheureusement, il faut bien le reconnaìtre, a pris racine dans les cerveaux allemands, je crus devoir faire observer que l'on serait fort embarrassé de trouver dans toute la péninsule un seul Italien qui révat la conquéte d'un seul pouce de territoire allemand, que la théorie d'avoir un pied dans la maison de son voisin pour défendre la sienne, me paraissait aussi injuste que dangereuse; et qu'en définitive la meilleure frontière comme le meilleur moyen de vivre tranquillement ·et en bonne harmonie était, entre nations comme entre particuliers, de •rester chacun chez soi, dans les limites que la nature ·elle-méme avait indiqués.

• Ce que vous dites là, me répondit-il est parfaitement juste; mais ce qui est vrai, tant qu'il ne s'agit que de vous Italiens, devient radicalement faux du moment qu'on doit l'appliquer à la France; et comme vous serez encore longtemps les alliés obligés de la France, dont nous connaissons le gout pour les excursions en Allemagne, il s'en suit que, au lieu d'un passage pour arriver chez nous, elle en aurait deux, et que les portes de nos capitales seraient constamment ouvertes à ses prétentions bien connues de prépodérance en Europe •.

Je ne crus pas prudent de pousser plus loin la conversati0111 sur ce terrain délicat de notre alliance avec la France. J'avais obtenu ce que je voulais savoir, et je me bornais à répondre en termes génémux que l'on s'exagérait en Allemagne la portée de nos relations avec la France, et que du reste nous étions assez forts pour n'ètre les alliés nécessaires d'aucune Puissance.

Deux autres conversations que j'ai eues ensuite ont reproduit à peu de chose près, les mémes arguments. L'un des deux personnages, ·m'a dit entre autres, que peut-étre l'Autriche, alors qu'elle était au mieux avec la France dans l'affaire Polonaise, aurait bien pu céder la Galicie contre les Principautés Danubiennes, mais que de Venise, il ne pouvait en etre question. L'autre m'a donné à entendre que le rétablissement de l'Empire germanique au profit de l'Autriche pourrait peut-ètre bien amener l'Empereur à se dessaisir de Venise, contre compensation. Mais s'il fallait attendre cette chimérique éventualité, nous courrions le risque d'attendre fort longtemps. Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer

V. E. un pareil événement n'est pas plus dans la situation des choses qu'il n'est dans la pensée de l'Empereur d'Autriche.

Il est enfin une dernière considération qui, sans etre d'une importance décisive, mérite cependant d'ètre portée en ligne de compte dans l'énumération des difficultés qui s'opposent à notre entrée en possession de Venise. Il est certain et l'on sait ici de source certaine, que l'Empereur est personnellement hostile à toute espèce de transaction là-dessus. S. M. n'a pu encore oublier les désastres de Solferino, et son amour-propre militaire en est encore, aujourd'hui comme aux premiers jours, profondément blessé. C'est à un tel point, qu'Elle ne peut rien entendre de ce qui lui rappelle, mème de très loins, cette époque d'humiliation pour sa Couronne, sans le laisser apercevoir sur sa physionomie. Ainsi, tout dernièrement ici, à l'occasion de la présentation qui lui fut faite du Corps diplomatique, l'Empereur s'étant approché d'un de mes collègues (qui m'a confié le fait), il lui demanda où il avait été avant de venir à Francfort.

Sire, lui répondit-il, J'étais en Italie; à ce mot d'Italie, sa figure se contracta visiblement, et coupant court à la conversation, il passa à son voisin.

En résumé, d'a.près l'ensemble des appréciations que j'ai pu recueillir, je ne pense pas me tromper beaucoup en croyant que nous n'arriverons pas à un résultat pratique par la voie des insinuations, et que les deux grands moyens qui nous restent, ainsi que les indique V. E., sont: ou de recourir à l'action énergique, d'une Puissance tel!le que la France, inspirant assez de crainte pour faire accepter ses offres de compensation; ou de nous rendre assez forts nous-memes pour que, à un moment favorable donné, comme le serait une rupture ouverte entre l'Autriche et la Prusse, ou la tentative de la part de la France de s'emparer de la ligne du Rhin, nous arrachions par nos armes des mains de l'Autriche ce qu'elle persiste de refuser à une équitable transaction.

129

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 14. Torino, 25 agosto 1863.

Dans votre dépèche du 7 Mai 1863, n. 473, Série Politique (1) Vous m'avez informé des démarches confidentielles que Vous avez faites auprès de M. Geffcken pour savoir si les Villes Hanséatiques auraient des difficultés à délivrer l'exequatur à un Consul Général d'ltalie que le Gouvernement du Roi se proposerait de nommer à Hambourg. D'après la réponse de M. Geffcken, qui aurait sondé préalablement les intentions de son Gouvernement, le Sénat de la Ville de Hambourg serait dans les meilleures dispositions à cet égard. On désirerait néanmoins que M. Schroder, Consul Général actuel de S. M. ne fU.t remplacé que par un Consul de Jère catégorie. Le mème désir serait partagé par les Villes de Breme et de Lubeck. Vous proposiez sagement toutefois, M. le Comte, d'établir à Hambourg une Légation d'Italie pour y contrebalancer l'influence prédominante de l'Atitriche.

Les conditions actuelles de la partie du budget des Affaires Etrangères consacrée au personnel diplomatique ne me permettent pas, à mon grand regret, d'adopter cette proposition. Je crois cependant pouvoir réunir les avantages de ce système avec ceux qui résulteraient de l'envoi d'un Consul Général de Jère catégorie, en nommant à Hambourg un membre distingué de notre Corps consulaire, qui à so n titre de Consul Général réunirait celui de Chargé d'Affaires de S. M. L'importance politique de Hambourg étant une conséquence directe de son importance commerciale, l'envoi d'un Consul expérimenté me parait d'ailleurs préférable à celui d'un simple secrétaire de Légation.

Je profite par conséquent du courrier de Cabinet pour Vous autoriser, M. le Comte, à saisir la première occasion qui vous paraitra favorable pour annoncer offidellement à M. Geff,cken que le Gouvernement du Roi, désirant profiter des bonnes dipositions qu'il Vous a exprimées au nom de son Gouvernement, a

l'intention d'établir à Hambourg un Consulat Général de Ière catégorie, dont

le titulaire serait aussi accrédité auprès des Villes Hanséatiques en qualité òe

Chargé d'Affaires.

Je laisse entièrement à Votre apprédation, M. le Comte, de décider s'il

convient de faire cette démarche dans [e moment actuel, ou s'il vaut mieux at

tendre une circonstance plus favorable.

J e me réserve de vous transmettre le nom du Chargé d'Affaires du Roi à

Hambourg aussitOt que j'aurai soumis au Roi Sa nomination, et je Vous prierai

en meme temps de me faire connaitre si ce choix sera, camme je n'ai aucun

doute, agréé par le Gouvernement des Villes Hanséatiques.

(1) Non pubblicata.

130

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

D. CONFIDENZIALE 15. Torino, 25 agosto 1863.

Ho letto attentamente ed ho presentato al Consiglio dei Ministri i due Dispacci ConfidenzicLLi aventi i nn. 13 e 14 in data del 4 e 5 agosto (1).

Nel primo di essi la S. V. Illustrissima dopo avere accennate le ragioni per cui crede debbano essere senza alcun frutto i negoziati diplomatici intavolati dalle tre grandi potenze in favore degli insorti polacchi, conchiude che la sola soluzione che possa mettere in salvo la dignità di tutte le nazioni, allontanare il pericolo di una guerra, conciliaJ>e colla causa della Polonia quella della democrazia europea, è un Congresso Generale. Questo Congresso dovrebbe stabilire così larghe transazioni che l'opinione pubblica ottenga per esso il compimento dei propri voti. E qui io debbo citare le sue stesse parole:

• L'abbandono del Granducato di Varsavia sarà legittimato dall'abbandono della Venezia. La soluzione della questione di Roma mitigherà l'amarezza dell'Inghilterra di vedere proclamata la libertà del Mar Nero. La garanzia europea all'Austria del Tirolo e dell'Istria troverà un giusto raffronto nella garanzia alla Russia della Lituania e delle antiche provincie ».

Il Consiglio dei Ministri non potè non riconoscere che un Congresso generale nel quale si trattassero tutte le grandi questioni vertenti e si fondasse una stabile pace sulla base della nazionalità e della libertà sarebbe certo desiderabile, come sarebbe onorevole per l'Italia l'averlo proposto. Ma esso non potè dispensarsi dall'esaminare questa idea sotto l'aspetto dell'efficacia e pratica utilità che ne ridonderebbe all'Italia.

Prendendo l'iniziativa della proposta d'un Congresso Generale il Governo di S. M. dovrebbe mirare ad uno di questi due scopi: O si tratterebbe di fare un serio tentativo diplomatico e di ottenere la convocazione effettiva del Congresso.

Oppure si mirerebbe soltanto a fare sotto forma di dimostrazione diplomatica un appello alla pubblica opinione, una manifestazione dei sentimenti liberali, che debbono informare la politica del Governo.

Il primo scopo è in questo momento impossibile a raggiungersi. È pur troppo un risultato dell'attuale situazione politica dell'Europa che i Congressi seguano le grandi guerre e non le precedano: che la penna consacri il risultato ottenuto dalle armi, e non riesca mai o quasi mai ad impedire il prorompere delle ostilità. Io non mi arresterò dunque a provarle che appunto perchè nè la Russia intende rinunciare al Gran Ducato di Varsavia, nè l'Austria al possesso della Venezia, nè l'Inghilterra alla neutralizzazione del Mar Nero, un Congresso convocato su basi siffatte non ha alcuna probabilità di riunirsi.

Ciò premesso, il Consiglio dei Ministri ha dovuto esaminare se convenga ad un Governo regolare di addivenire ad un atto la cui pratica efficacia sarebbe evidentemente nulla, il cui scopo immediato e diretto è chiaramente impossibile ad ottenersi nelle circostanze attuali.

Rimarrebbe il secondo scopo, quello di un appello alla pubblica opinione, di far sentire la voce dell'Italia ai popoli se non ai Governi.

Il Consiglio dei Ministri prese perciò a considerare se codesta manifestazione fosse necessaria, e se la proposta di un Congresso nei termini e sulle basi suggerite da lei fosse tale da dare ampia soddisfazione alla pubblica opinione.

Non parve in primo luogo ai miei colleghi ed a me che alcuna dubbiezza possa esistere nè in Italia nè fuori circa i veri desiderii del Governo del Re, circa lo scopo finale della sua politica estera. Chi non sa che Roma e Venezia ci stanno sempre fisse nell'animo, e che ogni sviluppo dei principii di libertà e di nazionalità è da noi desiderato come un mezzo di affrettare il compimento dei nostri destini? Le discussioni ch'ebbero luogo al Parlamento, i discorsi pronunciati dai Ministri debbono bastare a rimuovere su questo proposito ogni dubbiezza. Non è da credere perciò che i popoli attribuiscano la presente nostra riserva ad altri motivi che a quelli stessi che ella accennò, e specialmente alla poca probabilità che i negoziati attualmente intavolati possano condurre ad alcun risultato efficace e conforme ai voti delle popolazioni.

Dall'altro canto è lecito di dubitare che l'opinione pubblica si mostrasse completamente soddisfatta delle soluzioni che ella suggerisce come base dei lavori del Congresso.

Lo scopo ultimo ed ampiamente dichiarato dell'insurrezione polacca si è di ricostituire la Polonia nei limiti del 1772. I Polacchi respingerebbero certamente ogni proposta tendente a far sì che l'Europa guarentisse alla Russia il possedimento della Lituania e delle altre antiche provincie polacche. Questa soluzione sarebbe rigettata ad un tempo dalla Russia che non è punto disposta a rinunciare al Granducato di Varsavia, e dalla insurrezione che non cessa di reclamare la Volinia e la Lituania come parte integrante dello Stato Polacco.

Non parlo della guarenzia che l'Europa dovrebbe dare, secondo Lei, all'Austl'ia per l'Istria e pel Tirolo. Ella volle evidentemente IÌndicare solo per sommi capi le basi di una transazione, e non stabilire tutti i punti d'una stipu

lazione precisa e formale. Però gli è evidente che codeste proposte sarebbero lungi dal trovare appoggio nella pubblica opinione, e che perciò anche questo unico risultato non sarebbe raggiunto coll'atto che ella propone.

Ma più gravi inconvenienti potrebbero nascerne che non siano quelli della semplice inutilità diplomatica. Seguendo quella estrema riserva che i Ministri di S. M. a Parigi, a Londra ed a Berlino non cessano di consigliarci, il Governo del Re non preclude a se stesso la via ad entrare, quando se ne presenti l'opportunità, in nuove combinazioni. Invece la proposta di un Congresso fatta nelle circostanze attuali, sarebbe giudicata a Parigi ed a Londra come un tentativo destinato a turbare i negoziati intavolati dalla Francia, dall'Inghilterra, e dall'Austria, come un modo di far nascere nuove complicazioni. I Gabinetti di Parigi e di Londra giudicherebbero (erroneamente) che la nostra proposta fosse ispirata e suggerita dal Gabinetto di Pietroburgo: il quale del resto può far buon viso alla proposta generica d'un Congresso, ma non alle basi ch'Ella suggerisce come programma dei suoi lavori. Noi ci saremmo perciò allontanati vieppiù dai Gabinetti di Parigi e Londra, senza esserci in realtà avvicinati a quello di Pietroburgo. Io le addurrò in prova di ciò le risposte che il Principe Gortschakoff ha date anche nel colloquio ch'ella mi riferisce col Di,spaccio Confidenziale n. 14, ogni 'qua,lvolta ella fece allusione ad una politica di nazionalità per parte della Russia. Non è nel momento in cui il Governo dello Czar accusa la rivoluzione europea di aver fatto centro a Parigi ed a Londra per fomentare i disordini in Polonia che è sperabile ch'esso sia per accogliere con favore una proposta la quale non mira ad altro che al trionfo di questi principii ri

voluzionarii.

Queste considerazioni condussero il Consiglio dei Ministri a decidere di non abbandonare per ora la linea politica seguita sin qui nella questione polacca. Gli inconvenienti di questa nostra estrema circospezione sono infatti, a chi ben guardi, più apparenti che reali. Ella opina, Signor Marchese, che gli sforzi diplomatici della Francia, dell'Inghilterra e dell'Austria non possono condurre nè ad una soluzione pacifica soddisfacente, nè ad una guerra generale. Se cosl è realmente, chi potrà far colpa a noi di non aver voluto assumere la responsabilità di questo risultato? Anzichè vedere nella nostra riserva un segno di troppa arrendevolezza ai desiderii delle altre potenze, non dimostra essa al contrario il desiderio di seguire una linea propria e di non sacrificare alcuno dei principii direttivi della nostra politica? Le Potenze segnatarie dei Trattati di Vienna preferirono di circoscrivere la loro azione diplomatica nei limiti di queste stipulazioni. Noi non credemmo poterle seguire in questa via, e preferimmo attendere il momento in cui questa fase laboriosa e fastidiosa fosse compiuta. Dichiarammo francamente il nostro avviso, dapprima in alcuni atti diplomatici, poscia in modo più esplicito al Parlamento. Una nuova affermazione dei nostri principii è perciò superflua, e la proposta di un Congresso può essere intempestiva, porgendo pretesto a congetture e ad ipotesi che a noi torna conto

di evitare. Io spero ch'ella sarà persuaso che queste osservazioni non sono prive di fondamento...

13 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

(1) Cfr. nn. 87 e 90.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 21. Torino, 25 agosto 1863.

Minghetti scrive una lunga lettera per Pasolini e per lei (1), salto dunque di pari passo l'affare più importante. Ho veduto con piacere come ella abbia accompagnato con una nota i documenti dei briganti. Ella non può credere quanto scapito nell'autorità morale del Governo rechi questo lungo ritardo. Il Governo· francese ci lascia scoperti in faccia all'opinione pubblica, capisco che ciò poco gli importi, ma poteva sperarsi ch'esso si preoccupasse un pochino di più della sua influenza morale nella penisola.

Il progetto che le ho comunicato con un telegramma (2) a cui ella risponde· colla sua ultima lettera (3) non aveva nulla di preciso nel nostro pensiero. Era un progetto come tanti altri e si desiderava di chiamarla a consiglio. Del resto· Minghetti ed io siamo rimasti perfettamente convinti delle considerazioni ch'ella svolge nella sua lettera. Una parte di esse ci si era di pl'ima giunta presentata al pensiero e ci aveva resi esitanti di mandare un telegramma.

La quistione però del progetto di riforma federale fatto dall'Austria tocca così davvicino alla questione della Venezia che ci sembra ci sia forza non solo· di preoccuparcene, ma anche di mostrarlo. Secondo l'articolo otto del progetto, basta una decisione a semplice maggioranza di voti del Consiglio federale per condurre tutta la Confederazione nella guerra, anche nel caso che fosse minacciato il territorio extrafederale d'una potenza Germanica. Finora l'attitudine della Germania quanto ai casi di guerra era regolata dagli articoli 39 e 48 dell'atto finale della Conferenza di Vienna del 15 maggio 1820. Basta vedere la differenza fra il nuovo progetto e l'antico atto per scorgerne l'importanza. Ella ha perfettamente ragione quando mostra la poca opportunità che ci sarebbe da parte nostra nell'invocare i trattati del 1815 e se il Congresso non ha probabilità di successo, meglio giova abbandonarne il pensiero. Ma parmi che si possa fare su questo argomento un dispaccio per Parigi e per Londra, non un dispaccio da comunicare, ma di semplici istruzioni e perchè se ne intrattengano i rispettivi governi. Il tentativo dell'Austria di far includere nella Confederazione le sue provincie non tedesche fu abbastanza ripetuto perchè giovi occuparsene anche pel solo pericolo che la proposta si ripresenti e provocare m tal riguardo delle spiegazioni e uno scambio di viste in proposito. II progetto. nuovo dell'Austria equivale quasi per le sue conseguenze a quella garanzia. Allora i Governi di Francia e di Inghilterra fecero delle Note, de' Memorandum, ecc. ecc. Lasciando da parte le ·Considerazioni basate sulle stipulazioni del 1815, essi svilupparono anche delle considerazioni generali politiche che si attagliano al caso presente. Se si potesse ottenere dal Governo francese delle dichiarazioni:

in cui fosse stabilita una uniformità di vedute col Governo Italiano in proposito, il nostro scopo sarebbe raggiunto. Si mostrerebbe che quando si presenta una quistione seria non si sta colle mani alla cintola, che la nostra riserva copre una vigile sorveglianza e che la buona intelligenza della Francia e dell'Austria non si compie a' nostri danni. Si mostrerebbe insomma che non siamo veramente isolati.

È ur.a buona abitudine italiana che quando il Parlamento è chiuso i giornali attaccano il Governo non solo con un raddoppiamento di critiche, ma anche con un raddoppiamento di frottole. Fra queste, non so con quale scopo, si spacciò il suo :richiamo da Parigi. Io lo feci subito smentire nel modo il più reciso. Non occorre le dica che non v'ha in ciò la minima ombra di vero. Però Artom ed io pensiamo che, quando la sua salute non richieda altrimenti, per evitare una noiosa recrudescenza di simili voci, sarebbe forse meglio ch'Ella sospendesse per qualche breve tempo il Suo progetto di congedo. Bixio fu da me un istante e di passaggio per Genova per l'affare della casa della Legazione. Gli dissi che la base del contratto dovrebb'essere quella di una annualità con ammortizzamento. Mi rispose che la cosa era possibile che sarebbe fra qualche giorno ripassato da Torino e mi avrebbe esposte le condizioni. Ecco la causa del ritardo. Credo di aver convinto Minghetti a dare il suo assenso.

(1) -Cfr. n. 133. (2) -Cfr. n. 122. (3) -Cfr. n. 127.
132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 25 agosto 1863 (1).

Ho letto e riletto nel Consiglio de' Ministri i tuoi dispacci i quali furono l'oggetto d'una lunga seduta. Per quanto la tua proposta apparisca seducente ed ispirata ai concetti di una larga politica iniziatrice, pure ci fu forza riconoscere che le circostanze attuali ne rendevano impossibile la riuscita. N o i non potremmo diffatti proporre un congresso in questo momento in cui siamo sicuri che la proposta non sarebbe accettata da nessuno o, quel che è peggio, forse solo dalla Russia. Il tuo ultimo dispaccio telegrafico, la tua ultima conversazione col Principe Gortsch:akoff mi fanno supporre che forse a' tuoi occhi stess,i le circostanze sono ora mutate. Infatti per quest'anno è assicurato che guerra non vi sarà. La Russia spera soffocare nell'inverno l'insurrezione, essa accorderà per tutto l'Impero delle riforme costituzionali più larghe che i famosi sei punti in cui si è impigliata la diplomazia occidentale. Se l'insurrezione attraverserà la dura stagione invernale, se scoppierà più vigorosa nella primavera, secondo confidano i Polacchi, allora o la causa polacca sarà abbandonata dai Gabinetti, oppure dovrà necessariamente porsi sul suo vero terreno, quello

della nazionalità. I congressi, tu lo sai meglio di me o seguitano la guerra, o sono un ultimo mezzo per prevenire una guerra divenuta inevitabile. Forse il congresso sarebbe stato possibile se le altre due Potenze si fossero spinte sin dove la Francia le voleva condurre. Ma quando l'Inghilterra e l'Austria mostrarono di non voler entrare in una fase d'azione, di non voler forse una sanzione alle loro ultime note, quando ,la situazione è giunta a tale punto 'Che il Principe Gortschakoff ha potuto dirti qu'il considérait l'incident comme vidé, la proposta del ,congresso mi parrebbe giungere in momento assai poco propizio. Io non dispero del resto che il momento ritorni perchè le idee vere tornano a galla. In un punto però ti confesso che non saprei essere di accordo con te. Tu sembri fare sino a un certo punto astrazione dal successo diplomatico e credi che se anche la nostra proposta subisse lo scacco di non essere accolta da nessuno, ciò sarebbe compensato dal successo che avrebbe presso l'opinione pubblica. L'Italia non sa ancora con qualche sicurezza come finirà la questione Polacca. Ora se la diplomazia cessa i suoi sforzi impotenti avendo fatto poco, si dirà di noi che abbiamo fatto ancora meno poichè neppure presentammo una nota. Ora, l'opinione pubblica assolutamente richiede che noi facciamo qualche cosa, che noi uniamo il nostro linguaggio a quello che si fa udire per la Polonia. Tu stesso, che sei fra i nostri uomini di Stato uno di quelli che più hanno fatto assegnamento sull'opinione pubblica, devi ammettere questa indeclinabile necessità. Che se attendevamo di conoscere la risposta russa parevami che delle due cose l'una dovesse accadere. O la Russia cedeva alla pressione, e la nostra nota, giungendo dopo, aveva troppo evidentemente l'aspetto di un atto di coraggio a buon mercato. O la risposta era un rifiuto, e la nostra nota, producendosi dopo il rifiuto, assumeva un aspetto singolarmente grave. Ella avrebbe avuto un significato soltanto nel caso in cui, sicuri delle disposizioni della Francia a procedere oltre, la nostra nota fosse il sintomo e il segnale d'una seconda fase più stringente e più grave. O la Russia respingeva sdegnosamente le nostre osservazioni, le quali giungevano subito dopo ch'essa aveva già data la sua risposta in una circostanza solenne, e ciò ne poneva in una situazione pericolosa, o trattava la nostra professione di fede come lo sforzo isolato e innocente di una politica sentimentale, e ciò mi sarebbe doluto anche più. Essendosi dunque modificata la situazione, mi parve che dovessero modificarsi nella loro pratica attuazione anche i consigli, le norme di condotta che tu mi suggerivi. Non parlare di Trattati del 15, non parlare di riforme, non pronunciare una parola dissonante da' nostri principii, non aderire puramente e semplicemente a un accordo in cui c'era l'Austria, tenere la nostra posizione distinta pure segnando l'accordo sostanziale e sincero della nostra politica colla politica francese nella questione di Polonia, in tutti questi scopi l'accordo fra te e il Ministero parmi sia stato completo. Un giudizio d'opportunità al quale forse ti saresti associato, se fossi stato con noi al momento della determinazione, ci fece pensare che il momento più opportuno per presentare la nota era quello della comunicazione francese, e prima della risposta del Governo russo. Dalla nota che tu hai co111Unicato dal dispaccio con cui ne abbiamo tmsmessa cc>pi.a a Par1igi, tu vedl che noi non abbiamo solo aderito all'accordo delle tre Potenze; abbiamo tenut0 una attitudine nostra speciale, ma abbiamo scelto questo momento che

ci parve il più opportuno, perchè il lasciar passare questa fase diplomatica senza parteciparvi, ci avrebbe posto in contraddizione colla opinione pubblica; giacchè il rifiutare ogni concorso alla Francia avrebbe fatto nascere un dubbio sulla nostra disposizione ad accompagnarla sinceramente in questa vertenza e a pagare, se occorre, all'Imperatore Napoleone il nostro debito di onore; perchè 1:~ risposta della Russia chiude un periodo della quistione per aprirne un altro nel quale nulla impedisce che possiamo, indicandolo le circostanze, più completamente accentuare la politica che tu consigli e lo potremo fare tanto più in quanto avremo un ,appiglio nel linguaggio che già abbiamo tenuto, nell'azione che già abbiamo esercitato.

Ti aggiungerò che il Principe Napoleone, in Toscana, mi disse che, a suo avviso, noi dovevamo guardarci dall'isolamento e presentare subito la nota.

Appartenesti all'Amministrazione antecedente e sai in quali combinazioni politiche era impegnata la politica italiana. Aspromonte dapprima, l'insurrezione polacca dappoi hanno creato una combinazione nuova, hanno mutato i dati della situazione. Ora bisogna che questa nuova condizione di cose si esplichi prima di giudicarci. Quand'essa sarà chiarita, quando se ne potranno intravvedere i risultati, allora si potrà giudicare la nostra condotta. Bensì in Europa oltre la questione Polacca sono sorti de' nuovi fatti ed essa non può più considerarsi isolatamente. V'è l'importantissimo avvenimento della riunione de' Sovrani a Francoforte, l'elezione del Messico e l'offerta del trono all'Arciduca Massimiliano. Se questi fatti fossero tutti collegati fra loro in un solo piano, la situazione potrebbe essere fatale per noi che, a qualunque costo, dovressimo uscirne. Ma tale è veramente lo stato delle cose? Il Principe Gortschakoff ti diceva ch'egli credeva sapere che l'Arciduca Massimiliano avrebbe finito per rifiutare l'offerta. Per verità, l'accoglienza che pareva certa qualche tempo fa, ora comincia a diventare problematica. Il Governo austriaco dichiara essere questo un affare personale fra 11'Imperatore e l'Arciduca MassimiHano, ch'esso non prende impegno, nè assume alcun obbligo. Il Principe Gortschakoff ti aggiungeva che l'Austria aveva fatto un faux pas, à Francfort. Amerei sapere se egli ti ha sviluppato i motivi di questa sua asserzione. Quello che ora succede a Francoforte merita la nostra più grande attenzione. V'è in ciò una quistione che ci tocca più direttamente che la quistione Polacca. Dapprincipio l'iniziativa dell'Austria fu accolta a Parigi con pochissima soddisfazione. L'Austria non può esercitare una supremazia sull'Allemagna, non può rafforzarvi l'unità politica che facendovi opera ostile alla Francia. Essa raccoglie intorno a sè il fascio delle forze germaniche che sono naturalmente ostili all'ambizione Napoleonica. La quistione del Reno può uscire dal sistema delle annessioni come le voleva

M. de Bismarck, ma non da una confederazione comprensiva di tutti gli attuali elementi, con una rappresentanza popolare. Pare anche che l'iniziativa germanica dell'Austria debba introdurre nuovi germi di dissoluzione nelle Provincie non tedesche dell'Impero. Se l'Austria avesse domandato l'ammissione di queste Provincie nella Confederazione, essa avrebbe commesso un errore che faceva sorgere una gran quistione Europea, e che tracciava a noi una linea di condotta chiara e risoluta. Essa non lo fece, ma calcolò che quello che non era stabilito ne' patti legali della sua riforma poteva bene riuscire come conseguenza morale. Non ho bisogno di insistere su questa idea.

Ti prego di studiare nella parte più importante per noi del progetto austriaco, quella che tratta della pace e della guerra, le differenze che esistono fra l'antico atto finale delle Conferenze di Vienna del 15 maggio 1820, dall'articolo 39 al 48 e il nuovo progetto. Basta nel caso di una guerra dell'Austria attaccata in un possedimento non germanico di una decisione a semplice maggioranza di voti del Consiglio federale per trascinare tutta la Confederazione nella guerra. L'atto costitutivo della Confederazione germanica fa parte del Trattato del 1815, quindi, in principio, ogni modificazione richiede la sanzione delle altre Potenze. Ma noi non avremmo buona grazia a opporre a una trasformazione nazionale della Germania il Trattato di Vienna. I nostri argomenti ci si potrebbero troppo facilmente ritorcere contro. Bensì possiamo considerare la cosa dal lato dell'equilibrio generale nella risoluzione di certe questioni in cui l'Italia può essere impegnata. La Francia e l'Inghilterra hanno protestato ogni qualvolta l'Austria propose l'introduzione delle Provincie non tedesche. Oltre i patti scritti, esse fecero valere anche delle considerazioni politiche generali che possono valere anche contro il progetto di cui attualmente si tratta. Noi chiederemo tosto, e questo te lo dico sotto tutta riserva, delle spiegazioni in proposito a Parigi ed a Londra. Per sapere come contenerci a Pietroburgo gioverà che tu, coll'aria di una ispirazione personale, cerchi col Principe di mettere il discorso su questo argomento, per sapere che cosa pensa il Governo russo dell'iniziativa di Francoforte, e se si può cavare partito dalle sue disposizioni. Parmi che anche la Russia non dovrebbe vedere di buon occhio una mutazione che può così facilmente mettere a disposizione dell'Austria tutte le forze della Germania.

Ricevuto il tuo dispaccio nel quale mi parlavi di una possibile proposta della Prussia per una conferenza per la quistione Polacca più qualche altra, presi subito informazioni a Berlino. Dal Ministero si rispose a De Launay che il progetto vi fu, che venne abbandonato, ma che si poteva in certi casi riprenderlo. Del resto de Launay scrive che direttamente colla Prussia non v'ha nulla a fare e ci raccomanda, in ogni caso, di attendere che le carte fra la Prussia e l'Austria siano ancora più imbrogliate.

Sono stanco di questa lunga chiaccherata scritta d'un fiato.

(1) Non si pubblica, sullo stesso argomento, una lettera pari data di Minghetti a Pepoli(AP, parzialmente edita in LIPPARINI,· pp. 347-348).

133

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 333-337)

L. P. Torino, 25 agosto 1863.

Le ragioni che tu indichi nella ,tua del 21 corrente (1) per inferirne che per avventura meglio convenisse prendersi l'iniziativa dal Nigra che da te coll'Imperatore, hanno certo della gravezza; ma e l'opinione stessa espressa dal Nigra, e la tua posizione precedente, e sopratutto il venir da Londra, e il portarne le

rec-enti e autorevoli impressioni, mi par che inducano a preferire il partito opposto; cioè che tu abbia l'udienza, e tu stesso esponga il disegno che proposto da noi fu da Palmerston favorevolmente accolto. Presuppongo adunque che conferitone col Nigra, tu stesso ti risolverai per questo partito, ed entro in materia. È impossibile immaginare qual sarà l'andamento di un colloquio unico che dipende da infinite circostanze. Intorno al progetto che forma il cardine della missione, non ho nulla da aggiungere, perchè tu l'hai ventilato sotto ogni rapporto. Ma rispetto al recente ·congresso di Francoforte, è d'uopo osservare che spingendo l'Austria al suo vero destino, sul Danubio, egli è chiaro che la si allontana dal primato germanico, il quale non può piacere all'Imperatore, come non può piacergli per ora nessun assetto definitivo di quella provincia.

La costituzione poi di un Regno di Polonia, oltredicchè sarebbe uno splendido trionfo di una grande e sapiente politica, spingerebbe eziandio il passo ai disegni ulteriori dell'Imperatore. E quando si comparano i risultamenti quasi certi ad ottenere, colla piccolezza dello sforzo (perchè una guerra colla Russi? nei termini presupposti non sarebbe nè lunga nè perkolosa), non si può a meno di non convincersi che in quel progetto sono tutti gli elementi della più felice riuscita.

Se non che, ripeto, il progetto tu lo conosci sotto tutti gli aspetti meglio di noi. Vorrei dunque toccare alcuni altr:i punti che potranno cadere nella conversazione, o sui quali tu potrai volgere il discorso, e che sebbene siano stati indicati all'Imperatore altre volte, è pur utile ripetergli.

Il risorgimento italiano è la più bella gloria di Napoleone III e della sua dinastia. Se andò oltre alle sue previsioni, non è men vero che il favorirne il compimento gli dà titolo splendido di aver fatto la maggior opera del secolo.

L'unità italiana, per quanti inconvenienti possa avere nella sua definitiva attuazione ed assetto, è la sola soluzione possibile del problema. Il progetto di Villafranca sarebbe impossibile. Tu che non sei certo avventato d'tdee, puoi meglio di tutti testificare questo vero, che qualunque diverso assetto delle cose d'Italia non farebbe che creare rivoluzioni e reazioni, instabilità perenne; di.struggere insomma l'opera di Napoleone, insieme colla nostra.

Poste queste due premesse, la conseguenza è che come nella necessità di Italia, così è nell'interesse napoleonico di aiutare l'Italia.

Noi siamo venuti al potere col programma di organizzare. E lo facciamo. lo otto mesi si è lavorato a questo scopo, più che in due anni addietro. Il brigantaggio è decresciuto, noi speriamo spegnerlo anche prima dell'inverno, almeno nelle bande un po' grosse. Ma non bisogna dissimularci che il circolo vizioso, tante volte indicato dai nostri oppositori, è in parte vero. Organizzare da Torino, organizzare in presenza dei Francesi a Roma, dei Tedeschi a Venezia, è un'opera difficilissima, ciclopica, piena di pericoli. Contenere i partiti più ardenti, sempre fare passi per soddisfarne le giuste esigenze, fare economia seria senza diminuire l'esercito, sono problemi quasi insolubili.

Questo stato di cose può dunque essere funesto a lungo andare, può almeno occasionare mutazioni frequenti di ministeri, agitazione e debolezza. 01tredicchè l'isolamento politico che non nuocerebbe punto, anzi aiuterebbe la tranquilla organizzazione, è odioso all'opinione generale, non solo per amor proprio, ma perchè essa ci vede e l'alleanza di F1rancia ed Austria, e tutte le minaccie che da quella ,conseguono. Pertanto se l'opera della organizzazione è, come dicevo sopra, ardua per sè in sommo grado, diventa impossibile forse, quando almeno non si mostri evidentemente che noi siamo d'accordo colle grandi Potenze, che siamo da esse considerati, che trattiamo con loro nelle grandi questioni.

Pertanto non basta che l'Imperatore dica qualunque sua intesa coll'Austria sarà tale da non compromettere gli interessi d'Italia. V'ha l'influsso che ciò produce sull'opinione pubblica in Italia che è da mettere in calcolo grandemente. Che se l'Imperatore pei suoi fini tiene cotanto all'alleanza austriaca da passar sopra a queste considerazioni, non bisogna che gli sfuggano le possibili conseguenze di questa politica in Italia. A me pare che Drouyn de Lhuys la pensi così: -l'Italia, non entrando per ora nei calcoli della nostra combinazione, resti all'infuori, si occupi dei fatti suoi, e noi la lasciamo tranquilla. Questo è un falso ragionamento. L'Italia verrà in tale stato che darà al governo francese delle serie preoccupazioni.

Io torno a dire che questa politica d'organizzazione interna sarà possibile se noi partecipiamo alle grandi questioni europee, il che lascia al paese la speranza di risolvere le questioni italiane; se no, o noi dovremo stringerei coll'elemento rivoluzionario e capitanarlo, ovvero lasciare il posto ad esso. E nell'uno e nell'altro caso degli imbarazzi serii ne verranno anche alla Francia, più scrii di quelli che ora s'immagina. L'agitazione italiana ricominciando sarà forse esiziale a noi, ma non potrà a meno di turbare la pace d'Europa. Io vorrei dunque, se il gran progetto non si effettua, capacitar l'Imperatore della necessità assoluta che vi ha di dare all'Italia un posto conveniente in tutte le questioni europee.

Non parlo della questione romana: tu lo sai a memoria. E certo noi ci siamo messi sopra un terreno sul quale i negoziati sono possibili. Ma la presenza di Francesco II a Roma è, per Dio, una esorbitanza incomportabile. Le note della Francia per la sua espulsione, non esaudita mai, fanno credere al paese che è voluta intesa: perchè nessuno può persuadersi che se la Francia vuole non lo ottenga, e che essa non abbia il diritto tutelando il Pontefice di esigere almeno che non ospiti e favoreggi i nostri nemici. La posizione di Roma è pur sempre dolorosa per tutti; e se un giorno dovesse scorrere sangue italiano a Roma per opera dei Francesi, sarebbe sempre una macchia, e una assurda contraddizione ai principii di Napoleone.

Tu mi hai parlato più volte di avere io medesimo una conferenza coll'Imperatore. Certo la cosa mi tenta, e dirò anche che avrei fede di far passare nel suo animo taluno dei miei convincimenti. Ma tale colloquio non può aver luogo se non a due condizioni: che l'Imperatore lo desideri, e che vi siano tali circostanze da dover sperar che ne esca un risultato d'importanza. Imperocchè senza quest'ultima parte, eziandio il colloquio nuocerebbe alla considerazione del governo italiano, e sarebbe dannoso anzichè utile. Per quanto le cose si facciano segrete (e possono farsi qui segretissime?), pure o prima o poi qualche cosa ne trapela; e un passo tale infruttuoso, è un errore madornale. Se per esempio Napoleone accettasse il progetto, e vi fosse da concretarlo, l'opportunità sarebbe conveniente; ma se lo rifiuta, se l'Italia è fuori del tutto dai suoi disegni, manca il soggetto della conversazione, mancano gli elementi per arrivare a buon fine.

Ad ogni modo è questa una di quelle idee che possono sorgere naturalmente nella tua udienza, ma che a priori non si possono predisporre. Tu sul posto e all'atto ne sarai giudice.

Concludo. Nonostante le ragioni da te addotte, mi pare partito savio che tu vegga l'Imperatore.

Scopo precipuo è indicargli il progetto accolto favorevolmente da Palmerston. Se questo riesce, la trattativa potrà condursi tacitamente, preparare ogni cosa, e colla primavera al più tardi effettuarlo.

Se il progetto non è accolto, bisogna convincere l'Imperatore che è interesse supremo d'Italia, e interesse anche della Francia e della sua dinastia, che le cose nostre procedano ordinate; e che il mezzo più efficace a ciò è ch'egli dimostri di tener l'Italia in quella considerazione che merita, di averla per alLeata, di farla partecipare a tutte le grandi questioni pendenti.

Eventualmente: possibilità di negoziati per Roma, necessità dell'espulsione di Francesco II, conclusione degli accordi militari pel brigantaggio etc. etc. Non parlo dell'affare dell'Aunis chè non voglio dubitare dell'esito, e mi parrebbe inopportuno ricordarlo.

Questi sono i sommi capi, che ti indico così come la penna getta. Aspetto la tua determinazione.

(1) Cfr. n. 126.

134

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 337-339)

L. P. Torino, 25 agosto 1863.

Fo distintamente queste due righe dall'acclusa, perchè se vuoi possa mostrarla al Nigra. Anch'~o veggo bene che quanto tu fosti mirabilmente acconcio per le cose d'Inghilterra altrettanto non puoi confidarti di esserlo coll'Imperatore. Dirò meglio: l'esito qui dipende da mille circostanze che in una sola conferenza possono volgere favorevoli o contrarie; oltredicchè la tua natura, severa e modesta, non si confà troppo a chi ha sempre cospirato, e ha preso i gusti del cospiratore. Anche le ultime ragioni che tu indichi nella tua del 21, sono giuste ma... E qui proprio casca l'asino. Il Nigra sarebbe egli al caso? Non dico già per esporre il progetto, ma per darvi quell'autorità e quella serietà che è necessaria? Vorrebbe egli lanciare la parola che preparasse una conferenza fra me e l'Imperatore, se non ora in un avvenire non remoto? Una sua dimanda di udienza senza motivo apparente non allarmerebbe Drouyn de Lhuys? Ma, ripeto più di tutto, sarà egli preso sul serio? Non posso nasconderti che quelli che vengono da Parigi tutti parlano della poca considerazione in che il Nigra è tenuto, il che mi duole perchè ingegno ne ha, e acume, e abilità e anche retto vedere.

Concludo adunque che, essendo tutti d'accordo che convenga, anzi sia urgente che il progetto si esponga all'Imperatore, non potendo Nigra farlo con quell'autorità che è uno degli elementi del buon successo, lo faccia tu che puoi aggiunger molto di peso coll'autorità di Palmerston.

Quanto alla conferenza fra me e l'Imperatore, io senza darvi quella primaria importanza che tu ci attribuisci, veggo anch'io benissimo che di là potrebbero partirsi molte combinazioni. Ma parlargli con fondamento di concludere lo comprendo, senza questa fondata speranza, mi parrebbe più mal che bene. Qualche volta mi risorge forte il dubbio che nel fondo del cuore dell'Imper;;tore stia sempre il pensiero della dissoluzione dell'unità italiana, e il suo disegno di Villafranca. E allora?

Ad ogni modo un colloquio deve avere probabilità determinat2 di esito: :~enzachè sarebbe un tentativo che tornerebbe sul capo a chi lo fa. E qui non posso prevedere nè il come, tu lo dirai, nè se l'Imperatore accoglierà l'idea,

o tacerà come suol fare sovente. Se la cosa casca o rimane nel vago, allora parmi che il meglio sia che tu a tuo agio torni a Torino. Se poi il progetto piacesse, e paresse all'Imperatore conveniente il conferirne meco, e le cose camminassero rapidamente, allora sarebbe il caso del tuo fermarti costì anche per ritessere brevemente il cammino, e smorzare l'impressione a Londra. Ma è inutile avanti far disegni, e succederà per avventura quel che non aspettiamo.

Quanto a Panizzi, è una bella occasione la sua andata a Biarritz ma siccome lasciai te giudice della sua idoneità, così non ho nulla da aggiungere. Dio ti aiuti, che veramente in te sta in questo momento summa rerum e ti strini(o la mano.

P. S. -Il detto dell'Imperatore che non voleva ricevere persone extra-officiali, si riferiva a Vimercati nell'affare dell'Aunis e non può avere alcun rapporto colla tua presentazione. Nigra conosce tutto e te lo spiegherà, poichè la cosa passò per le sue mani.

Ti raccomando di parlar molto franco ed esplicito. L'Imperatore ama ciò, ascolta volentieri, non risponde facilmente. Ma bisogna che questo suo silenzio non ti sconforti. E giacchè ci sei, tira dritto qualunque ti paresse la sua impressione. Su ciò Nigra anche potrà darti lume.

Il Barone Ricasoli è probabilmente a Parigi. Pare che vada a Vienna. Fa di vederlo, e tasta il terreno. Se si dovesse far qualche passo a Vienna, non sarebbe egli l'uomo al caso? Poi in ogni modo, se va a Vienna, è bene che tu gli parli e gli dica l'intenzione.

135

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Copie Artom)

L. P. Torino, 25 agosto 1863.

Ti mando una lettera di Piria il quale ti prega di far ritirare e mandargli a Torino per mezzo del Corriere un esemplare delle opere di Lavoisier destinatogli dal Ministro della Pubblica Istruzione.

Io fui alcuni giorni a Pegli, e speravo rimaner là tutto il mese per compirvi la mia cura di bagni di mare. Ma fui richiamato a Torino dalla necessità di rispondere a parecchi dispacci di Pietroborgo e di Berlino, tanto più che Blanc è mal.ato ed ha dovuto partire per Chambéry per cura·rsi in seno alla sua famiglia.

Non puoi credere quanto dispiacere m'abbiano fatto le chiacchere dei giornali sul tuo preteso richiamo. Esse .furono cagionate dalla notizia del tuo congedo, ed i tuoi nemici ne approfittarono per far credere e far dire su tutti i tuoni che si era deciso di mandar altri a Parigi in vece tua. Non ho d'uopo di dirti che non v'è nulla di vero in ciò, ed ho pregato Visconti di scrivertelo pure. Ma forse, se la tua salute non ti impone assolutamente di venire in Piemonte, faresti bene a non pigliare per ora il tuo congedo. Qui si strepita assai contro l'inerte politica del Ministero, contro il nostro isolamento ecc. Il Congresso di Francoforte, l'affare del Messico, hanno allarmato tutti, e si crede sul serio che la Francia ci sacrifichi all'Austria. Il congedo dei nostri principali diplomatici, l'assenza tua da Parigi rendono più evidente questa inazione, questo isolamento che ci sono rimproverati. Tu non ci guadagni ed il Ministero ne scapita. Dico questo nel tuo esclusivo interesse. Io verrò a Parigi se tu hai bisogno di me e non ho che a preparar di nuovo mia madre alla mia assenza. Ella si era abituata a vedermi di tratto in tratto, ed ora le duole che io mi allontani. Ma se potessi passar con lei alcuni giorni, riuscirei a persuaderla.

Addio, salutami Sormani, Noja, Incontri, e tutti gli altri. Spero che sarai guarito delle febbri. Ma ti sarò grato se vorrai darmi notizia di te...

P. S. -Non ti parlo di politica perchè Minghetti scrive una lettera a Pasolini che questi ti farà leggere (1).

136

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI

D. CONFIDENZIALE (2). Torino, 27 agosto 1863.

La réunion d'un Congrès des Princes Allemands à Francfort sous la Présidence et d'après l'invitation de l'Empereur d'Autriche préoccupe vivement l'opinion publique en Italie. Tout en applaudissant aux aspirations nationales de l'Allemagne, on s'émeut naturellement du ròle que l'Autriche joue en cette circonstance et on ne peut s'empècher de ·craindre qu'elle ait l'intention de faire servir sa politique fédérale à l'accomplissement de plus vastes projets. Des précédents historiques assez récents justifient en quelque sorte cette supposition. Je crois donc devoir appeler sur ce sujet votre attention, et Vous prier de faire connaìtre confidentiellement au Cabinet de ... le point de vue sous lequel nous croyons devoir envisager le projet de réforme proposé par l'Empereur d'Autriche.

Que la nation germanique s'efforce d'obtenir une représentation pennanente de son unité nationale au moyen d'un Parlement électif, c'est là pour nous un sujet de satisfaction bien plus que de appréhension. Tant que les changements qu'on se propose d'établir dans la constitution de la Confédération Germanique n'affectent pas les intérèts généraux de l'Europe, et plus particulièrement ceux de l'Italie, nous devons voir avec plaisir la Cour de Vienne s'approcher de plus en plus des tendances de l'époque actuelle, et contribuer à effacer ,ce que les traités de 1815 contenaient de contraire au développement nature! des nationalités européennes. Mais nous ne pouvons oublier que des populations dont aucune disposition de traité ne peut changer l'origine et les aspirations, et qui appartiennent à l'Italie par leur race, leur langue, leurs mreurs et leur histoire, sont restées sous la domination autrichienne. Nous ne pouvons oublier qu'à plusieurs époques, notamment en 1851, l'Autriche s'est cfforcée de faire incorporer ses provinces non allemandes dans la Confédération Germanique. Le Gouvernement Français prévoyant les conséquences que ce projet aurait pu avoir pour l'équilibre européen et pour le maintien de la paix générale, a protésté par un Memorandum, qui po'l·te la date du 5 Mars 1851, contre cette proposition de l'Autriche. Ce document rematrquable à tous les points de vue, après avoir rappelé qu'en 1818 le Cabinet de Vienne a exclu ses possessions italiennes de la nomenclature des provinces qui devaient former le territoire fédéral en déclarant qu'il n'entrait pas dans ses vues d'étendre au del.à des Alpes la ligne de défense de la Confédération, démontre clairement que tout projet de ce genre est contraire aux intérèts de l'Europe, dont il détruirait l'équilibre au profit de l'Autriche. Le Gouvernement Anglais a également protesté contre toute idée d'incorporer des provinces non allemandes dans la Confédération Germanique. Nous ne doutons nullement que les Gouvernements de France et d'Angleterre ne maintiennent et ne renouvellent au besoin ces protestations. Quant à nous, nous devons à nous mèmes de déclarer que nous verrions dans tout projet de ce genre une cause de complications, qui compromettrait de la manière la plus sérieuse le maintien de la paix.

On nous objectera peut-ètre que rien dans le discours de l'Empereur François Joseph et dans le projet de réforme qui a été publié, n'indique que des provinces non comprises actuellement dans le territoire de la Confédération Germanique doivent y ,ètre incorporées. Il se peut que l'Autriche se soit arrètée devant l'impossibilité évidente de mettre en avant ses anciens projets sans soulever les réclamations générales de l'Europe. Il est possible aussi que, sans renoncer tout-à-fait à ses plans, elle en ait renvoyé à une époque ultérieure la réalisation. Quoi qu'il en soit, nous croyons qu'il serait utile d'obtenir de la France et de l'Angleterre l'assurance que leurs convictions ne sont pas changées à cet égard, et qu'elles sont toujours décidées à empècher qu'on tache par des moyens détournés d'atteindre au but vers lequel ont été constamment tournés les efforts de la diplomatie autrichienne.

Il y a en effet dans les projets de réforme autrichiens un còté qui nous parait digne d'ètre médité attentivement par Ies hommes d'Etat qui président à la politique de la...

Après avoir établi à l'art. l que le but de la nouvelle Confédération Germanique est de garantir vis-à-vis de l'étranger la sécurité de l'Allemagne et sa pasitian camme grande puissance, le projet déclare à l'art. 8 que « s'il y a danger de guerre entre un Etat confédéré ayant des possessions en dehors du territoire f'édéral et une puissance étrangère, le Directoire sera chargé de prendre l'avis du Conseil fédéral, lequel décidera à la simple majarité des voix, si la confédération doit prendre part ou non à la guerre •.

Cette disposition est si claire, son but est si évident, que l'on comprend parfaitement que le Cabinet Autrichien se soit abstenu de demander directement l'incorporation dans la Confédération des provinces non allemandes sujettes à la domination des Habsbourg.

Il suffit de comparer l'art. 8 du projet avec les dispositions de l'Acte final des Conférences Ministérielles, 'signé à Vienne le 15 Mai 1820, pour se convaincre que si le projet autrichien était adopté, il aurait pour effet de mettre

à la disposition du Cabinet Autrichien, qui s'est menagé adroitement la majorité dans le Directoire et dans le Conseil Fédéral, toutes les forces et toutes les ressources de la Confédération.

L'art. XV de l'Acte final de Vienne commence par déclarer que, dans les affaires où il s'agit de droits individuels, qui ne regardent pas Ies Etats canfédérés camme membres de I'unian, aucune résolution abligatoire ne saurait etre prise sans le Hbre assentiment de ceux qui y sont spécialement intéressés. Or, une guerre entreprise pour des possessions non comprises dans la Confédération ne concerne aucunement les Etats confédérés comme membres de l'union. Cependant, la simple majorité des voix, serait substituée, d'après le projet autrichien, à ce libre assentiment d es Etats intéressés qui est requis par l'Acte final de Vienne.

L'art. XXXVI formule l'engagement des Etats confédérés de se garantir réciproquement l'intégrité de leurs passessians camprises dans l'Union. Mais il contient aussi l'engagement de la part des membres de la confédération de ne donner lieu à aucune provocation de la part des Puissances étrangères et de n'en provoquer aucune. Ces deux sages dispositions ont disparu du projet autrichien. Il en est de meme de la faculté accardée aux Etats étrangers qui se trouveraient lésés par suite d'un acte d'un des Etats confédérés de porter plainte à la Diète, qui peut d'après l'art. XXXVII intervenir en faveur d'une Puissance étrangère et empecher l'Etat Confédéré de troubler la paix par une injuste contestation.

D'après l'art. XL lorsque la Confédération se voit obligée à déclarer formellement la guerre, cette déclaration, ne peut émaner que de l'Assemblée générale (pLenum), et doit ètre prise à la majarité des deux tiers des suffrages. Comme an l'a fait remarquer, d'après le prajet autrichien, ce serait le Conseil fédéral, non l'Assemblée nationale, qui déciderait, à la simple majorité, de la guerre et de la paix.

L'art. XLVI est bien plus formel. Il déclare explicitement que lorsqu'un Etat confédéré, ayant des passessions hors des limites de la Canfédération entreprend une guerre en sa quaHté de puissance eurapéenne, la Confédération,

dont une pareille guerre n'affecte ni les rapports ni les obligations, y reste absolument étrangère. La suppression de cette disposition ne suffit-elle pas à démontrer quel est le véritable but de la politique autrichienne?

Enfin l'art. XLVII complète toutes ces dispositions en ajoutant que la Diète n'est mème obligée à prendre des mesures de défense en cas de guerre entre un de ses membres ayant des possessions non fédérales et une puissance étrangère, qu'autant que le Conseil permanent aurait reconnu l'existence d'un danger pour le territoire de la Confédération.

Les articles que je viens de citer contiennent tout un système de précautions destinées à empècher que la Confédération soit entrainée à prendre part à des guerres, qui ne seraient entreprises que pour des intérèts exclusivement dynastiques et étrangers à l'Allemagne. La suppression de ces pré· cautions serait contmire aux intérèts véritables de la nation germanique, qui opposera sans doute elle-mème par. l'organe de ses parlements et de ses gouvernements un véto catégorique aux vues ambitieuses de l'Autriche. D'après l'article XXXV de l'Acte fina! de Vienne du 15 Mai 1820, la Confédération telle qu'elle existe aujourd'hui est un état constitué en vue d'une politique exclusivement défensive. Le projet autrichien lui enlèverait ce caractère et tendrait à l'entrainer dans les voies pérHleuses d'une politique qui pourrait à l'occasion devenir agressive et envahissante. Cependant, quelle que soit l'importance de ce changement et les conséquences qu'il aurait pour le droit public et pour l'équilibre de l'Europe, le Gouvernement du Roi serait loin de s'en préoccuper si tous les Membres de la Confédération n'avaient que des possessions fédérales, si d'autres intérèts, d'autres buts, des ambitions tout-à-fait différentes de celles qui tendent à la grandeur de l'Allemagne, ne venaient compliquer la question d'éléments étrangers. C'est cette considération qui nous engage à appeler l'attention du Gouvernement auprès du quel Vous etes accrédité sur les projets émis par la Cour d'Autriche. Nous avons un respect trop prooond de l'indépendance des nations pour souhaiter que des obstacles soient opposés aux tentatives de réorganisation intérieure de l'Allemagne. Nous désirons au contraire que la question allemande soit nettement dégagée de tout ce qui pourrait la dénaturer en aggravant les causes des complications actueHes. Il n'échappera pas au Gouvernement de ... combien serait dangereuse toute modification de l'état de choses existant, qui eùt pour conséquence de rendre plus difficile une solution pacifique de la question vénitienne. L'effet que cette éventualité produirait en Italie ne saurait ètre douteux. Il serait assez grave pour compromettre sérieusement la tranquillité de l'Italie et la paix de l'Europe. Veuillez donc, M.... exposer à S. E. le Ministre des Affaires Etrangères les considérations que je viens de développer sur le projet élaboré par la Chancellerie Autrichienne. Bien qu'il ne soit qu'un projet, la manière solennelle avec laquelle il a été présenté, les débats auxquels il a donné lieu, et les négociations auxquelles il servira probablement de point de départ, justifient notre sollioitude, et nous font désirer vivement de connaìtre si le Cabinet de ... partage, comme nous l'esperons, notre manière d'envisager les questions soulevées par ce projet.

(1) -Cfr. n. 133. (2) -A Parigi il dispaccio venne inviato col n. 17 e a Londra col n. 18.
137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. CONFIDENZIALE (1). Torino, 28 agosto 1863.

Je m'empresse de Vous remercier des Rapports que Vous avez bien voulu m'adresser au sujet du Congrès de Francfort et des renseignements qu'ils contiennent. Quelle que soit l'issue et la portée pratique des propositions autrichiennes, comme elles donneront lieu sans doute à d'importantes négociations entre les différents Cabinets Allemands, j'ai cru devoir, sans perdre du temps, appeler l'attention de la France et de l'Angleterre sur l'art. 8 du projet. Je l'ai fait par la Note dont j'ai l'honneur de Vous transmettre copie (2). Une communication officielle analogue de notre part au Cabinet de Berlin (à la Diète) serait peut-étre intempestive en ce moment. Trop d'empressement de notre part pourrait donner prétexte à des interprétations malveillantes et servir aux projets de l'Autriche au Heu de les ·contrecarrer. Rien n'empeche, néammoins, que Vous ne fassiez valoir, M. 'le Comte, en leur donnant les développements ultérieurs qui Vous paraìtront convenables, les considérations que j'ai exposées dans cette Note. Il est nature! que Votre langage soit dicté par les intéréts généraux du pays que Vous représentez: et Vous n'avez pas méme besoin pour cela d'invoquer des ordres ou de faire allusion à des instructions nouvelles de Votre Gouvernement.

P. S. (pour De Launay) -Veuillez me dire votre avis sur l'opportunité de faire une communication officielle à la Cour de Berlin (3).

138

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 15. Pietroburgo, 29 agosto 1863 (per. il 7 settembre).

Stimai opportuno recarmi dal Principe Gortchakow appena seppi che le Note gli erano state consegnate. Egli mi disse che le Potenze Occidentali aveano preparato alla Russia un facile trionfo.

La clemenza e la generosità dell'Imperatore Alessandro in breve avrebbe mostrato all'Europa che i suoi sospetti erano ingiusti, e che ciò ch'egli avea affermato ne' suoi primordi era esatto cioè che la Polonia dalla Russia soltanto dovea aspettare il suo benessere e la sua prosperità.

Chiesi se egli avrebbe risposto.

Mi rispose che era incerto: che il • Memorandum » francese era insensato (testuale) e ch'Egli dubitava molto potere col suo silenzio approvare le dottrine d2l Drouyn de Lhuys.

Avrebbe però risposto in modo conciliante. In ogni modo nulla poteva risolvere prima dell'arrivo dell'Imperatore del quale egli non era che • l'encrier ».

S'egli avesse risposto, avrebbe respinta l'interpretazione data ad una citazione del Vattel e sovratutto avrebbe respinto le accuse relative alla libertà religiosa.

La Russia, mi disse, avea offerto a Roma di concedere a' Vescovi la stessa libertà di azione di cui l'Episcopato gode in Francia. Il Cardinale Antonelli assolutamente voleva, fondandosi sul testo evangelico • andate e spargete ovunque la religione di Cristo •, che la Russia accordasse il diritto di propaganda.

La Russia chiedeva reciprocanza per la religione ortodossa dovunque domina il Cattolicismo; la Russia si dichiarava pronta ad abolire le pene inflitte agli Ortodossi che si convertono alla religione cattolica se il Pontefice, dovunque domina la sua influenza, avesse proclamato la libertà di coscienza.

Il Cardinale Antonelli non potendo ottenere il diritto di propaganda, preferì rompere le trattative pell'invio del Nunzio a Pietroburgo.

Del resto mi assicurò il Principe che la Chiesa Cattolica è libera in Polonia, che ciò che alcuni rimpiangevano era l'antica legge Polacca che condannava a morte tutti coloro che negavano la dottrina cattolica.

E qui, preso argomento dalla libertà di coscienza, mi fece alcune dichiarazioni che stimo molto importanti.

In primo luogo mi disse ch'Egli non avrebbe esitato ad accordare alla Chiesa Cattolica piena libertà se il Papa abdicasse la sovranità temporale essendo impossibile accordare in Russia ingerenza ad un Sovrano Straniero. Gli feci ripetere due volte questo concetto. Egli è una risposta solenne alle asserzioni di coloro che sostengono la necessità del Potere temporale. In secondo luogo mi disse che il Governo Russo meditava una grande riforma sui matrimoni misti; ma che Roma non l'avea .accolta. Egli credeva che i figli dovessero rimanere nella religione che piacesse ai parenti di insegnare loro.

Infine mi toccò della necessità di una riforma religiosa nel senso liberale. La necessità emergerebbe da questo fatto. I vecchi credenti, perseguitati da Nicolò, moltiplicarono.

La persecuzione dunque non curò il male; il rimedio non può stare che nella libertà. Non mi dissimulò però le difficoltà che questo progetto di riforma avrebbe incontrato nel Consiglio dell'Impero nel quale aveano prevalenza le vecchie idee. Temeva molto per la legge comunale e provinciale, aspettava almeno su questo proposito un'accanita battaglia; ed avendo io chiesto perchè l'Imperatore non rifol'masse il Consiglio deH'Impero, mi lasciò intravedere che non sarebbe difficile che sulla base del principio elettivo lo rinforzasse.

Parlammo poscia d'un Congresso Generale. Esposi alcune mie idee dichia

randole mie personali; ma egli questa volta mi disse che temeva ch'io mi illu

dessi affermando che l'opinione pubblica in Russia sanzionerebbe l'abbandono

del Gran Ducato di Varsavia.

Gli risposi: che avea potuto assicurarmene da me stesso e che questa opinione era divisa da molti.

Mi disse che la Russia non avea necessità di un Congresso per la questione polacca parendogli questa un • incident vidé » ma che però sarebbe sempre lieto di vederlo raccolto in breve. Io ho passato il • Rubicone » mi disse, in faccia all'Europa. Altri lo passino dopo di me.

Parlammo quindi delle due altre questioni all'ordine del giorno; della questione Messicana e della questione Tedesca.

Chiesi se la Russia avrebbe sollevato difficoltà intorno all'accettazione dell'Arciduca. Mi disse non aver deliberato in proposito; ma che notizie di Vienna assicuravano che l'Arciduca avrebbe rifiutato.

Gli domandai se gli Stati Uniti avessero protestato: mostrò ignorare il fatto ma parvemi assai benevolo per l'America. In quanto alla questione tedesca trovava savio proposito che le Potenze Germaniche pensassero a risolverla. Credeva che l'Imperatore d'Austria avesse mancato di prudenza mancando di riguardi verso la Prussia; che l'Imperatore Francesco Giuseppe era dominato dalla mania di farla da Carlo Quinto e che mai la Prussia avrebbe acconsentito al prop11io annullamento in Germania. Mi chiese che cosa avrebbe fatto l'Italia se l'Austria chiedesse alla Confederazione la garanzia del Veneto. Risposi: che il Ministero non mi avea dato istruzioni al riguardo; ma che, nel mio modo di vedere personale, l'Italia non lo avrebbe mai tollerato. Parlò dell'Alleanza Austro-Francese. Sembra dubitare e pare avere speranza di staccare l'Inghilterra e l'Austria dalla Francia e di isolarla contraminando così i progetti dell'Imperatore. Egli però crede che le Alleanze naturali non si disfanno per errori commessi da' Governi e che la vera alleata della Francia era la Russia; e qui, come al consueto, escì in amare parole contro l'Imperatore Napoleone.

Eccole il sunto della mia conversazione.

Aggiungerò ch'imparai ieri che il Principe Gortchakow ha deciso di rispondere e che confuterà lungamente la Nota Francese. In contraddizione a quanto era stato affermato, avendo io letto le tre note, trovo la Nota Inglese più aspra e, non giova dissimularlo, chiude con una eventuale minaccia.

In ispiegazione d'altro mio telegramma le dirò che il Ministro dell'Interno, accennando alla legge elettorale pei comuni, affermò averla stabilita in modo da potersene valere anche nelle eventuali circostanze d'una prossima pubblicazione d'una Costituzione.

La legge elettorale rassomiglia molto all'Inglese. La classe dei proprietari manda i suoi Deputati non a numero di censo, ma a numero degli ettari di loro proprietà. La classe inferiore del popolo elegge i propri rappresentanti a suffragio universale.

Non posso però chiudere questo dispaccio senza porgerle una preghiera, Signor Ministro: ed è ch'Ella voglia tenermi informato degli eventi Europei e del contegno che il Governo del Re intende serbare nelle gravi questioni che oggi si agitano affinchè i miei sforzi volgano ad uno scopo identico a quello degli altri miei colleghi.

14 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

(1) -A Berlino il dispaccio venne inviato col n. 19 e a Francoforte col n. 20. (2) -Cfr. n. 136. (3) -De Launay rispose con t. 1236 del 6 settembre: « Je suis d'avis de ne pas communiquer officiellement au Gouvernement Prussien annexe à la dépéche du 28 Aoùt, mais de nous borner à lui donner lecture à titre d'information confidentielle de notre échange de vues avec Paris et Londres, Puliga agira dans ce ,sens au retour du Ministre des Affaires Etrangères absent pour deux jours.....
139

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1218. Parigi, 30 agosto 1863, ore 13,40 (per. ore 14,45).

J'ai donné lecture à Drouyn de Lhuys de la dépeche sur le projet autrichien (1), je l'ai trouvé bien disposé à en prendre en considération le contenu; les sympathies autrichiennes se refroidissent. J'envoie aujourd'hui à F·rancfort la dépeche par le courrier de Cabinet. J'insiste vivement pour l'extradition. J'ai présenté le comte Pasolini à Drouyn de Lhuys et demandé pour lui une audience à l'empereur.

140

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1219. Londra, 30 agosto 1863, ore 14,50 (per. ore 16,50).

J'ai communiqué à lord Palmerston le contenu de votre dépèche confidentielle du 27 (1); S. E. ne reconnait pas à l'Autriche le droit d'établir un état de choses qui lui fournirait le moyen de faire coopérer toute l'Allemagne à ses vues agressives; elle trouve fort opportunes Ies déclarations de V. E. et a conseillé d'envoyer copie confidentielle de la dépèche à Lord Russell en Ecosse; puis-je le faire?

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI

T. 743. Torino, 30 agosto 1863, ore 17,20.

Je vous autorise à envoyer copie confidentielle à lord Russell. Veuillez résumer conversation avec Iord Palmerston dans une dépeche officielle qui puis3e ètre publiée à l'occasion.

(1) Cfr. n. 136.

142

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2069/193. Londra, 30 agosto 1863 (per. il 3 settembre).

Iersera ricevetti il Dispaccio confidenziale che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi li 27 del corrente mese, relativo alle Conferenze di Francoforte (1).

Sapendo che Lord Palmerston trovavasi per caso di passaggio a Londra mi recai da lui onde dargli conoscenza del suo contenuto, e m'affretto a riferire a V. E. la conversazione avuta con esso in questa occasione.

Dopo averlo informato in poche parole dell'oggetto della mia visita gli chiesi licenza di leggergli il Dispaccio stesso come quello che conteneva una chiara ed esatta esposizione delle idee del Real Governo su quella importante quistione.

Lord Palmerston ascoltò quella lettura con l'usata attenzione e poscia soggiunse trovar tuttavia molta differenza fra l'antico progetto dell'Austria di incorporare le sue Provincie Italiane nella Confederazione Germanica ed il presente di lasciare al Consiglio Federale la facoltà di deliberare nei singoli casi di minaccia di guerra se la Confederazione doveva prendervi parte; il Governo Britannico essere tuttora avverso al primo, dubitare ch'esso possa opporsi al secondo.

Entrai allora in qualche dettaglio sulla costituzione del Direttorio e del Consiglio Federale quali erano proposte dall'Austria onde provare quanto facile riuscirebbe a questa d'assicurarsi in ogni caso la maggioranza dei voti e d'ottenere per tal modo delle deliberazioni sempre conformi ai propri: interessi. Insistetti sopra tutto sul tenore dell'art. VIII il quale mentre stabiliva che • per una formale dichiarazione di guerra della Confederazione è necessaria una deliberazione presa nel Consiglio Federale alla maggioranza di due terzi di voti , soggiungeva appresso che • Ove si manifesti pericolo di guerra tra uno Stato Federale che abbia in pari tempo possessi fuori del territorio federale e una Potenza estera, il Direttorio deve provocare una deliberazione del Consiglio Federale se la Confederazione voglia partecipare alla guerra. La decisione su ciò si ottiene a semplice maggioranza ».

Il che dimostrava all'evidenza quale fosse l'intendimento dell'Austria nel proporre quella riforma. Aggiunsi infine non potersi ammettere dubbio alcuno sul diritto delle altre Potenze di preoccuparsi delle modificazioni proposte a Francoforte imperocchè non solo trattavasi di una riforma che minacciava di portare grave pregiudizio all'Equilibrio Europeo ma, siccome per l'art. VII il Direttorio della Confederazione si riservava la facoltà di mantenere relazioni Diplomatiche cogli Stati Esteri, doveva pure la nuova Confederazione, per esercitare le sue funzioni, essere riconosciuta dalle Estere Potenze.

Lord Palmerston disse non credere che degli Stati come la Baviera, la Sassonia, l'Hannover, Baden sarebbero mai per accettare uno stato di cose pel quale si troverebbero in certe eventualità costretti a partecipare a guerre che fossero estranee ai loro interessi. In ogni caso essere d'avviso che una Potenza ha bensì il diritto, allorchè trovasi sotto la minaccia oppure in stato di guerra, di cercare la cooperazione dei suoi alleati, e questi hanno quello di fornire il concorso delle loro forze ogni qualvolta lo credano opportuno. Ma non ammettere che sia lecito ad uno Stato di legare la libertà d'azione di altri in modo ch'esso possa disporre delle loro forze per interessi propri: e forse anco per viste aggressive. E sotto tale punto di vista trovare assai opportune le osservazioni contenute nel Dispaccio di V. E.

S. S. mi domandò allora se il Governo Italiano aveva l'intenzione di fare alcun atto officiale nel senso delle cose predette. Cui risposi non essere io per ora incaricato che di portare quelle osservazioni alla conoscenza del Governo Britannico e di pregarlo di prenderle in seria considerazione per quelle determinazioni che fossero da prendersi a tale l'iguardo. S. S. mi assicurò che non mancherebbe di esaminare quell'importante quistione colla dovuta attenzione e ne presi commiato.

Lord Russell trovandosi per qualche tempo in Scozia gli trasmetterò Copia confidenziale del Dispaccio di V. E. con una breve lettera d'accompagnamento di cui unisco al presente la Copia.

ALLEGATO

CORTI A RUSSELL

CoNFIDENTIELLE. Londres, le 31 aout 1863.

Le Chevalier Visconti Venosta m'a adressé une Dépeche confidentielle contenant les vues du Gouvernement du Roi sur le projet de réforme de la Confédération Germanique proposé par l'Empereur d'Autriche aux C:onférences de Francfort, et m'a chargé de les communiquer au Gouvernement Britannique.

L'absence de V. S. ne me permettant de lui donner lecture de ce document, j'ai l'honneur de lui en transmettre ci-joint la Copie d'une marrière confidentielle.

Pour peu qu'on examine avec quelque attenUon le projet en question, il devient évident que l'Autriche ne pouvant faire entrer ses Provinces Italiennes dans la Confédération Germanique, tache d'obtenir le meme but d'une manière indirecte.

Le Directoire et le Conseil Fédéral en effet seraient composés de sorte qu'elle pourrait toujours s'y ménager la majorité des voix. L'Autriche se sentant ainsi soutenue par toute l'Allemagne dans les affaires étrangères à la Confédération, pourrait non seulement s'éloigner de toute voie de conciliation dans la question de la Vénétie, mais elle pourrait faire revivre à l'occasion ses vues de domination sur l'Italie. Le Gouvernement du Roi verrait par conséauent dans la réalisation des projets de l'Autriche une menace pour l'indépendance de la Péninsule. Je laisse à

V. S. d'apprécier les conséquences qui pourraient dériver d'un pareil état de choses.

Le Gouvernement Britannique a donné à mon pays trop de preuves d'intéret et de bienveillance pour qu'il me soit permis de douter qu'il voudra bien prendre en sérieu3e consiè.ération les observations qui sont contenues dans la Dépeche susdite, et en la recommandant à toute l'attention de V. S. je la prie d'agréer...

(1) Cfr. n. 136.

143

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 30 agosto 1863.

Aggiungo poche parole strettamente confidenziali al mio dispaccio politico d'oggi (1). Fu vera fortuna di trovare in città Lord Palmerston, il quale non poteva giungere più a punto. Egli arrivò infatti a Londra iersera e ne riparte domattina.

Nel corso della mia conversazione con lui ebbi ad accorgermi che le considerazioni contenute nel tuo dispaccio giungevano affatto nuove all'orecchio del Primo Ministro. Siccome io non mancai di dirglielo, le apprezzazioni estere della condotta dell'Austria e della Prussia nelle presenti contingenze si risentono delle recenti vicende occorse in quegli Stati. L'Austria avendo seguito in questi ultimi tempi una politica più liberale che per lo passato ne ha guadagnato un'aureola di popolarità. La Prussia invece per aver seguito una politica retrograda ne divenne d'altrettanto impopolare. Cercai di dissipare nell'animo di Lord Palmerston queste prevenzioni e di ristabilire nella pura verità gli intendimenti dell'Austria i quali non avevano altro scopo che quello d'ottenere per via indiretta quanto sapeva di non poter ottenere direttamente. Lord Palmerston avendomi detto capire benissimo che l'Italia movendo guerra all'Austria per carpirgli la Venezia preferirebbe aver che fare coll'Austria sola che non con tutta la Germania, mi feci a sviluppare l'articolo sì opportunamente :introdotto nel predetto dispaccio nel quale è detto: l'Italia non aver perduta la speranza che l'Austria entrando francamente nella via liberale e nazionale possa venirne un giorno ad accettare un aggiustamento amichevole per la Venezia. Ed aggiunsi che per lo contrario se l'Austria :si sentisse sicura dell'appoggio di tutta la Germania anche pe' suoi interessi situati fuori della Confederazione non solo si rifiuterebbe a qualunque transazione di quel genere, ma potrebbe per avventura essere tentata di provocare qualche complicazione tendente a ristabilire l'antica sua dominazione in Italia. Per le quali ragioni il Reale Governo non poteva a meno di riconoscere in quei progetti una minaccia per la propria indipendenza.

Lord Palmerston entrò perfettamente nelle nostre idee e mi consigliò ripetutamente di mandare senza indugio copia di quel dispaccio a Lord Russell il quale trovasi in Scozia. Domandai allora per telegrafo (2) l'autorizzazione di far tenere quel documento in via confidenziale al Ministro degli Esteri, ed avendola più tardi ricevuta (3) lo spedirò nella giornata di domani. Ho pure pensato d'accompagnare siffatta trasmissione d'una lettera che contenendo un riassunto della quistione serva ad attirare maggiormente l'attenzione di S. S. sul dispaccio stesso.

P. S. -Prima di separarmi da Lord Palmerston gli toccai della quistione dei Conventi greci situati nei Principati Danubiani, ma avendolo trovato ignaro del presente stato di quella quistione lasciai immediatamente cadere il discorso.

(1) -Cfr. n. 142. (2) -Cfr. n. 140. (3) -Cfr. n. 141.
144

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 30 agosto 1863.

Il Congresso di Francoforte reca i suoi frutti naturali. Si va qui disegnando un moto di riavvicinamento tra la Francia da un lato, la Prussia e la Russia dall'altro, mentre vamio raffreddandosi le simpatie austriache. Noi ci troviamo naturalmente il nostro conto, nel vedere a poco a poco ricondursi la politica francese ai termini in cui era prima che la sciagurata questione Polacca fosse venuta a gittare la Francia nelle braccia dell'Austria. Noi dobbiamo essere soddisfatti della nostra riserva in questa questione, patrocinata dall'Austria e dal Papa e da tutto il Partito clericale di Europa. Se sappiamo attendere con calma, la nostra posizione ridiverrà migliore, fra non molto. Ma bisognerebbe che la nostra stampa non mostrasse una impazienza puerile che ci fa molto danno all'estero. Perchè non si occupa delle nostre gravissime questioni interne? Non ho ancora letto un articolo veramente serio sul brigantaggio, e pure la relazione di Massari che mi pare un documento della più alta importanza, potrebbe fornire ampia messe di discussioni al giornalismo. Il Trattato con la Francia non diede occasione ad un solo articolo di giornale che meriti di essere letto. Quale differenza con la stampa d'Inghilterra di Fl'ancia e del Belgio, ove i Trattati di commercio furono esaminati con tanta cura e con tanta erudizione! L'aver rimandato questa discussione credo sia stato un errore. La prego di ripararlo facendo mettere il Trattato all'ordine del giorno per la prima seduta del Parlamento. Veda come il nostro giornalismo fu inconseguente. Fino ad ieri si gridava: Mostriamo dignità e indipendenza verso la Francia; e si aveva a suo riguardo una suscettibilità veramente morbosa. Oggi si grida lamentando il pericolo che venga meno l'alleanza.

Ho letto a Drouyn de Lhuys il dispaccio del 27 agosto sul progetto austl'iaco (1). Ho trovato questo Ministro ben disposto ad entrare in questo ordine di idee. Mi ha domandato copia del dispaccio dicendo che vuole studiarlo e valersene. Glielo diedi, coll'intesa però che ufficialmente ciò equivaleva ad una semplice lettura. Mi promise di studiare 1le questioni di cui va radunando gli elementi e di darmi una risposta nella settimana. Il Conte Goltz l'ha pure intrattenuto sullo stesso soggetto e lo trovò parimenti ben disposto. Anche egli spera che si va preparando un mutamento della politica estera in Francia, coll'abbandono dell'Austria, e col riavvicinamento colla Prussia e colla Russia. Goltz mi disse che egli aveva proposto al Re di Prussia di rispondere al progetto austriaco mettendo arditamente in campo il progetto del 1848. Ma il Re e Bismarck furono spaventati dal radicalismo di tale misura; è quindi probabile che si limiteranno a proporre un controprogetto portante il veto da accordarsi alle due grandi Potenze germaniche, cioè a ciascuna di esse, la presidenza alterna, e l'elezione diretta. Ah! se la

Prussia avesse a capo un uomo intelligente ed ardito! Ho creduto di non dovere celare a Goltz il passo che io era stato incaricato di fare presso Drouyn de Lhuys. Egli insistette meco vivamente perchè si facciano eguali offizii a Londra, non essendo senza apprensione sul lavoro che si fa a Francoforte dall'Austria presso GranviU e e Clarendon.

Ho presentato Pasolini a Drouyn de Lhuys e per mezzo di questi ho domandato l'udienza all'Imperatore. Spero che l'Imperatore l'accorderà malgrado la sua evidente ripugnanza a ricevere le persone che possa credere che abbiano avuto da Torino missioni ufficiose presso di lui, conseguenza natul'ale dell'abuso che se n'è fatto. Noi facdamo un po' la figura di Didone abbandonata correndo dietro all'infido Enea passato ad altri amori. Sono convinto che tosto o tardi ritornerà agli antichi amori; ma penso che non sia il migliore dei mezzi il corrergli dietro ad ogni istante. Pensi che e per la guerra di Crimea e per la guerra d'Italia fummo cercati da lui.

Ho spedito Villa in corriere a Francoforte non avendo altra occasione di far pervenire a Barrai i dispacci giuntimi oggi. Dopo l'udienza di Pasolini spedirò lo stesso Villa a Torino, dove rimarrà quindi innanzi a di Lei disposizione.

(1) Cfr. n. 136.

145

IL SENATORE PASOLINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 30 agosto 1863.

Da Minghetti avrai sentito l'esito della mia gita a Londra. Ho la convinzione che gli animi siano là bene disposti assai per noi. L'unità dell'Italia è nel loro interesse; essi lo sentono benissimo; ma siccome non è compita, essi possono temere de' passi che a noi sembrino utili per compirla. Tenendoli rassicurati su questo, credo che li avremo sempre con noi. Qui le cose sono diverse; io non potrei parlarti che colle parole di Nigra, e tu le conosci. Ho visto il solo Drouyn de Lhuys per complimento, se volete che io vegga qualcuno me lo scriverete e mi direte le vie.

Ieri essendo nell'anticamera del Drouyn, Nigra mi lesse il vosti·o dispa~cio sul Congresso di Francoforte (1). Gli chiesi se leggendolo il Ministro può modificare qualche frase, perchè in quel caso io, a suo posto, avrei soppresso in pieno quella riga che dice: • il pericolo delle commozioni d'Italia, e con questo della pace d'Europa •.

Io vorrei che questo argomento ce lo serbassimo quando parliamo direttamente della necessità di accelerare la soluzione delle cose che tolgono l'Unità d'Italia. E siccome di queste può accadere che io debba parlare, vorrei quell'argomento intatto. Nelle questioni diplomatiche, come era quella

(sebbene per indiretto mirasse alle cose nostre) non vorrei accennare ai nostri pericoli interni. Bada bene; non intendo dare una lezione nè a te nè a chiunque possa aver parte in quella nota; sarei ridicolo -ma ti dico la impressione che sento, ora che per volontà vostra vivo in mezzo a diplomatici e discorro sempre di politica.

Non so ancora se vedrò l'Imperatore: so che va a Biarritz una settimana dopo l'Imperatrice; ma non so come disponga di questa settimana. Saluta Cerruti e Artom per me: Addio. Scusa la fretta.

(1) Cfr. n. 136.

146

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasoli.ni, vol. III, pp. 342-346)

L. P. Parigi, 29-30 agosto 1863.

Sebbene io non sappia quando questa mia possa giungerti, ti scrivo se non altro a modo di storia. Ti scrivo però senza riserva: e credo che alcune di queste mie considerazioni non debbano essere comunicate a tutti i colleghi, almeno così ·crudamente ·come io le esporrò.

Vidi Nigra giovedì sera; poi ieri ebbi conferenza con lui di tre ore e mezzo: gli ho detto tutto francamente e gli ho letto il colloquio con Lord Palmerston, avvertendolo essere un segreto fra lui, te e me.

l<> Dubito che egli abbia parlato del progetto col Principe Napoleone il quale lo abbia escluso dopo averne parlato all'Imperatore. Primo male.

2° Il solo fatto nuovo sarebbe l'assenso di Palmerston, ma per cento ragioni questo non può dirsi e soprattutto per onestà. Io potrei solo dire di avere ragione di credere che a date circostanze Palmerston accetterebbe.

3° Io non posso chiedere l'udienza dall'Impemtore che per mezzo di Drouyn de Lhuys (che vedrò oggi stesso). L'Imperatore tiene in questo momento a non mostrare rapporti speciali con noi, per non dare sospetti all'Austria; è dubbio. se l'Imperatore mi riceverebbe col pretesto di dover partire.

Questo mi dispiacerebbe assai, non per me personalmente, ma per te. Infine sarebbe cosa disgustosa pel Governo italiano, sebbene io dichiari non avere qui alcuna missione.

4° Quando l'Imperatore accettasse di prendere in esame il progetto, lo farebbe per mezzo di Drouyn de Lhuys, nel cui interesse sarebbe di farlo andare a male. È promessa fatta dall'Imperatore a Drouyn de Lhuys che niente si faccia senza lui, che fin qui ha rispettato. Da queste due considerazioni 3, 4, nacque l'affare Vimercati.

5° Discusso sopra Panizzi e Ricasoli, Nigra pensa che il solo uomo al caso sarebbe il Principe Napoleone (il quale adesso è all'Havre), ma questi farebbe e direbbe le cose a suo modo, e come limitarlo nelle espressioni su Palmerston? Compromettendo questo, non si farebbe che un peggior guasto.

6° Nigra poi mi ha detto in confidenza due cose che mi hanno fatto grande impressione: la prima avergli detto a parole esplicite che a noi bisogna dare Venezia e togliere Napoli, la seconda che mai nessuna delle cose grandi fatte in Italia d'accordo con la Francia ebbe le mosse da Cavour; il primo pensiero della guerra di Crimea e della guerra d'Italia mosse da Parigi, quelle che mossero d'Italia furono poi lasciate fare, non giammai accordata cooperazione effettiva.

Poste queste cose, senza che io stia a mostrarvi le ragioni per le quali deduco le conseguenze pratiche, e non potendo chiedere il tuo avviso, ho deciso di vedere Drouyn de Lhuys. Se posso credere allontanato il dubbio del non essere ricevuto, chiedere per mezzo suo l'udienza dell'Imperatore; non parlare a questo del progetto salvo n caso che mi venisse tal destro da parermi opportunissimo. Anche Nigra mi diceva come in un solo colloquio la cosa fosse troppo arrischiata. Se qui fossi ,stato al tempo di Fontainebleau, o fosse qui alcuno al tempo di Compiègne (nel novembre), essere facile allora un invito di parecchi giorni e avere agio di parlare più volte.

Questa appendice della mia missione mi pesa, e non era nei casi contemplati; ad ogni modo dopo matura riflessione mi è sembrato di non dovermi tirare indietro e far quanto è possibile nei limiti della prudenza. Per quello che mi dice Nigra non è probabile che l'Imperatore venga nelle nostre idee, e ad ogni modo ci vorrebbe un lungo lavoro.

Per Panizzi farò come tu mi telegrafasti ieri. Vidi Ricasoli che meco tornò da Londra a Parigi. Ieri mattina fu lungamente da me. Vuole andare a Francoforte e Vienna per vedere se gli ,si presenta occasione di parlare con persone importanti. Dice dovere l'Austria dare la Venezia all'Italia, onde questa si tolga una parte del debito austriaco nel che noi potremo essere generosi. Nigra pensa inopportuna la sua andata al momento presente. Farà fare delle ciarle e si toglierà la possibilità, ossia la convenienza dell'andarvi in momento più opportuno. Ho chiesto a Nigra se credesse opportuno di fargli vedere l'Imperatore e mi ha detto di no.

Veramente anche questo suo viaggio mi pare una strana cosa, sentendolo ieri parlare al solito fuori dell'ordine comune, come pratico, io trascolorava. Io credo che l'ozio gli pesa; che vorrebbe fare qualcosa; che cosa potreste dargli da fare? Se non lo occupate, temo che possa finire ad essere anche pericoloso. Ma a quale cosa? Quanto a me, vi prevengo (e vorrei lo diceste anche a Visconti), se qualche persona seria mi chiede ragione del mio viaggio, dico che essendoci qualche difficoltà con l'Inghilterra, il Governo ha creduto mandarmi per chiarire ogni cosa e raffermare le buone intelligenze. Se trovo mezzo mando la lettera, se no la tengo aperta per aggiungere.

Mi pare di vedere che per tutta la settimana sarà meglio che io rimanga,

o almeno che io dica di rimanere a chi me ne domanda.

30 agosto.

Ieri fui da Nigra e gli esposi le mie risoluzioni, salvo che egli ne convenisse pienamente. Esitò molto, perchè la morale certezza che io esigeva che la domanda della udienza imperiale non fosse respinta, gli pareva molto dubbia dopo gli ultimi affari Vimercati e le replicate esplicite dichiarazioni che dì missioni officiose non ne voleva più. Nella discussione ricordai come mezzo le antiche relazioni di famiglia con Napoleone I, e Nigra le prese di volo e disse doversi chiedere ex hoc capite.

Fummo da Drouyn de Lhuys, prima egli solo, poi io con lui per pochi minuti senza parlare di politica. Mi invitò per mercoledì sera in casa sua e accettai. Vedremo se ho l'udienza, ma ti ripeto d'accordo con Nigra che se l'Imperatore non parla di politica, neppure io ne parlo, e non parlo del progetto.

Ho parlato oggi con Panizzi che parte domani con l'Imperatrice. Ho cercato di fissargli bene i tuoi punti, poi in genere gli ho detto della necessità in che siamo di affrettare la Venezia, e come infine allargare l'Austria sul Danubio gioverebbe a tutti. Mi ha promesso di fare tutto il possibile, ma Panizzi avanti tutto cercherà di essere ospite aggradevole, poi egli è sempre sulle recriminazioni per Napoli dove dice che si governa male. Anche stamane mi ha fatto una tiritera per non so quale perquisizione alla villa di Delahante, presso Napoli. Ho cercato di persuaderlo che se possiamo avere presto la Venezia, l'unità d'Italia è assicurata, e se perdiamo Napoli sarà colpa nostra e credo che non la commetteremo, ma se quella tarda, ci si possono fare dei brutti giuochi. Ho rivisto stamane Ricasoli che riparte stasera per Francoforte: di là dopo due giorni andrà a Berlino. L'ho persuaso (almeno mi è sembrato) a decidere, dopo che sarà stato in queste due città, se andare o no a Vienna, perchè se non può andare utilmente, è meglio che non vada. Ho pensato che in ogni caso potreste fargli dire qualche cosa da De Launay: avverto però che credo De Launay suo amico e sarebbe grave se gli dicesse di parlargli a nome vostro, ossia del Ministero.

Poichè son qui, credo meglio di spenderei tutta la settimana, perchè se anche con l'Imperatore non faccio nulla, posso dar luogo a qualche occasione possibile. Questo veramente me lo ha detto Ricasoli. Vuoi tu che io vegga nessuno? Io non conosco nessuno. Lunedì a otto si apre costì il Consiglio Provinciale: vorrei esserci, se non il primo, almeno per qualche giorno. Se poi ci fosse da fare qui, non esito a restare. L'Imperatore parte per Biarritz il 7 settembre.

Aspetto tue lettere.

P. S. -Questa sera vado dalla Principessa Matilde.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 749. Torino, 31 agosto 1863, ore 15,45.

On nous prévient de Rome qu'un brigand, le nommé Pietro Sassuoli, est parti pour Paris avec le projet d'attenter à la vie de l'empereur. Le comité bourbonien lui aurait promis à cet effet dix mille écus romains. Sassuoli

est parti de Civitavecchia le 25 pour Paris. C'est un homme de 40 à 45 ans, grand, brun, barbe noire un peu grisonnante; quelle que soit l'importance de ces renseignements veuillez les transmettre au Gouvernement impérial. Notre note sur le projet autrichien a été bien accueillie par lord Palmerston. Quand aurez-vous l'audience de l'empereur? (1).

148

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 31 agosto 1863.

Non posso lasciare senza risposta le osservazioni che mi fate colla vostra del 24 corrente, e con pari franchezza vi dirò il mio animo.

Ma prima di tutto credo che a quest'ora il Bariola giunto costì vi avrà dato di molti schiarimenti, e vi avrà recato n progetto concertato fra esso e il Ministro dell'Interno. Il quale progetto se avrà la vostra approvazione gioverà a togliere molte differenze ed attriti, e a far procedere le cose con maggiore facilità.

Non ricordo bene, o per dir meglio non conosco bene n punto delle relazioni fra il ministero e voi quando si trattò della Commissione d'inchiesta sul brigantaggio. Io allora era totalmente assorto neLle questioni finanziarie, e nei progetti di prestito, onrde non fui al corrente di quanto si passava. Bensì vidi con piacere 'che i risultati della inchiesta medesima riconfermassero più formalmente e per bocca degli stessi avversarii del ministero la verità, e tornassero per conseguenza a gran lode di voi e dell'esercito nel duro compito costì affidatogli. Ad ogni modo per la ragione sopraindicata su questo punto non posso ribattere categoricamente J.e vostre osservazioni.

La proposta di legge ,che la Commissione d'inchiesta presentò alla Camera fu accolta così poco favorevolmente negli ufficii che noi avevamo ogni ragion di credere che almeno per questo passato scorcio di sessione non se ne sarebbe trattato, e tale fu l'opinione nostra sino a pochtssimi giorni .prima della proroga, cosicchè se non vi fu scritto in proposito, si fu che noi pensavamo avere ampio tempo innanzi a noi per farne ,tema dei nostri 'Stessi ragionamenti, e delle vostre osservazioni. L'ultima proposta sorse quasi improvvisa come dirò fra breve.

Vengo alla questione del Serracante. Prima di tutto non posso dar vailore agli articoli del Giornale di Roma. In genere sono talmente sordo alle voci del giornalismo, che non posso far su di esse assegnamento. Ma lasciamo ciò e veniamo al fatto. Il ministro dell'Interno dice così: • Il Serracante offerse di consegnare sè e la sua banda al Governo. Non poteva rifiutarsi tale offerta;

fu sccritto al pcrefetto d'intendecrsi col Genecrale La Macrmora a tal fine. Non fu fatto indtamento, nè date promesse, e molto meno sussidi, armi, o qualsiasi altro indiretto aiuto ». Stando così le cose la mia risposta è facile. Il Governo non adope·ra nè tollera mezzi immorali, ributta gli agenti provocatori; ma se le bande dei briganti .chiedono di deporre le armi, e di consegnarsi non può rifiutarli. Tutta la quest·ione come vedete è di fatto non di principio, e se il Governo francese facesse rimostranze su questo punto io credo che il ministro dell'Interno avrebbe modo di rispondergli vittoriosamente. Ad ogni modo lo ripeto il Governo intende fermamente di non adoperare né tollerare i mezzi che voi giustamente riprovate.

Seguo le vostre aocuse, e vengo alle ultime due sedute della Camera. In tempi normali io son d'avviso con voi che tali sedute non siano lodevoli, e che se si rinnovassero frequentemente screditerebbero il sistema parlamentare. Ma se si considera la condizione ec.cezionale in cui ci troviamo, la immensa mole degli affari da trattare in Parlamento, e il tempo che necessariamente occupano le leggi finanziarie; io credo che le due ultime sedute anzicchè una cosa riprovevole siano un argomento di buon senso della Camera, e di utilità al paese. Guardate di grazia ai progetti di legge che vi furon votati senza discussione; erano necessarii, urgenti per la più parte, studiati dalle Commissioni degli ufficii. La sola cosa abborracciata si fu la legge del Brigantaggio e sono anche su questa a rispondervi. Come vi dissi era opinione nostra e pareva che anche la Camera si acconciasse a differirne la trattazione. Negli ultimissimi giorni akune notizie di recrudescenze di brigantaggio, la opportunità messa in campo di far qualche cosa in questo genere quando si votavano leggi d'imposta, un poco di quelle furie che talora pigliano le assemblee deliberanti d convinse che era difficilissimo e pericoloso il rimandar la cosa. Si aggiungeva il vantaggio che fatta così la legge si evitavano le declamazioni di una discussione generale che non poteva farsi in ·comitato segreto, e che sarebbe stata argomento di commenti per ·tutta Europa. In questo stato di cose il ministro dell'Interno credette che fosse opportuno accettare quella proposta così imperfetta com'era, e meritevole certo di riforme se dovesse durare, anziechè respingere qualunque provvedimento che sarebbe parso un poco curarsi dei mali che tanto si lamentano, ovvero un discutere a fondo una questione irritante e che avrebbe potuto occupare dei mesi e mesi. La risoluzione del Ministero fu dunque presa sul tamburo, e non vi era più tempo di conferirne con voi nè giovarsi delle vostre osservazioni. Non bisogna giudicar le cose di lontan() sempre al proprio punto di vista senza trovarsi rper così dire in mezzo alla mischia, e non bisogna neppur dimenticare che in politica il meno male è talvolta il migliore dei partiti.

Il concetto della convenzione militare sorse nella discussione del nostro

ministro a Parigi ·co·l ministro Imperiale quando noi ci lagnavamo della di

mora di Francesco II a Roma e di tante altre mene .che sotto la tutela della.

bandiera francese si macchinano ai nostri danni. Il concetto fu morale più che

altro, come dimostrazione che la Francia desiderava veramente cooperare alla

repressione del brigandaggio. L'imperatore stesso vi annuì con molto favore,

e a Montebello che gli faceva il ragionamento che poi ha ripetuto nella let

tera a voi diretta, rispondeva che qualcosa bisognava fare e che il risultato

morale era da calcolarsi al di sopra delle difficoltà della pratica. Drouyn de Lhuys esprimeva a un nostro incaricato il desiderio vivissimo che il Re dicesse alcun che di ciò nel discorso della Corona. La parte insomma dell'applicazione veniva rimandata alla conferenza dei Generali: non si stabiliva per allora che il principio e la volontà d'intenderei.

Ma direte voi: • Come dunque dopo ciò, la cosa è rimasta in secco e non ha avuto esito? ». Io credo che sia questo uno di quei •Casi nei quali la volontà dell'Imperatore viene fraudata, e distrutta dal suo entourage. Credo che si possa e debba .ripigliarla; e la sola ragione perchè si tacque ·sinora è che blsogna prima esaurire quel malaugurato incidente dell'Aunis e fare una cosa alla volta. Ma finito quello e spero sia fra breve, rannoderemo il filo che appare spezzato. E quanto all'attuazione, quando vi sia la parte morale e politica, il ministero si rimetterà certo a quello che nel vostro senno, e nella vostra esperienza sarete per giudicare.

Finalmente quanto alle Guardie mobili, non è un ·capriccio o una volontà nostra, ma 'C'è una legge •Che non fu fatta da noi, e che bisognava almeno tentare di eseguire, dico tentare almeno, per poter mostrare alla Camera gli ostacoli della sua applicazione, e giustificare la buona volontà del Governo.

Ho toccato i punti che voi successivamente m'indicate; e J:asciate che soggiunga che se vi furono forse delle dr·costanze nelle quali apparisse che il ministero dell'Interno non facesse il debito conto dei vostri consigli, ciò non dipese certo da mancanza di fiducia in voi; ma da quella serie di combina~ zioni ,che non di 'rado fa sì che posti in luoghi remoti e in mezzo a circostanze diverse le cose possano vedersi in un aspetto non identico, o si trascurino qui tali avvertenze che altrove hanno importanza. Queste differenze bisogna a vicenda apprezzarle benignamente, e non attribuirle a difetto di fiducia reciproco quando in sostanza v'ha nei principii ·completo accordo.

Non essendovi nella vostra lettera alcuno speciale appunto contro il ministero delle finanze, ho parlato a nome dei miei colleghi e per quella responsabilità che mi compete come Presidente, e che, sebbene io non possa vedere tutti i particolari, tuttavia non debbo rifiutare e non rifiuto.

Mi duole che non intendiate di ritirare la vostra demissione, ma accetto la vostra offerta di lascia=i tempo a pensare. Veramente le difficoltà son gravissime a rimpiazzarvi: ma egli è sopratutto la vostra influenza me,ritata costì, la vostra autorità morale e il .rispetto e la stima che avete saputo ispirar colle opere vostre che non è possibile rimpiazzare, e che mi fanno insistere acciocchè il tempo che mi è lasciato sia tale da farci sperare che le condizioni delle provincie napoletane abbiano migliorato. Io spero che ciò si avveri al cominciar dell'inverno, e siamo già all'autunno. Alle altre considerazioni si aggiunge questa. Dopo la rivista che avrà luogo a Milano il 20 circa, il Principe Umberto probabilmente farà una corsa nel mezzodì, rimarrà due settimane a Palermo, poi verrà a passar qualche tempo a Napoli. Non si è ancora discusso con Sua Maestà se questo tempo sarà breve, o se vi si stabilirà per qualche mese almeno. Ad ogni modo io credo di somma importanza che all'arrivo del Principe ci siate voi, e ehe nel primo suo trovarsi a Napoli, egli abbia la vostra direzione e il vostro consiglio. Questo affare del Principe è assai importante per l'avvenire del paese; ma io avrei infinite cose a dirvi e debbo finire.

Desidero e spero che i vostri voti si adempiano. Quanto a noi abbiamo la coscienza di fare ogni possibile per organizzare il paese, per dargli un andamento serio e nell'interno e al di fuori. Se riusciremo a vlEcere le difficoltà immense sarà gran fortuna, ma non si potrà mai dubitare che noi abbiamo portato al Governo l'onestà politica, la rettitudine del fine, ed il buon volere.

(1) Con lettera personale in data 28 agosto '63 che non si pubblica il capo di gabinettodel Ministro degli Esteri, !sacco Artom, aveva già trasmesso al Nigra un elenco dei fatti di brigantaggio avvenuti presso la frontiera romana, che dimostravano la necessità della Convenzione Militare per la sorveglianza di quelle frontiere, ritenuta inutile dal Generale Montebello.

149

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AST, Legazione a Francoforte)

R. 50. Francoforte, 31 agosto 1863.

Le Courrier de Cabinet, M. Villa, m'a remis ce soir à son arnvee 1c1 la dépéche que V. E. a bien voulu m'adresser le 28 de ce mais (1), renfermant la copie de la Note adressée par le Gouvernement du Roi aux Cabinets de Londres et de Paris pour appeler leur attention sur les dispositions de l'article 8 du projet de réforme fédérale présenté par l'Empereur d'Autriche. Je ne manquera.i pas de conformer mon langage aux instructions qui me sont prescrites. Déjà dans mes conversations avec mes collègues je leur avais fait remarquer tout ce qu'avait d'anormal et d'exorbitant au milieu d'une fédération d'Etats, ~a prétention de l'Autriche de s'arroger le droit de paix et de guerre dans les questions et pour des territoires extra-fédéraux. J'aurai soin dès aujourd'hui, d'après les développements contenus dans la note de

V. E., de donner à mon langage un caractère plus précis et plus accentué.

Au reste, le Gouvernement du Roi a jugé avec une haute sagesse de la situation en s'abstenant d'adresser à la Diète une communication à ce sujet. lVIalgré l'attitude triomphante de l'Autriche rien n'est encore fait, et camme j'ai eu l'honneur de la mander ces derniers jours a V. E., rien ne se fera sans le concours de la Prusse. Or, camme cette dernière Puissance a résolu de s'abstenir, en déclarant qu'elle n'accepterait jamais le plan de réforme fédérale sur les bases proposées par l'Autriche, il s'en suit nécessairement qu'en dehors des interprétations malveillantes auxquelles elle aurait pu donner lieu, une démarche officielle de notre part auprès de la Diète, aurait tendu à donner une consistance à quelque chose qui n'est pas dans le domaine des faits et n'a pas mème chance d'y jamais entrer, et par cela mème, camme le fait si justement observer V. E., servirait bien plus les intéréts de l'Autriche qu'elle ne leur serait nuisible.

Les nouvelles de ce soir portent que la Prusse aurait l'intention de lancer un contre-projet de réforme fédérale beaucoup plus libéral que celui de l'Autriche et dans lequel notamment figurerait l'election directe si fort convoitée par le parti national. Seulement l'an ajoute que M. de Bismarck

sentant bien que l'Allemagne libérale ne peut plus avoir aucune confiance en lui, aurait proposé au Roi de choisir un autre Ministère pour opérer ce changement de politique. La nouvelle n'est probablement pas vraie et il [est] très certain que la Prusse attendra que l'Autriche ait donné la dernière forme à son projet pour y répondre par un autre; mais cette éventualité qui est indiquée par l'opinion publique se trouve forcément dans la situation dcs choses, et constitue pour la Prusse le seul moyen de reprendre sa position en se relevant du profond abaissement où l'a jetée, aux yeux de toute l'Allemagne, une politique aussi aveugle que déplorable à tous les points de vue.

P. S. -Le Baron Ricasoli est ici depuis hier soir, se rendant après demai.n à Berlin.

(1) Cfr. n. 137.

150

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1222. Parigi, l settembre 1863, ore 14,25 (per. ore 15,15).

Comte Pasolini sera reçu par l'empereur dimanche à dix heures. Nous vous prions de garder le silence sur ce sujet.

151

IL COMANDANTE DEL CORPO D'OCCUPAZIONE FRANCESE A ROMA, MONTEBELLO, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AVV)

L. P. Roma, 1 settembre 1863.

J'ai l'honneur de vous remercier des renseignements que vous avez bien voulu me transmettre concernant le nommé Dtirholz. Au moment meme où je les recevai:s, le 2ème Conseil de Guerre de ,la Division venait de rendre san jugement sur l'affaire Durholz Stramenga, de Crosta dit Cerito, Di Giovanni dit Poppone et Cardinale.

Les trois premiers ont été condamnés à cinq ans de détention avec privation des droits civiques, pour avoir organisé des bandes armées et détenu illégalement des armes de guerre. Di Giovanni et Cardinali ont été acquittés faute de preuves.

Je vous remercie également, M. le Général, du document que vous m'avez adressé et qui a été trouvé dans le portefeuille de Croceo. J'en envoie la traduction à Paris.

P.S. -Vous voyez, mon cher Général, que nous faisons une guerre acharnée à la réaction. Pour le moment elle est complètement à bas, et j'espère que la sévérité de nos conseils de guerre jointe à l'active surveillance que nous ne cessons d'exercer, empèchera qu'elle ne tente de se relever. Je vous remercie de la communication que vous m'avez faite. Il y a longtemps que je sais à quoi m'en tenir sur tous ces gens là (1).

152

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 752. Torino, 2 settembre 1863, ore 22,05

Si vous avez quelque doute sur l'issue favorable et complète de la question d'extradition télégraphiez-moi. Minghetti pourrait tenter quelque démarche auprès du prince Napoléon. Je vous envoie courrier demain soir.

153

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 347-348)

L. P. Parigi, 2 settembre 1863. Poichè Nigra mi dice che manda un corriere, aggiungo queste due righe alle cose scritte per te a mia moglie.

Nigra mi dice che l'Imperatore è disgustato degli affari di Francoforte; sicchè egli pensa che se la Russia venisse ad accordi per la Polonia, l'alleanza Franco-Russo-Prussiana rivivrebbe. E al solito si dice che l'Inghilterra avrebbe ispirato il Congresso di Francoforte, il che io credo mediocremente. Nigra si rallegra moltissimo del raffreddamento coll'Austria, dicendo che anche tu gli scrivevi dopo la conferenza da lui avuta coll'Imperatore a Fontainebleau, dolerti assai questa alleanza Austriaca. E sta bene, io dicevo; ma quale pratica utilità potremmo noi ritirare da questo raffreddamento? Qual mezzo proporre per arrivare a questa benedetta Venezia? E qui non mi sono sentito fare alcuna risposta. Finchè si trattava della guerra, noi facevamo un progetto che poteva essere più o meno accettabile: ma se le alleanze si spostano, che progetto facciamo? Lo spostamento non è tale da portare alla guerra; e in pace come fare il nostro affare? Intanto due cose: la Ia che se questo revi1·ement si verifica, non solo è gran fortuna che noi non ci siamo mescolati cogli altri, ma anche che il nostro progetto sia rimasto allo stato di confidenza con Palmerston e qui non si sia portato innanzi; la 2a che domenica non mi

conviene farne motto all'Imperatore se anche se ne offrisse il destro, ma questo offrendosi, vorrei pure avere qualche cosa a dire sul punto essenziale che è Venezia per me. Io vorrei potergli dire: Se V. M. è ,coll'Austria contro la Russia, ecco il mezzo di fare il cambio della Venezia ne' Principati; se è contro l'Austria, ecco il modo di fare quel cambio. Dico se il destro mi si presenta, e queste occasioni si presentano di rado e bisogna profittarne. Quanto a Roma, credo inutile il battere sopra una cosa che al momento mi pare impossibile; posso parlarne, ma per concretare qualche cosa non veggo possibilità.

Io penso che prima di domenica mattina io potrò avere almeno un tuo telegrafo che mi ispiri; e intanto io penserò e discuterò anche col Nigra.

P. S. -Dì a V'isconti che non gli scrivo avendo se'fitto a te. Per tua norma domenica debbo lasciare l'albergo alle 8llz per SaintCloud.

(1) Il post-scriptum è di pugno del generale Montebello.

154

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM (Copie Artom)

L. P. Parigi, 2 settembre 1863.

Il corriere Villa è di ritorno da Francoforte con dispacci urgenti del Conte di Barrai. Lo spedisco quindi senz'altro a Torino.

Ieri ho visto il Conte Goltz, il quale era stato ricevuto domenica scorsa dall'Imperatore. Mi disse che l'Imperatore non era in buona disposizione verso l'Austria in seguito al Congresso di Francoforte. Il Conte Goltz disse all'Imperatore che a suo avviso il miglior modo di trovar un esito alla questione polacca era forse quello d'ottenere dalla Russia direttamente la franca accettazione dei sei punti, la qual cosa la Russia aveva già dichiarato esser pronta a fare, e la promulgazione di una costituzione di cui già si parla da qualche giorno. Se queste misure fossero dallo Czar annunciate all'Imperatore Napoleone co~ una lettera autografa, destinata ad esser pubblicata, pare all'ambasciatore di Prussia che la Francia dovrebbe tenersi per soddisfatta. So che tale proposta venne fatta dalla Prussia alla Russia in via confidenziale. Si teme però che l'irritazione delle popolazioni russe possa essere uno ostacolo all'attuazione di questo pensiero. Ad ogni modo l'Imperatore Napoleone non l'escluse, benché siasi astenuto dal pronunciarsi chiaramente. È evidente per me che il solo impedimento ad un riavvicinamento della Francia alla Russia ed alla Prussia sia l'impegno morale preso dall'Imperatore Napoleone d'ottenere qualche cosa per la Polonia. Per poco che la Russia si presti, ella può provocare uno spostamento radicale nelle alleanze europee. Un'altra concessione a cui pare tenga molto l'Imperatore Napoleone, si è il richiamo di Murawieff. Ella vedrà se non sia il caso di far giungere a Pietroburgo qualche buon consiglio in questo senso sia per mezzo di Pepoli sia per mezzo di Stackelberg. Intanto tenga per fermo che l'Imperatore Napoleone capisce

15 -Docuoo;w7:ti diplomatici -S0r;e I -Vol. IV

benissimo le vere tendenze del congresso di Francoforte. La conseguenza naturale dovrebbe essere l'abbandono dell'alleanza austriaca, ma è da temersi che l'Austria, prevedendo il caso e volendo evitarlo, pigli una posizione più netta e più avanzata nella questione polacca. Non bisognerebbe !asciargliene il tempo. La Russia dovrebbe accelerare le concessioni, e mettersi d'accordo colla Prussia e con noi per provocare un mutamento nella politica della Francia e suscitare imbarazzi all'Austria. Ma dal suo lato la Prussia dovrebbe modificare l'indirizzo della sua politica interna, il che, finché dura Bismarck, pare in verità non molto probabile.

Ho visto oggi il guardasigilli. Mi ha dato finalmente la parola che la questione dell'estradizione sarà risolta prima che l'Imperatore parta, cioè a dire entro gli otto giorni. La qualità di crimine comune non è più posta in dubbio. La questione che chiama l'attenzione del Guardasigilli è quella concernente il modo e le circostanze dell'imbarco giacché pare che i cinque malandrini siano stati imbarcati per ordine. Ho dimostrato al Guardasigilli che ciò non mutava punto la questione, dal momento che erano imbarcati, non importa come, su nave francese, eran su territorio francese, quindi soggetti all'estradizione. Naturalmente il Signor Baroche non volle pronunciarsi meco sul risultato del suo esame. Ho sempre la stessa ragione di credere che sarà favorevole. Ma intanto impegno Pasolini a parlarne all'Imperatore, e furse scriverò io stesso al medesimo. Quello che però è positivo si è che la cosa sarà risolta prima che l'Imperatore parta.

155

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1228. Parigi, 3 settembre 1863, ore 8,15 (per. ore 9,25).

J'espère que la question d'extradition aura une issue favorable si non complète, mais tant que la chose n'aura pas été soumise à S. M. en conseil des ministres je ne puis rien affirmer avec entière certitude. Comme il ne faut rien négliger de notre part je ne vois pas d'inconvénients à ce que commandeur Minghetti engage prince Napoléon a faire des démarches; de mon còté je vais écrire à l'empereur (1).

156

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 753. Torino, 3 settembre 1863, ore 11,30.

Veuillez prévenir prince Napoléon que Minghetti lui écrit ce soir en le priant d'interposer ses bons offices pour affaire extradition. Délai à été déplorable, solution [in]comp1ète serait injusti!fiable. Rappelez-vous les expressions de l'empereur dans son télégramme en clair au roi.

(1) La démarche del Minghetti presso il Principe Napoleone fu effettuata con lettera del 3 settembre 1863, pubblicata in LrPPARINr, p. 348.

157

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1229. Berlino, 3 settembre 1863, ore 19,15 (per. ore 4,30 del 4).

Ministre des affaires étrangères très krité 'Contre Autriche. Il est décidé à repousser acte de réforme, nommément artide 8 au sujet duquel il approuvait mes objections. Il médite secrètement des contrepropositions, mais il veut encore gagner du temps. Il a dit que l'Autriche est déjà presque isolée dans sa politique européenne. Il conseille échange de vues de notre part avec Cabinet anglais, et au besoin publication des dépèches. Cette puissance inspire une grande confiance à l'Allemagne. Quant à la France, échange de vues, mais de manière à ce qu'il ne transpire rien dans le publique très défiant à son égard vis-à-vis de la Prusse. Il désirerait notre abstention. Il m'a dit qu'avant un mois rien d'important à san avis ne surviendrait, que je pouvais ainsi m'absenter sans aucun scrupule; si plus tard il désirait ma présence ici il me le ferait savoir. Mais avant de partir j'attends autorisation de V. E. par le télégraphe. Le comte PuHga en joindra mes excuses ;parifaitement motivées à S.A.R. le prince Amédée. J'ai écrit aujourd'hui rapport par occasion particulière (1).

158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 22. Torino, 3 settembre 1863.

Certamente l'opinione pubblica e la stampa potrebbero essere più calme e ragionevoli nelle quistioni estere, ma bisogna nel loro contegno vedere un sintomo di questo stato malaticcio in cui non è meraviglia che si trovi l'Italia. Il sentimento dell'incompleto, del provvisorio, dell'incerto è quello che più inquieta e tormenta ogni paese ed ogni società. Un periodo di sosta è il più difficile periodo che possa attraversare una rivoluzione. Le contraddizioni non mancano in Italia, sopratutto per ciò che riguarda i nostri rapporti colla Francia. L'Italia lotta fra il suo buo:1 senso e la sua vanità, e, come la lotta è dolorosa, se la piglia coi Ministri. 1~uesto stato di cose finirà col consumare di ,continuo Ministeri e Ministri e avrà per conseguenza o il sopravvento del partito avanzato o la necessità pel partito moderato di porsi esso stesso a capo di un moto che meglio si accordi coll'andamento della politica generale. Il solo modo di attraversare questo stadio di aspettazione indefinita senza dare in queste secche è di ottenere all'Italia un posto degno nelle grandi

transazioni europee. Allora il paese sentirà d'essere favorevolmente collocato per cogliere le occasioni ove si presentino, saprà, ad ogni modo, d'aver un posto degno del suo legittimo orgoglio. Sventuratamente quali furono da dieci mesi i nostri rapporti colla Francia? Nella quistione di Roma abbiamo dichiarato d'essere pronti a trattare sulla base della lettera dell'Imperatore e la dichiarazione cascò a terra. Per la Venezia non si poteva far nulla e ciò si comprende. Nelle grandi quistioni rimanemmo alla porta. Tenemmo viva la quistione del brigandaggio; quistione secondaria se si vuole, ma importante pel suo effetto morale. Chiedemmo una modesta convenzione militare e si spinge il ma•l volere sino a dirci di no, dopo averci fatto ·credere di sì. Si tollera 1a presenza di Francesco IIo a Roma. I briganti penetrano tuttavia nel nostro territorio. Nell'affare della estradizione de' briganti l'affrettarsi

o il farci attendere era una semplice quistione di buon volere. E dopo un ingiustificabile ritardo ci si minaccia una soluzione incompleta, che offenderà il paese e toglierà alla Francia tutto il merito d'una pronta ed amichevole conclusione. Per ciò che riguarda la posizione del nostro Ministro nelle conferenze a Costantinopoli, mentre l'Inghilterra, l'Inghilterra che tanto sospetta la nostra politica in Oriente, riconosceva la giustizia de' nostri reclami e dava opportune istruzioni a Bulwer, la Francia non ci ha neppure risposto. E il Principe Gortchakoff parlando con Pepoli di questo argomento poneva malignamente in risalto questo fatto che la Francia non ci aveva risposto. Ella spera che questo disgustoso periodo stia per compiere oramai la sua parabola. Ed io divido la sua speranza, poichè realmente il Congresso di Francoforte comincia a portare i suoi frutti e la nuova situazione di cui pare si radunino gli elementi ci offre un più favorevole terreno.

Minghetti scdve oggi a Lei e a Pasolini (1). Aspettiamo con viva impazienza il risultato dell'udienza, benchè i nuovi fatti modificheranno necessariamente la conversazione che si voleva avere, e il progetto portato da Pasolini non calzi più alla situazione che sembra formarsi. Dal risultato della conversazione dipenderà la nostra condotta. Ora è importantissimo di ottenere una soluzione completa per l'estradizione dei briganti. Poi bisognerà, non avendo di meglio, riprendere la quistione degli accordi militari e della presenza di Francesco Il0 • Le grandi combinazioni sono l'opera del tempo e delle opportunità europee, ma queste quistioni appartengono esclusivamente alla buona volontà della Francia.

Le ho telegrafato oggi (2) per la pubblicazione, annunciata da un dispaccio Stefani, del mio dispaccio del 27 (3) nell'Europe di Francoforte. Telegrafai pure a Barral (2) per sapere se realmente questa pubblicazione apparve nell'Europe e se era conforme al dispaccio suddetto. Non ho ancora ricevuta la risposta. Questa pubblicazione mi duole perchè mi sembra precoce e di più essa mi riesce inesplicabile. Dal Ministero non uscirono che una copia per lei, una per Corti, e le due ch'Ella spedì a Barrai e a De Launay rper semplice loro norma e notizia. Crede Ella possibile che l'indiscrezione sia venuta dal

Ministero degli Esteri a Parigi? Il conispondente unico dell'Europe a Torino che è impiegato nell'Ufficio Stampa al Ministero dell'Interno aveva saputo che il Governo s'era preoccupato della quistione, ma avendo chiesto istruzioni ad Artom fu da questi consigliato a non dir verbo. E seguitò l'istruzione ricevuta. Mi parrebbe importante il poter ottenere su questa quistione qualche risposta, o meglio ancora la comunicazione di qualche documento in cui il Governo francese abbia manifestato il suo modo di vedere, perchè la nostra dimanda non paja un soliloquio. Così si potrebbe poi alla Camera mostrare come, se nell'imbroglio polacco, rimanemmo giustamente in riserva, quando sorse una quistione per noi veramente seria facemmo atto di vigilanza, né lasciammo che nella temuta intelligenza della Francia coll'Austria si manifestasse uno screzio senza cogliere l'occasione.

(1) Cfr. n. 161.

(1) -Cfr. n. 159. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 136.
159

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 349-350)

L. P. Torino_, 3 settembre 1863.

Ho ricevuto la tua del 29 (1). Trovo giust,e le osseTvazioni: la posizione è veramente cambiata. Sicchè non è più il caso di portare all'Imperatore il progetto netto e reciso che avevamo in mente. Forse nel discorso ti verrà il destro di accennarvi; questo è lasciato alla tua prudenza.

Ma probabilmente l'Imperatore chiederà notizie di Napoli, e qui non vi lasciate imporre. Sostenete ciò che è vero che la ricchezza pubblica e il ben essere sono cresciuti immensamente nella città di Napoli, e nelle province non infestate dal brigantaggio. I proventi dei dazi indiretti crescono, i salarii son raddoppiati. Noi facciamo lavori pubblici, immensi; e non si trovano opere in molte parti a tre lire il giorno. A questo aggiungo una lettera e alcuni allegati che mi manda Peruzzi or ora; al quale dissi che Panizzi ti aveva parlato di Delahante. Il brano dell'Inglese è significante, perchè uomo sodo e che visse lungamente a Napoli.

Il rifare il Regno delle Due Sicilie sarebbe opera più difficile immensamente, 'che il compiere l'unità italiana.

Ti parlerà anche delle finanze, e qui potrai accennare alle riforme fatte e da farsi e alla fiducia crescente, poichè dopo un prestito di un miliardo i nostri fondi son venuti sempre aumentando senza sbalzi €' senza scos,se.

Ma certo, sinchè l'esercito, si dovrà mantenere com'è ora, radicali economie, non si faranno. Ridurre l'esercito equivarrebbe per l'Italia a rinunziare alle sue legittime aspirazioni: nello stato presente dell'opinione è impossibile.

Io vorrei, se ti viene l'occasione, che tu facessi passare nell'animo dell'Imperatore il convincimento che il contrariarci, il mostrarsi avverso a noi,

(lJ Cfr. n. 146.

il volerei esclusi dalle grandi questioni, è contrario ai suoi stessi interessi e a quelli della Francia. Egli non può desiderare che la rivoluzione ripigli il suo corso in Italia, e a tal fine dee gradire che il potere sia in mano di uomini conservatori. Ma se per quanto è in lui ci attraversa la strada, egli va contro alla buona politica. Insomma, allo stato delle cose, e posto che il gran progetto non è più presentabile, io non posso darti che istruzioni generiche e rifedrmi a quanto scrissi nella mia del 25 (1). La convenzione militare pei confini romani promessa, e poi troncata, Frances,co II a Roma, l'indugio nella questione della estradizione, tutte queste cose possono venire in scena opportunamente.

L'obbiettivo è di fargli sentire che ciò che fa ora è a gran detrimento dell'Italia, senza prò per la Francia, che egli perde ogni affetto e ogni riconoscenza, che non prepara nulla per l'avvenire.

Ti ho scritto in frettissima. Penso che il tuo colloquio, se non può avere l'importanza capitale preveduta, può avere però influenza molta per l'avvenire. Ad ogni caso non può nuocere.

160

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 350-351)

L. P. Torino, 3 settembre 1863.

Aggiungo due righe per te solissimo.

1° Sarebbe mai possibile che Nigra fosse infido? Qualche volta mi balenò questo dubbio che respingo. L'apatia, lo scriver sì rado, i consigli banali che manda a Visconti, mi danno pensiero.

2° Rkasoli. Anch'io credo che egli sia stanco di far nulla. E come aveva preso dirizzone per Roma, ora lo prende per Venezia. Ma se vede, come vedrà, Barra! e De Launay, ne sarà disingannato. Se la Prussia avesse altri uomini. là si potrebbe agire. Ad ogni modo bisogna pensarci, tanto più che nel partito nostro, i meno irragionevoli pensano a lui e lo vorrebbero a capo.

3<> Mio colloquio coll'Imperatore. Veggo difficile che ti venga la palla al balzo. Nè potrebbe essere opportuno che disegnati un po' gli eventi e con un progetto concreto. Lascio ciò alla tua penetrazione e prudenza. Addio, e Dio ti aiuti bene. Credo che dopo la visita all'Imperatore, potrai partire, a meno che non ti paresse di esercitare qualche influenza utile sopra codesti signori. Ho scritto a Nigra che ti presenti a Rouher e Billault che sono i due importanti del Gabinetto. E perchè non vedere anche Thouvenel? Egli può, e sarebbe gran fortuna per noi.

P.S.. -Credi opportuno che io scriva a Panizzi? Beninteso, soltanto sulle cose di Napoli, e con dati positivi come so che a lui piacciono.

(1) Cfr. n. 133.

161

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 507. Berlino, 3 settembre 1863 (per. il 9).

M. de Bismarck est revenu à Berlin le ter Septembre. Je me suis empressé de lui demander une audience. Elle était accordée pour le lendemain; mais contremandée jusqu'à ce matin par suite des travaux dont il s'était trouvé accablé dès son retour.

La conversation dont je vais rendre compte ayant eu lieu à bàtons rompus, pour éviter la forme dialoguée, j'ai résumé en un seul article mes observations et celles de mon interlocuteur.

J'ai exprimé à S. E. mes regrets d'avoir été sevré depuis six semaines de ses intéressantes communi.cations, surtout à une époque où tant d'événements s'étaient déroulés sur la scène politique. Je lui ai rappelé que, la veille de son départ pour Gastein, je m'étais permis de lui faire observer que, malgré l es desirs manifestés en haut lieu de resserrer les liens fédéraux, l'Autriche avait, déjà alors, bien mal répondu à ces dispositions amicales. Que depuis lors elle a mis le comble à la mesure, et doit, U me semble, avoir détruit toute illusion dans l'esprit de ceux qui comptaient sur ses bons procédés. Ses projet.> de réformes ne sont autre chose qu'une entreprise nettement dirigée ·contre la prépondérance Prussienne en Allemagne.

• Elle agit, ai-je ajouté, sans vous, malgré vous, contre vous. Au congrès des Princes, elle vous a ouvert une porte trop basse pour que vous ayez pu y entrer. Elle vous ferme également celle des conférences ministérielles, du moment où il ne vous resterait qu'à accéder purement et simplement à des résolutions définitives soustraites à votre discussion. Elle veut vous isoler à l'intérieur de l'Allemagne. Je suis persuadé d'avance que vous ne laisserez pas nn libre cours à l'ambition demesurée d'un Charles-Quint au petit pied, et qu'après vous etre refusé à ses prétentions de vous faire passer sous les fourches caudines, vous saurez rechercher les moyens les plus propres à maintenir votre ascendant en Allemagne, et à isoler l'Autriche dans sa politique étrangère. Son attitude ne vous donnerait-elle pas beau jeu pour repr·endre votre ancien programme lors de votre avènement au pouvoir: celui d'un rapprochement entre ·la France et la Russie dont la Prusse serait le traitd'un[on. Je n'ai pas besoin d'ajouter que nous avons le meme intél'et à détacher la France de l'Autriche »,

Voici la réponse de M. de Bismarck; je tàcherai autant que ma mémoire me le permet de rapporter ses propres expressions.

• Autrefois dans ses voyages, il fallait se mettre en garde contre les attaques des bandits; aujourd'hui il faudrait prendre ses précautions ·contre ceux qui, à brUle pourpoint, vous présentent de fausses lettres de change; contre les escrocs politiques! Toute cette affaire de Francfort, n'a été qu'un guet-apens tendu à la Prusse. On a calculé sur la surprise, sur les dì.lineries féminines, sur l'extreme courtoisie de Sa Majesté vis-à-vis des autres tetes couronnées. Une conspiration avait en quelque sorte été ourdie autour du Roi, pour l'en

trainer au congrès, conspiration qui rappelle celle tramée par Napoléon I pour attirer les Bourbons d'Espagne à Bayonne. Il n'y a pas jusqu'au Gouvernement Anglais qui n'ait insisté dans ce but, peut-etre en suite de son desir de voir l'Autriche se détacher de la France. Sa Majesté, faisant preuve de bon sens, m'a montré assez de confiance pour n'agir qu'après avoir entendu les conseils de son ministre. La Prusse ne pouvait évidemment consentir à devenir, mème en apparence, le jouet de la politique Viennoise. Son programme ne saurait nous convenir. La Présidence de l'Autriche dans la confédération ne peut nous aUer dans sa nouvelle forme. Il y a des articles qui ne seraient admissibles qu'avec un droit de veto. Nous desirerions voir renforcer l'élément parlementaire dans l'assemblée fédérale, dans une juste proportion avec notre popul·ation Allemande. Maintenant le congrès est clos. Il y a eu des absents et des dissidents. Le résultat définitif des travaux nous sera communiqué. Les Princes qui ont voté pour, ne se considèrent liés par l'acte des réformes, que jusqu'à ce que nous ayons répondu par un refus, ou que nous ayons fait d'autres propositions. Les conférences ministérielles sont écartées. Nous avons de la marge. Ne voulant pas accepter le projet Autrichien, nous serons probablement dans le cas de faire un contre programme. Il y aurait peut-ètre lieu de renchérir dans un sens libéral et national contre la majorité; mais nous devons nous poser la question si dans ce moment une attitude semblable ne pousserait pas toujours plus les Gouvernemens dans les eaux de l'Empereur? Dans tous le cas, nous voulons agir sans précipitation. C'est une affaire qu'il faut d'abord laisser cuire dans san jus! Des considérations importantes nous engagent à procéder avec une certaine lenteur. Si la majorité des Etats confédérés, après un certain laps de tems, persévère dans ses intentions, nous serions dans le cas de procéder à de nouvelles élections pour nos chambres, et notre ligne de ·conduite dépendrait en partie du résultat de ces élections. Nous aurons aussi à examiner s'il ne faudrait pas appuyer notre attitude par un grand déploiement de troupes, et par des notes dont la publication produirait une vive émotion dans l'opinion publique. Alors nous aurions la chance de graves complications au printems prochain. Je ne veux cependant pas préjuger l'avenir. Il faut laisser une porte ouverte à l'imprévu, aux

éventualités de la politique extérieure.

En attendant, l'Autriche a agi très légèrement. La Russie lui avait fait des

ouvertures pour une garantie mutuelle entre les trois Puissances du Nord

pour leurs possessions Polonaises. Elle a plus que jamais indisposé le Czar en

repoussant ces avances qui lui auraient permis de retirer son épingle du

jeu de la question polonaise où elle s'est fourvoyée. Elle nous brave par un

projet de réformes qui pourrait nous conduire à une nouvelle guerre de trente

ans. Elle excite l'ombrage de l'Empereur Napoléon, qui commence à com

prendre que le congrès des Princes était aussi une arme dirigée contre la

France. Je ne parle pas de l'Italie, car vous avez parfaitement compris que

si le mot garantie de la Vénétie n'est pas explicitement écrit dans le pro

gramme incriminé, la chose s'y trouve indubitablement. Ainsi l'Empereur

François Joseph est déjà à peu près isolé dans le concert Européen, et il ne

dépendra pas de nous qu'.il sorte vainqueur de ses tentatives pour disposer

de l'Allemagne à son gré •.

M. de Bismarck m'a donné l'assurance que le Gouvernement Prussien repoussait nommément l'article 8 (droit de paix et de guerre) dans son ancienne, comme dans sa nouvelle rédaction. Je lui ai donné lecture de mes critiques contenues dans mon rapport N. 506 du 30 Aoiìt dernier (1) à propos de ce mème article amendé. S. E. partageait ma manière de voi1·.

Je venais de lire un télégramme annonçant, d'après le journal l'Europe de Francfort, que V. E. et M. Drouyn de Lhuys avaient en date du 25 Aoiìt envoyé une circula•ire pour exprimer dès-à-présent des réserves au sujet de l'article 8. Cette nouvelle publiée le matin mème de la clòture du Congrès, avait évidemment été forgée par l'Autriche, pour exercer une pression sur le vorte de1s Princes, en cakulant sur une i11ritation ·contre toute •immixttion étrangère. M. de Bismarck partageait aussi mon avis sur ce point. Tout en niant que nous eussions déjà fait une semblable démarche, j'ai dit qu'il se pourrait cependant, sans que je connaisse encore les intentions de mon Gouvernement, que nous jugions à propos d'amener un échange de vues avec les Puissances, et qu'il me semblait qu'en agissant de la sorte nous servirions en mème tems les intél'èts de la Prusse.

• Si j'ai un conseil à vous donner, m'a dit le Ministre des Affaires Etrangères, cherchez surtout à persuader le Cabinet Anglais qui a été un peu gagné par l'Autriche qu'il voudrait fortifier en Allemagne, comme contrepoids à la France et à la Russie. Au besoin, publiez mème votre correspondance avec Londres. L'Angleterre inspire de la confiance à l'Allemagne. Il n'en est pas de mème de la France; aussi vaudrait-il mieux, si à Paris vous travailliez dans un but analogue, que rien n'en transpiràt au dehors, et que tout se passat dans l'intimité. En Russie, l'Autriche a perdu pied; ainsi là, il serait inutile de prècher des convertis. Vis-à-vis de moi autant vaut s'abstenir d'une démarche quelconque. Vous connaissez ma manière d'envisager les choses; je connais la vòtre; car votre langage est évidemment conforme à la politique de votre Gouvernement Vous me placeriez sous un faux jour vis-à-vis de nos co-Etats, s'ils apprenaient que je reçois des communications sur un sujet où ils ne voyent qu'une affaire intérieure. Laissez nous suivre le développement de la question, en vous reposant sur nous du soin d'empècher que les plans de l'Autriche ne passent du domaine spéculatif sur le terrain pratique •.

Je lui ai fait observer que nous avions un intérèt commun à séparer la France de l'Autriche, dont les bons rapports preséntaient de sérieux dangers pour la Prusse comme pour l'Italie.

• Telle est aussi mon opinion a-t-il répliqué; mais pour rapprocher la Prusse et la Russie de la France, il faudrait qu'à la tète de ses rélations extérieures, il n'y eiìt pas un homme comme M. Drouyn de Lhuys, qui penche vers l'Autriche. Il faudrait que l'Empereur Napoléon secouàt un peu l'influence de l'lmpératrice qui le pousse dans une voie ultra-cléricale, comme si c'était là l'unique moyen de consolider sa dynastie. Il faudrait en outre que le Cabinet des Tuileries s'appliquàt à regagner notre confiance et celle de la Russie qu'il a maladroitement sacrifiée en faveur de la cause Polonaise. Au point où en sont les choses, quand on parle de la France il me revient à

l'esprit les vers que François I traçait avec un diamant sur les vitres de je ne sais le quel de ses chàteaux:

• Souvent femme varie: Est bien fou qui s'y !te ». En terminant cet entretien dont nous pouvons etre satisfaits, M. de Bis

marck m'a dit qu'il savait que j'avais l'intention de prendre un congé, et que rien à son avis ne s'opposait à mon départ. Qu'avant un mois il ne se passerait rien qui fùt de nature à exiger ma présence à Berlin, et que si plus tard, il survenait quelqu'incident qui lui fit désirer mon retour, il me le ferait savoir par l'entremise du Comte de Puliga.

J'envoie. donc un télégramme à V. E. (1) pour lui demander l'autorisation de partir, pendant que la saison est encore supportable.

Le Comte de Puliga apportera mes excuses à Monseigneur le Prince Amédée qui comprendra, je n'en doute pas, les raisons urgentes qui m'appellent en Italie.

Ce rapport n'étant pas de nature à etre envoyé par la poste, je le confie à M. François Acri qui se rend directement à Turin. C'est un des jeunes gens envoyés ici par le Gouvernement pour se perfectionner dans les études classiques.

(1) Non pubblicato.

162

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI CAP)

L. P. Parigi, 3 settembre 1863.

Il Congresso di Francoforte reca i naturali suoi frutti. Qui si comincia ad aprir gli occhi, e l'alleanza austriaca va raffreddandosi. Ma è da temere che l'Austria per trattenere gli amori che minacciano di fuggire, pigli una posizione più netta e più avanzata sulla questione Polacca. Non bisogna adunque perder tempo. L'occasione è favorevole. Siamo tutti imbecilli se la lasciamo sfuggire. La Russia, la Prussia e noi possiamo in questo momento far mutare l'indirizzo della politica estera della Francia. Ma è necessario che la Russia faccia subito le concessioni che vuol fare. Promulghi la costituzione e dichiari accettati i sei punti. Lo Czar dovrebbe annunziare questi fatti all'Imperatore Napoleone il quale, impegnato ·com'è, non può riannodare l'alleanza russa senz'aver nulla ottenuto per la Polonia. Quanto alla Prussia sarebbe desiderabile che adottasse un sistema più liberale nella sua politica interna. Ma non spero che lo faccia, come temo che l'irritazione della popolazione russa impedisca lo Czar di far quanto ho detto di sopra. Ma il momento è supremo. Bisogna far qualche sacrificio per ottenere un gran risultato. Quando il mutamento nella politica estera della Francia sia fatto coll'abbandono' della alleanza austriaca, se fra tutti non siamo capaci di suscitare serii imbarazzi all'Austria nel proprio suo seno, bisogna pur dire che siam buoni a nulla.

(1) Cfr. n. 157.

163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 756. Torino, 4 settembre 1863, ore 15,25.

Nos informations de Paris nous font croire que l'empereur dans ce moment est fort mécontent de l'Autriche et qu'il est disposé à s'approcher de la Russie. L'Autriche pour parer le coup pourrait bien prendre le devant par une attitude plus décidée et par des engagements plus positifs avec la France dans la question de Pologne. Il ne faudrait pas lui en laisser le temps. La Russie devrait profiter de ce moment et par des concessions opportunes faites à la France, s'entendant avec la Prusse et avec nous, déplacer le système d'alliances provoqué par la question polonaise. Le rappel de Mouravieff serait une avance très agréable à l'empereur. Le moment peut etre décisif et j'espère que votre habileté en saura tirer parti.

Minghetti demande si vous voulez renouveler bail pour trois mois.

164

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY (1)

T. 758. Torino, 4 settembre 1863, ore 15,25.

Nous sommes déjà en pourparlers avec l'Angleterre qui semble approuver principes établis dans notre note du 27 (2). Autriche pourrait très bien avec une attitude plus décidée et des engagements plus positifs dans la question polonaise déjouer les plans de M. de Bismarck et resserrer ses liens avec la ~rance. Le moment est décisif pour la Prusse si elle sait en profiter. Je vous enverrai dans peu de jours autorisation congé.

165

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. CONFIDENZIALISSIMO. Parigi, 4 settembTe 1863.

Déchiffrez vous-meme.

J'ai écrit hier à l'Empereur et aujourd'hui la question d'extradition a été examinée en Conseil. L'Empereur et ses Ministres ont été d'accord pour adopter le principe de l'extradition de tous les cinq. Seulement l'Empereur deman

dera peut ètre au Roi de commuer la peine en cas de condamnation à mort. Cette nouvelle ne m'ayant pas été comanuniquée officiellement et étant confidentielle, je vous supplie de garder le plus grand secret jusqu'à ce que le décret soit signé. En présence de ce fait, je crois que l'intervention du Prince Napoléon ne serait plus d'aucune utilité.

(1) -La minuta di questo telegramma, di pugno di Minghetti, si trova in AVV. (2) -Cfr. n. 136.
166

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AS Biella, Carte La Marmora)

Torino, 4 settembre 1863.

Déchiffrez vous-mème.

L'Empereur a

écrit au

Roi:

• Question extradition très controversée:

promesse secrète commutation peine capitale faciliterait solution ». Le Roi lui a répondu en acceptant proposi.tion.

Je vous remercie de cette heureuse solution.

167

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l 7. Pietroburgo, 4 settembre 1863 (per. il 18).

Benché io non mi lusinghi di mutare in alcun modo la decisione presa dal Consiglio dei Ministri, tuttavia non posso lasciare senza risposta il suo ultimo dispaccio (1) in cui Ella svolge ampiamente gli argomenti che valsero ad indurre i suoi Colleghi a respingere la mia proposta.

Non posso !asciarlo senza risposta, perchè la lettura di esso mi convinse che Ella ha minutamente analizzato il mio concetto in alcune sue parti soltanto ed io stimo ch'esso non possa essere giudicato rettamente che considerandolo nel suo insieme e ne' suoi rapporti colla politica generale in Europa. Gli argomenti svolti nel suo dispaccio si riassumono in uno solo: l'opportunità della politica di astensione. Ella non crede, Signor Ministro, che i pericoli che minacciano l'Italia si aggraveranno rimanendo inoperosi. Io porto contraria sentenza, e ciò per due motivi; il primo che conviene impedire ad ogni patto ai raggiri dell'Austria di trionfare, l'altro che è necessario all'Italia di mostrare all'Europa che ha una politica propria, che essa non è vassalla d'alcuna altra nazione.

È fuori di dubbio che l'alleanza dell'Austria è ricercata da tutti e che nessuno crede all'efficacia del nostro aiuto. Ha ricercato l'alleanza austriaca

la Francia e per attenerla ci volse le spalle e respinse le offerte che, è voce, noi sui primordi Le abbiamo fatte.

Ha ricercato l'alleanza austriaca l'Inghilterra e si può oggi ripetere col Conte di Cavour • Le Alpi Austriache impediscono la voce d'Italia di giungere a Londra •. Ha ricercato l'alleanza austriaca anche la Russia e queste osservazioni sono luminosamente confermate oltre a moltissimi altri dai fatti seguenti:

L'offerta del trono Messicano all'Arciduca Massimiliano; il richiamo del Ministro Inglese a Torino; la proposta delle Conferenze ristrette.

L'indifferenza delle Potenze a nostro riguardo è pure provata dai fatti; ma l'ol'igine ne è una sola: la credenza che noi seguiamo ciecamente la politica della Francia. Questa convinzione, mi duole dirlo, fu confermata in tutti dalla linea di condotta adottata dal Governo Italiano nella questione polacca. La Russia che ha una diplomazia rotta ad ogni arte sottile seppe che noi a Parigi avevamo offerto di cooperare colla Francia in favore della Polonia, vide con rammarico che noi non esitammo ad inviare una nota dietro l'invito della Francia, come fecero il Portogallo, la Svezia e le minori Potenze; quindi è naturale che nel Governo russo sia nata verso di noi una crescente diffidenza e ch'egli non creda all'indipendenza dei nostri atti.

In Francia l'opinione che noi siamo irrevocabilmente legati alla sua politica è così forte che quel Governo non teme di offenderei trescando coll'Austria. È necessario dunque che si produca un fatto che valga a rompere questo fascino, che mostri all'Europa che l'Italia sente la propria indipendenza, che ha la coscienza della propria forza. Egli è questo punto di vista nella questione che non si può trascurare. La proposta d'un Congresso per iniziativa dell'Italia avrebbe ac·cennato ad una politica indipendente.

Un altro fatto capitale che non si può trascurare è questo. L'opinione pubblica ci è ora meno favorevole che per il passato, essa dubita di noi, e si volge all'Austria, che ha preso il nostro posto in Polonia e che a Francoforte propugna idee nazionali. L'odio intero del partito liberale si volge sulla Russia e non cessa di accusarla di essere un ostacolo al trionfo della Libertà. Questo è un errore, un'ingiustizia che ci è funesta perchè favorisce i nostri avversari.

La Russia non si oppone ad un Congresso Generale che potrebbe pacificare l'Europa; essa non ha interessi che l'obblighino ad opporsi al trionfo delle idee nazionali. Gli ostacoli veri al trionfo della libertà e delle nazionalità sono Roma e l'Austria. Esse sole si oppongono alla riunione di un Congresso; è tempo che l'Europa sappia chi è cagione dei mali che l'affliggono.

n rifiuto di partecipare ad un Congresso strapperebbe la maschera a tutti; me ne duole per l'Inghilterra, ma è tempo ormai che la libertà del mondo cessi di trovare ostacoli negli interessi commerciali Inglesi.

n suo dispaccio, Signor Ministro, combatte la mia proposta, affermando che essa non è abbastanza radicale per soddisfare all'opinione pubblica; ma io accennando i termini d'una transazione non ho consigliato di fare di essi il programma dell'Italia.

È evidente che noi dobbiamo essere gli interpreti del gran partito liberale. Al Congresso noi dovremmo quindi essere francamente gli oratori delle aspirazioni nazionali; ma ciò non toglie che se l'Italia ottenesse per transazione i risultati che ho accennati essa avrebbe ottenuto uno splendido trionfo.

Io credo quindi efficace ed opportuna la proposta di riunire un Congresso; credo che il silenzio nostro trae in errore la pubblica opinione; spoglia i Rappresentanti d'Italia d'ogni autorità all'estero, e ci conduce all'isolamento che Ella, Signor Ministro, ha respinto con eloquenti parole in Parlamento.

A queste mie osservazioni Ella risponderà forse che le circostanze sono oggi mutate, che la Francia ora si riavvicina a noi, che la condotta dell'Austria a Francoforte rassoda l'alleanza delle due Nazioni.

Io non ho conoscenza sufficiente dei fatti parziali che succedono in Europa per sapere se la Francia è sincera nelle sue nuove proteste di amicizia. Questo io so che confido che il Governo del Re accoglierà freddamente le nuove offerte e che non lascierà sfuggire il destro per istabilire colla Francia rapporti indipendenti.

La Francia ha oggi mestieri della nostra alleanza; ora, guai al nostro Governo se egli non sapesse dettare le condizioni di essa; s'egli non prendesse sufficienti guarentigie pell'avvenire; s'egli non facesse scontare alla Francia i recenti suoi amori col Governo Austriaco. Oggi forse il Governo del Re potrebbe costringere la Francia ad accettare la proposta d'un Congresso Generale; oggi l'Italia potrebbe in questa guisa ristabilire la pace fra essa e la Russia.

(1) Cfr. n. 130.

168

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. Mirabellino, 4 settembre 1863.

Chargé par le Gouvernement du Roi de me rendre à Paris pour hàter auprès de S. M. l'Empereur une décision relative aux démarches faites par le Cabinet de Turin, dans le but de conclure avec le Gouvernement français une Convention militaire pour la répression du brigandage, et surtout, chargé de demander à S. M. I. l'autorisation d'insérer dans le discours de la Couronne, que le Roi allait prononcer, une phrase qui tout en rassurant les amis de l'alliance française, fut un démenti forme!, et de fait, aux irnsinuations calomnieuses que les hommes avancés ne cessent de répandre sur la prétendue tolérance du Gouvernement Impérial.

S. M. me fit l'honneur de me recevoir aussitòt mon arrivée le 21 Mai. Dans l'entrevue que j'ai eu l'honneur d'avoir avec Elle, j'ai commencé par Lui exposer nettement les raisons pour lesquelles le Cabinet de Turin tenait à pouvoir annoncer aux représentants de la nation que la France avait accepté, en principe, de stipuler une convention d'action commune pour une répression plus efficace du brigandage sur nos frontières.

S. M. I. me demanda avant tout ce que •l'on entendait par cette Convention militaire, dont le sens en avait, peut-etre, été détourné par une fausse

interprétation donnée à la phrase apposée à la demande envoyée au Ministre Nigra, dans laquelle on proposait, en dernier lieu, de donner une plus grande étendue à la convention faite par le Général Revel, convention qui n'était autre que le règlement pour le passage d'une rivière. Je me suis borné à répondre à ce sujet, que ne connaissant pas les termes de la demande, je croyais que le Gouvernement du Roi, en citant cette convention, ne pouvait avoir d'autre but, que de faciliter la conclusion du traité en rappelant un antécédent de stipulation arrèté entre les Autorités françaises et italiennes indépend,amment des Autorités 'romaines, an:técédent, .que le Gouvernement Impérial aurait pu faire valoir dans ses rapports avec la Cour de Rome. Il m'a été facile ensuite de prouver à l'Empereur l'importance de la convention, les raisons étant démontrées à l'évidence par la situation des malheureuses Provinces de l'Italie Méridionale, et par les horreurs qui étaient commises journellement par des assassins provenant des Etats romains, horreurs qui révoltaient la morale et la conscience de tous, les hommes les plus gmves, les Sénateurs les plus modérés, ceux meme qui sont froids ou indifférents à la question de Rome, sont inflexibles contre le bvigandage, dont on veut à tout prix la suppression, suppression que l'on doit atteindre dans l'intéret meme de l'alliance et des sympathies françaises en Italie.

S. M. me fit alors des observations tendant me prouver, que l'armée française faisait tout ce qui était en son pouvoir pour empecher les brigands d'entrer sur notre territoire, et que Lui n'avait jamais cessé de faire parvenir à la Cour de Rome des conseils et des remontrances t,rès vifs, pour obtenlr de S. S. l'éloignement de François II qu'il n'espérait pas d'obtenir cet éloignement par le Pape directement, mais qu'étant sùr d'obtenir le renvoi de la

plus mauvaise partie de son entourage, il espérait que François II lui-mème aurait quitté Rome.

Je n'ai pas caché à l'Empereur que je regrettais de ne pas pouvoir partager son espoir, et qu'à mon avis, l'éloigenement de l'ex-Roi de Naples, n'aurait lieu que quand la conviction serait entrée chez les Cardinaux, que le refus à .cette demande tant de .fois réitérée serait le signa! de la retraite des troupes françaises des Etats pontificaux.

L'Empereur passa alors à la question pratique du traité, et Il me demanda comment je l'entendais, je répondis alors à S. M. I. que n'étant chargé que d'en démontrer à l'Empereur la nécessité en principe, je n'étais point préparé à en discuter les bases; S. M. insista pour avoir mon avis personnel; je crus alors devoir Lui dire que pour moi toute l'importance de la convention était dans l'établissement d'une zone, qui dépassant par un espace arreté les deux frontières, les troupes françaises et italiennes pourraient opérer en commun la poursuite des brigands.

Je savais qu'en exprimant de cette façon mon avis à l'Empereur je touchais le point essentiel et délicat de la question;' je fis dane bien attention à l'effet produit par mes paroles, et je dois dire, que l'impression que j'en ai rapporté, dans ce moment, fùt celle, que S. M. I. n'aurait pas été peut-,etre bien éloigné de traiter meme sur cette base; cette conviction fut en moi tellement sincère, que j'ai cru devoir mettre moi-méme sous les yeux de S. M. les difficultés que les accords pour l'établissement de cette zone auraient soulevé de la part de la Cour de Rome, car il s'agissait de permettre à des troupes, regardées comme ennemies, l'entrée sur le territoire pontificai, territoire, dont la France n'avait pas la faculté de disposer.

S. M. se borna à me répondre que c'étaient des frontières que les soldats du Pape n'étaient pas en état de surveiller, ni de défendre.

C'est après avoir pris encore une fois connaissance de la phrase que S. E.

le Président du Conseil désirait insérer dans le discours du Roi, que S. M. me

promit d'en référer promptement à M. Drouyn de Lhuys de manière à en en

voyer dans le plus bref délai une réponse favorable au Cabinet de Turin.

Pour faciliter les accords, ajouta l'Empereur je ferai chercher le Général Montebello, qui est ici; vous pourrez vous expliquer ensemble en ma présence; il n'est pas favorable à ce traité, mais nous tàcherons d'aplanir les difficultés. S. M. fit effectivement chercher le Général, qui, étant aux Tuileries, fut un instant après en présence de l'Empereur.

Dès le début de la conversation, le Général Comte de Montebello, déclara à l'Empereur qu'il était contraire à cette convention; à son avis, elle sortait la France de cette espèce de neutralité qu'Elle devait garder entre le Gouvernement italien et le Gouvernement du Pape, je fis remarquer au Général, très respectueusement, que dans le cas actuel, la neutralité, dont il parlait, ne donnait aucun profit au Saint-Siège, qu'au contraire n'étant utile qu'aux brigands, elle. mettait la Cour de Rome dans la triste nécessité de partager la responsabilité des actes infames, qu'elle ne savait, et ne pouvait empecher.

Le Général alors fit observer à l'Empereur avec un accent de tdstesse, que ce traité ne manquerait d'ètre regardé généralement comme un blàme à sa conduite, S. M. tàcha de le rassurer à cet égard, en lui disant que la loyauté bien connue de son caractère, le mettait à l'abri d'une interprétation aussi fausse; je me suis permis d'ajouter, que le traité en question, puisant sa raison d'etre dans l'insuffisance des mesures employées jusqu'à ce moment, c'était donner au Général une nouvelle marque de la confiance Impériale en augmentant les moyens d'action qui étaient à sa disposition.

Le Comte de Montebello s'apercevant que la volonté de l'Empereur était favorable au projet soumis par le Cabinet de Turin, et étant poussé dans ces derniers retranchements, dit à S. M. que le projet de l'établissement d'une zone n'étant pas admissible, vu les limites restreintes des Etats pontificaux, il lui fallait, pour que ce traité eùt lieu, une forte augmentation de l'armée d'occupation, ce à quoi l'Empereur répondit négativement.

La conversation s'étant prolongée sans avoir amené un résultat définitif, l'Empereur nous dit de passer dans la chambre voisine, pour tàcher de nous mettre d'accord; ce que nous fimes; mais S. M. L étant venue nous rejoindre quelque temps après, trouva que le Général n'ayant pas modifié ses opinions, revient à la charge pour obtenir l'augmentation de troupes déjà demandée, ce qui lui fut nouvellement et carrément refusé.

Si le désintéressement du Général ne m'eùt pas été bien connu, j'aurais cru voir dans cette insistance à accroitre son commandement, le désir de se procurer certains avantages personnels à son retour en France.

lìO

L'Empereur dit encore quelques mots toujours dans un sens favorable, mais avant de le quitter, craignant que I'influence du Comte de Montebello ajoutée à celle déjà ·contraire de M. Drouyn de Lhuys, ne refroidit les bonnes dispositions de S. M. j'ai cru devoir encore lui déclarer que l'importance aux yeux du Cabinet de Turin, était, pour le moment, dans la simple adoption du traité en principe; l'Empereur me dit alors, qu'il avait envoyé chercher S. E. le Ministre des A:Efaires Etangères, et qu'une réponse aurait été donnée dans la matinée mème officiellement au Ministre Nigra.

S. M. I. en me congédiant, me chargea des expressions !es plus affectueuses pour S. M. le Roi; de mon còté, j'ai remercié l'Empereur des marques constantes de sympathie qu'Il ne cessait de donner personnellement à la Cause Italienne.

Vers quatre heures de la mème journée je me suis rendu de nouveau chez M. le Ministre Nigra, qui ayant été aux Affaires Etrangères avait accepté et transmis à Turin par un télégramme la phrase qui, quoique n'étant pa•s celle demandée par S. E. iJ.e Président du Conseil, permettait pourtant d'annoncer dans le discours du Tròne l'adoption en principe de la Convention militaire (1).

Avant mon départ pour Turin je me suis rendu, suivant l'avis mème du Ministre Nigra, aux Affaires Etrangères; M. Drouyn de Lhuy.s me reçut avec la plus grande amabilité, quoiqu'il me reprochat de n'avoir jamais été le voir partkulièrement depuis son entrée aux affai-res; ce à quoi je répondis que le sachant •peu favorable à la cause de mon pays, j'avais mis toute discrétion à ne pas l'impovtuner de mes visites. S. E. se récria énergiquement contre l'opinion que j'émettais, en me déc.larant que dès la première jeunesse, en voyageant en Italie, il avait acquis la conviction, que la domination autrichienne était impossible dans la péninsule, alors j'ai cru devoir exprimer mon étonnement de le voir hostile à l'Unité Italienne, qui était la conséquence directe et inévitable de sa juste appréciation.

Après un assez long entretien, pendant le quel M. le Minist.re des Affaires Etrangères ne put me dissimuler ses défiances sur la réussite de ·l'alliance autrichienne, base de sa poJi.tique dans la question Polonaise, S. E. me dit, qu'il espérait que j'aurais été content de la réponse envoyée à Turin relativement à la Convention milita.ire. Je répondis carrément que non; à mon avis il y avait une très grande différence entre la phrase demandée par notre Président du Conseil et la phrase accordée; la première impliquait nécessairement l'intervention directe du Gouvernement français, la seconde, écartant ·complètement toute entente entre Ies deux Gouvernements, n'admettait que des accords entre les Autorités militaires, accords très difficiles à établir, vu la position délicate de l'armée française à Rome, ·et que, par le fait de n'ètre 1que purement militaires, ils diminuaient de beaucoup l'effet qu'ils produiraient en Italie.

M. le Ministre ta·cha de combattre mes appréciations par des arguments que je n'ai pu admettre, et pour ·couper court à une conversation devenue désormais inutile, je lui dis, que je devais regarder ma mi·ssion comme terminée, M. Drouyn de Lhuys ajouta qu'il était faché de me vok retourner à

16 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Turin, sous une si fàcheuse disposition d'esprit; à quoi je répondis, que, certes, les Ministres du Roi n'auraient pas demandé mon avis, mais, si j'avais été interrogé je·n'aurais pas hésité à dissuader le Président du Conseil de parlér dans le discours de la Couronne d'une convention, qui réduite à une si simple expression, n'avait à mes yeux qu'une importance très secondaire.

Par cette phrase, qui en grande partie, exagérait ma pensée, j'ai cru deviner que S. E. avait diì combattre les bonnes dispositions de l'Empereur, pour diminuer, autant que possible, l'importance de l'acte, dont on venait d'adopter le principe, et qu'il se serait peut-etre trouvé placé dans une fausse position vis-à-vis de S.M.!. si on n'avait pas parlé de la convention dans le discours du Roi.

L'insistance que M. Drouyn de Lhuys mit à combattre la suppression de la phrase, me prouva à l'évidence la vérité de mon appréciation, ce qui me fit soutenir de nouveau l'idée émise; M. le Ministre me pria alors de ne pas donner suite à mon projet, qui, à son avis, pouvait étre cause de refroidissiment dans les rapports entre les Gouvernements, et S. E. finit par me donner sa parole, que si les Généraux ·chargés de ·conclure la convention, n'étaient pas parvenus à se mettre d'accord, il aurait Lui-méme tàché d'aplanir les difficultés que j'aurais été chargé par le Gouvernement du Roi de lui soumettre.

Je pris acte de ses paroles en prenant congé de S. E. tout en ayant une foi assez limitée dans ses promesses.

Le Général Comte de Montebello qui parait etre chargé de stipuler la Convention mHitaire, est de ceux pa11mi l'entourage de l'Empereur qui aient été, dès le début, des plus favorables à la guerre d'Italie, véritablement attaché à la dynastie Napoléonienne, sert l'Empire avec attachement, ses intentions sont toujours droites et loyales, très tenace dans ses idées, son intelligence est médiocre, et quelquefois sa conscience est troublée par la croyance de la nécessité du pouvoir temporel, à l'indépendance du Saint-Père (1).

(1) Cfr. Serie I. vol. III. n. 631.

169

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1234. Pietroburgo, 5 settembre 1863, ore 16,25 (per. ore 22,25).

J'ai parlé hier au prince Gortchakoff avant de recevoir votre dépeche (2). Il m'a semblé qu'il ne refuserait pas accord avec France, mais qu'il attend des concessions au lieu de les faire. Pour sonder terrain il faudrait savoir sur quelles bases on peut traiter. Expliquez-vous plus nettement par dépeche télégraphique ou avec un nouveau courrier. Je regrette de ne pouvoir renouveler bail.

• Spero che se avrai, con Minghetti, veduto Nigra, non avrai mancato di tenergli, sul conto mio, il progettato discorso, io sento la necessità di camminare d'accordo, e la sento al punto che se non vi fosse unione, io non terrei a conservare il mio pesto ».

(1) Il rapporto venne trasmesso con lettera personale di accompagnamento, di cui si reputa opportuno pubblicare soltanto il seguente brano:

(2) Cfr. n. 163.

170

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 508 Berlino, 5 settembre 1863.

J'ai parlé ce matin à M. de Bismarck dans le sens du télégramme de

V. E. en date du 4 courant (1).

Il m'a répété qu'il ne pouvait voir que d'un bon oeil notre échai,ge de vues avec le Cabinet Britannique. Quant à l'observation contenue dans ce télégramme relativement à l'Autriche, et dont il nous remerciait, il m'a dit que l'éventualité dont il s'agissait s'était déjà présentée à son esprit; mais qu'il ne voyait pas trop comment s'y prendre pour la déjouer. La Prusse n'est pas dans de mauvais termes avec le Gouvernement Français, et lors mème qu'elle désire s'en rapprocher davantage, elle ne saurait y consentir au prix de mécontenter la Russie en vi,rant de bord dans la question Polonaise. Elle lui a fait toutefois des ouvertures dans un sens conciliant; mais dans la mesure que comportent les intér.èts des deux Puissan0es du Nord.

J'ai dit au Président du conseil que notre observation n'avait nullement pour but de piacer la Russie dans une fausse position. Bien loin de là; que nous tenions beaucoup à maintenir d'excellens rapports avec cette Puissance; que nous avions seulement voulu le mettre toujours de plus en plus en garde contre les menées Autrichiennes, et cela dans l'intérèt de la Prusse et de la Russie, aussi bien que dans le nòtre; que S. E. n'ignorait pas qu'un des principaux motifs de l'attitude de la France dans l'affaire Polonaise, de ses cajoleries à l'endroit de Vienne, était peut-ètre celui de combattre le fantòme d'une coalition; que du moment où l'empereur Napoléon aurait des assurances formelles de S. Pétersbourg et de Berlin que leur politique n'a aucune arrière pensée semblable, il y aurait alors beaucoup plus de chances de Le détacher de l'Autriche.

M. de Bismarck ne croyait pas que le moment fùt venu pour la Russie de tendre la main au Cabinet des Tuileries. Dumoins le prince Gortschakoff, sans répondre directement aux ouvertures confidentielles transmises de Berlin, donnait à entendre que dans le pays il y avait une telle surexcitation contre la France, qu'il fallait la laisser se calmer; qu'en un mot il fallait gagner du tems. Or la Prusse et la Russie marchent d'accord.

• -Pourquoi, ai-je alors demandé, ne chercheriez vous rpas, comme nous, à éclairer le Gouvernement Français sur les dangers qu'il y a à se fier à l'Autriche? ». • -C'est ce que nous n'avons pas ,cessé de faire, m'a répondu le Président du Conseil. Le Comte Goltz a maintes fois déclaré à l'Empereur Napoléon que le Cabinet de Vienne, après avoir trompé la Russie et la Prusse, n'agirait pas autrement vis-à-vis de la France, quand il en aurait retiré tous les avantages qu'il poursuit pour le besoin de sa ,cause. C'est se faire illusion

que de compter l'entrainer à une attitude énergique en 'faveur de la Pologne. Comment pourrait-il alors se défendre s'il était à la fois attaqué par la Gallicie et par la Hongrie, et peut-étre aussi du còté de l'Italie? Une guerre dans ces conditions le conduirait à sa perte. Il est vrai qu'il procède tellement à la légère qu'il serait capable de tenter l'aventure; mais ce n'est là que de la politique conjecturale. L'avenir en décidera. En attendant je pense que l'Empereur Napoléon lui-méme n'a aucune idée arrétée pour ses projets. Laissons la situation se développer. En attendant nous prenons nos précautions pour parer à toutes les éventualités. Vous avez lu le décret de dissolution des chambres. Nous avons pris une autre mesure importante. Les conscrits de ·cette année, au lieu d'étre incorporés dans l'armée, comme de coutume, au mois de Février prochain, y entreront par moitié dès les 15 Octobre et 15 Décembre. Durant tout le mois de Septembre nous allons nous occuper des élections. Nous écrirons quelques dépéches aigre-douces pour maintenir notre opposition au programme de Francfort. Mais il n'y aura rien de décisif dans cet intervalle, et s'il dépendait de moi, je vous autoriserais hardiment à profiter immédiatement de votre congé, et je vous promets nouvellement de vous faire savoir quand votre présence ici pourra ètre de

quelque utilité ».

V. E. aura aussi lu le décret de dissolution des chambres. Voici dans quelles circonstances elle a eu lieu, indépendamment des motifs allégués dans l'ordonnance. Le Roi a manifesté la volonté que le parlement se réunit encore dans le courant de l'année, pour voter le budget. Ne croyant pas qu'il fiìt de sa dignité de paraitre devant l'ancienne assemblée systématiquement hostile, le Ministère a engagé Sa Majesté à recourir aux élections. Lors méme que les mémes élémens reparaitraient sur la scène, le Gouvernement se trouvera aumoins en présence d'une nouvelle législature animée aujourd'hui peut-étre de sentimens plus patriotiques.

Il me semble qu'on peut prédire, à coup sur, que conformément au mot d'ordre du parti libéral, les collèges électoraux se feront représenter par les anciens députés. Il n'y aura alors qu'un moyen de les rendre plus maniables, celui de faire de sérieuses concessions; et méme dans ce cas il est assez probable que le Cabinet actuel devra offrir sa démission. Si je suis bien informé M. de Bismarck serait alors pl'ét à quitter ,son portefeuille. Il reconnaitra, trop tard malheureusement, que pour faire de la bonne politique extérieure, il faut avant tout avoir une base solide à l'intérieur.

Comme le disait ce Ministre, ce travail de recomposition prendra plusieurs semaines, et l'attitude de Sa Majesté dépendra beaucoup de l'issue de la campagne électorale. Il lui serait en effet impossible de faire de la grande politique avant de s'étre assuré de l'appui de la nation et avant d'avoir régularisé sa situation financière de manière à ce qu'elle lui permette de contracter des emprunts. On comprend parfaitement ici, comme V. E. le remarque très bien, que le moment est décisif pour la Prusse. Si ce n'était cette malheureuse question intérieure, peut-étre n'y aurait-il aucun ajournement. Et alors je me serais bien gardé de demander à m'absenter; mais, vu

l'état des choses, je puis quitter mon poste pour quelque tems, sans que le service puisse en souffrir en rien, d'autant plus, comme j'ai déjà eu l'honneur de le dire plusieurs fois à V. E., que je suis prèt à revenir sur mes pas au moindre desir qu'Elle m'en témoignerait, ou que M. Bismarck exprimerait à cet égard.

(1) Cfr. n. 164.

171

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A VITTORIO EMANUELE II (AP)

L. P. Pietroburgo, 5 settembre 1863.

Il Ministero ha respinto le mie proposte: io non credo alla bontà degli argomenti svolti nel dispaccio ministeriale; ma però aspetto di conoscere la politica adottata dal Ministero prima di ·condannare. È vero che la Francia tradita dall'Austria si avvicina a noi! Sire, io confido che Ella coglierà il destro per dettare le condizioni della nuova alleanza, e confido che il Ministero non presterà fede alle proteste Francesi se non ottiene quelle guarentigie che un popolo di 22 milioni ha diritto di esigere.

L'Italia ha bisogno che l'Europa creda che ella si è emancipata dalla influenza francese. Il secreto della nostra politica sta a trovar modo di provare questo fatto. I miei amici mi invitano a tornare in Italia! So che l'opinione pubblica è molto agitata, ma io rimango e aspetto di conoscere gli intendimenti del Governo del Re, e di V. M.

172

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AP)

L. P. Pietroburgo, 5 settembre 1863.

Rispondo ufficialmente ai tuoi dispacci (1): a te dirò francamente due parole in privato. Duolmi che abbiate respinte le mie proposte: ma non condanno però una politica che non conosco. Ti prego dunque di farmi conoscere quale è la linea di condotta che avete adottata. Accenni a dei fatti che non conosco: m'inviti ad aspettarne i risultati. Aprimi ti prego il libro ministeriale! Dimmi che avete fatto per salvare la dignità del paese, e per preparare un trionfo alla nostra poEtica. Tu mi ami e non .crederai che io voglia essere un deco strumento della vostra politica. Aspetto con impazienza il nuovo corriere che mi esplichi la vostra condotta, e mi accenni le secrete vie che intendete seguire per rivendicare i diritti d'Italia. Io non dimando meglio che stare unito a voi: desidero il vostro trionfo: in partico

!are desidero il tuo successo quanto il mio, ma non potrei accettare di coadiuvare una politica che non approvassi; sarebbe una azione disonesta che mi toglierebbe la tua stima. Ti scongiuro sopratutto di stare in guardia contro le ·carezze francesi; se vuoi fondare stabilmente la alleanza con Parigi, mostrati freddo, indifferente, riservato. Altrimenti saremmo da capo! Se la Francia ha bisogno di noi, perdio bisogna che conti con noi. Ma a proposito della Francia, ho un gran dubbio pel capo! Il mio ultimo dispaccio fu ·aperto a Parigi da Nigra! ne ha egli comunicato il contenuto o parte di esso alla Francia? Talune parole sfuggite al Principe me lo farebbero temere! sarebbe fatale per me e per voi; noi non avremmo più modo di conoscere la verità. Informati della cosa! Intanto per prudenza chiudo il dispaccio in una lettera particolare acciò nessuno lo vegga (1).

(1) Cfr. n. 167.

173

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Napoli, 5 settembre 1863.

Ho ricevuto ieri soltanto vostra lettera del 31 agosto (2). Vi ringrazio per i nuovi complimenti che in essa mi favorite e per le buone intenzioni che mi dite abbia il Ministero per un miglior andamento governativo nella repressione del brigandaggio, ma le ragioni che mi avete addotte per giustificare l'operato di alcuni vostri ,colleghi, permet,tetemi ·che ve lo dica francamente, non mi hanno conv.into e tanto meno soddisfatto, che anzi mi fecero una penosa impressione, dovendole ben mio malgrado .registrare colle altre prove di quella strana fiducia ·che mi accordò il presente Ministero. Mi sarebbe assai facile io ve lo assicuro combatterle una ad una, quelle vostre ragioni. Non lo farò essendo ormai tempo di troncare questa disgustosa polemica, ma per quanto ben disposto sia il mio stomaco vi sono alcune vostre asserzioni, che mi è impossibile digerirle. Voi mi dite che la legge sul brigandaggio proposta dalla commissione d'inchiesta, fu accolta poco favorevolmente dagli ufficii. Permettete ch'io vi dica che ·Chi ha maggiormente avversato quella legge non sono tanto gli ufficii della camera quanto quelli del Ministero dell'Interno, ma comunque poi il Governo cent:mle non doveva !asciarmi per più di 4 mesi nella ignoranza la più completa sulle sue intenzioni. Talchè come g.ià dissi al Ministro della Guerra io ero costretto a mendicare sui giornali, anche esteri, tutte le notizie che a ciò si ·riferivano. Ma assai più indigesto mi è il vostro modo di ragionare sull'affare Serracante. Perchè io vi mando un pezzetto di un giornale di Roma, voi mi dichiarate che voi non fate nessun caso dei giornali? E chi meno di me fa caso dei giornali e dei giornalisti? io che non ho mai dato un centesimo ad un giornalista, e vado perfino a riguardare come corrotto il Governo

che li paga. Se io vi ho mandato quel pezzo di ,giornale è perchè vedeste che

a Roma si sanno alcune cose nostre che sono ignorate dal nostro Presidente

del Consiglio. Voi infatti mi riducete tutto l'affare Serracante ad una banda che

chiedeva deporre le armi e costituirsi. Or siccome ·sono certo che non avete

voluto ingannare me, permettete .che vi dica che siete stato voi solennemente

ingannato. Il Governo sapeva perfettamente che il Serracante si afferiva di tra

dire i suoi, e un Governo che vuole e deve esser onesto doveva rigettare quel

tradimentò, come io lo avevo sdegnosamente rigettato l'anno prima. Ciò che il

Governo non sapeva, o almeno non voleva capire malgrado io l'abbia più volte

ripetuto al Marchese Afflitto è che n Serracante non aveva nessuna banda orga

nizzata, e mantengo poi a fronte di qualsiasi contraria asserzione che quella mise

rabile accozzaglia di Spa.gnuoli e Napoletani che passò il Liri il 24 luglio, fu solo

dopo stabHito l'accordo fra il Governo e il Serracante rinforzata da quel scelle

rato e quindi pagata e armata coi denari e coi fucili da qui spediti.

La•scio ora a voi il :giudicare se la questione è di fatto o di principio. Per me il fatto è che quella recrudescenza di brigantaggio che tanto sgomenta il Prefetto della Terra di Lavoro data precisamente dall'affare Serracante. Il mio principio poi dal quale non mi sono mai d~partito e non mi dipartirò mai, è che quando un onest'uomo, ,comb un onesto governo, si mette sotto il braccio di un birbante (come Serracante) qualunque sia il cammino che vuoi batter non troverà ovunque che fango e abissi.

(1) -Dello stesso 5 settembre è una lettera a Nigra (B CB , Carte Minghetti) in cui Pepoli insiste nella ·sua idea di un congresso generale come unico mezzo per un ravvicinamento tra Francia e Russia e dà all'Inghilterra la colpa dell'isolamento in cui la Francia si trova. (2) -Cfr. n. 148.
174

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 353-356)

L. P. Parigi, 6 settembre 1863. La prima cosa bisogna che io dica che sono stato molto désappointé entrando: ho trovato una persona al tutto diversa da quello che io mi era immaginato e questo mi ha imbrogliato sullo stupido discorso che mi ero proposto di fare in principio. Egli è poi entrato in politica dicendomi: -Ebbene, che nuove d'Italia? Mi sembrano buone. -Davvero credo che debbano essere satisfaisantes méme pour V. M. -Je crois qu'on n'aurait jamais compté qu'en si peu de temps l'ItaLie put parvenir au degré d'organisation où elle est parvenue maintenant. Je pense qu'on a plus gagné en Italie en ces deux dernières années, que dans le temps précédent. -n est vrai que bien de difficultés restent à surmonter et V. M. ne l'ignare pas. E qui egli, accettando la mia proposta, entrò a parlare delle cose dì Roma, dicendo che la dichiarazione fatta da Cavour fu quella che gli impedì di lasciar Roma, cui pur troppo lo legano i suoi antecedenti etc. e perchè non si dica che lascia Papa e Cardinali in balìa altrui etc. -So benissimo che qui i più fieri ultramontani sono miei nemici; ma vi sono ancora molti

bene affetti et.c. Quanto a ciò, io credo veramente che si potrebbero prendere delle .intelligenze col Governo Italiano; solamente credo che sarebbe necessario che il Governo fosse assai forte e con quella specie di dittatura morale che si era guada<gnata H Conte Cavour. Si, d vuole 1la confiance del paes·e, è per questo che io qui ho potuto fare delle cose che pure non erano simpatiche al pubblico. -Poichè V. M. mi parla con tanta bontà, mi permetterò dirle che appunto il Governo Italiano si trova un poco debole; per ciò che riguarda le relazioni estere avrebbe bisogno di qualche cosa nelle due questioni Italiane, e il paese lo accusa di rimanere a L'écart in tutte le grandi questioni europee nelle quali noi abbiamo dei grandi interessi e de' grandi bisogni. Mais H faut savoir attendre, je vous L'ai fait dire par Arese. -E qui mi ha lungamente parlato della facilità con cui cambiano gli avvenimenti anche contro sua voglia (e di questa facilità si era come !agnato anche sul principio della conversazione), e mi narrò come gli eventi di Polonia cangiassero le relazioni con la Prussia e la Russia, e mi narrò delle varie conferenze proposte, tra le quali una da lui di dieci Potenze (se non erro) compreso l'Italia, ed esclusa dall'Inghilterra che la propose dei segnatari del Trattato di Vienna, e come le ultime cose di Francfort abbiano alterate quelle coll'Austria sebbene, abbia aggiunto, nulla vi sia di grave. -Certamente se a V. M. fosse piaciuto di fare una guerra coll'Austria, Inghilterra, Svezia e Italia, sarebbe stata tosto finita. -Senza dubbio, e mi pare che in quel tempo si parlasse di compensi che si darebbero all'Austria per la cessione della Venezia. E questo è ancora possibile, ma vi è un male che io non dubito di dichiarare: è la pubblicità dei giornali; vedete, se questa parola che io vi ho detto:· c'est possible, si ripetesse, il possibile diviene impossibile; tutta la Germania si desta etc. etc. -Ma è ben facile il tacere quello che a V. M. può piacere che si taccia, e quanto a questo ... (1) -Ma io dico i miei giornali medesimi, -e pareva che alludesse a qualche fatto speciale. Poi tornò sul discorso del savoir attendre, ed io gli dissi che il Governo Italiano non spingeva per vana smania di fare, ma per la convenienza di togliere ai partiti estremi un drapeau de raHiement a cui il sentimento nazionale non poteva a meno che rispondere. Egli toccò di Mazzini e del suo partito, dicendo che non crede possa riuscire alla rivoluzione nel Tirolo che dicono voglia fare. Poi mi parlò di Arese, chiedendomi dove fosse etc. etc.

Ora ecco le mie riflessioni : 1° Lo stato attuale della politica è incertissimo. L'Imperatore è disgustato dell'Austria, ma non osa staccarsene ancora.

2° Chi potesse avere persona presso di lui che cercasse di attirarlo ne' nostri affari, farebbe gran frutto: ma pur troppo la posizione nol consente. L'ho trovato affabile e assai discorsivo contro quello che aveva sentito dire. Io mi sono tenuto assai riservato, sì perchè non mi è sembrato il caso di spingere, sì perchè sapendo che Alfieri e Matteucci aveano molto parlato di politica con lui (come essi me lo hanno detto), mi è sembrato saggio partito il tenersi indietro. Ho insistito sulla Venezia, perchè vorrei che entrasse nelle idee del giorno.

Entrando poi e uscendo dalla udienza ho lungamente parlato col Dott. Conneau che gentilmente è venuto a cercarmi. Questi colloqui mi hanno

confermato nella idea della incertezza attuale. Dopo l'udienza poi ho voluto dirgli dolermi di non aver detto all'Imperatore essere mia convinzione che l'Inghilterra appoggerebbe il cambio della Venezia coi Principati Danubiani, e che su quel punto parevami potersi fondare un accordo tra Francia e Inghilterra. Poi dopo averne parlato col Nigra, colla approvazione di questo, gli ho scritto un biglietto nel quale gli ho detto che io sarei ben contento se lo dicesse all'Imperatore, e che poi lo rivedrò~ domani. Concludendo: l'Imperatore non ha voglia di toccare la questione romana, perchè, dice Nigra, esige per qualunque cosa il consenso del Papa che, secondo me, è impossibile.

Non gli dispiace ,forse la nostra posizione per la Venezia, perchè questa ci tiene dipendenti dalla Francia; è appunto la ragione per la quale l'Inghilterra vedrebbe volentieri che fosse finita, perchè ci renderebbe indipendenti.

Queste sono J:e mie impressioni in conclusione; resta un quesito. Nigra dice: l'Imperatore non è persuadibile; nissuno lo persuade mai. Se così è, la posizione è brutta, bisogna stare à la merci degli eventi. A me parrebbe c::he delle idee destramente suggerite e a tempo ripetute, dovrebbero avere influenza sull'animo di quell'uomo. Ma è un giudizio arrischiato.

Dimani, visto Conneau, deciderò il giorno della partenza.

P. S. -Quando sono andato all'ud~enza trovai nell'anticamera il Duca di Gramont e La Tour d'Auvergne.

(1) Così nella copia esistente nell'Archivio Pasolini.

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 765. Torino, 7 settembre 1863, ore 10,50.

Il nous tarde de pouvoir annoncer la solution de l'affaire des brigands. Pensez-vous avoir bientòt la communication officielle?

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 23. Torino, 7 settembre 1863. All'ora in cui Ella riceverà queste poche righe, che Le sorivo valendomi di un'occasione particolare, l'affare dei briganti sarà finito. È una specie di cauchemar di cui ci saremo liberati. Sul contenuto del Suo telegramma riservato e sulla dimanda fatta direttamente fu osservato il più profondo segreto, anche per gli altri Ministri, eccetto Minghetti, naturalmente, e Peruzzi che ne furono informati dalla persona che Ella sa (1). Era impossibile dfiutarsi, poichè

la dimanda era fatta. Io La ringrazio vivamente di tutto quanto Ella ha fatto per ottenere questa felice soluzione.

Aspetto colla più viva curiosità le nuove della conversazione che avrà avuto luogo ieri. Le Sue notizie mostrano come la situazione politica accenni a migliorarsi per noi. Ma Le confesso che temo una ricaduta. Temo che l'Austria, intimorita dagli avvertimenti che le giunsero da Parigi e dal semi insuccesso di Francoforte, non si riavvicini alla Francia, offrendo degli impegni più positivi.

Telegrafai a Pepoli (1) nel ,senso ,ch'Ella mi indicava, dicendo cioè che la Francia pareva disposta a riavvicinarsi alla Russia. Che era da temersi che l'Austria non parasse il colpo. Che bisognava non !asciargliene il tempo, che il ritiro di Mouravieff sarebbe stato una avance molto opportuna, che era in mano della Russia di spostare il sistema di alleanz;e provocato dalla quistione Polacca. Le accludo H dispaccio ricevuto da Pepoli (2). Aspetto le notizie di Parigi per rispondere a Pepoli e forse La pregherò di valersi del primo corriere per Pietroburgo per scrivere Ella stessa a Pepoli sulla situazione politica a Parigi. Le accludo pure un telegramma di de Launay da Berlino.

A Francoforte Barrai avendo spesso l'occasione di trovarsi con alcuno degli uomini di Stato tedeschi, che sono in relazioni più continue col Conte di Rechberg, e le loro conversazioni avendo un carattere di confidenza che lo permetteva, cercò di condurle a toccare indirettamente la quistione della Venezia. Le mando copia di un brano d'una sua lettera particolare che riferisce queste conversazioni perchè penso che La potrà interessare.

(1) Cfr. nn. 165 e 166.

177

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 768. Torino, 8 settembre 1863, ore 16,10.

Je ne vous ai pas écrit parce que mes lettres étaient rendues superflues par les instructions que vous aviez reçues. Nous sommes naturellement d'accord avec l'auteur de ces instructions pour une conduite d'attente pour quelques mois encore.

178

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. SEGRETA CIFRATA. Belgrado, 8 settembre 1863.

Je m'empresse de expliquer à V. E. mon télégramme du 2 courant (3). Strambio m'a remis une lettre que Castiglione m'a écrit par ordre de S. M. où j'ai trouvé des instructions pour répondre aux demandes que M. Garaschanine m'a fait et que j'ai soumis à cette epoque, juin, a V. E.

Dans le mois de mai V. E. et M. le Président ont eu la bonté de accompagner de quelque mot les instructions que S. M. daignait m'envoyer. Mais cette fois-ci je n'ai rien reçu. Ne sachant de quelle manière je devais interpréter

le silence de V. E. et ne oubliant pas que tout en étant un des plus fidèles et des plus dévoués sujets de S. M. je ·suis aussi un employé du Gouvernement subordonné à V. E., j'ai donc cru mon devoir de lui demander par télégraphe si elle connaissait le contenu des dites instructions, je voulais dire si V. E. avait des ordres à me donner ou des observations à me faire car il est évident que

V. E. devait les connaitre.

Le silence de V. E. m'a prouvé qu'elle n'avait rien à me dire. J'ai donc

communiquée à M. Garaschanine et au Pdnce Michel la réponse en question

dans les mèmes termes que les instructions m'ordonnent de faire.

Ils ont aocueilli les déclarations et promesses d'autant [sic] ordre de S. M. avec une profonde reconnaissance et avec une satisfaction marquée et m'ont chargé de donner à S. M. et à V. E. les assurances les plus formelles que la Servie suive quitte fidèlement la sans qu'elle [sic] politique de S. M. et de son Gouvernement; et si malheureusement les circonstances ne permettront pas à l'Italie de faire cause commune avec la Servie, celle-ci décidera alors ce qu'elle devra faire, mais jusque là S. M. e son Gouvernement peuvent compter sur elle.

Le Prince attendra tranquillement selon les desirs de S. M. que le printemps arrive o quell'altra époque che piacesse anoora à S. M. di nuovamente assegnare et que la politique des grandes puissances occidentales se dessine bien clair, en attendant il entretiendra le feu qui couve parmi les Serbes de l'Antriche et les Slaves de Turquie et il ne discontinuera pas l'armement du pays pour ètre prèt autant que possible le jour de l'action.

Ora mi permetta, Eccellenza, che Le sottoponga alcune mie osservazioni. Je ne crois pas que la Servie sera l'année prochaine tout-à-fait prète à faire la guerre.

Abandonnée comme elle est pour le moment à ses propres ressources elle ne pourra pas avant trois ans avoir un armement à peu près complet et ses milices parfaitement exercées. Du moins c'est l'avis du Colone! directeur de l'arsenal de Kragujevatz. Mais les peuples voudront-ils attendre jusque là? J'en doute; il y a beaucoup d'impatients. Si on le pouvait les chances de succès se multiplieraient extraordinairement; il ne faut pas non plus oublier qu'en laissant la Servie à ses pauvres moyens jusqu'au printemps il lui sera difficile non seulement d'augmenter mais d'entretenir les espérances et la fermentation parmi les différents peuples slaves qui doivent concourir à l'action commune.

Les peuples plus ils sont incultes et plus aveuglement obeissent à leur chef; parmi ces chefs il y en a qui l'amour de la patrie s'il ne cède pas à celui de l'argent, il est tout aumoins également puissant dans leurs coeurs; ainsi la Servie doit entretenir ces avec plus d'or que d'espérance et il lui faut aussi pourvoir à ses emissaires car au printemps ou lorsqu'on se décidera pour l'action, la Servie ne doit avoir rien perdu de .son influence auprès des [sic] pour pouvoir avec succès reprendre l'oeuvre de la propagande du moins dans l'état où elle est actuellement et mème ainsi je ne crois pas possible d'organiser les choses de manière à pouvoir engager sérieusement l'action; engage courant de l'année mille huit cent soixante quatre; cependant M. Garachanine est persuadé que méme à cette époque on pourra déjà faire beaucoup de mal. La Servie n'a qu'un budget d'environ sept millions de francs et les dépenses dépassent de beaucoup prédit budget; l'achat d'armes fusils etc., les machines de l'arsenal de Kragujevatz ont couté au Gouvernement beaucoup d'argent et cependant il en faut encore. Je ne crois pas qu'il existent plus de septante mille fusils rayés et à percussion entre bons et médiocres; pour armer cent mille hommes de milice nationale ils sont ·insuffisants.

Il faut à la Servie cent mille fusHs pour la milice, cinquante mille de réserve, en tout cent cinquante mille fusils; il lui en faut, aumoins, cinquante à soixante mille de bons pour armer le jour venu la Bosnie, l'Erzegovine, la Bulgarie et pour en donner aux Hongrois s'il le faut. Les fusils qui actuellement possède la milice nationale ne valent rien pour la guerre d'aujourd'hui: ce sont des vieux fusils du pays. Cependant on pourrait, vu l'insuffisance des bons fusils, compléter l'armement des provinces Turco-Slaves avec ces vieux fusils.

Malgré ses petites ressources la Servie ne doit pas cesser de s'armer et de entretenir l'espoir des peuples Jugo-Slaves sous peine de perdre non seulement l'influence qu'elle exerce sur eux, mais d'en voir une partie I'abandonner.

Le Gouvernement du Prince pourra-t-il... (1) à toutes les dépenses jusqu'au printemps?

M. Garachanine en a la confiance; je respecte son avis d'autant plus que je le crois dicté par le sentiment de la dignité de son Gouvernement, mais je ne partage pas tout-à-fait sa confiance.

Voilà, Excellence, en résumé ce que j'ai eu l'honneur de soumettre à

S. M. Je lui ai parlé de la mission que la Princesse Julie a eu en Angleterre; I'accueil fait par le Prince Miche! à M. Strambio; de ce que nous avons parlé dans cette occasion; et quelques mots sur les Hongrois.

(1) -Cfr. n. 163. (2) -Cfr. n. 169. (3) -T. 1226, del 2 settembre, ore 14, per ore 18, non pubblicato.
179

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1243. Parigi, 9 settembre 1863, ore 21,25 (per. ore 23,45).

Je vi:ens de recevoir l'avis offidel que l'extradUion des cinq brigands a

été autorisée par décret de l'empereur. Je vous ferai savoir demain par télégraphe le Iieu, le jour et l'heure de la remise.

180

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 9 settembre 1863.

La questione d'estradizione è finalmente risolta a seconda dei nostri desideri. Le difficoltà a vincersi erano .gravi, e grande era la ripugnanza. Il ritardo

non nocque alla soluzione. Per contro l'insistenza avrebbe pregiudicato. Dobbiamo quindi rallegrarci del risultato. Ma sventuratamente era questa una di

quelle questioni, il cui risultato non fa gran bene, mentre il risultato sfavorevole sarebbe stato fatale. Aspetto oggi stesso la comunicazione ufficiale di Drouyn de Lhuys in .proposito. Appena giunge, gliela segnerò per telegrafo (1).

Domani avrò probabilmente una risposta al dispaccio sul Congresso di Francoforte. Ella avrà notato come i giornali ministeriali che in sulle prime tennero un linguaggio acerbo verso l'Austria, l'abbiano ora raddolcito. Ciò accadde naturalmente per o11dine superiore. Dall'un lato si crede, e ·con ragione, che il Congresso di Francoforte non riuscirà a nulla di concreto, e che il solo suo risultato sarà stato quello di dimostrare come la Confederazione germanica abbia bisogno d'una riforma, e come questa riforma sia impossibile d'operarla. Dall'altro lato l'Imperatore Napoleone ha interesse che la Russia creda che l'alleanza austriaca è ancora possibile, e ciò nello scopo di tener sospesa sul capo della Russia la spada di Damocle e d'ottenere così più prontamente e più compiutamente delle concessioni tn favore della Polonia. Quali siano a questo riguardo le vere intenzioni della Russia qui non si sa ancora. Ma penso che il corriere che mi è annunciato oggi di ritorno da Pietroburgo porterà notizie un po' più esatte di quelle che giunsero fin ora. L'Imperatore parte intanto per Biarritz, indeciso, irresoluto, intiepidtto verso l'Austria, non rappattumato colla Russia, diffidente verso l'Inghilterra, pronto a una sola cosa a non far nulla e ad aspettare. Pasolini Le riferirà il suo colloquio coll'Imperatore. Saper attendere, ecco il consiglio che gli ha ripetuto. I Ministri partono anch'essi in congedo uno dopo l'altro, e così si dormirà per uno o due mesi, se un evento impensato non viene a rompere il gran sonno nella testa all'Imperatore. Il volerlo smuovere con ragionamenti è vana impresa. Sta aspettando gli eventi, non li prepara. L'insurrezione polacca gli giunse inaspettata e lo sorprese in mezzo agli amoreggiamenti russi. Il Congresso di Francoforte gli giunse ugualmente inaspettato e lo sorprese in mezzo alle tenerezze austriache. Che l'Imperatore pigli ora una iniziativa qualunque, è vano lo sperare. I Consigli dei Ministri che si successero in questi dì con straordinaria frequenza non ebbero punto per oggetto la questione Polacca o le alleanze. Soggetto delle deliberazioni furono le misure interne, la questione della panetteria, quella dell'estradizione, e quella del Messico. Quest'ultima fu discussa in parecchie sedute. Pare certa l'accettazione dell'Arciduca Massimiliano a condizione però che l'elezione venga confermata dal suffragio popolare. Il Gov·erno francese ajuterà l'esito d'un prestito messicano, destinato in parte a rimborsare la Francia e a pagare il corpo di spedizione, il quale dal 1° gennaio 1864 muterà di carattere e sarà mantenuto a spese del Governo del Messico. Io prevedo che questa questione arrecherà ancora non lievi imbarazzi alla Francia. Il carattere clericale della spedizione, la benedizione del Papa chiesta dall'Assemblea messicana, gli antecedenti illiberali dei Capi del movimento, l'elezione di un membro di una famiglia che le tradizioni vincolano ai principii della reazione e dell'assolu

tismo, sono stati fatti che non lasciano guarì sperare la pacificazione immediata di quello sventurato paese. Qui intanto l'opposizione forbisce le sue armi per attaccare il Governo nella prossima sessione, la cui apertura par fissata per il mese di novembre.

In mezzo a questa confusione generale, la nostra posiZione certamente non può essere buona. Noi siamo isolati. Ma chi non lo è? La Francia è più isolata di noi. Nessuna alleanza vera esiste in Europa, e tutto è spostato. La Francia mantiene in nostro favore il principio di non intervento e ci tien sicuri dall'Austria. Ciò equivale senza dubbio ad un'alleanza difensiva. Quanto ad una alleanza offensiva non si può sperarla, ammeno che intervenga un conflitto fra la Francia e l'Austria. Ecco perchè io Le espressi i miei voti affinchè l'alleanza austriaca potesse venir surrogata da un'alleanza russo-prussiana. Ma siam ben lontani ora dalla possibilità d'un conflitto sia coll'Austria sia con la Russia. L'Imperatore non ama ora la guerra, e tra quelli che lo circondano nessuno la vuole. Ella può quindi tener per fermo che l'inverno passerà senza che la pace sia interrotta, e senza che si ordiscano nuove alleanze, ammeno cht la Russia si decida a dare una buona costituzione alla Polonia e riesca a pacificarla. A noi non rimane per ora che l'osservare con diligenza ed oculatezza. Se le disposizioni dell'Imperatore venissero a mutare, Ella può esser certo che noi saremo fra i primi a saperlo. Intanto di questo tempo di sosta noi potremo approfittare per reprimere energicamente il brigantaggio. Il Generale Menabrea mi parlò d'un Cordone militare. L'idea mi pare buona, e se par tale anche al Governo bisogna applicarla, malgrado ogni osservazione che potesse venire fa.tta di qui. Si può egualmente ·ins1stere per l'allontanamento di Francesco II. Su questo terreno possiamo procedere arditamente e d'altro lato converrebbe, mi pare, fare qualche cosa che possa piacere in Francia. Misure da indicarsi sarebbero, parmi, la liberazione di Christen, e la votazione del trattato. Io sto ora negoziando lo scambio dei mandati postali, misura importantissima e fecondissima. L'attività del paese potrebbe anche esser diretta all'estero colla spedizione in Cina, e con un'impresa marittima che ci fornisca un'isola per la deportazione. Ma vedo bene che tutte queste ·cose non gioveranno molto a distrarre l'attenzione del paese da Roma e da Venezia, e sventuratamente, non possiamo lusingarci di poter per ora avvicinarci a l'una e ad aver l'altra. Io mi rendo intieramente conto della penosa posizione che le presenti circostanze fanno al Governo in Italia, ma non bisogna perderei di coraggio. Le cose muteranno se sappiamo aspettare. Non si può sempre fare il Camillo qualche volta bisogna rassegnarsi alla parte di Fabio Massimo. Io penso che l'Imperatore Napoleone brama il Belgio e il Reno almeno con tanto ardore con quanto noi desideriamo Venezia e Roma, e pure attende da 14 anni e forse attenderà un pezzo. Benchè la sirtuazione non sia identica, tuttavia ci è giuoco forza l'imitarlo, non essendovi ora possibilità di cfare altrimenti.

Passo ora a parlarLe di un argomento molto meno importante, voglio dire del Palazzo della Legazione. È urgente che si provveda. Conchiuda con Bixio: lasci il •suo nome ad un'opera veramente utile. È vano lo sperare d'affittare un Palazzo degno della Legazione a meno che si spenda 60 o 70 mila lire di pigione all'anno, non compresi i mobili. La Turchia fa fabbricare un Palazzo nello stesso luogo che il Pereire assegnò alla nostra Legazione. Certo il pagare

100.900 lire all'anno per 20 anni non è cosa indifferente. Ma in capo ai venti anni il Governo si troverà in possesso d'un Palazzo che varrà 2 o 3 milioni. Supplico Minghetti a far ciò, convinto che farà cosa utilissima al paese e allo

Stato. Bixio si recherà da Lei venerdì mattina contemporaneamente all'arrivo di questa mia, per conchiudere l'affare.

Mi rimane a parlarLe di mio congedo. Sciolta la questione dell'estradizione, partito l'Imperatore per Biarritz, la mia assenza di 15 o 20 giorni da Parigi non può tornar pregiudicievole. Tuttavia se Ella crede che anche questa breve assenza possa fornir pretesto ai giornali dell'opposizione per attaccare il Governo, sono pronto a sacrificarle il mio congedo. Attenderò perciò un di Lei cenno in proposito. So che Alberti ha domandato un prolungo di congedo. Se glielo si accorda, è necessario che Ella mi mandi un nuovo addetto almeno temporaneamente. Gli affari correnti sono di giorno in giorno più numerosi. Essi mi tolgono molto tempo, ed occupano molto lo scarso personale della Legazione. La prego quindi di mandarmi questo nuovo Addetto ma Le sarei ,gra,to di volermene indicare prima il nome. Se Ressmann è disponibile lo accetterei con piacere. Desidero molto che Artom possa ritornare al suo posto. Egli mi sarà di grande aiuto. Ma lascio a lui ed a Lei il fissare l'epoca più comoda per entrambi. Sarebbe utile che per l'inverno fosse qui. Gliene parli e me ne scriverà poi.

P. S. -È inteso che 'quanto scrivo a Lei lo considero come scritto a Minghetti. Le unisco la copia di una lettera di Francoforte che contiene qualche utile particolare sulla ultima seduta del Congresso. Pasolini parte domani e Le esporrà a voce quanto ha udito e visto.

(1) Manca.

(1) Cfr. n. 179.

181

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 182. Parigi, 10 settembre 1863 (per. il 12).

Appena ebbi ricevuto il Dispaccio di Gabinetto che l'E. V. mi diresse il 27 Agosto scorso (1) relativamente al Congresso dei Principi Tedeschi a Francoforte sotto la Presidenza e dietro invito dell'Imperatore d'Austria, mi recai dal Signor Drouyn de Lhuys, al quale diedi lettura e lasciai copia di questo documento. Impegnai il Ministro Imperiale degli Affari Esteri ad esaminare colla ponderazione richiesta dall'argomento, le considerazioni svolte nel dispaccio dell'E. V., considerazioni che sviluppai e completai nella conversazione che ebbi in proposito con S. E. Oggi poi andai a domandare al Ministro degli Affari Esteri il risultato

delle sue riflessioni. Per avere una risposta precisa ho creduto di formolare le tre domande seguenti:

• l) Il Governo Francese persiste nelle idee e nelle conclusioni svolte nel Memorandum del 5 marzo 1851?

2) Il Governo francese vede egli nelle proposte fatte dall'Austria e adottate con modificazioni a Francoforte dal Congresso dei Principi, un fatto indirettamente equivalente all'incorporazione nella Confederazione od alla guarentigia delle provincie non tedesche dell'Austria?

3) Nel caso in cui il risultato futuro del Congresso di Francoforte induca

la Francia nella convinzione che le mutazioni operate nel corpo della Confederazione Germanica hanno per iscopo di mettere le forze della Confederazione a disposizione dell'Austria per guarentire le Provincie Austriache non tedesche o per interessi non tedeschi, il Governo francese avviserà esso ad opporsi ad un tal fatto? •.

Il Signor Drouyn de Lhuys rispose alla prima domanda, che senza entrare ad esaminare i singoli argomenti svolti nel Memorandum del 1851, poteva assicurarmi che il Governo francese ne confermava il concetto generale e le conclusioni.

Alla seconda domanda rispose che l'Articolo 8 del progetto Austriaco, quale venne modificato dal Congresso, preso isolatamente, non implicava, a suo avviso, una mutazione sostanziale della clausola corrispondente dell'atto costitutivo della Confederazione Germanica. Soggiunse però che l'insieme delle proposte Austriache e la posizione presa dall'Austria in Germania in questa circostanza erano tali fatti da poter modificare questo suo giudizio; che quindi si riservava di esaminare più tardi questo lato della questione, quando cioè le proposte Austriache presentassero una più prossima probabilità di riuscita.

Alla terza domanda rispose che allorquando dal procedere di questa questione ne risultasse nell'animo del Governo francese il convincimento che le mutazioni operate nel Corpo della Confederazione Germanica hanno per iscopo sia di convertire in carattere aggressivo il carattere essenzialmente difensivo della Confederazione, sia di porre a disposizione dell'Austria le forze federali al di là dei limiti attualmente fissati dalla costituzione della Confederazione, certamente il Governo francese avrebbe ad avvisare.

Del rimanente il Signor Drouyn de Lhuys non crede che il progetto Austriaco abbia probabilità di venire adottato. Il Governo Francese non fece finora nessuna comunicazione avente per iscopo di esaminare la portata delle proposte Austriache. Le comunicazioni fatte si riducono a quanto segue. Il Gabinetto di Vienna annunziò a quello di Parigi la convocazione dei Principi tedeschi a Francoforte colla doppia assicurazione che i trattati verrebbero rispettati, e rispettati sarebbero egualmente i diritti dei Principi. In seguito a questo annunzio il Signor Drouyn de Lhuys diresse agli Agenti diplomatici francesi presso le Corti Germaniche una circolare nella quale, citate le assicurazioni date dalla Austria, era detto che la Francia, attese queste stesse assicurazioni, non aveva che a far voti perchè l'Allemagna riuscisse ad aumentare la sua prosperità e a consolidare la sua tranquillità.

Tale è, Onorevolissimo Signor Ministro, il modo con cui il Signor Drouyn de Lhuys giudica in questo momento il congresso di Francoforte e le cose per esso operate.

(1) Cfr. n. 136.

182

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1249. Pietroburgo, 11 settembre 1863, ore 11,05 (per. ore 14,25).

J'ai vu prince Gortchakoff. Ne croyez pas rapprochement entre Russie

et France. Bruits journaux auront pour conséquence, peut-ètre, retard concessions. Prince Couza demande cinq ans dictature. Donnez-moi sur ce sujet instructions. Votre dépeche sur l'affaire de Francfort très belle. Prince Gortchakoff croit que l'Autriche a complètement échoué. Donnez mes nouvelles chez moi.

183

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1250. Roma, 11 settembre 1863, ore 14 (per. ore 14,40).

Governo pontificio mi ritira exequatur, m'invia passaporto tempo quattro giorni a partire. Causa arre,sto e sfratto suo console a Napoli. Termine ristretto troppo per sistemare affari ·ed archivii. A chi devo !asciarli? (1).

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, DELLA MINERVA

T. 778. Torino, 11 settembre 1863, ore 16,20.

Les autorités du roi à Naples ont fait arreter le consul pontificai dans cette ville à cause de ses intrigues avec la réaction et lui ont donné ensuite ses passeports pour Rome. Le Gouvernement pontificai a retiré par une injuste représaille l'exequatur au consul du roi à Rome avec l'ordre de quitter cette ville dans quatre jours. Le consul me demande à qui doit-il remettre les archives. Je désire que ·ce soit au ·Consul de Portugal à cause des liens entre les deux états. Veuillez-en prévenir le Gouvernement por•tugais et répondez au plus tòt possible (2). Marquis Caracciolo partira du Havre pour Lisbonne avec le paquebot du quinze. Les princes partiront plus tard.

185

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 326. Roma, 11 settembre 1863 (per. il 14).

Riferendomi al Telegramma, che ho avuto l'onore di trasmettere testè a

V. E. (2) ho l'onore di qui compiegarle Copia della nota di questa Segreteria di Stato in data d'oggi avermi [sic] Sua Santità revocato l'exequatur, dovere quindi cessare la mia presenza nello Stato Pontificio, e mi si rimette in conseguenza il mio Passaporto.

A questa breve e triste descrizione aggiungerò che in pieno giorno e nei luoghi i più frequentati della città continuano furti e grassazioni, e nel mentre i ladri e gli assassini compiono impunemente questi loro atti eroici, d'altra parte la polizia pontificia arrestava ieri quattro persone, esercenti la professione medica, le quali erano riunite in una farmacia leg• gendo il giornale La Cronaca stampato per cura del Comitato Nazionale •·

17 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Onde non pregiudicare agli interessi del R. Servizio sarà realmente impossibile di disporre ogni cosa, e sistemare gli Archivii nel breve termine di quattro giorni che mi si fa tempo a partire, ho perciò ricorso alla cortese interposizione del Console Inglese, onde ne tenga parola all'Eminentissimo Cardinale Segretario di Stato, e contemporaneamente si adoperi affinchè anche col cessare dalle mie funzioni uffiziali, la casa Consolare venga rispettata.

Devo inoltre far osservare a V. E. che giovandomi del noto zelo ed attività del R. Vice Console Signor Passera, mi sarà utilissima la di lui cooperazione, come mi è stata finora, ma essendo egli venuto di fresco in Roma, non può essere al fatto di diversi affari d'ufficio, che interessano persone qui stabilite, e della sistemaz1one delle Carte che vennero da me disseminate e raccolte nei numerosi Archivij, per cui la mia presenza qui è per qualche tempo indispensabile.

(1) Con il rapporto n. 493 dell'8 settembre, non pubblicato per intero, il console Teccio così aveva descritto la situazione romana: « Affranta e scorata, mal condotta e peggio consigliata Roma non si sorregge che per una forza di inerzia, la quale potrebbe un giorno essere di ritardo al coronamento dell'edifizio nazionale; se pure datasi in braccio ad alcuni facinorosi, per essere spinta all'eccesso, non si scaglierà ad atti, di cui se ne trova l'esempio nei tempi della più feroce anarchia.

(2) -La Minerva comunicò l'accettazione portoghese con t. 1256 del 12 settembre, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 183.
186

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 24. Torino, 13 settembre 1863.

La lettera che Minghetti mi manda per lei (1) mi dispensa dallo scriverLe le impressioni che ebbi dai discorsi di Pasolini. Poichè i ragionamenti non valgono, bisognerebbe far opera per aiutare quegli avvenimenti che noi pensiamo poterei creare una situazione favorevole. Ma è un grave argomento e ne parleremo a Torino. S'Ella lo desidera io credo non ci sia ora inconveniente a che Ella prenda un congedo. Poichè l'Imperatore è a Biarritz, e Drouyn de Lhuys lascia Parigi, sarà anzi bene che la sua assenza coincida con queste e ch'Ella si approfitti presto del congedo. Artom non è a Torino, ma lo attendo domani o domani l'altro, e dopo aver parlato con lui mi affretterò a telegrafarLe.

A qualche importante combinazione nella politica parmi che non si possa ora sperare. Ma frattanto, finchè si aspetta appunto e finchè si prepara, bisogna pensare a qualcosa che, col regime pa!"lamentare, serva a far attraversare questo periodo. L'allontanamento di F:mncesco no sarebbe il fatto che produrrebbe maggiore impressione sullo spirito pubblico e che riuscirebbe più utile al Ministero. Crederebbe Ella opportuno di insistere di nuovo su questo argomento, di scrive,re anche, se occorre, una Nota? Capisco bene che il Governo francese non può minacciare lo sgombro in caso di resistenza, ma potrebbe minacciare di lasciarci una più larga libertà di azione sulla frontiera per la repressione del brigantaggio.

Le mando un dispaccio informativo sull'affare dei Consoli pontificii, poichè Sartiges mi tenne parola del fatto. Chiamo anche la Sua attenzione sul dispacCIO in cui il Governo si lagna della condotta, dirò meglio del linguaggio di un agente consolare francese a Napoli. Riuscii a fare accettare in massima dal

Consiglio dei Ministd il progetto pel palazzo della Legazione. Un dispaccio (1) Le riassume le condizioni a cui questo progetto :fu accettato. Attendo le sue osservazioni in proposito. La qui,stione sta tutta nella parte dell'annualità ch'ella crede di poter assumere come corrispondente alla pigione a suo carico. Me ne scriva o scriva direttamente a Minghetti, Ministero delle Finanze.

(1) Cfr. n. 187.

187

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, pp. 148-149)

L. P. Torino, 13 settembre 1863.

Voglio ringraziarvi io stesso del :felice esito del malaugurato affare dell'Aunis. L'accoglienza :favorevolissima :fatta dal paese alla restituzione dei briganti, conferma le induzioni che io vi scriveva altra voLta, circa l'importanza grande (maggiore del suo valore) che l'opinione pubblica poneva in questo fatto.

Le conclusioni del Pasolini se sono liete rispetto all'Inghilterra sono poco confortevoli rispetto alla Francia. Per ridurle in breve parmi si debba partire da questo punto; che una iniziativa di grandi ,imprese che possano tornare al compimento dell'Italia non è da aspettarsi né per ora né per tempo determinabile dall'Imperatore. Ora partendo da questo punto vi sono due vie a seguirsi:

o rinunziare temporaneamente all'opera rinserrandosi nell'organamento interno, e aspettando nell'avvenire occasioni propizie che ignoriamo; o tentar di creare queste occasioni, e di :far nascere avvenimenti che ci porgano il destro di operare.

Alla prima di queste due ipotesi io non posso acconciarmi, perchè credo che l'opinione pubblica non la tollererebbe. Quanto alla seconda, ardua cosa se non impossibile. Io mi fermo qui riservandomi ad intrattenervi di ciò o in voce a Torino, o per iscritto lungamente con altra lettera.

E sin qui ho accennato alle cose grandi. Ma ve ne sono tre minori, le quali oltrechè hanno un'importanza in sè stesse, sono poi di molto rilievo come mezzi per avere un certo tempo dinanzi a sè e sono le seguenti:

l) Risultato dell'inchiesta sulla presenza dei briganti a bordo dell'Aunis. Fu promessa, bisogna esaurirla in qualche guisa;

2) Accordi militari per la repressione del brigantaggio. Furono promessi; anche qui la cosa dee avere un esito, e non finire come il Montebello voleva con una argomentazione che sarebbe assurda;

3) Allontanamento di Francesco II da Roma. Qui bisogna insistere e porre la questione netta. Ne abbiamo il diritto, e senza toccar la questione romana, il diritto internazionale non permette che un pretendente sia ricoverato sulle frontiere e si lasci ivi cospirare. A ciò deve trovarsi un riparo ed il nostro linguaggio moderato ma forte troverà ascolto in tutta l'Europa.

A questi tre punti vi prego di rivolgere la vostra attenzione.

(1) Non pubblicato.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO

T. 785. Torino, 14 settembre 1863.

Parta nel termine prefisso senza chiedere proroghe.

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI

T. 787. Torino, 15 settembre 1863, ore 9.

Ne faites pas usage du texte de ma dépèche sur le consul du pape à Naples. Veuillez en saisir l'esprit. Détails par lettre.

190

IL CONSOLE A ROMA, TECCIO DI BAYO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. s. N. Roma, 16 settembre 1863.

Ho l'onore di informare V. E. che non astante il tempo assai ristretto, che mi venne concesso alla partenza ho potuto provvedere alla sicurezza degli Archivj della R. Legazione e del R. Consolato, i quali riposti in Casse sigillate vennero da me consegnati al Console di Portogallo, secondo i di Lei ordini, non avendo egli voluto riceverli altrimenti che in tal modo.

In quanto alla protezione ai RR. Sudditi, non avendo il suddetto ottenuto istruzioni in proposito dal suo Governo, non ho creduto meglio affidarla ·Che al Signor Severn Console di S. M. Britannica, il quale già la esercita officiosamente da circa tre anni, e della di cui zelante cooperazione nell'interesse del

R. Governo e dei miei connazionali, mi è ,grato rendere testimonianza a V. E.

Ho provvisto per la amministrazione della Chiesa e beni del SS.mo Sudario affidandola alle solerti cure del Signor Avvocato Augusto Bernetti Causidico e Consulente da più anni della R. Legazione, e quindi del R. Consolato, e mi riprometto dal di lui zelo, che conosco, opera vantaggiosa.

Devo lasciare naturalmente diversi affari correnti in sospeso ma mi è stato impossibile provvedervi, e solo ho rilevato diversi appunti e note, che mi servano a parvi mano anche fuori dell'esercizio delle funzioni ufficiali.

Spirando oggi il termine fissatomi da questa Segreteria di Stato alla partenza, lascio a momenti questa residenza, onde profittare del Piroscafo Postale Francese che deve salpare oggi da Civitavecchia per Livorno e Genova.

Parte pure con me il R. Vice Console Signor Passera, la di cui cooperazione mi fu tanto utile nel disimpegno delle attribuzioni di questo posto, e che raccomando alla benevolenza di V. E.

191

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Berlino, 17 settembre 1863 (per. il 21).

Ce n'est que ce matin que M. de Bismarck a pu m'accorder l'audience que je lui avais demandée paur l'entretenir canfidentiellement de natre Note du 27 Aaut dernier: (1) M. de Bismarck avait déjà cannaissance du contenu de cet impartant dacument, camme aussi des appréciatians auxquelles il avait donné lieu de la part des deux Puissances Occidentales: il me savait néanmains gré de la démarche que je faisais auprès de lui: avoir bien vaulu laisser la Prusse de còté dans cette accasian et lui avair 6té par là l'embarras d'une répanse vis-à-vis de la susceptibilité des petits Etats Allemands, qui ne voient jamais de ban oeil les Puissances Etrangères s'immiscer dans ce qu'ils appellent leurs affaires intérieures, serait, il n'en dautait pas, ,apprécié, camme il convient, par Sa Majesté; il me demandait meme la permissian de mettre la dépeche saus les yeux de San Sauverain: quoique je n'y fusse pas autorisé il m'a semblé que cette cammunicatian toute canfidentielle n'affrait pas le maindre inconvénient, et j'ai cru pauvoir lui laisser le document dant il s'agit.

Entrant ensuite dans le fond de la questian M. de Launay cannait, m'a-t-il dit, ma manière de vair la-dessus: je suis convaincu qu'il en a rendu un campte aussi clair que précis à son Gauvernement: je n'ai danc rien à ajauter à ce que je lui ai dit précédemment. Je lui ai alors exprimé mes regrets de n'avair pu l'entretenir de ce sujet avant ,ce jaur, car maintenant il me parassait que les prajets ambitieux de l'Autriche, gl'ace à l'attitude ferme de la Prusse, n'avaient que fart peu de chance d'ètre pris en serieuse cansidération par les autres Etats canfédérés: mais il s'est écrié que le danger n'était pas encore écarté, que l'Autriche se remuait beaucoup pour créer une espèce de Sonderbund qui serait établie d'après les bases de san projet fédéral: il ne pensait pas que l'Autriche réussirait mais il n'était pas moins un fait avéré que taus ses effarts étaient dirigés dans ce but. J'ai lieu de craire, et ça se comprend du reste, que la diplomatie Prussienne essaie de faire comprendre aux Etats du Sud de l'Allemagne les dangers qui courraient s'ils consentaient à s'annexer à l'Autriche.

Passant à un autre ordre d'idées je lui ai demandé s'il ne crayait pas à un rapprachement entre la Russie et l'Autriche, l'afféctatian que les jaurnaux mettaient à présenter l'accueil fait par la Caur de Vienne au Grand Due Canstantin ,cmnme un acte de pure courtaisie, me paraissait prauver qu'effectivement il se manigançait quelque chose de pareil: M. de Bismar,ck m'a répondu que jusqu'à présent aucun symptòme ne pauvait lui fare suppaser la Russie préparée à aublier " d'avoir été mise à la porte » par l'Autriche lars de la praposition de cansidérer les affaires de Polagne comme une questian à vider en famille. Il ne fallait pas pourtant oublier la difficulté dans laquelle la Russie se trauvait pour rétablir l'entente que regnait autrefois

entre elle et la France à cause de l'aversion profonde que cette idée trouve dans les sentiments du pays; il ne serait pas improbable dès lors qu'elle accepte les ouvertures de l'Autriche ne fut-ee que pour la détacher des Puissances Occidentales.

J'ai terminé mon entretien en lui demandant si la réponse de S. M. le Roi de Prusse serait prochainement adressée aux Princes qui ont signé la lettre par laquelle on lui communiquait le résultat des Conférences de Francfort, mais M. de Bismarck m'a dit que le Conseil des Ministres malgré des séances de quatre heures de durée et repétées presque chaque jour n'était pas encore arrivé à s'entendre sur les sens precis de la réponse à faire: que du reste la chose ne pressait nullement.

V. E. connait déjà par mon rapport politique N. l les bases génerales d'après lesquelles cette réponse sera rédigée, je n'ai donc pas insisté pour en avoir davantage ayant remarqué que M. de Bismarck n'entrait pas volontiers avec moi dans la discussion de ce sujet.

(1) Cfr. n. 136.

192

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 149-151)

L. P. Parigi, 18 settembre 1863.

Vi ringrazio dei complimenti che mi fate per la soluzione della malaugurata questione dell'Aunis. Lo scalpore che menano in Francia i giornali clericali mi dimostra quanto sia stata prudente cosa che noi non abbiamo fatto chiasso soverchio prima della soluzione. Insistenze impazienti e rumorose avrebbero reso la cosa più ardua e molto meno sicura.

Ora devo accomodare i dissapori insorti fra D'Afflitto e il Console francese a Napoli a proposito dell'altro sciagurato affare cioè la perquisizione fatta nella casa di De Lahante. Decisamente tocca a me il portar la pena dei falli commessi dai nostri Prefetti. Visconti mi scrive d'ufficio incaricandomi di domandare che il Vice Console francese faccia le scuse a D'Afflitto per certe espressioni contenute in una lettera del primo diretta al secondo. Farò i passi occorrenti presso Drouyn De Lhuys a meno che non mi mandiate istruzioni contrarie dopo averne conferito con Peruzzi e con V1scon/ti. Ma anche questo incidente è deplorabile e non ci mette sulla via dell'entente cordiale; parlo del fatto della perquisizione che qui ci sollevò contro le ire di Morny e della sua numerosa clientela.

Non vi pare che sia ora il tempo di mandare a casa il Christen? Badate che Pasolini, quand'era ministro, l'ha promesso, e che il passare per gente di cattiva fede nuoce assai. Di più il 6 novembre si apre la sessione legislativa. Se il Christen a quell'epoca non sarà liberato, avremo al Senato una discussione appassionata e violenta.

Voi riassumete nella vostra lettera con molta nettezza la posizione. L'Imperatore non piglierà né per ora né per un tempo determinabile alcuna

iniziativa d'imprese che possano condurci al compimento dell'unità nazionale. Non vuole inimicarsi il partito cattolico dell'Europa, e questo pensiero lo tiene géné a nostro riguardo. D'altro lato finché Drouyn De Lhuys è al potere, non è a sperare che la Francia pigli un'attitudine risentita contro l'Austria. Ne nasce da ciò una posizione non molto favorevole all'Imperatore. All'estero è isolato, più di noi. All'interno l'opposizione affila in segreto le sue armi per farne uso nella prossima sessione legislativa. Naturalmente questa posizione nuoce anche a noi, che siamo posti nella necessità del dilemma da voi posto, cioè o attendere, o provocare le occasioni che facciano uscire l'Imperatore dal suo temporeggiamento. Voi vi appigliate a questa seconda linea. Se la cosa è possibile sta bene. Si proceda con prudenza ed animosamente ad un tempo. Attenderò le vostre istruzioni per secondarie giusta la mia forza.

Passo ora a toccare i tre punti della vostra lettera: l) Risultato dell'inchiesta. Lo domanderò a Drouyn de Lhuys e farò d'ottenerlo.

2) Accordi militari. È questa una parola troppo vaga. Bisogna concretarla. Io domando da un pezzo che mi si mandi un progetto formulato da Lamarmora, il quale dica chiaramente quel che si vuole. Finché domandiamo un accordo militare per la repressione del brigantaggio, senza determinare le misure relative, ci si risponde: noi lo reprimiamo il brigantaggio per quanto è possibile il farlo. Se per altra parte domandiamo come fu fatto in principio, che la convenzione del '61 relativa alle rive del Tevere sia applicata alle altre frontiere, ci si risponde che quelle misure adattate ad una frontiera di fiume non sono applicabili ad una frontiera di terra e di monti. Bisogna adunque che io sappia esporre ben chiaramente quel che si vuole. Quando avrò il progetto (il quale deve essere proposto da Lamarmora) lo comunicherò qui, e domanderò che si adempia la promessa di facilitare gli accordi militari.

3) Allontanamento di Francesco II. Su questo terreno si può procedere arditamente quanto J.ungi si vuole. Una nota ufficiale, ben fatta, potrebbe cominciar questa nuova campagna diplomatica. Non posso risponder dell'esito, perchè non credo mai ·Che a cosa fatta. Ma posso rispondervi che i nostri passi non potranno fare cattiva impressione, e che tutti gli uomini di buona fede ci approveranno.

Dite queste cose anche a Visconti, ed aggiungetegli che non approfitterò per ora dei quindici giorni di congedo accordatimi. Andrò solo per pochi giorni ad Aix per pigliar le doccie. Incontri può benissimo fare l'interim per questi pochi giorni. Ma desidererei che Artom potesse aiutarmi per l'inverno.

P.S. -Nulla è ancora deciso intorno al viaggio del principe Napoleone e della principessa Clotilde a Lisbona. La Principessa mi fa sapere però che in ogni caso il viaggio non avrebbe luogo che dopo il 15 ottobre.

La risposta russa è giunta e fu comunicata a Drouyn de Lhuys. Non è soddisfacente. Il Governo russo dichiara d'accettare la responsabilità dello operato. Questo documento fu subito mandato a Biarritz. Ma finora il Signor Drouyn de Lhuys evita con cura di pronunciarsi sull'impressione prodotta da esso.

193

IL PRINCIPE GROUY-CHANEL AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 19 settembre 1863.

Le prince de Crouy-Chanel a l'honneur de soumettre à la haute et patriotique appréciation de M. le Commandeur Marcello Cerruti, la note ci-jointe et de la recommander à son affectueuse bienveillance, si Elle a son approbation.

.ALLEGATO

NOTE

SUR L'UNION DYNASTIQUE DE L'ITALIE ET DE LA HONGRIE

L'Italie et l'Hongrie sont soeurs par les souffrances séculaires que l'ambition insaciable de la Maison de Habsbourg fait peser sur leur existence. La terre des deux pays est encore fumante du sang répandu par les ordres d'un Habsbourg. En opposition à ce sanguinaire Despotisme, apparait la C'roix de Savoie, camme le signe de la Délivrance demandée à Dieu, par les deux peuples.

Mais ce signe, quoique glorieusement triomphant, par le martyre de son dernier Roi et par les victoires vengeresses de Son Auguste Fils, n'a pu encore compléter sa mission émancipatrice, et l'hydre du Despotisme se montre à nouveau plus menaçante qu'avant ses dernières défaites.

Il faut donc à nouveau la combart;tre et la tuer définiUvement sur les rives de l'Adriatique et sur les bords du Danube: ce qui n'est possible que par une entente immédiate et franchement cordiale entre l'Italie et la Hongrie; entente qui peut seule donner les moyens d'action au génie patriotique et chevaleresque du Roi Vietar Emmanuel, de transformer la communauté de souffrance des deux peuples en une communauté d'indépendance et de prospérité.

Les élémens sociaux de ces deux peuples, leurs sentimens réligieux et patriotiques indiquent et appelent entre eux, la confraternité des champs de bataille et d'existence sociale.

Leur Drapeau National, qui est le méme, est l'expression vraie de leur sympathie traditionnelle, et si la Croix'de Savoie recouvre et protège le glorieux Drapeau de l'ltalie, l'image de la Reine des Cieux recouvre et protège le Drapeau non moins glorieux de la Hongrie.

Enfin tout prouve, que la volonté Nationale des deux pays repousse avec une égale énergie le despotisme abrutissant de l'Autriche. Tout prouve que la Hongrie veut comme l'Italie reconquerir son indépendance et ses libertés sous la garantie d'une Monarchie Nationale et paternelle.

Mais tout prouve aussi, que le Drapeau Iibérateur de J'Italie ne peut fio<tter sur les Dòmes de St. Pierre et de ,St. Mare, tant que celui de ,la Hongrie ne fiottera pas sur le Chateau de Bude.

Pour contribuer à la réalisation de cette existence nationale des deux peuples et aider à la formation du faisceau de toutes les volontés indispensables à cette réalisation.

Le soussigné, faisant abnégation entière de toute prétention personnelle, élève ses voeux vers l'Auguste Chef de la Maison de Savoie, Roi d'Italie, pour lui demander l'autorisation de contribuer, par son action publique ou privée, (suivant les circonstances) à faire offrir par la Nation à un prince de Sa Dynastie la Couronne de St. Etienne.

Le vieux descendant de ce Roi en exprimant ces pensées et ces voeux pour hater et surtout assurer une commune délivrance, sera heureux d'y coopérer par tous les moyens en son pouvoir, d'accord avec son honorable ami, le Général Georges Klapka et de prouver de la manìère la plus positive, que l'unique but de sa vie est l'indépendance de sa patrie originelle.

Il déclare donc à nouveau qu'il est pret à démontrer à cette noble patrie, par la saine raison et au nom de ses gloires nationales qui se lient à celles de ses Ayeux.

Qu'rm prince de la maison de Savoie, peut mieux qu'aucun autre, réaliser ses justes aspirations d'indépendance et les harmoniser avec les exigeances sociales et la Balance politique de notre époque.

Si ce projet d'entente pour la régénération et l'union de l'Italie et de la Hongrie ;1ar l'Auguste Dynastie de Savoie est accepté par Sa Majesté le Roi Victor Emmanuel et son Gouvernement, il ne reste plus qu'à s'entendre sur les voies et moyens pour atteindre ce but, avec toute prudence, exigée par les circonstances.

Voies et moyens qui sont d'une exécution simple et facile, ainsi que le soussigné est à meme d'en donner la preuve. Il attend donc avec une respectueuse confìance une Décision Souveraine.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Torino, 20 settembre 1863.

L'agente de' Principati Danubiani in Costantinopoli ha comunicato alle Potenze garanti una lunga memoria, nella quale il Principe Couza riferendo ai difetti della Costituzione sanzionata colla Convenzione di Parigi del 1859 la continua opposizione della Camera Legislativa e dichiarando l'impossibilità in cui egli si troverebbe di governare con un tale ordinamento propone importanti modificazioni alla Costituzione stessa, ed intanto annunzia la risoluzione sua di sospendere la Camera per cinque anni, e di sostituirvi per tale spazio di tempo e sino all'introduzione delle nuove riforme un Consiglio Amministrativo composto di Membri da lui nominati e revocabili. Dalla copia (che Le trasmetto in modo confidenziale) di quella memoria la S. V. Illustrissima rileverà i particolari delle proposte e delle intenzioni del Principe ed i motivi che ne adduce.

Trattandosi di questioni delle quali le Potenze Garanti dovranno neces.sacr.-iamente preoccuparsi, parmi conveniente di accennare a V. S. Illustrissima quale impressione abbia prodotto nell'animo del Governo del Re la comunicazione del Principe Couza, e quale sia l'opinione nostra a tale riguardo.

L'Idea predominante del Principe od almeno il provvedimento che nel concetto suo sarebbe il più urgente, è di assumere la dittatura. Le riforme verrebbero poi, ma dopo un periodo di preparazione nel quale il Principe governando assolutamente crederebbe rafforzare la autorità sua e disporre il paese all'applicazione delle riforme da lui suggerite.

Ora la S. V. Illustrissima sentirà facilmente che i principii Costituzionali che noi professiamo non ci consentono d'incoraggiare il Principe in questa via.

Ma prescindendo pure da ogni considerazione di principii noi non crediamo che il Principe calcoli rettamente gli effetti che potrebbero nascere da una più o meno lunga sospensione della Costituzione. Le opposizioni che egli ed i suoi Ministri ebbero ad incontrare segnatamente nell'ultima sessione parlamentare se hanno ,create difficoltà al governo, non hanno però recato gravi turbamenti dell'ordine e della tranquillità, nè impedito il regolare esercizio del potere.

Quindi mancherebbe, secondo noi, quella stessa suprema necessità che sola potrebbe giustificare eccezionali provvedimenti.

Mantenendosi nella legalità il Principe può fare assegnamento sull'appoggio delle popolazioni e sul suffragio della pubblica opinione. Violandola, il Principe, oltre a dare un'arma ai suoi avversarii, si alienerebbe probabilmente anche quella parte della popolazione, certamente la maggiore, che rimane estranea alle passioni de' partiti; e che vede nell'osservanza delle leggi fondamentali del paese una guarentigia di tranquillità e di ordinato svolgimento della prosperità pubblica. D'altronde è difficile che il Principe regnando da poco tempo abbia potuto formarsi nel paese tali aderenze da paterne sperare un valido sostegno quand'egli volesse anche solo temporaneamente sostituire la autorità sua personale alle istituzioni legali dello Stato. Insomma dato pure che dalla concentrazione dei poteri nella mano del Principe potesse sperarsi qualche vantaggio, questo, a parer nostro, non compenserebbe certamente il pericolo risultante dalla diffidenza e dalla trepidazione che occuperebbero gli animi delle popolazioni vedendosi toccare il palladio delle loro libertà. Quindi a parer nostro lo sperimento che intenderebbe tentare il Principe, oltre all'essere contrario ai patti da cui deriva il suo potere sarebbe sommamente pericoloso, e turbando il paese potrebbe suscitare complicazioni che è saggio l'evitare.

Quanto poi alle modificazioni che il Principe propone alla Costituzione stabilita dalla Convenzione del 1859, il Governo del Re non ha difficoltà di esaminare, d'accordo colle altre potenze garanti quelle riforme che l'esperienza del passato dimostrasse necessarie, e che senza ledere quei principii a cui debbe uniformarsi il regime Costituzionale mirassero a renderne più facile il sincero e pratico esercizio.

L'instituzione, per esempio, di un corpo moderatore per allontanare il pericolo di troppo immediati conflitti tra il Potere esecutivo e la Camera elettiva, ed un abbassamento del censo elettorale per agevolare la nomina de' deputati delle classi medie e dei piccoli proprietari che costituiscono l'elemento più conservatore de' Principati potrebbero forse essere consigliati dalla condizione di quel paese, e se le Potenze credessero opportuno di prendere deliberazioni a tale riguardo noi non saremmo alieni per parte nostra dall'ammettere il principio, salvo a discutere i particolari di tale riforma.

Autorizzo la S. V. Illustrissima ad esprimersi in tale senso, e le sarò tenuto se potrà farmi conoscere in proposito l'opinione del Governo presso cui ella è accreditata.

195

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (1)

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 20 settembre 1863.

Permettetemi che io ritorni sull'affare degli accordi militari colla Francia per la repressione del brigandaggio, parendomi che politicamente sia il momento di riprendere la questione.

Vi fu un tempo in Italia dove l'opinione pubbltca era fortemente commossa dall'idea che i francesi restassero nel territorio romano spettatori impassibili, e quasi incoraggianti le mene che si facevano a Roma, e le manifeste preparazioni di spedizioni di briganti. Non dtco .che dò fosse, ma l'opinione pubblica andava per quel verso. Sia .pure, dicevasi, che la Francia non voglia trattare la questione romana; ma se tutela il Papa non tuteli chi aLl'ombra della bandiera francese cospira, ed invade il nostro ter·ritorio. Di queste cose il Nigra a Parigi aveva occasione di intrattenere non di rado il Governo francese, e l'Imperatore ebbe ad esprimere che ben volentieri si adoprerebbe a dimostrare la falsità di quelle voci. Il ministro degli affari esteri cercando i precedenti, e vedendo che una convenzione era ·stata segnata fra Generali italiani e francesi ai tempi di Ricasoli, pensò che questo precedente potesse invocarsi, e qualche •cosa di simigliante fosse da trattarsi. Con ciò egli aveva di mira non tanto l'efficacia del provvedimento della quale non era giudice, ma l'effetto morale che cosifatta convenzione avrebbe negli animi a dimostrare la buona intelligenza delle due nazioni per la repressione del brigandaggio. Il Signor Drouyn de Lhuys sempre poco disposto a favor nostro parve pigliarne impegno che il Governo f.rancese faciliterebbe accordi militari per la repressione del brigandaggio, e che se qualche punto rimaneva ·controverso •lo si sarebbe trattato anche a Parigi. L'Imperatore andava più innanzi e si mostrava propenso a fare qualche cosa. Chiamò Montebello che allora trovavasi a Parigi, e siccome questi gli rispondeva allegando quelle ragioni che poi espose nella lettera a voi diretta, l'Imperatore risolutamente gli disse che bisognava far qualche cosa di più che mostrasse all'Ita,lia il suo buon volere. Di questo dialogo del Montebello coll'Imperatore ho ar~omento nella testimonianza di Vimercati che allora per commissione del Re trovavasi a Parigi. La frase stessa del discorso della Corona non fu inserita che sciente il Governo francese, e il Vimercati su questo punto procede più oltre, poichè afferma che il Drouyn de Lhuys dimostrò il dispiacere che proverebbe se nulla si fosse annunziato.

Ciò posto seguì la corrispondenza fra la Rovere e voi, e poi la lettera dei Generale Montebello che ripetendo le stesse ragioni già dette all'Imperatore

sembrò metter fine alle trattative. Al che si aggiunse, se non erro, da parte del Montebello una più viva sorveglianza ·contro il brigandaggio romano. In tale stato di cose successe il malaugurato incidente dell'Aunis, durante il quale sarebbe stato inopportuno sollevare di nuovo la questione.

Ora però parmi che essa possa riprendersi senza pericolo, e parmi che dobbiamo tentar di raggiungere quello ,scopo sopratutto morale che ci proponevamo da principio cioè un atto scritto il quale riconfermi la buona dispo3izione della Francia anche agli occhi di coloro che hanno interesse a negarla.

A questo proposito Nigra mi scrive: • Quando io chiedeva che la convenzione del 1861 relativa alle rive del Tevere fosse applicata all'altra frontiera, mi si rispose che quelle misure adottate per una frontiera di fiume non erano applicabili ad una frontiera di terre e di monti. Bisognerebbe adunque saper bene ciò che si vuole ed avere un progetto formolato ».

Ora è questo che io vengo a chiedervi. Io vi prego di preoccuparvi principalmente deHa questione politica; che sta in ciò di fare un atto che ribadisca nella opinione pubblica il nostro accordo colla Francia. Non entro nella parte militare, la quale è di voska competenza, e voi giudicherete cosa possa ragionevolmente ·Chiedersi. Io non tengo tanto alla estensione dirò così delle nostre pretese, quanto al conseguimento del fine morale.

Pasolini al quale feci i vostri saluti ve li ricambia di cuore. Egli ha fatto un viaggio in Inghilterra senza missione affidale; ma ha conseguitO' mirabilmente il suo scopo che era quello di togliere le amare diffidenze oreate neil'anno passato fra noi e l'Inghilterra per le questioni d'Oriente, disporre quel Governo a favor nostro, indurre la persuasione di appoggiare le nostre aspirazioni quando l'occasione si offra propizia.

A Parigi non si fermò che pochissimi giorni. Però vide l'Imperatore, ma la sua conversazione fu in termini assai generali. Il suo interlocutore disse molte belle parole dell'Italia, e delle ,sue sorti avvenire, ma conchiuse dicendo che il faut savoir attendre.

Ma è egli facile serbare lungamente questa aspettativa? I partiti non ne piglieranno occasione per agitare il paese, e impedire l'opera dell'ordinamento interno? La stessa questione del restauro del·le finanze può esser risoluta completamente mantenendo per molti anni un esel'cito così numeroso? Sottopongo al vostro giudizio l'arduo problema che richiede seria meditazione.

N o n ho mai creduto alla resa dei briganti e sin dal primo annunzio del fatto di Rio Nero mi parve una mistificazione. Veggo con rammarico che il mio sospetto era fondato.

(1) Questa è la redazione originale della lettera di Minghetti a La Marmora. La lettera pubblicata al numero seguente è, come appare dal n. 300, una diversa redazione, preparata in un secondo tempo. in vista di una eventuale pubblicazione.

196

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

CONFIDENZIALE. Torino, 20 settembre 1863.

Debbo richiamare di nuovo, per disposizione del Consiglio dei Ministri, la Sua attenzione sulla questione degli accordi militari colla Francia per la rep·ressione del brigandaggio sul confine romano. Vi fu un periodo in Itailia dove l'opinione pubblica era fortemente commossa dal dubbio che i francesi restassero nel territorio romano quasi impassibili spettatori delle trame che si ordivano a Roma, e delle invasioni dei briganti che di là partivano. I rapporti dell'E. V. dimostrano il contrario, ma l'opinione generale era su questo punto assai calorosa. Sia pure, dicevasi, che la Francia in questo momento non trovi opportuno di trattare la questione romana, ma essa non può permettere che all'ombra della bandiera francese si cospiri, e si assalga il nostro territorio. Di queste cose il Ministro del Re a Parigi ebbe ad intrattenere non di rado il Ministro imperiale degli Esteri. E questi, e S. M. l'Imperatore medesimo si mostrarono sempre inclinevoli a fare quanto era possibile perchè la repressione del brigandaggio addivenisse ognora più efficace.

Il mio onorevole Collega Cavaliere Visconti-Venosta stimò allora che si potesse intavolare un negoziato al fine di ·Concludere accordi militari sulla frontiera romana al fine predetto. Il Governo Imperiale accolse questi preliminari, ammise l'opportunità di accordi militari, 'si dichiarò pronto ad esaminare le proposte che a cura della R. autorità militare gli sarebbero fatte pervenire, e promise che a suo tempo il Generale di Montebello riceverebbe le opportune istruzioni e si metterebbe in rapporto col Generale italiano a ciò designato dal Governo del Re. Soggiunse finalmente che quantunque si trattasse di proposte militari queste potevano essere previamente comunicate dalla Legazione Italiana al Governo Imperiale, il quale, se nulla ostasse, le trasmetterebbe all'autorità militare francese, che sarebbe in pari tempo d:struita di mettersi in rapporto coJ. Generale Italiano.

Nondimeno il Governo dell'Imperatore fece espressa riserva che non poteva consentire ad una Convenzione diplomatica propriamente detta, perchè non ammetteva che si dubitasse della sua buona volontà e della sua lealtà nell'eseguire gl'impegni impostigli dalla sua posizione a Roma, e non poteva quindi obbligarsi per un formale atto internazionale a fare quello che fa e intende fare spontaneamente.

Tale essendo lo stato delle cose, il Ministro degli Esteri scrisse all'E. V. intorno a questo argomento la lettera del . . . . . . (1) alla quale Ella rispose facendo presentire come il Generale Montebello, non solo non avesse ricevuto ancora le istruzioni definitive, ma personalmente e in modo confidenziale, sollevasse difficoltà alle progettate trattative, e si mostrasse in ·certo modo risentito che se ne fosse fatta la proposta al Govemo francese (2).

In questo frattempo sopravvenne l'affal'e dell'Aunis e il Governo del Re ha creduto opportuno di lasciare che questa vertenza fosse ultimata innanzi di ripigliare quella ch'era rimasta pendente.

Ora che l'una è conchiusa in modo soddisfacente il Ministro degli Esteri è pronto a ripigliare l'iniziativa sul primo argomento, ma il Consiglio dei Ministri crede innanzi tutto d'interpellare l'E. V. tanto sullo stato di fatto, cioè sulla cooperazione delle truppe francesi alla repressione del brigandaggio, quanto sulla opportunità di riannodare le pratiche, e sulla estensione che potesse darsi agli accordi mHitari.

(1) -Manca. Si tratta della lettera del 27 giugr..o 1863 (cfr. Serie I, vol. II, n. 691). (2) -Cfr. n. 2-3.
197

Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP; ed. in LIPPARINI, pp. 353-355)

L. P. Torino, 21 settembre 1863.

Parve sempre anche a me che il cambiamento preconizzato dai giornali della politica francese, non potesse aver luogo almeno in modo così repentino. Quel solo di vero che resta di tutto ciò è una freddezza fra Francia ed Austria in seguito al Congresso di Francoforte. Nondimeno, sinchè Drouyn de Lhuys resta al Ministero, io son persuaso che non cesserà suoi sforzi per creare l'alleanza austro-francese. Egli ha sperato quasi sempre, e forse non dispera neppur oggi di trascinare l'Austria sino alla guerra, ma s'inganna a partito. L'Austria senza l'Inghilterra non si lascerà condurre fin là, e le intenzioni dell'Inghilterra sono ormai troppo evidenti.

Che cosa resta adunque di tutto ciò? Resta un isolamento da ogni Potenza, e il sentimento dell'impossibilità che si riesca p€r note e contro note ad una soluzione qualunque della questione Polacca, dico ad una soluzione la quale soddisfi l'opinione liberale d'Europa.

In questi termini non v'ha dubbio che il momento sarebbe opportunissimo perchè una Potenza, la quale ha espresso la sua simpatia per la causa nazionale Polacca, ma che non si è mescolata nei diverbi che ne scaturirono, questa Potenza dico mostrasse la convenienza di un Congresso per appianare tale questione, e le altre flagranti, e invitasse ad aderirvi, non v'è nessun dubbio che ciò darebbe luogo ad una specie di manifesto che dettato con nobiltà e temperanza soddisfarebbe a ciò che ognuno sente nell'animo.

Tu scorgi da ciò come io apprezzi la importanza dell'atto che ho accen

.nato. Ma quando guardiamo alla efficacia pratica qui nasce pericolo non ispregevole, anzi grave. Se l'Italia avesse l'assetto e la forza dell'Inghilterra, niun dubbio che ancorchè nessuno aderisse alla proposta, non ne scapiterebbe la nostra dignità. In Francia havvi già qualche differenza; il progetto dell'Imperatore di mediazione in America, non avendo trovato annuenza, fu uno scacco per la sua politica. Per noi un disegno messo innanzi e rifiutato, sarebbe una vera sconfitta. La voce che sclama nel deserto, non è tollerata in chi ha d'uopo di fatti per pigliar posizione, in chi ha già messo innanzi i proprii principii in altre occasioni. Tutto il punto adunque sta in ciò che la Francia o l'Inghilterra accettassero di qualche guisa l'invito, mostrassero di apprezzarne l'importanza, comunque il congresso non potesse proprio aver luogo per altre ragioni, sarebbe sempre un trionfo morale aver posto così la questione. Ma sino ad oggi tutte le nostre informazioni ci assicurano che nè l'una nè l'altra di queste due Potenze farebbero buon viso al nostro invito, e che sarebbe puramente e semplicemente respinto. Da tutte le notizie, che io ho raccolte, parmi potersi dedurre che l'Imperatore è in uno di quei momenti nei quali fa le parti di spettatore, lascia svolgere gli eventi, non

vuol prendere iniziative. Comecchè egli esprima sempre la sua simpatia per l'Italia, e anche il suo linguaggio circa le Provincie napoletane sia a noi più benevolo; non è men vero che giudica dover noi occuparci dell'ordinamento interno, ed attendere. La Questione Romana non si potrebbe sollevare stando Drouyn de Lhuys al potere a patto di udir proposte che l'Italia non può neppure discutere. Inoltre il contorno dell'Imperatore è ostile all'Italia, e il Partito clericale non declina dal suo apogeo.

Che resta dunque a fare l'Italia? Prepararsi a cogliere l'occasione, e se questa non si presenta sforzarsi di crearla. Qui mi fermo: lo svolgimento di questo punto richiede altro troppo prolisso discorso, e se tu verrai in congedo ne parleremo a lungo.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 23 settembre 1863.

Ho stimato opportuno di indugiare a rispondere ai suoi dispacci confidenziali N. 15, 16, 17, 18, 19 e 20 (1) finchè avessi sotto gli occhi il testo della risposta russa e quello del Memorandum del Principe Gortchakoff. La lettura di questi documenti, di cui Ella m'aveva già fatto presentire il senso generale, mi dimostrò l'impossibilità di riescire a risolvere l'intricatissima questione polacca per mezzo d'un accordo diretto fra la Francia e la Russia. Tuttavia e benchè queste notizie non possano avere per ora che un'importanza retrospettiva, credo doverle dare qualche chiarimento intorno ai motivi che mi indussero a spedirle il dispaccio telegrafico in cifra del 4 settembre (2).

In un'udienza particolare che il Conte Goltz, Ministro di Prussia a Parigi ebbe dall'Imperatore di Francia, quel diplomatico mise innanzi l'idea che l'Imperatore Alessandro manifestasse in una lettera all'Imperatore Napoleone la sua intenzione di accordare una costituzione alla Polonia, e di mettere così senza ritardo in pratica i 'Sei punti chiesti dalle tre grandi Potenze, i quali non furono mai esplicitamente respinti dal Governo Russo. In questo modo si sarebbe messo a profitto il malumore destato nell'Imperatore Napoleone dal Congresso di Francoforte per rompere definitivamente gli accordi Franco-Austriaci. È inutile che io Le dimostri quali vantaggi avrebbe avuto per noi questa soluzione. Ella li vede da sè ed io La ringrazio del tentativo ch'Ella fece presso il Principe Gortchakoff per riescire a farla adottare. È pur troppo probabile invece che il tuono reciso e perentorio del memorandum Russo abbia forzato l'Imperatore a riavvicinarsi all'Austria, la quale avrà saputo approfittare del destro !asciatole per far scomparire le traccie della freddezza a cui si espose col tentativo di riforma germanica.

Io ammiro con Lei, Signor Ministro, l'eloquente e risoluto linguaggio

di S. E. il Principe Go>rtchakoff. Ma non so astenermi dal de:plorare certe

allusioni alla grande opera di liberazione 1ntrapresa da Alessandro I, certe insinuazioni circa l'appoggio dato all'insurrezione le quali danno a quell'abile memorandum l'aspetto d'una provocazione diretta verso la Corte delle Tuileries. Il Principe Gortchakoff, che aveva fatto dell'alleanza Franco-Russa il perno del suo sistema politico, obbedisce, forse senza avvedersene, al disinganno ch'egli ha dovuto naturalmente provare vedendo fallire quei suoi disegni. Egli tien conto, com'è naturale, dell'opinione pubblica in Russia: ma forse non tien conto del pari delle necessità che impongono alla dinastia napoleonica di non rassegnarsi ad un completo insuccesso in una questione di politica estera e sovratutto nella questione polacca. È questa la sola vertenza in cui il partito reazionario ed una frazione notevole del partito liberale possano trovarsi d'accordo. Questa circostanza dà agli organi dell'opinione pubblica in Francia un'apparenza d'unanimità che non può non esercitare un'influenza grandissima sulle determinazioni definitive del Governo Francese. Dall'altro lato, io noto con dispiacere che il Governo Russo riserva per la Francia le sue più pungenti espressioni, e non pro-va, o non manifesta, quelil.'amarezza che la condotta dell'Austria gLi do\"rebbe far sentire. Od io mi inganno assai, o la Cancelleria dello Czar non ha rinunciato ancora alla speranza di attirare l'Austria nella sua alleanza. Il Gabinetto Russo confida per lo meno che il Gabinetto Austriaco non andrà mai sino a far la guerra per ristabilire la nazionalità polacca: ed io ·comprendo che la condotta delle Autorità Austriache nella Gallizia lo induca in questa lusinga.

Però io temo che il Principe Gortchakoff non dia a tutti gli elementi della situazione quell'importanza ·Che mi paiono meritare. Costretta a continuare sino all'ultimo quella commedia liberale, che aveva incominciato nello scopo esclusivo di restaurare le sue finanze, la Corte Austriaca si trova ormai nella impossibilità di indietreggiare sino alla santa alleanza. Certo essa farà il possibile per evitare la guerra, ed in ciò sarà efficacemente aiutata dall'Inghilterra. Ma per quanto sia vivo il desiderio del Gabinetto Inglese di mantenere la pace, lo spettacolo sanguinoso della lotta polacca non potrà essere prolungato sino alla primavera senza esercitare sugli animi una pericolosa influenza. Forse riescirà in questo inverno alla Russia di domare gli insorti: ma questi pretendono e non senza ragione che nella prossima primavera la Russia si troverà più esausta nelle finanze e nelle forze morali di quello ch'essa lo sia attualmente. Il Governo Russo dovrebbe dunque approfittare della soddisfazione d'amor proprio che ha ottenuto per ora nelle sue discussioni diplomatiche colle tre potenze, per fare in quest'inverno delle concessioni tali da togliere ogni pretesto ad un'ulteriore discussione. Ma non bastano per ciò le riforme amministrative: è d'uopo che la Russia, con un'ardita iniziativa rompa l'alleanza dei clericali e dei liberali nella questione polacca: ch'ella costringa il partito liberale a schierarsi dal suo canto, accordi al Granducato di Varsavia istituzioni più larghe di quelle esistenti nella Gallizia, e combatta l'Austria sul terreno, pericoloso per lei, dei principii di nazionalità e di libertà.

Ho letto cnn attenzione il discorso dell'Imperatore Alessandro alla Dieta di Finlandia, e mi compiaccio di vedere che lo Czar informa il suo linguaggio

a principii liberali. Ma i favori prodigati al Murawieff indicano abbastanza che non si vuole rispetto alla Polonia smettere il sistema di repressione implacabile seguito finol'a. Intanto il Moniteur di Parigi pubblica la lettera del Comitato occulto di Polonia al Principe Czartoriski. Le discus•sioni che avranno luogo fra breve al Corpo Legislativo non mancheranno d'accrescere l'irritazione degli animi e di rianimare gli istinti belligeri della nazione francese. Ora, la Russia può non temere la guerra, ma certo non deve desiderarla: ed è forse ancora in sua facoltà di impedire ch'essa diventi inevitabile all'aprirsi della primavera.

Io desidero ch'Ella parli in questo senso al Principe Gortchakoff, per proprio ·conto, e senza lasciar supporre ch'Ella sia incaricata dal suo Governo di dar consigli, o di formolare un avviso. Che se il Vice Cancelliere La interroga sulla linea politica che il Governo del Re intende seguire, Ella potrà, Signor Marchese, rispondergli che nello stato attuale d'Europa non essendovi in realtà alcuna vera alleanza, tutte le potenze essendo isolate, ed in reciproca diffidenza, l'Italia deve conservarsi libera da ogni impegno preventivo. Niun accordo lega la nostra politica a quella di altre Potenze nella questione Polacca, ma i nostri antecedenti, le nostre istituzioni, i nostri principii d obbligano ad essere col partito liberale. Se la Russia smaschera l'intrigo clericale tessuto ai suoi danni nella questione polacca, se Ella cessa dal glorificare Berg e Murawieff, dall'accarezzare l'Austria, e dal fare continui sforzi per ricondurre l'Europa all'epoca della Santa Alleanza, noi saremo lieti di trovarci d'accordo col Governo dell'Imperatore Alessandro.

(1) -Cfr. nn. 138 e 167. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Cfr. n. 163.
199

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Torino, 26 settembre 1863.

Le Gouvernement Pontificai vient de prendre de son propre mouvement une mesure grave, qui témoigne une fois de plus de ses sentiments d'hostilité envers le Royaume d'Italie. Sans formuler contre l'honorable Consul de S. M. à Rome aucun grief ni aucune plainte il lui a ·retiré l'exequatur et lui a donné quatre jours pour •sortir de l'Etat Romain. Il a motivé cet acte sur la mesure prise par les Autorités de Naples contre le Consul Pontificai Pietro de Mandato, qui a reçu ses passeports pour Rome ensuite d'une délibération de la Junte provinciale instituée par la loi du 15 aout dernier pour la répression du brigandage. Mais il n'y a aucun rapport entre ces deux cas, et la décision prise par la Cour de Rome ne peut se couvrir du nom de représailles, puisqu'elle ne saurait trouver sa raison d'etre dans ce qui s'est passé à Naples. Le Consul de Mandato s'était compromis dans les menées de la réaction; il avait délivré, contre toutes les règles, des passeports clandestins à des sujets du Roi qu'il dirigeait sur Rome dans des vues suspectes. Par un égard spontané envers le Corps Consulaire résidant à Naples, au lieu de déployer contre le Consul

18 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Pontificai une sévérité que la stricte justice eut autorisée, on s'est borné, après une détention de quelques heures et une visite domiciliaire où les Archives du Consulat furent respectés, à expulser M. de Mandato du territoire italien.

Il n'y a rien dans les faits que je viens de rappeler qui ne soit implicitement prévu par le traité conclu entre le Gouvernement du Roi et le Saint Siège le 3 juillet 1847; ce traité, en effet, pourvoit au cas où l es Consuls de l'un des deux Etats encourraient ehez l'autre les rigueurs des lois, et leur refuse expressément les immunités diplomatiques.

Le renvoi du Consul de S. M. à Rome présente au contraire un caractère exceptionnel; il s'adresse non pas à la personne du Comte Teccio di Bayo, dont la louable conduite n'a pas été mise en question, mais au Gouvernement italien. Il n'est pas besoin de faire ressortir combien il y a loin des dispositions de sureté publique que le Gouvernement du Roi a du prendre à Naples, à l'acte politique qu'il a plu à la Cour de Rome d'accomplir. La disproportion n'est pas moins grande entre les résultats, puisque le Gouvernement Pontificai

supprime en principe toute représentation consulaire de S. M. sur son territoire, tandis que nous n'avons rien fait de semblable. Il a donc, en agissant de la sorte, posé et résolu du meme <:oup, une question qui n'était point sur le tapis, celle de la situation des Consuls de chacun des deux Etats chez l'autre. Dès lors le Gouvernement du Roi ne pouvait se dispenser d'user de réciprocité, et l'exequatu1· a été retiré aux Consuls du S. Siège dans le Royaume.

En cette circonstance comme dans toutes celles auxquelles a donné lieu chaque jour la situation anormale où l'Italie se trouve vis-à-vis du Saint Père, nous avons la conscience d'ètre du còté de la modération et du bon droit. Vous savez, Monsieur, que depuis les mémorables événements qui ont associé les destinées de toute la nation italienne à celles de notre Auguste Maison Royale, le Parlement et le Pouvoir exécutif se sont étudiés sans cesse à distinguer les intévets de la réligion de ceux qui appartiennent à la politique, et à maintenir les premiers au-dessus de toute discussion. Vous connaissez également les tentatives que nous avons plusieurs fois renouvelées en vue d'une conciliation entre les droits de l'Etat et ceux de l'Eglise. Tous nos efforts dans ce sens ont été inutiles; nous ne nous sommes pas départis cependant de notre politique franche et mesurée à la fois. Nous avons accordé volontiers aux Consuls Pontificaux qui avaient reçu leurs exequatur des anciens Gouvernements italiens, la faculté de continuer leurs fonctions, et il n'entrait point dans notre pensée de la leur retirer. Nous n'avons jamais mis aucun obstacle aux facilités de passeports, de navigation, de poste, de chemin de fer, de douanes, qui pouvaient activer les communications et les échanges entre Rome et le reste de l'ltalie. La conduite de la Cour de Rome a été bien différente. Elle n'a négligé aucun des moyens indirects qui étaient en son pouvoir pour ag

graver inutilement les inconvénients qu'une rupture diplomatique entraìne meme au point de vue des intérets des particuliers. Le pavillon italien, respecté dans tous les ports où il parait, a du ètre abaissé dans ceux des Etats Pontificaux. On y contraint les Capitaines de nos batiments marchands à recevoir Ieurs papiers de bord d'agents qui n'ont aucune autorité pour Ies délivrer, et dont les actes n'offrent point les garanties indispensables à la sureté

du commerce maritime. Ces agents continuent à déchirer les papiers délivrés à nos Capitaines au nom du Roi d'Italie. Les Agents des Gouvernements déchus résidant à Rome et à Civitavecchia délivrent aujourd'hui encore des passeports et des feuilles de route auxquels les Autorités romaines apposent leur visa; il arrive mème que celles-ci exigent le visa d'un Agent des Bourbons sur les passeports délivrés dans le Royaume aux voyageurs qui doivent traverser l'Etat Pontificai en se rendant à Naples. Tel est le traitement dont on use à Rome envers le Gouvernement et les sujets de S. M. Ceux-ci en reçoivent toutefois moins de dommage que les populations romaines ellesmèmes. Nous avons voulu nous abstenir autant que possible d'en venir à ~s représailles qui auraient rendu plus triste encore la situation des populations italiennes soumises au pouvoir temporel de la Cour de Rome. Nous avions seulement ordonné d'appliquer aux navires pontificaux dans nos ports le mème traitement qu'elle applique aux nòtres. Mais l'expulsion du Consul Gérréral de S. M. ne laissait plus d'autre parti à prendre que celui d'une exacte réciprocité. C'est au Gouvernement Pontificai qu'incombe toute la responsabilité de la cessation des derniers rapports qui existaient encore entre lui et nous pour la protection des intél'èts et des droits des particuliers.

Vous avez reçu, Monsieur, la nouvelle de l'extradition accordée par la France d es cinq malfaiteurs capturés sur l'Aunis dans le port de Gènes. Le Gouvernement de l'Empereur, en renvoyant purement et simplement ces individus devant la juridiction italienne, seule compétente à juger les crimes communs dont ils sont accusés, a rendu hommage aux traités stipulés entre les deux pays, comme nous l'avions fait nous mèmes consignant ces brigands entre ses mains à cause de l'irrégularité de la capture. Cette affaire d'extradition, que les partis ont vainement essayé d'élever au rang d'une question politique, s'est donc terminée de la manière ordinaire à la satisfaction des deux Gouvernements.

Je n'ai qu'à me référer au contenu de ma Circulaire du 9 aoùt dernier (1) en ce qui concerne l'état général des affaires d'Europe. Je dois ajouter seulement que la démarche inopinée de l'Empereur d'Autriche auprès des Princes Alle· mands, et le projet de réforme de la Confédération proposé par ce souverain ont déterminé le Gouvernement du Roi à provoquer un échange d'idées sur ce sujet avec les Cabinets de Paris et de Londres. Bien que !es propositions de l'Empereur François Joseph ne paraissent ni conçues ni présentées de manière à agir efficacement sur la Confédération Germanique, ,toutefois les tendances manifestées dans ce projet, et notamment à l'art. 8, nous faisaient un devoir d'appeler la prévoyance de ces deux puissances sur un point que l'Italie considère comme étant de la plus haute importance pour la paix générale. Nous avons eu la satisfaction de les trouver disposées, dans l'éventualité où les résultats obtenus par l'Autriche prendraient un caractère effectivement agressif, à entrer dans notre manière de voir et à renouveler les protestations qu'elles firent dès 1851, lorsque l'Autriche voulut, comme elle l'a essayé plusieurs fois, faire admettre ses possessions non Allemandes dans la Confédération Germanique.

Le traité de commerce et de navigation signé à Turin le 6 Aout dernier par les plénipotentiaires d'Italie et d'Angleterre et dont je vous ai parlé précédemment, a pour objet principal de régulariser l'application d'un régime uniforme aux diverses provinces du Royaume, et d'améliorer en quelques points le dispositif des traités actuellement en vigueur. La conformité qui existe entre les principes économiques de l'Angleterre et les nòtres a eu pour résultat, dès 1851, des Conventions qui répondent aux besoins du commerce et de la navigation de deux nations libres. Les progrès réalisés dans cet ordre de rapports par le nouveau traité sont donc plutòt un développement des stipulations antérieures qu'un ensemble d'innovations marquées. Vous vous assurerez néanmoins, lorsque le texte de 'ce traité vous parviendra, que le commerce et la navigation des deux pays y trouveront des avantages nouveaux. Je vous signalerai entre autres une clause en vertu de la quelle tout privilège, faveur ou exemption en matière de commerce ou de navigation qui serait accol'dé par l'une des deux parties contractantes aux citoyens d'un autre Etat, sera considéré comme étendu immédiatement et sans condition aux sujets de l'autre partie.

Un autre traité de commerce et de navigation a été conclu entre l'ltalie et le Royaume d'Hawaii. Le Gouvel'nement du Roi ne néglige rien de ce qui peut ouvrir à notre navigation les marchés de l'Océan pacifique, et ce traité marquera un pas de plus dans cette voie. Les stipulations qu'il renferme comprennent la liberté réciproque de navigation et de commerce, avec exclusion des droits différentiels, la garantie des droits des étrangers résidant ou se livrant au commerce dans l'un et l'autre pays, et la liberté de l'exercice du droit de propriété et des cultes religieux, le tout sur le meme pied que pour les nationaux et sans autre restriction que les mesures de police en vigueur à l'égard des nations étrangères les plus favorisées. La situation des Agents Consulaires respectifs a été aussi assurée, ainsi que la remise des marins déserteurs des batiments.

A l'intérieur du Royaume, l'apaisement des partis, suite de la reconstitution de la majorité parlementaire, continue à diriger l'activité des esprits sur les améliorations et les réformes pratiques. Pendant que les capitaux privés s'associent pour de grandes entreprises industrielles et agricoles, telles que le desséchement des marais et l'assainissement des terrains dans le Sud, oeuvre qui égale en intéi'et et surpassera e n importance celle du Canal Cavour, l'Administration prépare et la presse discute à l'avance les lois nouvelles en matière civile et ecclésiastique qui devront etre soumises aux Chambres dès leur réouverture. Les sentiments de patriotisme et l'esprit national sont loin de sommeiller pendant cette période de travaux spéciaux. On en a pu voir la preuve dans les applaudissements qui ont accompagné la revue passée dernièrement par notre Auguste Souverain à Milan, où se trouvaient réunis les deux tiers de notre artillerie de campagne. C'est avec une satisfaction profonde et une énergique confiance dans l'avenir que les populations ont acclamé le Roi, contemplé les résultats de l'armement du pays, dignes déjà d'une grande puissance militaire, et salué notre brave armée, qui est une école de dévouement et de vertus civiles pour le pays en mème temps que le gage assuré des destinées de la patrie.

(1) Non pubblicata.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 26 settembre 1863.

Minghetti ti scrive manifestandoti il nostro modo di vedere (1) e il dispaccio confidenziale che oggi ti spedisco (2) ti espone l'impressione da noi ricevuta dalla pubblicazione dei documenti diplomatici russi.

Ho dunque poco o punto da aggiungere. Se la Russia ha voluto avere una soddisfazione d'amor proprio, prendere in faccia all'Europa un'attitudine orgogliosa e sdegnosa, certo essa ha raggiunto il suo scopo. Ma sarà questa una soddisfazione duratura, o una soddisfazione transitoria? Ecco il punto. La nota alla Francia e il memorandum hanno prodotto in Europa una profonda impressione.

Il Principe Gortschakoff ha messo la Francia in una situazione impossibile, nella quale non può rimanere senza una grande umiliazione e uno smacco profondo al prestigio Napoleonico. Se dietro le note russe v'è l'intenzione deliberata di portare una sfida all'Europa, se v'è dietro questi documenti la politica dell'incendio di Mosca non ho che dire. Ma se la Russia non desidera la guerra, è dessa ben sicura che la Francia si troverà impotente in questa quistione e che l'Austria non passerà in nessun caso all'azione? Per questo noi avressimo desiderato che il Governo russo offrisse alla Francia quel ponte ch'essa cercava, perchè tanto noi quanto la Russia abbiamo il comune interesse che non si ·stabilisca l'accordo della Francia coll'Austria, e l'accordo del Partito liberale col clericale nella quistione Polacca. Tu del resto ci hai sempre esattamente informato, non !asciandoci alcuna illusione in proposito.

Nigra è partito da Parigi per un congedo di pochi giorni che passerà ad Aix. Egli sarà di ritorno a Parigi il quattro o il cinque d'ottobre pel ritorno dell'Imperatore da Bi1arritz. P.rima ch'egli parta lo ved.rò e pa.rlerò con lui del tuo p.rogetto di congresso. La convinzione che la nostra proposta non sarà accettata da alcuna delle Potenze occidentali ci trattiene sempre. Ma ne parlerò seriamente con Nigra, perchè non cessiamo di tenere questo progetto in seria considerazione.

Mi sono !agnato qui delle corrispondenze di giornali che ti offesero tanto. Ma ti assicuro che avresti torto vedendo in esse qualche piano nascosto e qualche manovra misteriosa. Tu sai che cosa sono a Torino i corrispondenti di giornali. Nella piccola stampa, ne' giornali secondarii le più strane voci, le più insulse fandonie hanno corso quotidiano. Io non sapevo nemmeno che si pubblicasse in Italia un giornale chiamato il Nomade, che qui è perfettamente sconosciuto. Si vede che da qualche tempo manchi dall'Italia, e che non hai più quel callo che noi tutti dobbiamo fare al gridio giornalistico.

Tu mi chiedi ch'io ti dica francamente se il Ministero è disposto di darti un congedo nel mese di dicembre o di gennaio. Possono sorgere delle circostanze eccezionali di cui tu stesso sarai giudice. Ma il Ministero non avrà a ciò nessuna difficoltà e tu avrai quel congedo che ti converrà di prendere, in quell'epoca che ti aggradirà meglio.

Ti manderò presto un nuovo Attaché alla Legazione. Probabilmente sarà Colobiano, ora a Madrid.

La rivista a Somma ed a Milano fu una vera festa nazionale. Il Re fu accolto col più grande entusiasmo. Non un grido, una parola che accennasse a una passione di partito. H Generale Hasford, Attaché milita·re di Russia vi assistette e ammirò lo spettacolo militare. Egli mi disse che ogni paese poteva essere glorioso della nostra armata.

(1) -Cfr. n. 197. (2) -Cfr. n. 198.
201

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 5. Berlino, 27 settembre 1863 (per. L'1 ottobre).

Par votre dépeche du 25 mois dernier (1) vous avez bien voulu charger M. le Comte de Launay d'annoncer officiellement au représentant des Villes Hanséatiques à Berlin l'intention du Gouvernement du Roi d'établir à Hambourg un Consulat général de lère catégorie, dont ·le titulaire serait aussi accrédité auprès des Vilies libres de Breme et Lubeck en qualité de Chargé d'Affaires.

M. de Launay n'avait pu, attendu l'absence de M. Geffcken, s'acquitter de sa tàche, mais il m'avait autorisé à faire connaìtre à l'Agent en question, dès son retour, la détermination qui avait été prise par le Gouvernement du Roi. M. Geffcken étant rentré à Berlin depuis quelques jours, je me suis empressé de me rendre auprès de lui, et de lui donner communication du contenu de la dépéche susmentionnée. M. de Geffcken a désiré que je lui fisse part par écrit des intentions bienveillantes du Gouvernement du Roi, et il m'a promis d'expédier le jour méme copie de ma dépéche à son Gouvernement. Il m'a fait observer à cette occasion que les Villes libres avaient adopté en principe, principe qu'on venait de faire prévaloir envers le Gouvernement Prussien, de ne délivrer qu'un seul exéquatur à chaque Puissance représentée à Hambourg, et que par conséquent on serait forcé de retirer l'exéquatur à

M. Schroeder, consul général actuel.

J'ai répondu à l'observation de M. Geffcken qu'il résultait de la dépikhe de V. E. que le Consul général serait rempLacé. Il m'a alors interpellé si le Gouvernement du Roi comptait de maintenir les Consuls à Breme et à Lubeck, ou si l'on nommerait des Vice-consuls: j'ai dù laisser cette dernière interpellation sans réponse, me réservant de vous adresser une communication à cet égard.

Lorsque V. E. aura soumis à S. M. la nomination du nouveau titulaire de la Légation de Hambourg, je me manquerai pas de vous faire connaitre si ce choix ·sera, comme il n'y a pas lieu à en douter, agréé par le Gouvernement des Villes Hanséatiques (1).

(1) Cfr. n. 129.

202

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AVV)

L. P. Napoli, 27 settembre 1863.

Vostra lettera del 20 (2) mi giunse con un considerevole ritardo a causa dei cattivi mari, in questi ultimi giorni. Giacchè volete gentilmente chiedermi mio parere sul miglior modo di riprendere colla Francia le <trattative per una convenzione, o accordo militare onde meglio reprimere il brigandaggio io vi dirò francamente, che ciò che vi è di meglio a fare, è di non più parlarne. lo ho l'intima convinzione, che fino a quando i Francesi staranno a Roma non si adatteranno mai a sottoscrivere né una convenzione né un accordo qualsiasi, e insistendo, noi avremo una nuova ripulsa, e offeso il Generale Montebello ne sentiremo grave danno nei nostri rapporti aUe :frontiere, che sono ora ottimi, grazie alla moderazione non disg,iunta di fermezza e dignità colla quale abbiamo riuscito a cattivarci la stima e amicizia dei F·rancesi. Mi rincresce che il GeneraJ.e La Rovere persista ad incolpare il Generale Montebello, per non aver saputo impedire l'entrata sul nostro territorio della banda Stramenga, ma noi che sappiamo come i briganti riescano a infiltrarsi fra le truppe nostre ben altrimenti numerose che le Francesi, non possiamo fargliene colpa, e mi sembra anzi che dobbiamo esser grati a quel Generale, il quale mentre pendeva ancora molto incerta la questione dell'Aunis, ci rimetteva alcuni briganti, e altri ne faceva arrestare e condannare dai tribunali militari tra cui Durolza Stramenga.

Ma voi mi raccomandate particolarmente la questione politica. Vi curate meno, a quel che pare, della reale cooperazione dei francesi, che delL'effetto morale che produrrebbe un atto che ribadisca nelL'opinione pubblica H nostro accordo colla Francia. Scusatemi, ma io non capisco come da una convenzione

-o altro patto di simil genere, ne possa ridondar una gran soddisfazione alla pubblica opinione. Senza curarsi dei .frementi che comunque si faccia strilleranno sempre, mi sembra che i buoni Italiani veri patrioti, debbano anzi dolersi di qualsiasi accordo solenne che possa lasciar credere che questo stato di cose (cioè l'occupazione francese a Roma) debba se non indefinitivamente almeno a lungo durare. Quantunque nella vostra lettera non mi parliate del discorso della Corona, io posso credere che siete anche preoccupato del rimprovero che vi potrebbe esser fatto in Parlamento, di aver per bocca del Re

promessa una cosa che non si è ottenuta. Se ciò potesse accadere, trattandosi massima della parola reale, io dividerei interamente la vostra preoccupazione. Ma che cosa dice in sostanza il discorso della Corona? La Francia riconosce ta opportunità di accordi militari ed è pronta a stabilirli. Io non vedo in questa frase nissuna promessa di convenzione e quanto agli accordi, possono essere presi per iscritto o verbali, e voi potete sostenere benissimo che questi accordi ebbero luogo e che ne sono una prova i molti briganti arrestati e condannati dai Francesi e quelli che ci furono rimessi, non che gli ottimi rapporti che esistono fra le truppe italiane e le francesi, potendosi molto a proposito citar l'ordine del giorno recente del Generale Montebello di cui mandai ieri copia al Ministro di Guerra. Voi mi dite anche nella vostra lettera che il solo Generale Montebello si è opposto alla convenzione, ma che l'Imperatore e i Ministri francesi erano tutti disposti ad aderirvi. Siccome l'esistenza di questo disaccordo nel campo francese è avvalorata essenzialmente dalla testimonianza di Vimercati, voi mi permetterete anzitutto di dubitarne, perchè conosco da molti anni gli intimi rapporti e la illimitata devozione di Montebello per il suo Imperatore e conosco altresì da un pezzo il Vimercati vi asserisca il vero e il non vero avec ta méme aisance, per cui io non vi nascondo la mia sorpresa, che vi possiate servire in cosa importante di un tal uomo, e che prendete poi al serio quello che vi conta. Ma supponiamo ·che Vimercati abbia questa volta detto il vero, e che realmente l'Imperatore volesse la convenzione, e Montebello solo non la volesse. Credete voi che in quel caso l'Imperatore troverebbe molto generoso per parte nostra mentre è occupatissimo della questione polacca, e dopo massime il servizio che ha reso all'Italia (e al Ministero) restituendoci Cipriano La Gala e compagni, di mettersi in urto con uno dei suoi più fidi generali, che sono certo darebbe le sue dimissioni anzichè firmare un accordo qualsiasi? Nè vi tacerò d'un'aUra supposizione, per nulla improbabile, qualora il Governo francese fosse seccato, come suppongo della nostra insistenza. Voi vi !agnate, potrebbe dirci quel Governo, che la nostra cooperazione non è abbastanza efficace, noi ben lo riconosciamo, ma siccome colle poche truppe che abbiamo in Italia non possiamo fare di più, manderemo a Roma un'altra Brigata e anche una Divisione. In questo caso io lascio a voi il giudicare chi sarebbe attrapé noi o la Francia e quale ne sarebbe poi l'effetto morale di cui tanto vi preoccupate. Secondo me, permettetemi questo sfogo, ci siamo occupati anche troppo dell'effetto morale e di vanitosa soddisfazione alla pubblica opinione, e sarebbe ormai tempo di pensare seriamente al nostro interno ordinamento. Io non so come vadino le altre provincie, ma queste meridionali, nelle quali mi trovo da due anni, permettete che ve lo dica schiettamente vanno di mal in peggio. In poche settimane si sono cambiati i Prefetti di Teramo, Aquila, Reggio, Catanzaro, Lecce, di Molise e di Benevento, e altri ancora. Delle Sottoprefetture i cambiamenti sono tanti che mi è impossibile seguitarli. E come si può sperar, anche una mediocre amministrazione con tale disordinato rimutio nei pubblici funzionari? Dacchè qui mi trovo non vi è forse provincia che non abbia cambiato due o tre volte il suo capo. In buona fede non si può sostenere che tutti i nostri mali vengono da Roma. Se non mettiamo senno non andremo avanti né con Roma né senza Roma.

210"

(1) -Annotazione marginale di pugno di Visconti Venosta: « Si tratta di far precedere allo stabilimento del Consolato il riconoscimento del Regno d'Italia •. Annotazione marginale di pugno di Cerruti: « Si è scritto definitivamente •. (2) -Cfr. n. 195.
203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 29 settembre 1863.

Le Chargé d'Affaires d'Angleterre est venu avant hier me donner lecture d'une dépeche portant la date du 10 septembre et par la quelle le Comte Russell répond à la communication confidentielle que vous lui avez donné de ma dépèche du 27 Aout sur le Congrès de Franofort (1).

Dans cette dépeche le Ministre des Affaires Etrangères de S. M. B. commence par déclarer que si quelqu'une des puissances germaniques voulait faire incorporer dans le territoire de la Confédération des provinces non germaniques, l'Angleterre serait disposée à renouv,eler les protestations qu'elle a faites en 1851 dans des circonstances analogues.

Vous voudrez bien, M. le Comte, remercier Lord John Russell de cette déclaration. Ma dépèche du 25 Aout avait précisément pour but de nous assurer que les dispositions du Cabinet Anglais n'avaient pas changé à cet égard. Le caractère confidentiel de notre communication, le soin que nous avons eu de l'adresser exclusivement aux Cabinets de Londres et de Paris, ont du convaincre Lord John Russell que nous n'avions point en vue une protestation hàtive, et que le désir de nous trouver d'accord avec nos meilleurs amis et alliés était le seui mobile de notre démarche.

S. E. le Ministre des Affaires Etrangères fait remarquer ensuite que d'après la dernière rédaction du projet Autrichien la majorité des deux tiers des voix est requise pour une déclaration de guerre de la part de la Confédération. Or, camme par suite de l'art. 47 de l'Acte fina! de Vienne du 15 Mai 1820 la Confédération peut décider à la simple majorité s'il lui convient ou non de prendre part à une guerre pour des territoires non fédéraux, le Comte Russell en conclut que le danger que nous avions signalé est plutòt éloigné que rapproché par le projet de réforme autrichien.

Je dois à ce sujet faire remarquer à mon tour que ma dépeche du 25 Aout a été rédigée sur le texte primitif du projet Autrichien livré à la publicité par les journaux qui reçoivent habituellement des communications du Cabinet de Vienne. L'art. 8, tel qu'il était formulé dans les propositions communiquées à Francfort par l'Empereur d'Autriche, a soulevé de telles objections de la part des Princes Allemands, qu'il a du ,etre considérablement modifié. C'est par suite de ces discussions que la simple majorité a été changée en une majorité des deux tiers des voix. Ce fait confirme dane, loin de l'infirmer, la valeur des observations que le texte primitif m'avait suggérées.

Le Comte Russell reconnait du reste lui meme en terminant sa dépéche que l'Italie a le plus grand intéret a ce que la Confédération Germanique ne soit pas transformée de manière à perdre son caractère défensif et à devenir

une puissance agressive. Le projet Autrichien n'a pas, au moins pour le moment, des chances assez sérieuses d'ètre mis en exécution pour qu'il soit nécessaire d'entreprendre une discussion approfondie sur sa véritable portée. Il me suffira de faire remarquer que la Prusse, qui est assurément très compétente à porter un jugement sur ce point, a cru devoir demander dans ses contrepropositions, que le droit de veto lui fUt reservé dans toutes les questions de paix ou de guerre. L'institution du Directoire dans lequel l'Autriche s'est habilement menagé une majorité constante, et qui concentrerait dans ses mains toute la puissance politique et militaire de la Confédération, aurait en effet pour conséquence d'accroìtre énormément l'influence autrichienne et de lui assurer une préponderance décisive au sein du Conseil Fédéral. Nous croyons donc qu'il est de l'intérèt non seulement de l'Italie et de la Prusse, mais aussi celui de l'Angleterre de veiller à ce que la réforme de la Confédération Germanique, oeuvre pour le succès de la quelle nous faisons des voeux sincères, ne serve pas de prétexte à des projets dangereux pour le maintien de l'équHibre éuropéen.

(1) Cfr. n. 136.

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 3 ottobre 1863.

Je viens de recevoir votre rapport du 27 septembre (1) et je crois utile de vous fournir quelques éclaircissements sur la nomination d'un Chargé d'Affaires à Hambourg. Le but que le Gouvernement du Roi vise à atteilndre est avant tout d'obtenir la reconnaissance du Royaume d'Italie. Les démarches que le Comte de Launay a été chargé de faire auprès de M. de Geffcken tendaient donc principalement à nous assurer que les Villes Hanséatiques auraient accueilli sans difficulté un fonctionnaire accrédité près d'elles par le Gouvernement italien. En procédant de cette manière le Gouvernement du Roi suivait les conseils de M. Schroder qui ·a donné il y a quelque mois sa démission de Consul général, en nous engageant vivement à envoyer à Hambourg un fonctionnaire italien.

C'est le Chevalier Galateri de Genola, un de nos meilleurs officiers consulakes qui a été •successivement notre Consul Général à Odessa, et Chargé d'Affaires de S. M. au Brésil, qui aura à remplir ·ces honorables fonctions. Il sera nommé à cet effet Chargé d'Affaires de S. M. le Roi d'Italie auprès des Villes Hanséatiques, et Consul Général d'Italie à Hambourg. Deux Consuls locaux continueront à résider à Brème et à Lubeck. J'ajouterai que M. Schroder recevra à l'arrivée de M. Galateri un témoignage de la satisfaction du Gouvernement du Roi pour le zèle avec le quel il a rempli jusqu'ici ses fonctions.

Ces éclaircissements vous mettront en mesure de répondre à toutes les questions que M. de Geffcken pourrait vous adresser, et de vous assurer en meme temps qu'aucune objection ne sera faite au titre de Chargé d'Affaires d'Italie. Vous pourrez aussi demander au Ministre des Villes Hanséatiques si

M. Galateri doit etre porteur d'une lettre de créance pour chacune des trois Villes Hanséatiques, ou s'il doit ètre accrédité par une seule lettre auprès des trois Villes. Il recevra en outre une Patente de Consul Général pour Hambourg.

Il serait à désirer que M. Galateri piìt se rendre à sa destination avant le commencement de l'hiver. Veuillez donc me faire connaitre au plus tòt les réponses définitives de M. Geffcken...

(1) Cfr. n. 201.

205

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, PERUZZI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 3 ottobre 1863.

Malgrado l'interruzione dei rapporti diplomatici colla Corte Romana, un Abate Tortone Cancelliere della Nunziatura, continuò sinora a ricevere e spedire corrispondenze ufficiali, a rilasciar passaporti ed apporre il visto su questi documenti. Finchè esisteva a Roma un Consolato generale di S. M. il Ministero degli Esteri tollerò ·tacitamente che anche a Torino esistesse una Cancelleria della Nunziatura. Ma dopo il rinvio da Roma del Conte Teccio non pare opportuno che un Agente il quale non ha carattere officiale di alcuna specie continui nell'esercizio di simili funzioni. Il sottoscritto è perciò d'avviso che per cura del Ministero dell'Interno sia fatto conoscere all'Abate Tortone non poterglisi permettere d'ora in poi di esercitare funzioni di qualsiasi genere in nome e per conto della S. Sede.

206

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (AP)

L. P. Pietroburgo, 5 ottobre 1863.

Ricevo la tua lettera (1) in cui mi parli a lungo dell'attuale posizione e te ne ringrazio. In breve ci rivedremo ed a voce potremo più lungamente e più chiaramente spiegarci.

Intanto non posso a meno di farti osservare che noi partiamo da un punto diametralmente opposto nei nostri raziocinii. Tu credi necessaria l'alleanza

francese; ti preoccupi di conservarla, di rivederla salda ed efficace: io mi preoccupo invece della necessità dell'Italia di sciogliersi con un atto indipendente dalla tutela francese. In Italia vi fate delle illusioni; nessuno crede alla nostra potenza, nessuno ci prende al serio. È una dura verità.

Io non ti consiglio certamente di rompere colla Francia a visiera scoperta. No! domando al mio Governo un atto che generi in tutti il convincimento che noi seguiamo una politica nostra, esclusivamente nostra. E per noi quest'atto è indispensabile. Io credo che bisognerebbe ottenere dalla Russia, dalla Prussia, dall'Inghilterra il riconoscimento dell'Italia come sesta grande Potenza. Non si può tentare fino a tanto che essa sarà considerata come un duplicato della Francia.

Tu stesso mi dici che l'Imperatore non è ora in disposizioni molto favorevoli all'Italia. Vuoi tu sapere ciò che io credo? Ch'egli non ci rispetta abbastanza perchè non ci teme. Egli è come un marito che trascura sua moglie onesta, perchè sa che ad ogni modo gli resterà fedele. Destate la gelosia della Francia, e continuando ,l'allusione, ·chiudete la stanza nuziale in faccia al marito.

Mio Dio! che meraviglia della freddezza della nostra alleata, se alla Camera Ministri e Deputati da quattr'anni non fanno che ripetere che l'alleanza francese è necessaria! Stava bene l'indomani di Villafranca in cui la spada di Napoleone ci proteggeva sul Mincio; ma ora l'Italia la proteggono i cannoni di Somma.

Perchè, p. e. nella questione dei Conventi vi ponete voi subito dal lato della Francia, quando la lettera dei trattati dà ragione all'Inghilterra? Io non esamino la questione che dal lato del diritto e per me è fuori di dubbio che il Trattato di Parigi dà ragione alla Porta.

Sapete che cosa si dirà? La Francia ha parlato, l'Italia obbedisce! Quando mai cesserà di pesare sopra di noi questo eterno rimprovero che ci umilia, e che toglie ogni autorità ai Rappresentanti d'Italia all'estero?

Non credere che io spinga all'alleanza russa; leggi gli ultimi miei dispacci; voglio anzi l'alleanza francese; ma credo che d ... (1) mostrando un pocolino che i nostri denti sono cresciuti, e non sono più di latte.

In quanto all'idea del Congresso, ad onta di tutti ragionamenti che tu mi fai, persisto nella mia convinzione.

Telegrafai due mesi fà che Napier aveva fatto una memoria al suo Governo per provargli che un Congresso Generale solo poteva sciogliere ogni difficoltà e far sì che la guerra si evitasse decorosamente per tutti. Russell rispose rifiutando. Sai tu che cosa mi diceva Napier? Su questo terreno l'opinione pubblica forzerebbe il Ministero inglese a capitolare. Voi non capite l'importanza, scusatemi, di questo appello all'opinione pubblica.

Minghetti pensaci: tu puoi essere il Cobden di questa grande idea che può rigenerare il mondo. Stesi alcune idee in proposito che ti comunicherò al mio arrivo.

(1) Cfr. n. 197.

(1) Manca; probabilmente: guadagneremmo.

207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 6 ottobre 1863 (1).

Qualche tempo fa il Signor Ministro di Francia è venuto a darmi lettura di un suo dispaccio nel quale S. E. il Signor Drouyn de Lhuys esamina una memoria che il Principe Couza ha fatto consegnare ai rappresentanti delle Potenze Garanti in Costantinopoli per proporre profonde modificazioni alla presente costituzione dei Primcipati Uniti di Moldavia e Valacchia ed annunciare intanto la risoluzione sua di sospendere per cinque anni la Assemblea Legislativa e sostituirvi un consiglio di Amministrazione composto di membri nominati dal Principe ed il cui mandato dovrebb'essere rinnovato annualmente. Per qualche incidente del quale non ho ricevute ancora suffi·cienti spiegazioni da Costantinopoli, ma che non voglio Cl'edere provenga da una omissione intenzionata dell'Agente del Principe presso la Porta; quella memoria non era stata rimessa alla Legazione di S. M. e dovetti ricorrere alla cortesia del Signor di Sartiges per averne comunicazione. Essendo molto voluminosa, la brevità del tempo mi costringe a non trasmetterne per ora alla

S. V. Illustrissima che un estratto delle parti più essenziali, quelle, cioè, in cui sono formulati i disegni del Principe Couza.

Se la situazione politica dei Principati non è forse cosi turbata e così pericolosa come lo accenna il Principe è fuor di dubbio che dessa presenta gravi inconvenienti ·che meritano l'attenzione delle potenze.

Il Governo del Re è persuaso per parte sua che una qualche riforma alla costituzione in vigore sarebbe necessaria per ottenere che le gare dei partiti traducendosi con troppa vivezza nella rappresentanza nazionale impediscano il regolare andamento della .cosa Pubblica e rendano soverchiamente difficile l'accordo indispensabile fra i poteri dello Stato.

Sin da quando avvenne la doppia ~lezione e la conferma del Principe Couza fu soppressa la Commissione ·centrale di Pesani e le due assemblee dei Principati furono riunite in una sola, il Governo di S. M. aveva manifestato il timore che il potere legislativo essendo ·concentrato in una sola assemblea ne sorgessero facilmente conflitti fra di essa ed il Principe, ed aveva per conseguenza espressa l'opinione che ad evitare urti troppo diretti fra quei due poteri fosse conveniente l'istituire un corpo intermedio il quale per la natura della composizione sua valesse a moderare l'azione degli altri due poteri, e porgere mezzo di stabilire la buona armonia fra di loro. E l'esperienza ha dimostrato la giustezza di queste previsioni (2).

Quanto all'altra essenziale riforma cioè all'abbassamento del censo elettorale per l'elezione dei Deputati, ci sembra essa pur degna di venir presa in considerazione, importando certamente che si possa introdurre nella Ca

mera un numero maggiore di deputati presi dal ceto medio ed anche dal ceto dei contadini, per scemare così il numero e l'influenza dei rappresentanti usciti dalle file dei grandi proprietarj, dei Bojardi la cui ostilità contro il Principe ed i Ministr,i pare dettata piuttosto da pressanti ambizioni che dagli interessi del paese. Ma quando per una conveniente riforma della legge elettorale, si potesse, come noi crediamo, ottene11e una rappresentanza che veramente esprimesse i bisogni ed i voti della nazione noi non potremmo reputare, nè conforme ano spirito delle ~stituzioni liberali delle quali le Potenze han voluto dotare i Principati, nè confa,cente agli interessi ed alla quiete di quel paese che i poteri della Camera fossero ridotti a ristretti limiti, come potrebbe desiderarlo il Principe.

Del rimanente queste come le altre meno importanti riforme designate dal Principe hanno bisogno di essere attentamente studiate perchè veramente corrispondano allo scopo che solo a parer nostro debbono prefiggersi le Potenze, di assicurare cioè ai Principati una stabile tranquillità ed un ordinato progresso nelle vie dell'incivilimento. Per parte sua il Governo del Re è disposto a concorrere colle altre potenze garanti a questo esame, e non mancherà di recarvi ad un tempo ,e la maggiore sollecitudine ed il più sincero spirito di conciliazione.

Il Principe Couza però dichiara nella sua memoria, che egli non crede poter aspettare nè la decisione delle Potenze, nè il compimento delle ideate riforme, e vorrebbe sin d'ora e di sua propria autorità adottare provvedimenti che muterebbero radicalmente la costituzione del paese o piuttosto la sopprimerebbero per un dato numero di anni.

Esso vorrebbe insomma con un colpo di stato assumere una specie di assoluta dittatura, giacchè il Consiglio Amministrativo quale verrebbe da lui proposto dipenderebbe necessariamente da' suoi voleri e non avrebbe nè propria iniziativa, nè propria azione.

Ho appena d'uopo notare. Signor Cavaliere, ,che i principj professati dal Governo di S. M. ed un coscienzioso apprezzamento tanto degli interessi generali della Politica europea, come degli interessi dei Principati Danubiani non gli consentirebbero di incoraggiare il Principe in questi suoi divisamenti.

Le istituzioni che reggono i Principati sono consacrate da solenni convenzioni che le Potenze da cui sono firmate hanno il diritto ed il dovere di non lasciare alterare se non che mediante il consenso, ed in quella misura che da esse fosse giudicata necessaria.

Quanto avviene nei Principati dimostra d'altronde come i consigli e l'ingerenza collettiva dell'Europa possano riescire necessari per moderare ed il Principe e le popolazioni, ed impedire così che risoluzioni precipitate facciano nascere complicazioni pericolose non solo per quel paese ma per la pace europea.

Noi non vediamo infine motivi abbastanza gravi per supporre che il Principe non possa aspettare le decisioni delle Potenze e l'applicazione di quelle riforme che ben esaminate tutte le cose esse reputassero convenienti.

Per contro noi temiamo che un'aperta violazione della Costituzione mettendo il torto dalla parte del Principe accrescerebbe le forze dei partiti che gli sono avversi, e lo priverebbe di quell'appoggio che ora egli sembra trovare nella massa delle popolazioni.

Il Governo di S. M. Imperiale avendo fatto manifestare il desiderio di conoscere il modo di vedere del Governo del Re sovra le proposte del Principe Couza, autorizzo la S. V. Illustrissima ad esprimersi in questo senso. *Ella potrà aggiungere ehe se, giusta la proposta che il Gabinetto Inglese sembra avere l'intenzione di mettere innanzi, una conferenza deve radunarsi in Parigi per esaminare le modifkazioni che sarebbe opportuno d'introdurre nella Costituzione attuale dei Prindpati, noi siamo disposti a cooperare dal canto nostro a far sì che cessino in modo legale e conforme ai trattati gli inconvenienti sui quali il Principe ha richiamato l'attenzione delle potenze segnatarie del Congresso di Parigi * (1).

(1) -Una prima stesura di questo dispaccio, con alcune varianti, era stata redatta in data 13 settembre. · (2) -Qui seguiva, nella prima stesura, un piano circa la proposta di istituire una Camera alta.
208

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 22. Pietroburgo, 7 ottobre 1863 (per. il 13).

Ho ricevuto il di Lei dispaccio in data 26 settembre (2) in cui Ella mi porge alcuni schiarimenti intorno ai motivi che La indussero a spedirmi il dispaccio telegrafico in cifra del 4 Settembre (3).

Gli avvenimenti hanno confermato le mie previsioni, ed io divido pienamente il di Lei giudizio sugli ultimi dispacci del Principe Gortchakow.

Mi permetto soltanto di rettificare una frase in cui Ella afferma ch'io ammiro il risoluto ed eloquente linguaggio del Ministro Russo, mentre io non ho, credo, finora formulato alcun giudizio sulle ultime sue note.

A completare però le informazioni ch'io già Le diedi su codesta dolorosa questione polacca, credo opportuno renderle conto dell'ultimo abboccamento ch'ebbi col Vice Cancelliere.

Egli medesimo trasse in campo la questione dicendomi che sapeva ,ch'io avea biasimato gli ultimi suoi dispacci.

Non so chi gli avesse riferito questo fatto, ma senza esitanza, gli risposi ch'io non avea biasimato la forma de' suoi atti, ma che ne avea negato l'opportunità e ch'io credeva ch'Egli non avesse tenuto conto della dignità nazionale della Francia.

Voi dunque stimate, mi soggiunse egli, ch'io abbia commesso • une maladresse diplomatique? ». Gli risposi:

Non giungo a tanto perchè io non sono a sufficienza addentrato nei misteri della vostra politica, ma permettetemi ,ch'io vi dica che se a primavera volete la guerra, avete agito logicamente; ma se invece non desiderate dar di piglio aHe ,armi, avete ,commesso un errore, perchè come la Francia e l'In

ghiUerra si lusingavano invano di vincere diplomaticamente Ia Russia umtliandola, così voi non calmerete le ire delle Potenze Occidentali gettando sdegnosamente ad esse un guanto di sfida.

Il Principe mi ringraziò della lealtà delle mie parole; ma egli rispose che le massime svolte nel • memorandum • francese erano tali che la Russia non poteva sanzionarle col silenzio. Mi rincrebbe di dover prendere la parola, ma vi sono stato costretto, ed io non credo che questo fatto possa peggiorare la situazione. Se a primavera non abbiamo vinta l'insurrezione e non abbiamo iniziato in Polonia le riforme liberali, avremo l'intervento forestiero ad ogni modo. La franchezza delle mie parole non lo affretterà di un giorno, nè aumenterà la probabilità di esso; ma s'io avessi taciuto, a primavera noi saremmo stati in condizioni meno favorevoli di quelle in cui noi siamo dopo la pubblicazione di questi atti.

Il silenzio avrebbe agghiacciato lo slancio nazionale, il linguaggio del Governo lo ha invece rinvigorito.

Noi dobbiamo contare innanzi tutto sul concorso pieno del paese e qui, con un entusiasmo strano in un vecchio diplomatico, soggiunse: Bisogna che prepariamo il paese ad ardere Pietroborgo se sarà necessario!

Io non potei a meno d'osservargli ch'egli avrebbe potuto ,confutare le massime poste in campo dal Governo Francese senza ricorrere ad alcuni argomenti che non valgono che ad avvelenare la questione. Credo che la vostra causa avrebbe guadagnato, continuai io, se il vostro linguaggio fosse stato meno ironico e se non avesse punto l'amor proprio francese con allusioni che suonano amare a quella grande nazione. Voi con esse non avete offeso l'Imperatore, avete offeso il popolo e l'armata francese.

Egli mi rispose subito:

La Russia non si offese delle allusioni fatte alle due sue più grandi disfatte, ad Austerlitz ed a Friedland, perchè la Francia s'offenderebbe delle allusioni ch'io feci al 1815?

Replicai osservandogli che le Note non erano un fatto isolato e che il complesso degli atti del Governo Russo era tale da offendere la dignità delle Potenze Occidentali. Non iscompagnate Principe, la Nota ed il • memorandum • dai recenti decreti del Generale Berg in Polonia. Voi sapete ch'io ho sempre coi miei dispacd e colle mie pa,role attenuato i rigori russi; ma oggi io non posso tacere. Il Decreto del Direttore di polizia di Varsavia è tale ch'io non rammento aver letto un simile nell'istoria d'alcun paese; e vedendo che il Principe voleva interrompermi, m'affrettai di continuare: So ciò che voi volete dirmi: che l'Imperatore Napoleone I ha arso un villaggio in Italia perchè si era sollevato; che l'Austria ha commesso orrori in Ungheria; queste cose io so, ma ebbene l'Austria non governa l'Ungheria, essa vi si accampa; col vostro sistema in primavera avrete soggiogata la Polonia, ma non la governerete; vi accamperete sulle deserte sue terre ,ed io sono sicuro, Principe, che nella vostra coscienza non potete giustificare gli atti d'un Governo militare.

• Io ho nulla da giustificare, mi rispose il Principe alteramente; ma posso fornirvi delle spiegazioni. In primo luogo le minaccie contenute in quegli atti difficilmente si attueranno e voi sapete che il cuore dello Tsar è umano e ,che la pietà vince in lui il rigore; ma quegli atti erano necessari per attenuare l'effetto ohe .produce negli insO'l'ti ,la ,tacita alpprQIVaziOtne ohe J.'Europa dà col suo silenzio agl'assassinii del Comitato Nazionale. Le Potenze Occidentali sole sono responsabili del sangue che si sparge in Polonia; è la loro colpevole annuenza che arma la mano de' sicarii e sorregge le braccia ,che scagliano le bombe Orsini. E potete meravigliarvi che i Cosacchi i quali amano il loro Generale ed i loro cavalli, furenti che quegli fosse stato fatto segno d'infame attentato, che questi fossero caduti vittime delle bombe, abbiano saccheggiato il palazzo? Ebbero torto certamente; ma infine è facile spiegarsi l'esaltazione militare •.

Risposi: io di ciò non faccio ,colpa al Governo russo, con voi divido pienamente l'orrore pegli assassinii; ma ciò ch'io biasimo non è il non aver saputo frenare l'esaltazione militare; ma l'aver l'indomani legittimato quel fatto pubblicando i Decreti di ,cui vi ho parlato. La legge deve essere giusta; e se le passioni selvaggie d'un popolo possono trovare scusa, nulla, a mio avviso, può iscusare un Governo che fa della legge uno strumento di vendetta. Sapete che cosa impedì l'Europa di commuoversi pell'attentato del Comitato polacco contro il Generale Berg? è il rumore delle mobiglie gettate dalle finestre; è la voce che bandiva a Varsavia decreti che la civiltà non può che biasimare e condannare.

Il Principe mi rispose essere buone queste teorie in tempi normali; ma

che ora in Polonia l'insurrezione poteva vincersi solo col ferro e col fuoco;

che noi avevamo fatto e facevamo il medesimo nelle provincie napolitane.

Non Le nascondo, Signor Ministro, che la mia risposta sopra questo argo

mento fu fiacca; perchè io ho sempre altamente dubitato dell'efficacia del

sistema di rigore applicato al già reame delle Due Sicilie. Non lasciai però

finire il discorso sopra quest'argomento senza osservare al Principe che la

migliore e la più savia risposta agli atti del Comitato di Polonia era il discorso

dell'Imperatore in Finlandia. Che la Russia risponda sempre in quel modo

nobile e liberale ed io sarò sicuro che l'opinione pubblica si schiererà dal

suo canto.

Corsero pure fra me ed il Principe alcune parole sull'alleanza francese.

Egli tornò a ripetermi ch'egli desidera l'alleanza coll'Imperatore Napoleone

e che crede che gl'interessi nazionali finiranno nell'avvenire per vincere i

pregiudizii che oggi dividono i due paesi. Avendogli poi io detto che partiva

pell'Italia e che passava per la Francia, soggiunse: se vedete l'Imperatore,

ditegli ch'io sono sempre quel medesimo ch'egli ha conosciuto; ch'io non muto

le mie convinzioni; ,ch'egli, uomo di genio, s'è lasciato allucinare dal Drouyn

de Lhuys che gli ha promesso l'alleanza Austriaca. Ditegli che quest'alleanza

è un falso • mirage •, ch'egli non l'otterrà mai, ch'egli si troverà isolato, che

avrebbe dovuto rammentarsi che il suo più fedele alleato era la Russia e che

questa in 10 anni di regno glielo avea più volte provato.

Colsi allora il destro per chiedergli quali fossero state le pratiche del

Conte di Goltz a Parigi. Mi disse che questi avea agito di suo capo, che la

Russia nulla poteva concedere in Polonia, che l'Imperatore Napoleone avrebbe

dovuto trovare una parola di biasimo pegli atti feroci commessi dagli insorti;

che avrebbe dovuto separare la causa della Francia dalla causa degli assassini.

!9 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Ed avendogli io osservato che forse in un Cong,res,so Generale la Russia avrebbe potuto conciliarsi colla Francia: • Ceci est toujours votll"e vieille histoire », mi disse egli; ma io gli soggiunsi: la vecchiaia è sempre assennata. Avete ragione, replicò, questa è la sola soluzione pratica, non sarà mai la Russia che si opporrà, ma l'Austria vi farà opposizione con tutti i mezzj che sono in suo potere.

Io non aggiungo commenti a questo l).mgo colloquio: soltanto, Signor Ministro, non posso negarle che mi fece dolorosa sensazione la pubblicazione nel Monitore francese del Manifesto del Comitato Nazionale. Se la Francia è disposta a fare la guerra non v'ha nulla a ridire; ma, se essa non intende uscire dai mezzi diplomatici, quella pubblicazione è una colpa. L'insurrezione troverà in essa argomento a sperare e nuove vittime cadranno uccise dal ferro Russo.

Non posso poi tacere a V. E. che qui corrono le più strane voci sui progetti del Governo Russo. Affermano alcuni che si vogliono sequestrare sotto pretesto di utilità pubblica i beni della Nobiltà e rivenderli a proprietari Russi: si pretende da altri che fu consigliato di trasportare in massa gl'insorti polacchi nelle provincie russe e di popolare la Polonia coi servi russi emancipati. Io non credo alla piena verità di queste cose, certo è però che il partito militare è padrone della situazione e che violenza spirano tutti i recenti atti del Governo Russo.

Il Console Inglese in Polonia scrive che l'insurrezione è all'agonia; l'occupazione de' Conventi pose in mano del Governo i torchi coi quali il Governo Nazionale stampava i suoi proclama.

In quanto a me credo che l'insurrezione sarà apparentemente vinta, a meno che le Potenze occidentali non la favoriscano; ma credo che il Governo Russo si troverà a fronte d'insormontabili difficoltà in primavera.

Accomi,atandomi dal Principe chiesi mi volesse perdonare la brutalità delle mie parole; egli cortesemente, pigliandomi per mano, rispose: Spero che le mie avranno attenuate le vostre sinistre impressioni. Al che io: no, Principe, sono peccatore impenitente ed amo troppo la Russia e voi per non continuare ad essere altamente afflitto di quanto qui succede.

(1) -Il brano tra asterischi mancava nella prima stesura. (2) -Cfr. n. 198. (3) -Cfr. n. 163.
209

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 184. Parigi, 10 ottobre 1863 (per. il 13).

Appena tornato a Parigi mi recai da questo Ministro Imperiale degli Affari Esteri per essere informato di quanto era succeduto durante il mio congedo in ordine aHe negoziazioni relaUve alla questione polacca. Il Si,gnor Drouyn de Lhuys mi pose subito al fatto della posizione presente. Risulta da quanto

S. E. mi disse, che dopo la risposta del Principe Gortchakoff, non vi fu altro scambio di comunicazioni tra la Russia e le tre Potenze. Quando il Barone di Budberg rimise la risposta del Gabinetto di Pietroburgo nelle mani del Signor Drouyn de Lhuys, questi si limitò a dirgli che avrebbe messo questo documento sotto gli occhi dell'Imperatore. Quindi il Signor Drouyn de Lhuys scrisse ai rappresentanti di Francia a Vienna e Londra, incaricandoli di far conoscere ai Governi presso cui sono accreditati che la risposta russa non era, agli occhi del Governo francese, soddisfacente, e che essa aveva prodotto una sfavorevole impressione sull'animo dell'Imperatore Napoleone. Posteriormente il Conte Russell fece comunicare al Signor Drouyn de Lhuys un dispaccio in cui era detto ·che il Governo Inglese, in seguito alla risposta del Gabinetto di Pietroburgo, era disposto a considerare la Russia come decaduta dai diritti che le attribuivano sulla Polonia i trattati del 1815, le cui clausole erano state violate dal Governo dello Czar. Una comunicazione identica fu fatta dall'Inghilterra all'Austria. Il Signor Drouyn de Lhuys ri<:pose che il Governo Francese trovava giusta questa opinione del Gabinetto di Londra, alla quale perciò non aveva difficoltà a fare adesione.

A questo punto stanno ora le cose, e non pare che altre ·comunicazioni siano per iscambiarsi in questo momento.

È quindi probabile che la posizione non si presenterà mutata all'epoca dell'apertura del Corpo Legislativo :che ha luogo ai primi giorni di Novembre, verosimilmente il 6. In questa circostanza saranno pubblicati dal Governo Francese, nel libro giallo, i documenti diplomatici relativi a questa vertenza; sarà inoltre pubblicata, secondo il solito, un'esposizione, che conterrà un sunto storico dei fatti e le ragioni giustificative della condotta del Gabinetto francese relativamente alla questione polacca.

Queste ragioni si possono presumere fin d'ora. La questione polacca, dirà il Signor Drouyn de Lhuys, non è una questione francese, ma una questione europea. La Francia non ha nè il diritto, nè il dovere di risolverla da sè sola. L'Europa intiera ha un eguale interesse alla soluzione. L'Austria e l'Inghilterra vi hanno un interesse anche maggiore di quello che v'abbia la Francia, l'una per la sua contiguità al focolare dell'insu11rezione e per la possessilone della Gallizia, l'altra per gl'imbarazzi che la Russia può crearle sul Mar Nero, sui confini del'Impero Ottomano, e nei possessi dell'ultimo Oriente. La Francia pigliò arditamente l'iniziativa per convocare J'Europa intiera a esercitare una benefica pressione sul Gabtnetto Russo. Convocò più specialmente l'Austda e l'Inghitlterra a presentare delle Note identiche e collettive alla Russia, e in caso d'insuccesso dei tentativi diplomatici non esitò a mostrarsi pronta ad un'azione coattiva, ma esercitata in comune dalle tre Potenze. L'Austria e l'Inghilterra si rifiutarono alle note collettive ed all'azione comune. La Francia ha fatto il dover suo. Non ha il dovere, ·come non ha interesse, ad arrischiarsi da sola in un'impresa che è d'un interesse europeo. Non eserciterà quindi un'azione isolata, non farà la guerra da sè sola, cioè a dire scompagnata dall'Austria e dall'Inghilterra. Certamente duole alla Francia il sangue polacco ·sparso dal ferro Moscovita, ma le nazioni chiamate a ricuperare la loro indipendenza devono subire tutte, in proporzioni più o meno grandi, queste prove dolorose. Intanto la questione polacca ha fatto un progresso considerevole.

Questa medesima questione di cui tempo fa l'Austria non voleva intender motto, che appena appena eccitava presso il Governo Inglese qualche espressione di platonica commiserazione, ora è riconosciuta da tutta Europa come questione d'interesse europeo. Quegli stessi trattati del 1815, che l'Inghilterra con evidente ripugnanza della Francia, invocava recentemente come base e punto di partenza dei negoziati, sono ora dalla medesima Inghilterra considerati come scaduti e nulli per rispetto ai diritti che essi davano alla Russia sulla Polonia.

Queste sono le principali ragioni che il Signor Drouyn de Lhuys farà valere a difesa della politica del Governo francese. Esse hanno senza dubbio molta gravità. Ma non devo celare all'E. V. che una parte considerevole degli elementi che formano l'opinione pubblica di questo paese, poco se ne contenta. Gli organi di questo partito oppongono alle argomentazioni del Governo, che se questi prevedeva che l'Austria e l'Inghilterra non avrebbero consentito, come del resto hanno dichiarato fin da principio, ad abbracciare una politica d'azione coattiva e comune, e se d'altro lato era deciso a non gettare la Francia sola in balia delle avventure d'una guerra intrapresa senza il concorso dell'Austria e dell'Inghilterra, non doveva impegnar la Francia così a fondo nell'azione diplomatica ed esporla cosi ad uno scacco per ogni verso deplorabile. Invece, dicono essi, colla politica attuale si mtse la Francia nella dolorosa alternativa di subire un'umiliazione ed un affronto per parte della Russia, ovvero di esporsi ai gravi e certi pericoli d'un'azione isolata; il sangue polacco sparso a torrenti, l'ostilità della Russia, la Francia insultata e chiarita impotente, la fallita alleanza dell'Austria e dell'Inghilterra, ecco, soggiungono, i frutti della politica imprevtdente del Governo Imperiale.

210

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1296. Berlino, 11 ottobre 1863, ore 14,24 (per. ore 16,10).

Les villes hanséatiques recevront avec plaisir le chargé d'affaires d'Italie. Le sénat désire qu'on ne leur notifie pas officiellement le nouveau royaume et qu'on se contente de la reconnaissance de fait. Faut-il insister pour qu'ils reçoivent le communication officielle?

211

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 11 ottobre 1863.

L'improvvisa determinazione di mandar Sartiges a Roma (1) fu presa ieri l'altro a sera, ed ec,co come. Da qualche tempo era stato risolto che il Barone Gros lascierebbe il posto di Londra, al quale si voleva destinare un

diJplomatico più abile e più influente. Si pensò per un istante a Wa:lewski, come Ella seppe a suo tempo. Ma quest'idea fu subito abbandonata per gli inconvenienti gravi che recava con sé la nomina di un personaggio così apertamente compromesso per la Causa polacca. Allora si pensò a La Tour d'Auvergne il quale aveva più volte e recentemente ancora manifestato molta ripugnanza a tornare a Roma, ove si trovava in una posizione molto sgradevole. La Tour d'Auvergne interpellato, se accetterebbe il posto di Londra, rispose che consentiva con piacere. Rimaneva a provvedere pel posto di Roma. Il Signor Drouyn de Lhuys, dopo H Consiglio dei Ministri ·che ebbe luogo avant'ieri, rimase coll'Imperatore, e si misero entrambi a percorrere la lista del Corpo diplomatico. Dopo averla sfogliettata per un pezzo non trovaron nulla di meglio che Sartiges, al quale non si era menomamente pensato. Così fu presa la risoluzione. Pel posto di Torino la scelta era meno difficile. Malaret era indicato naturalmente. Si era pensato già a lui l'anno scorso, quando si mandò Sartiges. Egli desiderava da un pezzo il posto di Torino e l'aveva chiesto. Fu dunque risoluta la sua nomina. Malaret fu primo Segretario a Londra qualche anno fa. Poi fu mandato Ministro ad Annover, poi a Bruxelles, ove ora si trova. È uomo intelligente e di spirito; di maniere affabili, cortese; Benedetti che ho interpellato mi dice che non farà imbarazzi e che è troppo intelligente per non cercar di farsi a Torino una buona posizione. Benedetti aggiunge che quantunque appartenga ad una famiglia nota per tendenze clericali, egli è personalmente spregiudicato, e crede che questa nomina è buona per noi. Questo giudizio ha un gran peso ai miei occhi, perchè viene da un uomo che conosce profondamente tutto il personale diplomatico francese, e che certo non ha parzialità per chi appartiene al Partito clericale. Anche Fould mi ha detto bene di Malaret. La Signora Malaret appartiene alla famiglia dei Ségur, nido di legittimismo e di clericalismo. Fu Dama di Palazzo. Le sue idee sono pretine, come quelle di tutte le donne qui. Ma è galante, e quindi la si può facilmente neutralizzare, usandole ·cortesie e riguardi. Fu particolarmente distinta dal Re quando S. M. fu in Parigi. Essa ne fu lusingata, e non seppe tanto celare la sua soddisfazione che non fosse notata in Corte. Le parlo di ·cose che sono qui note abbastanza.

La nomina di Sartiges a Roma implica essa l'intenzione nel Governo francese di ripigliare le trattative sulla Questione Romana? Ecco la domanda che io feci a Drouyn de Lhuys piÒ per iscarico di coscienza che per alcuna speranza che io ne avessi. Certo i precedenti di Sartiges non conducono a tale induzione. Drouyn de Lhuys infatti mi rispose che questa nomina eJJa stata provocata unicamente dalla necessità di provvedere al posto di Roma, e dalla deficenza d'un Ambasciat01re disponibile. C'est une affa.ire de ménage intérieur, mi disse egli. Soggiunse però: questa nomina non implica la ripresa dei negoziati ma non l'esclude, anzi può fornirne l'occasione. Malgrado però quest'ultima frase è evidente che l'invio di Sartiges a Roma significa che si vuoi procedere nello statu quo. Montebello (il Generale) verrà in congedo a Parigi. È malcontento della posizione che ha a Roma, e vorrebbe non più tornarvi. Lo domanderà all'Imperatore. Ma non so dirLe se l'Imperatore consentirà a sostituirlo. In ogni caso (e dico ciò con molto rincrescimento) non prevedo che si muti l'indirizzo della politica francese a Roma.

Vengo alla questione Polacca. Le scrissi d'ufficio (1) indicandole il linguaggio che tiene in questo momento il Signor Drouyn de Lhuys. Questo linguaggio, dopo il mio ritorno, ha presa una tinta ancora più pacifica. L'articolo del Constitutionnet d'alcuni giorni fa è l'espressione di questa nuova fase della questione, se può chiamarsi tale. Certo è che il Governo Imperiale par ben deciso per ora a non fare altri passi, tranne quello d'associarsi all'opinione espressa da Lord Russell, secondo la quale la Russia dovrebbe considera11si come decaduta dai diritti che le danno sulla Polonia i Trattati del 1815.

Dica a Minghetti che aspetto ,le sue comunicazioni intorno al noto progetto; ma che bisogna far mettere a Palmerston i punti sugli i; cioè a dire è importante che il vecchio Lord non solo approvi platonicamente il progetto, ma si dichiari pronto ad agire per attuarlo, indicando quanti milioni e quante navi è pronto a mettere a disposizione dei futuri alleati.

Avrò la risposta sull'inchiesta per l'affare dell'Aunis. Drouyn de Lhuys me l'ha ancora ripromessa ieri.

P. S. -Il motivo per cui Drouyn de Lhuys domandò il segreto intorno alla nomina di Sartiges a Roma e Malaret a Torino si è il desiderio che ha d'evitare le recriminazioni e le domande per parte dei membri del Corpo diplomatico francese che ambiscono i due posti. Anche ciò è une affaire de ménage intérieur.

(1) La notizia era stata telegrafata dal Nigra con t. 1291 del 10 ottobre, non pubblicato.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

T. 817. Torino, 12 ottobre 1863, ore 11,30.

Il nous suffit que le consul ,général et chargé d'affaires du royaume d'Italie soit admis dans cette qualité.

213

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 12 ottobre 1863.

Ti spedirò colla presente per quel mezzo che troverò più sollecito le confidenziali (2) contenenti la conversazione che ebbi ieri con Lord Russell alla sua villa di Pembroke Lodge.

Ricevetti con grande piacere il dispaccio (3) pel quale m'informaste della risposta fatta da Lord Russell alla tua comunicazione relativa alle Conferenze di Francoforte, sembmndomi che la tua pratica in proposito non poteva avere per quanto riguarda questo Governo un miglior risultato, il che viene tanto più confermato dalle cose che troverai nella mia confidenziale d'oggi sullo stesso argomento. Provo ora il bisogno di sottometterti alcune osservazioni

che mi stanno da qualche ~tempo sul cuore. Ti ricorderai che una certa domenica mi spedisti un telegramma (1) nel quale m'ordinavi ti mandassi un riassunto officiale della conversazione da me avuta quel giorno con Lord Palmerston sulle Confere'1ze di Francoforte da pubblicarsi all'occasione. Io tolsi dalla minuta che avevo già preparata le parti che mi sembravano meno atte ad essere pubblicate, e spedii il resto (2). Ma veramente io non sarei d'avviso che quella conversazione dovesse essere comunicata al Parlamento, ed eccotene le ragioni. Tu sai meglio di me che la ~conversazione di un diplomatico con un altro membro del Governo, all'infuori del Ministro degli Affari Esteri, non può avere un carattere officiale. È bensì vero che conviene spesso discutere col Primo e per avventura anche con altri Ministri questioni di qualche importanza onde esercitare per mezzo loro maggiore influenza sulle deliberazioni del ConsigUo, ed è probabile che nel caso 'presente le comunicazioni venute da Lord Palmerston abbiano influito sulla risposta di Lord Russell. Ma tali conversazioni hanno fino ad un certo punto un carattere privato. Ed avrai osservato che dopo aver discorso dell'affare, Lord Palmerston mi chiese con istanza che ne facessi una comunicazione a Lord Russel1. Ma nel caso presente v'ha di più. Fra Lord Palmerston e Lord Russell non vi furono mai cordiali rapporti dacchè il primo fu messo fuori del Ministero da questi, e le cose che ne seguirono non erano fatte per migliorare quei rapporti. Lord Russell crede fare una concessione servendo come Ministro degli Esteri nel Gabinetto Palmerston ed è gelosissimo della sua autorità in quel Dicastero. Lord Palmerston conosce questi sentimenti del suo collega, e gli lascia spesso fare delle cose che forse non approva pienamente per non contrariarlo. In queste circostanze capirai facilmente che impressione farebbe sull'animo di Lord Russell se vedesse fra i documenti officialmente comunicati al Parlamento una conversazione del rappresentante d'Italia con Lord Palmerston. Non v'ha dubbio che egli ne pr0verebbe una impressione dispiacevole, il che sarebbe forse pregiudizievole ai ~suoi rapporti con questa Legazione.

Perdona la Ubertà che mi prendo di farti queste osservazioni, ma trovandomi in grado di vedere da presso quanta influenza quelle gelosie personali esercitano in questo paese credetti mio dovere di fartene parola, e tu ne farai naturalmente quel caso che giudicherai opportuno.

(1) -Cfr. n. 209. (2) -Non pubblicate. (3) -Cfr. n. 203.
214

IL SENATORE PASOLINI AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 361-362)

L. P. Ravenna, 14 ottobre 1863.

Sono ben dolente di non essere stato a Torino quando voi ci avete fatto una corsa: avrei voluto ripetervi quanto sia grato alle gentilezze, di cui già vi scrissi appena tornato di Parigi, e spero che vi sia giunta quella mia lettera. Ed avrei voluto ritornare un poco su i discorsi politici insieme fatti.

Vi ha egli alcuna speranza che il progetto della guerra a cinque venga fuori, e con esso lo scambio della Venezia coi Principati danubiani? Io già vi dissi come di ciò più volte e lungamente io abbia parlato con Lord Palmerston, in conversazioni però affatto private e senza alcun carattere ufficiale, e come egli mi lasciasse intravedere che, sebbene scorgesse la difficoltà degli accordi preventivi da prendersi, non gli dispiaceva il progetto in genere, e piacevagli lo scambio. E a me sembra che là possa essere la base di un sicuro e ben fondato accordo tra Francia e Inghilterra, il quale sin qui mi pare siasi cercato invano.

Ma non voglio entrare troppo in queste speculazioni politiche che vi appartengono: credo però che meco sentirete che se queste venissero seriamente considerate dalle Potenze, esse potrebbero trovarci ad un tempo la soddisfazione di interessi diversi e rimuovere grandi pericoli.

(1) -Cfr. n. 141. (2) -Cfr. n. 142.
215

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO INGLESE, PALMERSTON (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 362-363)

L. P. [Ravenna], 14 ottobre 1863.

Ritornato in patria io ho parlato più volte e lungamente col Cav. Minghetti Presidente del Consiglio delle amabili accoglienze che Ella mi fece costì, e dei discorsi tenuti 'COn grande mio diletto ed istruzione. E fra le aUre cose io diceva al Cav. Minghetti averle io (in via del tutto privata e senza alcun carattere ufficiale) proposto l'ipotesi di una soluzione della quistione polacca che si avrebbe colla guerra insieme fatta dalla Inghilterra, Francia, Austria, Italia e Svezia contro la Russia; bene determinati prima i risultati da attenersi colla guerra; e fra le altre cose nissuno acquisto territoriale per la Francia nè per la Inghilterra; e dati all'Austria i Principati Danubiani in iscambio della Venezia e se occorresse della Galizia. Io diceva al Minghetti che Ella pure scorgendo la grave difficoltà di intendersi ne' preventivi accordi, non mostrava dissentire dal progetto in genere, e accettare poi con piacere che si facesse lo scambio della Venezia quando fosse effettuabile.

Ora il Minghetti troverebbe opportuno di manifestare quei progetti all'Imperatore dei Francesi; permetterebbe Ella che si dicesse che tali idee manifestate a Lei in via privata non le dispiacquero, salvo la specialità degli accordi?

Mi pare veramente che questa espressione non la comprometta in alcun modo, che questa dimanda medesima che io le faccio, ubbidendo al nostro Presidente del Consiglio, le dimostra il rispetto e la riserva cui Ella non mi troverà mancare giammai.

Le ho scritto in Italiano, perchè mi pareva peccato non usare con Lei di una lingua che Ella conosce e adopera a meraviglia. Non le farò perdere tempo con inutili frasi; ma bisogna pure che io le dica, Milord, come la gratitudine alla sua gentilezza si accoppia nel mio

animo alla ammirazione del suo ingegno e della sua civile sapienza, e sarei felice se le riuscisse grata questa sincera espressione dei miei sentimenti (1).

216

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Lipparini, pp. 153-154)

L. P. Torino, 15 ottobre 1863.

Artom vi manda una copia dell'abbozzo di progetto ·che sapete, e vi spiega le ragioni di taluni cambiamenti.

Pasolini è pronto a scrivere a Lord Palmerston sottoponendolo al suo giudizio, e chiedendogli se può valersi della sua parola assenziente. Però· badate: è impossibile che Palmevston metta i punti sugli i come voi dite: è imposstbile che sin d'ora si impegni per i colleghi rper ·l'Inghilterra: tante navi, tanti milioni. Se è mestieri di ciò è vano continuare. Ciò che Palmerston potrà dire al più, che in massima il progetto gli aggrada, salvo a intendersi sui pun.U particolari.

Or questo medesimo, Pasolini, tutto ponderato, non avrebbe difficoltà a scriverlo a voi in lettera ostensibile all'Imperatore. E questo potrebbe darvi opportunità di parlarne a Compiègne, se come non dubito, avrete occasione· colà di intrattenervi con esso. Ove l'Imperatore persistesse nei concetti espressi col Principe Napoleone, sarebbe inutile procedere oltre: ove assentisse scriverei io stesso a Palmerston entrando allora sul vivo, e chiedendogli di fare il patrocinatore dell'impresa.

Ma il progetto ha un lato debole, è incompleto nell'ipotesi probabile che l'Austria non accetti, allora ci sono le eventualità di fare senza di lei o contro di lei: entrambe sarebbero a mio avviso rifiutate dall'Inghilterra.

Nelle mutazioni ultime v'ha anche un punto che mi rimane acerbo, quello che riguarda la nostra azione. Ma ad ogni modo esaminate le cose scrivetemene un verso.

217

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 363-364)

L. P. Torino, 15 ottobre 1863.

Abbiamo compilato il progetto, e nel compilarlo l'abbiamo modificato: l'abbiamo a di:r meglio torturato e sfrondato per renderlo più pratico. Le due capitali modificazioni sono: l) che la Galizia resterebbe all'Austria, e così si evita anche la questione della Polonia e i pericoli che la Prussia esca di neutralità. D'altronde, non.

volendo rifar la Polonia del 1772, l'aggiunta della Galizia non è più indispensabile.

2) Che la Francia e l'Inghilterra avrebbero il meno da fare restando solo a loro il compito di bloccare il Baltico e il Mar Nero, mentre l'Austria, l'Italia e la Svezia dovrebbero dare il contingente per la guerra continentale.

Il progetto, così concepito, ha egli mestieri di essere rimandato a Lord Palmerston prima che tu possa scrivere a Nigra nel senso concertato fra noi? A me par di no. Tuttavia sottopongo la cosa al tuo giudizio.

Intanto ho mandato per corriere il progetto stesso a Nigra, perchè lo esamini lui, ed ho fatto le obbiezioni, e concluso proponendogli la lettera tua a lui diretta, che sarebbe base delle sue conversazioni a Compiègne.

Tu intanto scrivimi, se credi, mandami le lettere delle quali mi servirò occorrendo. Pepoli passò stanotte. Ha visto l'Imperatore: dice avergli parlato linguaggio franco e severo. Sarà vero?

Conclusione del colloquio: che gli faccia una memoria in scritto sulla situazione; che è disgustato forte dell'Inghilterra; che accetterebbe un Congresso, anzi par disposto a proporlo egli stesso; che teme imprudenze per parte dell'Italia a primavera.

Tutto ciò riservatamente a te solo.

Il re andrà a Foggia poi a Napoli, ove farà la rivista della flotta, colla .quale tornerà sino alla ferrata maremmana. Ho riso pensando che la cosa è andata proprio come tu immaginavi, ma sono , riuscito.

(l) Dai documenti successivi risulta che questa lettera non fu spedita.

218

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Cm·teggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 365)

'T. Parigi,. 17 ottobre 1863. Déchiffrez vous meme. J'approuve le projet, mais je crois utile ne pas exclure concours militaire actif de la France et de l'Angleterre. Les contingents français et italien devraient bloquer la Mer Noire et occuper les Principautés. Les contingents Anglais et Suédois devraient bloquer la Baltique et former la gauche des forces alliées dont le centre destiné à occuper la Pologne et à soutenir le choc des forces russes serait formé par l'armée autrichienne. Je ne parlerais pas de Trieste pour le moment. Je n'adresserais pas de note à la Russie. Je proposerais de suite le traité à cinq. J'approuve beaucoup la modification concernant la Galicie. Pour le choix du Souverain de Pologne, j'admettrais !',alternative soit d'un archiduc soit d'un prince polonais librement élu par le suffrage populaire. Si nous pouvons avoir le consentement de lord Palmerston et, si nécessaire, autorisés à le fatre connaitre à l'empereur, je crois qu'un grand pas est fait. La lettre ostensible proposée par comte Pasolini me parait le meilleur moyen de procéder. Aussitòt que j'aurais cette lettre j'irais droit à l'empereur.

219

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 365-366)

L. P. Ravenna (Coccolìa), 18 ottobre 1863.

Quando mi giunse il progetto colla tua 15 corrente (l) io ti aveva già mandato le lettere per Nigra e per Palmerston (2) se te ne fossi voluto servire. Non parmi che il nuovo progetto esiga nuove lettere; questo poi ancora si fonda sulla ipotesi che l'Austria consenta, e non propone nulla pel caso che questa rifiuti. Quanto al progetto ,stesso, due cose mi permetto di osservare: l<> Mi pare strano il ridurre la Francia a fare da sentinella al blocco, e dare all'Austria la principale parte attiva della guerra; 2° Mi pare inutile lo stabilire .a priori che l'Austriaco regnerà in Polonia; perchè bisognerebbe aumentare la Russia. Se alla fine della guerra accettasse quello che nega al principio, e l'Austria andasse nei Principati Danubiani, mi pare che l'effetto della guerra sarebbe immenso pel presente e per l'avvenire. Del resto, il progetto è bellissimo; peccato che la tua base è l'Austria. Se a questa potesse sostituirsi una -entente cordiale della Francia e Inghilterra; se Nigra potesse offrire all'Imperatore di trettarla egli stesso, che cosa vuole l'uno, che cosa vuole l'altro e che garanzie si possono dare reciprocamente, dopo questo son sicuro che l'Austria verrebbe dietro e se anche non venisse si potrebbe sperare di fare senza di lei.

Quanto alle conclusioni dell'amico Pepoli, mi fa molto ridere una memoria .scritta sulla situazione; e non posso capire un Congresso nello stato attuale delle disposizioni delle Potenze; sarebbe curioso.

Qui piove ogni giorno : speriamo non sia così pel vostro viaggio che suppongo non comincierà prima del 23 novembre. Desidererei sapere proprio quando partite.

220

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 366-367)

.L. P. Ravenna (Coccolìa), 19 ottobre 1863.

Le nostre ·Comunicazioni sono così male ac.comodate che solo questa sere ho ricevuto la tua di ier,i (3), sicchè solo dimattina avrai il telegrafo che giusto il tuo ordine ti mando. Non veggo proprio difficoltà a che tu mandi la mia lettera a Nigra. Che male può esservi? Che Lord Palmerston ora dica che il progetto non gli va più; ciò è possibile; ma che maraviglia se oggi non convenisse quello che conveniva ieri?

Quanto al progetto modificato, per me sussistono le difficoltà di che ti scriveva ieri. Se poi la sostanza sta bene, de' particolari si può fare buon mercato: e perciò non dico nulla del dare quasi intera la bisogna della guerra all'Austria, cosa che io capisco poco, e spero meno; e quanto al futuro Re di Polonia sono molto disposto per quello che gli altri vogliono.

Quanto a Trieste, non se ne parli; ma Nigra ormai sa il vostro pensiero e sta bene. Sebbene creda che abbiate la copia del progetto modificato, pure rimando per ogni buon fine quella che mi mandaste.

Sono curioso di sentire il risultato del dialogo di Nigra.

Dio volesse che ti venisse il buon pensiero di fare una punta qui. Oggi finalmente abbiamo avuto una giornata splendida. Voleva anda,re a Ravenna, ma colla speranza della tua venuta aspetto qui tutta la settimana.

(l) -Cfr. n. 217. (2) -Cfr. nn. 214 e 215.

(3) Cfr. Carteggio Minghetti-Pasolini, voL III, pp. 364-365.

221

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, pp. 154-155)

L. P. Torino, 20 ottobre 1863.

Vi accludo la lettera di Pasolini per voi (1), e il progetto modificato secondo le vostre idee. In un punto solo credo inopportuno fissare fin d'ora il modo delle operazioni guerresche, il contingente, etc. etc. Capisco benissimo il motivo pel quale voi ideate l'occupazione dei Principati da parte delle armi francoitaliane, ma due gravi difficoltà mi si parano dinanzi agli occhi: lo che ciò susciterebbe sospetti e gelosie nell'Inghilterra sempre sollecita delle questioni orientali; 2° che avviverebbe in quelle popolazioni tendenze e speranze contrarie al fine che ci proponiamo. Nel disegno che avete veduto si era voluto rendere quanto si poteva meno attiva l'opera dell'lnghilterra e della Francia, per ciò che la prima rifugge dalla guerra e vede sempre con rammarico la seconda intraprenderla, temendo conseguenze inaspettate. Ma per ora sarà meglio non specificare questo punto, la·sciando ad una ulteriore convenzione il determinarlo.

Se l'Imperatore si mostrasse disposto ad accettare le basi del progetto, ma volesse un'assicurazione più positiva e più diretta dell'assenso di Lord Palmerston, Pasolini scriverà a questo, e confida di ottenere la risposta adeguata. Ma scriverne a Palmerston prima parve a noi tutti poco confacente se mai dopo ciò l'Imperatore rifiutasse per altre ragioni prima di prendere il progetto in seria considerazione. Ora la cosa è nelle vostre mani, e se voi potete riuscire sarebbe un gran trionfo.

Alcuni generali austriaci hanno gittato in campo l'idea di un congresso. Sebbene mi paia poco probabile che l'Austria faccia simile proposta bisogna pur nondimeno vigilare su di ciò. Pepoli è sempre infatuato di quest'idea, e vi

avrà narrato la sua conversazione con l'Imperatore. Io non ho mai avuto repugnanza a ciò che l'Italia lo proponesse, ma colla certezza di non fare un fiasco. E chiamo non fare un fiasco avere alcune delle grandi Potenze, la Francia p. e. che vi aderisse. Le difficoltà inoltre sono nel determinare le potenze che dovrebbero rprendervi pa·rte, e le que,stioni che sarebbe opportuno trattarvi, senza di che la proposta rimane uno sterile voto. Se voi avete una conferenza coll'Imperatore, e se vi capita il destro, potete toccar questo tasto; qualora il primo progetto che sarebbe il vero solo ed efficace, fosse messo da banda...

(1) Cfr. n. 214.

222

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 186. Parigi, 20 ottobre 1863.

Con mio dispaccio del 21 Luglio scorso (1) annunziai a V. E. che il Signor Drouyn de Lhuys mi aveva promesso di far operare un'inchiesta intorno all'imbarco di Cipriano La Gala e compagni a bordo dell'Aunis, e di provvedere perchè all'avvenire si evitasse che un legno francese conduca in un porto italiano gente facinorosa, processata per gravi reati dai tribunali del Regno.

Nel domandare quest'impegno al Governo Imperiale io aveva osservato al Signor Drouyn de Lhuys che la presenza di simili ribaldi a bordo d'un bastimento coperto di bandiera amica nelle acque territoriali italiane poteva turbarvi la pubblica tranquillità e legittimare per parte dell'Autorità politica locale quelle misure, rispetto al bastimento, che sono consentite in casi simili dal diritto internazionale.

Il Signor Drouyn de Lhuys, tenendo la fatta promessa, mi ha comunicato jeri una nota verbale contenente il risultato dell'inchiesta operatasi a questo riguardo e l'indicazione delle istruzioni date perchè l'inconveniente occorso non si rinnovelli in futuro. Ho l'onol'e di trasmettere qui unito a V. E. questo documento, di ·cui Ella è autorizzata a dar communicazione al Parlamento Nazionale.

ALLEGATO

DROUYN DE LHUYS A NIGRA

Septembre 1863 (2). Vers la fin de 1862, la gendarmerie Pontificale contraignit les deux frères La Gala et 28 hommes de leur bande, à se constituer prisonniers. Ces individus furent internés; mais comme ils n'avaient commis aucun délit sur le territoire romain, le gouvernement du St. Père ne se croyait pas autorisé à prolonger indéfiniment leur internement. Il ne voulait pas, d'un autre coté, leur rendre la liberté dont ils pouvaient abuser pour recommencer leurs courses dans les provinces méridionales. Afin de les éloigner à la fois de son territoire et de la frontière Italienne, le gou

vernement pontificai demanda à l'Ambassadeur de l'Empereur si ces individus seraient reçus en Algérie ou en France. Le Prince de La Tour d'Auvergne dut en référer à son gouvernement.

Cependant cinq de ces internés, parmi lesquels se trouvaient les deux frères La Gala, ayant rompu Jeur ban ,et ayan1t été repri>s parr la ju;stice pontificale, deman

dèrent à étre embarqués pour l'Espagne. Le gouvernement Romain, en accueillant cette demande, se débarassait, sans compromettre la sécurité des provinces Italiennes, de la garde et de l'entretien des internés les plus compromettans et les plus dangereux. Des passeports leur furent donc délivrés par le gouvernement R10main à la destination de Barcelone. L'ambassade d'Espagne y apposa son visa; l'employé de la chancellerie française, à qui ces titres de voyage furent présentés, revétus de ces deux visas, ne fit aucune difficulté pour y apposer celui de la France. C'ependant, l'Ambassadeur de Sa Majesté Impériale, lorsque le Cardinal Antonelli lui parla de cet incident, fit observer à Son Eminence qu'on ferait mieux d'ajourner le départ de La Gala et de ses compagnons jusqu'à la réception de la réponse de Paris à la demande qui avait été faite pour leur admission en France ou en Algérie. Sur ces observations, le gouvernement Pontificai télégraphia à Civita Vecchia de suspendre l'embarquement; mais lorsque l'ordre en arriva, les individus dont il s'agit étaient déjà partis. Voi ci dans quelles circonstances: des mesures avaient été prises pour leur embarquement sur le paquebot français des Messageries Impériales qui se

rend de Civita Vecchia à Marseille sans toucher à aucun port Italien. Mais les deux frères La Gala et leurs trois compagnons arrivèrent trop tard à Civita Vecchia pour étre embarqués sur ce paquebot direct, et ils prirent passage sur le paquebot de la méme compagnie qui se rend à Marseille en touchant à Livourne et à Génes.

Le chargé d'affaires de France a bHìmé l'employé de chancellerie qui, dans une affaire aussi délicate, avait cru devoir prendre sur lui de viser, sans en référer à qui de droit, les passeports qui lui étaient présentés. Le Baron Baude a été aussi chargé

de demander à la secrétairerie d'Etat des explications à la suite desquelles la disposition suivante a été arrétée entre S. E. le Cardinal Antonelli et l'Ambassade de France:

"A l'avenir, pour le passeport de tout individu suspect à un titre ou à un autre, qui serait dirigé sur la France par mesure de police, le visa devra étre demandé par écrit ».

Le gouvernement de l'Empereur a approuvé cette combinaison qui est de nature à prévenir le retour des facheux incidents auxquels a donné lieu l'embarquement des cinq passagers de l'Aunis.

D'un autre còté, le directeur de la Police Romaine a fait donner au chargé d'affaires de l'Empereur l'assurance qu'il veillerait exactement à l'exécution des ordres que le Secrétaire d'Etat de Sa Sainteté lui a adressés à ce sujet.

(1) -Non pubblicato. Cfr. L V 7, p. 20 e qui il n. 44, in cui la notizia viene data telegraficamente. (2) -La nota verbale non porta l'indicazione del giorno in cui venne redatta. La consegna ne venne effettuata il 19 ottobre.
223

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 20 ottobre 1863.

Col corriere Ballesio Le spedisco d'ufficio la nota verbale contenente il risultato dell'inchiesta (1). Certo vi sarebbe molto a ridire. Ma allo stato delle cose risposta migliore non si potrebbe ottenere. Bisogna adunque ,contentarsene. C'è questo di buono, 1° che la nota stessa ha tutto il carattere d'una scusa; 2° che contiene l'impegno d'evitare in futuro gli inconvenienti occorsi. Ella può comunicarla al Parlamento, avendo io riservato espressamente la facoltà di

farlo. Sarà quindi utile che il libro bianco contenga, oltre a questa nota la seconda parte della corrispondenza relativa all'Aunis. La prima parte, la sola pubblicata, va fino alla restituzione dei prigionieri alla Francia; quella che rimane a pubblicare si riferisce alla contro restituzione, e dovrebbe contenere 1° la domanda ufficiale d'estradizione diretta al Signor Drouyn de Lhuys; 2° la domanda di nuovi documenti fatta dal Governo francese; 3° la trasmissione di questi documenti da me fatta con nota speciale; 4° il dispaccio con cui Drouyn de Lhuys annunzia la restituzione sotto certe riserve; 5° la mia risposta al Signor Drouyn de Lhuys; 6" la nota verbale sull'imchiesta, accompagnata, se crede, dal mio dispaccio d'oggi.

Sul progetto mandatomi da Artom Le telegrafai, e non ho altro d'aggiungere.

L'inquietudine a cui diede luogo in Francia la morte di Billault dimostrò la debolezza della politica Imperiale. È un sintomo di cui spero che l'Imperatore terrà conto. Rouher è il più intelligente fra i Ministri dell'Imperatore. Ma la sua mente netta, precisa, chiara, positiva, potrà essa piegarsi ad interpretare una politica piena d'incertezza e di irresoluzione? Il fatto lo dimostrerà. Certo se basta a tanto un grande ingegno, una facoltà non ordinaria di parola, ed una grande abilità di riserve, Rouher uscirà vincitore dalla lotta che si prepara. Intanto l'Imperatore prepara il discorso d'inaugurazione. Se le mie informaz1oni sono esatte, non farà motto dell'Italia; la questione Polacca vi sarà esposta al punto di viBta indicato nel mio ultimo dispaccio confidenziale; cioè l'Imperatore dirà che la questione Polacca non è questione Francese ma Europea, che la Francia non può nè deve dsolverla da sola; che pigliò l'iniziativa della nota collettiva e dell'azione comune; ma che le Potenze alleate non la secondarono, etc. etc. Sventuratamente la conolusione di tutte queste frasi è l'impotenza. L'Imperatore lo sente e lo deplora. Ma non sa a qual miglior partito appigliarsi. Il viaggio dell'Imperatrice a Madrid spiacque all'Imperatore ma non osò opporvisi; spiacque anche generalmente in Francia.

P. S. -La prego di non dimenticare d'inviarmi il piano del Palazzo della Legazione.

(1) Cfr. n. 222.

224

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 22-23 ottobre 1863.

Il Corriere ViHa mi ha rimesso oggi la Vostra lettera e quella di Fasolini (1). Mi metterò subito all'opera, benchè avrei preferito 'Che Pasolini avesse scritto a Londra per avere una conferma di quelle diBposizioni che ha trovato colà. Questa conferma avrebbe avuto un gran peso. Ora non posso dire aH'Im

peratore molto di più di quanto Pasolini lasciò scritto quando fu qui. Ma mi adoprerò perchè si creda alla serietà delle disposizioni di Lovd Palmerston. Vi scrtverò appena av·rò avuto campo di agire. Intanto dite a Visconti che la posizione intorno alla questione Polacca non è mutata. Nessuna proposta venne fatta alla Francia; solamente l'Inghilterra espose il suo avviso intorno alla decadenza della Russia dai diritti accordatile dai Trattati del 1815 suUa Polonia, avviso che fu trovato giusto dal Signor Drouyn de Lhuys. Ora la Francia attende. Se l'Inghilterra farà una proposizione formale, seria, e tale che abbia un risultato e una sanzione, sarà accettata qui, se no no. Tale è il linguaggio tenutomi oggi stesso da Drouyn de Lhuys. Questo Ministro mi ha domandato, ma in via privata, se il Governo italiano riconoscerebbe il Governo messicano, nel caso in cui il nuovo Impero sia confermato dal suffragio popolare, e rico· nosciuto dalla Francia e probabilmente anche dall'Inghilterra. Vi prego di sottomettere la cosa al Consiglio e al Re e di farmi una risposta il più presto possibile. Il mio avviso è che se ha luogo il suffragio popolare, l'Italia riconosc·a immediatamente. Noi abbiamo al Messico interessi gravi da tutelare e vi abbiamo un commercio considerevole di carta, :pa,ste, paccottiglie etc.

23 ottobre.

P. S.-Ho domandato a Drouyn de Lhuys se era vero che l'Austria avesse, pel caso di guerra, domandato la guarentigia dei suoi possedimenti. Drouyn de Lhuys mi rispose che no. Del resto il linguaggio di questo Ministro è del tutto conforme, nella espressione, al contenuto dell'articolo del Pays d'oggi che qui vi unisco.

(1) Cfr. n. 214.

225

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRINCIPE NAPOLEONE (Archives de Prangins, da copie Maturi)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 23 ottobre 1863.

Je viens prier Votre Altesse Imperiale de vouloir bien soumettre à l'Empereur ce qui suit: Dans le mois de Septembre dernier le comte Pasolini, ancien Ministre des Affai,res étrangères d'Italie s'étant rendu à Londres, il fut chargé par son ami

M. Minghetti de sonder, d'une manière tout à fait privée, Lord Palmerston sur un :projet d'aUiance entre la France, J.'Angleterre, l'Autriche, l'Italie et la Suède dans le but de resoudre la question de Pologne. Ce projet peut etre formulé de la manière suivante:

Un traité d'alliance offensive serait négocié entre les cinq Puissances. Les alliés déclareraient la guerre à 'la Russie pour soustraire le royaume de Pologne à la domination russe.

La France et l'Angleterre déclareraient d'avance leur intention de renoncer pour leur compte à toute conquete et à tout avantage particulier. Mais il serait entendu confidentiellement entre les cinq Puissances qu'à la paix on

prendrait les arrangements suivants, qu'un Congrès serait appelé à sanctionner: 1°. L'Autriche acquerrait les Principautés Danubiennes. Ell:e en constituerait un royame Dace-Roumain en les !'eunissant à la Transylvanie. Une Diète nationale serait garantie aux Prindpautés, ainsi constituées et les représentants de ,cette Diète siègeraient au Reichsrath de Vienne. 2°. En compensation de cette acquisition l'Autriche renoncerait à la Vénétie qui serait réunie au royaume d'Italie.

3°. Le Duché de Varsovie constituerait, sous la protection de l'Europe, un Etat indépendant neutre à perpetuité. Un Prince librement élu par le sufftrage populaire <gouvernerait ce nouvel Etat avec le titre et les prérogatives d'un roi constitutionnel héréditaire. Le choix des Polonais .pourra se porter soit sur un Prince polonais, soit sur un Al'chiduc de la maison d'Autriche.

4° La GaUcie et ,le Duché de Posen continueraient à faire partie de l'Empire d'Autriche et du Royaume de Prusse. Cependant des arrangements particuliers, relatifs aux douanes et à d'autres objeis d'intérèt commun pourraient ,créer un Hen 1permanent entre la Galicie, la Posnanie et Je nouveau royaume de Pologne.

5°. La Suède réunirait à ses possessions l'archipel des Iles d'Aland. Elle acquerrait aussi tels autres avantages que la guerre pourrait amener.

Une convention mHitaire réglerait la part que chacune des Puissances alliées prendrait à la guer,re, le chiffre des contingents et le mode d'exécution en général.

La France, l'Angleterre et l'Autriche s'engageraient à obtenir la neutralité de la Prusse et de la Confédération Germanique.

Les Puissances alliées pouvant dispooer de ressources sans proportion plus considérables que celles de la Russie, la guerre serait de courte durée et elle pourrait mème se reduire à un simple deploiement de for,ces suivi de l'occupation du granduché de Varsovie. L'exécution du pian serait avantageuse à chacune des puissances alliées. L'Italie et la Suède y gagneraient un accroissement de territoire. L'Angleterre parviendrait au but de diminuer l es fol'ces de l'Empire russe, de mettre sur le Danube et au bord de la Me'r Noire un concurrent formidable et perpetue! de la Russie, un obstacle désormais insurmontable à l'ambition moscovite en Orient. La France sortirait avec honneur d'une fausse .position; ,elle aurait en Pologne un foyetr de civilisation ayant toutes les tendances et toutes les aspirations tournées vers l'Ocddent; l'Empereur tiendrait sa promesse de délivrer l'Italie jusqu'à l'Adriatique. L'Autriche, en échange da la Vénétie qui ne compte que deux mi1lions d'àmes, et dont la possession précaire, à laquelle elle devra renoncer tòt ou tard, n'est pour elle qu'une source d'embarras et de faiblesse, acquerrait dans les Principautés une population de quatre millions d'àmes, deviendrait maitresse du cours du Danube et aurait un débouché maritime de la plus grande importance. En outre elle aurait la chance de piacer un Archiduc sur le tròne de Pologne.

Quant à la Turquie on pourrait l'indemniser avec de l'argent de la perte de ce qui lui reste de Souveraineté (et ce n'est pas grande chose) sur les

20 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

provinces danubiennes. La participation à la guerre de l'Autriche, de l'Italie

et de la Suède rassurerait l'Angleterre contre le danger et la crainte d'une

prépondérance trop sensible de la France.

Le ,comte Pasolini s'acquitta de sa commission et exposa le projet à

Lord Palmerston dans des entretiens n'ayant aucun caractère officiel. Lord

Palmerston approuva Le projet et Les changements territoriaux qui seraient le

résuUat de son exécution.

Ou les paroles de Lord Palmerston n'ont aucune signifkation, ce qui parait peu probable, étant adressées par un homme sérieux à un homme également sérieux, ou bien elles prouvent que ses dispositions sont favorables à une politique d'action, et qu'une négociation sérieuse peut etre entamée sous les auspices, peu suspects en Angleterre, de l'Italie.

En cet état des choses, je prie V.A.I. de vouloir bien demander à l'Empereur: 1°. S'il approuve, en principe, le plan exposé ci dessus, et si pour sa part il est disposé à ,coopérer à son exécution.

2<>. S'il consent, dans le cas affirmatif, à ce que le comte Pasolini procède dans les negociations avec Lord Palmerston, et lui fasse connaitre l'approbation de l'Empereur.

3°. Si je dois entretenir de tout ceci M. Drouyn de Lhuys.

En tout cas, nous :prions l'Empereur de garder le secret sur la présente· démarche. Nous tenons à ne pas nous broui1ler pour tout de bon avec la Russie, gratuitement et sans aucun avantage ni pour nous ni pour la France.

Dans le ca•s où l'Empereur ne jugerait pas de devoir prendre en considération ·ce projet, verrait des inconvénients à ce que l'Italie prit l'initiative d'une proposition d'un Congrès général pour résoudre les principales questions pendantes en Europe? Le Mal'quis Pepoli assure que la Russie accepterait cette proposition. La Prusse l'accepterait également. Il y aurait donc quatre Puissances principales, c. à d. la France, l'ItaJ.ie, la Prusse et la Russie qui se rallieraient à cette proposition. Ce serait une tentative honorable pour ceux qui acceptent. Nous prendrions volontiers l'.initiative.. si nous étions surs que La France nous ferait une réponse affirmative. L'Empereur 'Consent-ii à nous donner .cette assurance? L'initiative prise par l'Italie serait sans doute préférée par la Russie à celle que pourrait prendre la France.

Veuillez, Monseigneur, soumettre ce qui précède à S. M. l'Empereur et appeler son attention principalement sur l'approbation donnée par lord Palmerston au premier projet. Je n'ai pas besoin d'ajouter à V. A. I. que si l'Empereur le croit nécessaire, je suis à son entière disposition pour aller compléter véritablement auprès de S. M. ce que pe viens de vous eX!poser par écrit.

En remerciant d'avance V. A. I., je saisis...

P. S. -Le Roi ira probablement le 8 Novembre inaugurer le chemin de fer de Foggia. Dans cette circonstance il pal'courra les provinces qui ont été infestées par le brigandage, savoir, Ariano, Bovino, Avellino, et de là S. M. se rendra par Salerne, à Naples, où Elle passera en revue l'escadre qui sera de retour de Lisbonne. Tel est le programme, si d'ici là rien ne viendra le faire ·changer.

226

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 24 ottobre 1863.

Venne riferito al R. Ministero dell'Interno che Menotti Garibaldi si recherà verso il fine del corrente mese in codesta Città. Aderendo all'invito fattomi da quel Dicastero, io ne diedi avviso ·confidenziale alla S. V. Illustrissima affinchè, conoscendo la prossima venuta del Menotti Garibaldi, Ella possa raccogliere quelle informazioni che le parranno meritare di essere recate a conoscenza del R. Governo, circa gli scopi del viaggio e della dimora costì.

227

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-PasoUni, vol. III, pp. 370-372)

L. P. Parigi, 25 ottobre 1863.

Vengo o•ra da Meudon. Sono le cinque. Non ho che il tempo di rendervi conto brevissimamente dell'operato e spedirvi in tutta :Eretta il corriere. Quando ebbi la vostra lettera e il progetto andai dal Principe Napoleone, a cui esposi la gita di Pasolini a Londra, il colloquio con Lord Pa1merston, l'approvazione data da questi al progetto, e in fine la commissione di cui mi incaricavate presso l'Imperatore. Impegnai il Principe ad esporre tutto ciò all'Imperatore e a domandargli la risposta a queste interrogazioni:

l) l'Imperartore arpprova il progetto ed è disposto a cooperare alla sua esecuzione? 2) Ci autorizza a dire a Lord Palmerston, nel caso affermativo, che il progetto è approvato dall'Imperatore?

3) Crede che se ne debba parlare a Drouyn de Lhuys?

Perchè il Principe non obliasse nulla, gli rimisi una memoria (1) contenente il progetto accompagnato da qualche mia considerazione. H fuincipe andò ieri dall'Imperatore ed ebbe con lui un colloquio di due ore e mezzo. Eccovi il risultato di questo colloquio.

L'Imperatore approva in massima il progetto ed è disposto a cooperarvi. Trova però che si :Ila troppo bella la parte dell'Austria. Non ammette che si sce1ga di necessità un Arciduca pel trono di Polonia. La scelta dovrebbe farsi liberamente dai Polacchi. Preferirebbe dare all'Austria la Slesia, anzichè i Principati. Ma su dò è disposto ad accostarsi alla nostra opinione. Egli ad ogni modo non vorrebbe che l'occupazione dei Principati si tenesse da truppe francesi. Trova utile e comodo che i negoziati a Londra siano fatti per mezzo del

l'Italia, giacchè ogni iniziativa della Francia è sospetta all'Inghilterra; non vuole che si dica motto della cosa a Drouyn de Lhuys. Tutte queste cose disse al Principe, e soggiunse che mi sarebbe fatta una risposta a me il 6 novembre, cioè il giorno dopo il discorso di inaugurazione del Corpo Legislativo. Ma la obbiezione grave, la principale, quella a cui m'attendeva, fu questa. L'Imperatore non crede alla serietà del discorso tenuto da Lord Palmerston. Egli pensa che noi esageriamo il v,alore d'un semplice propos tenuto in via privata. Dubita insomma che Lord Palmerston sia disposto a cooperare all'esecuzione del progetto. Il Principe è d'avviso che ove questo dubbio si potesse togliere, un gran passo sarebbe fatto, giacchè l'Imperatore per parte sua approva il progetto ed è disposto a cooperare alla sua esecuzione. L'Imperatore essendosi riservato di farmi una risposta il 6, non si pronunziò sulla interrogazione fattagli intorno all'autorizzazione di far conoscere a Lord Pafmerston la di lui approvazione. Ciònondimeno il Principe è d'avviso che non si deve perdere tempo; che Fasolini dovrebbe recarsi a Londra subito passando per Parigi, ove vedrebbe l'Imperatore. Pasolini, giunto a Londra, farebbe conoscere a Palmerston l'approvazione dell'Imperatore, e se Lord Palmerston conferma quanto gli di,sse privatamente, le basi dell'Alleanza sarebbero gettate. La cosa mi pare abbastanza grave e importante, perchè Pasolini si decida a questo viaggio. Vogliate persuaderlo; non perdete tempo, e agite secondo i consigli del Principe.

Tutto ciò deve stare tra noi. Il Principe solo, l'Imperatore e Palmerston devono sapere queste prime pratiche.

Chiudo in fretta questa lettera. Non badate se è male scritta.

Ma tenete per fermo che il contenuto è esatto.

(1) Cfr. n. 225.

228

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (AVV)

L. P. Parigi, 26 ottobre 1863.

Come scrissi ieri al Mtnistro degli Esteri, Benedetti parte questa sera per Torino, desiderando vederti si tratterrà un giorno intero, non andrà da Visconti per riguardo a Sartiges, ma farà con piacere la sua conoscenza.

Benedetti avrebbe molto a dirti, perchè è al corrente di tutto; molto Egli ti dirà con quella riserva che è naturale nella sua situazione. Dei nostri progetti sembrami che potrai parlare con Lui, solo nel senso che ne parlaste a Sartiges, dicendogli, come questi abbia sempre insistito ed insista, per avere dal Governo del Re un progetto per la Questione Romana, facendo così cader,e a carico del Sartiges, la risposta che tu saggiamente gli facesti, e che Egli non mancherà eli recar qui, il che quadrerà a meraviglia al piano combinato fra noi, che non dispero punto poter mandare ad esecuzione, se non con successo, in modo almeno da poter ben provare che questa questione vitale non fu lasciata in disparte.

Il gruppo dei nostri amici, che si tien serrato, e che ha vita più che mai, non avrebbe voluto che Rouher accettasse la posizione eminente, offertagli in seguito alla morte di Billault; si voleva che Egli imponesse per condizione il rinvio di Drouyn de Lhuys, Egli insistette, in questo senso presso l'Imperatore, ma non seppe ~resistere aHe sue insistenze. S. M. Imperiale lo convinse ad accettare, promettendogli in ricambio la più assoluta confidenza, sia negli affari dell'estero che dell'interno.

Le cose stanno così, ed è evidente che Rouher travasi nella più difficile situazione, dovendo difendere una politica, alla quale fu sempre notoriamente contrario, noi dobbiamo far voti perchè Egli trionfi delle difficoltà, poichè allora Egli sarà padrone assoluto della situazione, ed otterrà quanto in questo momento non gli venne accordato dell'Imperatore, .n quale per dire il vero, si sarebbe trovato nel più grave imbarazzo rinviando il Ministro degli Esteri nel momento in cui sono ancora pendenti le trattative col Gabinetto di Vienna.

Benedetti ti dirà come, a parer suo, nulla da noi convenga tentare per ora; lo attendere il scioglimento degli eventi, è a senso suo il miglior partito a cui possa appigliarsi il Governo del Re, Egli parla nel nostro interesse, poichè la sua carriera politica è legata al nostro successo, ma Egli forse non rtien calcolo di tutte le difficoltà che potrà incontrare il nostro Ministero.

Nel tentare però quanto abbiamo progettato è necessaria la più grande riserva e prudenza, se fosse conosciuto il nostro piano ·cadrebbe da sè, quindi non dirò parola che quando proprio mi venga il momento opportuno.

Ieri ho passato molto tempo con Rouher, fu meco colla massima cordialità; Egli è interamente nelle vostre viste, senza credere assolutamente alla guerra; per la questione Polacca prevede il caso che la Francia possa esservi trascinata; non crede all'Austria; ma, ammettendo anche il caso che questa possa stare colla Francia, ammette l'imposs:lbilità dell'Italia a rimaner neutrale. Chiedevami se a noi fosse possibile entrar nell'accordo contro la Russia, mettendoci anche in Hnea coll'Austria nostra capitale nemica; se questo acco11do avesse ad aver luogo, la Venezia dovrebbe essere il compenso alla nostra compartecipazione. Io ·risposi che la nostra inimicizia coll'Austria non depassando i confini d'Italia, il Governo del Re sarebbe interprete dell'opinione pubblica prendendo parte ad una guerra il di cui scopo sarebbe, per noi, il compimento del voto nazionale. Quantunque Rouher non creda a codesta combinazione pure ho veduto con piacere, anche in questa ipotesi poco ammissibile, l'opinione del Ministro di Stato coincidere coi nostri interessi.

Per Roma, Rouher mantiene ferme le sue opinioni, il ritiro delle truppe francesi è lo scopo a cui deve tendere la politica Imperiale, qui mi sarebbe caduto in acconcio di tenere il progettato discorso, non lo feci per misura di prudenza volendo prima rimettermi con Lui in maggior confidenza d'affari.

Il Ministro di Stato non divide l'opinione di Nigra e crede possibilissimo che Thouvenel sia chiamato a rimpiazzare Drouyn de Lhuys; dissemi francamente che a questo scopo tenderanno tutti i suoi sforzi.

Il Generale Montebello ritorna a Roma ·con istruzioni energiche d'agire contro Merode ed i Merodiani, e l'Imperatore congedando il Generale lo accompagnò fino alla camera ove erano i Ciambellani e gli ufficiali di servizio dicendogli: « Retournez à Rome, agissez comme Vous avez jait, car j'approuve

complètement V otre conduite •. Sembrava il caso di scrivere a La Marmora che approfitti del buon momento, poichè Montebello è uomo da camminar ben diritto, una volta che nella sua mente sia entrata una idea di cui è convinto. Ho veduto anche Fleury, Egli dissemi che nel circolo dell'Imperatore sperasi ancora decidere l'Austria a prendere un partito favorevole alla Francia, in questo senso Egli assicurami ,essere le ultime lettere private giunte da Vienna recentemente. Il Duca di Gramont scrive pure in questo senso, e sono precisamente queste informazioni che mantengono il Governo Imperiale nell'attuale incertezza. Fleury è durante questa settimana di servizio, gode delle confidenze Imperiali, e mi sarà facile il conoscere al suo ritorno quali previsioni regnano a Saint Cloud.

A giorni potrò scriverti ragguagli da fonte russa, intanto posso dirti, colla maggiore sicurezza, che si accusa partire da Francia tutta l'organizzazione rivoluzionaria, quest'accusa non è nuova ma ora è più reiterata che mai, e si va fino al punto d'asserire esservi prove irrefragabili a carico delle persone più alto locate.

Potrei dirti molte cose ancora ma mancami il tempo dovendomi trovare alle quattro da Benedetti, domani fò una gita per vedere alla sua campagna Thouvenel.

lo vedo gli eventi tornarci forse favorevoli, non divido punto la tristezza di Nigra che credo tenere anche alla sua salute; spero poterti mandar buone nuove, mi sbaglierò, ma credo ad un avvenire migliore.

Dirai a Visconti, al quale ti prego comunicare questa lettera, che tenga presso di sè le mie cifre e di decifrare da sè le mie lettere, ho d'uopo di sentirmi libero ne1le mie apprezzazioni. Attendo tue lettere e da Visconti, ma nello scrivere, se non lo fate per occasion particolare, fatelo in cifra. Qui si aprono tutte le lettere.

Mi sono occupato d'aver informazioni del De Camps, di cui mi parlò Visconti; le avrò precise e scriverò. Per ora sembrami il caso d'attendere prima di prendere una qualsiasi risoluzione in proposito.

Salutandoti caramente ti raccomando ancora di non mi lasciare senza lettere.

229

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 369-370)

L. P. Torino, 27 ottobre 1863.

Giunto questa mattina a Torino ho trovato l'acclusa lettera (1) portata poche ore prima dal corriere. Essa è importantissima, sebbene vi sia alcuna parte che non mi soddisfa pienamente; ma alla fine il ghiaccio è rotto. Ora tu vedrai ciò che si chiede da te. Io credo che per quanto possa costarti una

gita a Londra, l'affare è di sì gran rilievo che porta il pregio del sacrifizio. E quindi ti prego ad accettare l'incarico, e ti prego di farlo il più presto che potrai. A dire il vero mi è rimasto un dubbio e l'ho comunicato a Nigra per telegramma. Il tuo passaggio da Parigi non può esso svegliare i sospetti di Drouyn de Lhuys? Del quale mi piace che l'Imperatore abbia giudicato dovere esso rimanere al tutto estraneo alle pratiche da farsi. Bensì, se fosse possibile andare a Londra, vedere Palmerston e tornarsene a Parigi prima del 6 sarebbe il più bello; ma dubito che sia fattibile. Imperocchè se la cosa può avere seguito, bisognerà parlarne a Russell e credi che là specialmente l'opera tua potrà riuscire direi quasi indispensabile. Preveggo e sento tutte le difficoltà secondarie, ma in faccia alla speranza di buon esito di un progetto cotanto rilevante, si troverà modo di vincerle.

Penso che tu potresti prendere l'occasione del ritorno di Spaventa (al quale però non stimo opportuno comunicare per ora cosa alcuna) e venire a Torino, lasciando a Bologna la .tua famiglia per il desiderato consulto. E potresti prenrlere con te Enea che guarirebbe meglio dei suoi oc·chi. Finisco perchè è tardi, e voglio aggiungere una lettera ostensibile.

P. S. -Fammi il piacere di telegrafarmi per mia quiete: -ricevuta lettera; e se non parti tu, rimandami l'acclusa.

(1) Cfr. n. 227.

230

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 25. Torino, 28 ottobre 1863.

Minghetti le scrive (1) per la grande quistione che colla sola sua prospettiva per quanto incerta e lontana rianima le speranze e le forze. Aggiungo .solo queste due parole per accompagnarle una memoria che Pepoli mi manda da Bologna per l'Imperatore (2). Dopo una conversazione avuta con lui, lo pregò di esporgli per iscritto le idee svolte da lui a voce. Pepoli lo fece ed ecco la sua memoria. Gliela mando aperta perchè le può interessare di leggerla. Letta, non ha che a farne un piego e mandarla al suo destino come cosa spedita direttamente da Pepoli all'Imperatore e giunta pel recapito alla Legazione.

Un Congresso generale per rivedere nientemeno che i Trattati del 15 non mi pare una proposta m.olto pratica. Ad ogni modo Pepoli sarà fra otto ·O dieci giorni a Parigi in viaggio per Pietroburgo. E non vorrei che il Principe o l'Imperatore stesso, parlandogli della sua memoria, gli dicessero che il suo Governo si mostra però in altre idee e cerca d'avviarsi per altra strada. Pepoli non sa nulla del progetto e non è male che vada a Pietroburgo colle sue idee del Congresso e delle preoccupazioni esposte nella sua memoria.

Ho parlato al Consiglio dei Ministri della interrogazione fattale da Drouyn de Lhuys intorno alle nostre disposizioni a riconoscere il nuovo Imperatore del Messico. Il Consiglio fu con me d'avviso che se il nuovo Impero è confermato dal voto popolare e riconosciuto dalla Francia e non dubito anche dall'Inghilterra, l'Italia non deve avere alcuna difficoltà a riconoscerlo, quando l'Arciduca Massimiliano si mostri disposto a stabilire fra i due stati dei rapporti regolari. È molto probabile che in questo caso e, vista l'importanza dei nostri interessi nel Messico, il Governo stabilisca colà una Legazione permanente come ne ha a Rio Janeiro, Buenos Ayres e Lima.

Ho fatto scrivere a Boyl perchè affretti il suo ritorno a Parigi, e a Alberti annunziandogli la sua nuova destinazione a Costantinopoli. Quanto ad Artom, io dissi a lui che certo s'egli desiderava ritornare a Parigi io non osavo chiedergli un nuovo sacrificio oltre quello che mi aveva fatto sinora, ma, al tempo stesso non gli nascosi quanto mi spiaccia il vederlo partire. Me ne spiace per 111e e me ne spiace per l'utilità della sua presenza al Ministero. Basta; ho interposto gli uffici di Minghetti e non ho abbastanza ,carità cristiana per sperare che la vittoria rimanga a lei.

(1) -Cfr. n. 231. (2) -Cfr. n. 236.
231

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. .in LIPPARINI, pp. 15,5-156)

L. P Torino, 28 ottobre 1863.

Mando un corriere per compiacere Pepoli. Mi sta a cuore di mandare la sua memoria all'Imperatore (1). Egli ignora ,compiutamente l'altro progetto. Ma verrà a Parigi alla metà circa della settimana ventura. E credo sarà bene se va a Pietroburgo persuaso che il suo progetto di congresso abbia delle probabilità di successo. Ma di ciò vi scrisse Visconti: io vengo al più importante.

Un grande passo si è fatto inducendo l'Imperatore ad accogliere il nostro dJJse~o. Una porta è aperta, per la quale si può andare molto innanzi, e a glorioso porto. Non dubito che Palmerston riconfermerà i suoi propositi, e se a noi fosse dato di restringere i vincoli fra Inghilterra e Francia ad una grande impr·esa, sarebbe la migliore e la più fruttuosa delle politiche.

Pasolini a cui scrissi subito a tempo (2) mi telegrafa che ha ricevuto la mia lettera, e aggiunge sta bene, il che mi fa sperare che accetterà l'incarico. Lo aspetto qui al più presto, appena possa disporre della sua famiglia che ha :;.eco a Ravenna, e mi sforzerò d'indurlo a recarsi senza indugio a Londra, di che mi piace che nel vostro telegramma d'oggi riconosciate che non è necessario il suo passaggio da Parigi nell'andare. Però mi parrebbe utile nel ritorno, poichè egli potrebbe così spiegare a viva voce all'Imperatore le intenzioni e le idee dl Palmerston. Un altro punto nel quale l'intervento di Pasolini potrà essere

utile se non subito appresso, si è di persuadere Lord John, il quale ha per lui una singolare amicizia e deferenza. Quanto al progetto, noi non possiamo avere difficoltà che si lasciasse la Polonia arbitra di eleggersi il suo Principe, ma ciò che non credo neppure possibile di offerire all'Inghilterra, si è di dar parte della Slesia all'Austria. Qui si manifesta troppo chiaro il finale scopo del proponente. Del resto ora si tratta della massima, e delle prime basi: i particolari potranno concordarsi in discussione.

La Tour d'Auvergne passando di qui espresse ad Arese il suo convincimento che a primavera ci sarebbe la guerra. E Benedetti questa mattina mi diceva che il discorso dell'Imperatore sarà netto, fermo, e decisivo: sarà un lampo di luce nelle tenebre; e che a primavera avremo qualche grande avvenimento europeo. Anche gli uomini di finanza e soprattutto il barone Rotschild mi sembrano in grande perplessità dell'avvenire. A me, ministro delle Finanze, importa affermare che credo alla pace, ma in verità sento e spero che gli avvenimenti non siano lontani che possano porgere all'Italia l'occasione al compimento dei suoi destini.

(1) -Cfr. n. 236. (2) -Cfr. n. 229.
232

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 842. Torino, 29 ottobre 1863, ore 16,35.

Elliot est venu me dire que lord John Russell avant de procéder à l'échange des ratifications (1) demande un échange de notes relativement à Ja liberté de conscience. Pour surmonter cette difficulté j'ai proposé à Elliot d'introduire dans le procès verbal d'échange des ratifications la formule suivante:

• Au moment de procéder à l'échange des ratifications les deux hautes Parties contractantes déclarent que des arrangements destinés à confirmer réciproquement le libre exercice des confessions religieuses ont été pris entre les deux Gouvernements par la note adressée le Ier Aout par le ministre des affaires étrangères d'Italie à sir James Hudson et par celle adressée le.. par S. E. le Comte Russell au marquis D'Azeglio ».

233

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1343. Londra, 29 ottobre 1863, ore 21,05 (per. ore 23,30).

Ratifications ont été échangées aujourd'hui. Lord Russell n'a point fait dc difficulté. Je crois facile d'arranger ultérieurement déclaration dont il s'agit (1).

(1) -Si tratta dello scambio delle ratifìche del trattato di commercio e navigazione fra Italia e Gran Bretagna. (2) -Vedi una lettera di Azeglio a Minghetti dello stesso giorno 29 in B CB, Carte Minghetti, con notizie circa la nota inglese alla Russia, la questione messicana, il richiamo di Hudson etc. Nello stesso fondo esistono numerose lettere di Azeglio a Minghetti del periodoricoperto dal presente volume, che non si è ritenuto opportuno pubblicare.
234

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

T. Parigi, 31 ottobre 1863.

Après des longues conversations voici programme Rouher soumis à Empereur pour la question Pologne: presser Cabinet autrichien à une décision qui permet à la France de tracer sa ligne de conduite: en cas de guerre Italie devrait compter parmi belligérants ou sa neutralité devrait etre acquise par la Vénétie sauf compensations; ne parvenant pas à décider Autriche il faudrait en le atténuant subir conséquence d'une faUS~Se politique 1sans exposer France à une guerre impopulaire. Prince Napoléon conseillait menace substituer Autriche en cas de refus à marcher; ce conseil a été repoussé par Rouher vu qu'aucune promesse n'a été faite par le Cabinet autrichien au Cabinet français au moins dans les documents officiels en tous les autres Rouher veut une conduite amicale ·comptant à tout événement sur son alliance il ne défendra que très vaguement occupation de Rome sachant de revenir à un traité qui tout en assurant au Pape ,son territoire, permettrait aux troupes françaises de quitter les Etats du Pape; pour le Mexique presser Archiduc Maximilien accepter ou refuser le tròne; acceptant les troupes françaises ne devraient rester au Mexique qu'un temps court et déterminé; refusant 0:1 réunirai:t une Constituante qui nommant un Gouvernement permettrait à la France de traiter et de évacuer; en Amérique maintien de neutralité refus de reconnaitre le Midi. Pour ,l'intérieur développement principes libéraux sans trop pousser le parlementarisme ni à la responsabilité ministérielle qui òterait au Gouvernement Impérial toute force d'agir dans des moments aussi difficHes. J'aurais pu parler à Rouher du projet;

je ne l'ai pas fait dans l'espoir qu'il prenne initiative: ce qui nous conviendrait bien mieux.

235

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 31 ottobre 1863.

Ho ricevuto dal Corriere Collino la Vostra lettera e quella di Minghetti (1). Rispondo a entrambe con questa mia che Vi prego di comunicare al Presidente del Consiglio.

Da una lettera di Azeglio, che mando oggi a Minghetti, è confermata la

-disposizione di Lord Palmerston ad unirsi alla Francia per far la guerra alla Russia. D'Azeglio dice che anzi Lord Palmerston ne fece proposta in Consiglio, ma che questa venne respinta dalla maggioranza dei suoi colleghi e da Russell. Ma se Palmerston è deciso, non dubito che la sua opinione avrà il disopra. A ciò deve contribuire la missione di Pasolini, la cui accettazione appresi con infinito piacere. Il Principe è d'avviso che Pasolini dovrebbe veder l'Imperatore al ritorno di Londra, non prima; giacchè egli pensa che l'Imperatore ora non potrà dke di più di quel che ha detto al Principe, e continuerà ad av,er dubbii sulle intenzioni di Palmerston, finchè Pasolini non venga ad assicurargli il contrario in modo positivo. Ma questa questione la regoleremo qui tra il Principe, Pasolini e me. Una cosa a cui bisogna pensare è la partecipazione di Azeglio a questa pratica. Credo che bisogna informarnelo, prima perchè può aiutare i negoziati, secondo perchè ad ogni modo ne sarebbe informato da casa Palmerston.

È del resto importante che il più gran segreto sia osservato, perchè a Drouyn de Lhuys l'Imperatore non disse nulla di tutto ciò. Ella vedrà dalla lettera di Azeglio che l'Austria pensa anch'essa alla Slesia, più che ai Principati. Qui è lo scoglio: l'Inghilterra non l'avremo mai con noi se si tocca alla Confederazione germanica e alla Prussia. D'altra parte l'Imperatore ha scrupoli di sottomettere i Principati, che non ne vorranno sapere, al dominio austriaco; quindi non vorrà mandar truppe ad oocuparli. Chi li occuperà adunque? L'In

_ghilterra, l'Austria o noi? Se potessimo evitare anche noi questa parte poco brillante, sarebbe pur bene. Ma questo è un particolare che sarà discusso e regolato più tardi. L'essenziale è che si tenti di far adottare il principio dell'alleanza. Hoc opus, hic labor.

Le pratiche diplomatiche, secondo il linguaggio di Drouyn de Lhuys sono a questo punto. L'Inghilterra mandò a Pietroburgo la nota nel senso del discorso ben noto di Russell, poi inviò contrordine e non fu presentata. La propose alla Austria e alla Francia. L'Austria la mutilò e vi tolse la parte più importante, quella cioè che dichiarava la Russia decaduta dai diritti che le accordarono sulla Polonia i Trattati del 1815. Presentata così tronca alla Francia, Drouyn de Lhuys rispose che meglio valeva il silenzio ad un passo che non conchiudeva nulla. E la cosa rimase lì.

Quanto al discorso dell'Imperatore, si pensa che l'intenzione sua sia di farlo pacifico, ma che possa -contenere qualche frase, la quale contro l'aspettazione dell'autore, sia di natura a fare una più ,che ordinaria sensazione.

Vimercati è giunto qui. Non gli dissi verbo del progetto. Ha trovato Rouher ben disposto per noi, del che non ho mai dubitato. Ma Rouher non è per la guerra, e abbonda piuttosto per la soluzione della questione Romana. Vimer-cati lo seconda in questo senso, e non è male. Ho però raccomandato a Vimercati di parlare colla massima prudenza. Spero che agirà in conformità e che

.non ci creerà degli imbarazzi. Le raccomando di mandarmi il Cordone per Baciocchi.

(1) Cfr. nn. 230 e 231.

236

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III (AP)

Bologna, ottobre 1863 (1).

Dans aucune époque, depuis bien des années, il n'y a eu autant de graves questions à l'ordre du jour. Partout on lutte on s'agite; partout les intérèts sont en souffrance; un vague sentiment de défiance piane sur toutes les Bourses; jamais on n'a forgé autant de canons et cuirassé un si grand nombre de vaisseaux. Les questions d'Holstein, de l'organisation intérieure de l'Allemagne, de Rome, de Venise, de la Grèce, des Principautés, et de l'Orient en général sont toutes très graves, et menacent d'éclater dans un délai plus ou moins rapproché; la question de Pologne, hélas! traine depuis environ une année dans le sang. Je n'ose pas certainement affirmer que le Gouvernement de France soit responsable d'une lutte si longue et si sanglante, mais il est hors de doute que l'intervention diplomatique des puissances occidentales en augmentant l'espé:rance dans les insurgés a donné à la lutte une extension, une intensité, et surtout une durée que jamais elle n'aurait atteint d'une autre manière.

J'exprime d'autant plus franchement cette opinion, que je ne doute pas que V. M., en ,constatant aujourd'hui les résultats négatifs de la campagne diplomatique entreprise par son Gouvernement, ne voit pas Elle-mème les difficultés de s'ètre engagée dans une impasse, d'où il est difficile de sortir d'une manière satisfaisante pour la dignité nationale, et la cause de la civilisation et du progrès. Dès le commencement j'avais prévu ce résultat, et les dépéches que j'ai adressées au Cabinet de Turin sont toutes conçues dans ce sens. La première fois que j'ai vu le Prince Gortchakow je l'ai trouvé tranquille et calme; si l'opinion publique en Russie s'est préoccupée de la triple alliance de la France de l'Angleterre et de l'Autriche, lui au contraire se montrait satisfait de cette alliance; à son point de vue c'était pour la Russie le gage le plus sùr que jamais la question Polonaise ne sortirait des voies diplomatiques. Il me développa longuement sa pensée: si la France s'était, me dit-il, alliée avec l'esprit national et libéral, je pourrais craindre une guerre; mais du moment où elle invoque les traités de 1815, du moment où elle s'allie avec l'Autdche, elle se condamne d'elle-mème d'avance à l'impuissance. Jamais cette dernière Puissance ne fera la guerre, et l'Angleterre dans la question Polonaise ne cherche à obtenir qu'un seui but: brouiller la France avec la Russie, c'est son rève, et elle le poursuit depuis le traité de Paris avec une persévérance sans égale.

V. M. a eu la bienveillance de m'assurer que la Russie paraissait disposée

•m moment à céder, et à accepter des conférences spéciales pour les affaires de Pologne. Mes renseignements sont d'une nature complètement différente. Dès le premier jour le Prince Gortchakow m'a déclaré d'une manière positive que la Russie n'accepterait jamais des conférences spéciales pour la Pologne,

qu'elle aurai>t considéré cette solution comme humiliante pour elle. Depuis je l'ai revu bien des fois, et toujours il m'a renouvelé son assurance formelle à cet égard. .Je n'ose pas condamner son refus. .Je crois que l'intervention diplomatique devait aboutir inéxorablement à ce résultat. L'état intérieur de la

Russie n'est pas tel qu'on s'est plu généralement à le représenter. Ses finances et son armée sont dans un état satisfaisant, et dans cette question l'esprit national et libéral appuie le Gouvernement, et meme le devance; l'Empereur Alexandre est très populaire; les réformes importantes qu'il a accomplies, celles

qu'il a initiées l'environnent d'un prestige qu'on ne saurait pas méconnaitre. Comment a-t-on pu se flatter que la Russie cèderait en l'humiliant? V. M. ne saurait s'imaginer l'indignation qu'ont soulevée en Russie les notes des petites Puissances; elles n'ont servi qu'à irriter l'opinion nationale, et à rendre plus difficile une ,solution pratique, surtout lorsque le Gouvernement Russe avait la profonde conviction, que jamais l'Autriche et l'Angleterre ne feraient la guerre, et qu'il savait que la France ne s'engagerait pas seule dans cette grande lutte. L'alliance avec l'Autriche et l'Angleterre paralyse les effors de la politique de la France. Quel a été le résultat de cette longue campagne diplomatique? .Je ne peux pas le dissimuler à V. M., et je ne saurais que lui répéter les paroles que j'ai eu l'honneur de lui adresser au Palais des Tui1eries; la Russie triomphe, et le prestige de la France est diminué en Europe. Les résultats de la guerre de Crimée sont compromis. V. M. après avoir triomphé de la Russie en 1856 était devenu l'arbitre de l'Europe; après le traité de Paris Elle avait créé à la France une nouvelle alliance; en s'appuyant sur la Russie Elle dominait l'Angleterre, et paralysait son influence. A l'heure qu'il est la France est isolée, la Russie a relevé le gant, et a reconquis sa place en Europe. Que V. M. me pardonne la franchise de mes idées; l'alliance de l'Autriche la compromet aussi avec le parti national et libéral dont Elle était le chef en Europe. Telle est la situation actuelle, et meme en France j'ai entendu des serviteurs dévoués à V. M. et à sa dynastie en déplorer les résultats. Mais il suffit d'un mot de V. M. pour rétablir la question sur sa véritable base. V. M. a eu l'obligeance de m'exprimer son opinion favorable à la réunion d'un congrès général. .Je ne crois pas qu'on puisse sortir avec honneur de la situation actuelle qu'avec une guerre, ou avec un Congrès général. Pour moi je préfère le Congrès général; parce que dans un Congrès général V. M. pourrait se rapprocher de la Russie en obtenant de grandes concessions, et dominer la situation. Un Congrès général se réunissant pour réviser les traités de 1815 sous les auspices de l'Héritier de Napoléon Jer serait pour la France la plus éclatante des revanches de Leipzig et de Waterloo. .Je ne dissimule pas à. moi-meme les difficultés que cette solution rencontrerait de la part de l'Angleterre et de l'Autriche; mais quant à l'Angleterre, puisqu'elle déclare si hautement qu'elle ne veut pas faire la guerre. elle ne saurait, sans la plus criante inconséquence, se refuser à la discussion pacifique, et si les hommes d'Etat actuels ne sont pas favorables à cette idée, l'opinion publique qui est si puissante dans ce pays pourrait bien les forcer à l'ac,cepter. D'ailleurs je crois qu'on pourrait amener ,l'Angleterre à ce but qu'on désire, en lui laissant entrevoir qu'on ne veut pas dans ce moment bouleverser l'Orient. Quant à l'Autriche, il est temps que l'Europe sache

la vérité, que les masques tombent, et que l'on connaisse la Puissance dont les intél'ets s'opposent à la pacification générale. Un appel frane et loyal de V. M. ne saurait ètre méconnu. Si en dernière analyse les Cabinets de Londres et de Vienne refusent de s'associer au sentiment généreux qui a dicté la pensée de réunir un Congrès, il sera temps alors de nouer de nouvelles alliances, il sera temps que la pression de l'opinion publique en Europe force l'Angleterre et l'Autriche à s'associer aux efforts de V. M. V. M. a déclaré que la question Polonaise est une question Européenne; le résultat négatif et l'impuissance de la campagne diplomatique seront peut-etre annoncés par Elle au Corps législatif; V. M. déclinera la responsabilité de cette solution; Elle dira qu'Elle a

tenté tous les effors pour arriver à une solution pratique. L'opinion publique pourrait cependant demander pourquoi l'on n'a pas tenté la réunion d'un Congrès général. La Russie pourra répondre qu'elle était prete à discuter dans un Congrès général (je cite les paroles qui m'ont été adressées par le Prince Gortchakow) toutes les grandes questions qui agitent l'Europe et à donner satis.faction aux exigences de l'époque.

On craint le résultat négatif de cette politique, je ne peux pas m'associer à cette pensée. Quels sont les résultats positifs de la politique actuelle? Le triomphe de la Russie, et l'impuissance relative de la France. Si l'Angleterre et l'Autriche se refusent de s'associer à la pensée généreuse d'un Congrès, la France pourra avec les Puissances, qui auraient accepté son invitation, établir logiquement un nouveau système d'alliances, elle pourra, sans qu'on puisse lui en faire le moindre reproche, tenter de venir en aide à la Pologne, en s'entendant directement avec la Russie; d'autant plus que l'immense majorité des peuples acclamerait une solution qui, en éloignant pour toujours le danger d'une guerre, aurait trouvé le moyen de donner satisfaction à ses légitimes aspirations; et je crois à l'efficacité de cette solution bien davantage après les explications que V. M. a daigné me donner. C'est en coupant dans le vif, m'a-t-Elle dit, qu'on pourra créer la tranquillité d'Europe. Un Congrès, qui resterait à des palliatifs, mieux vaut qu'il ne se réunisse jamais. Il faut que les équivoques disparaissent, que les contradictions s'effacent; il faut que dans un Congrès, où se trouveraient en opposition les grands principes qui agitent l'Europe, V.M. qui est le chef nature! du grand parti du progrès, de la liberté, de la souveraineté nationale, puisse dire aux autres souverains: derrière moi il y a toute l'Europe libérale. Jamais ròle plus éclatant ne serait échu à aucun Empereur. C'est en portant les armées dans toutes les parties de l'Europe que l'Empereur Napoléon Ier a semé les germes de la civilisation et du progrès; c'est à l'Héritier de sa gioire et de son tròne d'accomplir avec les

armes de la paix cette oeuvre colossale. Mais si V. M. craint un refus, si Elle ne veut pas compromettre la France, qu'Elle accepte au moins l'invitation qui pourrait lui etre adressée par un autre Souverain. Le Roi d'Italie est fondé à demander la réunion d'un Congrès, lui plus qu'aucun autre souffre des équivoques et des contradictions de la politique actuelle, lui plus que personne est intéressé à ce que les grandes questions reçoivent une solution conforme aux principes libéraux; représentant des idées nationales aussi bien que vous, Sirer

il voit avec indignation l'alliance de l'Autriche, qui est la négation de ce principe, préférée à la sienne, il voit la question Polonaise, qui est une question nationale et libérale, devenir une arme aux mains de ses ennemis. L'Italie ne saurait mépriser cette position, elle ne peut laisser prendre à l'Autriche la revanche de 1859; c'est déjà assez pour la cause des nationalités et de la liberté que la Russie ait pris en 1863 la revanche de 1856; en définitif elle ne peut pas laisser la réaction triompher et se renforcer. Vous savez, Sire, que je ne vous ai jamais dissimulé ma pensée sur la question Italienne: une crise pourrait éclater dans un moment plus ou moins rapproché; ne croyez pas, Sire, que

l'esprit national sommeille en Italie; la sagesse et la prudence de ses hommes d'état ont éloigné le danger, mais ils ne I'ont pas écarté. Il y a des questions qui reviennent toujours. La demande d'un Congrès général relèverait l'Italie, l'engagerait dans une voie de sagesse et d'ordre; la France en acceptant cette· proposition de la part de l'Italie se vengerait des tergiversations de l'Autriche; en fait de revanche ce serait la revanche du Congrès de Francfort. Je n'ai plus qu'un mot à ajouter, et j'ai fini: Vous savez, Sire, le profond dévouement que je vous porte, vous savez, j'ose l'affirmer, que j'ai pour vous dans mon coeur un sentiment d'admiration et de reconnaissance que rien ne saurait affaiblir; souffrez, Sire, que je vous le dise, le moment actuel est supveme pour l'Europe, pour votre Dynastie, et pour la cause de la liberté. Fiez-vous à vos amts; et vos amis, Sire, c'est nous, ce sont les hommes libéraux de l'Europe, qui vous demandent d'accomplir l'oeuvre que vous avez initiée.

(1) Trasmesso a Parigi il 28 ottobre (cfr. n. 230).

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 846. Torino, 1 novembre 1863, ore 17,05.

Veuillez me dire si la nouvelle répandue par la Nation du remplacement des français à Rome par une garnison espagnole a quelque fondement.

238

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1347. Parigi, 1 novembre 1863, ore 18,05 (per. ore 19).

Plut à Dieu que ce fut vrai, malheureusement je ne puis vous donner cette bonne nouvelle.

239

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 1 novembre 1863.

Alcuni giornali che si presumono essere bene informati, e fra essi in ispecie il MémoriaL DipLomatique, parlarono d'una Nota diretta da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys nel Giugno scorso al Gabinetto di Vienna per offrire all'Austria alcune guarentigie in caso di guerra.

Il tenore ambiguo delle Frasi adoperate dal MémoriaL DipLomatique nel dare questa notizia ne scema a mio credere la verisimiglianza. Tuttavia l'opinione pubblica si preoccupa di questa comunicazione, ed alcuni temono che le guarentigie di cui si tratta si riferissero ai possedimenti austriaci in Italia.

Desiderando d'essere in grado di dare, ove occorra, alla Camera delle spiegazioni precise su questo incidente dei negoziati seguiti fra l'Austria e la Francia intorno alla questione polacca io la prego, Signor Cavaliere, di volermi far conoscere ,se le note di cui parlò il MémoriaL DipLomatique furono realmente indirizzate dal Gabinetto di Parigi a quello di Vienna, e sovratutto di qual genere di guarentigie intendesse parlare il Signor Drouyn .de Lhuys.

240

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 1 novembre 1863.

In questo momento che son quasi le sei, certo Signor Young, che abita Torino, viene a dirmi che parte questa sera; se lo avessi saputo prima, non avrei forse cifrata la lunga mia lettera che ti accludo. Non conoscendo però il Signor Young che pochissimo, e trattandosi di cosa che deve rimanere segretissima, mando le ciffre poichè sono più tranquillo.

Come vedrai, le cose s'incamminano per il meglio, in verità l'idea fu felice, trattasi ora di condurla a buon termine, per ciò fare sembrami indispensabile, da quanto dissemi anche Rouher che mi mandiate (e potrete servirvi per l'invio del mezzo di Carolina che passa la sera del sette a Torino, alla stazione), una lettera nella quale esponete a me confidenzialmente le vostre idee, e ciò onde basare le prime private e segrete negoziazioni, ed anche per dare una prova a persona così seria come lo è Rouher di quanto io ho avanzato, non che Egli dubiti menomamente di me, ma bisogna pure che Egli sappia per mezzo di una lettera a comunicarsi come il Gabinetto di Torino riponga in Lui tutta quella confidenza che è necessaria in si grave materia, e che Egli merita sotto ogni rapporto.

Ho atteso a far la communicazione che proprio mi cadesse la palla al balzo; dalla lettera cifrata vedrai che avrei potuto farla un giorno prima, attesi ancora, ma ieri sera sarebbe stato errore il ritardare. Oggi ho rendez-vous colla stessa persona nel suo Gabinetto, vuol .conoscere molti dettagli sopra le nostre questioni e sapere quanto s'è veramente passato, lo informerò di tutto e se qualche dettaglio mi mancasse, ricorrerò a Nigra col quale sono benissimo e camminiamo di buonissima intelligenza. Rouher consente ad intendersi privatamente anche con Lui, ma Egli vuole anzi tutto conoscere le vostre intenzioni e mandarvi le osservazioni che crederà necessarie alla riuscita; tutto adunque deve passarsi, ripeto, nel più grande segreto, Nigra conosce gran parte di quanto s'è passato, ma per il momento Rouher vuole che io non dica di più; se quanto si propone da Torino non fosse attuabile Egli desidera non resti traccia di questa pratica, tutta amichevole e confidenziale.

Col corr:iere di ieri avrai ricevuta la lettera di Nigra (1), questa ti parla, a quanto dissemi, del discorso Imperiale sul cui contenuto le rivelazioni sono ancora vaghe e contradittorie, credesi però generalmente che anche forse senza volerlo S. M. I. lascerà travedere il suo malcontento, non solo verso la Russia, ma anche dicesi verso l'Austria, io però su questo proposito non ne so di più di quanto ha potuto sapere e dirmi il nostro Ministro.

Vedo che alcuni giornali Italiani hanno già incominciata la campagna per la Venezia, dacchè son qui io ho molto modificate le mie idee in proposito. O l'Austria si decide definitivamente a star colla Francia contro la Russia, ed in questo caso la questione Veneta viene per conseguenza diretta sul tappeto; se l'Austria poi, come ·credo tutt'ora, persiste nell'attuale condotta politica, avremo qui due correnti, i nostri amici che saranno per la Questione Romana, e Empereur, che forse personalmente indispettito per la condotta del Cabinet Autrichien, non sarà malcontento che in Italia gli si fornisca occasione a prendere la sua revanche; da questo ragionamento, che parmi semplice, capirai che sarà d'uopo scegliere quella delle due questioni ·che si vedrà maggiormente appoggiata, senza pregiudicare preventivamente nè l'una nè l'altra. Quindi penso che pel momento la questione della Venezia non convenga spingerla troppo, perchè Rouher sarebbe a questa contrario, e potressimo perdere il suo appoggio da una parte, senza essere sicuri d'aver dall'altra quello dell'Empereur.

Ho veduto lungamente e ripetutamente Thouvenel, l'ho veduto solo e con Rouher e con La Valette e posso dirti che esiste contro Drouyn de Lhuys una vera e forse troppo conosciuta congiura. Non ho mancato di far sentire a La Valette ed anche a Thouvenel che per il momento non bisogna spingere troppo, anzi tutto è necessario che Rouher riesca; al suo successo, io credo, sta legata in gran parte la riuscita di una politica sensata e liberale, ma è d'uopo far la parte del carattere individuale e da Rouher si potrà molto ottenere se si saprà cedere gradatamente e con moderazione.

Ti prego dire al Ministro della Guerra che all'Imperatore ed al Ministero Guerra son giunti i migliori ragguagli circa all'organizzazione deU'Armata italiana. Han fatto miracoLi, questa è la frase che da tutti s'adopera parlando della nostra Armata, la rivista dei 300 cannoni produsse buonissimo effetto

21 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

come pure ne produrrà uno eccellente la rivista della Flotta che avrà luogo a Napoli.

Anche dall'Italia Meridionale son giunte qui favorevoli informazioni, nessuno dubita più della stabilità del Governo in quelle Province; nel resto d'Italia l'unificazione era già da un pezzo nella persuasione generale.

All'attuale Ministero ,si rende giustizia, se ne approva pienamente la saggia condotta, vi son riserve per le nostre Finanze, ma qui vi contribuiscono le intenzioni secondarie del Ministro delle Finanze, che non è con noi che nella questione Romana, alla quale fece più male che bene sollevandola recentemente ed inopportunamente in un Consiglio dei Ministri.

Dirai al Presidente del Consiglio che per il Des Camps la cosa è accomodata, non fu mai dimesso dal suo posto, non ha patito danno alcuno, Egli è sotto gli ordini di Nieuweckerrcke, il quale non ha nulla in contrario a che faccia la corrispondenza per l'Italia, qualora questa non sia contraria al Governo Imperiale. Nieuweckerke consiglia però esser meglio che Minghetti non abbia con lui corrispondenze confidenziali.

Communicando questa mia al Presidente del Consiglio, le dirai che quanto scrivo in cifra è tanto importante da valer la pena d'un mio viaggio a Torino, noi feci per evitare i commenti, ma attendo con impazienza la Vostra lettera ostensibile, communicata questa non uscirà dalle mie mani, ma è d'uopo che le intenzioni vostre sieno confidenzia•lmente conosciute. Mandami la lettera in francese, e questa separata da quanto potrai o vorrai dirmi confidenzialmente.

Io non ho che ringraziamenti a farvi per la confidenza che Minghetti e gran parte del Ministero mi dimostra; io a questa contraccambierò con altrettanta franchezza e lealtà, ma vi prego non mi lasciate senza vostre lettere. Il Conte di Cavour ebbe, credo, a lodarsi di me, spero che continuando nella stessa via voi pure sarete contenti del mio operato.

Prego, a mio nome, Minghetti di far sentire a S. M. che io qui mi occupo dei suoi e comuni interessi e che a giorni avrò l'onore di scriverle lungamente. Non dimenticare la Croce Commendatore di cui ti ho parlato e scritto, Nigra la trova pure opportuna.

P. S. -Spero che con Sartiges vi sarete tenuti nelle maggiori riserve nulla aggiungendo a quanto dissegli Minghetti prima della mia partenza.

(1) Cfr. n. 234.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 26. Torino, 2 novembre 1863.

Mi approfitto della partenza di Doria e Le scrivo di fretta due ,righe. Ella sarà stata un po' meravigliata di tutti i dispacci telegrafici di questi giorni a proposito del viaggio di Pasolini. Ma Ella sa che il nostro amico non può essere accusato di non vedere nelle quistioni il lato dei dubbi e delle diffi.coìtà.

Eppure è il caso di dire Paris vaut bien une messe. Non Le esporrò per filo e per segno tutte le quistioni di metodo e di forma sollevate e discusse, perchè la cosa non La divertirebbe più di quello che abbia divertito me.

La conclusione è che Pasolini partirà, ma egli non vorrebbe partire senza essere assicurato che la risposta del giorno sei non sarà negativa e tale da togliere ogni scopo al viaggio. Era forse preferibile partir subito. Ormai meglio vale attendere la risposta. A meno che la risposta stessa non ci sia dato presentirla prima.

Non ho creduto una parola delle voci sparse sugli Spagnuoli. Ho mandato il telegramma (1) poichè ne ero richiesto, convinto che non poteva avere altro inconveniente che di farvi sorridere un poco.

Manderò il Gran Cordone pel Baciocchi. Vimercati non sa naturalmente nna parte del progetto. Egli mi scrive che è contento delle disposizioni di Rouher. Pepoli partirà di qui per Parigi sabato, più fiducioso che mai nelle sue idee di congresso. Egli si tratterrà a Parigi quattro o cinque giorni.

242

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, A PARIGI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 3 novembre 1863.

Le Marquis Oldoini, auquel lors de la reconnaissance du Royaume d'Italie par le Granduché de Bade, on avait laissé entrevoir la possibilité de sa nomination au poste de Chargé d'Affaires à Carlsruhe est venu dernièrement faire de nouvelles instances pour la réalisation de ce projet. Comme il serait réellement utile d'avoir dans l'Allemagne méridionale un Agent qui put, dans des circonstances données, nous fournir des informations et des nouvelles, je dois vous prier, M. le Comte, de profiter de votre retour à Francfort pour passer par Carlsruhe, et d'entretenir confidentiellement M. de Roggenbach de ce projet. L'attitude du Gouvernement Granduca! dans le Congrès de Francfort, le courage qu'il a démontré vis-à-vis de l'Autriche, excluent, à mon avis, la pensée que des raisons politiques lui empechent d'admettre à Carlsruhe la présence d'un diplomate italien. En accentuant de plus en plus ses sympathies pour l'Italie le Gouvernement Badois gagnera en popularité soit en Allemagne soit en Europe. Du reste, si, par des raisons financières, le Gouvernement du Granduc ne pouvait envoyer immédiatement de son còté un représentant à Turin, vous pourrez laisser entrevoir à M. de Roggenbach que tout en étant heureux de recevoir de lui cette nouvelle preuve d'amitié, nous sommes loin cependant d'en faire une condition préalable pour établir de notre còté une Légation à Carlsruhe.

Je me repose complètement sur votre tact pour arriver au but que nous nous proposons...

(1) Cfr. n. 237.

243

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 3 novembre 1863.

* Hier j'ai eu longue entrevue Rouher charge de vous dire formellement son acceptation communication. Il faudra fìxer projet qui rendu à ses yeux acceptable il le soutnettra secrètement à l'Empereur; à son avis il faut que tout soit prèt dans un mois et demi. J'aurai bien de choses à vous dire au retour du voyage du Roi; il faudra qu'une dépèche en clair m'appelle à Turin motivant affaire chasse; ce voyage me pèse mais je crois utile s'entendre sur projet à présenter * (1).

Sono impaziente di ricevere tue lettere o di Minghetti, io metto tutta la premura ad eseguire ciò di cui m'avete incombenzato, ma lontano, senza lettera Vostra, ti confesso che mi si raffredda la buona volontà, sento che ho torto, non avendo motivo a dubitare che scemi la Vostra confidenza, ma non si può vincere alla mia età, malgrado la mia conservazione, il proprio carattere.

Vedo dai giornali che tu, ed il Presidente del Consiglio state per accompagnare il Re nell'Italia Meridionale, se la vostra partenza da Torino avesse luogo H 7 o prima di tal giorno, ti prego a voler rimettere a Castelli la lettera e la Croce di Commendatore che ti ho chiesta, Egli la darà a Carolina perchè me la rimetta.

Da alcune lettere d'Italia e dai giornali, vedo esservi dell'impazienza al compimento della grande opera nazionale, so che il Ministero cerca ogni mezzo per calmare le impazienze per la questione Veneta, non ti nascondo però che in questo momento è d'uopo che la ragione moderi i sentimenti, il nodo delle grandi questioni sta per sciogHersi, e solo questo scioglimento ci potrà dettare la condotta politica, ma per il momento è necessario non pregiudicare affrettando.

244

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1354. Parigi, 5 novembre 1863, ore 14,35 (per. ore 16).

Empereur dans son discours propose congrès général. C'est à la fois, à mon avis, un expédient pour gagner du temps, et un coup de jarnac à l'Autriche.

(1) Il brano tra asterischi fu inviato in cifra.

245

KARATSAY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 5 novembre 1863.

Des circonstances de force majeure m'ont empéché constamment à réaliser mon projet tant désiré de me rendre à Turin et de vous voir. Il y a beaucoup de choses que j'aurai voulu communiquer à vous et de savoir vos opinions là dessus. La position de notre ,cause en Hongrie devient de jour en jour plus critique, plus sombre, cela pourrait mal finir si on n'y porte pas remède à temps. Puisque je connais et votre sympathie à l'égard de mon pays, et votre manière de voir quant à l'intévét qui lie notre cause à la poUtique de I'Italie, je sui:s persuadé que cela n'a point échappé à votre attention.

Si nous ne pouvons pas nous réjouir de la situation de nos affaires en général, nous sommes encore plus loin d'étre contents de leur conduite. C'est beau à dire que c'est la bonne harmonie, la condition essentielle de la réussite dans cette sorte d'affaires, mais il n'y a pas d'exemple dans •l'histoire du monde qu'il y ait eu jamais une grande association d'étres humains qu'on nomme Etat ou Nation sans y avoir à combattre plus ou moins d'opposition et à souffrir des intrigants dans son propre sein. Vous qui étes pla,cé dans les hautes régions de la machine gouvernementale, vous pouvez cela constater mieux que personne; et pourrait-on prétendre que cela ne soit pas ainsi dans la vie politique d'une nation à laquelle il manque l'appui matériel et moral d'un pouvoir constitué. D'ailleurs je tiens pour une vérité incontestable qu'il n'est jamais permis de sacrifier l'intérét public à des ménagements personnels. Vous m'excuserez de cette digression que j'ai cru nécessaire pour servir d'introduction au sujet dont je veux vous parler.

En arrivant ici du Levant, il y a plusieurs mois, je n'étais nullement satisfait de ce que j'ai appris concernant la marche et la direction de nos affaires. J'ai vu mes plus anciens et les meilleurs amis engagés dans une voie qui m'a paru tout à fait opposée à la raison. Je n'ai pas manqué de leur en exprimer mon désappointement, mais voyant que c'était parti pris, je me suis rétiré d'eux et suis resté à l'écart de toute participation à la politique de mon pays. Jugez vous meme ce que j'ai dù penser du bon sens de ceux de mes compatriotes qui s'imaginaient de mener à bonne fin nos affaires sous le patronage et la direction tant politique que militaire du Général Ti.irr!!! il ne me restait rien de mieux que de les laisser faire.

Les événements ont fait ,justice de cette étrange •combinaison. Le Général Ti.irr a lancé sa proclamation et son programme politique de Bucarest aux habitants de la Transylvanie, à l'insu de ses commettants de son propre chef; lors de la réunion de cette soidisante Diète de Hermanstadt, les actes de l'un et l'autre parti politique du pays ont répondu à ce programme dans un sens diamétralement opposé. Je ne veux pas mentionner d'autres exploits du Général Ti.irr dont il résulte qu'il a mystifié sous tous les points et à chaque occasion ses commettants, il suffit qu'il a réussi de semer la zizanie dans notre camp. Cependant, il importe de savoir comment M. Ti.irr sans mérite réel et avec ses antécédents équivoques pouvait éblouir à ,ce point des hommes intelHgents les mieux intentionnés, et d'ailleurs de caractère irréprochable. Le mot de cet énigme c'est la rélation personnelle de M. Tiirr avec M. Rattazzi qui était alors à la tete du Ministère; puis ses rapports avec certains personnages qui approchent l'Empereur Napoléon; et enfin la faveur dont il semblait jouir auprès de S. M. le Roi. C'étaient certes assez de titres pour établir son crédit et à mème de faire du bien à notre cause. L'expérience a prouvé qu'au lieu de profiter de cette belle position il en a abusé. Tant que ses mystifications n'atteignirent que ses partisans qui se plaisent à lui servir de dupes, il n'y avait rien à dire; maintenant qu'il a pris à tache de desservir votre gouvernement aux yeux des hommes assez influents en Hongrie; de discréditer le Général Klapka par des mensonges calomnieuses habilement enveloppés d'une apparence de vérité; enfin d'intriguer contre les Ministres actuels du Roi -une manoeuvre qui par paranthèse lui a valu les bonnes graces de M. Rattazzi, dans le temps du Ministère Ricasoli, et dont il entreprend maintenant une nouvelle édition -je crois rendre un service à la cause publique, presque un devoir, en vous signalant les menées de M. Tiirr. Je n'en doute pas que Vous dans votre position officielle, en vous mettant sur ses traces ne pourriez decouvrir des preuves suffisantes sur ces machinations.

Vous me connaissez assez pour savoir que ni à titre de mon passé ni par ma position sociale je ne pourrais ètre accusé de rivalité avec M. Tiirr. L'unique motif qui m'a décidé d'aborder ce sujet c'est que je vois un danger sérieux résulter de l'ingérence de cet homme dans nos affaires. C'est un intrigant consommé sans foi ni loi. Je ne connais pas ses talents secrets par l,esquels il a su mériter, à ce qu'il prétend, la confiance de S. M. le Roi, car il reste à savoir s'il possède cette confiance à ce point comme il s'efforce de l'afficher -le fait est que c'est par cela qu'il se donne du relief. C'est au Ministère de rémédier à cette anomalie dans l'intérèt de notre cause et de la sienne propre.

Employez le quelque part bien éloignée de la Capitale et des affaires politiques; òtez lui l'occasion de continuer ses intrigues; en un mot prenez une mesure quelconque qui puisse servir d'un indice indubitable à nos hommes politiques en Hongrie que ce n'est nullement le désir encore moins la volonté de Votre Gouvernement, que M. Turr soit placé à la tète de la direction des affaires de la Hongrie, car c'est ce dont il a su persuader bon nombre de mes compatriotes notables. Or, il y a une circonstance qui ne permet pas d'ignorer ou de traiter légèrement l'importance de M. Tiirr. Nous observons depuis peu qu'il y a en Hongrie des Personnages fort suspects de leur loyauté à l'égard de nos aspirations. Ils travaillent avec beaucoup de finesse au revirement de l'esprit public en faveur de la transaction avec l'Autriche. Comme ils faisaient partie de l'extrème gauche à la Diète de Pest en 1861 et sont toujours censés d'appartenir au parti d'action, il est difficile de les demasquer tant qu'ils agissent à l'ombre. Ces Messieurs ont pris à ta,che de compromettre et d'user les hommes indépendants; de dépopulariser les noms dont le prestige a survecu jusqu'à présent dans le pays; de paralyser tous préparatifs à l'action ou par des avis sages, ou par des fausses mesures; en somme d'endQil'mir la nation afin de pouvoir la persuader dans le temps donné que tout mouvement est impossible et toute aspiration à l'indépendance une chimère. C'est la raison que le Général Klapka est pris maintenant en butte par cette clique, comme le seul militaire qui par son passé par ses talents par son caractère et par sa renommée qu'il a su ,conserver à travei's les écueils d'une émigration politique, qui dis'je, serait capable de réunir tous les éléments ennemis de la domination autrichienne et d'exercer par son ascendant mora! cette autorité sans laquelle dans un mouvement révolutionnaire on ne peut pas s'imaginer ni organisation ni commandement ni armée. Par conséquent on ta,che à se defaire de lui, et ainsi de suite rendre tous les hommes de mérite les uns apDès les autres impossibles.

Eh bien! Ces Messieurs sont ceux qui ont mis sur la scène politique en Hongrie le Général Tiirr; qui ont fait et qui font incontinemment des réclames dans les journaux du pays pour populariser son nom, et de l'ériger pour ainsi dire en drapeau qu'ils pourront briser quand bon leur semblera; et il faut noter que cela se passe au moment où la presse en Hongrie est sous la censure des tribunaux militaires autrichiens. Donc je le répète qu'il est dangereux de laisser courir à M. Tlirr ses chances -il se peut que lui mème ne se doute guère du but auquel il sert d'instrument -tout de meme le résultat de son activité politique dans nos affaires ne peut etre que funeste à nos plus légitimes espérances.

Veuillez, M. le Commandeur, réfléchir sur tout ce que je viens vous exposer et tachez par votre influence de trouver remède au mal. Nous voyons que tout le monde est d'accord dans l'opinion que l'Europe est à la veille d'une grande conflagration, je ne puis croire que l'Italie voudrait rester, en ce cas, les bras croisés et ne pas profìter pour finir sa tache. Il depend du ,gouvernement italien que la Hongrie le seconde, si telle sera son intention j'ose emettre cet avis d'après l'expérience des dernières années: qu'il faut éviter toute combinaison politique tout pourparler avec les provinces danubiennes, et s'astreindre strictement à l'organisation militaire de l'insurrection en Hongrie. A cet effet il est également indispensable pour la réussite d'éviter ['ingérence des hommes politiques du pays, cela doit rester une opération purement militaire et en cela il n'y a pas de choix pous n'avons que Klapka qui puisse répondre aux exigences.

Quant à M. Tlirr soyez en sur et certain que si votre gouvernement voulait négliger de l'éloigner de l'action politique et de lui imposer silence, il fìnim par mettre sens dessus dessous tout le monde en Hongrie et quand il sera trop tard d'y rémédier. Soyez persuadé que j'ai longtemps hésité avant de me décider à vous écrire sur un sujet si odieux, ce n'est pas mon genre d'attaquer les gens qui ne m'ont fait pas du tort personnellement.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 850. Torino, 6 novembre 1863, ore 21,30.

Veuillez me dire par télégraphe quelle impression a produit le discours de l'empereur sur le Gouvernement anglais.

247

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 189. Parigi, 7 novembre 1863 (per. il 9).

Ebbi jeri dal Signor Drouyn de Lhuys le spiegazioni che l'E. V. m'incaricò di domandare al Governo Imperiale col dispaccio di Gabinetto del l o corrente (1).

Domandai al Ministro degli Affari Esteri dell'Imperatore se esisteva una nota o un dispaccio del Governo Francese offerente guarentigie all'Austria in caso di guerra, quali potevano essere queste guarentigie e se esse si riferivano ai possessi italiani dell'Austria.

Il Signor Drouyn mi rispose che effettivamente aveva scritto ai rappresentanti di Francia a Londra e a Vienna incaricandoli di assicurare i Governi d'Inghilterra e d'Austria che nel caso in cui, in seguito dell'azione comune esercitata nella QUestione polacca, i loro Stati rispettivi fossero stati aggrediti dalla Russia, la Francia si sarebbe considerata come loro solidaria e li avrebbe ajutati.

L'offerta di solidarietà e d'ajuto era dunque diretta ad entrambe le Potenze, Inghilterra ed Austria, ed era limitata al caso concreto, cioè a quello in cui per effetto dell'alleanza l'una delle Potenze alleate avesse avuto a subire l'aggressione della Russia sul proprio territorio.

Il Signor Drouyn de Lhuys m'assicurò quindi che non v'era stata e non poteva esservi stata questione dei possessi italiani dell'Austria. Del resto la nota a cui si allude sarà, secondo ogni probabilità, pubblicata nel libro giallo.

248

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. s. N. Parigi, 7 novembre 1863 (2).

Col mezzo del telegrafo ebbi l'onore di mandare a V. E. il discorso pronunziato avantieri dall'Imperatore all'occasione dell'apertura della nuova Sessione legislativa. Devo ora segnalarle l'impressione profonda prodotta in Francia da questo importante documento e principalmente da quella parte di esso che concerne ·la politica estera. L'Imperatore, pigliando le mosse dalla questione polacca, segnala gli elementi di dissoluzione e di disordine che minacciano la pace dell'Europa; dichiara arditamente che le basi su cui si fonda il diritto pubblico attuale crollano d'ogni parte; condanna il sistema di diffidenza e d'armamenti esagerati che costituisce uno stato di cose che non è nè la pace nè la guerra; e per rimediare a questi mali fa un appello alle coscienze ed alla ragione degli uomini di Stato di tutti i paesi, proponendo un Congresso gene

rale di tutte le Potenze Europee, il quale sostituisca ad una condizione precaria e pericolosa una situazione stabile e regolare, e concilii l'interesse ben inteso dei Sovrani colla legittima aspirazione dei popoli.

Questo generoso tentativo (quale che possa esserne l'esito definitivo), e le dichiarazioni con cui fu espresso, t:-overanno, non ne dubito, in Italia, come trovarono in Francia, una generale approvazione. I principii manifestati dall'Imperatore sono quelli stessi su cui si fonda il nuovo regno d'Italia. Due gravi questioni italiane, Roma e Venezia, finchè rimangono insolute, minacciano la pace dell'Europa al pari e più della questione polacca. L'Italia deve quindi accettare con impegno l'occasione che le è posta di tentarne la soluzione pacifica.

Dalle parole stesse del discorso Imperiale e dalle spiegazioni datemi in seguito da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys sono facoltato ad assicurare il Governo del Re, ,che al futuro Congresso, ove si aduni, l'Italia sarà collocata sullo stesso piede di qualsiasi altra Potenza, e che nessuna delle principali questioni europee, e quindi nè quella di Roma, nè quella di Venezia, verranno escluse dalla discussione.

L'Imperatore ha diretto, il giorno stesso dell'apertura della Sessione, una lettera di convocazione al Congresso a tutti i Sovrani d'Europa. Quella destinata a S. M. il Re giungerà oggi stesso a Torino.

(1) -Cfr. n. 239. (2) -Il rapporto reca questa data ma fu redatto in seguito per un'eventuale pubblicazione(cfr. n. 349).
249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 28. Torino, 8 novembre 1863.

Abbiamo seguito alla lettera il vostro consiglio e il Re, appena ricevuta la lettera dell'Imperatore, gli telegrafò (1) che accettava la proposta del Congresso e lo felicitava della sua generosa iniziativa.

Non occorre che vi dica quale impressione abbia fatto in Italia il discorso dell'Imperatore, dopo tanti mesi di disappunti. Qualunque ne siano le conseguenze, noi ci troviamo sopra il nostro terreno. H Re è parUto di buonissimo umore e, com'è naturale, nel Congresso egli vede la guerra sopratutto.

Ora senza lanciarci in previsioni remote, siamo ansiosi di sapere in quali modi pratici s'incarna nell'animo dell'Imperatore e nel linguaggio di Drouyn de Lhuys la proposizione generica del Congresso. Quali sono le idee in questo proposito? Si intendono specificare le quistioni e quali? Alla lettera dell'Imperatore il Re risponderà per lettera da Napoli. Il Governo dovrà poi mandare ai suoi rappresentanti all'Estero un dispaccio per esporre il suo modo di vedere e i motivi della sua accettazione. Favoritemi in questo propostto i vostri consigli, poichè voi siete in buona posizione per giudicare sino a che punto le nostre dichiarazioni debbono essere esplicite.

• J'ai lu le discours de Votre Majesté et reçu sa lettre. J'accepte le congrès avec toutes ses conséquences et je vous félicite de votre généreuse initiative ».

Pepoli vedrà l'Imperatore. La sua posizione, dopo il trionfo dell'idea d€1 Congresso, è eccellente e può riuscire assai utile, anche a Pietroburgo. Egli si è qui inteso con noi perchè nel suo colloquio coll'Imperatore cerchi di saperne l'intenzione. Quanto a noi se dobbiamo fare delle dichiarazioni generiche, possiamo dire che accettiamo per base della ,questione veneta H Proclama di Milano, e per base della questione romana la lettera dell'Imperatore.

Fatemi il favore in questi giorni del viaggio del Re, cioè sino a sabato, di telegrafarmi tutte le notizie di qualche importanza che avrete, poichè il Re ama di ricevere dei dispacci telegrafici.

(1) Il telegramma del Re, ed. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, raccolte da F. CoGNASSo, Torino, 1966, vol. I, p. 766, reca la data 7 novembre ed è del seguente tenore:

250

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 244. Londra, 8 novembre 1863 (per. il 13)

Ho ric,evuto Venerdì notte il Telegramma (1) col quale V. E. m'esprimeva il desiderio di venir informato dell'effetto prodotto sul Governo della Regina dall'importantissimo discorso di S. M. l'Imperatore Napoleone.

Non avrei aspettato ricevere istigazioni se mi fosse riescito possibile avere informazioni in proposito. Ma tanto Lord Palmerston che Lord Russell erano in campagna e benchè aspettati in giornata non mi era dato di vederli fin oggi. La migliore autorità alla quale indirizzarmi era Lord Palmerston dovendo da questo Ministro dipendere in gran parte l'impulso a darsi all'intero Gabinetto.

Egli mi ricevette stamane ed informatolo dell'oggetto della mia visita ecco a un dipresso quale ne fu il risultato.

A Lord Palmerston non pare che il Discorso Imperiale si debba prendere come celando viste recondite. Egli si contenta di prenderlo qual'è. Non crede per conseguenza che si debba giudicarlo altrimenti che in senso più pacifico che altro.

Egli non vede ancor precisamente questa guerra, di cui tanti parlano, dove dovrebbe principiare. Non vede nemmeno il grande utile che ne dovrebbe nascere per la nazione Francese per incontrar le enormi spese e perciò non trova che, anche mancando il Congresso, ne seguiti di necessità lo stato di guerra.

Quanto al Congresso desidero di stabilire chiaramente che Lord Palmerston non intende dar opinione di sorta finchè coi Ministri suoi Colleghi egli abbia potuto esaminare la quistione e ponderarne gli argomenti. Questa potrà aver luogo nei Consigli che si faranno dentro questo mese.

Ma discutendo la cosa in privato e interamente dalle sue opinioni personali Lord Palmerston parte da questo principio che non vede necessità di abrogare il patto Europeo del 1815 che riorganizzò l'Europa allora sconvolta per le guerre Napoleoniche e che, se venne modificato, lo fu per con

senso delle Potenze, eccetto nel caso di Cracovia per parte dell'Austria e nel caso dell'Italia ultimamente compresovi la cessione di Nizza .e della Savoja.

Nel 1815 i Sovrani legittimi erano stati spossessati dalla Francia; i Francesi alla loro volta avean dovuto cedere •alle Armate Alleate, quindi trattavasi di ripristinare i primi Possidenti e di pattuire certi accordi solenni per la riorganizzazione del Continente. Era in quel punto una imperiosa necessità che in questo momento non esiste trattandosi invece di spossessare gli occupanti. I quali sicuramente saran mal disposti a prestarsi a questa operazione procustea a principiare per esempio da noi ai quali forse toccherebbe discutere il cambio della Venezia col Regno di Napoli onde conformarci alle note teorie Imperiali sul pericolo dell'unità Italiana e sui vantaggi (per la Francia) della Confederazione. Se a questo si unisce il mantenimento del dominio temporale del Papa a Roma coll'obbligo per noi di riconciliarci colla S. Sede, Lord Palmerston non pensa che per cominciare ci garberebbe molto.

Quindi l'Austria pei suoi possedimenti nel Veneto domanderebbe compensi in denaro da noi ed inoltre compensi a spalle della Turchia che per questo verrebbe a malincuore al Congresso.

La Prussia e la Russia perderebbero i loro possessi in Polonia. Cosa riceverebbero in contraccambio?

La Germania metterebbe in campo l'idea dell'unità colla mediatizzazione di almeno parecchj dei suoi piccoli Sovrani. Cosa ne direbbe la Francia che se non vuoi l'Italia unita vuol meno ancora una Germania unita?

La Spagna forse domanderebbe niente ma appoggerebbe le teorie Papaline. Inoltre posto in prima linea che le ·contravvenzioni ai Trattati del 1815 sien state ratificate dalle Potenze fuori che nei casi sovradescritti, nè può trovarsi a ridire a quanto si ratificò nè pare che le Potenze, i cui titoli sono ancora privi di queste ratifiche, debbano essere molto impazienti di vedersi a discutere i loro titoli. Parrebbe più semplice l'opposto. Cioè si dicesse • pensiamo all'avvenire e non parliamo del passato •.

Non negò del resto che l'Italia, paese indipendente, non potesse alienare Nizza e la Savoja. Ma notò che almeno non potea annullare quanto era stato pattuito nel 1815, la neutralità del Chablais.

Questo per la parte che riguardava altrui; per riguardo all'Inghilterra disse che prima di decidere qual via essa terrebbe conveniva esaminare la quistione in Consiglio dopo d'aver probabilmente ottenuto li seguenti dati:

Sapere cosa ne pensassero gli altri Gabinetti. Sapere un po' più esattamente che quistioni si dovrebbero trattare e quali basi assumere.

Soggiunse che avea resistito alle istanze Polacche di dichiarare la Russia decaduta dai diritti statigli conferiti dai Trattati sulla Polonia perchè allora a Pietroburgo si sarebbe volentieri accettata una teoria che lasciava solo esistere il diritto di conquista.

Disse che in Russia era naturale che si dicesse ammettere la cessazione dei Trattati levando così il motivo che avea l'Inghilterra d'intromettersi.

Disse essere i Trattati stati conchiusi pel mutuo interesse e coll'accordo delle Potenze e non veder perchè s'innoverebbero.

Gli feci osservare che i Trattati del 1815 andavano a pezzi appunto perchè concertati dai Generali e dai Sovrani in un momento di spiriti concitati e quasi di prepotenze. E non essendosi consultati gl'interessi dei popoli, appena questi si sentivano forti abbastanza mandavano gli accordi e i Sovrani a spasso.

Trattasi dunque di cercare di antivenire a nuove rivoluzioni e di coordinare l'Europa tenendo conto di elementi d'opinion pubblica che non s'ascoltavano nel 1815.

Gli citai l'esempio del Belgio separato dall'Olanda e fiorente. Gli citai le nostre Contrade Italiane in cui s'eran imposti Arciduchi e Infanti per la semplice ragione che non se n'era saputo cosa fare e questi pis-aller avean prodotto il loro sfratto. Ma egli lo attribuì a mal governo.

Dover quindi vedere l'Inghilterra se le conveniva più accettare l'eventualità pacifica offertale dall'Imperatore il quale forse faceva appello all'opinion pubblica riservandosi di dire quando verrebbe la guerra che non s'era potuto fare altrimenti.

Quanto alla Guerra Lord Palmerston ripeté che non capiva troppo dove si volesse guerreggiare. Parlai della Polonia. Ed egli domandò dopo passate in rivista operazioni militari anche supposte vittoriose per la Francia, di quale Polonia si tratterebbe. Dissi che colla Guerra in Polonia l'Imperatòre prevederebbe anche un'altra colla Prussia e quindi il Reno alla Francia. E Lord Palmerston rispose che benchè separata in questo momento dalle viste che reggono la Prussia, l'Inghilterra non potrebbe essere indifferente alla perdita delle Provincie Renane.

Del resto parlò delle complicazioni del Messico, della necessità di mantenervi un'Armata Francese di 50 mila uomini. Parlò delle spese ingenti che costava il guerreggiare di là dell'Atlantico, disse che all'Inghilterra avea costato il mandar rinforzi di qualche migliaja d'uomini al Canadà un milione di Sterline. Dunque durar fatica a credere che l'Imperatore volesse prendersi

pesi d'una guerra generale.

La ·conclusione di questi discorsi mi par dunque che se il Congresso non è probabile non lo è nemmeno una guerra nella mente del Primo Ministro Inglese a meno di ·circostanze imprevedute. Ma benchè non più favorevole a un Congresso di quello che lo sia stata per gli ultimi due anni, l'Inghilterra è disposta e, diciam meglio, Lord Palmerston è disposto a esaminare a fondo le proposizioni che gliene saran fatte, e per conseguenza a non rigettarlo in principio.

Per quanto riguarda l'Italia Ella, Signor Commendatore, sarà meglio al caso di giudicare dell'esattezza dei dati che ispirarono al primo Ministro il suo linguaggio. Quanto le vien scritto da Parigi potrà confermarli o diminuirne l'importanza.

(1) Cfr. n. 246.

251

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 9 novembre 1863. Ti ringrazio della tua lettera scritta sotto l'influenza entusiastica del Messaggio Imperiale, se dovessi associarmi al giudizio generale della diplomazia, dovrei frenare la tua ammirazione, ma preferisco dividerla e convenire con te, che le parole pronunciate dall'Imperatore segnano una nuova era nella storia contemporanea, il malcontento dei diplomatici deve essere per noi una ragione di più ad applaudire a quella franca ed elevata parola. Colla proposizione di un congresso basato sulla totale distruzione dei Trattati del 1815, l'Imperatore annulla tutto quanto s'è fatto fin ora, e con una frase, diitrugge le ·conseguenze di una falsa ed erronea politica; il Congresso non avrà probabilmente luogo, ma anche dalle semplici adesioni o rifiuti, ne sortiranno alleanze sulle quali Napoleone III potrà contare, lasciando ad altri la responsabilità delle gravi complicazioni politiche che minacciano l'avvenire. Se nel discorso non si parla d'Italia, non v'è neppur parola per Roma, anzi il silenzio riguardo al Papato è molto più significativo inquantochè son citate • comme des occupations obligées celle du Mexique et de la Cochinchine, e nel numero, des occupations obligées, celle des Etats Pontificaux n'est pas comprise •. Dell'Austria pure non è parola che per segnare un insuccesso, e qui vi fu modificazione al primo progetto di discorso che l'Imperatore aveva preparato, in questo la cooperazione del Gabinetto di Vienna, veniva distinta da quella del Gabinetto inglese con una frase poco benevola, che S. M. Imperiale modificò in seguito alle osservazioni del Ministro di Stato, che giudicò inopportuno il mostrare ostilità nel momento in cui una lettera autografa di Napoleone III, la chiamava nell'interesse europeo ad un congresso. Anche le frasi dirette alla Russia furono modificate, notevolmente quella che parlando dei Trattati del 1815 dice che quella Potenza • les foule aux pieds à Varsovie •, eravi invece quando il discorso fu sottomesso al Consiglio dei Ministri • La Russie les noie dans le sang à Varsovie • ciò deve averti scritto anche Nigra, al quale comunicai il fatto la sera prima che il discorso venisse pronunciato. Quando appena giunto qui ti scriveva che sembravami intraveder ragioni ad esser contento, il fatto dimostra ora che era nel vero, se non ho potuto darti maggiori ragguagli egli è perchè, assente da molto tempo, ho dovuto riannodare tutte le mie relazioni, ed ora mi trovo in misura di tenerti al corrente di quanto si progetta e si discute fra le persone su le quali l'Imperatore appoggia l'attuazione della sua politica. Il progetto di congresso a nessuno può meglio quadrare che all'Italia,

poichè nessuna Potenza si presenta al congresso, se ha luogo, con una linea di condotta più nettamente e francamente tracciata.

Fra le Potenze, quelle che prima delle altre sembrano rifiutare l'adesione loro al congresso, sono l'Inghilterra e sopratutto l'Austria, le quali faranno quanto sta in loro per guadagnar tempo sperando nelle compllicazion[, ma qui il partito è preso di camminar diritti allo scopo onde aveve dalle Potenze,

o un deciso rifiuto, o un'adesione completa.

La quasi minaccia contenuta nella frase Imperiale: « Mais quand mème la proposition ne serait pas unanimement agréée, aurait l'immense avantage d'avoir signalé à l'Europe où est le danger, où est le salut • riferitasi ai renitenti al ,congresso lascia a noi campo a prender l'iniziativa, e sarà veramente il caso d'armare l'Ungheria, preparandoci ad entrare in campagna, sicuri dell'appoggio francese e forse anche della Russia, la quale potrà concedere ad un rimpasto territoriale, quanto negò alla pressione che su di essa volevano esercitare le tre Potenze coalizzate per la questione di Polonia.

Una conversazione che ebbe luogo fra l'Imperatore e la Principessa Matilde dopo il discorso, è meritevole di considerazione; S. M. Imperiale incaricando la Cugina, di scrivere in Russia e di parlare a Budberg, onde ottenere al più presto dal Gabinetto di Pietroburgo l'adesione al congresso, soggiungeva, • L'Autriche pourrait nous payer bien cher sa conduite, et le refus de sa coopération •, vedi da questo come sia necessario il lasciar un po' di tempo, preparandoci allo sviluppo degli eventi.

L'idea di un congresso non mi ha mai sorriso, ma quando questo ha per scopo di rimpiazzare altri trattati a quelli del 1815, sostituendone dei nuovi, che avranno per base la consacrazione della sovranità popolare, la cosa cambia essenzialmente, poichè la riunione abbia luogo o no, l'Italia travasi nell'alternativa, o di portare francamente sul tappeto le nostre questioni vitali,

o d'esser quasi arbitra dei destini d'Europa, incominciando una lotta che l'Imperatore aveva prevista e voleva evitare.

Deve ieri esserti giunta a Torino la lettera dell'Imperatore al Re, ne avrai certo ammirato il linguaggio franco ed elevato.

M. Rouher e Thouvenel, m'incaricano di far pervenire a Torino il consiglio, che credo inutile, di far che S. M. il Re risponda subito alla lettera dell'Imperatore, aderendo completamente alla riunione del congresso; produrrebbe buon senso che la lettera del Re d'Italia fosse la prima a giungere al Gabinetto delle Tuileries; spero che l'assenza del Re non sarà causa di ritardo.

Dopo la comunicazione fatta a Rouher, abbiamo frequenti conversazioni in proposito ed io continuo a mantener vive in lui tutte quelle simpatie che dimostrò alle fattegli proposizioni, vedo benissimo che H discorso Imperiale, ha cangiato, pel momento, la situazione, ma io credo utile il tener vive presso il Ministro di Stato le pratiche fatte per la questione di Roma, alla quale Egli dà preferenza, e che la prenderebbe di petto, se dalla riunione o rifiuto al congresso, non ne uscissero complicazioni da rendersi la guerra inevitabile.

Spingo Nigra, che ha presso di se tutti i documenti necessarii, a formulare un progetto che possa esser base delle discussioni a Torino, sulle concessioni che il Governo del Re potrebbe fare nella Questione Romana, onde essere in pronto al momento favorevole, poichè Rouher desidera di sapere fino a qual punto si potrà arrivare, onde la cosa possa avere un risultato pratico ed attuabile. Nota che le insistenze del Ministro di Stato a conoscere le intenzioni del Gabinetto di Torino, non si sono punto raffreddate, neppure dopo il discorso dell'Imperatore, sul quale, l'opinione sua individuale, va perfettamente d'accordo con quanto ti ho scritto più sopra. Egli, malgrado le complicazioni che si minacciano, fu contento di un discorso che rende a Lui più facile la difesa degli errori commessi. M. Drouyn de Lhuys persiste nelle dolci illusioni, spera Metternick ritorni coll'adesione al congresso e con quasi in tasca quelle dichiarazioni che l'han fatto vagare nei campi dell'impossibile.

La caduta del Ministro degli Esteri è prevveduta generalmente, se ne parla come di cosa che debba avvenire prestissimo, io però non credo che questa abbia luogo prima che l'Austria siasi svincolata dai nodi che ancora la legano pro forma al Gabinetto delle Tuileries.

Non credere ora che, se da un lato le cose si mettono bene, dall'altro le insistenze dell'Imperatrice e del suo circolo, vengano meno a cer,car ogni via per contrariare la politica dell'Imperatore, anzi si ordiscono intrighi ove si può, si fa dire al Papa che il progetto di congresso non è che cosa di forma per tirarsi d'impaccio, si mandano lettere confidenziali a Vienna, onde attenuare l'effetto del discorso pronunciato dall'Imperatore e si spingono le stolidaggini tant'oltre da invocare segretamente l'ajuto ed i consigli di M. Thiers onde parli in favore della pace, dimostrando come in Francia l'opinione pubblica sia contraria a qualunque siasi guerra, in questo v'è però del vero, perchè se si eccettua la massa flottante degli operai che trovansi a Parigi, nel resto della popolazione massima l'agricola, che è quella veramente favorevole alla dinastia Napoleonica, una guerra sarebbe veduta di mal occhio.

Questo ti scrivo per dirti il pro ed il contra, onde tu possa formarti una idea vera della situazione, gli eventi saranno più forti delle renittenze e simpatie popolari, e possiamo fidare sull'Imperatore; nel giorno che sarà posto fra due necessità, o la guerra, o l'abolizione della dignità nazionale, non esiterà, ed una volta la risoluzione presa, tutta la Francia sarà per lui e con lui.

Quando il Re sarà di ritorno, attenderò il telegramma, come siamo intesi, anche Nigra vede volontieri una mia gita a Torino, è d'uopo ben mettersi d'accordo per un piano che possa prepararci a tutte le eventualità, poichè se da un lato la questione della Venezia esige preparativi militari, quella di Roma vuole un piano studiato e preconcetto.

Perdonami se scrivendoti colla posta impiego la cifra, ma ti dissi, qui le lettere sono aperte, e di ciò fui prevenuto da chi certo deve saperlo.

È per noi importantissimo, credo, avere il più che si può relazioni confidenziali coi membri del Governo di qui, con cui abbiamo communità d'interessi e di vedute, ed il numero di questi amici è d'uopo fare ogni sforzo per conservarlo, non solo, ma per aumentarlo, in vista anche della possibilità lontana che il congresso abbia a riunirsi.

Oggi l'opinione generale è che la più gran parte delle Potenze accetterà la convocazione del congresso, gran parte di queste contano probabilmente su la non effettuazione di esso.

Ti sarei gratissimo se volessi mandarmi delle notizie di Vienna, queste venendo da diverso canale di quelli officiali ed officiosi che trovansi ,colà per conto del Governo francese, saranno apprezzatissime da Rouher che sempre

ne chiede con molta premura, poco fidando su quelle che Drouyn de Lhuys reca all'Imperatore. Se hai occasione non mancare di scrivermi, e se vuoi farlo per la posta, non mancare di servirti della cifra, per le ragioni che ti ho dette. La Croce di Commendatore per La Valette fu rimessa, e produsse il migliore effetto, la rimisi il giorno stesso avendo pranzato al Ministero di Stato.

Non mancar, ti prego, d'occuparti della raccomandazione di M.me Rouher, fa che la pratica abbia corso favorevole se è possibile facendo anche qualche eccezione alle regole generali.

Reca questa M.me Cassans che mi rimise la tua, con una del bravo Castelli che è furioso contro di me, trovandomi troppo freddo per la Venezia.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 852. Torino, 10 novembre 1863, ore 14,45.

Je crois devoìr vous prévenìr confidentiellement que S. M. a fait connaitre à l'empereur qu'elle est dìsposée à adhérer à la proposition du ·congrès. Tachez de me donner tous !es renseignements possibles sur les dispositìons du Gouvernement de la reìne.

253

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1365. Parigi, 11 novembre 1863, ore 9,50 (per. ore 11,50).

Pepoli arrivé hier. Il verra empereur demain à Compiègne.

254

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (AVV)

L. P. Parigi, 11 novembre 1863.

J'espère que vous aurez reçu la lettre que je vous ai envoyée rpar l'ami de Castelli qui m'a remis la vòtre; je vous rprie vouloir bien déchiffrer vousmeme ce que je vous envoie en numéro.

Je vois par les journaux italiens que le discours de l'Empereur a été aprprécié à sa juste valeur, sans en exagérer les conséquences.

L'effet produit en France a été énorme, et il suffirait du mécontentement qu'il a produit parmi les ennemis du Gouvernement pour juger le discours très bon; on s'efforce à en exagérer la portée et les conséquences par les prévisions les plus naives; mais il faut espérer que l'opinion publique ne se 1aissera pas donner le change; on verra que l'Empereur désirant éviter la guerre, veut se mettre en mesure, si elle devenait inévitable, d'avoir avec lui des alliances sures et fidèles basées sur les véritables intérets et sur les exigences du progrès et de la civilisation.

La réponse du Roi à la lettre Impériale était parfaite.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LISBONA, CARACCIOLO DI BELLA, AI MINISTRI RESIDENTI A L'AJA, CARUTTI, A STOCCOLMA, TALIACARNE, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, E A COPENAGHEN, MIGLIORATI

T. 853. Torino, 12 novembre 1863, ore 10,30.

Veuillez m'envoyer par télégraphe les renseignements que vous aurez pu recueillir sur les dispositions du Gouvernement . . . relativement au congrès.

256

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1367. Parigi, 12 novembre 1863, ore 21 (per. ore 22,30).

J'ai vu empereur qui remercie roi de sa prompte réponse. Il est satisfait du programme de la politique italienne que je lui ai exposé. Il m'a dit qu'au fond et en secret cette politique est la sienne pour ce qui regarde Rome et Vénise, mais il conseille de ne pas préciser nos intentions soit dans la réponse du roi, soit dans la note. Si le congrès n'a pas lieu, empereur recouvre sa liberté d'action, mais il croit qu'il se réunira. Danemark a accepté. On a bonnes nouvelles de Madrid et de Berlin. Autriche incertaine. Russie silencieuse. Je verrai encore empereur avant de partir. J'espère bien. J'ai écrit par courrier.

257

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1368. Londra, 12 novembre 1863, ore 12,30 (per. ore 0,10 del 13).

Lord Palmerston m'a dit confidentiellement qu'avant de se décider à accepter .congrès Angleterre demande à connaitre points à discuter, et si on prendra des mesures de coercition contre réca1citrants. Il prévoit qu'expli

22 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

cations ne le satisfairont pas et que l'on jugera id la mesure inutile parce que inefficace. Il parait croire que par proposition congrès empereur Napoléon cherche à dissimuler son échec à Pétersbourg. Autriche, dit-i!, attend pour se prononcer de savoir décision du Cabinet anglais. Lord Palmerston désirerait vivement ,qu'on délivre Bishop que médecin déclare sérieusement malade. Je vous ai envoyé une dépéche avant-hier par mon secrétaire.

258

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 191. Parigi, 12 novembre 1863.

Il discorso letto dall'Imperatore all'apertura del Corpo legislativo dà luogo ai giudizii i più divergenti. Gli uni trovano in questo importante documento le più sicure guarentigie di pace; e di questo numero sono i Ministri, e fra i giornali principalmente la France et la Presse. Gli altri vedono all'incontro spuntar la guerra dietro alla proposta del Congresso.

Per ben giudicare il carattere e lo scopo delle parole imperiali, conviene anzitutto rendersi un conto esatto delle circostanze in cui versava l'Imperatore alla vigilia dell'apertura della nuova Sessione. L'Imperatore si trovava nella dura alternativa o di confessare lo scacco diplomatico inflitto dalla Russia alle tre potenze, o di intraprendere una guerra per la Polonia senza l'ajuto dell'Austria e dell'Inghilterra. La prima cosa eragli infinitamente dolorosa, la seconda era ben deciso a non fare. L'idea della proposta d'un Congresso generale nello scopo di esaminare e risolvere tutte le questioni europee pendenti, accolta in prima freddamente, quando ancora si sperava nell'azione comune delle tre potenze, si presentò adesso come un felice espediente per uscir d'imbarazzo. La mente dell'Imperatore non s'è arrestata ad esaminare se un tale congresso era possibile, e quali potevano essere le sue conseguenze. Queste considerazioni furono da lui giudicate premature. L'importante era d'uscire dalla posizione presente che era per ogni verso cattiva. Lo spediente fu felice e l'Imperatore ottenne quello che desiderava. Contentò gli amici della pace, perchè la proposta allontana, a loro avviso, il pericolo della guerra. Contentò H partito liberale, perchè le dichiarazioni che accompagnano la proposta sono la condanna assoluta, esplicita, intiera dei trattati del 1815, la negazione di tutto il vecchio sistema europeo, l'affermazione del diritto popolare. Diffatti l'Imperatore non fu mai così netto, così esplicito come in questa occasione memorabile. Cosicchè si può dire che se il carattere primitivo della proposta non era che uno spediente, le dichiarazioni che la accompagnano ne fanno un vero e grande programma di principii liberali.

Ma quale sarà il risultato della proposta di Congresso generale? Questa proposta ha per risultato immediato di collocare l'Imperatore in un'ottima posizione diplomatica. Essa lo scioglie intieramente da ogni impegno e gli ridà piena ed assoluta libertà d'azione. La questione polacca scompare per far luogo alla grande questione dell'ordinamento europeo. L'alleanza colla Russia ridiventa possibile. La stessa inazione della Francia, quando non riesca a nessuna combinazione, non le sarà messa a carico.

Tre sono le ipotesi da esaminare, cioè: o le Potenze tutte accettano il congresso; o nessuna accetta; o solamente alcune. Nel primo caso il congresso generale avrà luogo, con quali risultati è per ora prematuro il ricercare, tanto più che questa prima ipotesi è la men probabile di tutte. Questo solo mi limito a dire fin d'ora, cioè che se ciò si verificasse, il Governo Imperiale ne sarebbe gravemente imbarazzato, e il Signor Drouyn de Lhuys non ne fa mistero; e la ragione si è che il programma di questo generale congresso non solo non fu determinato fin d'ora, ma non fu nemmeno esaminato, e l'Imperatore stesso non ne ha in questo momento nessun'idea ben precisa. Nel secondo ,caso, la Francia avrà tutto il merito di una proposta generosa, la cui inesecuzione non potrà esserle attribuita. La responsabilità dei pericoli futuri peserà sulle Potenze che non avranno accettato. La terza ipotesi è di tutte la più probabile. Finora, all'infuori dell'Italia, nessun'altra nazione ha fatto conoscere la sua adesione. Ma si può fin d'ora ccmta,re su parecchie accettazioni. In questo caso certamente il programma dovrà restringersi. Il Signor Drouyn de Lhuys dice, ricorrendo alla metafora, che in tal caso siccome gl'invitati presenti saranno in minor numero, non ci potrà più essere un gran ballo di parata, ma che cionondimeno ci si potrà far due salti tra quei che ci sono. In altri termini le adesioni più o meno limitate potranno fornire il criterio per nuove combinazioni e nuove alleanze. Fu quindi utilissimo che l'Italia non abbia esitato ad aderire. Questa nostra pronta adesione ha due vantaggi. Primamente essa dimostra che nei casi gravi si può contare sopra di noi, cioè sopra un appoggio sincero, sicuro, risoluto. In secondo luogo la nostra adesione determina per dir così, il carattere vero della proposta Imperiale. Se poteva esservi dubbio intorno alle tendenze della proposta, il dubbio non è più possibile in presenza della nostra pronta e incondizionata adesione. Questa considerazione avrà certamente il suo peso a Vienna e a Roma.

Quanto al nostro programma nel futuro congresso, se ha luogo, o nelle combinazioni che possano uscirne, esso è semplice e chiaro : la cessione della Venezia, e l'evacuazione di Roma per parte delle truppe francesi sulla base della lettera dell'Imperatore del Maggio 1862. Ma questo argomento formerà oggetto di dispacci speciali a suo tempo.

259

IL MINISTRO RESIDENTE A L'AJA, CARUTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1370. L'Aja, 13 novembre 1863, ore 15,55 (per. ore 17,55).

Roi des Pays-Bas n'a pas encore donné son adhésion. Ministre de France croit qu'il désire connaitre dispositions d'Angleterre et, peut-etre, de Russie. Il ne prévoit pas d'objections si proposition française est agréée à Londres.

260

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1371. Berlino, 13 novembre 1863, ore 7,12 (per. ore 23,55).

Le roi a répondu à l'ambassadeur de France qu'il trouve l'idée du Congrès belle, grande et généreuse; qu'il accepte en principe, mais qu'il désirerait se concerter avec les grandes :puissances sur la portée et sur la forme à donner aux discussions. Ambassadeur de France a insisté pour que le Roi fit des efforts pour sa réussite. S. M. a dit qu'il donnerait des instructions à ses agents dans ce sens. S. M. a été très atmable et s'est entretenue seule avec lui une demi heure après l'audience. M. de Bismarck attendait ambassadeur de France qui lui a exprimé sa satisfaction. Bismarck lui a donné la nouvelle de l'adhésion

de l'Espagne. On ne savait encore rien ni de Vienne ni de St. Pétersbourg. Bavière accepte si l'Autriche accepte.

261

L'INCARICATO D'AFFARI A COPENAGHEN, MIGLIORATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1372. Copenaghen, 13 novembre 1863, ore 15 (per. ore 2 del 14).

Le roi étant absent réponse à l'invitation pour le congrès n'est pas faite, mais je puis vous assurer de manière à ne pas en douter qu'elle sera favorable.

262

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1373. Stoccolma, 13 novembre 1863, ore 16,25 (per. ore 2 del 14).

Le Gouvernement suédois favorable en principe à l'idée d'un congrès, mais il attendra à se prononcer.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 29. Torino, 13 novembre 1863.

Benchè non abbia cosa importante a dire, spedisco a Parigi il corriere pensando possa riuscirvi opportuno l'averne uno a disposizione Vostra. Aspetto

a Torino per domenica o lunedi al più tardi, i miei colleghi e questo ritorno coinciderà colle notizie che mi recherà il corriere spedito da Parigi.

Le sole nuove di qualche interesse che io m'abbia sul congresso sono contenute in un dispaccio confidenziale d'Azeglio del quale vi mando la copia (1).

Pasolini non è ancora ristabilito, benchè stia meglio e si alzi. Ad ogni modo è presumibile ch'egli parta prima del ritorno di Minghetti. Il dubbio sollevato da Pasolini e la dimanda che anche Minghetti mi fa per telegrafo è la seg~ente: Quale sarà l'd propos del viaggio di Pasolini e de' suoi discorsi con Lord Palmerston ora che il nostro antico progetto è completamente messo fuori di quistione dalla proposta del congresso? Come conoscete il carattere di Pasolini, sarà assai bene, se avete qualche buona risposta a questa dimanda, di farmela avere. Se l'Imperatore credesse utile il viaggio di Pasolini perchè vedesse in lui un utile intermediario con Lord Palmerston questo ufficio sarebbe così consentaneo al roZe che ci spetta, che davvero non bisognerebbe !asciarsene sfuggire l'occasione.

Ad ogni buon conto e per ogni eventualità abbiamo riannodate ed efficacemente le pratiche coll'Ungheria. Su quel paese qbbiamo delle notizie, che n<m sono notizie d'emigrati, ma .di persona di piena fiducia che ne viene dopo un soggiorno prolungato, e ci assicura che la conciliazione è più che mai improbabile e il movimento nazionale disposto a lasciarsi accelerare verso una crisi.

264

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 245. Londra, 13 novembre 1863 (per. il 20).

Essendomi ieri ed avant'ieri sera trovato con Lord Palmerston in società ho potuto poche parole aggiungere alla mia precedente conversazione. Solo che essendo stati tenuti due Consigli di Gabinetto quei due giorni necessariamente non parlava più l'opinione sua ma quella del Governo.

Egli trova naturalissimo che la proposizione di un Congresso si accetti da noi. Soltanto egli fa osservare che tuttochè sembri a prima vista che per l'Italia abbiasi ragione da sperare, però o i voti per la sua unificazione potrebbero prendere una tutt'altra direzione oppure parrebbe inutile non solo ma pericoloso il dover far passare i suoi possedimenti attuali per la prova d'una autenticazione delle Potenze.

Avendogli detto che se avevo inteso bene il Congresso doveva riunirsi ammettendo i fatti compiuti, egli mi disse che fra i non compiuti tanti ve ne esistevano da impedir la gente di miglior volontà d'intendersi; poichè egli m'avea ripreso il discorso di due giorni prima, esser cioè l'indomani di lunghe guerre, come nel 1815, ben altra cosa che non l'epoca attuale, gli dissi che stava a loro a vedere se preferivano rischiar di ritraversare questo periodo di desolazione per finirne con un Congresso o anteporre il Congresso evitando la guerra.

Ed egli mi disse di non veder questa direi così inevitabilità della Guerra.

Del resto non devo omettere questa osservazione importante: ed è che discorrendo delle cose del Congresso Lord Palmerston ha una o due volte fatto allusione a compensi da domandarsi e forse a strapparsi alla Turchia. Indi si vede che per il Gabinetto Inglese il pericolo della quistione d'Oriente è in prima linea. E forse la sua resistenza al Congresso nascerà di lì anche in prima linea.

Altra ragione qui anche esiste in fondo più difficile a definire. Meno a indovinare. Ed è che dispiace infinitamente qua quello stile dittatoriale che regna nel linguaggio Imperiale e quel voler sotto apparente umile linguaggio erigersi in Gerarca universale. Quella preponderanza della Francia anche che non si possa disconoscere e forse per questo stesso che esiste, o si vuol battere in breccia o attenuare.

La diffidenza sorta dagli anni passati non può a un tratto far posto al creder cieco. Ed inoltre la freddezza del carattere Inglese è una salvaguardia contro al lasciarsi abbagliare da frasi sonanti o dalla sublimità dei concetti.

In mezzo a tanto plauso fattovi dalla stampa il Gabinetto ha cercato a rendersi conto dei fini che si proponeva l'Imperatore e quindi poi della fattibilità della cosa. Il risultato di questo esame è stato il desiderio d'astenersi e quasi quasi si è disposti a credere qua che il primo a veder l'inanità della proposta ne sia il principale Autore.

Del resto ho ricevuto in questo momento la visita di congedo del Barone Gros il quale mi disse esattamente riguardo al Congresso quanto ho avuto l'onore di scrivere già a V. E. Non volere il Gabinetto Inglese risponder immediatamente, voler consultare gli altri Gabinetti. Voler conoscere il Programma da discutersi, voler essere informato se si intende usar misure coattive e quali sarebbero. Egli soggiunse che avea scritto in modo piuttosto scoraggiante a Parigi onde non si facessero illusioni. Questa posizione dell'Inghilterra trascinerà seco quella dell'Austria e quindi di certi altri. In quanto alla Russia se vede andar tutto a soqquadro, si farà onore di una accettazione.

Profitto di una occasione particolare per la trasmissione di questo Rapporto...

(1) Cfr. n. 250.

265

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A VITTORIO EMANUELE II (AP)

L. P. Parigi, 13 novembre 1863.

Ho visto jeri l'Imperatore a Compiègne ma il nostro primo abboccamento non potendosi prolungare quanto io avrei voluto non posso oggi fornire a

V. M. tutti quei dettagli che Ella desiderava.

L'Imperatore è lietissimo e convinto dell'efficacia del Congresso. Confida che i Sovrani finiranno a cedere. Bismarck disse altamente leggendo il discorso: se io fossi il re di Prussia accetterei immediatamente. Il Re di Danimarca ha accettato e la Spagna pare sia disposta ad accogliere la proposta.

In quanto all'Austria, come sempre tentenna; la Russia serba un contegno riserbato: spera però che accetti. In quanto all'Inghilterra esamina, pondera, discute ora la proposta. Però l'Imperatore mi disse: cito testualmente: Io ho fatto quanto era in me per conservare e consolidare la pace. Nessuno non può più accusarmi di nutrire progetti ambiziosi. Ho posto gli altri Governi al pie' del muro. Ho dégagé la mia risponsabilità e ricuperata la intera mia indi· pendenza.

Era gratissimo che V. M. gli avesse risposto prontamente e così graziosamente col telegrafo. Io gli dissi che il Governo mi aveva incaricato di dirgli che l'Italia si presentava fiduciosa al congresso e che il suo programma era quanto alla Venezia il proclama di Milano quanto a Roma la lettera a Thouvenel. Si mostrò soddisfattissimo di questa apertura; mi dichiarò che Egli per l'Italia non aveva altro programma che cotesto, che si lusingava di farlo trionfare ma che non bisognava oggi precisarlo per non far indietreggiare la Austria.

Sperava che la lettera di V. M. sarebbe redatta in sulle generali. Appoggiandosi però sulle parole • fatti irrevocabilmente compiuti • gli dichiarai allora che il Governo del Re desiderava conoscere quale era il suo concetto relativo alla nota da ,indirizzarsi agLi Agenti Italiani all'Estero e che mi aveva incaricato di stabilirne con esso le basi. Mi rispose che Egli desiderava fosse essa pure redatta in termini generali come il discorso del Re ma che di ciò avremmo parlato fra alcuni giorni, quando egli sarebbe venuto a Parigi e che mi avrebbe fatto chiamare. Desiderava però conoscere se gli altri Principi rispondevano, e le obbiezioni sollevate contro il suo progetto.

Avendogli io osservato che essendo l'Italia in ottimi accordi colla Russia, avrebbe potuto studiarsi di conciliare gli interessi francesi cogli interessi russi, mi rispose che l'Italia avrebbe tentato una nobile impresa e che se egli non poteva darmene officiale incarico, sarebbe lieto che tentassi come cosa mia di porvi mano.

Gli lessi il dispaccio ufficiale che io indirizzava al ministero da Pietroburga dispaccio che il Principe Gortschakoff era soddisfatto si pubblicasse e che finiva accettando un congresso sulle basi che oggi pone l'Imperato;re. Pare che molto gli andasse a sangue e disse parecchie volte • C'est mon discours c'est mon discours! •.

Qui il dialogo ebbe fine perchè era l'ora della colazione e stimai di non insistere.

Per noi è importante che l'Imperatore porti al Congresso la domanda della liberazione della Venezia e che si restringa a domandare per il Papa il progetto della Sua lettera.

Ora questi 2 punti sono assicurati.

In quanto al Principe è lieto ad un tempo e preoccupato.

Egli stima come noi ·che l'Imperatore abbia bruciato i proprj vascelli che egli abbia rotto col passato e si sia di nuovo posto alla testa del nuovo mondo. Ma non crede alla riunione del Congresso. Egli teme che si rkostituisca la Santa Alleanza russa e crede peu facile condurre l'Austria alla cessione deHa Venezia ed a una lega colla Francia e coll'Italia.

Egli consiglia V. M. di continuare gli armamenti, vede il momento in cui l'Italia dovrà forse sguainare per la prima la spada, e in una politica ardita italiana ravvisa anche la soluzione della Francia medesima.

Ecco, in breve, Sire raccolte le parole, dell'Imperatore e del Principe.

L'opinione pubblica qui è bene disposta per l'Imperatore la lettera sovratutto fu accolta con entusiasmo! Ma i più credono alla guerra e nessun dubita che dietro le parole dell'Imperatore che parla in nome della Francia, vi sia il fermo proposito di rivendicare l'offeso nome della patria e di rivedere i trattati del 1815.

L'Imperatore ha guadagnato terreno oggi. Lo perderebbe tutto se le sue parole rimanessero sterili e la sua opera infeconda. In ogni modo il vento qui spira dal canto delle idee liberali e credo che questa volta influenza alcuna varrà ad impedire che egli rovesci l'antico edifizio.

266

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 13 novembre 1863.

Vi mando coll'occasione di Yung i dispacci di Pepoli (1). Vedrete da essi il linguaggio tenutogli dall'Imperatore. Quello che è più a temersi, a mio avviso, si è che l'Imperatore, soddisfatto d'essersela cavata con una buona frase, si riposi all'ombra degLi aLlori colti col suo di,scorso. Il lingua,ggio di Drouyn de Lhuys farebbe credere che si è più contenti che il congresso non abbia luogo, perchè in tal caso la Francia avrebbe molto merito a buon mercato. Bisogna adunque .impedire questa inazione. Bisogna far subire all'Imperatore le conseguenze delle ,sue .paro,le. Due sono le combinazion.i possibili. O !',alleanza tra la Francia, la Prussia, la Russia e l'Italia alle spese dell'Austria; o l'alleanza tra la Francia, l'Inghilterra, l'Austria, l'Italia e la Svezia, secondo l'antico progetto, a spese della Russia. Bisogna sapere quale delle due combinazioni presenta maggiore probabilità. Pepoli deve chiarirci intorno alla prima; Pasolini intorno alla seconda. Ecco perchè considero come importante la gita di Pasolini a Londra.

Intanto bisogna prevedere il caso in cui queste due combinazioni non riescano, e in allora si presenta la questione della Venezia provocata dalla sola nostra iniziativa.

Ora poi importa anzi tutto che il Re risponda alla lettera dell'Imperatore, e che nel tempo stesso una nota ufficiale constati la nostra adesione al congresso. L'Imperatore vorrebbe, da quanto mi riferisce Pepoli, che in questi due documenti non siano determinate le nostre speciali questioni, ma che essi siano concepiti in termini generali. Per la lettera deJ. Re, trovo la cosa conveniente. Ma parmi difficile che la nota ufficiale possa tacere di Venezia e di Roma. Lo scopo dell'Imperatore è evidente. Non vuole spaventar l'Austria nè il Papa. Ma in verità non sarà la nostra nota che spaventerà l'uno e l'altro; è il discorso stesso dell'Imperatore e le dichiarazioni che contiene. La soluzione delle nostre

due questionli. non è che H cocoHa_!rio delle premesse pOSite dall'Imperatore stesso. Cosicchè non vedo qual vantaggio l'Imperatore potrebbe cavar dai nostro silenzio, mentre esso ci nuocerebbe in Italia. Riflettete a ciò e conferitene coi colleghi, perchè la cosa è importante.

Ho da Londra che il solo Gladstone si mostra favorevole al congresso, mentre Palmerston e Russell e gli altri sono contrari e diffidano più che mai dell'Imperatore. L'Inghilterra non risponderà quindi precisamente in modo negativo, ma domanderà informazioni e spiegazioni sulle basi del congresso, per poi rifiutarlo. L'Austria sarà pedissequa dell'Inghilterra.

Non potreste suggerire a Londra che l'Inghilterra metta per condizione della sua adesione lo sgombro di Roma? Se Palmerston, come pare, non vuole assolutamente il congresso, dovrebbe accettare questa condizione; e questo giuoco dovrebbe sorridergli.

Pepoli vedrà di nuovo l'Imperatore mercoledì. Egli vorrebbe che andassi anch'io con lui. Ma io temo che l'Imperatore vedendo me mi parli del progetto d'alleanza a cinque in presenza di Pepoli.

Io andrò a Compiègne il 6 dicembre e vi starò fino al 16. Questo per vostra norma.

(1) Cfr. nn. 265 e 267.

267

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AP)

L. P. Parigi, 13 novembre 1863.

Rendo conto al Re dell'abboccamento avuto coll'Imperatore. Ti unisco copia della lettera (1) per non moltiplicare la corrispondenza. Io credo che faresti bene di mandarmi le tue idee sulla nota. Veggo che l'Imperatore tiene assai a conoscerle e gradì assai la tua deferenza: io non vedrò che Martedì l'Imperatore; hai tempo di provvedere.

Abbiamo concertato col Principe di fare un sunto delle domande che è opportuno indirizzare all'Imperatore. Eccole secondo me:

A quali patti si riconcilierebbe colla Russia?

Che farà la Francia se la maggioranza dei Principi rifiuta?

Se è disposta a trattare con quelli che accetteranno e a far trionfare le idee dei nuovi alleati colla spada? Se Essa è disposta a stabilire a priori le quistioni che si tratteranno? In che modo si voterà? Io credo però che faresti saviamente tu pure con una lettera tua parti

colare accennarmi le cose che desiderate conoscere.

Ti assicuro che l'Imperatore è benissimo disposto per noi: duolmi che la presenza di mio zio Murat mi abbia impedito di restare a Compiègne. Non volevo neppure restare a colazione. Ma l'Imperatore insistè assicurandomi che lo zio mi avrebbe fatto nessun sgarbo. Infatti così fu ma era una dolorosa posizione il vedere tutti quei miei stretti cognati non parlarmi e ciò non era per nessuno decoroso.

L'Imperatrice fu molto cortese, mi rimproverò di non essere andato l'altra volta a Fontainebleau. Forse mi disse, non volevate vedermi perchè sono vostra avversaria politica. Ciò è un errore! dinanzi ai vincoli di parentela tacciono le cose politiche ed io vi amo sinceramente. Non ti so dire i riguardi che Ella mi ha usati durante tutta la colazione; mi collocò accanto a Clotilde e fu veramente cortese per me e per l'Italia.

L'Imperatore fu come sempre pieno di benevolenza per me; disse che io doveva essere 'Soddisfatto che avesse posto in pratica i miei consigli.

Parve molto colpito delle parole che chiudono la nota in cui Gortschakoff dichiara che la Russia è pronta ad entrare in un Congresso. Gliene offersi copia che Egli accettò con empressement. Disse che era dommage che non la avessimo fin d'allora stampata. Forse tu potresti a qualche giornale renderne conto e farne stampare dei brani.

Il Principe ti saluta; sei molto bene nelle sue grazie perchè sei Polacco ed anti-russo. Per me non muto: non c,redo molto alla efficacia di una politica puramente di sentimenti.

(1) Cfr. n. 265.

268

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1374. Parigi, 14 novembre 1863, ore 15,40 (per. ore 16,35). J'ai vu Budberg. D'après son langage l'acceptation de la Russie parait pro

bable. Veuillez prier Minghetti ou Peruzzi de me faire savoir si je dois donner à Muratori l'argent qu'il me demande.

269

IL MINISTRO A LISBONA, CARACCIOLO DI BELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1375. Lisbona, 14 novembre 1863, ore 14,05 (per. ore 16,50).

Marquis de Loulé m'a dit hier que chargé d'affaires de France a reçu lettre

d'invitation au congrès pour le roi de Portugal, mais que le Gouvernement quoique en principe favorable au Congrès n'avait pas encore arrèté la réponse.

270

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1376. Stoccolma, 14 novembre 1863, ore 17,30 (per. ore 9,40 del 15).

Ce .que j'ai dit hier était vrai hier. Aujourd'hui le roi a reçu le Ministre de

France. Il a accepté la proposition de l'empereur et se rendra en personne à Paris vers la fin du congrès.

271

IL PRINCIPE ALFONSO PORCIA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. RISERVATA. Cernobbio, 14 novembre 1863.

Nulla al mondo di più lusinghiero per me di quanto mi scrivi -vedermi da te ricordato in mezzo a tante pubbliche faccende, e l'opinione tua ch'io possa servirti in quei propositi, accarezza il mio amor proprio -così gradisci pel cordiale tuo scritto, vivissimi ringraziamenti. Ottaviano, nel riferirti qualche mia frase sulle idee che dominano in Austria, erroneamente ti indicò ch'io venissi da Vienna -le mie apprensioni erano basate sulle confidenze del mio uomo d'affari -Deputato Ministeriale -e sui discorsi tenuti con varie persone in posti eminenti, fra quali il Vescovo di Carinzia, uomo distinto, liberale e membro della Camera dei Signori; è certo però l'epoca in cui li vidi mancava della importanza attuale.

Ma per avere come tu desideri giudizii e notizie sicure, e da persone iniziate ai misteri dei Gabinetti Ministeriali, il mettersi in corrispondenza con alcuni di là non basterebbe a raggiungere lo scopo al quale tu miri.

Difficilmente si affidano alla posta scritti che si aggirino su questi argomenti, e più difficilmente dagli austriaci per natura diffidentissimi. Per controllare le dichiarazioni, e le informazioni che il Gabinetto Austriaco fa pervenire a Parigi bisogna trovarsi sul luogo, vivere nel mondo diplomatico, frequentare l'alta Società, e praticare Ministri, e sommità militari. Ma se tu, carissimo amico, pensi seriamente che io, per le relazioni mie, per la mia posizione sociale, per la confidenza che Burger mi accorda, possa giovarti in qualche cosa, sta certo che a me non manca nè la buona volontà nè n desiderio di riuscire.

Se approvi il mio pensiero fammene un cenno ed ,io sarò a Torino subito per discorrerne con più dettaglio, ed appianare alcune mie difficoltà particolari. La Contessa ti saluta cordialmente, ed è sensibile alla tua memoria, ma dolente di non vederti mai (1).

272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 860. Torino, 15 novembre 1863, ore 16,04.

Reçu vos dépéches et celles de Pepoli. J'ai envoyé sa lettre (2) au roi. J'approuve les demandes qu'il se propose d'adresser à l'empereur de concert

avec le prince Napoléon. Minghetti et Peruzzi ne seront ici que mercredi au plus tOt. Les bases de la note doivent etre arrètées avec eux. Il serait utile de connaitre par Pepoli les idées de l'empereur relativement aux questions orientales. Il est à prévoir que l'Autriche, si elle consent à intervenir au congrès ne pouvant nous exclure tout-à-fait tàche de nous réduire à un rOle complètement insignifiant. Je prie Pepoli de faire comprendre à l'empereur qu'en réservant uniquement aux grandes puissances toute initiative il retomberait dans les mèmes embarras de l'entente à trois.

(1) Al principe Porcia fu affidato nel gennaio 1864 l'incarico di recarsi a Vienna per procurare informazioni confidenziali sulla situazione politica in Austria e sulla probabilità che qualche idea favorevole alla cessione del Veneto all'Italia potesse farsi strada nell'opinione pubblica, nella stampa o nelle sfere ufficiali. Vedi in A V V le istruzioni per questa missione e vari rapporti del Porcia. Vedi anche ibid. tma lettera del Porcia del 21 maggio 1864 circa una sua missione a Parigi sempre relativa alle idee di cessione del Veneto all'Italia.

(2) Cfr. n. 265.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 863. Torino, 17 novembre 1863, ore 13,15.

Le roi a signé à Naples la gràce de Christen (1). Veuillez-en prévenir Pepoli.

274

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1384. Parigi, 17 novembre 1863, ore 13,15 (per. ore 14).

On assure que l'Autriche va répondre qu'elle accepte congrès pourvu qu'on ne parle pas de la Vénétie.

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 868. Torino, 18 novembre 1863, ore 17,15.

Nigra mande de Paris que l'Autriche accepte congrès à condition qu'il ne soit pas question de la Vénétie. Informez-vous de lord Palmerston si la chose est vraie, et tàchez de le persuader à prendre J',initiative de poser lui-mème la question de la Vénétie dans le programme du congrès. Le résultat ne peut ètre que favorable à l'Angleterre car ou l'Autriche refuse et le congrès ne se réunira pas, ou elle accepte et l'accomplissement de l'unité de l'Italie qui est un des grands intérèts anglais sur le continent deviendrait possible sans guerre.

(1) Lo stesso giorno il re firmò anche la grazia per il Bishop (cfr. t. 864 a d'Azeglio dello stesso giorno e ora).

276

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A VITTORIO EMANUELE II (AP)

L. P. Parigi, 18 novembre 1863.

Ho riveduto oggi l'Imperatore ed ho potuto con lui più lungamente abboccarmi. Ho posto a S. M. alcuni quesiti che io Le riferisco per ordine colle relative risposte.

l o La Francia acconsentirà Ella ad escLudere a priori la questione della Venezia?

Risposta

L'Imperatore mi autorizza a dichiarare al Governo Italiano che giammai acconsentirà ad escludere la quistione Italiana che l'Italia entrerà al Congresso sul piede della più perfetta uguaglianza colle altre Potenze e che non avranno luogo in nessun caso pratiche separate fra le grandi Potenze come per la questione Polacca.

2o La Francia è essa disposta a trattare al Congresso la quistione Romana e vrende essa l'impegno di evacuare Roma?

Risposta

L'Imperatore ha dichiarato all'ambasciatore Inglese questa mattina che egli è disposto a trattare la quistione romana e pronto ad evacuare Roma appena esso si sarà inteso colle altre Potenze, ed avendogli io domandato se egli persisteva nel concetto scritto nella sua lettera a Thouvenel, mi ha risposto affermativamente.

3° Se alcune Potenze accettano, il Gabinetto delle Tuileries è egli disposto a riunire il Congresso, non astante il rifiuto delle aUre?

Risposta

Questa è la soluzione che l'Imperatore preferirebbe, perchè in questo modo si potrebbero più facilmente stabilire colle Potenze che avranno accettato le basi di un nuovo diritto Europeo.

4° L'Imperatore crede egli utile che l'Italia tenti un riavvicinamento della Russia colla Francia ed in questo caso, su quali basi?

Risposta

E indispensabile che la Russia proclami la indipendenza del Granducato di Varsavia sotto lo scettro di un Principe Russo, poichè altrimenti essa cadrebbe nello stesso errore in cui cade Schmerling quando crede che le riforme bastino a soddisfare la Venezia.

Ma la Francia non vuole una Russia piccola ed una Polonia grande. Vuole una Polonia piccola ed una Russia grande e quindi essa crede che l'Europa deve garantire alla Russia il possesso delle antiche provincie del Regno Polacco e imporre anche colla forza nei Polacchi il rispetto di questa garanzia.

Ma avendogli io osservato che ciò non bastava e che se egli afferiva all'Aust·ria dei ,compensi •per la Venezia era mestieri afferire dei compensi aHa Russia per il Granducato di Varsavia; questi compensi possono essere di due sorta, mi rispose, compensi territoriali, revisioni di trattati contenenti patti gravi contro la Russia.

Egli mi rammentò che l'Imperatore Nicolò aveva dichiarato parecchie volte che egli avrebbe lasciato il Granducato di Varsavia per la Rutenia che è Russa.

Ed in quanto alla revisione dei trattati l'Augusto mio interlooutore soggiunse non avere difficoltà di rivedere i trattati del 1856 e sopra tutto il patto che vincola per la Russia la libertà del Mar Nero. Mi raccomandò poi che io mi studiassi di esortare il Governo di V. M. ad agire in questo momento nelle sue comunicazioni officiali e al Parlamento con molta prudenza e riserva, ed a non dar pretesto ai nostri avversari di combatterci e di aver piena fiducia in lui.

Mi lesse la lettera del Re di Wurtemberg che accetta e promette di farsi propugnatore del Congresso alla Dieta a meno che la Prussia e l'Austria non sollevassero difficoltà in proposito.

Io parto questa sera per Pietroburgo e di là scriverò a V. M. e mi studierò a tenerla informata di quanto succede.

277

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (1)

(Copie Artom)

L. P. Parigi, 18 novembre 1863.

Pepoli ti rende conto del suo colloquio coll'Imperatore (2). Questo co1loquio mi pare molto importante e noi abbiamo ragione di rallegrarci delle disposizioni dell'Imperatore.

In sostanza non solo non si escluderà la questione veneta, non solo l'Italia sarà ammessa al congresso sul piede di perfetta eguaglianza colle grandi potenze, ma l'Imperatore si dichiara pronto a ritirare le truppe da Roma in seguito ad un accordo colle Potenze sulle basi della sua lettera a Thouvenel. Le disposizioni sono adunque favorevoli per quanto era possibile lo sperare. Tuttavia, siccome l'Imperatore alle domande che gli verran fatte di spiegazioni intorno al programma del Congresso, risponderà col dire che il programma sarà determinato in seno allo stesso Congresso, bisogna prevedere il caso in cui il Congresso non abbia luogo. Noi non possiamo evidentemente continuare ancora

per un anno o due ad armare e a non far nulla. Adunque se il Congresso non avesse luogo e se nuove combinazioni non sorgessero, conwene avvisare fin d'ora al da farsi. Ora non vi sono che due vie da seguire: o il disarmo, o la guerra all'Austria. Chiamo l'attenzione del Governo fin d'ora su quest'alternativa perché non vorrei che trattative pel Congresso avessero per risultato di mantenerci in un'illusione inattiva. Intanto noi dobbiamo senza nessun dubbio fare il possibile perché il Congresso abbia luogo, o almeno perché dalla presente condizione nasca una nuova combinazione che abbia per risultato o di darci Venezia, o di far partire la guarnigione francese da Roma. La combinazione Russa e la combinazione inglese mi paiono le sole possibili. Entrambe sono egualmente difficili. Ma noi dobbiamo tentarle entrambe, e possiamo farlo, purché si agisca con prudenza. Pepoli che sta per la combinazione Russa può meglio d'ogni altro tentarla a Pietroburgo. Pasolini può ritentare la combinazione inglese. Ho scritto a Pasolini (1) prima che io conoscessi il risultato del colloquio di Pepoli coll'Imperatore. Dopo questo colloquio, non muto opinione e sono d'avviso che la missione di Pasolini sarà molto utile. Che esso venga adunque a Parigi e parli coll'Imperatore, il quale ha domandato al Prindpe e fatto domandare a me l'eplicatamente se veniva a Parigi. Quando Pasolini sarà qui e dopo che avrà visto l'Imperatore, si combinerà quel che deve dire e come

agire a Londra.

(1) -Benchè rinvenuta nelle Copie Artom, si suppone che la lettera sia indirizzata a Visconti Venosta. (2) -Cfr. n. 278.
278

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AP)

L. P. Parigi, 18 novembre 1863.

Ti mando la lettera al Re (2) in cui rendo conto del mio nuovo abboccamento. La lettera è aperta acciò tu ne prenda conoscenza coi tuoi colleghi.

Io avevo con Nigra buttate alcune idee per la Nota che ti mando, ma l'Imperatore mentre ne approva la prima parte amerebbe che il Governo d'Italia non si addentrasse nell'argomento.

Egli desidera (cito le sue parole) che non diasi pretesto all'Austria. • Io, mi ha detto, non ammetto che l'Austria rifiuti di trattare la quistione Veneta, nè posso da un altro canto ammettere le vostre idee assolute. Ognun sa che non vi è che una soluzione pratica per la Venezia: questa soluzione è quella del mio proclama a Milano, ognun sa che il Governo italiano la propugnerà senza esitanza al Congresso, perchè dunque cl'earmi imbarazzi? Sarei gratissimo al vostro

Governo se egli usasse ora nelle sue comunicazioni ufficiali, parlamentari e diplomatiche la più grande l"liserva •. Si mostrò preoccupato della stampa • molte cose -mi disse -sarebbero possibili senza la pubblicità che oggi guasta ogni segreta pratica.

Non fate che i giornali ufficiali cantino troppo vitto~ia, è meglio trionfare dopo la vittoria che è sicura •.

Io credo èhe è facile stabilire una entente sincera colla Francia in tutte le ipotesi.

Vi sono due gruppi di Alleanze possibili.

Una è composta dall'Austria e dall'Inghilterra.

Ma l'Imperatore non entrerà in questo gruppo che avendo ottenuto la

cessione della Venezia ed acconsentendo alla evacuazione di Roma. Allora l'Italia potrà sedere accanto all'Austria. L'altra alleanza possibile è l'alleanza Russa-Prussiana. Ma la Francia non vi entrerà che coll'Italia per combattere ed annientare l'Austria.

L'avvenire per me è sereno. Non divido le paure ed i sospetti del Principe Napoleone perchè non ti nascondo che questo è molto preoccupato e poco fida nella fermezza dei propositi dell'Imperatore.

Egli vede tutto color d'inchiostro. Se anche però l'Imperatore vacillasse io non vedo che la partita sarebbe perduta. L'Italia dovrebbe essere per lui ciò che fu Morny il 2 Dicembre quando costrinse il Presidente a compiere il 2 Dicembre.

Ed iio stimo che noi abbiamo modo di forzare la mano alla Francia.

Addio caro Emilio; questa lettera è per te come per gli altri colleghi che ringrazio sinceramente per la grazia di Christen, grazia che tornò assai gradita a Compiègne.

Io sarò sabato a Berlino. Lunedì sera a Pietroburgo.

Se avete bisogno telegrafate colà.

ALLEGATO

Il Governo del Re non poteva esitare ad accettare la proposta del Congresso,

perchè nei termini in cui fu posta dall'Imperatore risponde alla politica seguita dal

Governo Italiano.

Vi risponde perchè non solo l'Imperatore proclama la necessità di riconoscere i fatti irrevocabilmente compiuti, ma proclama ·eziandio la necessità di assicurare la pace del mondo soddisfacendo le legittime aspirazioni dei popoli senza lasciarsi dominare dall'importanza fittizia dei partiti estremi.

L'Italia dunque non poteva che accogliere con plauso la proposta del Governo Francese e doveva assicurare il suo leale concorso ad un'opera che ha per iscopo finale di ottenere il disarmo generale. Ma il disarmo in Italia non è possibile senza che il principio nazionale abbia avuto la sua completa sanzione e senza che al suo territorio non siasi assicurata la difesa delle sue naturali frontiere.

Questa è la politica che il Governo del Re intende propugnare.

S'e egli ne seguisse un'altra non risponderebbe nè ai voti delle popolazioni nè

allo scopo che deve avere il congresso.

Sarebbe il medesimo che continuare a mantenere uno stato che non è nè la

pace colla sua sicurezza nè la guerra colle sue possibilità di successo.

Sarebbe il mantenere il pericolo di una conflagrazione generale.

Sarebbe la ·continuazione del disastroso sistema degli armamenti in tutta Europa.

Sarebbe voler impedire che si annodino relazioni di amicizia fra nazioni chia

mate ad essere amiche, divise fin qui dai falsi e stretti calcoli di una politica che

si ostina a mantenere un passato che crolla.

(1) -Cfr. n. 279. (2) -Cfr. n. 276.
279

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-PasoLini, vol. III, pp. 375-376)

L. P. Parigi, 18 novembre 1863.

Veramente dopo il discorso dell'Imperatore, io pensai che la vostra gita a Londra potesse risparmiarsi. Evidentemente l'Imperatore non desidera la guerra nè da solo, nè con altri; e temo forte che la sua proposta di Congresso non abbia altro carattere che quello di un felice spediente per sortir d'imbarazzo e seppellir onorevolmente la questione polacca. Tuttavia l'Imperatore per due volte di seguito domandò al Principe se voi non venivate, e badate bene, ciò accadeva dopo il discorso.

Io vi proporrei quindi di venire a Parigi. Vedrete l'Imperatore. Secondo la risposta che vi darà e le disposizioni che mostrerà, vedremo se converrà che spingiate il viaggio al di là della Manica, o no.

Che cosa pensi l'Imperatore in questo momento lo sapremo fra breve, giacchè Pepoli lo vede oggi, e scriverà oggi stesso a Torino il risultato della sua conferenza.

Decidetevi adunque a far questo viaggio, il quale oltre al vantaggio politico avrà pure quello di ristabilire la vostra salute e mi procurerà il piacere grande di stringervi cordialmente la mano.

280

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A PARIGI (1)

T. 869. Torino, 19 novembre 1863, ore 11,25.

Je suis arrivé à Turin. Voyage a dépassé notre attente. Le roi a reçu ta lettre (2) et il est très content. Réponse à la lettre de l'empereur sera en termes généraux. Les assurances que l'empereur t'a autorisé à nous donner sont de la plus grande importance.

281

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GIANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1390. Pietroburgo, 19 novembre 1863, ore 16 (per. ore 19,50 del 20).

Ministre des affaires étrangères m'a dit qu'avant d'accepter congrès il a demandé quelles questions on y aurait traité et sur quelles bases. Angleterre, ajouta-t-il, insiste sur ces explications.

23 -Documenti diplomatici -Serie I -'Vol. IV

(1) -Il telegramma venne trasmesso tramite Nigra. (2) -Cfr. n. 265.
282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 20 novembre 1863.

L'Incaricato d'Affari di Francia mi ha dato comunicazione officiosa d'una Circolare indirizzata il15 Novembre da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys ai rappresentanti di S. M. l'Imperatore dei Francesi presso le Potenze estere. In questo documento il Ministro Imperiale per gli Affari Esteri dopo aver constatata l'impressione profonda fatta in tutta l'Europa dal discorso dell'Imperatore fornisce ai suoi Agenti alcune spiegazioni che gli paiono necessarie per ben precisarne il senso. La Francia non poteva, secondo il Signor Drouyn de Lhuys, né abbandonare la causa dell'insurrezione polacca svincolando mediante generiche riserve la propria risponsabilità, né impegnarsi sola in una guerra, nè finalmente continuare coll'Austria e coll'Inghilterra una discussione, di cui ogni incidente rendeva più manifesta l'inutilità. Essa doveva perciò far appello all'Europa intiera per la soluzione d'una questione che è realmente d'ordine europeo. L'Imperatore ebbe adunque il coraggio di denunciare egli stesso la conseguenza inevitabile dei pericoli che minacciano attualmente la pace e d'invitare tutti i Sovrani ad intendersi amichevolmente con lui per rassodare la pace. Il Signor Drouyn de Lhuys prosegue dichiarando che l'accettazione unanime di tutti i Governi sarebbe evidentemente il partito più conforme agli interessi dei Sovrani ed alle aspirazioni dei popoli. Che se, all'opposto, tutti i Governi si trovassero d'accordo nel dichiarare che il Congresso non è necessario la Francia si limiterebbe a lasciare all'avvenire ed ai fatti stessi il giudizio sull'opportunità delle sue previsioni. Se poi il Congresso fosse accettato da alcune, respinto da altre Potenze, quelli tra i Governi che si sarebbero già trovati d'accordo colla Francia nel modo di giudicare la situazione politica generale sarebbero probabilmente condotti dalla forza delle cose ad intendersi colla Francia e fra loro sulle eventualità da essi prevedute, e di cui non potrebbero da soli impedire l'avveramento. La Francia non sarebbe evidentemente risponsabill.e di questa partizi:one dell'Europa in gruppi distinrti e forse ostili fra loro. Il Signor Drouyn de Lhuys chiede poi a se stesso qual'è il vero senso delle parole dell'Imperatore in cui si dichiara che i trattati del 1815 hanno cessato d'esistere. Secondo il Ministro Imperiale degli Esteri queste parole significherebbero soltanto che quei trattati non esistono più come corpo di diritto pubblico, e che l'Europa non deve più cercare in essi la base del suo edificio politico. La missione del Congresso debb'essere appunto di determinare in modo sovrano quali disposizioni di quei trattati debbano considerarsi come irrevocabilmente abolite, quali di esse possano essere modificate o restaurate, quali sussistano ancora e debbano essere mantenute. Non essendo in mia facoltà di mandarle copia d'un documento di cui ebbi soltanto privata comunicazione, ho dovuto riassumere in breve il senso generale della circolare di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys. Però il sunto che precede

basterà, io credo, a dare alla S. V. Illustrissima contezza sufficiente del dispaccio in ordine al quale io debbo farle qualche osservazione.

Ella conosce, Signor Ministro, la sensazione vivissima fatta in Italia dal discorso dell'Imperatore. In questo eloquente appello per mettere d'accordo le legittime aspirazioni dei popoli coi diritti dei Sovrani, tutti riconobbero quella voce che col proclama di Milano chiamava gli Italiani alla difesa della loro indipendenza. Niun dubbio poté nascere negli animi degli italiani intorno all'alta gravità, alla immensa portata di questo nobile tentativo. Il Re, nostro augusto sovrano ed il suo Governo non esitarono quindi un istante a far plauso alla proposta d'un Congresso, ed a manifestare all'Imperatore la loro adesione incondizionata.

Quale bisogno avevamo noi infatti di chiedere spiegazioni preventive sul programma del Congresso? Le parole pronunciate dall'Imperatore in nome della Francia avanti al Senato ed al Corpo Legislativo, i termini stessi della lettera imperiale, così nobilmente semplici ed espressivi, costituivano ai nostri occhi il vero programma dei lavori della Conferenza internazionale. Il Governo di

S. M. ravvisò in quelle manifestazioni del pensiero dell'Imperatore la migliore opportunità di raggiungere l'intento che noi ci siamo da lungo tempo prefisso: quello cioé di giungere a sciogliere pacificamente e con mezzi puramente morali le due grandi questioni di Venezia e di Roma.

Il Governo Imperiale non può infatti ignorare che consacrando tutti i loro

sforzi all'opera laboriosa dell'interna riorganizzazione dello Stato, i Ministri

del Re non hanno mai obliato per un solo istante che v'hanno altri problemi la

cui soluzione è essenziale all'avvenire dell'Italia, e che richiamano imperiosamente

per la loro grandezza e per la loro urgenza l'attenzione degli uomini di Stato

di tutta l'Europa. Certamente la Venezia non è in uno stato men degno di

commiserazione di quello che lo sia la Polonia. Che se in quella provincia

italiana l'antagonismo fra le razze non è ancora scoppiato in sanguinosi con

flitti, è da cercarsene la causa nell'azione moderatrice del Governo del Re il

quale nutre la speranza di poter con transazioni pacifiche trovare il modo di

far cessare una condizione di cose che niuno può credere duratura e normale.

Quanto a Roma mi basterà di rammentarle, Signor Ministro, che l'Impe

ratore stesso nella sua celebre lettera al Signor Thouvenel del 25 Maggio 1861

dichiarava urgente la soluzione della questione romana. I fatti avvenuti da

quell'epoca in poi, accrebbero anziché scemarla l'urgenza d'una soluzione.

Queste cose sono per se stesse così palesi, ch'io reputo quasi superfluo di

metterle sotto gli occhi di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys. Evidentemente le

questioni italiane dovranno formare parte principalissima del programma del

Congresso: e questa riunione mancherebbe allo scopo propostosi dall'Impera

tore nel convocarla, se non tenesse conto nel discuterle di quelle aspirazioni

popolari che trovano la loro sanzione nell'opinione pubblica delle nazioni più

civili dell'Europa.

Però il Governo di S. M. non può nascondere a se stesso che la necessità di occuparsi della sorte delle popolazioni italiane non ancora libere e padrone di sé, costituirà uno degli ostacoli più gravi alla riunione del Congresso, ed al buon esito delle sue deliberazioni. Io reputo perciò mio debito di pregarla, Signor Ministro, di far conoscere a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys che il Governo del Re, convinto com'è che il compimento dell'unità italiana sarà il più gran titolo di gloria della dinastia napoleonica, è pronto ad accordarsi col Governo dell'Imperatore circa la scelta dei temperamenti che fossero indispensabili al compimento dell'opera di conciliazione da lui intrapresa. Il mio dispaccio del 4 Lugl,io (1) già Le indicò sino a qual punto il Governo del Re spinga la propria moderazione per quanto concerne la questione romana. Rispetto alla questione Veneta essa non ammette naturalment,e che una sola soluzione. Ma il Governo del Re si dichiara disposto fin d'ora a quelle transazioni economiche ed a quei riguardi di dignità internazionale che potessero risparmiare all'Europa le inquietudini e le perturbazioni inseparabili da una lotta.

283

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1407, ANNESSO CIFRATO. Francoforte, 21 novembre 1863 (per. il 25).

M. de Mohl, que j'avais chargé de demander une audience à M. de Roggenbach, vient de me dire qu'au milieu des complications du moment, il lui serait difficile de m'assigner un jour fixe où je pourrais le trouver à Carlsruhe, mais que cependant le mais ne se passerait pas sans qu'il me le fìt. D'après ce que m'a confié M. de Mohl, sur la position difficile et l'isolement dangereux où se trouve le Gouvernement Badois, il m'a été facile de voir que dans la pensée de M. de Roggenbach la présence d'un Agent italien à Carlsruhe compliquerait singulièrement cette situation, en ce sens: qu'elle serait interprétée camme une démonstration hostile envers les Gouvernements Allemands. Il n'est pas dit pour autant que nous ne puissions réussir, seulement il faut aUer lentement et attendre moment favorable. V. E. peut étre sùre que je ne perdrai pas de vue un instant cette affaire et que j'apporterai dans la négociation tout le zèle et toute la prudence que réclame à la fors les intérèts et la dignité du Gouvernement du Roi.

284

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 246. Londra, 21 novembre 1863 (per. il 24).

In seguito al Dispaccio Telegrafico (2) col quale V. E. m'incaricava prendere informazioni ~sull'accettazione dell'Austria pel Congresso, sulle condizioni che vi imponeva e sulla condotta a tenersi dall'Inghilterra riguardo al Veneto nel Programma delle discussioni, ho jeri avuto con Lord Palmerston una conversazione di cui devo render conto a V. E.

Ricevendo queste istruzioni non negherò chè mi sia sembrato difficile di far fare all'Inghilterra il passo che le chiedevamo.

In questo momento per fini speciali l'Inghilterra e l'Austria si servono di mutuo appòggio per far o non fare certe cose. Questa loro intimità benchè non voglia, credo, recar pregiudizio ai sentimenti che esistono per noi fan sì però che il Gabinetto Inglese se può evitarlo non voglia inutilmente contrariare i Governanti a Vienna.

Ora se qualcosa può dispiacere a Vienna si è precisamente che si parli della quistione Veneta. E mi parea difficile che posti così fra le simpatie e gl'interessi politici gl'Inglesi non cercassero qualche mezzo termine per starsene neutri. Del resto i giornali di jeri già facevan parola dell'esclusione pronunziata dall'Austria della quistione Veneta dal Programma del Congresso.

Era inutile perciò di volerla passar sotto silenzio per non complicar di più la quistione. Parlai dunque senza reticenze a Lord Palmerston dopo un minuto di riflessione, udito quanto per me si proponeva e il dilemma indicato da V. E., mi rispose parergli inutile d'accettar impegni e prestabilir programma essendo presso che decisa l'Inghilterra a non aderire al Congresso.

Anzi Egli soggiuns;e subtto che precisamente \la quistione Italiana era quella appunto che più d'ogni altra consigliava al Gabinetto Inglese questa astensione dal Congresso.

Quattro punti sembra siano stati indicati in qualche comunicazione confidenziale pervenuta qua da Parigi come dovendo esser oggetto delle deliberazioni di quella Assemblea:

La quistione Polacca;

La quistione Italiana;

La situazione dei Principati;

La quistione dello Schleswig-Holstein.

Le due ultime vengono considerate da Lord Palmerston come non essendo della competenza Europea.

La quistione Polacca pare dalla esperienza del passato dover essere ammessa dalla Russia solo in modo da renderla abortiva, da far che la Russia corbelli altra volta le Potenze e ne nasca necessità di guerra, conclusione poco gradita dall'Inghilterra.

Resta la quistione Italiana: Lord Palmerston l'esaminò sotto a tre punti di vista. O il Congresso prende per base del suo operare i Trattati del 1815. Oppure vuol legalizzare lo statu qua, o finalmente partendo da questo, completare l'Italia. La prima ipotesi è inammissibile fuori che pei nemici nostri.

La seconda inutile e pericolosa: inutile perché trattasi di non far altro che quel che già esiste; pericolosa coll'ammetter la necessità di autenticar con atto Europeo il già fatto, e con questo fatto stesso ammettere che modificazioni si possano introdurre. Inoltre aprire il campo alle male voglie dell'Austria, dei Sovrani spossessati, della Corte di Roma; far rimettere in campo le teorie di Confederazione invece d'Unità che sempre primeggiarono a Parigi.

Finalmente resta l'idea colla quale sola probabilmente andiamo al Congresso: il compimento d'Italia con Roma e Venezia. Ma al primo nominarsi direttamente o indirettamente di Venezia, l'Austriaco si ritirerà dal Congresso. Al parlarsi di Roma l'Imperatore arguirà l'impossibilità d'abbandonare il Successore di S. Pietro. E in presenza di queste due feroci opposizioni l'Inghilterra non vede troppo che vi sia posto per una transazione che possa conciliare le due parti.

Dunque impossibilità d'intendersi per una parte; dunque dall'altra incompetenza di Tribunale; dunque nessun Congresso.

Siccome ho avuto l'onore di scriverlo a V. E., il Governo Inglese la settimana scorsa avea scritto a Parigi per ottenere schiarimenti riguardo alle operazioni presunte del Congresso. Il Signor Drouyn de Lhuys dovea veder l'Imperatore mercoledì. La risposta non si fece aspettare e arrivò a Londra giovedì sotto forma di dispaccio al Marchese di Cadore. Pare a chi ha letto questo dispaccio piuttosto lungo che non sia che una parafrasi del discorso imperiale.

Appoggia sull'utilità di un Congresso in un simile momento in cui devesi non rinunziare a difendere la causa Polacca e in cui per consenso di varie potenze può considerarsi utile di esaminar in comune quelle quistioni che possono perturbar l'Europa.

Citansi pur anche le idee espresse da Lord Clarendon rispetto alla Turchia ma estese da lui anche ad altre quistioni Europee al Congresso di Parigi per cercar d'impedir guerre con l'intesa comune degli interessati.

La Francia essendo chiamata sola a muover guerra per quistioni che interessino l'onor nazionale e nessuna di quelle nel Programma del Congresso essendo di questa categoria, essa può presentarvisi senza impegni e spregiudicata. Aver voluto l'Imperatore far questo invito senza previ: accordi onde mostrare la sua lealtà.

Se il Congresso si accetta può sperarsi che dall'esame di queste difficoltà ne possa nascere il rimedio.

Se parte solo delle Potenze accetta e si raduna con l'Imperatore a Parigi

non impedirà che questo esame fra pochi possa far nascere una mutua confidenza

e intesa. E non si trovi poi a ridire se l'Europa si scindesse in gruppi o frazioni

aventi un modo comune di sentire. Questa parte parrebbe contenere una mi

naccia di alleanze o leghe. Inoltre pare che si faccia allusione ad altro divisa

mento importante poiché una frase farebbe sottintendere che in quel caso di

Congresso parziale, le sue decisioni non si considererebbero come aventi forza

di legge. E qua parziale o non parziale non si vuole ammettere un Congresso

avente per risultato l'impiego della forza. Continua la risposta dicendo che

l'Imperatore avrà almeno soddisfatto a un dovere e messo sotto gli occhi dei

suoi alleati il risultato finale al quale si espongono, la guerra.

Del resto respinge energicamente il rimprovero d'aver voluto dichiarar

cancellati i Trattati del 1815.

L'Imperatore aver inteso dire che quei Trattati han cessato di formare un

Codice Europeo. Rimaner bensì nello stato di brani e volersi precisamente dal

Congresso ricostruire questo necessario Codice Europeo, sia coi brani antichi,

sia con innovazioni riconosciute necessarie.

Se nel Congresso poi non potessero le Potenze intendersi fra loro, sarebbe

motivo di rammarico ma non sufficiente per non farlo.

In somma, da quanto mi parve raccogliere dalle parole di Lord Palmerston,

certi passi di questo manifesto possono oscuramente interpretarsi come minacce

significative. Ma tutto assieme non gli parve veder altro che frasi pompose e

vuote, e non so se la parola verbiage non sia stata quella con cui caratterizzò questo scritto.

Rispondendo poi alla parte essenziale del Dispaccio Telegrafico di V. E. devo informarla che, secondo quanto Lord Palmerston mi disse, l'Austria non ha già accettato il Congresso. Bensì ha voluto sapere quanto farebbe l'Inghilterra per farne altrettanto.

Però ha dichiarato a Parigi che se direttamente o altrimenti veniva introdotta la quistione di Venezia al Congresso, il Plenipotenziario Austriaco prenderebbe il suo cappello e partirebbe. Quindi intendersi da lei che se andava si prenderebbero per basi non solo i Trattati del 1815, ma quelli persino di Zurigo. Ora, siccome sovente osservarono i Ministri Inglesi, l'aver noi dovuto sottoscrivere un tal Trattato fu sempre una calamità. Non sarebbe dunque da ripetersi questo prendere impegni che poi per circostanze prevedibili fossero ineseguibili perché contro agli istinti della nazione.

È inutile che io dica a V. E. che non è a temersi che l'Austria faccia adottare simili enormità ai Ministri Inglesi.

Benché Lord Palmerston abbia trovato senza applicazione e perciò non ammesssibile la domanda di V. E., il modo però con cui spiegò la sua condotta basandola sulla persuasione che nulla di buono fosse per nascere per l'Italia da un Congresso, e ponendolo come cagion principale dell'astenersi dell'Inghilterra, non potrà che meritargli la rico11oscenza del nostro Paese.

So da altre sorgenti bene informate che Egli esprime sovente quanto vorrebbe a' suoi tempi ancora veder compita quell'Unità, scopo nostro principale. Ma, siccome mi diceva egli stesso jeri, gli ostacoli per ora sono insormontabili. Mettete l'ordine in casa, rendetevi forti con buona amministrazione, con l'ordine delle Finanze. Questo fu sempre il miglior consiglio che vi diedi, e godo vederne in questi giorni i risultati. Sarà questa la via più sicura per arrivare al compimento di quella difficile impresa (1).

(1) -Cfr. Serie I, vol. III, n. 696. (2) -Cfr. n. 275.
285

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 193. Parigi, 21 novembre 1863 (per. il 24).

Jeri ho visto lord Cowley alla sua campagna di Chantilly. Egli mi disse che la Regina d'Inghilterra aveva risposto all'Imperatore, associandosi ai sentimenti che lo avevano inspirato nel proporre il Congresso, ma dicendo che nella sua qualità di Sovrana costituzionale doveva riferirne ai suoi Ministri e che la risposta ulteriore sarebbe fatta per mezzo del suo Ambasciatore. Difatti lord Cowley ebbe incarico di far conoscere all'Imperatore ed al suo Governo le determinazioni prese in Consiglio. Il Governo Inglese senza opporsi alla riunione del Cong11esso domanda che si formoli previamente il programma delle questioni da trattarsi, e chiede in qual modo le decisioni del Congresso potranno avere una sanzione.

La risposta del Signor Drouyn de Lhuys ha dovuto a quest'ora giungere a Londra. Essa constata la difficoltà di formolare un programma, ma vi si dichiara che nessuna importante questione dovrà essere esclusa, e nominatamente quelle di Venezia, di Roma, di Polonia, dei Ducati.

L'opinione di Lord Cowley è che il Congresso non si potrà riunire.

La risposta dell'Austria è pur giunta ultimamente. Essa non deve differire che nella forma da quella dell'Inghilterra. La risposta della Russia non è ancor giunta. Ma il Barone di Budberg l'aspetta fra breve e la crede affermativa.

Lord Cowley m'ha confermato quanto l'Imperatore disse a Pepoli intorno alla questione di Roma. Avendogli io detto che se il Congresso si riuniva l'Italia intendeva parteciparvi sul piede d'eguaglianza con tutte le altre Potenze, egli mi rispose che non dubitava che l'Inghilterra fosse perfettamente di questo medesimo avviso, e ci appoggiasse in questo senso.

Quanto alla questione Veneta, egli mi disse che certamente l'Inghilterra consiglierà sempre l'Austria a cedere la Venezia, ma che riconoscerà ad un tempo l'impossibilità di andare al di là d'un consiglio, per quanto vivo ed insistente. Insomma l'Inghilterra non ammette la teoria della non esistenza dei trattati di Vienna. Consiglierà all'Austria la cessione della Venezia, però non solo non la forzerà a questa cessione, ma non riconoscerà nemmeno in altri il diritto di forzarla.

(1) Sul colloquio con Lord Palmerston cfr. anche la più ampia lettera particolare dello stesso D'Azeglio a Minghetti del 20 novembre, ed. in LrPPARINI, pp. 157-161.

286

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III

L. P. Torino, 22 novembre 1863.

La lettre que V. lVI. Impériale m'a adressée s'inspire d'une pensée grande et généreuse, à laquelle s'associeront ceux qui comprennent les tendances de notre époque.

Une lutte permanente s'est établie dans une grande partie de l'Europe entre la conscience publique et l'état de choses créé par les traités de 1815. De là un malaise qui ne fera que s'accroitre tant que l'ordre européen ne sera pas constitué sur la base des principes de nationalité et de liberté, qui sont la vie mème des peuples modernes.

Devant une situation si menaçante pour les progrès de la civilisation et pour la paix du monde, V. M. I. s'est rendue l'interprète d'un sentiment général en proposant de réunir un Congrès dont la tache doit ètre d'amener un accord durable entre les droits des Souverains et les justes aspirations des peuples.

J'adhère avec plaisir à la proposition de V. M. I. Mon concours et celui de mon peuple sont assurés à la réalisation de ce projet, qui marquerait un grand progrès dans l'histoire de l'humanité. Dès que la réunion des Conférences internationales s'effectuera, je m'eropresserai d'y prendre part, soit en personne, soit en m'y faisant représenter. L'ItaHe apportera dans le Congrès l'esprit le plus sincère d'équité et de modération. Elle est convaincue que la justice et le respect des droits légitimes

sont les vrais fondements sur lesquels on peut asseoir un nouvel équilibre européen.

Mon plus vif désir est que l'oeuvre de sagesse et de concorde dont V. M. I. a pris l'initiative parvienne à écarter les dangers de guerre et à resserrer les liens qui doivent exister entre les nations.

287

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, pp. 162-163)

L. P. Torino, 22 novembre 1863.

Pasolini è tuttavia febbricitante e malaticcio, ma pur sempre pronto a partire se ciò può servire H paese. Ecco come io vi pongo la questione, aspettando una brevissima risposta telegrafica che dica venga o resti. Quando Pasolini dovea partire per la missione a voi nota, sopravvenne il discorso imperiale il quale mutò le condizioni delle cose. Il viaggio del nostro amico divenne assolutamente privo di scopo o doveva assumerne un altro. Però l'Imperatore ha espresso il pensiero che Pasolini andasse a Londra egualmente, anzi ha fatto chiedere se venisse, o era venuto già a Parigi. Parliamoci chiaro: questi discorsi dell'Imperatore possono essere uno strascico del passato, una specie di rispetto umano, e a dir meglio una lusinga dell'amor proprio nostro, un segno, se volete, di benevolenza; ma senza che abbian vera importanza. Se ciò fosse io credo che Pasolini non deve andare: è inutile sciuparlo, suscitar rancori inevitabili in Azeglio, far nascere dicerie. Se invece l'Imperatore ha opinione che la persona di Pasolini possa essere utile come intermedio fra l'Italia, lui e Palmerston; se Pasolini può andar a Londra non dico già con missione imperiale (chè sarebbe assurdo) ma con fondamento di fatti e di discorsi, allora non è da esitare un minuto. Pasolini deve partire subito e partirà. La questione come vedete è di vostra competenza, sta a voi giudicare secondo il vostro convincimento. Io non vi chiedo altro che o venga o resti. Caso che venga combineremo una lettera vostra, che mi accenni a ciò, ostensibile ad Azeglio per smorzare il colpo. Non vorrei che questi attraversasse

Pasolini invece di aiutarlo. Ben inteso che bisogna andare con molta franchezza. È sempre il meglio.

288

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 26 novembre 1863.

Ho dato oggi a Drouyn de Lhuys la copia della risposta del Re (1). A quest'ora

già saprete che l'Inghilterra risponde con un rifiuto o qualche cosa che gli somiglia. L'Austria domanda di conoscere il programma. La Russia egualmente;

però con termini infinitamente cortesi. La Prussia accetta; ma credo che sarebbe utile che un accordo tra i Ministri avesse luogo precedentemente per regolare le quistioni e il modo di discuterle. Il Papa accetta, interpretando a suo modo. Le altre Potenze accettan tutte. Però l'Olanda non ha ancora risposto. Che cosa nascerà da tutto ciò? Nessuno lo sa. L'Imperatore non si pronunzia. Ora tende per la combinazione russa, ora per l'austriaca. Ho scritto questa singolare posizione a Minghetti (1), e ho chiamato la sua attenzione come chiamo la vostra sull'eventualità che può presentarsi questa primavera; cioè che il tempo corra senza che nulla sia stato deciso.

1n vista dell'attitudine dell'Inghilterra, credo inopportuna ora la gita di Pasolini. Del resto è anche utile l'attendere i dispacci di Pepoli. E poi un passo di tal natura non vuol esser fatto senza che ci siano serie probabilità di riuscita. Sarà dunque utile l'attendere.

Vi mando il progetto di contratto pel Palazzo della Legazione. Ho fatto aumentare la cifra totale, per inchiudervi le spese necessarie di notai, di registro, di tasse, e ho tenuto a che tutto fosse largamente calcolato, perchè la cifra non fosse sorpassata d'un solo centesimo durante l'esecuzione. Il notaio di Pereira sollevò la questione dei poteri, domandandomi se e come io potrei validamente obbligare il Governo italiano in Francia, di fronte alla nostra legislazione costituzionale, e alle formalità richieste in materia di finanza. Parlatene a Minghetti e me ne scriverete a suo tempo. Vi mando pure un rapporto sulla necessità di fare questa operazione (2).

Mi congratulo con voi e con Minghetti del viaggio del Re. Non poteva riuscire meglio; e anche qui fece ottimo effetto.

(1) Cfr. n. 286.

289

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 376-377)

L. P. Parigi, 26 novembre 1863.

L'Inghilterra pare ormai certo non accetta il Congresso. Questo rifiuto e il linguaggio dei giornali inglesi non sono fatti per promuovere il riavvicinamento tra la Francia e l'Inghilterra. La gita di Pasolini è dunque divenuta per questo fatto inopportuna. Tale è anche il sentimento del Principe Napoleone. Eppure, cosa curiosa, da Compiègne mi si scrive che l'Imperatore non ha abbandonato l'idea di indurre l'Austria ad un'alleanza. Conciliate ciò con quanto incaricò Pepoli di dire e fare a Pietroburgo. Parmi chiaro che si sta tuttavia esitando tra le due vie. Intanto tutti i Ministri, ad eccezione forse di Drouyn de Lhuys che non si :pronunzia, si dichiarano contro l'eventualità di una guerra e propongono per evitarla di fare qualche concessione allo spirito liberale della nazione. Fould e Rouher tengono presso a poco questo

linguaggio: evitare la guerra; trattenere l'Italia dall'impegnare una azione contro l'Austria, contentarla col ritiro delle truppe da Roma; ritirarsi dal Messico al più presto e come meglio si potrà; considerare la questione Polacca come finita. L'Imperatore riconosce la saviezza di ques,ti consigli, ma dall'un lato non sa decidersi a lasciare Roma, vorrebbe potere credere nel Congresso; e dall'altro lato, non può rassegnarsi all'abbandono della Polonia. Ecco il circolo di incertezze in cui si aggira, e intanto attende gli eventi.

Fra non molto saprò qualche cosa di più certo, ma intanto non posso fare a meno di chiamare tutta la vostra attenzione su questa eventualità, che cioè la primavera si presenti senza che qui si sia presa nessuna risoluzione. Ho bisogno di sapere da voi quale sarà in tale eventualità la linea di condotta che intendete seguire. Vorrei che i miei timori fossero vani, ma non devo nasconderveli. Io temo che la combinazione russa e la combinazione inglese naufraghino entrambe, se avvenimenti imprevisti non vengono a mutare le condizioni presenti.

P. S. -Fatemi il favore di dire a Pasolini che per non fare dei duplicati non gli scrivo, ma che quanto scrivo a voi penso debba essere scritto a lui. Pasolini è uomo troppo serio, perchè debba essere arrischiato un po' alla ventura. Non perdiamo nulla nell'attendere. Se l'Imperatore me ne parlerà, mi spiegherò con lui e vedremo se la gita sarà utile o no.

(1) -Cfr. n. 289. (2) -Non pubblicato.
290

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 355-357)

L. P. Parigi, 26 novembre 1863.

Dall'ultima lettera che Castelli deve aver recato a Visconti, avrai letto le mie impressioni, se non vedo color di rosa non creder che sia partito preso, le appreziazioni che ti ho mandato sono frutto di maturo esame, poiché qui le mie relazioni sono abbastanza estese da permettermi un giudizio vero.

Quanto alla riunione o no del Congresso, per noi è indifferente, l'importanza per l'Italia sta nelle parole pronunciate dall'Imperatore qualora però a queste seguano i fatti.

È indubitato che il discorso dell'Imperatore aumenta fra i Sovrani i nemici della sua politica, accetterei volentieri questa condizione, se vedendo crescere le difficoltà vedessi sorgere decisione e energia, ma sventuratamente questo, fino ad ora, non è.

La proposizione del Congresso avrebbe potuto creare alla Francia nuovi alleati, e lasciate da parte l'Austria e la Prussia, il Gabinetto di Pietroburgo avrebbe potuto accostarsi a quello delle Tuileries, ma li separa il sangue della Polonia belligerante, che l'Imperatore non può né vuole abbandonare, e dove la Russia non può né vuole fare concessioni, da questo Iato adunque non vedo come possa sciogliersi il dilemma.

L'idea che si accarezza ancora è quella di decider l'Austria a stare colla Francia e coll'Italia, ma sventuratamente al Gabinetto di Vienna non si possono offrire che sacrifici, riposando i vantaggi su di un incerto avvenire, quindi anche da questa parte vedo difficoltà insormontabili.

Altra ipotesi più logica ma pericolosa sarebbe quella che la Francia strettamente legata all'Italia, ed a qualche potenza di secondo ordine, facesse appello ai principii di nazionalità, non curando le conseguenze che questa risoluzione potrebbe portar se co, facendo dimenticare all'Austria, Russia e Prussia le difficoltà che le separano ed unendole per far fronte al comune pericolo.

Le esitanze imperiali non allarmano me solo ma eziandio quelli che sono partigiani della pace, mais non à tout prix si vorrebbe studiar modo per una manifestazione dell'opinione Nazionale Francese che venisse a fortificare la volontà e le decisioni Imperiali, poiché è evidente che le Potenze contrarie alla partita Francese, essendo ogni giorno informate delle esitanze fondano su queste la loro resistenza ed i loro rifiuti più o meno palesi.

Credo che le appreziazioni di Nigra s'accordino colle mie, Egli però attende a formarsi più fermo giudizio dopo che avrà veduto l'imperatore a Compiègne. Dio voglia che vi trovi migliori disposizioni, ma fatalmente temo il contrario.

Usando della mia solita franchezza, senza abusare dell'amicizia che hai per me, mi permetto ora di esporti le mie vedute sulla condotta che si potrebbe tenere dal Governo del Re.

Seguitare quanto si fa a Torino, preparandoci energicamente alla guerra, ond'essere in misura di prendere al volo il momento di decisione che potesse sorgere nell'animo dell'Imperatore, ma se questo non avvenisse, perché spaventato dalle difficoltà che lo circondano non osasse affrontarle, a senso mio, sarebbe bene tenerci in grado di far avanzare la questione Romana, proponendo una transazione per il ritiro delle truppe francesi. Su questo terreno noi saremo certo coadiuvati dalle persone più influenti nei consigli dell'Imperatore, io non intendo di paralizzare le due questioni incrociandole, ma il far camminare l'una, cioé quella della Venezia, dipende da noi soli e dai nostri armamenti, fare avanzare l'altra, è solo questione di mantenerla viva presso le persone che a questa sono favorevoli. È da notarsi che i nostri preparativi alla guerra ci torneranno favorevolissimi, perché, come sai, le stesse persone che sono con noi nella questione Romana, son quelle che desiderano evitare possibilmente e decentemente la guerra, e che quindi comprenderanno che soddisfando i desiderii dell'Italia da un lato, sarà mezzo per aggiornare le sue aspirazioni dall'altro; anche qui il Ministro Nigra, al quale ho espresso quest'idea sembrami dividerla, non esponendosi così il Ministero a basare tutta la sua politica nell'esclusiva volontà imperiale, il che lo porrebbe forse nel caso di veder consumarsi altri sei mesi senza aver progredita nessuna delle nostre questioni vitali.

Sto attendendo una tua lettera nel senso che l'ho chiesta nell'ultima mia a Visconti (1), e sarebbe necessario che tu me ne inviassi di quando in quando, ciò che ti chiedo ha forse maggiore importanza di quanto potrà sem

brarti, mi rimetto però interamente al tuo saggio consiglio, solo ti prego a

non vedere nella mia insistenza che il desiderio di portar vantaggio alla causa

comune.

Rouher diviene sempre più forte e più influente, la lotta fra lui e Drouyn

de Lhuys continua, egli insiste perché Thouvenel sia chiamato agli Esteri, io

non credo che questo cambiamento si avveri per ora.

I Russi sono più esacerbati che mai sapendo che da qui partono continui

incoraggiamenti ed armi per la Polonia; dal canto suo l'emigrazione Polacca

cerca influire presso l'Imperatore onde ottenere un tacito consenso ad un

imprestito che stanno per combinare, è probabile che otterran~o quanto do

mandano.

Al suo ritorno da Napoli il Re avrà trovato una mia lettera, non so se

te l'avrà fatta leggere; in essa m'astenni dall'intiepidire le sue speranze

nell'avvenire.

Mille cose potrei dirti e lo vorrei, lungo sarebbe per iscritto, volevo fare

una corsa a Torino, ma attendo il ritorno di Nigra e della principessa Matilde

da Compiègne, come pure attendo di scorgere negli eventi una piega più marcata.

Mettimi ai piedi di S. M. e fa' a Visconti le mie congratulazioni per il modo

con cui parla alla Camera.

P. S. -Scrivimi e rammentami a Peruzzi. Non dimenticare la raccomandazione di M. Rouher.

(1) Del 24 novembre, conservata in B CB, Carte Minghetti.

291

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 24. Pietroburgo, 27 novembre 1863.

Non ho mancato appena giunto di recarmi dal Principe Gortchakow ed ebbi con lui un lungo abboccamento. Io ho già telegrafato a V. E. che se non fui compiutamente soddisfatto delle spiegazioni avute, uscii però fiducioso che si sarebbero potuti conciliare gli interessi nostri cogli interessi Russi.

Mi permetta però V. E. di non rendergli esatto conto di questo colloquio. Siccome le parole che io trascriverò debbono cooperare a formare il suo criterio e può così sopra di me pesare una grave responsabilità, io voglio sottomettere la relazione di quel colloquio al Vice-Cancelliere che debbo vedere fra breve e che mi ha promesso di chiedere un'udienza per me all'Imperatore.

D'altronde nel primo colloquio io usai un poco di strategia; non assaltai le posizioni, mi limitai ad esaminarle ed a rendermi conto delle disposizioni d'animo degli avversari.

Io sento tutto il pondo della responsabilità che pesa sopra di me e desidero andare guardingo molto più che non dobbiamo rompere all'Inghilterra e che Lord Napier mi osserva e indaga ogni mio passo.

Toccando ora ad altro grave argomento debbo manifestarle le impressioni che ho raccolto in Germania sulla questione del Holstein. Di questa questione ho lungamente parlato col Principe di Hohenzollern ed egli porta opinione che un atto dell'Italia favorevole alla separazione dell'Holstein guadagnerebbe alla causa della Venezia gli animi di tutta la Germania.

Questa opinione è divisa da tutte le frazioni del partito liberale in Prussia. So che molti stimano necessaria all'equilibrio europeo l'integrità della Danimarca. Questa convinzione capisco per parte dell'Inghilterra che non vuole che la flotta Germanica abbia un porto nell'Holstein, ma da parte nostra non la comprendo.

lo invece comprendo tutto l'interesse che avremmo a veder trionfare il principio nazionale. E se la Francia volesse prendere l'iniziativa di proporre lo scambio della Venezia coll'Holstein forse vi sarebbe in queste circostanze un propizio momento.

Credo che una nota del Ministero nostro che fosse resa di pubblica ragione, che dichiarasse le nostre simpatie per i Ducati, che assimilasse la questione che essi sollevano alla questione veneta, che dichiarasse che vedrebbe con gran conforto quei popoli chiamati a chiarire col suffragio universale i loro voti otterrebbe un ottimo effetto. In politica come in ogni altro ordine di idee la logica è la forza migliore che un Governo possa invocare in proprio ajuto. Non vi sono che i Governi logici che sono forti.

Lord Napier mi ha detto che egli crede che se i popoli dei Ducati dichiarassero col suffragio universale che essi vogliono distaccarsi dalla Danimarca, l'Inghilterra non si opporrebbe.

Io m'ingannerò, ma credo che Ella, Signor Ministro potrebbe in questo momento giovare immensamente all'Italia occupandosi di questa questione. L'iniziativa per questo argomento può tornarci utilissima.

Trattengo il corriere fìnchè avrò veduto il Principe Gortchakow. Consegno intanto questa lettera al Conte Tornielli che si reca a Torino per congedo di quindici giorni al più per affari di sua famiglia.

P. S. -Questo oggi corron voci che l'influenza inglese qui trionfi: il Principe venne oggi a cercarmi ma ero uscito di casa! sono quindi costretto ad appagarmi di informazioni raccolte nei saloni.

292

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1419. Pietroburgo, 29 novembre 1863, ore 13 (per. ore 16,15).

Informez à Paris qu'on trame ici quelque chose. Je crois prince Gortchakoff débordé par le parti militaire. Angleterre intrigue contre empereur Napoléon (1). Retardez interpellations jusqu'à arrivée courrier de cabinet.

(1) La notizia fu comunicata a Nigra con t. 878 dello stesso giorno, ore 16.45.

293

CARLO ARRIVABENE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 30 novembre 1863.

In una delle tue ultime lettere mi facevi gentile richiesta di quegli articoli del Daily News che trattano delle cose nostre. Sebbene un poco tardi te ne unisco uno sul viaggio del Re perchè, se lo credi, lo abbia a far ristampare nei giornali italiani. È bene, a mio credere che si sappia costì, quale sia l'opinione dei liberali inglesi sullo stato d'Italia.

Non so se Carlo Alfieri t'avrà comunicata una mia lettera di venti giorni fa, nella quale prevedeva il rifiuto del Gabinetto Inglese, rifiuto che fa cadere il progetto dell'Imperatore. Poca fiducia nelle proposte Imperiali, per quanto giuste esse siano, e gelosia, furono i moventi di questa decisione; decisione che sventuratamente ravvicina sempre più il Governo Inglese a quello di Vienna.

Tu avrai, senza dubbio, osservato come Lord Russell abbia evitato di toccare la questione romana, espressamente enumerata nella elaborata Nota di Drouyn de Lhuys. Questo, dicono oggi i sostenitori della decisione del Gabinetto inglese -si può dire tutti gli uomini politici dell'Inghilterra, senza eccezione di partito -questo, dicono essi, fu fatto a bella posta, giacchè se Luigi Napoleone ha fallito nell'attuazione della sua proposta del Congresso, la questione dell'evacuazione di Roma non spetta ad altri che a lui a deciderla: egli può, se il vuole, ritirare da Roma le sue truppe domani e l'Inghilterra applaudirà a siffatta risoluzione. Ecco come ragionano i politici del Conservative, del Reform, di Brux e degli altri Clubs, ecco come la vedono gli uomini più influenti della City e della stampa periodica.

• Giacchè l'Imperatore ha sì buone intenzioni, mi diceva ieri sera uno di quest'ultimi, fate, o faccia il vostro Governo, di metterlo al punto di effettuare, dichiarando che è disposto a lasciar Roma •. Belle cose e facili a dirsi, ma non sì facili ad eseguire. Il fatto più rilevante di questo diniego d'assistere al Congresso è quello dell'accordo perfetto co H' Austria, accordo che Cobden ha giovedì denunziato nel suo discorso di Rochdale con parole di sdegno e direi quasi di sprezzo.

Perdona se mi son presa la libertà di abboracciare qui queste considerazioni, e credilo che non l'ho fatto per altro motivo che per mostrarti l'affetto vivissimo che al nostro paese mi lega.

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 1 dicembre 1863.

Una corrispondenza da Nizza recante la data del 27 Novembre ed inscritta

nel Diritto del 30 stesso mese riferisce alcuni fatti sui quali debbo richiamare

l'attenzione della S. V. Illustrissima.

Se si dovesse prestar fede a quella corrispondenza il Prefetto di Nizza avreb

be provocato dal Consiglio Generale del Dipartimento delle Alpi Marittime il

voto che la frontiera che separa la Francia e l'Italia fosse portata al Colle di Tenda ed alla Roya. Questo voto sarebbe stato dal Signor Gavini ufficialmente comunicato al Sindaco di Ventimiglia e dei comuni italiani posti oltre la Roya, con invito a far deliberare su quel voto i loro Consigli Comunali.

Soggiunge la corrispondenza che quei Sindaci, quello di Ventimiglia in ispecie, respinsero la proposta e che un emissario del prefetto di Nizza corse pericolo di essere per ciò malmenato dalla popolazione di Ventimiglia.

Finora non ho ricevuto dal Ministero dell'Interno alcuna informazione che cadermi i fatti in discorso. Tuttavia io Le sarò grato, Signor Commendatore, se vorrà mandarmi sollecitamente qualche indicazione in proposito. Infatti il Di1·ìtto afferma che il Deputato Biancheri si propone di muovere su tale argomento interpellanze al Governo del Re. Io desidero perciò avere dalla S. V. Illustrissima la prova dell'insussistenza dei fatti riferiti da quel periodico, i quali non sembrano avere alcun grado di probabilità.

295

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 511. Berlino, 1 dicembre 1863 (per. il 5).

Au risque de rester les mains vides quand le courrier Collino repassera à Berlin, je ne veux pas tarder à rendre compte à V. E. d'un entretien que j'ai eu hier avec le Président du Conseil. Quoique je fusse de retour à mon poste depuis le 27 au soir, il n'avait pas pu m'accorder une audience plus tot. D'après son avis, à moins que l'Angleterre ne revienne de sa détermination, le projet de Congrès Européen aurait échoué; tout au plus pourrait-il surgir quelqu'entente très restreinte. Il trouvait que le Cabinet de St. James avait au moins montré trop de précipitation dans sa conduite; car puisqu'il veut éviter l'explosion d'une guerre, il aurait dù ne repousser aucun des moyens de la prévenir, ne fùt-ce que par acquit de conscience. En effet la question Polonaise aurait pu étre discutée en congrès; et si on ne se fùt pas entendu pour une solution radicale en présence de la Prusse qui ne saurait admettre une Pologne indépendante; en présence de la Russie où l'opinion publique est trop surexcitée pour se préter à des concessions d'une nature aussi étendue que celles qui lui sont réclamées au point de vue national, et en présence de l'Autriche qui finirait tòt ou tard par se rapprocher des deux autres Puissances du Nord, du moment où la Galicie serait sérieusement menacée; si, pour ces raisons, un accord général eùt été une impossibilité, on se serait du moins expliqué de part et d'autre, et l'on aurait peut-étre réussi à calmer les sentimens d'aigreur, les froissemens d'amour propre qui ont survécu aux dernières négociations diplomatiques. Quant au Schleswig-Holstein, l'urgence d'un Congrès était clairement indiquée; car la situation actuelle est complètement anormale. Le Gouvernement

Prussien, de méme que le Cabinet de Vienne, croyent qu'il ne faut pas confondre la question des droits constitutionnels et parfaitement légitimes de ces deux Duchés avec celle si distincte de la succession au tròne du Roi Chrétien

IX; ainsi l'exécution fédérale n'aura lieu, du consentement de l'Autriche et de

la Prusse, que pour autant que le décret de la Diète Germanique ne contien

drait aucun considérant en opposition avec les engagemens contractés par les

s.ignataires du Traité de Londres. Il est bien entendu que le Roi-Duc devrait

à son tour remplir les obligations résultant des pourparlers diplomatiques qui

ont précédé la signature du protocole dont il a reçUI son titre à la couronne.

Au reste la Prusse n'aurait aucun intéret à former du Holstein un Etat indé

pendant, qui à Francfort voterait bientòt contre elle sous le prétexte de sa

prétendue politique ambitieuse. D'ailleurs n'y a-t-il pas déjà exubérance de

Ducs en Allemagne?

Les affaires Danubiennes eussent aussi fourni matière à un Congrès.

Enfin il y aurait eu à s'occuper de l'Italie pour sanctionner par un nouveau

Traité les faits accomplis.

Si l'Empereur Napoléon eùt proposé le Congrès dès le mais de Janvier dernier, le Roi de Prusse l'eùt accepté purement et simplement; mais depuis lors son attitude dans les affaires Polonaises a diminué la confiance que la Prusse avait placée dans son Gouvernement; et elle a dù accompagner son acceptation d'une réserve celle de pressentir les autres Puissances sur les préliminaires. Par là elle n'entendait nullement indiquer qu'elle verrait de mauvais oeil la réunion des plénipotentia.ires Européens. Bien loin de là; mais ne pouvant plus aujourd'hui compter autant sur le Cabinet des Tuileries, où siège M. Drouyn de Lhuys, où l'infiuence de l'Impératrice joue toujours un ròle regrettable, la Prusse devait ménager les autres Puissances, pour ne pas courir le risque de se trouver un jour à peu près seule sur la breche. Elle a dane, dans sa réponse à Paris, agi par nécessité de position en mentionnant une réserve de pure forme. Elle devait d'ailleurs jusque à un certain point se montrer conséquente à l'attitude qu'elle avait gardée trois mais auparavant vis-à-vis de l'Autriche à Francfort, tout en reconnaissant une différence de procédés tout à l'avantage de la France.

Cependant le Président du Conseil partageait mon avis qu'il n'était pas sans dangers de fermer toute issue à l'Empereur Napoléon, quand'il faisait un appel, au nom de la France, pour l'aplanissement des difficultés qui menacent la paix de l'Europe. Ainsi, quant à l'Italie, je fis observer à M. de Bismarck que nous nous préoccupions bien moins d'une sanction générale des faits accomplis dans la Péninsule, que de trouver un moyen pacifique de résoudre les questions encore pendantes notamment celle de la Vénétie. Notre acceptation de la proposition d'un Congrès avait été dictée surtout par le désir de prouver notre bonne volonté de sortir, si possible à l'amiable, d'une situation qui nous mènerait nécessairement à la guerre si la diplomatie ne parvenait pas à donner satisfaction aux voeux légitimes de l'Italie. Il fallait une certaine hardiesse pour nous exposer aux délibérations d'une assemblée où nous aurions rencontré quelques rudes adversaires de nos vues. Si le projet semble devoir avorter, nous avons dumoins rempli notre devoir en tenant, meme à nos risques et périls, la parole que nous avions donnée à l'Europe, nommément à la Prusse quand elle reconnut le Royaume d'Italie. Nous rentrons désormais dans une pleine et entière liberté d'action. Ce ne sera qu'en complétant notre système de défense dans le Nord

24 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

de l'Italie, que nous serons en mesure de remplir dans la grande famille Européenne le ròle qui nous est assigné par ses intérets les plus chers, et que nous serons entièrement libres dans le choix de nos alliances. A cet effet nous comptons sur les bonnes dispositions de la Prusse, et de son premier Ministre.

M. de Bismarck en me chargeant d'assurer V. E. que personne n'était mieux convaincu que Lui qu'entre la Prusse et l'Italie il y avait plusieurs intérets communs, et que dès ,lors il leur importait de vivre en bonne intelligence, expr,imait l'opinion que pour nous la question de Rome primait celle de la Vénétie. J'ai combattu cette opinion par des argumens connus et qui m'ont été meme verbalement suggérés par V. E. Ils ont paru faire quelqu'impression sur son esprit. Il était également d'avis qu'il nous conviendrait, tant que nous n'aurions pas Rome pour capitale, de transférer le siège du Gouvernement à Naples.

J'ai ensuite engagé la conversation sur les rapports entre la Prusse et l'Autriche. La conduite de l'Empereur François-Joseph à Francfort a fait tache d'huile. Cependant, dans l'affaire du Holstein, les deux grandes Puissances Allemandes marchent d'accord. • C'est une de ces questions, me disait en souriant

M. de Bismal'ck, où nous pouvons nous entendre! •. S'il avait voulu parler avere plus de franchise, il aurait pu m'avouer que les deux antagonistes marchent còte à còte pour mieux se surveiller. J'ai adroitement glissé quelques mots sur certaines insinuations parties de Vienne pour une réincorporation de Za Silésie. M. de Bismarck m'a paru déjà informé de ces manoeuvres clandestines.

• Si l'Autriche convoite la Silésie, qu'elle essaye de nous la disputer. Elle nous trouvera sur sa route. Les habitans eux-memes de cette province se joindront à nous pour défendre notre glorieuse conquete. Ils sont trop intelligents pour ne pas s'etre rendus compte des bienfaits de la domination Prussienne, mise en regard de celle de la maison de Habsbourg, nommément en Boheme. La Boheme est restée presque stationnaire depuis Ferdinand I; tandis que la Silésie a prospéré sous tous les rapports, et qu'entre autres sa population qui, il y a un siècle, n'était que 1.200.000 habitans a presque triplé dans cet intervalle ». J'ai également rappelé un fait un peu oublié aujourd'hui; c'est qu'en 1850 l'Archiduc Albert avait été chargé, si la guerre avait éclaté, d'exécuter un plan de campagne contre la Silésie.

J'ai parfaitement vu que M. de Bismarck avait quelque peine à maitriser son indignation contre l'Autriche, dont il est et restera l'adversaire. On peut lui reprocher de n'etre pas assez AZZemand; mais il est très bon Prussien. A ce titre, il veut l'agrandissement de son pays et il comprend fort bien qu'il n'atteindra ce but qu'en infligeant une rude leçon à la Puissance qui contrecarre le plus ses projets.

Quant à la situation générale, il la considère camme menaçante, sans néanmoins affirmer encore qu'il en sortirait nécessairement la guerre au printems prochain. En attendant la Prusse se prépare militairement, pour ne pas ètre prise au dépourvu. Les nouvelles recrues seront pretes à entrer en campagne dès le 1er Avril • Quand l'orage gronde à ,l'horizon, me disait M. de Bismarck il est bon d'ouvrir son parapluie •. Mais l'état actuel des choses lui paraissait encore trop confus pour asseoir son jugement d'une manière définitive.

296

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Ca1·teggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 379-380)

L. P. Parigi, 1 dicembre 1863.

Ieri ho rimesso all'Imperatore la risposta del Re alla lettera d'invito al Congresso (1). Ho domandato a Sua Maestà che cosa io potevo scrivere al Governo del Re intorno alla proposta di Congresso, in vista del rifiuto dell'Inghilterra. Non celai all'Imperatore che il suo discorso e la sua proposta avevano sollevato in Italia gli animi e le speranze di tutti, e che se le intenzioni generose dell'Imperatore dovessero, in seguito alle opposizioni delle altre Potenze, rimanere infruttuose e lasciar le cose nello stato presente, l'Italia si sarebbe trovata in difficilissima posizione. Essa sarebbe collocata, gli dissi, nella necessità di preferire la guerra, ,coi suoi pericoli ma colle sue probabilità favorevoli, alla continuazione di uno stato di cose che impone al paese tutti i pesi della guerra, senza nessuno dei suoi vantaggi. Sviluppai a lungo questo concetto, ma l'Imperatore mi interruppe dicendomi: • Anche col rifiuto dell'Inghilterra, non si può dire che tutto sia finito così: altre Potenze hanno accettato; col proporre il Congresso non mi feci illusioni al punto di credere che tutte le Potenze si riunissero e adottassero d'accordo un programma ragionevole e lo facessero eseguire; ebbi piuttosto l'idea di provocare la possibilità di una nuova combinazione. L'Italia, la Francia, la Prussia, la Svezia, la Spagna ed altre Potenze non potrebbero esse mettersi d'accordo? La loro accettazione è pur qualche cosa. Bisognerà attendere e vedere •. Allora il discorso si portò sulla Russia. L'Imperatore non spera molto nella combinazione russa, crede anch'egli che difficilmente la Russia si adatterà a rinunciare al Granducato di Varsavia. A questo punto io gli parlai del telegramma di Pepoli (2) che conferma queste apprensioni. L'Imperatore ad un tratto mi domandò se Pasolini non si sarebbe recato a Londra. Gli dissi che in vista della proposta di Congresso, del rifiuto e dell'attitudine dell'Inghilterra, dei tentativi che si stavano facendo a Pietroburgo, noi avevamo giudicato opportuno di sospendere questa missione. Ma l'Imperatore insistette dicendomi: appunto perchè la combinazione russa offre ora poca probabilità di riuscita, sarebbe utile il tentare di nuovo l'animo di Palmerston e domandargli se, giacchè non vuole il Congresso, è disposto ad entrare nella combinazione indicata dal vostro progetto. • Credo difficile, diss'egli, che Palmerston sia disposto a ciò, e penso che forse non diede al suo discorso con Pasolini l'importanza che noi gli abbiamo data; ma d'altra parte mi pare impossibile che l'Inghilterra si adatti a lasciare che il sangue continui a scorrere così in Polonia, e che l'Europa stia sotto l'incubo perpetuo d'una conflagrazione imminente. Bisogna adunque tentare nuovi passi, e la missione di Pasolini, anche non riuscendo compiutamente, ha un vero vantaggio in questo senso che si saprà al vero che cosa vuole il Gabinetto inglese •. Dissi all'Imperatore che avrei scritto queste

cose a Torino, ma dimandai: -Però Pasolini dirà a Palmerston che V. M. accetta e approva il programma? -Mi rispose: « Pasolini potrà dire che il progetto in questione mi fu sottoposto prima della proposta del Congresso, e che io m'era mostrato disposto ad aderirvi e ad accettarlo •.

Questa conversazione mi prova che l'Imperatore in realtà è imbarazzato della posizione presente e che desidera fare ogni tentativo per uscirne. Prova ad un tempo che ha pure speranza di altre combinazioni. Io credo certamente che la missione d.i Pasolin.i era più opportuna prima del 6 novembre che non sia ora dopo il rifiuto dell'Inghilterra al Congresso. Tuttavia in vista di questa insistenza dell'Imperatore, credo indispensabile oramai che Pasolini si decida a venire qui ove vedrà l'Imperatore, e poi a Londra. Badate bene che io non aveva la minima intenzione di toccare questo punto. Si fu l'Imperatore che pigliò l'iniziativa in questo discorso. Adunque, fate di decidere Pasolini a partire e mostrategli questa mia lettera. Sarebbe bene che partisse subito, giacchè ogni giorno che passa modifica la posizione. Io parto per Compiègne il 6 corrente. Pasolini dovrebbe venire a vedermi a Compiègne. Sormani verrebbe a pigliarlo a Parigi, o lo attenderebbe alla stazione di Compiègne. lvi vedrebbe segretamente l'Imperatore e si combinerebbe il resto. Intanto telegrafatemi voi o Visconti per mia norma. Ma pensate che in ogni caso è atto di cortesia che Pasolini venga almeno fino a Parigi e vegga l'Imperatore. Evitate però che si faccia chiasso. Pasolini è malato, piglia un congedo per salute e cambia aria. Il Principe Napoleone avrebbe molto caro che proponeste al Re di dare la decorazione di Grand'Ufficiale di San Maurizio al Prof. Ricard medico suo e della Principessa... (1).

(1) -Cfr. n. 286. (2) -Cfr. n. 292.
297

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Torino, 4 dicembre 1863.

Vous trouverez ci-joint une copie de la lettre (2) par la quelle S. M., notre Auguste Souverain a répondu à l'invitation que lui a adressée S. M. l'Empereur des Français, de prendre part à un Congrès ayant pour but de résoudre les questions qui menacent la tranquillité de l'Europe. L'Italie ne pouvait que donner son adhésion à une tentative conçue dans un sentiment de justice et d'humanité, et déstinée à prévenir par un arrangement pacifique les conflits que pourraient entrainer des difficultés laissées trop longtemps sans solution. Quelque résultat qu'obtienne la proposition dont l'Empereur des Français a pris l'initiative, Notre Auguste Souverain et son Gouvernement auront témoigné une fois de plus de l'esprit de modération qui les anime, et de leur désir sincère de voir une ère réparatrice s'ouvrir pour l'Europe sous les auspices du respect réciproque des droits de chaque nation.

(1) Il contenuto essenziale del colloquio con l'Imperatore era stato già telegrafato da Nigra il 30 novembre (cfr. Carteggio Minghetti-Pasolini vol. III, p. 378).

(2) Cfr. n. 286.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 4 dicembre 1863.

Alla Circolare in data di ieri (1) con cui si trasmette alle R. Legazioni all'Estero copia della risposta fatta dal Re alla lettera d'invito al Congresso, credo di dover aggiungere alcuni schiarimenti d'indole confidenziale circa i motivi che determinarono il senso di quella risposta.

La proposta d'un Congresso destinato a risolvere pacificamente le questioni pendenti, e che tutte toccano più o meno da vicino gli interessi italiani, doveva necessariamente essere accettata dal Governo del Re. Respingendola questi avrebbe infatti dato luogo a supporre o che lo statu quo esistente fosse così completamente consentaneo agli interessi del nostro paese, che nulla di meglio potesse desiderarsi da noi; oppure avrebbe dimostrata la volontà di risolvere immediatatamente colla guerra quelle questioni la cui esistenza non è negata nemmeno dall'Inghilterra, e che possono dar luogo quando che sia a gravissime complicazioni. Il Governo non ebbe quindi ad esaminare né la pratica possibilità della riunione di questo Congresso, nè il risultato ch'esso avrebbe potuto avere. Bastava a noi che fosse data l'occasione all'Italia di por francamente le questioni di Roma e di Venezia innanzi alla diplomazia europea. Per lo scioglimento favorevole e pacifico di queste noi contavamo naturalmer:te sull'appoggio dei nostri alleati e particolarmente su quello dell'Inghilterra.

Benché il Gabinetto Inglese collocandosi ad un punto di vista diverso dal nostro, ed appoggiandosi ad un ordine di considerazioni di cui riconosciamo tutta l'importanza, non abbia creduto di potere accettare l'invito di farsi rappresentare ad un Congresso Europeo, noi crediamo tuttavia che questo incidente diplomatico possa avere dei risultati non inutili alla causa· italiana. Leggendo gli interessanti dispacci scambiatisi in quest'occasione fra Lord John Russell ed il Signor Drouyn de Lhuys, io rimarcai con piacere che i Ministri degli Affari Esteri delle due grandi nazioni, al oui appoggio l'Italia è in parte debitrice della sua indipendenza furono indotti dalla necessità logica della situazione a porre in campo le questioni italiane, e ne riconoscono urgente la soluzione. Nel ringraziare il Conte Russell della prova di simpatia data in tal modo all'Italia Ella Vorrà, Signor Ministro, fargli osservare che l'accordo dei due Gabinetti di Londra e di Parigi circa i due grandi problemi di Venezia e di Roma costituisce ai nostri occhi la migliore guarentigia della quiete d'Italia e d'Europa. Non farà maraviglia al Conte Russell che noi esprimiamo il desiderio che l'accordo da lui accennato non rimanga allo stato di una semplice conformità d'opinioni, ma passi dal campo della teoria a quello della pratica. Risulta infatti dai documenti pubblicati dalla Gazzetta di Londra del 28 Novembre che fra la Francia e l'Inghi1terra la divergenza cade sul metodo più che sul fondo stesso della discussione. L'Inghilterra è convinta che un Congresso non offre il miglior modo di rassodare la pace e d'allontanare le cause della guerra. Ma nel tempo stesso che declina questo invito, il Conte Russell aggiunge che il Governo Inglese è pronto ad intavolare colla Francia

e colle altre potenze dei negoziati per risolvere le principali fra le questioni accennate dal Signor Drouyn de Lhuys. Non v'ha miglior modo di togliere al rifiuto dato dall'Inghilterra alla proposta francese ogni carattere irritante, che quello d'entrar subito col Gabinetto dell'Imperatore in uno scambio d'idee sulle questioni italiane. Infatti su questo argomento la Francia e l'Inghilterra si trovano sopra un campo in cui i loro interessi non sono in conflitto: l'indipendenza d'Italia è per l'Inghilterra uno dei primi elementi dell'equilibrio europeo, ed il compimento del programma di Milano dev'essere per l'Imperatore una grande soddisfazione dinastica. Sarebbero eliminate così le discussioni troppo generiche alle quali ripugna il senso pratico degli uomini di Stato inglese: non si tratterebbe di decidere in massima se i trattati del 15 debbano considerarsi come aboliti

o come ancora in vigore: non si discuterebbe se le modificazioni avvenute abbiano d'uopo d'una nuova sanzione e si eviterebbero così tutti quegli ostacoli preliminari che il Conte Russell ha saggiamente previsti. Senza formalità di Congressi o di Conferenze l'accordo pratico fra l'Inghilterra e la Francia rispetto all'Italia sarebbe un fatto di somma importanza ed al quale noi saremmo felici di potere in qualche modo contribuire.

(1) Cfr. n. 297 che però reca la data dello stesso giorno 4.

299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 31. Torino, 4 dicembre 1863.

Pasolini parte questa sera, ma non ha ancora ben deciso se piglierà la via del Cenisio che teme un pò per la sua salute, o quella di Nizza. Al ricevere di questa ne avrete ricevuta notizia da me pel telegrafo. Se l'Inghilterra non vuole entrare in nessuna combinazione di nessun genere, non so che dire. Ma se essa vuole stornare i pericoli di una conflagrazione, e dominare gli avvenimenti, il nostro progetto presenta una soluzione assai conforme agli interessi inglesi. Anzi esso ha il vantaggio di presentare una soluzione per quasi tutte le questioni che la Francia indicò poter essere oggetto del Congresso, la Polonia, i Principati, Venezia, Roma.

Voi avete posta la questione all'Imperatore precisamente nei termini nei quali è qui da noi considerata. Se noi lasciamo che questa situazione si sciolga senza risultato, senza averci offerto l'occasione che l'opinione pubblica vi intravvede, ciò avrà, a mio credere, delle assai pericolose conseguenze in Italia. Vi sono due politiche distinte. Una di cercare un posto, siccome un elemento utile, in quelle combinazioni che si poterebbero formare per opera altrui. L'altra di esercitare, ove occorra, noi stessi un'azione sugli avvenimenti. Per questo bisognerebbe essere disposti a dare noi stessi il tratto alla bilancia, se l'Imperatore non si è ancora deciso. Ma la cosa è di una gravità estrema. Bisogna anche considerare che potrebbero forse sorgere delle complicazioni che noi non padroneggiamo. È certo, per esempio, che il partito d'azione volge i suoi sforzi a far sorgere qualche moto insurrezionale nella Venezia. È quello ora il suo obbiettivo. L'influenza ora nel Veneto è esercitata dal partito nazionale e moderato. Non credo neppure che il paese si presti a una vera levée de boucliers. Ma

qualche fatto è sempre possibile e bisogna prevedere gli effetti grandi di una causa anche piccola. Vi assicuro che di queste eventualità ci occupiamo sul serio. Per incarico di Peruzzi vi narro un aneddoto relativo al de Christen. Liberato dal carcere gli si lasciò libera scelta del punto della frontiera verso il quale voleva essere diretto. Ed egli ostinò a voler andare a Roma. La cosa ci parve un pò forte. Per il che lo si imbarcherà per Marsiglia, anche contro il suo desiderio.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 4 dicembTe 1863.

Ebbi a suo tempo da La Rovere le due lettere per Visconti e per me, relative agli accordi militari sulla frontiera francese. Ora vi spedisco la mia dei 20 settembre come intesi (1). Ma spero che non verrà la necessità di pubblicarla, parendomi che la Camera sia poco disposta alle interpellanze sugli affari esteri, il che prova che comprende la posizione attuale. Avrete visto che l'Inghilterra rifiuta il congresso, e par che la Russia anch'essa poco vi si mostri inclinata. In tal caso mi sembra che le speranze che l'Imperatore aveva sì vive di codesta riunione, non si avverino e che non avrà luogo congresso. Ma non sarebbe egli possibile, poichè talune questioni furono sollevate, d'intendersi intorno ad esse, e di concertare un'azione comune? Io ho ragioni fondate di credere che l'Imperatore vedrebbe di buon occhio che l'Italia si ponesse come intermedia fra la Francia e l'Inghilterra, e ho ragioni fondate di credere che la persona che gli sembra più acconcia a tal fine sia Pasolini col quale l'Imperatore stesso ebbe alcuni mesi fa un colloquio al suo ritorno da Londra. Pasolini parte adunque per Parigi, vedrà l'Imperatore, e probabilmente andrà a Londra. Certo la sua gita non potrà essere un segreto: ma ciò che spero sarà segreto, e che in ogni modo confido alla vostra amicizia si è lo scopo della sua missione, e il fondamento sul quale si poggia.

Ad ogni modo poi mi pare che qualunque siano per essere gli eventi, noi dobbiamo apparecchiarci anche alla guerra in primavera.

301

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Lipparini, pp. 16S-164)

L. P. Torino, 4 dicembre 1863.

Pasolini parte per Parigi. Sebbene non ancora rimesso in salute, pure la ragion medica non eviterà le ciarle. Ma se ,prima del Congresso queste potevano essere esiziali ora mi fanno assai meno apprensione. Troppe cose ci son per

l'aria, perché si colga nel segno. Verrà a Parigi, e se dopo aver parlato con

l'Imperatore crederete opportuno anderà a Londra. Io sono pel sì, e non dispero

che gli Inglesi possano venire a qualche intelligenza.

L'Imperatore ebbe scacco dalla Russia nella questione di Polonia, lo ha ora

dall'Inghilterra nella questione del Congresso. Se l'umiliar l'Imperatore, e con

esso la Francia, non potesse portar conseguenze io comprendo che i ministri

inglesi si fregherebbero le mani. Ma essi stessi devono pensare che un bel giorno

l'Imperatore stanco può pigliar il suo partito, e metter sossopra il mondo. E se

anche non vuol prendere esso l'iniziativa, sa che c'è altri preparato a combaciare

il giuoco.

Pertanto se Pasolini presenta il concetto in questa forma, se inoltre si fonda sulla frase di Lord Russell che nella soluzione delle principali questioni non sarebbe difficile mettersi d'accordo, parmi che abbia entratura buona al suo discorso.

Certo noi siamo i più indicati per essere in questo momento i mediatori fra quelle due potenze, ma è necessario però che Pasolini abbia nel colloquio coll'Imperatore quegli affidamenti senza i quali non potrebbe proceder franco. E spero che li avrà. Il progetto che voi conoscete è dunque a mio avviso il migliore: ma può esser modificato. Basta che si arrivi a questa conclusione di intendersi bene sulla soluzione delle questioni principali e effettuarle col minimo possibile dei sacrifizii; alla guerra più breve, più sicura dell'esito meno pericoloso per le sue conseguenze accessorie. A questo punto non dispero che gli Inglesi arriveranno, se ciò è per evitare maggiori e più gravi complicazioni.

Se poi tale tentativo andasse a vuoto, bisogna allora ripigliare quelle idee che già ventilammo a voce. Quando l'Imperatore vi diceva che si potrebbe anche fare un Congresso senza Inghilterra, Russia e Austria, io credo che non esprimesse un partito pratico. Che volete che facesser gli altri per i quali per giunta non vi sarebbe possibile accordo? Io per me, senza la presenza delle grandi potenze, stimo che l'Italia avrebbe più di svantaggio che di utilità a parteciparvi. Dunque in quella ipotesi (dico semprecché non ci sia possibilità di accordo colla Russia) meglio nulla. E colla libertà d'azione la possibilità di una guerra, alla quale noi siamo pronti, e che all'Imperatore non dovrebbe repugnare se pensa bene al suo avvenire.

Queste idee spero che avrete occasione di svolgere a Compiègne, non senza avvertire che l'Ungheria si apparecchia, e che la Venezia si solleverebbe da un momento all'altro se venisse l'occasione propizia. Io non vi ho scritto una lettera ostensibile come già a Fontainebleau, perché venendo Pasolini mi pareva inutile. Se pensate diversamente, telegrafatemelo.

La Camera procede bene. Spero in un mese di aver finito in entrambi i rami del Parlamento la votazione delle tre nuove imposte.

(1) Cfr. n. l 96.

302

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Torino, 4 dicembre 1863.

Come hai visto l'Inghilterra ha risposto seccamente di no al Congresso. Ciò non può riuscirei nuovo, perchè sai quante volte fu tale la nostra supposizione. Nondimeno mi pare che l'Imperatore sia disposto a staccarsi dal concerto di questa Potenza, e a fare un congresso anche parziale se universaie non si può. Se la Russia per uno od altro motivo se ne ritraesse anch'essa, in tal caso il congresso perderebbe tanto della sua importanza da andare per avventura a vuoto. Se non che ricordandomi delle tue conversazioni col Principe Gortschakoff, mi pare che egli dovr~bbe afferrare di buon grado l'occasione che, rimettendolo bene con la Francia, aprirebbe l'adito a grandi cose. Ma tutto ciò si fa a Pietroburgo, e noi di qui siamo spettatori. La lettera del Re (1) che avrai ricevuta da Emilio in copia, era nei termini concordati anche da te. Una sola frase fu omessa quella che riguardava ces faits irrévocablement accomplis. Essa poteva parere a qualcuno un dubbio, o un desiderio di riconferma dello stato attuale; mentre noi

dobbiamo guardare l'avvenire. La Camera va bene.

303

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1431. Francoforte, 5 dicembre 1863, ore 1,30.

Je reviens de Carlsruhe. Gouvernement de Bade est disposé à recevoir le chargé d'affaires de S. M. et enverra le sien aussitòt que le budget le permettra. Pour prévenir systématique difficulté il serait très important, je crois, que M. Oldoini vienne immédiatement prendre possession de son poste. Après extréme obligeance et concours efficace du Baron de Roggenbach et Mohl il serait de toute convenance de conférer au premier le Grand Cordon de S. Maurice, et au

second la Croix de Grand Officier. Je leur ai laissé entrevoir cette haute distinction.

304

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 26. Pietroburgo, 6 dicembre 1863.

Après avoir échangées les ratifications du Traité de commerce, le Prince

Gortchakow m'a demandé si j'étais satisfait de la proposition faite par la France de réunir un Congrès Général.

Je n'ai pas hésité à lui répondre que mon Gouvernement ne pouvait qu'adhérer complètement à l'idée généreuse qui avait inspiré l'Empereur Napoléon, que personnellement je ne pouvais qu'en ètre très fier, puisqu'il savait que depuis six mais j'ai toujours mème auprès de lui, plaidé cette grande et noble pensée. J'ajoutai que je croyais que la Russie aussi devait ètre complètement satisfaite, et que je me rappelais avec confiance que maintes fois il m'avait répété que si la Russie refusait toujours de se présenter à un Congrès special pour les affaires de Pologne, elle ne se refuserait pas de s'associer à un Congrès Général, prete à discuter avec les autres Puissances, les questions qui depuis si longtemps troublent la paix du monde.

Le prince m'observa que les circonstances étaient changées, et que l'insurrection polonaise etait domptée, et que la campagne diplomatique sur les affaires de Pologne était finie, mais que cependant la Russie ne repoussait pas l'idée d'un Congrès, qu'elle ne refuserait pas en définitif son concours à une oeuvre sérieuse de pacification; mais qu'il fallait avant tout savoir quelles étaient les questions qui seraient portées devant le Congrès, qu'il fallait surtout éviter que du sein des Conférences rassemblées pour assurer la paix, ne jaillit l'étincelle qui embraserait l'Europe entière.

Je répondis au Prince que mème après les sanglantes et nombreuses défaites essuyées par l'insurrection en Pologne, que mème après les déclarations pacifiques de l'Angleterre et de l'Autriche, je ne considérais pas la question polonaise vidée, mème au point de vue des intérèts Russes. J'ajoutai qu'il fallait que la Russie additionnat toutes les sommes dépensées en nouveaux armements et tous les hommes arrachés par une fatale nécessité au travail et à l'industrie du pays, qu'il fallait ne pas oublier qu'il faudrait créer de nouveaux impòts pour faire face aux nouvelles dépenses; et que le crédit européen troublé par la menace d'une guerre et d'une insurrection refuserait son concours à l'oeuvre de régénération industrielle qui avait été initiée en Russie; je n'avais qu'à citer la Société du Chemin de fer de Moscou à Sébastopol qui avait complètement échoué dans ces derniers tems. Malheureusement la Russie ne pouvait pas désarmer; elle était forcée de créer de nouvelles fortifications, de multiplier ses moyens de défense, d'augmenter ses bataillons. Sa victoire contre l'insurrection et son triomphe diplomatique coutaient donc bien cher au pays, et je croyais que la Russie accepterait avec bonheur une solution qui tout en apaisant les esprits, en rassurant ses intérèts, en sauvegardant la dignité de son drapeau et l'orgueil légitime de la nation, permettrait à l'Empereur Alexandre d'accomplir l'oeuvre de progrès qu'il avait noblement initié à laquelle j'avais toujours rendu pleine justice, et qui méritait de la part des amis de la liberté un éclatant témoignage. Je constatais donc avec bonheur que la Russie ne s'opposat pas à la réunion du Congrès; pour ma part je n'en avais jamais douté; mais je craignais qu'en voulant fixer d'avance les questions qui seraient traitées, on ne rendit impossible la prochaine réunion. L'Empereur Napoléon dans son admirable discours en avait fixé le but; ce but était le désarmement général. Les puissances n'avaient donc qu'à examiner loyalement, sans arrière pensée quelles étaient les différentes questions qui ont converti depuis 1815 l'Europe en un camp retranché. Il ne dépend d'aucun gouvernement de changer ou de modifier ces questions. Ces questions ont été posées depuis plusieurs années par l'opin.ion publique: vouloir les dissimuler ou les écarter, c'est rendre l'oeuvre du Congrès inutile. C'est verser dans l'ornière dans laquelle ont versé les hommes de 1815, qui en refusant de donner satisfaction aux aspirations légitimes des peuples ont préparé toutes les révolutions qui ont successivement éclaté en Europe, qui ont ensanglanté tous les pays, emportant dans leur tourbillon bien de Couronnes que le Congrès de Vienne avait pourtant garanties; et mes sympathies pour le Congrès ne pouvaient non plus ètre paralysées par la crainte que du sein des Conférences jaillit l'étincelle qui embraserait l'Europe. Le Congrès ne pouvait en dernière analyse empirer la situation actuelle.

" Je l'ai dit plus haut, l'Europe est un camp retranché; on reculera la guerre mais on ne l'évitera pas. Il y a des questions qui demandent à ètre vidées; si elles ne sont pas vidées dans un Congrès, elles le seront par les armes. Le Congrès peut ètre pourrait, dites vous, accélérer la catastrophe? tant mieux, je ne sais vraiment ce que l'Europe a à gagner en continuant à trainer son existence au milieu des questions qui troublent la paix et qui paralysent sa prospérité. Elevé dans les idées libérales, je ne puis voir qu'avec regret la prépondérance des armées. Tant que celles-ci seront nécessaires pour défendre l'honneur et l'indépendance du pays, tout le monde doit se courber devant elles. Vous ne me nierez pas, Prince, que le désarmement est aussi utile au développement industrie! qu'au développement libéral du pays. Et je peux d'autanrt plus vous tenir ce langage à vous, qui ètes le Ministre d'un Souverain qui affranchiiSsant pendant six ans son pays de la ,conscription s'était voué aux réformes intérieures. Je ne peux pas non plus partager l'opinion, émise par plusieurs hommes d'Etat, que l'oeuvre d'un Congrès se réunissant le lendemain d'une défaite serait plus sérieuse et plus efficace. Je crois le contraire. L'exemple du Congrès de Vienne est ,là pour le prouver. Pour que l'oeuvre d'un Congrès soit durable il faut qu'il n'y ait pas de vaincus; il ne faut humilier aucune Puissance. Celle qui sortirait du Cong:rlès affaiblie, vaincue, humiliée, s'attacherait à détruire le Traité qu'elle aurait signé forcée par une cruelle nécess~té. La France fut humiliée en 1815. Le traité de 1815 lui rappelle sans cesse ses défaites et le sang versé par ses enfants sur le champ de bataille. Eh bien! depuis 1815 la France a constamment conspiré contre les Traités de 1815. Chaque fois qu'on en a déchiré une page, elle a applaudi. Elle a toujours tendu la main à tous ceux qui se sont soulevés contre eux. Quelle garantie de paix et de tranquillité peut donc donner à l'Europe un pacte contre lequel proteste l'orgueil national blessé d'un des plus grands peuples de la terre? ».

Le Prince me répondit longuement, camme toujours avec cette éloquence qui éblouit et qui entraine; mais avec mon grand regret nous ne pouvions tomber d'accord sur toutes les questions. Il a convenu avec moi cependant que l'état de l'Europe est précaire; que l'avenir est sombre et troublé; que le désarmement général serait un bienfait pour tout le monde; que l'Empereur de Russie serait heureux et fìer d'y concourir, mais que c'est un reve que de croire que les Puissances se résigneraient dans un Congrès à un remaniement territoi:-ial; que la France qui n'avait rien à perdre et qui verrait par là augmenter son influence; que l'Italie qui avait plusieurs Provinces à demander y consentent, rien de plus facile à croire; mais que les Puissances qu'on veut déposséder, acceptent avec résignation les arrets d'un Congrès c'est une vaine et fatale espérance. • Vous avez, m'a dit-i!, affirmé que la France étant sortie humiliée du Congrès de Vienne, a toujours protesté contre ses arrets; mais qu'elle les a subies parcequ'elle avait été vaincue. Croyez vous que l'Autriche, par exemple, consentirait à sortir du Congrès humiliée, amoindrie sans avoir été vaincue? Croyez-vous qu'elle ne préférerait pas à une honteuse résignation une bataille perdue? Pouvez-vous douter qu'elle ne chercherait tous les moyens de ressaisir par les armes ce qu'on lui aurait arraché? Ce sont des transactions que meme un Gouvernement absolu ne peut faire, parceque la conscience publique et l'orgueil national s'y oppose. Si le tròne de Russie au lieu d'etre occupé par un Souverain aussi noble, aussi grand que l'Empereur Alexandre, l'eut été par un Prince qui se fllt laissé dominer par l'intervention diplomatique, croyez-vous que le pays aurait subi avec calme cette honte? qu'il aurait consenti à se laisser marquer au front par la Diplomatie Européenne? Jamais. Vous me parlez de désarmement? mais c'est depuis 1856 que les armements sont devenus si considérables. Il n'y a eu que la Russie qui ait tenu parole. Elle seule après la paix de Paris avait désarmé. Le seul Empereur Alexandre s'était voué, camme vous avez dit, exclusivement aux réformes intérieures; et sans cette malheureuse affaire de Pologne soulevée du déhors par l'esprit révolutionnaire, la Russie à l'heure qu'il est, absorbée dans san oeuvre de régénération, jouirait de tous les bénéfices de la paix. Vous qui ·etes libéral, déplorez avec mai que l'esprit anarchique ait troublé en Russie l'oeuvre de la liberté •.

Je répondis au Prince qu'il ne fallait pas confondre les intérets nationaux des pays avec les intérets dynastiques; qu'une dynastie pouvait sortir humiliée du Congrès sans danger du Monde, mais qu'une nation ne le pouvait pas; que je n'avais qu'à citer l'exemple de la maison d'Grange. La révolution et l'intervention lui ont arraché la Belgique; à l'heure qu'il est, tous les esprits sérieux, en Hailande meme, reconnaissent que cette séparation a été utile aux deux pays. Il n'y a pas là une question qui puisse passionner l'esprit national, et soulever des questions internationales. « Non, le Congrès, ne doit humilier aucune nationalité, ne froisser l'orgueil d'aucun peuple. Il faut examiner le partage que les Puissances signataires du Traité de Vienne ont fait de l'Europe; on doit chercher de bonne fai, sans arrière pensée, quelles sont les questions qui troublent la paix du monde. Ces questions ne sont que d'une seule espèce. Presque partout c'est l'esprit national qui lutte, qui conspire, qui maintient la division parmi les Gouvernements d'Europe. L'oeuvre de 1815 a croulé, parceque les diplomates de cette époque ne tinrent pas suffissamment compte de cet esprit. Au lieu de l'associer à leur oeuvre ils le bannirent, oubliant que c'était l'esprit national qui était la force de la coalition, oubliant que la coalition sans lui avait inutilement tenté de se réunir ayant toujours été battue par la France, oubliant que c'était lui qui avait allumé l'incendie de Moscou, armé les guerillas en Espagne, soulevé l'Allemagne. Eh bien, Prince, je sais que vous dites que sur cette question je ne suis pas correct; mais j'ai pour mai le témoignage de l'histoire. C'est l'esprit national qui a miné l'oeuvre du Congrès de Vienne; c'est lui qui a délivré la Belgique, l'Italie, la Grèce. Si l'Europe est en armes c'est encore l'esprit national qui force la main aux Gouvernements; ce sont les questions de l'Holstein, de l'Allemagne, de la Pologne, de la Vénétie qui s'opposent au désarmement général; c'est encore l'esprit national en Pologne, exploité je le vois bien par i'esprit

anarchique, qui a interrompu l'oeuvre libérale et splendide d'A1exandre IL Eh bien! je crois qu'un remaniement territorial dicté par des vues sages, repoussant à la fois les prétentions exagérées des deux còtés, ne saurait blesser aucune -nation, je dirais plus, aucun Gouvernement, parcequ'avec un système de sages compensations on panserait les blessures qu'on pourrait faire. Pour arriver à ce but il suffit de vouloir; il suffit que les grandes Puissances s'entendent entre elles; qu'elles en imposent par leur attitude, par leur décision aux Puissances qui refusent de s'y associer. Si les décisions du Congrès n'avaient blessé aucune susceptibilité nationale, croyez-vous que 1e Gouvernement ne pouvant compter sur la coopération loyale et puissante de son peuple s'y opposerait? Est ce que la cession de la Savoie et de Nice ont humilié l'Italie? Non. Vous dites qu'on ne peut rien nous demander, que vous comprenez par là notre empressement? On ne peut rien nous demander parceque nous avons déjà rendu ce qui ne nous appartenait pas. Que les autres Puissances au lieu de nous accuser nous imitent! Nous avons résisté à l'esprit révolutionnaire parceque la maison de Savoie avait élevé le drapeau national. Eh bien! en fait de politique extérieure je ne demande pas mieux que de suivre les préceptes de votre Empereur. On dit etre tombées de sa bouche, lors de la reforme des serfs, des paroles empreintes de la plus grande sagesse: • il faut que la réforme vienne d'en haut, avant qu'elle ne vienne d'en bas ». Que la réforme territoriale vienne par l'initiative des Gouvernements avant qu'elle ne soit accomplie ou par la révolution ou par la guerre, comme en Belgique, en Italie, en Grèce. Et je ne peux pas non plus, mon Prince, m'associer à votre pensée que c'est depuis 1856 que l'Europe est entrainée dans cette voie fatale. La maxime • si vis pacem para bellum » a été depuis 1815 inserite sur le drapeau de l'Europe. N'oubliez pas, Prince, les révolutions de 1821 en Italie, en Espagne, en Grèce; celles de 1831 en Pologne et en Belgique; les occupations militaires des Romagnes, les révolutions de 1848. Addictionnez toutes les sommes que ces événements ont couté, tous les hommes qu'ils ont tués, et nous verrons s'il faut accuser 1856 d'avoir créé une nouvelle situation à l'Europe. Plus on avancera et plus les armements augmenteront fatalement, parceque l'antagonisme entre les deux principes qui partagent l'Europe deviendra de plus en plus puissant. Non, Prince, fouillez consciencieusement au fond de toutes ces questions; vous trouverez toujours en dernière analyse l'esprit national méconnu par les hommes de 1815. Et ne croyez pas non plus, Prince, qu'à l'heure qu'il est, la volonté ferme, inébranlable de tous les Gouvernements soit suffisante pour faire disparaitre toutes ces questions; qu'il suffise que les Gouvernements serrent leurs rangs, qu'ils s'opposent tous avec force et les armes à la main au mouvement national qui éclate partout. C'est une oeuvre contre laquelle on se briserait. Les questions d'Italie, de Belgique, de Grèce, sont sorties de leurs linceuls sanglants où les protocoles de 1815 prétendaient les enfermer. L'opinion publique est puissante en Europe, on ne lutte pas contre elle. Je me borne à citer un exemple, l'Empereur François Joseph qui pour ressaisir un lambeau de popularité en Allemagne est entré à Francfort à l'ombre de ce drapeau national qu'il avait banni en 1849. Mais pour arriver à une solution pacifique et satisfaisante je crois qu'il est nécessaire que l'Empereur Alexandre s'associe loyalement à l'Empereur Napoléon. A eux deux ils peuvent accomplir cette grande oeuvre; ils auront fait avancer la civilisation plus que les efforts

réunis de tous les hommes libéraux, de tous les martyrs de principes dans ces derniers tems. Mais ils ne peuvent etre réconciliés que par l'esprit libéral; et l'Italie, qui représente l'esprit libéral, l'Italie est désignée à amener cette entente cordiale qui est dans la conscience des peuples, en attendant qu'elle pénètre dans le coeur et dans la pensée des hommes d'Etat. On a bien constitué des ligues pour faire la guerre, donnons l'exemple de constituer une ligue pour assurer la paix. L'alliance de la France et de la Russie, l'identité des vues sur cette question, ameneront par là simplement l'Europe à réfléchir; la réflexion une fois venue le triomphe est certain ».

Le Prince en réservant camme toujours san opinion sur les questions de nationalité que j'avais soulevées, me dédara que sa conviction n'avait jamais varié; qu'il ·croyait qu'une alliance franche et loyale entre la France et la Russie serait une garantie pour la paix du monde et pour la prospérité des deux pays; mais que si cette alliance s'était réfroidie, la faute en devait retomber exclusivement sur le Gouvernement Françai,s. • A l'heure qu'il est, me dit il, ce n'est pas seulement la conviction des hommes d'Etat qui nous sépare de la France, c'est la conscience publique, c'est l'orgueil national qui a été blessé par la conduite du Cabinet des Tuileries dans les affaires de la Pologne. Vous savez que les blessures faites par des amis sont celles qui ;:;aignent le plus douloureusement et le plus longuement. Le peuple russe ne peut pas oublier qu'on a cherché à nous couvrir de boue. Partout dans ces

derniers tems nous avons trouvé la main de la France sur notre passage. Si des armes cherchaient à pénétrer en Pologne par la mer Noire, c'était sur des batimens français; si on sequestrait des armes sur la frontière, c'était un envoi de Paris; si une calomnie se répandait contre nous, c'étaient les journaux de France qui la répandaient; et dans un pays où la presse n'est pas libre; c'est enfin sur les tréteaux de Paris qu'on a indignement trainé notre vaillante armée. Non, dit il avec force, j'ai été toujours pour l'alliance Française; c'était ma conviction puisée dans l'histoire et dans un examen logique de la situation de l'Europe. Mais est-ce ma faute si la France égarée par des faux calculs a abandonné ce système; ce n'est pas la Russie qui s'est fourvoyée, ·c'est la France; ce n'est pas ,mon sy.stème qui est faux, c'est iLa politique du Cabinet des Tuileries qui a fait fausse route. Mais à présent me direz vous, pourquoi ne pas revenir à ce système s'il est bon? Parceque il est plus facile de quitter un chemin que d'y revenir; parceque à présent entre nous et ce système il y a un abìme creusé pa.r la défiance soulevée en Russie par la conduite de la France. On ne peut revenir à ce système qu'en comblant cet abìme; si l'Empereur y revenait avant, l'esprit de san peuple cesserait d'etre avec lui. Pour combler cet abìme il nous faut des faits, non des paroles, des faits qui détruisent la défiance, qui calment ·l'irritation, qui apaisent la dignité nationale blessée. Quels sont les faits qui jusqu'à présent viennent de se produire et qui nous donnent satisfaction? Que nous propose-t-on? Sur

quelles bases l'Italie peut elle se flatter d'amener une entente cordiale entre

la France et la Russie? ».

• -Sur les bases des principes libéraux, répondis-je vivement. Mais tenez, M. -le Prince, j'éprouve une vraie anxiété à continuer cet entretien. On a fait beaucoup de bruit autour de mai, on m'a preté des missions sécrètes que

je décline, on m'a représenté presque comme un agent français. Pour l'Angleterre je viens ici conspirer contre elle en faveur de la France. Eh bien! je dois vous faire une déclaration. Permettez-moi de dégager avant tout la responsabilité de mon Gouvernement; je veux vous parler ·comme un ami.; je veux me piacer, si vous le consentez, au point de vue des intérets russes. Vous me connaissez, Prince; je n'ai pas besoin de repousser toute idée que je viens ici vous faire des propositions au nom de la France; je ne saurais jamais etre que le représentant de mon pays; je n'ai conspiré de ma vie que avec les idées nationales. Souffrez que je sois auprès de vous ce que mon Gouvernement est auprès des autres Gouvernements, le r·eprésentant des idées libérales. Permettez moi de vous parler au nom de la liberté, au nom de cette nouvelle Europe qui surgit sur !es ruines de la vieille Europe de 1815 qui croule •.

• Parlez, me dit le Prince avec sa bienveillance ordinaire, je suis le M1ntstre d'un Gouvernement qui n'est plus comme autrefois en Europe le représentant des idées absolutistes. L'Empereur Alexandre, depuis son avènement au tròne, a toujours suivi une politique de conciliation; nous l'avons prouvé en reconnaissant le nouveau Royaume d'Italie; nous maintiendri.ons meme des rapports internationaux des plus amicaux avec un Gouvernement républicain, si ce Gouvernement représentait dignement son pays. Et si notre politique à l'extérieur a été libérale, puisqu'il n'y a pas de politique plus libérale que celle de non intervention, à l'intérieur, vous le savez, l'Empereur Alexandre s'est toujours inspiré à un libéralisme sage et éclairé. Vous avez été à meme d'en juger. Quel est le Souverain qui puisse se vanter d'avoir par sa seule volonté émancipé 22 millions de serfs? Parlez, je vous écoute •.

La confìance avec laqueHe le Prince me parlait m'encouragea. Peut etre ai-je été trop frane, mais que voulez vous? j'ai oublié pour un instant mon ròle de diplomate; j'ai plaidé devant le Ministre d'une Grande Puissance, devant un homme de talent et de coeur, la cause de la liberté; je l'ai plaidée sans restriction, sans arrière pensée. Je m'adressai au Prince dans les termes suivants:

• La première fois que j'ai eu l'honneur de vous parler de la question de la Pologne je vous ai donné raison. On parlait au nom des traités de 1815, vous aviez le droit de repousser une interprétation qui à mon point de vue étatt erronée. On vous demandait des réformes pour pacifìer un pays soulevé au nom de la nationalité, on voulait vous égarer sur une fausse route, vous avez résisté, vous étiez dans votre droit. Moi seui je vous ai parlé des nationalités opprimées. Après huit mois la question est restée ce qu'elle était à son début, une question nationale.

Pour .comprendre l'insurrection polonaise, vous n'avez, Prince, qu'à fouiller dans l'histoire de la Russie. Reportez votre souvenir aux plus tristes jours de l'occupation étrangère et jugez après l'insurrection polonaise. Je demande que vous n'ayez pas deux poids et deux mesures. La gioire de la Russie, dites vous, a triomphé, l'insurrection est domptée; vous pouvez donc le remettre dans le fourreau. Il n'y a plus de questions de dignité nationale à débattre entre vous et l'Europe. On humilie ·les vaincus en combattant leurs idées, on honore les vainqueurs en leur parlant le langage de la vérité.

Dans un Congrès Général on pourrait trouver les termes d'une transactwn qui, en émancipant le Grand Duché de Varsovie, compenserait la Russie de cette diminution de territoire. Les compensations peuvent etre de deux sortes: la dignité du drapeau peut trouver une juste et légitime satisfaction en modifiant des traités qui enchaìnent la liberté pleine et entière d'une nation dans ses développements; on peut ménager au sentiment national un véritable triomphe en s'associant des peuples avec lesquels on a en commun la langue, la religion et les intél'èts. Je crois ne point me tromper en affirmant qu'il y a pour vous plus d'utilité et de juste raison d'orgueil à délivrer vos frères qui souffrent d'une cruelle captivité qu'à serrer les liens d'un peuple ennemi. Je ne vous parle pas des anciennes provinces; sur ce point je me sépare complètement de plusieurs de mes amis. Je veux bien croire, ainsi que vous l'avez affirmé, que l'élément russe soit prépondérant, et que les intérèts de la Russie soient étroitement liés avec les intérèts de ces provinces; je ne puis pas nier que si la noblesse conspire, la masse des paysans est pour vous; ces provinces vous appartiennent et une garantie européenne... »,

Ici le Prince m'interrompit vivement: " Je me réserve de vous répondre après que vous aurez fini, mais je proteste contre cette expression -garantie elle m'est déjà revenue d'un autre còté; je ne puis pas l'accepter , .

" Pardon, M. le Prince, je sais aussi bien que vous que l'épée de votre armée vous garantit à votre point de vue la possession de ces provinces; mais dans cette parole il n'y a rien de blessant. Dans le partage de la Pologne les trois Puissances se sont garanti réciproquement leurs possessions. Est ce que la garantie de la Prusse et de l'Autriche serait plus honorable que celle de l'Europe? Je ne le pense pas, la garantie de l'Europe aurait un but, celui de mettre une fin aux prétentions exagérées, 'comme dit l'Empereur Napoléon dans son discours. Une fois la question de Pologne écartée, il n'y aurait plus aucun motif de défiance et d'antagonisme entre la France et ~la Russie; sur toutes les autres questions vous pourriez marcher d'accord, et votre alliance solidement appuyée sur ces bases, assurerait partout le triomphe de la justice et de la liberté ».

" Il n'y a, répondit le Prince, qu'une difficulté a exécuter votre pian, c'est que je ne le crois pas possible. La Russie ne peut pas permettre qu'une Pologne libre se constitue à ses flancs. Elle ne veut pas que le brandon de la guerre soit agité continuellement par l'esprit anarchique sur ses frontières. Vous m'avez invité à fouiller dans l'histoire de mon pays; je le veux bien. La Russie n'a été tranquille que 'lorsqu'eHe a eu subjugué son éternelle rivale. Voulez-vous que nous recommencions cette existence dure et pénible? Voulezvous que nous exposions de nouveau nos villes à ètre brulées, nos terres à ètre ravagées? Non. A mon point de vue la question nationale de Pologne est par là irrévocablement jugée. A peine le nouveau Royaume serait il constitué que nonobstant les Protocoles et les garanties données par l'Europe, son Gouvernement prétendrait nous enlever les anciennes provinces avec les armes et en soufflant partout la révolution; et il nous forcerait par san attitude à camper une armée formidable sur nos frontières. Malheureusement pour la Pologne nous ne pouvons pas compter sur la sagesse de ses hommes d'Etat; on ne peut pas effacer l'histoire de ses guerres civiles et de ses luttes

violentes soulevées par les ambitions et par les intrigues personnelles. Non,

M. le Marquis, ne nous accusez pas si nous ne voulons pas laisser se ,constituer à nos portes un Etat qui, garanti par l'Europe, deviendrait un foyer perpétuel d'agitation contre nous. Mais est ce dire par là que la Pologne n'a plus rien à espérer? Non, la Russie peut relever avec de sages concessions la dignité de son peuple et n'en doutez pas, elle le fera. A peine l'insurrection sera-t-elle complètement domptée, et elle est bien près de sa fin, nous procéderons à la pacifìcation morale du pays, et je serai pour ma part heureux et fìer d'y contribuer. L'oeuvre est difficile; elle a été rendue encore plus difficile par l'intervention diplomatique, mais la tache plus elle est rude, plus elle est digne d'un grand Gouvernement. Le silence de l'Europe sur cette question peut en ce moment, plus que tout autre démonstration contribuer au bonheur de la Pologne. Vous voyez que la première pierre de la nouvelle alliance est difficile à poser; et si je crois que sur les autres questions il nous serait facile de nous entendre, je ne puis vous dissimuler que le discours de l'Empereur devait soulever de justes susceptibilités. La déclaration franche et sans ménagement, que les Traités de 1815 ont cessé d'exister n'est pas faite pour apaiser les esprits. Vous l'avez vu vous mème; à l'heure qu'il est vous savez de combien de restrictions sont entourées les adhésions que la France a reçues. Votre Gouvernement est à peu 1près le seui qui ait accepté le Congrès, dit on, avec toutes ses conséquences. Vous savez que l'Angleterre a refusé nettement, que l'Autriche a déclaré que jamais elle laisserait traiter la question de la Vénétie. Notre adhésion est peut etre la plus sympathique; mais voulez vous que nous nous donnions la main par dessus toute l'Europe? Surtout quand, je ne vous le dissimule pas, l'opinion publique de la Russie a été blessée par le discours de l'Empereur Napoléon? Vous n'avez qu'à lire tous nos journaux. L'heure est passée où l'on signait des traités entre Gouvernements; il faut que tout traité, pour qu'il soit utile, soit ratifié par l'opinion publique. Je me résume. Je crois que l'avenir de l'Europe est sombre et troublé; je partage l'opinion de la France qu'un Congrès pourrait utilement se réunir mème avant la guerre; que des sages transactions, tout en respectant les droits inscrits dans l'histoire, entre les Gouvernements, pourraient prévenir des conflagrations entre les peuples; je désire qu'on applique à la politique générale de l'Europe les paroles de notre Empereur • il faut que la réforme vienne d'en haut avant qu'elle ne vienne d'en bas:.; mais pour entreprendre utilement cette grande oeuvre il n'aurait pas fallu commencer, je constate un fait réel, par soulever la défiance et surtout il aurait fallu se garder de demander aux Puissances rassemblées des solution~ qui au lieu de conduire au désarmement général qui est le but de la proposition de la France, et que nous tous acceptons avec satisfaction, méneraient inévitablement l'Europe à une conflagration générale •.

• Je ne puis, m'empressai-je d'ajouter, accepter en silence votre raisonnement; permettez moi, M. le Prince, de traiter à fond la question. Je commence par vous remercier d'admettre que l'avenir est troublé; que des sage.s transactions peuvent prévenir bien de malheurs, éloigner bien de catastrophes, et que le désarmement général est dans le coeur et dans la conscience de tous Gouvernements et peuples. Ces déclarations sont la pierre angulaire sur la

15 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

quelle je fonde tout mon raisonnement. C'est déjà beaucoup de gagné lorsque le point de départ est le meme, et le but qu'on veut rejoindre identique. Mais avant d'entrer dans le fond de la question, permettez moi de vous dire avec toute franchise que je ne peux pas accepter l'opinion des journaux en Russie sujets à la censure comme l'expression du pays, et que mes renseignements au contraire me font espérer que l'opinion publique ici comme partout sera sympathique à l'idée d'un Congrès •.

Le prince m'interrompit pour m'assurer que la censure existait de nom, mais non de fait; que son opinion était qu'on devait l'abolir, et dans cette grande question les journaux avaient été libres de se prononcer dans le sens qu'ils croyaient le plus utile au pays et aux intérets de la Russie •.

Je continuai: • L'avenir est troublé! Pourquoi l'est-il? Permettez que je n'hésite pas à affirmer qu'il est troublé par des questions nationales. Le Ministre des Affaires Etrangères de France dans sa note adressée à M. de Cadore énumère ces questions. Elles sont multiples, mais elles ont toutes une origine commune. Pouvez vous, M. le Prince, assigner une autre origine? Première question. Pour que les transactions qui doivent survenir entre le.;; Gouvernements soient utiles, pour qu'elles préviennent les catastrophes que nous tous craignons, il faut qu'elles donnent satisfaction à l'esprit national. Je vous pose, Prince, cette seconde question: Croyez-vous qu'on puisse aboutir à un résultat pratique et satisfaisant sans un rémaniement territorial? Et si vous ne croyez ni utile ni pratique un remaniement territorial, sur quei devrait-on porter les transactions que vous reconnaissez utiles meme indispensables pour apaiser l'Europe? Voilà mes observations sur la question générale. Venons au fait spécial de la Pologne que vous avez longuement discuté. En vous écoutant, je me disais à moi-mème: si les paroles du Prince Gortchakow arrivaient à l'oreille de mes amis qui m'accusent de m'ètre séparé d'eux dans la question des vieilles provinces ils en seraient satisfaits. Selon eux les anciennes provinces sont Polonaises; on ne peut pas séparer les deux questions. On a souvent cité l'exemple du Piémont; mais l'action du Piémont a été efficace parcequ'elle s'exerçait sur des provinces Italiennes. Cette action aurait été stérile s'il se fut agi d'annexer des provinces Allemandes ou des provinces Françaises. Si les assertions que je vous ai entendu répéter mille fois sont exactes, l'action de la Pologne serait nulle dans les anciennes provinces, elle viendrait se briser devant les intérèts qui les lient à la Russie, elle viendrait échouer devant le mème sentiment national qu'on chercherait envain de soulever contre vous. Il n'est pas non plus juste de citer l'exemple de l'histoire pour justifier l'oocupation du Grand Duché de Varsovie. Si nous fouillions l'histoire de tous les peuples, nous rencontrerions des luttes sanglantes et formidables. Ces mèmes peuples aujourd'hui vivent en paix entre eux unis par !es meilleures relations commerciales. N'oublions pas le lent travail de la civilisation qui a brisé presque partout la pointe des épées; n'oublions pas l'immense progrès qui s'est réalisé en Europe. Pourquoi croyez-vous que les leçons du passé qui ont été profitables à tous !es peuples seraient restées stériles pour les seuls Polonais? Vous ajoutez que si on délivrait le Grand-Duché de Varsovie vous seriez forcés d'avoir une armée permanente campée à vos frontières. Mais si vous continuez· à l'occuper, croyez-vous pouvoir désarmer?

L'Europe ne désarmera pas tant qu'une solution sur cette question n'ait tranquillisé les esprits. Vous espérez pacifier moralement la Pologne? Eh bien! Prince, croyez à un ami, croyez à un homme qui a vu son pays subir la honte de l'occupation étrangère, et qui mesure la haine qu'on éprouve par celle qu'il a éprouvé lui meme; jamais vous ne pacifierez moralement la Pologne. La Russie peut gagner de grands combats; sur les champs de bataille elle peut disperser l'émeute et l'insurrection; mais jamais, toute puissante qu'elle soit, elle ne pourra amener les Polonais à accepter d'elle des institutions libérales. Le ,coeur de l'Empereur Alexandre saignera, mais il sera forcé de voil& pour toujours en Pologne la statue de la liberté! Son oeuvre en définitif se brisera contre ce sentiment si puissant qui ne recule jamais, et qui grandit plus rapidement le lendemain d'une défaite. Permettez moi de vous dire, M. le Prince, ce que sera, à mon point de vue, la Russie le lendemain que le Congrès aura définitivement échoué, ce qu'elle aurait été le lendemain de l'oeuvre pacifique du Congrès accomplie. Je connais peu de peuples qui aient accepté avec autant d'empressement et d'enthousiasme les charges que les nouveaux événements ont fait peser lourdement sur eux, comme l'a fait le peuple russe. J'aime à citer l'exemple des paysans accueillant avec joie la conscription, plaignant ceux qui restent, enviant ceux qui partent. Mais si les nouvelles charges sont acceptées avec un noble enthousiasme, sont elles pour cela moins lourdes et moins désastreuses pour l'avenir du pays? La Russie a besoin pour prospérer, que le travail défriche ses landes désertes et exploite ses richesses naturelles. Une nation ne devient grande et pu~ssante à l'heure qu'il est que par le travail. Malheureusement la Russie est peu peuplée; comptez vous pour rien les 400.000 hommes que vous avez du arracher au travail? Votre budget sagement administré ne présentait qu'un déficit peu considérable, le lendemain meme d'une reforme qui est appelée à redoubler dans l'avenir vos ressources, mais qui pour le moment devait augmenter vos dépenses. Ajoutez les centaines de millions que vous ,couteront l'entretien de vos nouveaux soldats, et toutes !es nouvelles fortifications, additionnez les nouveaux impòts qui viendront écraser impitoyablement la prospérité naissante de votre pays, en arréter l'essor. Vous avez besoin de nouveaux chemins; vous éprouvez la nécéssité que la Russie soit sillonnée par des chemins de fer; plus qu'aucune autre Puissance vous avez besoin de vous rapprocher des grands centres de l'Europe; vous seuls pouvez accomplir une grande tache, rapprocher l'Europe et l'Asie. A mon point de vue un chemin de fer de Moscou à Sébastopol vous serait plus utile que la possession de quelques provinces que vous Hes forcés de gouverner avec l'état de siège, et qui vous coutent en définitif plus qu'elles ne vous rapportent. Consultez le cours des changes; que la spéculation demande à l'Europe le crédit que lui est indispensable pour accomplir 'ces travaux giganteques en Russie; devant l'avenir troublé elle le lui refusera, elle le lui a déjà refusé. Et au milieu de telles agitations, au milieu de l'exaltation générale, l'Empereur Alexandre pourrait il accomplir sans difficulté la tache laborieuse qu'il s'est lui méme assigné, et qui lui réservera dans l'histoire une piace parmi les plus grands et les plus illustres Réformateurs? Examinons maintenant l'envers de la situation. Le lendemain que le Congrès aurait pacifié l'Europe, vous désarmeriez; vos

soldats retourneraient à leurs foyers; le travail rassuré par la paix transformerait le pays; au lieu d'augmenter les impòts vous les allegériez; les capitaux européens accoureraient en masse sur vos marchés; le cours des changes se reléverait; l'Empereur Alexandre ne rencontrerait plus d'obstacles sur son chemin; au lieu d'un camp retranché à Varsovie vous y trouveriez un marché ouvert à toutes vos industries, satisfaisant à toutes vos nécéssités; et, permettez moi d'ajouter, votre orgueil national ne serait point blessé. La Russie ne pourrait qu'etre fière du ròle éclatant que son Gouvernement aurait joué; elle ne pourrait qu'applaudir en voyant l'influence morale exercée par son Empereur. Croyez vous qu'elle ne serait pas plus fière de voir flotter sans entrave son pavillon sur la Mer Noire, et de voir relever sous sa protection les autels de sa religion renversés par le fanatisme, que de lire les bulletins des victoires en Pologne, inutiles pour prouver à l'Europe la vaillance d'une armée qui s'est toujours immortalisée meme dans ses défaites? On a tort aussi de dire que le discours de l'Empereur Napoléon a augmenté la défiance. Aurait il jamais parlé dans sa lettre des soupçons qui se sont élevés contre lui, s'il n'était pas pret à les dissiper par ses actes dans le Congrès d'une manière éclatante? Vous m'avez cité le refus de l'Angleterre; les questions préalables posées par l'Autriche. Je déplore le refus de l'Angleterre; ce refus justifie les soupçons qu'on a toujours eu sur sa politique traditionnelle. Je ne comprends pas que le Gouvernement du pays qui s'appelle le pays classique de la liberté refuse sa coopération à une oeuvre de progrès et de liberté. Et l'Autriche savez pourquoi elle pose des conditions? Parceque la Russie et l'Angleterre ne se sont pas ralliées franchement à la proposition de l'Empereur des Français. Si une entente avait pu s'établir d'avance l'Autriche aurait cédé. C'est mon

entière conviction.

Encore un mot et j'ai fini. Vous m'avez dit que l'Italie est la seule puissance qui ait accepté le Congrès avec toutes ses conséquences. Oui! elle est seule; mais croyez-moi derrière elle il y a toute l'opinion libérale d'Europe. Il y a tous les intérets matériels coalisés qui demandent enfin à etre rassurés pour leur avenir et qui protestent contre la situation anormale impossible que une politique égoiste et aveugle prétend leur imposer en faisant prévaloir, aujourd'hui camme toujours, à l'intéret général de la liberté du commerce et de l'industrie, les conseils inspirés ou par des vieilles et mesquines rancunes que rien ne saurait justifi.er ou par les susceptibilités exagérées de l'orgueil national injustement alarmé, ou par un aveugle respect aux traditions du passé qui écarte toute discussion et nie tout progrès, ou enfin par de honteux calculs qu'on n'ose pas m·eme avouer. Non, Prince, croyez-moi, ces sentimens en dernière analyse éclateront, parcequ'on ne parviendra pas toujours à étouffer en Europe le cri de la conscience publique •.

Le Prince m'écouta avec le plus profond silence; mais à peine avais je fini qu'il s'empressa de me dire: • A mon grand regret je n'ai rien à ajouter à ce que je vous ai déjà dit •.

Voilà, M. le Ministre, la rélation exacte de mes dernières entrevues avec le Ministre des Affaires Etrangères de Russie. Si elle ne servira pas à éclairer la situation, elle témoignera au moins que je n'ai pas, de ma part, manqué au devoir, que la ·confiance du Gouvernement du Roi m'imposait.

(1) Cfr. n. 286.

305

GIOVANNI VISCONTI VENOSTA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. 6 dicembre 1863.

Come dunque ti scrissi ieri fu da me l'amico. Dal 59 in poi non l'avevo veduto che rare volte e non avevo più discorso con lui di politica. Mi immaginavo che doveva essere rimasto nel partito d'azione per anUca abitudine e perchè nulla era venuto a metterlo in altra atmosfera. Egli mi disse dunque, riassumendomi questi anni, di essere stato dissidente nei preparativi di Sarnico e di Palermo perchè vedeva inevitabile il dualismo ed egli pensava che il partito d'azione dovesse precedere il Governo ma non mettersi contro di lui. • Ora, invece, soggiunse, il partito intende mettersi sulla strada buona, ed io gli darò tutta la mia opera •. Mi disse che si sta organizzando seriamente un movimento, con insurrezione, volontari etc. nel Veneto e nel Trentina, e che questa volta si trovano numerosissime adesioni perché tutti credono di far opera che al Governo non può dispiacere. L'insurrezione romperà il ghiaccio, il Governo avrà il pretesto per entrare in campo, e Napoleone stesso vedrà di buon occhio incominciata l'azione. Che il Governo e la Francia mirino alla guerra è indubitato. Dunque questa volta un movimento è cosa ben fatta, e il Governo forse ci ha una mano. Dietro questo ragionamento l'amico ha accettato l'incarico di essere uno degli emissari pel Veneto e di organizzarvi tutto quello che potrà. • Il partito d'azione, mi soggiunse, che ebbe il merito più volte dell'iniziativa, vedendo avvicinarsi la guerra, non vuoi perdere l'occasione di un'altra iniziativa e vuoi mettersi con tutto l'impegno. Beninteso che la bandiera sarà quella di Marsala, Italia e Vittorio Emanuele •. Io, Gino, non so se ad onta delle maggiori adesioni, e del ragionamento che invero muta le circostanze che isolavano il partito d'azione, non so se potranno questa volta far molto questi signori, perocchè non credo che i Veneti siano d'una pasta tanto polacca. L'amico invece crede di sì e con tanta buona fede che venne a parlarmene perchè ne scrivessi a te. Egli mi disse essere dunque persuaso che ciò possa non essere contrario alle viste generali del Governo ma che naturalmente esso per ora dovrebbe ignorare. Egli però fa un'eccezione per te e sapendo quanto ti stia a cuore l'azione contro l'Austria, vuole in certo modo continuare a cospirare con te, e sopratutto non vuole far cosa che in qualche particolare dissenta da ciò che tu puoi aver combinato nel tuo pensiero. Egli sa che i suoi amici non vorrebbero di certo che uno dei loro svelasse queste cose a un ministro, anzi gli attraversò un'orribile idea faccio io la spia con questo! Ci pensò molto e disse fra se: no, si tratta della lotta contro i nostri eterni nemici, dunque guai se un equivoco venisse a dividerci. Anzi conchiuse che intende tenerti al fatto di tutte le piccole cose che riguarderanno e la ,cospirazione e il suo incarico. L'affare dunque, come vedi, è assai delicato. Se ti preme sapere qualche cosa io lo posso tirare per le lunghe. Beninteso che se il Governo crederà d'impedire ogni tentativo,

qualora questi tentativi pigliassero qualche serietà, la delicatezza tua e mia esigerà di dirglielo netto, all'amico, perchè sappia a tempo che egli· non ha dato al governo le fila per una repressione. Dividendoci a tempo, ognuno può seguire lealmente la propria strada. Egli sarebbe anche disposto a venire da te, se ne fosse il .bisogno. Fa anche su ciò i tuoi calcoli e sopratutto sappimi dire come debbo contenermi.

306

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRINCIPE NAPOLEONE

(AP)

L. P. Pietroburgo, 6 dicembre 1863.

En lisant ma dépeche (1) vous direz que j'aì du me donner comme vaìncu, et reconnaitre la justesse de vos appréciations. Il n'en est rien, je n'ai point changé d'idée, et je n'ai point perdu l'espoir. Une réconciliation entre la France et la Russie est plus que jamais nécessaire et mon coeur est profondément irrité de la manière indigne avec laquelle l'Angleterre s'est conduite vis-à-vis de la France. L'Empereur propose, Russell dispose; voilà le mot de

la situation selon les Anglais. Je fais des voeux pour que cette situation cesse, et que l'on vienne à bout d'isoler à son tour le Cabinet de Saint James.

307

IL CONSOLE A GINEVRA, CAPELLO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1437. Ginevra, 8 dicembre 1863, ore 16 (per. ore 17,05).

J'ai des indices qu'il se ferait en ce moment en Suisse des achats considérables de vieilles armes pour le compte de Garibaldi. Ici police prétend qu'il n'en est rien mais il est positif. J'en ai averti légation Berne. En attendant sans vouloir donner à mon avis un caractère de certitude et meme de

grande probabilité V. E. verra s'il est le cas de donner instructions aux autorités de la frontière.

308

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, V'Ol. III, pp. 382-383)

L. P. Torino, 8 dicembre 1863.

Credo mio debito di farti sapere che informazioni mie particolari e sicure,

che del resto concordano con quelle del Ministro dell'Interno, mi assicurano che il partito d'azione si agita molto per fare un tentativo nel Trentina e nel

Veneto. Di ciò non mi meraviglio, ma ciò che è nuovo e grave si è ·che molti gLovani ardenti i quali si erano allontanati dal partito d'azione, si lasciano allettare a queste idee avventurose, e quasi credono di rendere al Governo un servizio pigliando una iniziativa che, dicono essi, non potrà non essere .seguita dal Regno Italiano. A loro pare che la proposta del Congresso andando a vuoto, non posson rimaner le cose nello stato presente, e che la Francia stessa vedrà con piacere un'occasione di rompere questo cerchio di ferro che le si string.e d'intorno.

Io stimo bene che tu conosca queste cose. La tua famiglia sta bene.

(1) Cfr. n. 304.

309

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 383-385)

1.. P. Parigi, 9 dicembre 1863.

Avevo deciso ieri sera di partire per Londra stamane, occhio permettendolo, ma al momento di andare a letto lessi nel Times che Palmerston aveva lasciato la ·città, e che vi era tornato Azeglio: precisamente l'opposto delle informazioni venute da Londra a Visconti e da questo comunicatemi prima di partire. Mi sono dunque fermato oggi a Parigi e di qui scrivo ad Azeglio che mi procuri un colloquio con Palmerston, dovunque egli sia, contando io recarmi a Londra dimani. Ad Azeglio dirò che da voi mandato a Parigi per conferire seriamente con Nigra sulle eventualità della primavera e vedendo che il Nigra desiderava farmi parlare con l'Imperatore medesimo, prima di questo mi è sembrato opportuno conferire con Lord Palmerston, della cui sapienza sono pienamente convinto. Ho scritto pure ad Azeglio che questa necessità dell'andare a Londra essendomi venuta fuori qui in Parigi, procaccierò che voi o Visconti gli scriviate autorizzandolo a coadiuvarmi, il che, se credete, può farsi per telegrafo, impegnandovi cosi a minori spiegazioni.

Ho avuto il tuo plico di lettere e tra le altre quella per me del 6 corrente (1). Tu mi scrivi di essere ben deciso e ben fermo nel mio colloquio con l'Imperatore. Quando ebbi la tua lettera, già io era tornato da quel ·colloquio: ad ogni modo non mi pare fosse questa occasione di seguire il tuo consiglio; anzi sono stato riservatissimo, osservando solo come nelle presenti circostanze poco mi restasse a sperare dalla mia missione. Quel modo potrà essere usato con maggiore opportunità ed efficacia quando saremo a raccogliere gli effetti della missione, e la antecedente riserva darà più peso alla nuova franchezza. L'Imperatore vuole che io dica che lo vidi nell'estate, ma non ora: non so però come questo segreto possa essere conservato, essendo io entrato con Nigra nel Gabinetto alla vista di moltissime persone e in un Castello dove era pure Lord Cowley. Posso dire l'antica approvazione e la presente, saputa per

mezzo di Nigra, ma mi pare che tutto ciò a poco monti. Quanto all'indagare il pensiero degli altri Inglesi, io dubito forte che non ne abbiano, e stiano anch'essi cogli avvenimenti che, a dir vero, mi sembrano oggi loro favorevoli. Farò le più gravi considerazioni e le più gravi minaccie, ma dopo Giuda Maccabeo i vecchi sono diventati imperterriti. E questo se riuscirò ad avere un colloquio da solo, siccome spero, perchè in un colloquio a tre, ·come lo ebbi ieri, vi è sempre la 'questione dell'amor proprio che più facilmente si offende alla presenza di un terzo. Ulteriori dettagli sulla udienza di ieri mi sembra inutile il darteli.

Nigra mi disse essere necessario che io vedessi il Principe e mi diede lettera per lui. Tornando a Parigi andai là direttamente e i suoi domestici mi fecero lasciare la lettera senza più. Di lì a brevissimo tempo venne il Principe al mio albergo e stetti con lui lungamente. Io gli dissi tutto, perchè Nigra mi disse doverglisi dir tutto, e mi parve male che da altri egli sapesse poi le cose, anzichè da me medesimo. Siccome però egli, come tu sai, non è interamente d'accordo col cugino, non vorrei che a questo modo· si facesse male; ma non mi parve esserci rimedio. Avverto che l'ho trovato perfettamente convinto di quelle istesse idee sull'avvenire che noi discorrevamo prima della partenza. La Polonia, il Congresso, le grandi frasi del discorso non sono cose che possono lasciarsi cadere impunemente; tutti i nodi verranno ad un pettine e bisognerà sbrogliarli colla spada, fosse anche contro tutti. Il Principe mi disse nulla sperare dalla prima parte della mia missione: troppo tardi essersi deciso l'Imperatore ad accettare, ma sperare dalla seconda per chiarire la posizione. Mi raccomandò di passare da lui al mio ritorno ed insistè sulla necessità che io allora rivegga l'Imperatore.

Vedi contrarietà di non potere scrivere quando più mi sarebbe necessario. Del resto mi pare che tu mi abbia imbarcato in un affare assai grave e pieno di difficoltà da ogni parte sostanziali e accessorie; e ti assicuro che queste seconde aggravano assai. Azeglio e Russell m'imbrogliano assai. Che cosa deve dire mia moglie alla Elliot; diglielo tu.

Del resto io farò il meglio che posso; non dubitare di timidità in me; butta fuoco non sono e non mi pare di doverlo essere: quando sia convinto giovare parole gravi, le userò.

Pensa tu a riferire a Visconti.

(1) Ed. in Carteggio Minghetti-Pasotini, vol. III, p. 381.

310

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 515. Berlino, 10 dicembre 1863 (per. il 14).

Aussitòt après avoir appris que le courrier Collino passerait aujourd'hui à Berlin, j'ai fait les démarches nécessaires pour me ménager un entretien avec le Président du Conseil; mais il se trouve indisposé. Je me suis donc adressé au Secrétaire général.

Je lui ai donné lecture, à titre de renseignement, de la circulaire (Cabinet) du 4 Décembre (1) et de son annexe. Il m'a remercié de cette intéressante communication sur la quelle il n'a d'ailleurs porté aucun jugement, et

cela peut-etre parce que la réponse de notre Auguste Souverain paraissait trop explicite à qui est condamné à vivre dans une chancellerie ne se complaisant que dans une métaphysique nébuleuse. Le journal officiel publie aujourd'hui meme la réponse du Roi de Prusse à la proposition d'un Congrès Européen. Elle est rédigée avec quelqu'habileté et de manière à recueillir dans une cer,taine mesure les suffrages d'autres grandes Puissances. Aussi n'a-t-elle soulevé de récriminations nulle part, et l'Empereur Napoléon a-t-il fait savoir ici que le document P:wssien était à ses yeux le plus satisfaisant quand'il le mettait en regard du langage tenu par la Russie, l'Angleterre et par l'Autriche.

La seule question à l'ordre du jour est celle de l'exécution fédérale dans le Holstein. En suite du décret y relatif de la Diète Germanique, la Prusse a pris toutes les dispositions militaires pour s'acquitter de sa tache de concert avec l'Autriche, la Saxe et le Hanovre. Dès hier le Ministre des Finances a présenté au parlement un projet d'emprunt de 12 millions de Thalers (45 millions de francs) pour la mobiLisation et la concentration de deux divisions de l'armée, pour l'entretien et l'augmentation de la solde des troupes, de meme que pour l'armement des fortifications sur les ·Còtes de la Baltique. Mais il est assez douteux que la majorité des députés consente à se départir de son opposition, quand les décisions de la Diète Germanique sont restées bien en deçà de son attente. D'ailleurs n'ayant aucune confiance dans le Ministère actuel, elle se souciera médiocrement de lui fournir les moyens pécuniaires de s'embarquer dans une entreprise qui ne se présente pas ·encore sous un point de vue assez satisfaisant pour le triomphe de la cause des Duchés Allemands. Le Gouvernement pourrait à la rigueur se passer de cet emprunt; car la caisse du trésor lui fournirait à elle seule des ressources suffisantes; mais il tiendrait à réserver ces fonds pour des complications ultérieures faciles à prévoir si la guerre éclatait. Le Président du Conseil est en lutte incessante pour tenir tete aux velléités du Roi qui, sous l'influence du parti militaire, voudrait suivre une politique plus accentuée. Il eùt desiré, par une attitude de prime abord énergique contre les Danois, effacer les tristes souvenirs de la campagne de 1843 à 1850. Dans un moment de découragement,

M. de Bismarck avait offert sa démission qui n'a été acceptée par Sa Majesté. Interrogé pourquoi il aurait voulu se retirer quand son programme finissait cependant par avoir le dessus, le Ministre aurait répondu:

• Farce que je m'aperçois que le coeur de Sa Majesté tourne du còté de

ceux qui cherchent à l'entrainer dans une autre direction •. Vis-à-vis de l'un de mes collègues, il s'est expliqué de la sorte:

• Avec un allié, dans toute l'acception du mot, j'irais à fond de train; mais ce serait agir contre toutes les lois de la prudence que de jeter son gant, en pleine obscurité, sans savoir qui le ramasserait. En attendant je sui:s

décidé à ne faire, ni plus, ni moins que l'Autriche; si c'est gràces à sa politique qu'en 1850 nous avons abandonné le Schleswig-Holstein, il faut qu'elle n'y rentre, et qu'elle n'en sorte que sur le meme pied que nous. Le Roi, esprit essentiellement militaire et moins initié que son Ministère aux exi·gences de la politique générale, me dit parfois qu'il conviendrait de faire quelque chose pour contenter l'opinion publique, très surexcitée dans cette question. Quand je demande ce qu'Il entend par ce quelque chose, je n'obtiens que de vagues indications. Si néanmoins j'allais de l'avant, sans mesurer mes pas, nous nous attirerions des quatre coins de l'Europe des observations aigre-douces qui nous susciteraient de graves embarras. On m'en demanderait compte à la Cour et on me taxerait de Ministre imprévoyant, pour ne pas dire davan:tage. Est-il juste alors de trouver étrange que je ne m'engage qu'avec beaucoup de circonspection sur un terrain si scabreux en lui meme et qui touche de si près aux intérets d'autres Puissances? •.

Je cite ce langage du Président du Conseil, parce qu'il donne un tableau assez exact de la situation à la Cour et dans le Ministère.. V. E. aura remarqué que l'Autriche jusqu'ici n'est pas considérée comme une alliée à toute épreuve de la Prusse, meme dans la question du Holstein. Dans l'Allemagne du Sud le Cabinet de Vienne est encore plus mal noté. On le rend responsable de la politique étroite qui l'a emporté à Francfort. Cette condamnation est portée non seulement par l'opinion publique; mais aussi par les Gouvernemens, à en juger du moins par des propos tenus par quelques uns de leurs représentans. Le Ministre de Bavière, entre autres, déclare que si jusqu'à présent le_Cabinet de Munich avait fait opposition au Traité de commerce entre la Prusse, agissant au nom du Zollverein, et la E'trance, ce n'avait été ·en grande partie que pour tenir compte des intérets du Cabinet de Vienne; mais que désormais ces ménagemens seraient hors de mise.

Dans ces circonstances, il me semble que notre attitude doit rester expectante. Quand la question de nationalité sera posée, et elle le sera tot ou tard par la force meme des choses, alors il est clair que nous devl'ons nous ranger, au moins en principe, du coté de l'Allemagne pour autant que d'autres considérations majeures ne nous pousseraient pas vers d'autres combinaisons où nous pourrions espérer une solution plus prompte des difficultés pendant~ en Italie. Mais tant que, par un procédé des plus étranges, en tenant en suspens vis-à-vis du Roi de Danemarck le droit de Souveraineté sur les Duchés Allemands, les Gouvernemens meme les plus hardis, sans invoquer le droit pur et simple de nationalité, vont exhumer, à l'appui de leurs prétentions, des titres féodaux, des chartes du moyen age; quand les Cabinets de Vienne et de Berlin sont animés du secret desir de renverser à Copenhague un Ministère à leur gré trop libéral, le moment ne me parait pas encore venu, de

sortir de notre ligne de réserve. D'ailleurs aussi longtems que les questions de Rome et de Vénise restent sur le tapis nous ne pouvons, nous ne devons nous faire les paladins d'aucune cause, avant qu'il nous soit clairement démontré que nous y trouverons une porte grande ouverte, pour la réalisatwn de nos voeux. L'égoisme est un défaut capitai chez les individus, chez une nation comme la notre c'est aujourd'hui une nécessité, j'allais dire une vertu!

(1) Cfr. n. 297.

311

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. S . N. Pietroburgo, W dicembre 1863 (per. il 20).

Je sors de l'audience Impériale douloureusement impressionné. Lord Napier avait raison. L'Empereur Alexandre est toujours resté un gentilhomme légittmiste allemand. Son coeur, son intéret l'entrainent vers le parti du. progrès; la tradition, les préjugés de son éducation l'enchainent au parti du passé.

Le Prince Gortchakow avait tenu parole. Il avait communiqué ma dépeche à l'Empereur, qui aborda franchement la question à peine étions nous assis. Voilà à peu près son langage :

• J'ai longuement médité votre dépeche et bien que malheureusement nous ne puissions pas tomber d'accord, je m'empresse de vous remercier de la loyauté, et de la franchise de votre langage. Les paroles du Prince Gortchakow reproduisent exactement ma pensée. Je n'ai pas conquis la Pologne: c'est un lègue douloureux de l'histoire. Je ne puis pas abandonner le Grand-duché de Varsovie sans me couvrir de honte aux yeux de mon peuple. Je le voudrais meme, que je ne le pourrai.ls pas. N'oubliez pas les manifestations de l'opinion publique auxquelles vous avez assisté, et devant lesquelles tout puissant que je sois, je dois m'incliner. Les prétentions exagérées des Polonais ont contribué a exaspérer mon peuple. Nous avons tous compris que la constitution d'une petite Pologne à nos frontières serait le signa! de luttes sanglantes et périodiques. Jamais nous ne ·Consentirons à abandonner les anciennes Provinces, où l'immense majorité du peuple est russe; et sans ces provinces la Pologne ne peut pas exister, puisque sans débouché elle étoufferait dans ses limites actuelles. Le Marquis W.ielopolsky est certainement un d es Polonais les plus modérés: cependant, lorsque l'année dernière nous avons longuement discuté ·cette question, il me disait que je me serais couvert de gioire en rendant à la Pologne ses anciennes Provinces, et en réparant par cet acte éclatant le crime commis par les trois Puissances en 15. Je lui répondis que à mon point de vue je réparerais un crime par un crime vis-à-vis de mon peuple et que je n'y consentirais jamais. Non, continua-t-il avec force; je maintiendrai mon Autorité sur le Duché de Varsovie avec les armes; mais je saurai aussi le pacifier moralement avec la liberté. Les rapports que j'ai reçu me rassurent sur l'avenir de la Pologne. Les paysans sont restés étrangers à la lutte; ils me sont dévoués; je vais commencer mon oeuvre de pacification en améliorant sérieusement leur ·sort; ceux là me comprendront et ils me tendront la main. Si les propriétaires et le clergé ne sont pas satisfaits, s'ils trouvent le joug que la Russie impose à la Pologne trop lourd à porter ils n'ont qu'à émigrer •.

Je tressaillis douloureusement à ces paroles. L'Empereur s'en aperçut et radoucissant la voix il me demanda si j'approvais ses idées. Je répondis à l'Empereur que je ne pouvais que regretter de voir que toute transaction devenait impossible, et que je ne croyais pas qu'on put pacifier la Pologne en améliorant seulement le sort d'une partie de sa population bien que nombreuse et influente. • Vous avez lu, Sire, ma dépikhe, continuai je, je ne puis qu'en maintenir les conclusions, Votre lettre m'a confirmé dans mon opinion. Vous avouez la nécessité que des transactions interviennent en Europe pour prévenir des conflagrations générales. Il faut donc marcher franchement dans cette voie. Il faut, permettez, Sire, que je vous emprunte encore une fois une noble parole " il faut que la reforme territoriale vienne d'en haut avant qu'elle vienne d'en bas ".

• Je ne renie pas mes paroles, me r épondit l'Empereur; mais il ne faut pas confondre les réformes libérales avec les prétentions éxagérées des parties extrèmes. Je ne puis pas nier que votre théorie des nationalités est seduisante; mais elle est bien dangereuse. Jamais on n'aurait la paix en Europe. A peine signerait-on un Traité qu'on s'empresserait de le déchirer le lendemain. Non, croyez moi, il faut respecter le lègue ineffaçable de l'histoire • . • Au contraire, repliquai-je vivement, le moyen d 'assurer la paix d'Europe sur des bases solides, est de faire disparaitre à jamais toutes ces combinaisons artificieuses qui maintiennent en Europe le foyer de l'agitation et de la discorde. Et le progrès peut se concilier avec l'histoire, comme le désire Votre Majesté, parce-que c'est respeoter le lègue ineffaçable de l'histoire que de tenir compte des origines des nations. Vous voyez, Sire, que tandis que les Gouvernemens discutent, l'opinion publique pose l'une après l'aut~e toutes ces questions. Il y a péril dans la demeure. La question de l'Holstein est sur le point d'embraser l'Europe •.

-• Oui, me répondit l'Empereur, cela se peut, mais en Allemagne comme partout l'esprit révolutionnaire exploite les nobles sentimens de nationalité, et cache ses mauvaises passions sous un noble drapeau • .

-• Eh bien! Sire, répliquai-je, il n'y a qu'un moyen, arracher aux mauvaises passions ce drapeau; il faut que les Gouvernements l'adoptent. C'est la politique suivie par mon Roi en ltalie, c'est la politique suivie par Votre Majesté lors de la réforme des serfs • .

Après ces paroles que je prononçai vivement, il y eut un moment de silence. Je voyais clairement sur le noble visage de l'Empereur se refléter l'agitation de son coeur. Le passé et l'avenir luttaient dans son ame. Enfin il me dit:

-• Non; restons tous ce que nous devons étre; que chacun de nous marche dans la voie que la Providence lui a tracé. Que l'Italie et la Russie restent unies entr'elles. Je vous félicite sincèrement de l'accueil que le Roi a reçu dans le Royaume de Naples. Je désire que votre unité se constitue solidement. Croyez-moi; que votre Roi fasse ce que je voulais faire; qu'il se voue aux réformes intérieures de so n peuple • .

-• Oui, répondis je, mais nous sommes agités par des questions qui demandent une solution, et nous appuyames vivement l'idée d'un Congrès, parceque nous aurions préféré pour le bonheur de tous une ,solution pacifique à une solution violente • .

L'Empereur me repliqua qu'il aurait désiré vivement le Congrès; mais que les défiances que l'Empereur Napoléon avait soulevées en Europe contre lui,

en rendaient difficile la réunion. Que pour son compte il ne demandait pas mieux que de pouvoir aider à dissiper ces soupçons, mais qu'on ne pouvait pas effacer malheureusement l'histoire de ces dernières années.

Je n'ai pas manqué de lui observer que la conduite de l'Empereur Napoléon devait au contraire éloigner tout soupçon de son coeur et qu'on devait lui tendre la main lorsqu'il demandait consciencieusement, franchement à pacifier l'Europe, et qu'il déclarait que la France était prete à désarmer, à remettre l'épée dans le fourreau. La proposition d'un Congrès est un éclatant démenti donné par la France aux soupçons entretenus par des dispositions hostiles.

Il me sembla entrevoir dans sa réponse que l'Empereur Alexandre était au fond sympathique à l'Empereur Napoléon, et que jamais il ne se preterait à des combinaisons hostiles à la France et à l'Italie.

Le sujet de conversation étant épuisé, l'Empereur me congédia. Voila les dernières paro!es qu'il m'adressa en me serrant affectueusement la main:

-• Quant à vous, M. le Ministre, votre franchise et votre loyauté, que j'apprécie hautement, vous ont acquis mon amitié. Je crois que les Gouvernements devraient se dire entre eux la vérité. Soyez avec moi toujours aussi frane et aussi net, et nous serons toujours bons amis. Je vous charge de remercier le Roi de l'accueil empressé et fr·aternel qu'il a fait à ma soeur. Je lui en suis très reconnaissant •.

Pour que V. E. puisse apprécier et juger la situation avec complète connaissance, je dois Lui soumettre quelques détails qui me reviennent d'une source ordinairement bien informée. La Russie ne désire pas la réunion du Congrès; elle l'a désirée lorsqu'elle craignait une coa~ition de l'Europe contre elle. C'était un moyen de sauvegarder sa dignité et de céder honorablement. L'Angleterre en déclarant qu'elle ne ferait jamais la guerre et en réfusant le Congrès a dénoué, disent les Russes la situation. En attendant l'Empereur Alexandre a presque pacifié la Pologne, la Russie attendra les arme's au bras les événements. On ne doit pas craindre qu'elle s'associe à une nouvelle coalition contre la France. Elle recevrait avec ]Jienveilance les avances de l'AUJtiriche., mais au fond de son coeur il y a une haine profonde pour •cette Puissance. L'Italie n'a rien à craindre de la Russie meme si la question vénitienne éclatat. EHe serait heureuse que il'occasion se présentat de rpunir paT son attitude l'Autriche de ses notes en faveur de la Pologne. La France devait proposer le Congrès avant d'envenimer la question; aux provocations de l'Alngleterre elle devait répondre en proposant de .pacifier sérieusement l'Europe en traitant toutes les grandes questions. A l'heure qu'il est le Congrès serait réuni, et l'opinion publique en Russie serait favorable à la France, et une transaction honorable serait possible. Il ne faut pas compter pour le moment sur une alliance active et féconde avec la Russie, de meme qu'il ne faut pas craindre d'elle des procédés hostiles.

Je répète que ces renseignemens me viennent d'une source excellente, et que j'ai toute raison de les croire exactes. J'ajouterai cependant que bien que le langage de l'Empereur et du Prince ait été net et frane leur conviction n'est pas inébranlable et que je ne m'étonnerais pas de voir d'ici à quelques tems une modification radicale dans le sens de la liberté.

Lord Napier que j'ai vu plus tard m'a répété qu'il croyait que la France faisait de grands efforts pour amener une alliance entr'elle et la Russie. L'Empereur est irrité ·contr l'Ang:leterre; il a tort. • Le Cabinet de Lond.res a été plus frane que les autres. La Russie a fait tout son possible pour faire échouer le Congrès; tous se sont adressés à l'Angleterre parce qu'elle en prenne l'initiative. La paix est désormais assurée, si la France ne vient pas la troubler. Au lieu de proposer un Congrès elle aurait diì évacuer Rome. Elle ne peut pas parler au nom de la liberté jusqu'à ce qu'elle occupe Rome au nom de la réaction. Le parti libéral ne doit pas lui croire tant qu'il la voit care~ser l'esprit clérical. L'Empereur Napoléon ne se fait pas une idée exacte du tort qui lui fait en Europe l'occupation de Rome • .

Je n'ai pas manqué meme dans cette circonstance de lui présenter les arguments qui selon moi, étaient favorables à l'acceptation du Congrès, mais Lord Napier, comme tous les Anglais, est profondément irrité contre la France et contre sa préponderance en Europe.

Les nouvelles de l'Holstein sont contradictoires. Tandis que Lord Napier me disait hier au soir que l'Autriche était animée d'un esprit conciliateur et que le Danemark ne considérerait pas l'exécution comme un casus belli, le télégraphe nous apportai.t le refus de l'Empereur d'Autriche de recevoir l'Envoyé Danois. Ce matin on envisage ici la question comme très grave.

Pour mon compte je ne puis ne pas répéter à V. E., qu'il nous faut profiter de l'agitation nationale soulevée en Allemagne par la question d'Holstein, pour soulever à notre tour la question de la Vénétie. Il faut que les faits prouvent à l'Empereur la nécessité du Congrès. Il faut que la conscience publique à la veille de voir s'entregorger les différents peuples, décide entre la politique de la France et celle de l'Angleterre. Plus on soulèvera des questions en ce moment et plus on aidera la cause de la liberté et du progrès. Il faut battre le fer tant qu'il est chaud (1).

312

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P . Parigi, 10 dicembre 1863.

L'Imperatore non abbandona l'idea d'un congresso parziale, o almeno d'un tentativo d'accordo fra le Potenze che hanno accettato. Una circolare è stata spedita ieri in questo senso; credo che a quest'ora Malaret ve ne avrà dato comunicazione. Stimo adunque inutile di ricapitolarla qui. Il Generale Fleury parte per l'Allemagna e andrà probabilmente a portare la risposta della partecipazione all'assunzion'e al trono del nuovo Re di Danimarca. Ma intanto si fermerà a Berlino e ha una missione confidenziale dell'Imperatore. Non ne so altro finora. Saprò il resto più tardi. Intanto serbaterni il segreto su questa gita che finora deve essere .tgnorata. Non aggiungo nulla al rendicOI!lto di Pasolini.

Ringrazio Minghetti della sua lettera...

(1) II contenuto essenziale di questo rappo-rto fu trasmesso con t. 1441 del giorno 11 e parzialmente ritrasmesso da Torino a Nigra con t . 887 del giorno 12.

313

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 10 dicembre 1863.

Ho ricevuta la tua del quattro e quella di Minghetti; se ho insistito per avere una lettera da communicare a M . Rouher, ciò si fu nell'interesse degli affari, poichè per quanto mi volga all'intorno, non so trovare, per il momento ancora di salute che in questa individualità, spero quindi che il Presidente del Consiglio, appena lo possa, aderirà alla mia domanda.

Mentirei se ti dicessi che sono contento della piega che prendono gli affari, si fa di tutto perchè la proposizione del congresso non abbia a riuscire che un espediente .per disimpegnare la responsabilità Imperiale dalla falsa via adottata.

Dopo il discorso della Corona, Drouyn de Lhuys, onde decidere il Papa a venire al Congresso, gli fece pervenire assurde ed indirette speranze basate su certe possibilità di cessione di territorio nell'Italia Meridionale in compenso della Venezia.

L'Imperatore Napoleone appoggiato sempre alla lettera autografa dell'Imperatore d'Austria, che da alcuni mesi possiede, ha fatti nuovi sforzi tendenti a persuaderlo ad unirsi a Lui, accettando il congresso, questo tentativo ebbe la sorte degli altri.

Verso la Russia si sono fatte pratiche per un riavvioinamento, ma lo Czar voleva l'assoluto ed aperto abbandono della Polonia per parte della Francia, ed una palese ·SOddisfazione mandando a Pietroburgo un ajutante di campo dell'Imperatore con una lettera autografa; si parlò di Fleury per questa missione, ma tutto cadde per l'impossibilità d'aderire alle esigenze. Il linguaggio della Colonia russa oangiasi da un giorno all'altro, e lo stesso Khirlof, che vedo spesso, non cela punto la sua acrimonia verso la politica adottata dal Gabinetto delle Tuileries dietro le istigazioni dell'Imperatrice, che apertamente viene accusata d 'aver spinto Drouyn de Lhuys in questa via.

La proposizione del Congresso ha talmente spaventato gli amici della pace a qualunque costo, che non han mancato di far giungere al Gabinetto di Londra segrete istanze onde questo ne rifiutasse l'adesione, quanto ti dico deve sembrarti un'enormità, ma è fatto assolutamente vero che deve bastare a darti un'idea a qual punto si giunge per incagliare la politica Imper1ale, quando questa prende una attitudine consentanea ai suoi principii ed ai suoi veri interessi; ti si dice apertamente, è possibile che la guerra per sostenere la nazionalità ed i nuovi principii possa convenire alla stabilità dell'Imperatore e della sua dinastia, ma non conviene alla Francia la quale vuole assolutamente qualche

anno di pace, necessaria alle sue finanze ed allo sviluppo dei suoi interessi materiali; aggiungono che la Nazione francese non deve far sagrificii rper dar ai popoli quella libertà di cui è priva essa stessa; qui sta il circolo vizioso, perchè maggior libèttà paralizzer ebbe il potere Imperiale, ed il dist rarre delle idee

liberali con una politica d'iniziativa all'estero, esigerebbe nel capo dello stato tale energia della quale fino ad ora non abbiam nessun sintomo che lo dimostri capace.

Giorni sono Rouher ha dato un forte attacco per il rinvio di Drouyn de Lhuys; egli che vorrebbe Thouvenel a rimpiazzarlo, propose anche una transazione accettando Baroche sul quale ha assoluta influenza, ma l'Imperatrice temendo di perdere la battaglia sostenendo Drouyn de Lhuys, propose Persigny in suo rimpiazzo sapendo benissimo di contrariare così le idee di Rouher, il quale non avrebbe accettato di stare con lui; dopo questa letta tutto rimase nello statu quo. Si fanno a Compiègne molti altri progetti, dei quali Nigra trovandosi colà, sarà in grado di tenerti al corrente, meglio sicuro di quanto possa farlo io, so però che i nomi di Girardin e de Faille furono pronunciati per un nuovo rimpasto, che non entrerebbe punto nelle vedute dei nostri amici.

Thouvenel che è mio vicino di casa e col quale sono sempre nei migliori rapporti, mi dice che egli non sarebbe disposto ad accettare il Ministero degli Esteri, senza che fra Drouyn de Lhuys e lui vi fosse un intermezzo, egli pure apprezzerebbe la nomina di Baroche; avendogli fatto osservare che questa nomina non sembravami favorevole all'Italia, egli mi rispose che Baroche non sarebbe stato a quel posto che un organo del Ministro di Stato, il quale ha su lui totale ed assoluto potere.

Al punto che ne sono le cose, io non so se per il momento sia, per noi, da augurarsi il ritiro di Drouyn de Lhuys; può essere che dalle antipatie che ispira e dalla sua incapacità ne nascano complicazioni che possano tornarci favorevoli, quantunque vi è sempre il difetto di diminuire l'autorità Imperiale all'estero e spopolarizzarla all'interno. Quello che è .certo si è che se Thouvenel od anche Baroche fossero chiamati al potere, questi vorrebbero col tempo

ricondurre la politica là dove fu lasciata quando venne a reggerla M. Drouyn de Lhuys, il che necessiterebbe un lavoro di molti mesi. La sola Questione Romana in questo caso sarebbe quella che potrebbe avanzare d'un passo, ed è per ciò che io insisto nuovamente onde non la si lasci dormire, senza per il momento avanzarla troppo apertamente.

Questa mattina mi sono recato per dare a Rouher conoscenza della nota del 4 luglio (1) che m'inviasti, egli era già uscito, farò domani la communicazione e te ne darò ragguaglio; essa però non contiene nulla di più di quanto gli ho già detto a viva voce, e non servirà che per mostrargli come io sia d'accordo col nostro Ministero in attesa ·che ciò venga meglio constatato dalla lettera che mi scriverà Minghetti.

Mi chiedi qual sia il miglior modo a tenersi per la corrispondenza nei

giornali di Parigi, il solo possibile, a mio avviso, si è quello di mandarle rego

larmente a persona che se ne incarichi, è d'uopo però questa abbia conoscenza

non solo degli individui ma anche dello spirito dei giornali, onde dirigerla a

ciascheduno di essi a seconda del colore della corrispondenza stessa, io vi ho

proposto d'incaricarmi di ciò, ma fino ad ora non ne ho ricevuto che una da

Foggia, che avrai vista nella Patrie e ripetuta in quasi tutti gli altri giornali.

Credo d'essere in grado d'adempire ·abbastanza bene a questa incombenza se vuoi affidarla a me, parlane a Minghetti, scrivine a Nigra e fa quello che credi in proposito, perchè dal canto mio non vi metto nessuna pretesa, solamente se ti attieni a questo partito, ti sarà il meno ·costoso perchè non avrai che a pagare la persona che impiegherò per adattare le corrispondenze sotto la mia direzione ed inviarle ai diversi giornali coi quali sono in relazione, vale a dire i Débats, la Patrie, l'Opinion Nationale, Le Siècle, et La Presse.

Nella Presse avrai veduta la risposta di Girardin a Lord John nella quale è fatta all'Italia ed al Re una bella parte politica, un po' a carico se vuoi delle sue finanze, ma questo era voluto dall'argomento stringente opposto alle ragioni addotte nella nota del Ministro inglese. Girardin scrisse quanto concerne l'Italia dietro insinuazione mia; fui da lui e parola per parola, si contrattò quanto egli doveva dire.

Vedo dai giornali ·che Pasolini è qui, non avendomene detto nulla, nè tu, nè Minghetti, io mi sono astenuto per discrezione d'andarlo a vedere.

Se per il momento non vedo color di rosa, non è che disperi dell'avvenire, disperando, non esiterei a consigliare di spingere gli eventi a qualunque costo, e sono convinto che se in Italia fra qualche mese si dichiarasse la guerra all'Austria, anche senza preventive intelligenze, e che fossimo, come lo ·credo, in grado di sostenerci per qualche tempo, si riuscirebbe, due probabilità su tre, a trascinare la Francia, ma la si trasoinerebbe suo malgrado e chi sa in quali condizioni; questo rimedio estremo saremo sempre in tempo ad adottarlo, poichè penso vi terrete in misura anche per questa eventualità che credo per ora poco probabile, ma pure possibile.

· Ti rimetterà la presente Caracciolo che parte questa sera per Torino.

Attendo le notizie di Vienna appena le avrai, queste ti ripeto interessano Rouher, che vi raccomando non negligentare, malgrado i suoi diffetti, è il solo su cui si possa veramente contare.

(1) Cfr. serie l, vol. III, n. 696.

314

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 386-387)

T. (1) Londra, 11 dicembre 1863.

Vu Palmerston longuement. Se rappelant les discours de l'été, mais bien plus éloigné de la guerre. D'accord avec France dans la solution des quatre questions: il m'a dit croire l'ètre dans la question danoise; échange arrange la question Italienne et celle des Principautées très bien, et sans demander consentement Russie qui déclarerait guerre si voulait; dans question Polonaise il ne pourrait soutenir au Parlement la guerre; resterait neutre. On m'assure que jeudi il a soutenu au Conseil la guerre, repoussée par le Conseil. Il m'a

26 -Docum.,nti diplomatici -Serie I -Vol. ~v

dit de voir Russell et de le revoir dimanche. Lundi il part. Je lui ai longuement parlé des dangers d'une grande guerre; il ne croit pas à la possibilité que la France la fasse (1). Il reconnait grave le danger d'un mouvement dans le Vénitien. Mandez de suite ce que vous croyez de ceci à Nigra. Désolé ne pas pouvoir communiquer directement avec vous ni avec Nigra; il faut beaucoup de ménagements pour Azeglio auquel j'ai beaucoup dit, mais pas tout ni comme projets à discuter; à peine obtenu d'aller seui chez Ministre.

(1) Il testo edito nel Carteggio Minphetti-Pasolini è evidentemente la minuta del documento.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

(AST, Carte E. D' Azeglio)

L. P. Torino, 11 dicembre 1863.

Il giorno istesso in cui ricevetti la vostra lettera che esprimeva alcuni giusti lamenti, io vi aveva spedito un dispaccio. Questo dispaccio sviluppava le idee generali colle quali si spiega la nostra adesione a buon'anima il Congresso. Certamente v'erano de' pericoli per noi sopratutto per la questione di Roma, in un Congresso. Ma noi non potevamo rifiutarci ad una proposta che dava il carattere di questione urgente, di questione reclamante una soluzione alle questioni nostre e in particolar modo a quella della Venezia. Poi, a dir vero, le mene e le opposizioni degli altri Governi erano cosi prevedibili. e le nostre informazioni sugli intendimenti inglesi furono così sollecite ed esplicite

che noi potevamo benis:simo farrd onore, come si dice, del sole d'A,gosto lasciando altrui in faccìa alla Francia, la responsabilità dell'insuccesso e dando una prova di moderazione la quale può servirei, in ogni caso, di utile argomento.

Ritardai di giorno in giorno a scrivervi qualche cosa di più conclusivo e confidenziale perchè aspettavo le ultime parole che Pasolini poteva aver raccolto a Parigi e che dovevano essere la base per giudicare sul da farsi. Qualunque sia il giudizio che si porti sul discorso dell'Imperatore è però certo ch'esso ha aperto delle prospettive alla opinione pubblica in Italia; ha eccitato le speranze nazionali, ed ha creato una situazione grave della quale bisogna tener conto. Pasolini acconsentì di fare una gita a Parigi per avere con Nigra quelle spiegazioni che meglio possono far,si a voce che per Iscritto, per chiarirsi con lui intorno alle risoluzioni pratiche e reali che potevano esistere dietro il programma imperiale, intorno alla situazione creata, in rapporto sopratutto co' fatti nostri, dal rifiuto dell'Inghilterra. Le ragioni che lo consigliarono a scrivervi e a venire in Inghilterra per intendersi con voi, le sapete, e le notizie siamo noi ora che le attendiamo da Londra.

Conosco le grandi difficoltà, l'impossibilità quasi che il Governo inglese adotti una politica non negativa, perchè parmi che il Governo inglese reputi

neutre ::o.

in ogni caso più sicuro partito attendere le questioni e le difficoltà di mano in mano che si presentano per regolarsi poi, anzichè agire in vista delle eventualità dell'avvenire. Ma non mi pare neppur troppo prudente il porre l'Imperatore Napoleone in una posizione tale che non possa uscirne se non con uno di quegli atti di subita risoluzione che panno poi convenire assai poco agli interessi della politica inglese. Il vago, l'indefinito della proposta del Congresso dovevano naturalmente ripugnare al Governo inglese tanto nemico dell'indefinito e del vago. Non cercare di condannare la politica francese ad una assoluta impotenza ma determinare alcuna delle questioni che furono indicate per i.l Congresso, intendersi con la Francia !per procurarne una soluzione che non contrasta cogli interessi inglesi, mi pare il miglior modo per togliere davvero i pericoli di cui la situazione attuale appare minacciosa e che non si possono indefinitamente stornare con dei mezzi dilatorii. Gli avvenimenti, o presto o tardi, potranno sorgere egualmente e sorgere per modo che la politica inglese non potrà padronizzarli. Sulla situazione dell'Italia, per esempio, non bisogna farsi troppe illusioni. Il Governo è forte, sta bene, e domina i partiti, ma è forte e li domina perchè si crede che vada ad uno scopo. Finora si è detto: l'Italia si sta preparando, si forma l'Esercito, e siccome il buon senso del paese comprende che la Venezia si piglia coi grossi reggimenti e non con le spedizioni dei Mille, la risposta era perentoria. Ora abbiamo l'esercito. E mentre il partito avanzato si domanda se non sia il caso di trascinare il Governo, molti uomini del partito moderato chiedono se la situazione non è abbastanza favorevole per arrischiare la partita. Infine una levée de boucliers è sempre possil" bile in qualche provincia del Veneto e l'effetto morale di una lotta anche piccola sarebbe grandissimo. Ciò non vi dico perchè noi siamo disposti a

!asciarci trascinare ai coups de téte o a fare la politica di Novara, ma perchè accanto alle ragioni per non fare bisogna porre anche quelle per fare.

Le notizie che mi giungono dalle diverse capitali constatano innanzi tutto una generale diffidenza verso la Francia. Il Governo ,russo rifiuta recisamente ogni idea di autonomia accordata al Granducato di Varsavia, autonomia che poteva essere la base d'una combinazione franco-russa che si può dire tombée à l'eau. Contentare i contadini e deportare i nobili -ecco il programma. A Parigi Metternich portò il definitivo rifiuto dell'Austria al Congresso. L'Austria dichiara ch'essa non può consentire che la questione della Venezia sia sollevata nel Congresso, e che siccome sarebbe difficile impedire ch'essa vi foss~ portata, ·così rifiuta di intervenire. M. Drouyn de Lhuys, credo prima di questa definitiva risposta austriaca, mandò una circolare della quale Malaret mi ha dato lettura mezz'ora fa nella quale si dice -che il rifiuto dell'Inghilterra ha reso impossibile un Congresso generale -che sinchè si trattava d'un Congresso generale il programma non poteva essere fissato che dal Congresso medesimo -che, questo posto da banda, rimaneva sempre la possibilità di intendersi fra le potenz.e accettanti .i!l1 vista della situazione e per quelle quistioni che si potranno risolvere, -che quindi la Francia provocava uno scambio di comunicazioni a questo intento, vale a dire per un Congresso ristretto. Io mi limitai a constatare che, evidentemente, trattandosi di un Congresso ristretto, l'intelligenza previa d'un programma diventava indispensabile, e chiesi copia per prendere l'avviso del Consiglio. So da De Launay che l'istessa communicazione fu fatta a Berlino e che il Governo prussiano è poco disposto ad aderirvi, ravvisando .grandissimi inconvenienti anche nella assenza di una sola grande potenza. Vi terrò sollecitamente informato della nostra risposta.

In fatto di Circolari ne riceverete una sull'ordine della corrispondenza col Ministero in vista della pubblicazione parlamentare di documenti. L'uso di queste pubblicazioni non è forse il più comodo regalo che l'Inghilterra abbia fatto al continente. Ma ora che i famosi libri bleu hanno figliati libri d'altro colore, non è più possibile in certi casi e per le questioni finite rifiutarsi alla curiosità degli Onorevoli. È dunque indispensabile prepararsi a questa esigenza del regime parlamentare. Verrà, per esempio, un giorno o l'altro in cui bisognerà pubblicare qualcosa intorno alla nostra attitudine nella questione del Congresso. Le vostre informazioni a tal proposito furono pronte e categoriche, per modo che noi sapemmo sempre à quoi nous en tenir sulle vere disposizioni inglesi. Ma credo che que' vostri dispacci per la loro natura confidenziale non potranno essere pubblicati. Badate in favore se vi sia possibile di farne uno o due après coups che lo siano al bisogno. Da parte nostra si potrà pubblicare con qualche modificazione il dispaccio ultimo che vi ho mandato. Il nostro sistema di spiegazioni alla Camera sarà il seguente: N o i dovevamo accettare il Congresso. Ma dovevamo far sì che le questioni italiane e segnatamente quella della Venezia non ne fossero escluse; lo scopo fu raggiunto in quanto sia la Francia che l'Inghilterra riconobbero che, Congresso essendovi, queste due questioni dovevano essere trattate; una delle principali ragioni per cui il Congresso andò a vuoto fu appunto perchè le nostre questioni non furono scartate, la Francia le mantenne, l'Inghilterra riconobbe l'utilità della loro soluzione ma non vide la possibilità di scioglierle col Congresso.

Questo è il tema vi prego dunque che questo risulti dalla vostra corrispondenza pubblicabile -come risulta dalla confidenziale -poichè è conforme al vero.

I resoconti della Gazzetta vi avranno col discorso di Peruzzi, e con quello di Minghetti forniti gli ischiarimenti che vi possono occorrere tanto per la questione finanziaria come per gli affari di Sicilia che i deputati dell'estrema sinistra hanno exploités in un interesse elettorale.

P. S. -Fatemi il favore di informarvi se vi capita il destro quali sono le intenzioni e le istruzioni del Governo inglese circa la protezione ufficiosa che il Console Britannico accorda in Roma agli italiani.

(1) Il testo pervenuto a Torino, che reca la data 12, termina qui. Artom lo inviò a Visconti Venosta col seguente biglietto: • È giunto il seguente dispaccio di Pasolini, che ho consegnato a Minghetti e di cui ho comunicato parte in cifra a Nigra a Compiègne aggiun. gendo che Paso!ini vedrà Palmerston domani e che questi parte lunedi per Broadland ». A Nigra fu ritrasmessa la sola prima parte del telegramma, fino alle parole • resterait

316

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 195. Compiègne, 11 dicembre 1863 (1).

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi ha dato jeri comunicazione d'una circolare che porta la data dell'8 corrente e che è diretta ai Rappresen

tanti di Francia presso le Corti a cui fu sottoposta la proposizione del Congresso. Perchè l'E. V. possa rendersi ragione dello scopo e del valore di questo documento credo utile di esporgliene esattamente il contenuto.

S. E. il Signor Drouyn de Lhuys ·comincia per constatare che i Sovrani hanno risposto alla lettera dell'Imperatore ed han reso omaggio a questa ardita iniziativa, la quale svela ad un tempo i pericoli della situazione e propone i rimedii i più pacifici e i più leali. Egli aggiunge che la maggior parte delle Corti hanno accolto senza rtserva la proposta della Francia; altre accompagnarono la loro adesione .colla domanda del programma delle cose da deliberarsi. I Sovrani tedeschi, nell'esprimere la loro opinione personale in un senso favorevole, fecero dipendere la loro definitiva decisione da quella che sarebbe collettivamente presa dai loro confederati; l'Inghilterra sola rifiutò.

In tale stato di cose, dice il Signor Drouyn de Lhuys, il Governo francese deve esprimere il suo rincrescimento al Gabinetto inglese, la sua riconoscenza ai Sovrani che hanno accettato incondizionatamente, e dare una spiegazione a quelli che l'han domandata.

Il Governo francese, soggiunge, non s'è creduto autorizzato ad imporre un programma all'Europa; nè l'Imperatore Napoleone pensò di atteggiarsi ad arbitro. I pericoli che minacciano l'Europa sono evidenti. Toccava solo al Congresso medesimo di indicare le questioni a trattarsi. La proposta dell'Imperatore ammetteva o un'accettazione unanime, o un'accettazione parziale. Nel primo caso, il fatto stesso dell'accettazione e della riunione del Congresso generale avrebbe pacificato gli spiriti, avrebbe reso più facile un accordo fra i Sovrani; uno scambio quotidiano di idee avrebbe avuto per risultato di calmare molte suscettività, di far sparire molti pregiudizii e molti malintesi e forse avrebbe condotto ad una utile ed onorevole transazione. La Francia non avendo nulla a chiedere per sè, si sarebbe congiunta ·coi Governi più illuminati per ottenere una riconciliazione e chiedere quei miglioramenti che soli possono evitare le rivoluzioni o la guerra.

Il Signor Drouyn de Lhuys domanda a se stesso: Era questa un'utopia? Gli eventi di Danimarca vennero a giustificare ben tosto le previsioni dell'Imperatore. Il Congresso solo poteva conciliare in questa questione i doveri dei Sovrani, il diritto dei trattati e la legittima aspirazione dei popoli. Sventuratamente, continua il Ministro Imperiale degli Affari Esteri, il rifiuto dell'Inghilterra rese impossibile questa prima ipotesi. Rimane la seconda, quella d'un Congresso parziale. Dipende dalla volontà dei Sovrani ch'ella si verifichi.

Il Governo francese, dic'egli, dopo il rifiuto dell'Inghilterra potrebbe considerarsi come sciolto d'ogni suo obbligo, e badare nelle contingenze future, unicamente alle sue convenienze. Ma egli preferisce pigliar atto delle buone disposizioni dimostrategli, e far sapere ai Sovrani che hanno aderito, come esso sia pronto a entrare francamente con loro nella via d'un accordo comune. Una concordanza di concetto e di condotta fra le principali potenze del continente che veggono, al pari della Francia, i danni del presente e i pericoli dell'avvenire, avrebbe molto peso negli eventi futuri e li sottrarrebbe agli accidenti del caso.

La circolare conchiude, che quando si trattava d'un Congresso Generale la Francia non poteva formolare un programma e procedere a negoziazioni separate intorno alle questioni da discutersi e alle deliberazioni da prendersi, presentandosi essa al Congresso libera d'impegni e senz'idee preconcette; ma che ora questa riunione non potendo più essere completa non avrà l'autorità arbitrale d'un Congresso Europeo; che perciò è naturale che prima di riunirsi, i Sovrani incarichino i loro Ministri degli Affari Esteri d'intendersi intorno alle questioni da discutersi, affinchè il Congresso abbia maggior probabilità di giungere ad un risultamento pratico.

Tale è il senso e la forma della circolare che il Ministro di Francia a Torino è incaricato di leggere e rimettere in copia all'E. V.

Con essa si propone un congresso parziale, e come mezzo per renderlo possibile e pratico, si provoca uno scambio d'idee intorno alle materie che dovrebbero formare oggetto di discussione nel congresso medesimo.

Quale che possa essere l'esito di questa nuova proposta, parmi che le stesse considerazioni, le quali hanno consigliato al Governo del Re l'accettazione d'un congresso generale, devano consigliargli l'accettazione d'un congresso speciale.

La circolare del Signor Drouyn de Lhuys offre del resto al Governo del Re, un'occasione naturale di chiamar fin d'ora l'attenzione dell'Europa sulle questioni di Venezia e di Roma, la cui soluzione, se si vogliono evitare alla Europa i pericoli delle rivoluzioni e della guerra, è oramai diventata un'urgente necessità.

(1) Il rapporto fu in realtà spedito il 20 da Parigi (cfr. n. 349).

317

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Compiègne, 12 dicembre 1863.

Ieri fu qui il Principe di Mettemich a recare la risposta definitiva dell'Austria. Essa è recisamente negativa. L'Austria non ammette la discussione sulla Venezia; ma non vi può essere congresso, dice ella, senza che si tenti ài trattare questa questione, nè l'Austria potrebbe forse impedirne la discussione; dunque non si accetta il congresso. Ecco il risultato ultimo dei tentativi fatti a Vienna. Metternich aveva la figura allungata e Drouyn de Lhuys era di cattivo umore, come potete immaginarvi.

Ricevo le lettere di Pepoli. Esse confermano le nostre previsioni. La Russia non farà concessioni, e per ora credo che la combinazione russa sia diventata impraticabile.

Restan la Prussia e l'Inghilterra. L'Imperatore agisce presso le due Corti. Ma temo forte che il risultato finale sia il medesimo. L'Inghilterra vedrà nella Circolare di Drouyn de Lhuys e nel tentativo di pervenire ad un accordo all'infuori di lei, una ragione di più per diffidare della Francia e asteggiarla.

Attendo con impazienza la lettera di Londra.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 8H8. Torino, 14 dicembre 1863. Très confidentiel.

On m'assure que le général Fleury a une mission politique à Berlin relative au congrès. Tachez de savoir quelque chose.

319

IL MINISTRO RJESIDENTE A J!1RANCOFOR'I1E, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1455, ANNESSO CIFRATO (1). Francoforte, 14 dicembre 1863 (per. il 18):

Ministre de Belgique m'a confié que l'envoyé de France à Bruxelles sans faire démarche officielle avait demandé si le roi serait disposé faire partie du congrès sans participation de l'Angleterre. Certaines personnes bien connues ici pour leurs relations intimes avec la Cour de Vienne ont dit, en grande confìdence que d'après avis positif qu'elle en avatt reçu Autriche s'attendait à etre attaquée en Italie en mars prochain, que tout était pret pour la défense.

320

APPUNTI DEL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 388-389)

[Londra], 14 dicembre 1863.

Palmerston dice che la questione danese è in via di soluzione soddisfacente. Nella questione polacca ·ci vuole la guerra e l'Inghilterra adesso non la vuol fare; ed è convinta che neppure l'Austria la farebbe. Per la questione dei Principati già è in discorso, e se volesse sciogliersi con lo scambio della Venezia, Inghilterra vede le difficoltà, ma l'appoggerebbe in ogni modo, credendo però che nè l'Inghilterra nè l'Italia sarebbero adesso graditi promotori del progetto. Egli dice: separate le questioni e promuovete questa. Rispondo che non ottengo nulla se non riunisco l'azione della Francia a quella dell'Inghilterra, perciò debbo ... [par. m.] che, sulla soluzione delle quattro questioni essendo d'accordo, ma una includendo la guerra di alleati che egli non vuole, il progetto è perduto. Senza questo il più probabile futuro è che bon gré mal gré del governo italiano e della Francia, si accenda la guerra nel Veneto. Palmerston e Azeglio si acharnent a dimostrare che il governo la può impedire; provo il contrario avendo già letto loro la lettera di Minghetti. Che cosa farà l'Inghilterra? -Lascerà che l'Italia paghi il prezzo delle sue follie. -Ma l'Austria si legherà colla Russia. -Non lo crede e non si pronunzia su questo futuro troppo remoto. -Chieggo francamente se nulla da noi potesse farsi ora

per ricongiungere l'azione inglese alla francese, e mi dice che per il momento non vede nulla.

A Russell comincio con questa ultima domanda, e mi dice che per ora non vede nulla, bisogna aspettare un poco gli avvenimenti; espongo i pericoli della guerra in Italia e quindi il caso di vedere gli inglesi contro di noi. Russell dice che questo non sarà mai; possono abbandonarci ma giammai mettersi contro di noi. Layard poi mi ha detto che la questione danese in questi giorni poteva farsi grave, e fare là scoppiare la guerra cui forse l'Inghilterra non potrebbe rimanere estranea; mi ha consigliato ad aspettare qualche giorno. Io però conterei partire sabato.

(1) Al r. 72.

321

APPUNTI DEL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 389-390)

[Londra], 14 dicembre 1863.

Question Danoise. Angleterre croit etre d'accol'd avec la France.

Question Vénitienne -Question des Principautés. Angleterre s'unirait à la France pour tacher que l'Autriche accepte l'échange. On établirait d'accord avec la Porte le rachat de la suzeraineté. L'Autriche devrait faire une espèce d'annexion. On ne demanderait pas le consentement de la Russie; si celle-ci déclarait la guerre, Angleterre, France, Autriche, Italie la feraient ensemble.

Question Romaine. Angleterre appuyerait cessation de l'intervention .française.

Question Polonaise. Toute alliance qui se ferait pour la solution de cette question, dans le sens des notes des trois Puissances, serait aidée par une neutralité bienveillante de l'Angleterre.

Le projet de l'alliance Française, Anglaise, Autrichienne, Italienne, Suédoise pour l'exécution forcée de ces solutions n'est pas accepté par l'Angleterre qui ne veut pas prendre part à une déclaration de guerre.

Dans le cas où l'Italie serait entrainée à la guerre Vénitienne et la France venait à son aide, quelle serait l'attitude de l'Angleterre?

Et si l'Autriche se liait avec la Russie?

Y a-t-il possibilité d'un accord quelconque entre France et Angleterre pour amener la solution des questions? (1).

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 890. Torino, 15 dicembre 1863, ore 15,05.

M. de Malaret m'a donné communication de la circulaire pour le congrès restreint. Tachez de me dire le plus tòt possible à quelles puissances elle a été

envoyée et si les questions italiennes y seront traitées et dans quel sens. Dites-moi aussi votre avis sur la réponse à donner. D'après ce qu'écrit de Launay (1), la Prusse serait peu disposée à accepter.

(1) In tutti i discorsi hanno sempre affettato mostrare che non credono alla grossa guerra. Nell'ultimo però Lord Palmerston disse: • Ora l'Imperatore non la vuole; a primavera non so •. (Nota del documento).

323

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLT

T. 891. Torino, 15 dicembre 1863, ore 15,20.

Reçu courrier. J'approuve votre langage. Je me réserve de vous écrire pour la publication. Gouvernement français a envoyé une ,circulaire en proposant un congrès restreint. Dites-moi si Gouvernement russe accepterait de siéger dans un congrès sans Angleterre et sans Autriche qui a définitivement refusé.

324

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 892. Torino, 15 dicembre 1863.

Nous avons aussi reçu l'invitation au congrès restreint. J'ai pris temps pour répondre. Tachez de me faire savoir ,Ja décision du Gouvernement prussien, sans cependant avoir l'air de provoquer une entente.

325

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 15 dicembre 1863.

Il Giornale H Diritto riferiva alcuni giorni sono una c<Wrispondenza da Nizza in cui veniva raccontato con esagerazione ed inesattezza un fatto sul quale debbo richiamare la di Lei attenzione.

Si affermava cioè che il Prefetto di Nizza avesse provocato dal Consiglio Generale del Dipartimento il voto che l'attuale frontiera fra la Francia e l'Italia fosse trasferita alla cresta delle Alpi ed alla Roya. Questo voto sarebbe stato, giusta il Diritto, officialmente comunicato dal Prefetto di Nizza ai Sindaci dei Comuni Italiani, situati al di là della Roya, con invito a voler fare emettere dai Consigli Comunali analoghe dichiarazioni. Finalmente un emissario francese spedito a tal fine a Ventimiglia, avrebbe corso pericolo d'essere malmenato da quella popolazione sdegnata di tali consigli.

Com'era debito mio, volli conoscere i fatti con maggiore esattezza, prima di pregare la S. V. Illustrissima di tener discorso sopra di essi con S. E. il Signor Drouyn de Lhuys. Le copie che io mi pregio di trasmetterle dei rapporti indirizzatimi a tal fine dal R. Console Generale a Nizza e dal Ministero dell'Interno, Le faranno conoscere con precisione le circostanze di cui si tratta.

Non tenendo conto adunque delle esagerazioni con cui questo argomento veniva trattato dai giornali sta però sempre in fatto che da tre anni il Consiglio Generale delle Alpi Marittime emette, com'è assai verosimile, non senza istigazione del Prefetto, il voto che un tratto notevole di territorio italiano venga annesso alla Francia.

Questo fatto non manca, com'Ella vede di per sé, di qualche importanza. Non già che io creda che il Governo Francese voglia suscitare a se stesso ed a noi gravi difficoltà col mettere in questione ciò che fu stabilito col trattato 24 marzo 1860 ed in tutti i suoi particolari determinato colla successiva convenzione di frontiere firmata il 7 Marzo 1861 fra i due Governi. Io non credo d'andare errato affermando che al solo zelo eccessivo delle Autorità Dipartimentali è dovuto il fatto di cui debbo farle parola in questo dispaccio.

Però non è a dissimularsi che queste manifestazioni ripetendosi ogni anno provocano del pari ogni anno delle manifestazioni contrarie alla Francia nei Comuni finitimi al territorio di Nizza. Queste dimostrazioni di fedeltà al Re, di devozione all'Italia sono certamente tali che il Governo del Re non

può che esserne lieto. Se non che la specie di lotta che con ciò si viene a far nascere, l'inquietudine ch'essa fomenta nelle popolazioni della frontiera non possono giovare a quella buona armonia fra i due Governi, che noi desideriamo vivamente di mantenere nell'interesse de' due paesi.

I partiti estremi che mirano sopratutto a distruggere l'alleanza fra l'Italia e la Francia, colgono naturalmente il destro ·che loro si porge in tal modo per diffondere le più assurde notizie sul conto del Governo dell'Imperatore e di quello del Re. Se, come lo annuncia il Diritto, un'interpellanza sarà mossa al Ministero nella Camera o nel Senato del Regno sopra i fatti in discorso, i Ministri non esiteranno ·com'è loro dovere un istante a smentire ogni intenzione che loro si attribuisse di cedere una parte qualsiasi del territorio nazionale. Per quanto ci spetta adunque, noi non possiamo che desiderare che il Parlamento ci dia l'opportunità di far tacere questi strani rumori. Ma pare a noi che il Governo dell'Imperatore debba avere eguale interesse ad impedire che le sue Autorità Dipartimentali facciano nascere colla loro condotta occasioni continue di simili agitazioni. L'annessione di Savoia e sopratutto di Nizza non fu l'ultima delle cause che fecero nascere tanta diffidenza fra Potenze il cui accordo è grandemente necessario alla pace dell'Europa ed ai progressi della civiltà. Quando, in seguito ai fatti di cui Le ho parlato finora, ed ai malevoli ·Commenti di certi partiti politici, si diffondesse la voce che la Francia intende chiedere all'Italia nuove rettificazioni di frontiera, niuno potrebbe impedire che venissero sistematicamente travisate le intenzioni dell'Imperatore e la sua politica rispetto all'Europa.

Voglia, Signor Ministro, presentare verbalmente ed in modo confidenziale queste osservazioni a S. E. il Ministro degli Esteri esprimendogli il nostro

desiderio che il Prefetto di Nizza sia invitato a non esporsi al rischio di far na,scere nei Comuni italiani della frontiera manifestazioni ostili al Governo Imperiale.

(1) Cfr. t. 1448 del 14 dicembre, ore 17, per. ore 19,15, non pubblicato.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 32. Torino, 15 dicembre 1863.

Minghetti vi scrive. Quando egli mi mandò la sua lettera, era da me Malaret il quale mi diede lettura della circolare pel congresso ristretto. Da quanto mi avete scritto qualche giorno fa credo che conosciate questo documento e che posso risparmiarmi dal riassumerlo. Scambiai con Malaret qualche considerazione generale, chiesi copia e presi tempo, com'era naturale. Vi telegrafai tosto partito Malaret (1). A quali Governi fece la Francia la proposta di un Congresso ristretto? Questa è la mia prima domanda che mi faccio. Sinora so che la comunicazione fu fatta a Berlino e che il Governo prussiano non ne è molto entusiasta, anzi vede gravissimi inconvenienti nella assenza anche di una sola grande potenza. So anche che la istessa comunicazione fu fatta a Francoforte alla Dieta. Finora non ho parlato con alcuno dei miei colleghi, nè con Minghetti nè con Peruzzi. La quistione per noi parmi che stia non tanto nell'esito finale perchè è probabile che non si raduni neppure il Congresso ristretto, ma nella linea di condotta da tenere nelle nostre comunicazioni, per non perdere il frutto della nostra prima adesione e per non avere l'aria neppure di fare il finto ingenuo a proposito di una combinazione che può avere per noi dei pericoli, quello per esempio di una sanzione europea per Roma, e di veder esclusa la questione Veneta.

Vi prego di darmi il vostro avviso sulla risposta a fare e sulla condotta a tenere, tanto più che questa volta non c'è Pepoli il quale va dall'Imperatore a domandare che cosa dobbiamo scrivere nelle nostre Note, per toglierei così ogni libertà d'azione.

A proposito di note riceverete oggi un dispaccio sul Congresso di cui non capirete .troppo l'opportunità (2). Ve la spiego. La domanda poco prudente di Pepoli all'Imperatore, la missione sua a Pietroburgo, unita al viaggio di Pasolini, d impedirono di poter fare un dispaccio di commento alla lettera del Re. Dopo il rifiuto poi dell'Inghilterra le difficoltà della Nota italiana diventarono ancora più grandi. Ma, al tempo stesso, bisognava ricordarsi che fra i doni fatti dall'Inghilterra ·al continente, e non certo il più comodo, v'è quello delle pubblicazioni parlamentari dei documenti diplomatici. È un'esigenza parlamentare a cui talvolta è impossibile rifiutarsi e che constato senza discuterla. Si inventò dunque questo dispaccio après coup a proposito della prima circolare di Drouyn de Lhuys. Mi pare che, quando verrà la discus

sione al Parlamento la nostra tesi debba essere questa: N o i dovevamo accettare il congresso, ma al tempo stesso dovevamo far sì che le questioni italiane, segnatamente quella della Venezia, non fossero escluse; lo scopo fu raggiunto in quanto che la Francia e l'Inghilterra riconobbero che, Congresso essendoci, le quistioni italiane dovevano trattarsi, ma questo fu appunto uno dei principali motivi per cui il Congresso non potè radunarsi. Constatiamo con dolore questo tentativo di conciliazione andato a vuoto. La nostra corrispondenza pubblicabile, quando non se ne possa fare a meno, deve rientrare in questa tesi. Ecco la ragione del dispaccio che vi mando. Fatemi il favore di badare se da parte vostra potete scrivere, per il periodo della prima fase del Congresso, qualche dispaccio per lo scopo indicato. Minghetti vi espone i pericoli della situazione, e sono gravi. Io so di certo che non i Mazziniani, i quali non faranno nulla, ma gli elementi onesti del partito di azione, segnatamente in Lombardia, agiscono e preparano una impresa nel Veneto. Essi non faranno l'insurrezione polacca, ma qualche cosa faranno, poichè sono gente che pagherà in ogni caso della propria persona. Uomini che si rifiutarono di muoversi per Sarnico ed Aspromonte perchè vedevano troppo evidente il dualismo col Governo, agiscono ora perchè credono di precedere il Governo e di trascinarlo senza troppo resistenza.

Ma di questo vi scriverò un'altra volta e a miglior agio, perchè, avuto il risultato del viaggio di Pasolini, bisognerà bene guardare in faccia la situazione e decidersi. Chiamo la vostra attenzione sull'articolo dell'ultimo Mémorial Diplomatique su Roma. Quella è roba che viene dal Ministero degli Affari Esteri, e che ci dà la misura delle disposizioni di Drouyn de Lhuys.

(1) -Cfr. n. 322. (2) -Cfr. n. 282.
327

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 392-394)

L. P. Torino, 15 dicembre 1863.

Aspetto con desiderio l'esito dei tuoi colloqui con Palmerston e Russell. Fin qui non ho ragione di sperar molto. Che dice in sostanza l'Inghilterra? -Sono d'accordo nel piano, ne ammetto eziandio la esecuzione, ma purchè io resti neutrale. Questa condizione toglie tutta la forza alla pressione dell'Inghilterra sull'Austria, ch'era il modo di sciogliere la difficoltà da te sollevata tante volte, e che è pur la più grave. Eppure io persisto a credere che la politica inglese sia in questo momento poco provvida. Se allontana la guerra nel 1864, prepara gravi complicazioni in avvenjre. La tua missione è d'insistere perchè il Governo inglese accetti una parte

attiva nel piano ideato, chiedendo pure tutte le garanzie che possan convenirgli.

Ove ciò non si ottenga, resta a vedere quel che può farsi fra noi e Francia, se Francia vuol fare. E qui comincia una seconda parte anche assai difficile. Io però mi compiaccio che tu abbia parlato schiettamente col Principe Napoleone e ch'egli sia nelle nostre idee.

Se Napoleone III non dà libertà all'interno, la inesorabile logica dell'impero deve spingerlo a riacquistare il prestigio di fuori che ora vien meno. L'aspettare a lungo lo perde.

Quel che noi siamo disposti a fare tu lo sai.

Ti avvertii subito dell'esito dei colloqui di Pepoli. Andato a Pietroburgo con sogni dorati, deve esservisi bruscamente risvegliato al suono di quelle campane, e deve aver capito di che tempra sia il liberalismo del Principe Gortchakoff e consorti; questo però semplifica la tua missione in Inghilterra per la maggior franchezza del nostro linguaggio, in Francia perchè l'Imperatore non dovrebbe più stare in bilancia.

All'interno abbiamo avuto una discussione aspra, scandalosa, sugli affari di Sicilia. Ne siamo usciti bene, ma fu, t'assicuro, una inaspettata tempesta.

Poscia venne la volta del Bilancio attivo. Feci la mia esposizione che fu accolta favorevolmente; però ier,i il Pasini ha per due ore continue parlato contro di me (mescolando il dolce all'amaro) e facendo ogni opera di demolirmi. GLi risposi subtto per non lasciar la Camera sotto la impressione di quella valanga di cifre e di argomenti; e parvemi di rimetter le cose al suo posto. Ma ,certo non v'è avversario più pericoloso di quel nostro amico.

Ti mando tutte le discussioni parlamentari, e ti manderò fra ·due giorni varie copie del mio discorso tirato a parte, da dare a codesti signori. La tua famiglia sta bene. Io ti esprimo di nuovo tutta la mia gratitudine...

328

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 516. Berlino, 15 dicembre 1863 (per. il 20).

La circulaire Française du 8 courant a été communiquée au Cabinet de Berlin Vendredi dernier. M. de Bismarck a demandé du temps pour réfléchir. En attendant je sais qu'il a fait écrire à St. Pétersbourg pour pressentir les intentions du Prince Gortschakoff sur cette nouvelle démarche. En cette occasion, comme en mainte autre, il est à supposer que le Gouvernement Prussien agira d'un commun accord avec la Russie. C'est donc par le Marquis Pepoli que V. E. recevra probablement les premières indications sur l'attitude de ,ces deux Puissances. Un refus, cependant, me parait d'autant moins probable, malgré les regrets de la Prusse de voir l'Angleterre reléguée au dernier plan, qu'une adhésion à la proposi,tion Française ne constituerait qu'un engagement conditionnel, du moment où explicitement ou tacitement, elle serait subordonnée à une entente préalable pour le réglement préparatoire des travaux du Congrès, entente difficile, pour ne pas dire improbable, à atteindre.

Dans mon dernier entretien avec le Secrétaire général que j'ai vu en l'absence de son chef, qui siégeait à la Chambre, j'ai dit que j'étais encore sans

instructions. Mais en méme tems j'ai ajouté qu'il m'était facile d'interpréter les intentions de V. E., qui ne pouvaient etre autres que celles tracées dans la réponse de notre Auguste Souverain à l'Empereur Napoléon, en date du 22 Novembre (1). Ayant dès l'abord accepté purement et simplement l'invitation de prendre part à une assemblée ayant pour but de resoudre les questions qui menaçaient la tranquillité de l'Europe, nous devions continuer à pl'éter notre concours à l'oeuvre du Congrès, en ne négligeant rien de ce qui pouvait en faciliter et en hàter la réunion.

M. de Thiele ne m'a rien dit qui pùt faire préjuger la décision de son Gouvernement, quoiqu'il reconnùt que la question du Holstein aurait une piace tout assignée dans un Congrès. J'ai répliqué que nous aussi nous avions notre question du Holstein. En effet, la plupart des argumens mis en avant par l'Allemagne pour revendiquer ses droits sur ce Duché, s'appliquaient également à Venise, à la différence près que les habitans du Holstein avaient moins à se plaindre du Danemarck, que les Vénitiens des Autrichiens, et que l'Allemagne avait moins besoin que l'Italie de s'assurer de meilleures frontières vers le Nord de ses Etats. Là où il existe des deux còtés une identité parfaite de vues, c'est dans les aspirations nationales. M. de Thiele observait en souriant que nous étions du moins plus libres dans nos allures; car nous avons une direction unique, un centre de Gouvernement homogène, tandis que l'Allemagne avait affaire avec les • vieiHes perruques • de Francfort. M. de Thiele oubliait seulement que dans les dernières séances de la Diète Germanique, le ròle de vieilles perruques était échu en partage à la Prusse et à l'Autriche dont l'influence avait rallenti le zèle de la majorité des votans.

Le Ministère des affaires Etrangères avait reçu hier un rapport des plus intéressans de M. le Comte d'Usedom résumant, à un point de vue très favorable à notre cause, ses impressions sur les Provinces Napolitaines.

Il circule aujourd'hui en ville des bruits qui pourraient bien avoir quelque fondement, malgré les dénégations de M. de Thiele, sur une crise ministérielle. La chambre des députés, avant de se décider à donner son approbation à un emprunt de douze millions de Thalers pour l'exécution fédérale, insistera dans une adresse au Roi à l'effet d'obtenir un changement de système.

329

IL CONTE VIMERCATI

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 15 dicembre 1863.

Già da alcuni giorni ho rimessa a M. Rouher la nota del 4 luglio, che mi hai mandata a questo scopo, quantunque essa non gli recasse nulla in aggiunta a quanto gli aveva detto di viva voce, pure gli fece piacere di conoscere il pensiero del nostro Ministero in un documento di cui M. Drouyn de

Lhuys non gli aveva fatto parola; mi ripetè a questo proposito, incaricandomi di scriverLo, che egli crede essere meglio, quando verrà il momento, trattare la pratica direttamente per mezzo suo, e segretamente coll'Imperatore, in modo che il Ministro degli Esteri non abbia ad esserne consapevole che allorquando S. M. Imperiale avrà data la sua adesione; ciò coincide completamente coi Vostri desiderii, egli in oltre m'incarica di ripetervi essere interamente alla disposizione vostra per tutto quanto vorrete far riuscire presso l'Imperatore, tenendo egli moltissimo a camminare d'accordo col Governo del Re, in vista delle complicazioni che si presentano.

Quantunque uomo di pace, Rouher da alcuni giorni non mi cela i suoi timori che la guerra divenga una necessità, questa però non .Ja crede possibile che in seguito agli affari d'Italia; all'opposto del Principe Napoleone, che la crede già fatta, il Ministro di Stato non crede alla coalizione, suppone non difficile il disinteressamento dell'Inghilterra, e non pensa punto sicura la riunione della Russia all'Austria ancorchè questa dovesse aver la guerra per la Venezia.

M. Rouher mi confermò il diverbio abbastanza vivo avvenuto fra M. Drouyn de Lhuys ed il Principe di Metternich, in esso il Ministro degli Esteri dichiarava all'Ambasciatore d'Austr,ia, come già una volta per avere creduto alle assicurazioni del suo Governo, egli avesse perduto il suo posto ed avesse dovuto passare lontano degli affari i più begli anni della sua vita ora trovandosi quasi nell'identico caso era irrevocabilmente deciso a non seguire più oltre una via che conducevalo irrevocabilmente alla stessa meta.

Alle cose come stanno, ti ripeto quanto ti dissi nell'ultima mia, che è meglio per ora che Drouyn de Lhuys rimanga al suo posto, giacchè vi rimane irritato dagli insuccessi di cui l'Austria è pr.ima cagione, egli quindi non combatterà le decisioni dell'Imperatore qualora queste venissero a spiegarsi.

Nigra ti avrà scritto da Compiègne. La Valette che è con lui scrive che l'Imperatrice ha mostrata questa volta ancora maggiore preferenza per il Ministro d'Italia, speriamo che questa possa tornarci utile.

Da alcuni giorni sembra che le tendenze sieno un po' più bellicose; Fleury, che vidi prima della sua partenza per Copenaghen, credeva più ad una possibilità di guerra che non vi credesse 'i giorni scorsi.

Oggi la Principessa Matilde ritorna a Parigi dopo d'aver passati 10 giorni a Compiègne; sentirò le sue appreziazioni che spesso sono giuste e vere, tutto ciò ripeto non ha importanza per voi che sarete di tutto informati dal nostro Ministro.

Il progetto d'indirizzo per il Senato, del quale ieri incominciò la discussione, non contiene nulla di ben rilevante, è in un senso piuttosto pacifico e non verrà a dar,e al Governo quell'appoggio e quella spinta di cui avrebbe bisogno.

L'indirizzo del Corpo legislativo sembra non avrà che due punti salienti, quello del mantenimento della pace e quello del ritiro delle truppe dal Messico in un tempo prossimo e determinato.

Del congresso parleranno le due rappresentanze, sarà soggetto di discorsi, quantunque il Governo desideri, che non s'appoggi troppo su questo argomento.

Un sintomo che accenna a favore delle tendenze bellicose, si è quello che l'Imperatore vorrebbe che il Ministro delle Finanze facesse in modo da ottenere una enorme sottoscrizione per il futuro prestito; M. Fould che vuole la pace, ha capito, e cerca d'organizzare la sottoscrizione in guisa che senza pregiudicare al credito pubblico, abbia a dare poco più di quanto si domanda.

II Ministro della Guerra, che meglio sarebbe chiamare Ministro della pace, per spiegarne l'individualità, è stato interpellato da S. M. Imperiale circa lo stato dell'Esercito, dichiarò che per fare la guerra vi vorrebbero otto mesi di preparativi, mancando principalmente di cavalli, fucili, e di scarpe, il Maresciallo Randon va di,cendo a tutti 'gli Ufficiali essere la ~guerra una improbabilità. Egli fortunatamente non gode la simpatia dell'Armata, che incomincia a sentire come la situazione dell'Imperatore sia difficile in faccia all'Estero ed al Paese, non vi è fra i militari malcontento, ma si sente il bisogno di rialzare la considerazione del Governo Imperiale.

L'Imperatore ha scritto al Principe Napoleone pregandolo a non prendere la parola nella discussione dell'indirizzo al Senato, ove cercasi evitare si parli della Questione Romana, il che per noi sarebbe a desiderarsi, ma Io credo ben difficile.

Pe~donami se insisto ancora su due punti, il primo la lettera ostensibile di Minghetti, il secondo si è che tu mi mandi le appreziazioni che riceverai da Vienna.

Mille commenti si son fatti sul viaggio di Pasolini, non te li ripeto perchè

naturalmente saprai come stanno le cose.

La Perseveranza parlò di una missione di ViHamarina, la smentì più tardi, in fatti mi sorprendeva che il Governo del Re sentisse proprio il bisogno di valersi dei suoi lumi.

Attendo i tuoi cenni, onde regolare presso Rouher la mia condotta; credi che il Ministro di Stato è ora la sola persona su cui si possa contare onde avere un controllo su l'operato del Ministro degli Esteri, sul quale sarà bene il non fidare mai.

(1) Cfr. n. 286.

330

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (AVV)

L. P. Parigi, 15 dicembre 1863.

Ho ricevuta la tua del 4, comprendo che gravissimi affari ti abbiano impedito di scrivermi la lettera che da lungo tempo ti chieggo, essa è importante, la mia insistenza non è dettata che dal desiderio del bene, in qualunque modo volgano gli eventi a pace od a guerra, sarà bene essere appoggiati dal Ministro di Stato, dacchè ci mostra, non solo interessamento e premura, ma anche desiderio vivissimo di camminare d'accordo con noi. Lasci gli Esteri

o rimanga a suo posto Drouyn de Lhuys, l'influenza di Rouher sarà sempre preponderante; nel primo caso la persona che verrà agli Esteri sarà una sua creatura, nel secondo la cooperazione di Rouher sarà un controllo necessario alle sue azioni avendo noi molte ragioni per diffidare di lui.

In attesa di un tuo riscontro non aggiungo di più avendo scritto ad Emilio (1). Mettimi ai piedi di S. M. e credimi...

P. S. -Ti prego a volermi rispondere in proposito alla raccomandazione che ti feci in nome di Madame Rouher che me ne chiese anche ieri sera.

331

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 391-392)

L. P. Londra, 15 dicembre 1863.

Camme j'étais aujourd'hui chez Milady, Lord Russell m'a appelé dans son cabinet et parmi bien des choses m'a dit que Elliot lui avait écrit avoir entendu de Minghetti que nous devions ou rompre guerre à l'Autriche ou nou8 accommoder avec elle; pour la seconde alternative ce serait impossible à tout Ministère. Russell a écrit y etre une troisième chose possible: attendre et se renforcer meme avec désarmement. Je lui ai répondu que cela retombait dans la seconde alternative. Je crains cette guerre où Angleterre n'a pas action commune avec France, laquelle désormais acculée voudra la guerre. Il répondit: -C'est dròle, France dit que Italie la pousse à la guerre, et Italie dit que la France la pousse de son còté. -Mais l'une et l'autre chose est vraie parce que cela est dans' la nature des circonstances. Le mal est que nous finirons par avoir l'Angleterre contre nous. -Non, tant que nous serons Ministres. -Mais nous attaquerons l'Autriche, et la France le Rhin, et alors? -Ce sera chose désagréable pour nous, mais cela ne veut pas encore dire la guerre de notre còté; et puis sans entrer dans un avenir que je reconnais très incertain, je ne crois pas qu'il y aura cette grande guerre; je ne crois pas de suite mais assez tòt la France sera de nouveau contre l'Angleterre.

Je ne sais pas quelle importance on doit attribuer à ce discours, mais j'ai cru bon de vous le répéter. Je doute fort que n'ayant pu tirer en guerre commune la France et l'Angleterre, cette occasion encore ne nous échappe, et qu'il ne reste qu'à traiter sérieusement l'échange des Principautés que Palmerston disait pourtant ne devoir etre mis sur le tapis, ni par l'Italie à cause de l'Autriche, ni par l'Angleterre par crainte d'un refus de la France.

Après demain je crois que j'aurais des nouvelles conversations à vous rapporter, mais je ne pourrais le faire que le jour suivant.

27 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

(1) Cfr. n. 329.

332

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1450. Parigi, 16 dicembre 1863, ore 8,20 (per. ore 10,15).

La circulaire a été envoyée à toutes l es puissances excepté l'Angleterre. La réponse négative de l'Autriche s'est croisée avec la circulaire. Tout l'espoir de l'empereur est sur la Prusse: si cette puissance refuse je ne sais pas vraiment comment on peut réunir un congrès. En tout cas j e pense que nous devons répondre à la circulaire en acceptant et en formulant nettement nos deux questions, c'est-à-dire cession de la Vénétie et évacuation de Rome sur la base de la lettre de l'empereur.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE RISERVATA. Torino, 16 dicembre 1863.

È intenzione del Ministero di presentare al Padamento all'aprirsi deJJ.a nuova sessione i documenti ,e le co~rispondenze dipLomatiche cile rposs<mo venir pubblicati senza danno del pubblico servizio.

Seguendo anche nell'amministrazione degli affari che dsguardano la politica estera quelle abitudini di larga pubblicità di cui danno esempio gli Stati presso i quali è più antico lo svolgimento delle istituzioni parlamentari, il Ministero è convinto di compiere un dovere verso il paese. Esso crede altresì di dar modo con ciò agli Agenti diplomatici di S. M. accreditati presso le estere potenze di dimostrare il loro patriottismo ed il loro zelo nel disimpegno delle loro importanti attribuzioni. Però, per raggiungere questo scopo senza scostarsi da quelle abitudini di prudenza che sono così essenziali nelle cose diplomatiche, credo indispensabile di presentare alla S. V. alcune avvertenze sulle quali chiamo tutta la di Lei attenzione.

Delle due serie di corrispondenze in cui si divide la trattazione degli affari politici, l'ordinaria cioè e la confidenziale, la prima soltanto può dar materia alla collezione di documenti da rendersi di pubblica ragione. Se non che anche i rapporti di serie politica ordinaria possono difficilmente venir pubblicati, se chi li redige non ha cura di assumere piuttosto lo stile della narrazione che quello della disquisizione politica.

Primo compito dell'Agente diplomatico all'estero si è di osservare diligentemente e di informare con scrupolosa esattezza il Governo del Re di quanto accade nel paese in cui risiede. Queste informazioni, purchè siano redatte con acume e con imparzialità, possono, nella maggior parte dei casi, essere presentate al Parlamento Nazionale. Invece le osservazioni che l'Agente diplomatico reputa conveniente di esporre, i giudizi sopra i fatti, le persone o le tendenze del Governo presso cui risiede, le induzioni circa lo svolgimento successivo degli avvenimenti, non potrebbero evidentemente essere resi pubblici senza gravi inconvenienti. Infatti la serie di considerazioni alle quali accenno è suggerita p~r lo più o da ragioni di ,tndole affatto confidenziale,

o da argomenti di natura meramente temporanea, che perderebbero gran parte della loro importanza nell'intervallo che corre necessariamente fra l'invio del rapporto e l'epoca della sua pubblicazione. Occorre dunque distinguere con gran cura questi due generi di corrispondenza, segnar ciascuna di esse con numeri speciali, e riservare alla serie confidenziale od alle lettere particolari quelle considerazioni che sono indirizzate unicamente al Ministro e debbono essere riservate a lui.

Con questo metodo e sopratutto coll'abitudine di riassumere ad ogni loro fase con rapporti abilmente redatti tutte le questioni politiche di qualche importanza, il Governo del Re si troverà m grado di far di pubblica ragione le informazioni diplomatiche di serie ordinaria che offriranno qualche interesse pel Parlamento e per la Nazione. In tal modo si eviterà pure che la preoccupazione d'una pubblicità che potrebbe bene spesso essere pericolosa, scemi negli Agenti diplomatici quella libertà e franchezza di linguaggio sulla quale il Ministro fa assegnamento e che gli è indispensabile per scegliere la linea politica più opportuna.

Appena occorre far osservare d'altronde che non tutti i rapporti di serie politica ordinaria saranno compresi fra i documenti da presentarsi al Parlamento. Evidentemente quei carteggi che non potessero fornire al paese indicazioni più esatte o più importanti di quelle che sono già note per altri mezzi, non sarebbero tali da raggiungere l'intento che il Ministero si prefigge e pel quale fa appello alla collaborazione della S. V. Illustrissima. Le circostanze politiche del momento e considerazioni di vario genere debbono d'altronde, in tale scelta, essere prese in esame.

Nella fiducia che la S. V. Illustrissima vorrà incominciare senza ritardo con un riassunto della situazione politica generale la serie di corrispondenza da pubblicarsi...

334

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 29. Pietroburgo, 16 dicembre 1863 (per. il 24).

Ho ricevuto la di Lei lettera in data del 4 Dicembre e mi affretto di sottoporre al di Lei giudizio alcune nuove considerazioni sulla questione de' Ducati dello Holstein e dello Schleswig.

Rispondendo all'opinione da me svolta nel mio dispaccio confidenziale

N. 24, Ella mi chiede risolutamente: • dobbiamo noi essere più Tedeschi che i Tedeschi medesimi? •.

Mi permetta, Signor Ministro, di fare una grande distinzione fra i governi ed i popoli tedeschi. Certamente non possiamo essere più tedeschi delle popolazioni; possiamo esserlo con grandissimo nostro beneficio più che i Governi.

Nella questione dei Ducati, l'opinione liberale in Germania propugna francamente le idee nazionali; essa informa la sua condotta ai principii ai quali informiamo la nostra. Noi difendendo e propugnando quella questione, difendiamo e propugniamo la causa della Venezia. Io non so certamente quando la questione Veneta sarà dall'Italia nuovamente tratta in campo ufficialmente; divido però l'opinione di coloro che credono che essa lo sarà fra breve. Fra le difficoltà che noi incontreremo non dimentichiamo l'opinione pubblica in Germania, essa ci è ostile perchè vede nella questione Veneta una minaccia alla dignità della sua nazionalità. Noi dobbiamo cercare ogni modo di cattivarci quella pubblica opinione; invece che l'Austria trovi in essa un argomento di resistenza, è utile che noi facciamo sì ch'essa vi trovi un argomento per transigere. Il nostro studio deve essere di condurla a porre nella bilancia la sua influenza in nostro favore. È quindi per noi una ventura che l'Austria vada a rilento nella questione de' Ducati, che il suo Governo non risponda ai desideri ed alle speranze della Nazione. È un grandissimo errore di strategìa che esso commette, non commettiamo un errore ancora più grave lasciando sfuggire un'occasione così opportuna e propizia ai nostri interessi. Siamo più nazionali che l'Austria nella questione dell'Holstein. e noi ci saremo creati una grande alleanza, una alleanza che non ci mancherà al momento della lotta. Paralizziamo, rimanendo fedeli ai nostri principii, l'influenza morale dell'Austria in Germania; ma ciò non basta: io credo che noi dobbiamo temere grandemente che la questione dell'Holstein si risolva in modo favorevole alla Danimarca. La soluzione dell'unione personale è per noi pessima; è il preludio d'una disfatta che noi subiremo diplomaticamente nella questione veneta. Noi dobbiamo combattere tutte le soluzioni che tendono a stabilire c:t>.~e popoli appartenenti ad una nazionalità distinta, possono vivere sotto il dominio d'un'altra Nazione. È una contraddizione che non possiamo ammettere, è un'infrazione al diritto naturale che dobbiamo combattere.

Se il partito nazionale sarà battuto in Germania su questa questione noi saremo battuti con lui; se trionferà non abbia a temere, Signor Ministro, che la questione del Veneto trionferà anche diplomaticamente. E ciò per la suprema legge di solidarietà che lega fra loro i popoli e crea saldi vincoli d'alleanza nell'uguaglianza de' principii.

Nè dobbiamo pure dimenticare che sarebbe un grande trionfo per le potenze che rifiutarono il Congresso di risolvere questa questione per mezzo di Note diplomatiche. Ogni questione risolta oggi è un argomento di meno in favore del Congresso Generale.

Noi che dobbiamo propugnare la necessità di una pacificazione generale, dobbiamo desiderare che questa questione non sia risolta senza il nostro concorso, senza il nostro appoggio; dobbiamo desiderare che gli elementi che possono concorrere a rendere possibile una transazione generale non siano preliminarmente posti in disparte.

Riassumo questo mio dispaccio.

Siamo più nazionali dell'Austria ed avremo la pubblica opmwne in Germania con noi. Dissipiamo col nostro contegno i sospetti del popolo Germanico. Tendiamo la mano al partito nazionale che combatte per tutte le cause di nazionalità ad un tempo. Facciamo decidere dall'Europa essere assurdo con

cetto quello di voler mantenere popoli di nazionalità diversa sotto un unico Go

verno. Infine la nostra ,condotta cooperi a convalidare il concetto che informò

l'idea del Congresso che in reciproche transazioni sta la comune salvezza. Guai

per noi se il pericolo della guerra fosse allontanato senza che il principio naziona

le sia soddisfatto. E sovratutto, Signor Ministro, che le manifestazioni simpatiche

in favore dello Holstein non tardino e non giungano quando il partito na

zionale sia già battuto. Non dimentichiamo che se il Congresso naufraga,

naufraga perchè fu proposto troppo tardi, quando la questione polacca era

abbandonata dall'Inghilterra e dall'Austria ed il pericolo di una coalizione

contro la Russia svanito.

A mio avviso non dovrebbe tardare a sorgere nel Parlamento Italiano una

voce amica alla Germania, molto più che è errore il lasciar discutere ed agitarsi

grandi questioni senza che l'Italia esprima il suo concetto. Raccolta nel silenzio

l'Italia non acquisterà mai l'influenza morale nè conquisterà il pesto che le

compete di sesta grande Potenza.

335

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1453. Pietroburgo, 17 dicembre 1863, ore 15,20 (per. ore 19,05).

Chargé d'affaires de France a lu dépèche au prince Gortchakoff qui lui a répondu qu'il prendra ordres de son souverain. Ambassadeur d'Angleterre intrigue contre ce projet. Je ne crois pas prudent de m'en mèler. Donnez-moi instructions précises.

336

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1454. Parigi, 17 dicembre 1863, ore 23 (per. ore 0,20 del 18).

J'ai reçu aujourd'hui vos dépèches. Je retourne dema1n à Paris, j'y attendrai le comte Pasolini, et nous aurons une nouvelle entrevue avec l'empereur. Je vous expédierai aussitòt un courrier de cabinet.

337

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 395)

T. [Londra], 17 dicembre 1863.

Lord Russell m'a dit que Angleterre appuyerait échange Principautés de ses bons offices. Demandé si nous pouvons dire cela à France, m'a dit oui. Puis,

réflexion faite, m'a dit pour tel engagement devrait interroger ses collègues sur communication diplomatique Gouvernement italien. Après tout ce qui a été dit par Palmerston et Russell, je crois que cela conviendrait seulement si Nigra croit utile à état des choses avec Empereur qui peut-etre attend si Danemark donne complications. Samedi je reverrai Russell. Quant à Palmerston il est à la campagne. n m'a dit que Gortchakoff lui fait savoir tout ce que France lui fait dire.

338

IL GENERALE KOSSUTH AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 17 dicembre .1863.

Je Vous prie très instamment de vouloir bien me faire part de la décision du Gouvernement au sujet de ma dernière lettre.

La situation de la Hongrie est tellement critique, qu'H nous est force de nous décider sans perdre un moment de plus quel pian de conduite nous avons à adopter. Mes amis politiques en Hongrie me pressent donc de les orienter sur les intentions du Gouvwnement Italien à notre égard; pour savoir s'il y a lieu ou non d'avoir recours à d'autres combinaisons.

En réitérant ma prière...

339

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 397)

T. Torino, 18 dicembre 1863, ore 14,10.

Retçu de ta femme lettre chiffrée. Bulwer dans une lettre que nous avons eue sous les yeux croyait possible amener Turquie consentir cession Principautés à l'Autdche. S'il est encore à Londres il serait utile de le... [par. ill.] dans ces idées. Consentement Turquie oterait prétexte à Autriche pour refuser. Raisons politiques pour Turquie évidentes auquelles on pourrait ajouter indemnité première payée par Italie.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 893. Torino, 18 dicembre 1863.

Nous n'avons pas encore répondu à la proposirtion du congrès restreint. Nous ne refuserons pas, en insistant cependant sur le programme impérial et en posant nos questions. Mieux vaut continuer dans votre réserve en attendant les informations ultérieures que je vous enverrai par télégraphe.

341

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. Parigi, 18 dicembre 1863.

Rouher vient de me dire qu'il avait déclaré à l'Empereur qu'il ne pouvait pas traiter à la Chambre ni la politique de Rome ni celle de Méxique dans le sens qu'il voulait. C'est Rouland qui s'est rehargé de Rome; il est de nos amis mais d'un caractère faible, il n'aura d'autre pensée que de se tirer d'embarras. Trompe discours prononcé par Rouher au Sénat est vivement attaqué par les libéraux et par le Prince Napoléon qui voulait parler contre; Benedetti et moi nous avons eu beaucoup de peine à l'empecher de prendre la parole. Lisant le discours de Rouher il ne faut pas confondre le fond Iibéral avec la forme libérale combattue. Les principes de Rouher sont aussi avancés que ceux du Prince, mais Rouher croit des concessions Iibérales impossibles, car on tomberait dans le parlementarisme. Rouher me charge de vous dire de ne pas ajouter importance aux discours qui seront prononcés pour en induire de là qu'on ne puisse pas faire faire un pas à cette question. Empereur a dit à Princesse Mathilde: je crois que de tous les còtés l'on veut m'isoler. Je gagnerai du temps, mais je me vengerai de nos ennemis. Drouyn a envoyé à Rome toutes Ies vagues assurances qu'il a pu, pour !es décider au congrès; presque partout il a joué au double jeu qui le rend impossible. Pour Ies correspondances il faut faire écrire infailliblement trois fois pour me dire ce qui se passe à la Chambre et dans le pays, pour que je puisse faire cela avec les choses actuelles auquelles il est utile répondre il faut que l'Italie modifie Ies correspondances de Paris. C'est ce qui l'empeche d'entrer en France manquant ainsi à son but. J'écrirai à Minghetti par occasion.

342

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 398-402 e in G. PASOLINI, Memorie, vol. I, pp. 514-518)

L. P. Londra, 18 dicembre 1863.

Poichè finalmente capita fra noi toto divisos orbe un corriere, ne approfitto e scrivo in questa carta che mi è più comoda. Ti ringrazio della tua del 15 (1). Quanto al tirare l'Inghilterra in guerra per la Polonia, è inutile pensarei. Azeglio mi ha detto sapere da buona fonte che Palmerston ha sostenuto un tempo il partito della guerra, respinto dal Consiglio. Ciò spiega tutto, e ad ogni modo egli è nettissimo adesso. La questione danese rpreoooupa assai questi signori; rpreveggono che questa li possa trarre alla ,gue:rra, e forse ,r.iunilre

alla Francia, verso la quale in questi ultimi giorni mi sembrano meno aspri, e mi sono sentito ripetere genericamente, che la riunione efficace della Francia e dell'Inghilterra forse non è tanto lontana. Lo scambio dei Principati colla Venezia sorride loro assai; già li assicura sulla questione orientale; poi c1·edo che abbiano simpatia per l'Italia; la credo davvero anche in Russell. Ma così proponendo sciogliere d'accordo coll'azione anglo-francese tre delle questioni proposte, senza la quarta che è quella di Polonia, non si è fatto nulla, o, per meglio dire, non si è riusciti ad ottenere di fatto l'azione anglo-francese; salvo che per la questione danese, se occorrerà. Separate le questioni, mi diceva Lord Palmerston. Io sono prontissimo a farlo, ma non credo che lo sarà la Francia, cui la questione polacca preme di più, perchè in quella sente impegnato il suo onore; ad ogni modo e a te costì, e molto più a me che qui sentiva soffiare un'aura molto favorevole, veniva in mente: perchè non tentare lo scambio dei Principati e della Venezia? Come ti ho telegrafato, Palmerston mi diceva: nè Italia, nè Inghilterra debbono prendere l'iniziativa; Italia no, perchè l'Austria sarebbe ripugnante; Inghilterra no, perchè non vogliamo esporci al pericolo che la Francia per dispetto si rifiuti al concorso. Io credo pur troppo che la Francia non ci aiuterà in questo: l o perchè le toglie la via di rendere di interesse più generale la guerra in Polonia; 2° perchè con questo noi diventiamo davvero indipendenti e bisogna che lasci sciogliere la questione romana; 3° perchè rafforza l'Austria e le dà tutto quello che può darlesi anche per le altre perdite, come Galizia, etc.; 4° dà causa vinta all'In

ghilterra sulla questione orientale senza averne nulla in ricambio. Il solo modo col quale si potrebbe presentare la causa parmi che sarebbe questo: Avete proposto un Congresso per sciogliere cinque questioni: mentre si rifiuta il Congresso, già voi sciogliete quattro questioni e rimettete ad altro tempo la quinta, cominciando fin d'ora a stringere il cerchio attomo alla Russia. Se colla questione danese potesse beccarsi il Reno, non il Belgio, non sarebbe poi tanto male. Quanto alla guerra generale e rivoluzione, malgrado il Principe, credo che Napoleone non ci verrà.

Stamane ho visto Gladstone che dalla campagna ha fatta una corsa in città. Mi ha parlato come Russell, mal disposto verso la Germania, ossia malcontento della ,condotta di Austria e Prussia nella questione danese, lagnandosi della Francia per le sue bizzarrie al Messico, e per la improvvisa proposta di Congresso, ma esprimendo possibilità di riavvicinamento, lodando molto gl'Italiani, etc.

Layard oggi mi ha fatto conoscere Bulwer; questi mi ha detto che è passato di recente a Napoli, Firenze e Genova; e che per tutto colà ha trovato la vita, dove prima era morte; vi sono dei malcontenti, com'è naturale, ma insomma bisogna congratularsi con noi.

Secondo il tuo telegrafo, profitto di questo per fargli una visita.

Layard mi ha detto parergli che la questione danese volga alla pace; io gli ho osservato che non doveva contare solamente coi Re e coi Governi, i quali sul continente non essendo sempre d'accordo coi popoli, come in Inghilterra, qualche volta sventano i progetti fatti contro le loro idee; disse

~he era vero, e che nulla di ben sicuro vi era ancora. Con lui non h,,

osato parlare della quistione orientale, perchè ho qualche dubbio. Mi chiese

di scrivergli da Parigi le mie impressioni. Mi domandò anche chi man

davamo ministro a Costantinopoli: dissi non saperlo.

Concludendo: l'Inghilterra non vuole ora sapere di guerra per la Polonia;

malgrado il linguaggio acre di Palme::.'ston, non credo che pensi a demolire

l'Imperatore, e finchè le sue due questioni (Anversa e Oriente) non sono

toccate, non credo che farebbe la guerra in nessuna alleanza. Si compiace

di quel che ha fatto fin qui; ma è disposta a tornare in più stretta unione

colla Francia, se questa le ne darà il destro. Ci vuol bene e anche ci stima,

ma non vorrebbe sempre parlare di guerra nel Veneto, perchè teme ne

profitti la Francia o sopravvengano compHcazioni. Aiuterebbero con buoni

uffici la proposta del noto scambio.

Palmerston dice che bisogna sia accettato da Austria, Turchia e popol-a

zioni (io rispondeva che l'Austria doveva fare un plebiscito dandole permesso

di annessione; di più, nell'estate egli aggiungeva doversi tutto ciò accettare

dalle Potenze segnatarie dei trattati del '15; ora non ne disse nulla). Ti

confesso che nei primi giorni mi ero avvilito, parendomi gittata la mia

venuta qui; ora non mi pare. Mi pare di capire meglio le intenzioni dell'In

ghilterra, di avere rafforzate le buone disposizioni verso di noi, e messo un

poco più dentro nell'animo di Lord Russell specialmente, quell'idea del cambio.

Dopo di questo siamo di nuovo in mano della Francia. Se ella prende a

trattare lo scambio d'accordo coll'Inghilterra, è ciò che più di tutto possiamo

desiderare.

Trascinarlo a gran guerra non credo possibile ora; ci lascerebbe andare innanzi a nostro rischio e poi non so bene. E non dimenticate che in mezzo a tutto questo vi è la questione danese; io non so che cosa ne pensi la Francia: qui la veggono piena di pericoli con possibilità di guerra; che ne pensa Nigra? Se voi volete aprire discorso coll'Imperatore su tutto ciò, io penso che Nigra lo potrebbe fare più efficacemente di me stesso, cui dirà volere aspettare un poco. Gli minaccerò la guerra nel Veneto, ed egli mi dirà: vedremo. Non vi illudete: le conclusioni di Plombières furon prese perchè non fu Cavour che gli propose la guerra d'Italia; ma egli la proponeva pel primo. Avvertite che se mi fermo qualche giorno a Parigi, Nigra forse mi consiglierà di vedere Drouyn de Lhuys; e che cosa dirgli? se non me lo prescrivete, farò e dirò quel che credo.

La lettera è così lunga che appena avrai il tempo di leggerla. Io sto qui aspettando il tuo cenno di partire. Saluta, ti prego, per me i colleghi.

P. S. -Azeglio mi ha detto che essendosi qui prolungato il mio soggiorno, crede necessario che io vada da Latour d'Auvergne, che gli ha chiesto di me. Mi ha anche detto che Apponyi è insospettito assai di questa mia venuta. Per maggiore tranquillità stamane io avevo preparato una frase di accordo con Azeglio per scriverla a Voi. Voi potete affermare all'Imperatore che noi siamo ben fondati credendo che l'Inghilterra ci sarebbe favorevole e ci presterebbe i suoi buoni uffici pel noto scambio. Se ne volesse assicurazione uffiziale, bisognerebbe chiederla diplomaticamente: nè Azeglio nè io

crediamo di chiederla ora in prevenzione; essendo ripugnante agli usi Inglesi di prendere impegni per casi non determinati. Azeglio è andato per mostrarla a Palmerston ch'era stamane ancora in città, ma non ha potuto vederlo.

Scrivo una sola riga a Nigra cui suppongo abbiate comunicato la sostanza de' miei telegrammi. Io vorrei che egli studiasse nell'animo dell'Imperatore cosa quegli pensa della questione danese. Mi pare che egli segretamente deve soffiare alla guerra per rompere l'Inghilterra colla Germania e forse saltare al Reno. Mi pare il momento di avere più che mai gli occhi aperti pei casi nostri.

(1) Cfr. n. 327.

343

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 402)

T. [Londra], 19 dicembre 1863.

Ministres ici m'avaient déjà dit croire possible consentement Turquie; plus difficile peuples. Je doute fort France en ce moment appuye échange. Azeglio croit nous pouvons dire déjà compter sur bons offices anglais si initiative est prise par d'autres. Hier connu Bulwer au Foreign Office. Tàcherai voir de nouveau. Question danoise encore grave. Suivez-la. Je ne sais rien de Nigra et quand je dois partir et si je dois m'arreter à Paris. Je crains qu'Azeglio se fatigue de ma présence. J'écris longuement par courrier se soir (1).

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 405)

T. Torino, 19 dicembre 1863, ore 22,25 (per. ore 23,25).

Reçu votre télégraphe d'aujourd'hui (2). Azeglio me parait dans le vrai. Sans refuser communication diplomatique demandée par Russell, il me parait nécessaire attendre que vous en parliez vous mème empereur à votre retour Paris. Je crois qu'il est bien attendre à Londres commencement exécution Danemark, et après avoir sondé attitude Angleterre et si guerre est possible à cause de cet incident vous retourniez à Paris. Notre intention serait de répondre à communication France sans refuser, en posant nettement notre question. Cela peut avoir pour résultat rendre impossible congrès restreint. Votre famille très bien.

(1) -Cfr. n. 347. (2) -Cfr. n. 343.
345

L'INCARICATO D'AFFARI A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1464, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 19 dicembre 1863 (per. il 22).

Roggenbach m'a dit entre autres et répété d'une manière marquante que la nationalité allemande constituée peut dans un avenir plus ou moins rapproché amener un revirement dans l'opinion publique de l'Allemagne et modifier le courant des idées dans le sens d'un rapprochement avec la France et peut-etre l'Italie contre la politique autrichienne.

346

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 19 dicembre 1863.

Mi son deciso d'accordo con Pasolini a rimandarvi il corriere perchè ho pensato bene di dar modo al Conte di scriver al Governo qualche rapporto confidenziale e di così distribuir meglio le occasioni che possiamo avere. Accadrebbe se no che Pasolini partirebbe assieme al corriere.

D'altronde Lord Palmerston parte in questo momento per la sua campagna. Locchè ci priva dalla sua efficacissima collaborazione. Onde per quanto spetta a noi almeno dovremo contentarci di quanto sappiamo.

Conto andare a Broadland.s nei primi di gennaio. Intanto dovrò contentarmi di Lord Russell. E per le feste di Natale e Capo d'Anno sarò fuori di Londra.

Ho pensato meglio per oggi scrivervi particolarmente per varie ragiom. Non so troppo se convenga parlar ufficialmente della venuta di Pasolini in un dispaccio. Quindi mi manca il tempo per farmi ricopiare: finalmente lo star ,soprapensiero :Sul da pubblicarsi o no in un dispaccio reca tensione di spirito ed imbroglia la dizione.

Anzi temo questo sarà per rendere difficile l'esecuzione delle istruzioni che mi mandate (2). Lo scrivere un dispaccio in due parti le rende tutte e due tronche e il povero Ministro s'accorge che così mutilate le due parti non corrispondono a un tutto.

E vi pregherei riguardo al vostro Blue book a voler adottare quanto vedo fatto in questo paese in cui precisamente quando occorrono corrispondenze confidenziali si danno ma a titolo d'estratto. E vi farò osservare che voi potete meglio di me giudicare le cose che voi potreste riguardo alla Camera creder meglio sopprimere. Io potrei solo giudicare quanto potrebbe importarmi levare per riguardo a qua.

Del resto bisogna come dico darle a titolo d'estratti con lacune inter

mediarie. Se no si troverebbe mancar di seguito le idee. E talvolta di senso.

Ma a dir il vero mi pare che usanza generale sia piuttosto pubblicare

i dispacci ministeriali e non quelli degli inviati all'estero. Poichè in generale

ho cel'cato per esempio i dispacci del Barone Gros o di Cadore e non gli ho

trovati prova questa che prevale la regola che dico. E diffatti si correrebbe

gran rischio di comprometterci. Supponiamo per esempio che pubblichiate

che fin dal primo giorno Lord Palmerston mi tenne un linguaggio da indicar

un'intenzione prefìs~a di ricusare il congresso e sicuramente Lord Palmerston

al quale questo verrà rimproverato dalla Francia non mi dirà che delle ba

nalità.

Mi sembrerebbe dunque miglior consiglio dire semplicemente la verità.

Cioè che la corrispondenza avutasi è troppo confidenziale per essere data in

un modo così spiattellato.

Del resto in generale ho avuto per regola quando vi scrivevo particolar

mente di scriver un dispaccio più estensibile. Ma come capite più importanti

ed inaspettate sono le notizie, più conviene far sapere che si abbiano da buone

sorgenti. E qualche volta la stessa prova di confidenza che mi dà il Primo

Ministro nel farmi leggere un dispaccio o farmi una risposta essenziale com

porta che a fronte degli stessi suoi colleghi la non si venga a sapere.

Non è un gran segreto che Lord Palmerston e Lord Russell sono in in

trinsichezza più apparente che reale. Neppure mistero che il primo è più ze

lante ed efficace amico nostro che l'altro. È dunque importantissimo per me

che il Blue book non venga a rovinare una situazione che richiede gran

attenzione e riguardi per parte mia. Conviene dunque pubblicare il meno

che sia possibile, tanto più avendosi a Torino il cognato di Lord Russell.

Ma se vedo possibilità di mandarvi dispacci miei antichi revus et corrigés

lo farò. Ma mi sembra che pubblicando estratti si agirebbe più naturalmente.

Ed in certi casi i deputati potrebbero aver comunicazione confidenziale dei

dispacci e basterebbe.

Non credo che serva di scrivervi in modo diffuso sull'occorso dopo la venuta di Pasolini. Lo ho confortato a metter meno mistero prolungandosi il suo soggiorno poichè qua potea parere si volesse cospirare ed a Parigi avrebbe potuto far più cattivo senso ancora.

Diffatti accettò questo mio parere e anderà fra gli altri da La Tour de Auvergne col quale mi trovavo positivamente imbarazzato non dovendo parlargli di Pasolini, se non lo andava a vedere. E ieri sera trovandomi in casa Terza a pranzare La Tour d'Auvergne me ne parlò dicendo inquietare assai questa venuta Apponyi che là pranzava anche lui.

Lord Russell interrogato dall'Ambasciatore d'Austria disse esser venuto Pasolini a fomentare un'alleanza tra la Francia e l'Lnghilterra. Ma Apponyi temeva per la Venezia. Io mi limitai a dire che versavamo in tempi difficili onde era naturale che il Governo bramasse conoscer a fondo lo stato delle cose. Onde Pasolinì era venuto en causer a Londra siccome aveva fatto a Parigi e non più.

In quanto poi al fatto essenziale degli abboccamenti avutisi con Palmerston io non assistetti che al secondo per prestarmi alle idee di Pasolini che voleva andando solo aver l'aria di mantener la cosa in linea privata.

Non lo feci senza un po' di esitazione. Ma mi fidavo della lealtà di Fasolini a non nascondermi nulla. E a una questione d'amor proprio anteposi gli affari.

Poi Pasolini stesso mi pregò di venir per non parer far des cachotteries e l'essenziale che disse Lord Palmerston è questo: Premettiamo quest'osservazione. La distanza impedisce che ci formiamo un'idea esatta delle disposizioni dei due paesi.

Qui tutto respira pace e statu quo. Da noi tutto è per novità mentre qui non si capisce perchè dovranno esser immediate.

Dunque Lord Palmerston dice, Voi non siete ancora abbastanza forti per promuover una guerra coll'Austria per la Venezia. L'esercito è ancora troppo giovane e lo stato del paese non abbastanza solido. Voi medesimi lo ammettete parlando della probabilità di un intervento francese.

Andate avanti" invece come fate adesso, cioè raffermandovi mettendo l'ordine in casa e nelle finanze. E in qualche altro anno forse potrete tener testa da per voi soli all'Austria.

Se noi parliamo concitazione negH animi e partito d'azione, egli dice che un Governo forte deve essere da tanto da far rispettar quelle misure che prende per il bene della patria.

Dice che l'abbiamo dimostrato a Sarnico come ad Aspromonte e per conseguenza la possibilità ne viene dtmostrata.

Se parliamo di movimenti patriotici organizzati dalla Svizzera e per cw dimandasi soltanto di correr in difesa dei fratelli dice che bisogna scoraggiarli, parlar chiaro ed a ogni modo 80 mila Austriaci nella Venezia non lascieranno gran facilità di moti popolari in quella Provincia.

Anzi Lord Palmerston lascia persino travedere che mentre ci facciamo pecore siamo noi che incitiamo o almeno dimandiamo coi nostri voti questi movimenti. E dice a quel proposito se volete far pazzie e metter tutto a repentaglio padronissimi. Ma non aspettatevi a che noi consigliamo questa disastrosa politica o che veniamo ad assistere quando le cose andassero al diavolo. Vi avremo ,consigliato la prudenza. Noi non ci avrete ascoltati, peggio per voi se vi troverete in braccio alla poco disinteressata assistenza francese.

L'esser voi tratti in simili avventure dall'astuzia francese può evitarsi resistendovi e smascherandola. Se dunque vi ci esponete sarà colpa vostra.

In quanto al riassumere diplomaticamente le quistioni che doveano esser discusse in congresso noi non crediamo poterle adottare in fascio ma separandole, non prender in considerazione che le fattibili.

Quanto alla Polonia, continua Lord Palmerston, siam decisi a escludere la guerra. Noi non la vogliamo, l'Austria e la Prussia non la vogliono, e la Francia non la farà sola. Il paese non lo desidera e il Messico è una lezione e precipizio di denari, senza contare le difficoltà di far arrivare in Polonia 50 mila francesi.

La questione Danese ce ne occupiamo attivamente. Speriamo arrivar a un accordo ma ad ogni modo basterà chi ha in quella interesse speciale, senza mischiarvi quelle Potenze che han nulla a vedervi.

Resta dunque la questione dei Principati che sicuramente richiede che le Potenze mettano all'ordine le velleità del Principe Couza; poi la questione della Venezia.

La Venezia è per l'Austria cagione di debolezza benchè non lo voglia ammettere. Ma intanto l'Austria respinge recisamente qualunque proposizione per assiste~r [sic] la questi<me anche dello se'ambio co.i Principati.

A questo scambio Lord Palmerston parlando a nome suo e interpretando l'opinione dei colleghi dice esser non solo favorevole ma disposto ad assisterai coll'influenza inglese non già colle armi ma ove venisse una simile proposta messa in campo l'Inghilterra l'appoggerebbe. Anzi aggiunge che la Porta vi sarebbe meno opposta di prima.

Ma si tratta di convertire a quell'idea non solo le popolazioni dei Principati, ma l'Austria e diciamolo pur francamente la Francia. L'Inghilterra ci vuoi scevri d'influenza francese onde potendo agire indipendenti possiamo agire senza esser incatenati alla Francia.

Ma questo ragionamento la Francia lo fa ugualmente. Dunque respinge segretamente l'unità e quello che potrebbe assicurarla. Per questo o pretenderà la Liguria o non favorirà la cessione Veneta o manterrà il Papa a Roma. Dunque continua Lord Palmerston resta a vedere chi può utilmente mettere questa proposizione in campo.

Non l'Inghilterra perchè se può qualcosa sull'Austria può essere certa nello stato attuale delle relazioni di sentirsi dire un • No • sonoro da Parigi. Se l'Italia lo propone basterà a farlo mandar a picco dall'Austria. Resterebbe la Francia. E resta a vedersi se lo vorrà fare.

L'Inghilterra nel promettere il suo concorso per questo scambio fa già un passo avanti. Anzi fui sorpreso di veder Lord Palmerston ammettere cosi interamente quest'idea. Ma a vero dire agisce secondo la politica inglese e non prende poi impegni immensi poichè tutto si dovrà fare d'accordo coll'Austria.

E prevede che il Gabinetto francese non mostrerà tanta dabbenaggine da volersi impegnare per farci fare quel regalo.

Pasolini avrebbe preferito qualche scambio per scritto di queste idee. Ma gli consigliai di non insistere perchè l'Inghilterra non vuoi mai prendere impegni ipotetici e poi non amerebbe vedersi stampare in qualche Blue book questi impegni e vi si correrebbe gran rischio che ci dicessero esser meglio mandar tutto a monte.

Ma gli Inglesi non son tanto mutabili nei loro proponimenti. Mi par dunque che di questa promessa se ne possa prender atto. E se non altro sarebbe già un risultato ottenuto se si potesse almeno mettere in campo davanti alla Europa la teoria di questo scambio con simili padrini. Questo permetterebbe d'aggiustare in una volta due delle questioni.

Quanto a Roma l'opinione dell'Inghilterra non è dubbia. Solo dice che come Potenza protestante non ha gran probabilità d'esser ascoltata.

Come dicevo più sopra tutto qua si vede color di rosa e pacifico. Però da pochi giorni gli affari di Danimarca si vanno via via imbrunendo e cominciano questi Ministri a veder le cose meno in bello. Speravasi da noi che questa questione Danese avrebbe potuto esser il campo in cui si potesse operare il riavvicinamento della Francia coll'Inghilterra. Ma l'Ambasciatore di Francia ieri sera non mi sembrò veder le cose in quel senso. Parve ammettere che ognuno camminasse all'oscuro e senza troppo saper dove s'andava.

Apponyi pare mi si dice molto soprapensieri. E non senza ragione. Poichè per quelle loro rivalità e turbamenti nell'opinion popolare non sanno in quest'affare sin dove posson esser spinti e sarebbe per l'alleanza austro-inglese giorno solenne quello in cui entrasse da una parte la flotta inglese a Kiel e dall'altra parte il contingente austriaco.

E per me sarebbe giorno memorando quello in cui vedrei partire questo collega colle pive nel sacco sorretto da quello di Prussia.

Questi evenimenti sono dunque pieni d'avvenire e forse un'imprudenza commessa ora che non essendo ancora spiegati bene non se ne possono giudicar le conseguenze sarebbe errore irreparabile.

L'Austria strascinata in una guerra lontana saprà meno resistere a guai a meno distanza e se gli diamo tempo di brouillarsi coll'Inghilterra, sarà risultato per noi se non importantissimo almeno da non sprezzare.

Ecco quanto ho creduto di scrivervi oggi. Benchè non abbia forma officiale questa mia lettera è destinata a tener luogo di dispaccio. Vi ringrazio per quanto so e posso dell'ottima vostra lettera {l) che mi gioverà moltissimo. Pasolini scrive a Minghetti (2) per cui non gli scriverò per questa occasione.

(1) -Al r. l. (2) -Cfr. n. 333.
347

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 402-404)

L. P. Londra, 19 dicembre 1863.

J'ai vu oomme voUJS m'avez rpr€1S1Crit Sir Henry Bulwer. Il m'a dit que sans se plaindre de rien il trouvait que notre légation à Constantinople n'était qu'une doublure de celle de France, s'opposant en tout aux idées Anglaises et hostile à la Turquie, au lieu de chercher la conciliation etc., qu'on retrouvait l'argent italien dans tous les mouvements des provinces rpeu subordonnées. J'ai répondu que vraiment j'avais entendu que cette idée d'opposition systématique à l'Angleterre était un peu dans l es vues du cabinet précédent; que cependant c'était tout à fait contraire aux idées du Cabinet actuel; comme dès l'été je l'avais dit à Lord Russell. Dans la spécialité des affaires il peut y avoir dissentiment entre nous; mais pas en principe, et meme nous tenons beaucoup aux bonnes rélations avec Angleterre, avec laquelle nous croyons

avoir intérèts communs en Orient comme en général. Oui, a-t-il dit, il ne vous convient pas que la Méditerranée soit un lac français etc. Il m'a demandé qui pensait-on envoyer Ministre à Constantinople. Je lui ai dit que je ne croyais pas vraiment que Caracciolo y retournat, et du reste que je ne savais pas; une fois avoir entendu parler de M. De Launay. Il m'a dit qu'il aurait seulement désiré que ce fiìt un homme sage, calme, et avec lequel on put s'entendre avec franchise. Je lui ai promis d'en écrire au Ministère et mème

à Minghetti en particulier. Il m'a dit que Marliani lui avait dit désirer cette place et qu'il lui avait répondu qu'ìl en serait charmé, mais n'en dire pas davantage. J'ai observé avoir entendu qu'il n'était pas en bonne santé. Il m'a nommé aussi M. De Martino de Naples que Layard aussi me recommanda beaucoup. Je lui ai demandé de l'état des Provinces Danubiennes; -c'est une confusion générale, on a fait une chose impossible et cela ne peut pas aller. -Je pense qu'on avait mème parlé une fois de les donner à l'Autriche. -Je ne crois pas; mais c'est une bonne idée que vous devez cultiver. Je crois sans le savoir pour siìr que la Turquie consentirait. -Et l'Autriche céderait-elle la Vénétie? -Voilà la difficulté; il faudrait qu'elle put le faire avec honneur. Vous lui faites trop d'hostilités. -Nous serons heureux le jour où nous pourrons etre de ses bons amis; du reste les Gouvernements faut qu'ìls comptent aussi avec les peuples. -Il faudrait sonder le terrain; si je passe par Vienne je vais essayer de sonder; puis il faudrait le consentement des autres Puissances. -Je l'ai laissé dire sans lui manifester idées présentes et pour les autres puissances j'ai dit: -La Russie ne peut pas grande chose de ce còté-là; la France... (1). Mais on dit que vous serez difficiles dans les limites. -Je ne crois pas, nous serons justes. -L'Allemagne n'a plus de forteresses contre la France de ce còté. -Si elle en a besoin on pourrait en faire des nouvelles. -Puis il vous reste la question romaine. --Quand l'Autriche ne sera plus en Italie, la Cour Romaine fera alors des concessions qu'elle ne fait pas maintenant mème à la France. -Celle-ci devra s'en aller et tout doit s'arranger etc. -Il m'a paru bien agréer ma visite.

J'attendrai ici commencement exécution Danemark, mais le danger est tout aussi grand après; parce qu'ìl s'agit de la possibilité du passage des volontaires dans le Schleswig. J'aurais grand besoin de savoir si Nigra sait quelque chose des intentions de l'Empereur à ce sujet; il devrait bien tacher d'en savoir. Quand vous aurez lu ma dépèche expédiée hier par courrier (2) vous déciderez s'il ne vaut pas mieux faire aborder la question auprès de l'Empereur par Nigra comme je crois. En outre après notre entrevue l'Empereur devait attendre mes réponses nettes; je vous les ai envoyées. Mais Nigra les sait-il? Quel usage en a-t-il fait? Je ne sais rien; hier je lui ai écrit un mot en disant que je pense qu'il aura tout su par Turin et que j'attends qu'il me dise les idées qui règnent là-bas. Qui approche M. Elliot? Je crois qu'il a écrit que le vote dans la discussion de Sicile n'avait pas d'importance, parce que c'était une transaction entre les partis.

(1) -Cfr. n. 315. (2) -Cfr. n. 347. (1) -Cnsi nel'q minuta autografa. (2) -Cfr. n. 342.
348

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 196. Parigi, 20 dicembre 1863.

Siccome l'E. V. mi prescrisse col dispaccio di Gabinetto del 15 corrente (1), esposi verbalmente ed in modo confidenziale a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys le osservazioni contenute nel dispaccio stesso relativamente al voto emesso dal Consiglio Generale delle Alpi Marittime per una rettifica della frontiera ed agli incidenti a cui diede luogo. Insistei in special modo presso il Ministro Imperiale degli Affari Esteri sui gravi inconvenienti a cui potrebbe dare luogo il futuro rinnovamento di un tal voto e sulla necessità d'evitarli.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi dichiarò che ignorava completamente il fatto che io accennava e che se ne sarebbe immediatamente informato presso il Ministro dell'Interno. Mi promise al tempo stesso di dare nella prossima udienza una adeguata risposta alle osservazioni da me presentate a questo oggetto.

349

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 20 dicembre 1863.

Scrivo a lungo a Minghetti sulla situazione politi·ca, la quale è seria davvero. Fatevi dare la mia lettera e leggetela. lo aspetto qui Pasolini pel Natale. Siccome vedrà l'Imperatore, è bene che a quell'epoca noi sappiamo qui quali sono i vostri intendimenti pel caso in cui il congresso vada a vuoto, e l'Imperatore non si decida a nulla.

Vi mando un dispaccio (2) sulla Circolare dell'8, che non potei mandar prima da Compiègne per mancanza d'occasione. Vi mando pure un dispaccio sul discorso dell'Imperatore (3) fatto per essere pubblicato come mi dite. Preparerò intanto una relazione sulla politica della Francia, a seconda della vostra circolare ( 4). Sventuratamente nello stato dei nostri rapporti-con la Francia, non possiamo pubblicare quanto avrebbe un vero interesse, la verità. Bisognerà quindi contentarsi d'una narrazione volgare. Ma vi scongiuro, nell'interesse della cosa pubblica di usare massima circospezione e la più gran parsimonia in questa specie di comunicazioni. L'Inghilterra può fare quello che a noi è interdetto di fare. Per lungo tempo ancora le nostre trattative più importanti hanno bisogno del segreto.

Il Signor Drouyn de Lhuys è malato fisicamente, e credo anche moral

mente. Se come par certo il progetto di Congresso parziale va in fumo, non

28 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

so come potrà ancora rimanere al Ministero. Il Corpo legislativo si prepara alla discussione dell'indirizzo. Un sintomo grave è questo nuovo desiderio di franchigie liberali e questa tendenza d'opposizione che si vanno manifestando dappertutto in Francia. Spero che ciò non sfugga all'Imperatore, e che troverà in questo stato di cose una ragione di più di far qualche cosa che gli riconduca la fiducia della nazione.

Il rifiuto dell'Austria spiacque molto a Compiègne. Io ero là quando giunse Metternich col suo dispaccio. La sua figura era singolarmente allungata. L'Imperatore e l'Imperatrice me ne parlarono entrambi in modo da farmi capire che la condotta dell'Austria li aveva molto disgustati. L'Imperatore mi disse:

• Questo non è male per voi ». Budberg e Goltz con cui ho parlato ultimamente non vedono molta probabilità che i loro Governi rispettivi accettino il Congresso ristretto.

(1) -Cfr. n. 325. (2) -Cfr. n. 316. (3) -Cfr. n. 248. (4) -Cfr. n. 333.
350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Torino, 21 dicembre 1863.

Le dépèche (1) que je vous ai adressée avec la copie de la réponse de

S. M. à la lettre de l'Empereur des Français l'invitant à un Congrès eùt suffi, s'il eùt été nécessaire, à vous indiquer la pensée dont se sont inspirés dans cette circonstance notre Auguste Souverain et son Gouvernement. A cet appel fait aux Souverains au nom d'une réconciliation entre leurs droits et les aspirations légitimes des peuples, le Roi d'Italie, dont les droits se confondent avec ceux de son peuple lui-meme pouvait répondre par une adhésion franche et inconditionnée. La lettre impériale n'avait pas besoin, en ce qui nous concerne, d'un commentaire explicatif. Personne n'ignore quelles sont les questions que l'Italie, avec autant de modération que de fermeté, travaille à résoudre d'une manière pacifique; la solution en est indiqueé déjà dans l'opinion publique chez les nations les plus civilisées, et il est impossible de nier que les difficultés qu'elles présentent ne soient au premier rang parmi celles dont le danger, au point de vue de la pacification générale, vient d'ètre si solennellement reconnu. Nous devions donc accepter sans hésitation la proposition de l'Empereur des Français, afin de ne point laisser naitre d'incertitude sur la conviction où nous sommes de l'urgence des solutions réclamées par l'état actuel des choses, et afin de bien établir surtout qu'il ne dépendra pas de nous qu'une conflagration ne soit évitée. Je n'ai aucun doute que le sens de notre conduite n'ait été parfaitement compris en Europe. En ce moment, la situation ne permet pas encore de déterminer avec certitude quelles conséquences pourra avoir la diversité de l'accueil fait par les puissances à la première proposition de l'Empereur des Français, ni .ce qu'amènera la suite donnée à ces propositions par le Gouvernement Français lui-meme. Je ne

puis que me réserver de vous adresser au besoin des communications ultérieures sur cet important objet.

Quelles que soient les éventualités, elles ne prendront pas l'Italie au dépourvu au point de vue de sa situation intérieure. L'ordre matériel et moral est assuré dans nos provinces par la fusion rapidement accomplie des intéréts et des tendances. C'est ce qui a été prouvé d'une manière frappante dans une ci.rconstance un peu éloignée déjà du moment où je vous écris, mais que son importance me permet de vous rappeler: je parle du récent voyage de S. M., accompagné d'une partie du Corps diplomatique, dans les provinces napolitaines. L'inauguration de la voie ferrée de Pescara à Foggia, le trajet du cortège Royal dans les montagnes de la Capitanate et de la Principauté Ultérieure, le séjour du Roi à Naples ont été marqués par les incidents les plus significatifs. Intervention du haut et du bas clergé aux cérémonies, discours patriotique prononcé dans la Cathédrale de Foggia par l'Evèque de Sant-Angelo, rcvue des gardes nationales de la Capitanate passée par le Roi dans le Cheflieu de cette province, députations municipales et populaires venues de grandes distances et du fond méme de la Terre d'Otrante pour acclamer le Souverain, partout enfin l'imposante démonstration des citoyens en armes effaçaient pour ainsi dire l'éclat des réceptions officielles. Ces témoignages irrécusables de l'excellent état des esprits ont permis à S. M. d'accomplir un grand acte de clémence. Une amnistie générale a été accordée aux nationaux et étrangers pour les crimes et les délits politiques non accompagnés d'actes de brigandage. Les Ministres qui accompagnaient S. M. n'ont pas manqué de mettre à profit leur présence dans ces provinces pour étudier de plus près la marche des affaires locales. Elle a été trouvée en général satisfaisante, et s'est encore améliorée ensuite. Le télégraphe vous a fait connaitre les succès obtenus par les récentes opérations des troupes et des milices nationales contre les restes du brigandage. Les dernières bandes sont dispersées, leurs chefs sont pris; il ne reste plus que quelques bandits dans la Basilicate, qui sera incessamment délivrée de ces tristes hòtes. La surveillance toujours plus efficace des troupes françaises aux frontières romaines et surtout les mesures autorisées par le Parlement pour l'internement des complices du brigandage autorisent à considérer le fléau comme désormais vaincu.

Pendant ce méme voyage, la revue de l'escadre réunie dans le golfe de Naples a permis d'apprécier en partie les développements donnés à notre marine de guerre. A son retour, S. M. a encore inauguré la section de chemin de fer de Vergato a Pracchia; bientòt le reste de la ligne de Bologne à Florence sera ouvert à la circulation.

Le Parlement a repris le cours de la session 1863, et la première loi qu'il a votée est celle qui met en vigueur le traité de Commerce et de navigation avec la France. La discussion qui a eu lieu à cette occasion n'a pas été sans importance au point de vue de l'industrie, de la navigation et du commerce national, dont l'inventaire pour ainsi dire a été fait par les orateurs. Les Mi

nistres de l'Agricolture et Commerce et d es Affaires Etrangères ont eu à défendre en détail la politique économique du Gouvernement, politique dont les résultats ont répondu si complètement à ce qu'on en espérait à l'époque où J.e Royaume de Sardaigne renouvelait, comme 1le Royaume d',Italie le fait aujourd'hui, ses traités de commerce avec les autres nations.

La Chambre a sanctionné ensuite un nouveau progrès dans le sens de l'affranchissement de la propriété en votant le projet déjà adopté par le Sénat qui rend facultatif le rachat des redevances emphytéotiques dues à des Corps moraux au moyen d'une valeur correspondante en titres de la dette publique. Cette loi a une double importance au point de vue du placement des titres de la rente et à celui de la désamorttsation progressive de la propriété foncière.

Avant de passer à la discussion du budget actif de 1864, la Chambre a encore examiné, sur les interpellations du député D'Ondes Reggio, l'état des choses en Sicile. La grande majorité a donné au Ministère un vote approbatif, pour les mesures prises, selon la demande formelle des habitants de J.'ile et à leur satisfaction hautement exprimée, dans le but de débarrasser cette patriotique province des malfaiteurs que lui avait laissé l'ancien régime et pour amener sous les drapeaux les jeunes gens soumis à la conscription.

En ce moment, le Parlement vient de voter le budget actif de 1864. Vous trouverez ci-joint la traduction du discours que J.e Président du Conseil a prononcé dans cette importante discussion. La situation financière et les divers progrès économiques et moraux réalisés dans le pays depuis un an y sont exposés avec des détails dont vous pourrez, Monsieur, vous servir dans l'intérét du Gouvernement du Roi.

L'oeuvre de la rénovation de nos Conventions de navigation et de commerce, dont parle M. le Ministre des Finances dans son exposé, poursuit son cours. Un traité de commerce et de navigation entre l'Italie et la Russie a été signé à Pétersbourg le 28 Septembre dernier. Ce traité comble en partie les lacunes qui existaient dans nos stipulations antérieures avec cette puissance, lacunes qui continuent à subsister d'ailleurs dans presque toutes les Conventions entre la Russie et les autres Etats, et dont la cause, vous ne l'ignorez pas, réside dans sa législation exceptionnelle en matière civile et commerciale. La condition de l'étranger qui se livre au commerce sur le territoire russe ou y entretient des relations commerciales ne saurait ètre suffisamment déterminée par les clauses génériques en usage ailleurs. Aussi les deux Hautes Puissances contractantes ont-elles expressément et spécialement formulé des dispositions libérales rélatives à chacun des objets qui intéressent les rapports commerciaux des deux pays. L'inviolabilité du domicile, le secret des livres de commerce, les recours à la justice, la libre défense devant les tribunaux sont assurés sur le pied établi pour les nationaux. La faculté d'acquérir des

immeubles et d'en disposer n'aura plus désormais en Russie pour nos nationaux d'autres restrictions que celles que la législation actuelle de l'Empire impose aux étrangers de quelque nation que ce soit; cette clause est une reproduction d'un article semblable du traité Anglo-Russe, article le plus libéral en cette matière qui existe dans les divers traités de commerce conclus par la Russie. Cette différence de traitement achèvera d'ailleurs de disparaitre, selon les probabilités actuelles, lors de l'effectuation des nouvelles lois sur la propriété annoncées en Russie. Le commerce italien est exempté de tout droit imposé par des corporations privilégiées, soit sous forme d'exactions pécuniaires, soit en tant qu'obligation d'employer des agents désignés dans certaines transactions. Les italiens ,sont placés sur le mème pied que les nationaux à l'égard des impositions mises sur le commerce. Les marques de fabrique sont garanties. Chacun des deux Etats admet à la cote des Bourses respectives les titres de crédit public et les valeurs garanties par le Gouvernement. La navigation d'escale est entièrement libre; le cabotage a été réservé des deux parts. Une concession importante est celle de la faculté sans restriction d'importer et d'exporter, faculté réservée jusqu'ici à une corporation locale pour

les importations. Une exception spéciale est faite aux concessions dont je viens de parler; touchant les faveurs spéciales accordées au Royaume de Suède et Norvège, en échange des facilités données par cette puissance au commerce de la Finlande; ces concessions ne sont étendues à aucune autre puissance; une autre exception est faite à la liberté du commerce, en faveur de certaines sociétés privilégiées Russes et Finlandaises jouissant d'un régime légal particulier. L'Italie s'est réservée de son còté les monopoles actuels de l'Etat.

Un autre traité de 'commerce et de navigation a été signé dernièrement à Turin, entre l'Italie et les Pays Bas. La grande analogie qui existe entre les législations maritimes et commerciales des deux pays a simplifié beaucoup la rédaction de ,ce traité fort court. La plus parfaite réciprocité a été accordée des deux parts, sur les bases du traitement le plus libéral. Les cinq articles dont se compose le traité contiennent les dispositions et les règles dérivant de l'adoption de ce principe général.

Le Gouvernement a eu à se louer des bons offices de la Sublime Porte dans deux circonstances récentes. Les débris des bandes de brigands traquées sur le territoire napolitain ont souvent cherché sur divers points du littoral de la Méditerranée, et notamment sur les còtes de l'Empire Ottoman, un refuge et une base d'opérations pour de nouvelles tentatives criminelles. Deux individus recherchés par la justice du Royaume, et dont l'un était munì d'un passeport pontificai, ayant été trouvés à Smyrne, le Consul de S. M. fit auprès de l'Autorité locale des démarches pour les faire consigner au Gouvernement du Roi, démarches qui furent appuyées à Constantinople par la Légation italienne. Le Gouvernement Ottoman ne voulut pas permettre que la noble hospitalité qu'il accorde aux émigrés politiques fùt exploitée par des Agents du brigandage, et accorda sans retard l'extradition qui lui était demandée.

Le Gouvernement du Roi a été surtout sensible à l'intérèt pris par S. M. le Sultan au sort de trois explorateurs italiens arvètés à Boukhara. Les organes de la publicité vous ont informé, Monsieur, des procédés délicats et amicaux dont la Sublime Porte a usé envers nous dans cette occasion.

Nous ne nous préoccupons pas moins des intérèts permanents de nos nationaux en Orient. Parmi ces intél'èts, celui de mettre à la portée des principales agglomérations italiennes des moyens d'instruction plus complets et ayant un caractère de nationalité, tient une des premières places. Un collège italien a été récemment fondé à Tunis; celui de Constantinople prend des développemens marqués, et le collège italien d'Alexandrie d'Egypte prospère particulièrement. Je dois vous faire connaitre, à l'égard de ce dernier, que S. A. le Vice-Roi Ismail a acquis un titre à la gratitude de notre nombreuse colonie. Imitant le généreux exemple de son prédecesseur qui avait aidé cette institution par de larges subsides, S. A. a fait au Collège italien la concession gratuite d'un terrain destiné à la construction d'un nouvel édifice pour cet établissement: témoignage remarquable, et dont il y a lieu de se féliciter, de la sympathie et de l'estime que les italiens ont su inspirer dans ces contrées.

Les rélations de l'Italie avec le Nord de l'Allemagne son t appelées à pl·endre une extension sans cesse croissante. Le mouvement maritime entrete'1U par la marine marchande de nos provinces méridionales avec les ports de la Mer du Nord et de la Baltiq_ue, l'admission de nos fonds publics à la cote officielle des Bourses de Berlin et de Francfort, la part assez considérable qu'a prise le marché financier de l'Allemagne au placement des dernières émissions de titres de rente italiens, enfin le développement donné à des voies de communication que le Gouvernement cherche à compléter en favorisant le percement des Alpes Helvétiques sur un point bien choisi, sont autant de garanties que ces échanges de rapports prendront, camme il est à désirer, un accroissement considérable. C'est en vue de préparer sur un point de p!us l'avenir réservé dans ces régions au commerce et à l'influence italienne que le Gouvernement vient d'établir à la résidence de Hambourg un Chargé d'Affaires avec patente de Consul Général accrédité auprès des Vi!les libres de Hambourg, Brème et Lubec~c Les Gouvernements de ces trois Villes ont, à cette occasion, explicitement reconnu le Royaume d'Italie, et ont reçu notre re~}résentant avec des démonstrations que nous regardons camme d'un excellent augure pour ncs rapport;;; futurs avec les Villes Anséatiques. Dans le meme ordre d'intérèts, il convient de prendre note de la reconnaissance du Royaume d'Italie par le Gouvernement de S. A. S. le Grand-Due de Bade, et de l'envoi récent d'un Cha:rgé d'Affaires accrédité auprès de ce Souverain.

La reconnaissance du Royaume d'Italie par la République de Bolivie,

et l'organisation d'un personnel Consulaire bolivien dans nos principales Villes est une particularité que je ne veux pas non plus passer sous silence. S. E. le Président du Chili ayant manifesté de son còté le desir de procéder à une reconr_aissanc:e explicite du Royaume, un échange de formalités rel2ctive3 à cet objet s'opère en ce moment. Nous pouvons donc nous considérer comme étant désormais en rélations régulières avec les grandes républiques de l'Amérique du Sud. Le Gouvernement s'occupe de donner à ces rapports un caractère efficace de stabilité et de sécurité réelle pour les nombreux nationaux qui résident dans les Etats américains dont les débouchés principaux ouvrent sur le Pacifique. Les conflits qui y surgissent parfois, et en ce moment mème dans les Etats de l'Amérique Centrale, nous en feraient, à défaut d'autres motifs plus pressants, un véritable devoir. C'est afin de pourvoir à des intérets si dignes de la sollicitude du Gouvernement qu'un Envoyé doit partir prochainement pour Lima, accrédité auprès du Gouvernement péruvien, et chargé d'une mission extraordinaire dans les Etats de l'Amérique Centrale.

Les incidents que je vous signalais dernièrement comme ayant jeté quelque embarras dans les rapports de la Légation de S. M. et des autres Légations européennes avec le Gouvernement Argentin, ont perdu toute importance par suite de l'attitude conciliante prise par ce dernier. Les dangers de collisions paraissent d'ailleurs s'atténuer dans la République Orientale, et il nous est permis d'en attribuer ,en partie le mérite à la sage et calme conduite de la Colonie italienne.

La présence de batiments de guerre italiens sur les cotes orientales de l'Amérique du Nord, et notamment du Canada, a donné lieu de la part des citoyens de ces contrées à des démonstrations de vive cordialité pour l'Italie. L'expression de 1'intérét et de la satisfaction qu'ont excitées en Italie ces marques d'estime devait trouver piace, Monsieur, dans ce rapide exposé de la situation actuelle de nos intéréts spéciaux.

(1) Cfr. n. 297.

351

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghettì-Pasolini, vol. III, pp. 406-407)

L. P. [Londra], 22 dicembre 1863.

Le Prince Latour d'Auvergne m'a dit d'avoir entendu par M. d'Apponyi qu'il était préoccupé de mon arrivée à Londres; que de Vienne on lui écrivait que j'avais vu l'Empereur, que j'étais venu pour proposer une alliance Italie, France, Angleterre pour faire la guerre à la Russie. Il lui aurait répondu qu'il n'en savait rien, mais que dans les circonstances actuelles il comprenait très bien que le Gouvernement Italien voulait s'informer de l'état des choses. Après cela il m'a dit en avoir demandé à Lord Russell. Celui-ci lui aurait dit que je lui avais demandé si s'alliant la France et l'Italie pour la guerre contre l'Autriche, l'Angleterre se réunirait à celles-ci; et que Lord Russell m'avait répondu que non. J'ai dit ne pas avoir fait des demandes catégoriques mais seulement des discours vagues, parce que mon but était de m'entendre avec Azeglio et Nigra sur l'état des choses. Il m'a ajouté que Lord Palmerston lui aurait fait entendre que si c'était à refaire, on ne refuserait plus le Congrès (ce q_ue je ne crois pas); qu'on s'était piqué de ce qu'on l'eut proposé sans consulter d'abord l'Angleterre. L es affaires de Danemark ne vont pas bien; on est exposé à voir la guerre ouverte soit à cause des forteresses soit à cause des corps francs et de la présence possible du Prince d'Augustenbourg. Il trouvait que la seule manière raisonnable d',en finir serait une conférence qui en rut la solution et comme de sept personnes il y en a 4 et méme 5 qui y ont un intérèt direct, on pourrait appeler deux ou trois autres personnes avec lesquelles on pourrait ,s'entendre aussi sur d'autres questions. Il l'a proposé à Bulwer. J'ai approuvé pour ne pas contredire; et j'ai dit que c'était reprendre le Congrès en son oeuvre. Il se plaignait de l'absence des Ministres des Londres. Il désapprouvait le Congrès restreint et la circulaire de M. Drouyn de Lhuys. Il m'a dit de garder tout ~cela pour moi seui; il va aussi à la campagne jusqu'à la semaine prochaine. J'irai chez Russell la veille

de mon départ. J'ai vu Layard, qui m'a dit aussi que les affaires du Danemark ne vont pas bien. Gardez aussi réserve.

352

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 23 dicembre 1863.

J'ai reçu régulièrement vos intéressantes dépeches de la Série politique jusqu'au N. 9 inclus, et je vous remercie de l'exactitude que vous avez mise à me renseigner sur les événements dont le Danemark est en ce moment le théàtre. Je compte d'autant plus sur la continuation de votre empressement à me transmettre les données et surtout les documents officiels se rapportant à la question des Duchés, que cette question est de celles qui devraient ètre posées dans les conférences proposées par le Gouvernement Français. Parmi les données dont je parle, celles relatives à la situation faite au Sleswig par la constitution du 18 Novembre, qui n'est pas encore exactement connue, ne seront pas les moins importantes.

On ne peut qu'approuver les dispositions qu'a montrées jusqu'ici le Danemark à suivre autant que la situation lui parait le permettre les conseils pacifiques de la France et de l'Angleterre. Le retrait de l'ordonnance du 30 Mars et l'évacuation du Holstein sont deux actes de modération qui permettent de ,supposer que la question se maintiendra dans les limites d'une simple exécution fédérale. L'objet principal du différend étant désormais le Sleswig, vous ne sauriez, M. le Ministre, vous attacher trop attentivement à vous former une idée exacte des tendances dominantes et de l'esprit national des populations de ce Duché. Si ce còté de la question ne donnait lieu à aucun doute, nous croyons que les difficultés actuelles dans les Duchés seraient bien moins graves. Le principe de nationalité pourrait devenir en effet une base acceptable sur laquelle le Danemark et la Confédération pourraient arreter les élémens d'une transaction satisfaisante.

Je me réserve de vous communiquer très prochainement des notions précises sur l'état des négociations relatives au traité de commerce qui se négocie en ce moment à Turin, et de vous donner des instructions à cet égard.

353

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 23 dicembre 1863.

Riletta attentamente la mia corrispondenza relativa al congresso sempre più mi persuado esser quasi impossibile fare altrimenti che pubblicare il meno possibile. E quel poco per estratti. Pubblicarne il meno possibile perchè trattandosi di riferire conversazioni intime, di cui uno dei pregi maggiori è quest'intimità, se le pubblichiamo s'esaurisce la fonte. Saremo accusati d'indiscrezione qua e altre Corti trovandosi malmenate muoveran querele. Pubblicandone estratti si agisce con perfetta sincerità e quello che si tralascia rende più piccante ancora quel che si pubblica.

Invece che se scriviamo dispacci non per i Ministri ma per la Camera vedo molti inconvenienti. Scriveremo dispacci scolorati e che ci faran poco onore. Inoltre non tarderà a sapersi che una corrispondenza è scritta ad hoc per salvare le apparenze; l'altra, la vera, non è destinata alla pubblicità. Di modo che Vi prego perdonarmi se appoggiandomi anche su quanto s'usa nei Blue book mi raccomando per estratti oppure non vedo perchè non si farebbe un breve riassunto del dispaccio come un indice tralasciando le sorgenti e le riflessioni per citare i fatti. Vi scrivo queste due righe onde mettermi in regola.

Da quanto pare andrò il 3 gennaio in campagna da Lord Palmerston, ove m'incontrerò coll'Ambasciatore di Francia i di cui débuts sono ottimi. Pasolini parla di partire sabato. N o n ho potuto riuscir a trovarlo questo oggi. E domani vado fuori per le feste di Natale. Questo mi fornisce un'ottima occasione, per offrirVi i miei auguri di Capo d'Anno...

354

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 23 dicembre 1863.

Si fece in questi ultimi giorni molto chiasso in Francia a proposito d'una decorazione di Santo Maurizio che sarebbe stata accordata, dicesi al Signor Revan, dal Governo del Re. Le interpellanze mi piovvero da ogni parte. Vi sarei molto grato se poteste dirmi che cosa c'è di vero in questa novella.

La risposta dell'Imperatore alla deputazione del Senato ha decisamente una tendenza pacifica. Io mi convinco sempre più ·che l'Imperatore non piglierà un'iniziativa bellicosa, e vorrà addormentare i timori che si vanno manifestando in seno massime del Corpo legislativo. L'emendamento proposto da Thiers e compagni per impedire che si oltrepassi la cifra di 100 milioni nell'emissione dei Buoni del Tesoro, prova però che non si è ben certi delle intenzioni dell'Imperatore, e che si teme ad ogni istante un colpo per parte di lui. Thiers dice che bisogna mettere all'Imperatore una camicia di forza ed im·· pedirlo di far follie. In questo stato di cose l'Imperatore s'abbranca alla sua idea di congresso come a tavola di salute con una persistenza veramente straordinaria. È tuttavia evidente che il congresso è impossibile, dal momento che l'Inghilterra e l'Austria lo rifiutano e che la Russia non vuole che ci si tratti la questione Polacca. Questa resistenza dell'Imperatore pel congresso ha la sua ragione d'essere, da un lato nella posizione veramente difficile in cui si trova, e nell'impossibilità di potervi sostituire immediatamente un altro mezzo, d'altro lato nell'occasione che ciò gli presta di guadagnar tempo e di

osservare se per avventura gli eventi di Danimarca o altri futuri avvenimenti non vengono a fornirgli il modo d'uscire da una situazione che io credo pericolosa per lui e per noi.

Aspetto Pasolini con impazienza. È bene che esso trovi qui istruzioni precise. Non si ha spesso !'.occasione di intrattenere l'Imperatore. Bisogna profittarne. Ditelo a Minghetti.

355

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 23 dicembre 1863.

Ti mando la presente con mezzo particolare; ho prese qui tutte le disposizioni necessarie a fare in modo che l'incarico della stampa francese che mi sono assunto, abbia a riuscire il più utile possibile, a questo fine ti prego a mandarmi tutti quei giornali italiani che potrai, fra questi mi sono indispensabili la Pe1·severanza, la Stampa e qualche altro giornale appartenente ad un colore meno miniE;teriale, dovre3ti far scrivere a Napoli perchè anche da là mi sia spedito il miglior periodico.

11 discorso di Minghetti, del quale alla Legazione ho preso alcune copie, fon::lerà il soggetto di diversi articoli dei quali il primo sortirà nei Débats.

D'accordo con Nigra ho preso persona che dietro un mio tracé farà gli articoli e corrispondenza, quest'individuo mi fu consigliato dal Principe Napoleone, come capace di adempiere all'incombenza, ben inteso sotto la mia totale direzione. Dal Ministero potrai mandarmi, due o tre volte per settimana, come già ti ho chiesto, qualche lettera accennante ai punti che più vi interessano, queste lettere o corrispondenze nuoi mandarle anche in italiano, perchè in ogni modo debbo rldurle ed adattarle al tracé che rimetterò tre volte per settimana. Come ti ho scritto Nigra divide pienamente la mia idea, e trova che la cosa, ben 'Condotta, può tornare utilissima, massime in un momento in cui, nell'interesse della pace a qualunque costo, tutto si travolge cercandosi presentare l'Italia sotto un aspetto totalmente diverso daHa realtà.

Le corrispondenze potrai mandarle direttamente al mio indirizzo, se v'ha poi qualche cosa che tu tenga ad aggiungervi, di cui desideri tener segreta la provenienza, potrai scrivermi per occasione o servirti anche della cifra.

Ho fatto i passi che mi hai indicati presso Rouland, al quale ho parlato in presenza di Rouher, avendolo egli fatto venire a questo scopo nel suo Gabinetto; tutto lo studio del Governo francese è d'evitare alla Camera, come fece al Senato, ogni discussione su Roma; il parlare in un modo qualunque di codesta questione non potrebbe 'Creare che ostacoli, perchè nessuno dei rappresentanti al Corpo legislativo si convertirebbe alle ragioni del Governo, al quale si cercherebbe anzi di tagliare ogni via, se si venissero a scorgere inclinazioni a fare qualche cosa in un senso favorevole all'Italia, ancorchè quanto si farebbe, fosse rivestito di tutte le forme le più rassicuranti al Papato.

L'Imperatore è sempre nella pit':. grande indecisione, Egli affetta di proseguire nella idea del congresso.

Avrai veduta la Circolare di Drouyn de Lhuys, alla quale, come sal, l'Austria ha ,risposto p:reventivamente, l'iniziativa presa dal Gabinetto di Vienna al rifiuto ha sommamente irritata S. M. Imperiale, ma non credo che questa irritazione possa portare, per ora, il desiderato effetto; gli ostacoli si mostrano

gravi all'estero insormontabili all'interno, ove cercasi ogni mezzo per frapporre incagli a quei progetti, che si suppone stare nell'animo dell'Imperatore; ne è una prova la· discussione negli uffici sul prestito dei 300 milioni.

M. Thiers ha discusso lungamente proponendo un emendamento, che è fatto allo scopo d'inceppare, anche per la via finanziaria, qualunque progetto bellicoso.

M. Emile Pereire ha pure parlato nella stessa commissione accennando all'Unità d'Italia, come ad una piaga del sistema politico adottato. Da qualunque lato io mi rivolga non vedo che ostacoli, e francamente non credo che l'Impe!·atore possa avere, in tali condizioni, l'energia d'affrontare i rischi di una guerra alla quale tutti si mostrano contrarii.

Non ti nascondo il mio timore di vedere giungere la primavera, e terminarsi la stagione degli affari, senza che il Gabinetto italiano possa aver progredito in nessuna delle nostre questioni; insisto nuovamente ed insisterò anche direttamente presso Minghetti, perchè si porti ogni nostro sforzo sulla questione Romana, nella quale se abbiamo avversarii, abbiamo pure alle3ti.

Rouher è sempre più disposto a trattare direttamente, ed in segreto, coll'Imperatore, appena vedrà giu:-~to il momento propizio, ma in verità non so se io debba insistere perchè dia seguito al suo progetto, le vostre intenzioni mi sono espresse troppo vagamente in prcposito, perchè io possa prendere su me, di spingere il Ministro di Stato in una via nella quale Minghetti teme che nulla possa farsi, fintanto che D:couyn de Lhuys rimane agli Esteri. Io non divido interamente la sua opinione, e non esito a dichiarare che se Rouher assume, come mi ha detto, la responsabilità d'interpellare in proposito l'Imperatore, cercando i mezzi per riuscire, noi dobbiamo non solo seguirlo in questa via, ma ben anca spingerlo a mettere in esecuzione questo suo progetto, facilitando dal canto nostro la realizzazione' del piano.

Nigra questa mane mi consigliava a non lasciare intiepidire le intenzioni del Ministro di Stato.

Pensate seriamente senza !asciarvi illudere dalla possibilità di una guerra, che senza escluderla completamente, io la credo ogni giorno più difficile, a meno che il Governo del Re non sia deciso ad entrare nel campo delle avventure, sull'incertezza di trascinare seco la Francia, e di trascinarvela in cattive condizioni.

So benissimo che l'Imperatore non potrà torsi dagli imbarazzi dell'interno che facendo la guerra, ma a questi imbarazzi rper il momento potrà riparare, senza ricorrere a questo estren:.o, che potrà col tempo adottare quando le attuali condizioni politiche si saranno modificate e permetteranno al Gabi· netto delle Tuileries di contare su qualche alleanza, od almeno sulla neutralità di alcune fra le grandi Potenze.

La mia esperienza di questo paese, le numerose conoscenze sia nei circoli ufficiali che all'infuori di essi, mi pongono in grado di formarmi un giudizio del vero, io ve lo accenno pregandovi per quanto so e posso a tentare ogni via per riuscire nella questione Romana, poichè su questo terreno si potrà anche condurre un ravvicinamento fra l'Inghilterra e la Francia.

Scusami presso i tuoi colleghi se mi permetto di scrivervi quasi dando consigli, tu mi conosci abbastanza per sapere quanto interesse porti alla causa comune, per scorgere in ,questa mia lettera se non se H desiderio del bene.

Non dilazionare a farmi giungere i giornali, ti accludo il mio indirizzo a scanso d'equivoco onde tu possa mandarlo a ciascuna redazione.

Contavo scrivere anche a Minghetti mi sono dilungato troppo e non mi rimane il tempo di farlo, ma lo farò colla prima occasione, intanto ti prego a comunicargli la presente, come anche a Peruzzi facendo ad entrambi i miei cordiali saluti ed auguri, che anche a te mando dal cuore.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 24 dicembre 1863.

Le Baron de Malaret est venu me donner lecture de la dépeche circulaire dont vous trouverez ci joint une copie. M. Drouyn de Lhuys exprime ses regrets que l'idée d'un Congrès n'ait pas rencontré l'adhésion unanime des Puissances, et propose de lui substituer un Congrès restreint. Cependant camme cette réunion ne pourrait plus avoir le caractère arbitrai que l'Empereur aurait voulu lui attribuer, S. E. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères propose que les Gouvernements qui ont accepté la première invitation de l'Empereur s'entendent sur les moyens de réaliser ce projet. Ma dépeche du 20 Novembre (1) vous a indiqué, M. le Ministre, les raisons qui ont engagé le Gouvernement du Roi à accepter sans demander des explications préalables, la proposition du Gouvernement français. Le discours du 5 Novembre et la lettre de l'Empereur constituent en effet, à notre avis, tout un programme pour la pacification de l'Europe. Sans contester la valeur pratique des objections que ce projet a soulevées en Angleterre, nous croyons que les Cabinets de Paris et de Londres, qui sont au fond d'accord sur la solution théorique des principales questions, auraient pu, en donnant à cet accord une expression précise, obtenir l'assentiment de tous les Gouvernements dont les intérèts ne sont pas directement opposés aux progrès de la civilisation. Il n'aurait pas été inutile de formuler, avec l'autorité qui appartient à une assemblée internationale les solutions exigées par l'esprit de notre époque. La influence que de telles déclarations auraient exercée sur l'opinion publique

n'aurait pas manqué de produire avec le temps d'importantes conséquences pratiques.

Le Congrès restreint, M. Drouyn de Lhuys le reconnait lui meme, n'aurait plus le meme ,caractère. Cependant puisque le Gouvernement Français pense qu'on peut encore parvenir par ce moyen au but indiqué par l'Empereur, nous n'hésitons pas aaccepter cette nouvelle proposition. Ce n'est pas l'Italie qui opposera des obstacles à la réalisation d'un projet qui peut aider à la pacification de l'Europe. Veuillez donc, M. le Ministre, remercier S. E. le Mi· nistre Impérial des Affaires Etrangères de son invitation à la quelle nous ne saurions mieux répond~e qu',en entrant sans retard dans l'échange de vues qu'il propose.

Dans la discussion remarquable qui s'est engagée entre les Cabinets de Paris et de Londres relativement au Congrès, six questions ont été reconnues de part et d'autre comme devant former nécessairement le programme de la réunilon internationale. Ce sont, dans l'ordre où elles ont été forroulées par

S. E. M. Drouyn de Lhuys et le Comte Russell, les questions suivantes:

l. Le conflit polonais doit-il se prolonger?

2. -Le Danemark doit-il entrer en guerre avec l'Allemagne? 3. -L'anarchie continuera-t-elle dans les Principautés Danubiennes? 4. -L'Italie et l'Autriche devront-elles rester éternellement face à face cians une attitude hostile? 5. -L'occupation Française à Rome se prolongera-t-elle indéfìniment? 6. -Doit-on renoncer à l'espoir d'alléger les charges imposées à toutes les nations de l'Europe par des armements excessifs?

Nous sommes prèts à examiner les trois premières questions avec cet esprit de complète impartialité, au quel nous faisons appel pour les questions qui nous concernent directement. Dégagés de tout intérèt particulier, de toute prévention antérieure, nous ne chercherions évidemment qu'à faire prévaloir les principes de nationalité et de liberté qui ainsi que l'a dit le Roi dans sa réponse à l'Empereur, sont la vie meme des peuples modernes.

Ce sont évidemment les memes principes dont nous invoquerions l'application dans les deux questions qui touchent à la condition actuelle, à l'avenir de notre pays.

A ce sujet, nous manquerions à notre devoir en nous abstenant de faire connaitre clairement la pensée du Gouvernement du Roi. Appelés à donner notre concours à une tentative qui a pour but de régler le présent et d'assurer l'avenir de l'Europe, nous ne saurions répondre avec trop de franchise à la démarche amicale de la France. La franchise la plus entière est indispensable à la réussite du projet de pacification conçu par le Gouvernement Français. Ce n'est pas au moment où les déclarations solennelles de l'Empereur ont provoqué en Europe et particulièrement en Italie une émotion profonde et durable, que le Gouvernement du Roi peut se renfermer dans le silence sur les plus graves intérets du pays.

On ne s'étonnera donc pas de nous voir demander comroe l'ont fait les Ministres des Affaires Etrangères de France et de 'l'Angleterre:

• L'Italie et l'Autriche doivent-elles rester éternellement face à face dans

une attitude hostile? L'occupation Française à Rome se prolongera-t-elle indéfiniment? •.

Qu'il nous soit permis de faire remarquer avant tout que le fait meme c;ue ces questions ont du etre posées dans une discussion engagée entre la France et l'Angleterre et rendue publique de part et d'autre, démontre combien ces importants problèmes ont muri dans la conscience publique, combien l'urgence de les résoudre est reconnue par les hommes d'Etat. En effet Lord Russell ajoute expressément « Y-a-t-il possibilité d'assembler un Congrès et d'inviter un représentant de l'Italie à y siéger sans que la situation de la Vénétie y soit mise en discussion? L'Empereur des Français serait le premier à sentir et à reconnaìtre que cela ne serait pas praticable •.

Le Comte Russell objecte, il est vrai, que le représentant de l'Autriche quitterait la Conférence aussit6t que la question de la Vénétie serait mise sur le tapis. Mais cette observation en prouvant que l'Autriche n'est pas à mème de soutenir une discussion relativemcnt à la question vénitienne, ne fait que rendre plus évidente la nécessité que l'Europe s'occupe d'en chercher la solution pacifique.

Depuis de longues années l'Autriche occupe la Vénétie: mais l'oeuvre du temps a été impuissante à donner une consécration morale à cette grande injustice. Dans la Vénétie le fait de la nationalité n'est pas compliqué comme il arrive ailleurs, par d'autres élémens hétérogènes: jamais l'Autriche ellemème n'a pu se faire illusion ,au pcint de croire qu'elle réussirait à combler l'abime qui sépare les sentiments et les intél'ets des Italiens des sentiments et des intéréts Autrichiens. Il ne s'agit pas de deux races melangées forcément dans le cours des siècles et qui se partagent, tout en se le disputant, le méme territoire: La Vénétie présente le spectacle d'une occupation militaire, à la quelle tous les efforts de l'Autriche n'ont pu donner Ies apparences d'un Gouvernement civil.

L'Europe qui s'émeut si justement pour la cause polonaise, l'Allemagne, qu'un irrésistible instinct pousse en ce moment meme à la revendication du principe de nationalité, qui éprouve les fébriles agitations d'un peuple qui se croit froissé dans sa dignité, fermeront elles encore les yeux aux dangers que présente la situation de la Vénétie?

Evidemment l'Italie et l'Autriche ne doivent pas rester éternellement ennemies l'une en face de l'autre.

Evidemment encore, le Comte Rechberg n'énonçait que la vérité lorso.u'il disait dans une récente discussion du Reichsrath que les Cabinets de Turin et de Vienne ne pourront jamais se mettre d'accorci tant que la question de la Vénétie ne sera pas résolue.

Cette question devra-t-elle étre tranchée nécessairement par la force?

N'y-a-t-il aucun moyen de sauvegarder des susceptibilités que nous respectons sincèrement, tout en contestant qu'elle puissent ètre dans notre siècle un titre légitime au gouvernement d'un peuple? Le jour ne doit-il pas venir où les peuples de la Monarchie Autrichienne comprendront qu'ils seraient les

premiers à profiter de l'équilibre qui résulterait d'une solution pacifique de la question vénitienne? Le Congrès aura, nous l'espérons, à examiner ces problèmes. C'est avec l'espoir de réussir à trouver, d'accord avec le Gouvernement Français, quelque

combinaison de nature à éviter les dangers qui menacent la paix générale, que

nous acceptons volontiers la proposition de S. E. M. Drouyn de Lhuys.

Nous ne sommes pas moins disposés à discuter les moyens de faire cesser

l'occupation de Rome par les troupes Françaises. Le Gouvernement de l'Em

pereur maintient depuis quinze ans son intervention à Rome. Sans mettre en

doute le caractère désintéressé da sa politique, on peut discuter les résultats

qu'elle a donnés jusqu'à présent. Après une expérience aussi prolongée il ne

saurait paraitre prématuré d'examiner si la conciliation que la France s'est

proposé d'amener entre le St. Père et les citoyens romains a été obtenue. Si

le désaccord existe toujours, il n'est pas téméraire d'affirmer que ce n'est pas

la continuation indéfinie d'une intervention étrangère qui peut apporter un

rémède à cet état de choses.

Bien avant 1859, le Gouvernement Romain s'est trouvé hors des conditions normales de tout gouvernement régulier. Cependant ce n'est pas dans une telle situation qu'un gouvernement peut se maintenir indéfiniment. La politique de non intervention serait en tout cas plus conforme aux principes qui forment la base meme de l'Empire Français. Quant à nous, nous avons déclaré à plusieurs reprises que c'est sur des forces purement morales que nous comptons pour résoudre cette question. Nous croyons donc qu'il serait possible, en prenant pour point de départ le lettre de l'Empereur du 25 Mai 1862, de formuler un accord qui assurerait au St. Père une indépendance et une liberté d'autant plus complètes que les garanties dont on les entourerait ne froisseraient pas les aspirations légitimes des populations.

Les questions posées par S. E. M. Drouyn de Lhuys et par le Comte Russell ont entre elles un lien nature! et intime. C'est en effet le principe de nationalité qui dom1ne les questions de Pologne, des Duchés Allemands, de la Vénétie; c'est le principe de non intervention, c'est-à-dire le respect de la souveraineté intérieure des Etats, corollaire logique du principe des nationalités, qui domine la question romaine. S. M. l'Empereur a eu donc une grande inspiration lorsqu'il a fait appel à tous les Souverains pour les amener à chercher par des transactions réciproques une base nouvelle pour l'édifice européen. Un désarmement serait une des plus heureuses conséquences de ce nouveau pacte des nations. Toute fière qu'elle est de son armée, l'Italie s'empresserait de suivre l'exemple des autres Puissances, et de rendre à l'agriculture, au commerce, et à l'industrie les milliers de bras qui se vouent à la défense de

l'honneur et du territoire national. L'accueil que le Roi a reçu dans les provinces méridionales du Royaume, l'amnistie que S. M. vient d'accorder, prouvent combien un désarmement général s'harmoniserait avec les conclitions intérieures de notre pays. Les ressources de l'Italie réclament, pour se développer complètement, toute l'activité et toutes les forces de la population. Nous faisons donc les voeux les plus sincères pour la réalisation de la noble idée de l'Empereur et pour la pacification définitive de l'Europe.

Veuillez donner lecture de cette dépeche à S. E. M. Drouyn de Lhuys et lui en laisser une copie.

(1) Cfr. n. 282.

357

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

(AST, Carte E. D'AzegLio)

L. P. Torino, 24 dicembre [1863].

Vi ringrazio della vostra lettera tanto interessante (1) e più ancora vi ringrazio di quanto avete fatto in questi ultimi giorni per chiarire la situazione e per mettel'ci in grado di conoscere bene il terreno. Sono perfettamente del vostro avviso e credo che la disposizione chiaramente manifestata dall'Inghilterra di appoggiare coi suoi buoni ufficii la proposta soluzione sia un fatto che non avrà forse un esito prossimo ma di cui bisogna apprezzare l'importanza e la portata. Il Governo inglese non vuoi prendere l'iniziativa e ne dà per principale motivo il timore che la Francia non sia in queste idee. Si tratta ora appunto di verificare a Parigi il fondamento di tale timore e sarà l'opera di Pasolini e di Nigra. Se il Governo francese fosse invece ben disposto sarà il caso di vedere se è possibile provocare un accordo fra i due Governi sul modo di dar seguito all'affare. Perchè l'Imperatore ha colla Romania e colla politica di nazionalità degli impegni che renderebbero la sua posizione assai delicata per una iniziativa propria ed isolata.

Sapete che il Governo francese ha indirizzato a noi come alle potenze tutte che accettarono il Congresso generale una Nota-circolare per entrare in communicazione sul possibile programma di un Congresso ristretto. Di questa Nota conoscerete il tenore pei sunti esatti che ne diedero i giornali.

Noi abbiamo accettata la proposta di Congresso generale; se ora il Governo francese crede che sia possibile raggiungere almeno in gran parte gli scopi della prima proposta, nello spirito del discorso dell'Imperatore, noi non potevamo rifiutarci ad entrare in communicazione, nè declinare il fattoci invito. L'Italia non vorrà sollevare alcun ostacolo a qualunque tentativo per la pacificazione europea. In realtà il Congresso ristretto è tanto improbabile come il generale e possiamo quindi, come si dice in Italia, farci onore del sole d'Agosto.

Oggi stesso spedisco a Nigra una Nota (2), da !asciarne copia, in risposta al dispaccio di M. Drouyn de Lhuys. Ve ne unirei una copia se, come uso pei dispacci importanti, non lasciassi al Ministro del luogo la facoltà di suggerire per telegrafo le modificazioni che credesse opportune per quel complesso di circostanze che non si apprezzano se non davvicino. Scrivo però a Nigra di mandarmene una copia appena ne sia definitivamente stabilita la redazione.

Io spero che a Londra si trovi che questo nostro dispaccio è quale ci doveva essere suggerito dalla nostra particolare posizione.

Noi accettiamo il nuovo invito, ma al tempo stesso poniamo nettamente le nostre questioni, Venezia e Roma. Nel dispaccio furono introdotte delle frasi per mostrare come l'accordo colla Francia e colL'Inghilterra sia la base

naturale della nostra politica. In fine se ci si accusasse, come pel Congresso Generale, di troppa ingenuità si può dire all'orecchio che il miglior modo per noi di porre il nostro bastone nelle ruote del Congresso ristretto, del quale siamo in fondo poco entusiasti, si è appunto di fare una professione di fede esplicita e di porre carrément la questione italiana sotto il suo duplice aspetto.

Nel dispaccio oltre la questione nostra, si accennano, in termini affatto generali anche le altre questioni che, nello scambio di note fra Drouyn de Lhuys e Lord Russell furono indicate come doventi far parte di un programma di Congresso. Si dice che, intervenendo ad un Congresso, ne cercheremmo le soluzioni nel senso dei principii di nazionalità e di libertà. Se dalla parola di nazionalità in rapporto alla questione di Danimarca si volesse in una interpretazione forzata, inferire che noi ci poniamo dalla parte della Germania nella questione dell'Holstein, basterà il dire che non abbiamo voluto pregiudicare alcuna soluzione del conflitto dana-tedesco, ma solo valerci dell'ardore nazionale della Germania come di un argomento contro la Germania stessa e in nostro favore per la Venezia.

Mi associo completamente a quanto mi dite per la pubblicazione de' documenti diplomatici. Siate certo che sarò parco e restìo per quanto è possibile. Ma in certe circostanze della vita parlamentare i rifiuti assoluti non si ponno fare. E la mia circolare e la mia lettera prevedono il caso in cui pure qualcosa bisogna pubblicare e si hanno le mani vuote. Non avrei mai pubblicato, per esempio, i vostri dispacci sul Congresso, pel loro carattere confidenziale e sopratutto per non compromettere i risultati e i vantaggi della fiducia e intrinsichezza particolare che vi professa Lord Palmerston.

Ho dato a Peruzzi la lettera di quell'agente segreto perchè mi ponga in grado di rispondervi. Frattanto vi chiedo un'informazione. Sapete chi e che cosa sia una Madame de Buny ·che vive a Vienna, che vi ha un salon politico, che è nata inglese benchè maritata francese e che si dice sia una figlia naturale di Lord Brougham?

(1) -Cfr. n. 346. (2) -Cfr. n. 356.
358

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 408-410)

L. P. Torino, 24 dicembre 1863.

Non ti meraviglierai se ho scritto poco, quando tu ponga mente che dopo la gran battaglia per le cose di Sicilia, sopravvenne il Bilancio attivo, poi la legge sulla Ricchezza mobile, la quale, comecchè aspramente combattuta, finirà per esservi accettata. Io ho fatto fatiche grandissime, ed ora vado per due giorni a Bologna. Domenica conto esser di nuovo al mio posto.

Nigra ti farà veder.e la nota che Visconti risponde alla proposta di Congresso ristretto (1); accetta, ma pone nettamente 'le nostre questioni. Poi·chè Francia ed Inghilterra ne hanno parlato, il silenzio da parte nostra sarebbe stato

29 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

assurdo e colpevole. Ma il Congresso ristretto andrà a finire come il Con

gresso generale; e la combinazione franco-russa ha perduto ogni probabilità.

Resta dunque la combinazione inglese, la più giusta, la più naturale, la

più conforme ai nostri desiderii. Intorno a ciò, siccome tu hai avuto tale affi

damento dall'Imperatore, che ben puoi dire a te stesso che hai preso e trattato·

questa pratica lui assenziente e confortante, mi pare che non a Nigra ma a

te spetti il rendergliene conto esatto e il concludere. Su questo punto io sono

tranquillissimo, tanto più parendomi che Nigra abbia in caso altre parti

da fare.

Se ho ben afferrato il senso delle tue conversazioni, mi pare di paterne

concludere questo.

Nonostante la diffidenza verso l'Imperatore, pure l'Inghilterra non è aliena

dall'intendersi colla Francia, e dal concertare un'azione comune. Ma questa

azione dovrebbe essere diplomatica, non guerresca, e per conseguenza l'In

ghilterra esclude la questione polacca, siccome quella che mena diritto alla

guerra.

Invece sarebbe disposta a cooperare colla Francia alla soluzione della questione Veneta e Rumena secondo il progetto da noi ideato. Ma teme che la Francia non entri per davvero in tale combinazione, e per conseguenza non vuol prenderne l'iniziativa. Che cosa dunque bisogna ottenere dalla Francia? Ch'essa accetti la proposta inglese di trattar la questione Veneto-Rumena, che· non isolatamente, ma d'accordo e insieme ne prendano l'iniziativa.

Veggo tutte le difficoltà, ma da un'altra parte mi pare che si possa dire all'Imperatore: -Questo è un progetto che non si discosta dai vostri principii, e intanto vi offre l'occasione di accumunar l'azione di Francia e di Inghilterra: è anzi il solo progetto che vi offre questa occasione. Come da cosa nasce cosa, così una volta messe insieme, e incamminate, le altre questioni possono svolgersi da se stesse. La questione danese può divenire grossa da un momento all'altro, e potrete meglio, così accostati, risolverla: la questione· stessa polacca può risorgere, se la Russia facesse opposizione alla combinazione dei Principati.

Insomma, se l'Imperatore vuole l'alleanza inglese, il filo della matassa gli è porto: non è il filo che piacerebbe a lui, ma pure può sgomitolarsi. Un risultato si è ottenuto; quando c'è un punto dal quale si può partire insieme, lungo la via possono più facilmente farsi novelli accordi.

Quanto alla difficoltà austriaca, se davvero Francia e Inghilterra insistono, e Turchia non rifiuta, e noi siamo sempre in pericolo, v'ha speranza che si giunga al fine. E poi questa difficoltà la prevedemmo, e anche nella ipotesi di non risolverla, giudicammo opportuno di tentare.

Io concludo che tu devi veder l'Imperatore, e devi dimostrargli che la possibilità dell'azione comune coll'Inghilterra c'è: che c'è in un sol punto, forse quello che egli non vorrebbe primo, ma che la unione loro è sì gran vantaggio e lo trae fuori da tali imbarazzi che miglior partito è l'accettarlo che il rifiutarlo.

Poniamo che l'Imperatore rifiuti. L'intento speciale della tua missione è mancato, sebbene molti altri vantaggi da queste conversazioni diplomatiche siano venuti; ed io ti dico che anche in questa ipotesi che non vorrei, pure ti sono sempre grato della gita, e ti assicuro che hai reso un vero servigio al paese preparando l'avvenire. Ma insomma l'intento prossimo sarebbe fallito.

Tolta di mezzo la possibilità di una combinazione anglo-francese, bisogna allora possibilmente formarsi idea chiara di ciò che farà l'Imperatore isolato; di ciò che conviene a noi di fare suscitandogli occasioni e pretesti ad agire. Sopra di ciò scrivo a Nigra con questo medesimo corriere.

(1) Cfr. n. 356.

359

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 1485. Belgrado, 24 dicembre 1863 (per. il 30).

Garachanine m'a assuré qu'il n'a aucune confiance ni dans la Russie ni dans la France. Cependant, me dit-il, je fais de mon mieux pour étre bien avec l'une et l'autre, mais mois je n'ai de confiance que dans l'Italie, car la politique du Gouvernement italien s'accorde parfaitement avec les vues du Gouvernement serbe qui consistent à affaiblir l'Autriche si on ne peut pas l'écraser, et vous pouvez a'ssurer votre Gouvernement qu'il peut compter sur les promesses que le Prince et moi nous lui avons faites par votre intermédiaire.

La Russie, ajouta-t-il, n'est pas arnie du prince Couza et ne voit pas avec plaisir l'intimité qui règne entre les deux princes serbe et roumain, et je crois que s'il ne m'avait pas entendu plusieurs fois me prononcer d'une manière énergique pour le maintien à tout prix des relations existentes entre les deux Gouvernements le consul de Russie m'aurait peut-étre conseillé de nous détacher des Principautés Unies; s'il ne l'a pas fait c'est qu'il comprend qu'il perdrait son temps. Quant à moi je n'ai aucun motif pour douter de la sincérité de Garachanine. Je viens de lire dans une lettre de Paris adressée à Garachanine qu'au printemps prochain Italie fera la guerre à l'Autriche; que elle ne compte pas sur la France ni sur l'Angleterre, mais sur les Slaves du Sud qui commenceront le mouvement avant que l'Italie ait déclaré la guerre. Cette nouvelle a été affirmée à Paris lettre député italien confirme sénateur Pietri [sic].

360

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 358-359)

L. P. Parigi, 24 dicembre 1863.

Ho scritto ieri a Visconti (1), avrai veduto dalla mia lettera che non vi è molto a attendere dalle decisioni dell'Imperatore. Da ogni lato è inceppato di incagli.

Sono convinto che nel fondo dell'anima di S. M. Imperiale sta il pensiero di fare la guerra per vendicarsi dell'isolamento politico che si è fatto intorno a lui, ma egli ha troppo senno per incominciare una guerra in condizioni totalmente sfavorevoli. Se il governo italiano facesse una guerra aggressiva contro l'Austria, potrebbe forse trascinare la Francia, la quale, se da una

parte probabiLmente andrebbe a soccorrerla, dall'altra non saprebbe perdonarle d'averla, suo malgrado, trascinata sul campo di battaglia; altrettanto una guerra per uno scopo non esclusivamente e direttamente Italiano potrebbe tornarci utile, quanto un intervento francese per la sola questione italiana ci sarebbe di conseguenze funesto.

Sono convinto che la situazione attuale porterà i suoi frutti, ma questi non gli credo tanto prossimi, perchè noi ci abbandoniamo interamente alle eventualità di complicazioni che potrebbero essere ancora molto remote: il che fa sì che io insista nella mia prima idea d'intavolare segrete trattative per la questione di Roma.

Mi dici che hai ripugnan:z.a a pronunciare le dernier mot a Rouher, fintanto che Drouyn de Lhuys sta al potere; io non ho mai chiesto che tu vada tanto oltre, ti ho domandato una lettera francese ostensibile al ministro di Stato, in questa tu come Presidente del Consiglio puoi, in seguito alle comunicazioni che ti ho fatto, ringraziarlo delle sue buone disposizioni, dicendogli senza comprometterti, essere il Governo del Re disposto a fare tutte quelle concessioni che senza ledere il principio potrà accordare, onde facilitare all'Imperatore il ritiro delle truppe da Roma.

Puoi, sembrami, anche dimostrare come il Governo del Re abbia tutto interesse a combinare le cose in modo che il potere temporale possa sostenersi, anche dopo il ritiro delle truppe francesi da Roma, poichè, se Roma fu dal Parlamento dichiarata capitale d'Italia, lo fu in seguito alle dichiarazioni che questo fatto non si compierebbe che col consenso del Papa, ed il Santo Padre non potrà mai riconciliarsi con l'Italia, finchè non si troverà solo di fronte ad essa; e vedrà che nulla da questa deve temere per la sua indipendenza all'esercizio del potere spirituale, il quale non può che avvantaggiare coll'attuazione del grande principio di libera ,chiesa in libero stato.

Appoggiato alle dichiarazioni del Conte di Cavour ed al tuo stesso discorso, tu puoi, senza nulla accennare di positivo e di preciso scrivere in maniera da lasciar penetrare nell'animo del Ministro di Stato la convinzione che un accomodamento è possibile.

Lo scopo della lettera, come capirai, non è di fissare nè il programma delle trattative, nè il limite delle concessioni, è solo di far conoscere la necessità per l'Italia e per la Francia stessa di mettersi d'accordo onde studiare assieme i mezzi per una soluzione possibile. Sarei l'ultimo a proporti cosa che potesse compromettere menomamente, ma dal canto mio vedo troppo la utilità di questo passo confidenziale, per non pregarti ancora e per l'ultima volta a volerlo fare nell'interesse generale.

Ieri sera Rouher mi parlò ancora lungamente in proposito, mi disse che di nuovo aveva raccomandato a lVI. Rouland perchè ponesse ogni studio ad evitare ogni discussione su Roma, poichè egli spera, dopo la discussione del

l'Adresse, di poter scandagliare l'animo dell'Imperatore, circa alla sola questione, che nei momenti attuali sia, a suo avviso, possibile di avanzare, cioè quella di Roma.

La Valette è partito per Londra ove rimarrà alcuni giorni, è stato segretamente da Rouher incaricato di parlare con quegli uomini di stato della questione romana, tentando anche dì far cessare l'acerbo che sussiste fra due Gabinetti.

Perdonami, caro amico, se la divergenza che sussiste fra la tua lettera e la mia maniera di vedere fa sì che io insista con tenacia onde tu fornisca mezzi a seguire un progetto, al quale ti saresti esclusivamente attenuto se non fosse sopraggiunta la proposizione del Congresso. Ora questo non potendo aver luogo, e non conducendo, secondo me, immediatamente alla guerra, la situazione rimane per il fatto la stessa, tanto più che il trattare per Roma, nulla impedisce allo sviluppo degli eventi.

Ti prego mettermi ai piedi del Re, al quale non ho scritto da un secolo, presentagli ti prego i miei augurii, facendogli anche sentire che io qui non dimentico le cose sue.

(1) Cfr. n. 355.

361

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 521. Berlino 25 dicembre 1863 (per. il 29).

M. de Thiele a bien voulu me donner hier quelques détails confidentìels sur la mìssìon du Général Fleury.

A Copenhague, il a donné au Roi Chrétìen IX le conseil de céder dans la mesure des obligations contractées par son prédécesseur envers les Puissances Allemandes; mais sans se piacer sur la meme ligne que ses co1lègues de Russie et d'Angleterre, dont le langage aurait été bien plus accentué.

A Berlin, où il a séjourné trois jours à son retour du Danemarck, il n'a pas pu voir le Roi alors atteint d'une indisposition; mai il a eu deux entretiens avec le Ministre des Affaires Etrangères. Il lui a expliqué quel avait été l'objet de sa mission à Copenhague, et là comme ici il a preché dans le sens de la modération en rappelant les engagemens écrits dans le Traité de Londres du 8 Mai 1852. Il a parlé, mais plut6t par incident et sans y mettre de l'insistance, des avantages d'un Congrès comme moyen de solution des difficultés survenues au Nord de I'Allemagne.

II ne rapporte à Paris aucune indication précise, sauf peut-·etre que le Cabinet de Berlin serait assez disposé à se rallier à une proposition émanée, je crois de l'Angleterre, à savoir celle de déférer à une conférence ad hoc des Puissances signataires du Traité de Londres précité, le réglement du différend avec le Danemarck.

D'·après d'autres renseignemens dignes de foi, le Gouvernement Français se serait réservé une entière liberté d'action dans le cas où la Confédération Germanìque prendrait l'offensive et ferait entrer ses troupes sur le territoire non Allemand du pays Danois.

M. de Thiele m'a interpeHé sur nos armemens qui se faisaient, disait-il, sur une très large échelle. J'ai répondu que depuis la constitution du Royaume d'Italie nous n'avions pas cessé de fortifier nos armées de terre et de mer; car nous devions rester sur nos gardes tant que notre programme ne serait pas réalisé dan un sens national et unitaire. Quel que soit notre desir de travailler à ce résultat par les voies pacifiques ainsi que l'avions clairement démontré par notre adhésion pleine et entière au Congrès, le Cabinet de Berlin devait comprendre qu'en présence des armemens dans chaque pays de l'Europe, y compris 'la Prusse, nous ne pouvions rester les bras ·croisés, en donnant ainsi en quelque sorte un vote de confiance à l'Autriche. Ce serait au moins nai:f de notre part, surtout quand le Gouvernement Autrichien, si j'étais bien informé, faisait de son ·còté des préparatifs militaires à nos portes.

M. de Thiele a prétendu ne rien savoir des préparatifs de l'Autriche.

362

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 523. Berlino, 25 dicembre 1863 (per. il 29).

A partir du l er Janvier prochain, j'aurai l'honneur de me conformer aux instructions contenues dans la circulaire (Cabinet) du 16 courant (1) relativement à la classification et à la numération de ma correspondance avec le Ministère.

Quant à l'intention du Gouvernement de présenter au Parlement les documens et les correspondances diplomatiques qui pourraient ·etre publiés sans nuir au service public (circulaire réservée portant la mème date) (2), qu'il me soit permis de soumettre à V. E. quelques considérations générales, et d'autres observations qui touchent de plus près encore le poste de Berlin.

Le seui Gouvernement, à rnon avis, qui publie dans une assez large mesure des rapports de ses agents diplomatiques, c'est l'Angleterre. Mais il y met beaucoup de circonspection, et souvent dans son blue book il se borne à des extraits revus et corrigés ad usum pubLicum. Par sa position tout exceptionnelle il peut, jusques à un certain point, braver le mécontentement qu'il provoque parfois chez les Gouvernemens étrangers.

Le livre jaune en France renferme aussi, avec quelque parcimonie toutefois, des dépeches sur des questions à l'ordre du jour; mais dans ces questions d'un ordre européen, le Cabinet Français joue le nole d'acteur, et non de simple observateur; et quand les documens sont livrés à l'impression, l'effet qu' ils pourraient produire de prime abord, a déjà été là, comme en Angleterre, amorti ensuite des explications données à l'avance par la presse officieuse. Il dépose à ·la chambre ses propres dépeches bien plus que celles de ses agents.

Nous avons lu, il est vrai, plusieurs rapports, entr'autres de M. de la Valette à Rome; mais il ne faut pas oublier que peu après cet Ambassadeur a été rappelé, parce que dès lors il se trouvai,t personnellement trop engagé dans la .question, pour continuer à représenter utilement les intéréts alors en jeu.

Je ne parle pas de la correspondance du Prince de La Tour d'Auvergne, trop favorable au St. Siège pour qu'elle put nuire à la position de cet Ambassadeur auprès du Gouvernement pontificai.

Je ne mentionne pas la Belgique et la Suisse, pays neutres et dont par conséquent la correspondance diplomatique de nature à ètre ébruitée, est très restreinte. Je ne parlerai pas non plus de l'Espagne où je sais par expérience que le Gouvernement est d'une discrétion exagérée. La Suède, le Danemarck et les Pays Bas, n'entrent également pas en ligne de compte camme modèles ,à suivre.

Les Cabinets de Russie, d'Autriche et de Prusse, ne prenant conseil que de leurs propres convenances, livrent de tems à autres leurs propres dépéches à la publicité; mais jamais celles de leurs représentans diplomatiques. Les différ,ens Etats de la Confédération Germanique, se conforment à la manière

,d'agir des deux grandes Puissances Allemandes.

Il n'y a donc que l'Angleterre sur le premier plan, et la France sur l'arrière plan que nous devrions nous proposer camme modèles; mais sommesnous dans les mémes conditions? Nous aussi nous figurons parmi les grandes Puissances, mais sur le terrain pratique nous n'avons pas encore pris piace à >Còté de la pentarchie dans les questions, sauf les affaires orientales, qui ne concernent pas directement l'Italie. Pour le moment, entre autres nous demande-t-on notre avis sur les démélés de la Confédération Germanique avec le Danemarck? En voulant donner entièrement suite au projet du Gouvernement, ne serait-ce pas nous exposer à paraitre au dessous du niveau que nous nous efforçons d'atteindre, et auquel nous ne parviendrons qu'après l'accomplissement de notre programme national? Nous convient-il jusqu'à cette époque, que la correspondance de notre diplomatie à l'étranger soit réduite en apparence à la limite d'une simple narration des événemens qui se passent ,sous nos yeux? Narration dans laquelle il faudrait méme omettre, si c'était possible, des critiques qui pourraient offenser les Gouvernemens auprès desquels nous sommes accrédités. Je dis si possible, parce que dans une narration les faits parlent d'eux mémes. Ainsi je défie la plume la mieux exercée, de présenter, selon le desir de V. E., un résumé de la situation générale en Prusse, sans que chacun lise entre les lignes, quelle que soit d'ailleurs l'impartialité du rédacteur, une critique des misères de sa politique. Quel intévét pourraient offrir au Parlement des résumés que chacun aurait pu faire pour peu ,qu'H 'lut avec queLque sui,te un journa'l sérieux? Aujourd'hui le diplomate n'a plus guères le loisir de faire des travaux de longue haleine; ce n'est souvent que peu d'heures avant ~le départ du courrier qu'il doit rendre compte des événemens, des impressions, des entretiens de la veille, quelque fois du jour méme. Exiger dans ces conditions de lui des rapports calculés pour la publicité, desquels il éliminerait toute appréciation personnelle, tout ce qui pourrait indisposer un Gouvernement étranger etc., ce serait faire un double

emploi de la correspondance, perdre un tems souvent précieux, et cela sans aucune nécessité; car ce travail pourrait ètre confié à un Employé des affaires Etrangères, dont le tems serait et moins limité et moins occupé, en admettant bien entendu, ce qui n'est nullement prouvé, qu'une compilation semblable eut ses avantages.

Quelques mots maintenant sur la Prusse.

Ici j'ai traité successivement avec quatre Ministres des affaires Etrangères. Chacun d'eux m'a répété que le système de publicité adopté en Angleterre, rendait les rapports avec ·les agents Britanniques de plus en plus difficiles;

qu'heureusement ce mode n'avait pas prévalu dans la meme extension chez les autres Puissances; car autrement il serait impossible d'accorder aux membres du corps diplomatique une confiance indispensable pour le maniement des affaires. L'Angleterre avec .sa position privilégiée à la Cour de Prusse, peut avoir moins de scrupules. On reviendra toujours à elle. La France elle-meme comprend que sa situation est toute autre. Ainsi elle a jusqu'ici soigneusement évité de publier ·les dépeches soit du Marquis de Moustier, soit du Prince de La Tour d'Auvergne, soit enfin celles de son Ambassadeur actuel le Baron de Talleyrand. Les seuls diplomates accrédités ici dont on connaisse la correspondance par parties, ce sont les Anglais. Je ne crois pas qu'il serait de bonne politique, dans les circonstances présentes, de nous mettre sur la mème ligne. Si je suis parvenu, pendant mes dix années et plus de séjour à Berlin, à traverser bien des écueils à gagner la confiance des hommes d'Etat de ce pays, ·c'est surtout parce qu'ils étaient surs de ma discrétion et de celle de mon Gouvernement. Du jour où ils seraient sous le coup d'une publication, leur attitude à mon égard changerait. Nous convient-il de nous fermer la voie de la spontanéité des confidences, de couper court à ces entretiens où la parole échappe sans contrainte, et permet de lire au fond de la pensée de l'interlocuteur?

Il me semble plutòt que jusqu'à ce que nous ayons combattu notre dernière guerre contre l'Autriche, nous ne devrions pas nous écarter d'un système de réserve qui ne peut, provisoirement, que profiter à nos relations politiques.

Donc, pour ce qui ·concerne au ·moins la Prusse, si j'avais un désir à émettre, je voudrais que V. E. se bornat à publier, quand Elle le jugera à propos, ses propres dépeches sur des questions où nous jouerions un ròle actif, sans les accompagner des documens émanés de cette Légation. La règle pourrait cependant subir quelques exceptions, quand il serait de toute évidence que la teneur de ces documens n'offrirait aucun inconvénient à sortir des cartons ministériels.

Il y aurait encore un moyen terme celui de ne communiquer cette correspondance qu'aux membres de la commission chargés par exemple du rapport sur le budget. D'ailleurs V. E. est parfaitement à meme de fournir Elle meme et de vive voix aux Chambres, les explications qu'Elle ·croirait convenable de leur donner sur telle ou telle autre question, en se prévalant, au besoin, des renseignemens contenus dans la correspondance.

V. E. voudra bien m'excuser, je l'espère, de lui avoir soumis ces observations dictées par le seul intéret du service. Si je n'avais voulu me piacer qu'à un point de vue personnel ou d'esprit de corps, j'aurais applaudi sans réserve à une publicité qui deviendrait le meilleur démenti à opposer à ceux qui voudraient passer condamnation sur notre diplomatie à l'étranger, sous le prétexte· mensonger qu'elle n'est ni assez libérale ni assez dévouée à la cause de l'Italie.

(1) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 333.
363

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Bologna, 26 dicembre 1863.

Sono a casa per due giorni: lunedì mattina sarò di nuovo al mio posto. Ebbi la tua del 17 (1). Giammai avrò a dolermi della tua franchezza anzi io la desidero, e perciò riguardo la tua lettera come segno di amicizia. Ma con pari franchezza ti rispondo, credere io che tu costà nè sia bene informato, nè riceva notizie da uomini imparziali, meno poi come tu dici da miei amici ed ammiratori. Certo la discussione di Sicilia fu deplorabile; aggiungerò che prese subito cattiva piega, e che Della Rovere non ebbe sempre i pregi di forma e di contegno parlamentare che gli son proprii. Ma guardando ai fatti e alla sostanza stessa della discussione, io credo che i risultati non siano stati punto dannosi non solo pel Ministero, ma nè tampoco pel paese che è poi la sola cosa importante.

La Sicilia da tre anni si trovava in un triste stato per mancanza di sicurezza pubblica. Ai malfattori liberati dal Borbone e dalla rivoluzione che erravano per l'isola, si era aggiunta la piaga dei renitenti. Se vuoi avere un'idea dello stato dell'isola, ricordati quel ch'era lo spirito pubblico a Bologna sul finire del 1860. Quindi non solo s'invocavano misure eccezionali, ma lo stato d'assedio era predicato come il solo rimedio.

I provvedimenti presi se in qualche parte possono dirsi eccezionali, però non dissentono dalle facoltà date dalla legge sulla Leva. Tieni poi per fermo che nella loro applicazione la truppa ha mostrato una virtù e una moderazione piuttosto unica che rara. I pochi fatti di arbitrio e di violenza furono deferiti ai Tribunali. Ma chi può evitare che anche in piena legalità non si commetta un delitto? Infine i risultati furono grandissimi come avrai veduto dalle relazioni ufficiali.

Gli stessi nostri avversari (Cordova p. e.) dovettero convenire che gli atti governativi erano stati popolari, e lo erano tuttavia. E diffatti sparsa la voce che dopo la discussione, non si sarebbe proceduto oltre, e sarebbero rimessi in libertà gli arrestati, da tutte parti dell'isola ne vennero reclami, e insistenza vivissima perchè le operazioni si compiessero.

Del resto nessun movimento ebbe luogo nell'isola, neppure tentativi, benchè i partiti soffiassero nel fuoco; e la violenza dell'attacco alla Camera fosse architettata con speranze che avrebbe colà il suo contracolpo. Ma quando si

tratta di reati e di rei che non hanno che fare colla politica, quando il paese tocca con mano che la sicurezza pubblica è migliorata, anche le istigazioni dei partiti tornano a vuoto.

C'è da temere, come tu accenni, l'arbitrio e l'insolenza militare. Una delle grandi fortune d'Italia è appunto questa che nell'esercito vi è lo spirito liberale. Ed io non credo che vi sia per questo capo alcun pericolo; salvo un caso che l'Italia fosse in preda al disordine e il Parlamento impotente a vincerlo. Allora ma allora solo la dittatura soldatesca sarebbe da temere. Se non che la iniziativa non verrebbe dai soldati, verrebbe dall'opinione pubblica medesima che sopra tutto anela quiete, e che all'ordine è inclinata a sacrificare anche la libertà. Ma fuor di quel caso, non c'è, credi pure, pericolo di tal genere.

Intanto l'opinione in Italia non fu punto commossa delle discussioni in Parlamento; ne fu dolente ma non commossa. Io posso assicurarti che per esempio la Lombardia -che è la più viva e la più democratica delle Provincie fè plauso ai provvedimenti governativi. E quanto all'opinione di fuori: il giorno stesso in cui io riceveva la tua lettera, riceveva parimenti una lettera da Parigi da uno dei nostri amici dove non facevasi una parola delle cose di Sicilia e invece si diceva così: "L'Italia ha guadagnato molto in quest'anno. La vostra condotta ferma e prudente, senza grandi promesse, il buon procedere dell'amministrazione, e il credito personale dei membri del Gabinetto, vi acquistano favore. La rivista delle forze di terra e di mare, l'accoglienza del Re a Napoli, l'amnistia, il modo infine con cui vi siete tratti d'impaccio nella questione Polacca, tutto dò, crediate a me, vi ha rilevati nella sttma del mondo". Ottimismo! diranno i tuoi corrispondenti. No, perchè io non nego che la discussione di Sicilia non abbia avuto un lato doloroso sopratutto per la violenza, e che non vi sia nella Sicilia e nella sua completa morale pacificazione una grande difficoltà, difficoltà che non mi sono mai dissimulato sin da quando era Ministro dell'Interno. Ma sin d'allora io diceva che nonostante il brigantaggio, la Sicilia era più difficile a fondersi di quello che le Provincie Napoletane.

Resta un altro ammaestramento grave, ed è che i partiti son là fieri e di.sposti a gittar tutto sottosopra: e che Borbonici, e clericali, mazziniani, e repubblicani fanno causa comune quando si tratta di rovesciare il Governo.

Ma a scongiurare questo pericolo, nel quale bisogna tener gli occhi bene aperti, non basta la polizia nè tampoco gli altri atti di buona amministrazione governativa. La questione risale più alto, e diventa politica. Bisogna mantenere nel paese la fede che il Governo saprà condurlo al compimento de' suoi destini; che la bandiera della unità e della indipendenza sta meglio nelle sue mani scevre d'improntitudine, che in quelle dei suoi avversarii.

Tale è il problema, ma prima di parlar un poco lungamente di ciò, ti risponderò due parole anche del credito fondiario. Per me tutta la questione stava in ciò; se la discussione di questo istituto poteva spezzare la maggioranza. Non parlo di distaccarne alcuni individui che sarebbe poco male, ma dico proprio rompere la maggioranza in due parti quasi uguali. Questo pericolo c'era, e perdò sono andato sempre molto cauto. Reputando utile la istituzione non la credo però indispensabile; credo che vi si possa supplire in altro modo. Certo qualunque fosse la sua utilità, non meritava che vi si giocasse una posta così decisiva. Ho fatto quesUone di Gabinetto delle leggi d'imposte, ho difeso ungue et rostro le leggi di Tasse, e specialmente al Senato la tassa sulla ricchezza mobile, che pure non era mia figlia, e che non pareva certo ottima. Andar più oltre sarebbe stato imprudenza e vero ottimismo. Il Credito fondiario, ·come tu sai e meco medesimo lo hai deplorato fu guasto dai mestatori; e una parte dei deputati nella repugnanza che aveva per quell'istituto era mossa da un sentimento di moralità. Se le azioni non si fossero vendute a ... [par. in.] dagli speculatori innanzi tempo, Fremy avrebbe trionfato. Se non si fosse fatto troppo per sostenerlo, fors'anche si sarebbe salvato. Vedi qui come sempre; la gran foga dei giornali non copre e non difende nulla, spesso fa precipitare a ruina.

Ora vengo al più importante punto, a quello che si lega con ciò che si diceva sopra.

Il Congresso generale è ito a vuoto. Purtroppo l'Inghilterra su questo capo ha dato il tracollo, e l'ultima Circolare di Drouyn de Lhuys parla di un Congresso ristretto non avente però carattere arbitrale, e preceduto da discussioni scritte fra i Ministri degli Affari Esteri. E nè anche questo riuscirà: .è un espediente per tirare in lungo, ma è impossibile che s'intendano sul programma. Vedrai la risposta che facciamo a codesta Nota (1). Tu sai in generale con che riserva abbiamo fatto le nostre note, ma era l'occasione e troppo bella per non afferrarla, e esporre nettamente la nostra questione. Abbiamo anche

toccato delle altre al punto di vista del principio di nazionalità, e quindi siamo entrati nel tuo concetto sulla questione Danese senza però insistervi troppo. (Fare di ciò una nota a parte, e levar la voce avrebbe avuto l'apparenza di cercar col lumicino quelle opportunità ·che ci vengono naturalmente offerte). Ghecchè sia di ciò, io dubito molto che il Congresso ristretto avrà ·la stessa sorte del suo primogenito.

E la combinazione russa? Ben veggo dai tuoi dispacci che è molto ma molto difficile. L'Imperatore Napoleone non può dar la mano all'Imperatore Alessandro sul cadavere della Polonia. E costì la vittoria inebria e fa scordare le buone disposizioni antecedenti. Oh quale e quanto bene avrebbe fatto la ricostituzione del Granducato di Varsavia, separato e con solo un vincolo personale come del resto abbiamo tanti esempi in altri Stati d'Europa, ma senza di ciò non è probabilità alcuna che i suoi disegni abbiano effetto. Una combinazione anglo-francese avrà sempre due difficoltà capitali: la diffidenza dell'Inghilterra verso l'Imperatore, e la risoluta volontà della Francia di non mettersi in guerra.

In tale stato di cose, l'Imperatore trovandosi isolato, con pericoli anche .all'interno, sembra che dovesse uscire dalla cerchia che gli si stringe intorno con uno di quegli atti di sapiente audacia dei quali egli ha il segreto. Ma se nol facesse, ·Se le cose dovessero trascinarsi così anche per anni, l'Italia si troverebbe in difficile posizione, cioè tra una provocazione avventata il cui mal esito ci rovinerebbe, e una aspettativa piena di gravità anche rispetto ai partiti interni. Qui sta proprio il pericolo, e siccome una provocazione dissennata non si può ammettere, così quando propriamente l'Imperatore sia deciso a non far

nulla delle grandi combinazioni, io non vedrei per ora che un partito a prendere -ripigliare arditamente colla Francia la questione Romana -. Una soluzione di questa sarebbe un gran passo, e un grande acchetamento degli spiriti.

Ma non siamo ancora a questo punto, e giova vedere che attitudine prenderà l'Imperatore... La parte di tua famiglia che è qui sta bene, solo la Signora Carolina ha un ginocchio dolente. Mia Madre è guarita bene da una febbre catarrale che la tenne in letto tre settimane. I tuoi amici ti salutano. Io ti prego a riverire tua moglie e a ricordarmi alle tue figlie.

(1) Non pubblicatfl, in cui Pepoli esprime la sua disapprovazione per l'atteggiamento tenuto dal Governo nella discussione parlamentare sulla Sicilia « ... duolmi dirvelo, voi avete perduto la battaglia presso la pubblica opinione in Europa... • (AP).

(1) Cfr. n. 356.

364

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 411-413)

L. P. RISERVATA. Londra, 26 dicembre 1863.

Ti accludo copia della lettera che scrivo a Nigra (1). Da quella vedrai la ragione che mi ha deciso a restare a Londra, sebbene avessi fatti tutti i preparativi di partenza per questa mattina. Che vuoi che dica? Mi pare di sentire· che con molta attività e sagacia noi potremmo venir fuori utilmente in questo momento. Ma bisognerebbe agire presso l'Imperatore e forse anche presso qualcuna delle altre Potenze. Tutte sono isolate; nessuna ha in questo momento una alleanza. Inghilterra si è timta dietrQ. Austria, Russda e Prussia nel rifiuto del Congresso; ma già è disgustata di Austria e Prussia per l'affare Danese. Io qui non conosco questi Ministri; credendo dovermi fermare pochissimo, volli piuttosto nascondermi per dar luogo a ciarle il meno possibile; ad ogni modo sarei troppo nuovo per influire. Io avrei desiderato che Nigra esponesse all'Imperatore il risultato delle mie impressioni prima del mio ritorno a Parigi, perchè se qualche altra cosa quegli avesse voluto che io facessi, la potessi fare. Ritornare qui da Parigi non posso senza destare un nuvolo di ciarle che pure sono sempre pericolose e dannose. Il Ministro di Francia mi diceva ieri di avere scritto a Parigi disapprovando il Congresso ristretto, che già crede impossibile; non sa per bene che cosa pensino a Parigi sulla quistione Danese; parergli che si dovesse fare una Conferenza, cui si ammettesse qualche Potenza disinteressata, come Italia e Spagna; e così farsi luogo a trattare ancora altre quistioni. Ma questo è impossibile. Mi è sovvenuto il consiglio di Palmerston -séparez les questions. Io vorrei che noi potessimo tirar fuori la nostra: se si complica colla quistione Ungherese e altre, non è più possibile. Zanolini vostro mi dice impossibile la rivoluzione in Ungheria. Mi è parso dunque mio dovere il vincere il mio desiderio di andarmene e sono rimasto. Mi duole anche che io spendo assai: sono in albergo assai caro, e tre persone: ma tutto era fatto per la dimora

di pochi giorni; volevo cambiare locanda, e per pochi giorni non potevo andare in casa particolare, avendo trovata occupata quella dove fui l'ultima volta. Poi assolutamente ho bisogno di qualche riguardo. La copia dell'acclusa è fatta dal Bianchi, perchè mi era impossibile il fare da me; le altre volte ho sempre dettato cifrato.

Voglio dirti ancora che ieri Russell mi disse di aver saputo che la Prussia aveva detto che in caso di una nostra guerra coll'Austria essa non si unirebbe a quella.

Ricevo in questo momento il tuo telegrafo d'oggi (1). Non capisco come tu mi dica: -ImpossibLe éviter exposition résultat mission à l'Empereur, qui en a demandé plusieurs fois à Nigra. -Non veggo come nella mia lettera del 22 (2) ci fosse qualche cosa che adducesse questo. Io anzi credevo che Nigra avesse riferito le cose all'Imperatore e gli telegrafai l'altro dì per sapere se alcun'altra cosa dovessi io chiedere qui.

(1) Cfr. n. 366.

365

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 417-418)

L. P. Parigi, 26 dicembre 1863.

Ebbi per la via di Torino le vostre notizie e comunicai all'Imperatore quella parte di esse che mi pareva comunicabile senza inconvenienti. Non dissi nulla della proposta fattavi da Russell di conferire in Consiglio intorno allo scambio della Venezia coi Principati dietro una domanda ufficiale da inoltrarsi dal Governo del Re presso il Gabinetto di Londra. Bensì accennai all'Imperatore come a Londra non si fosse ben sicuri che questa idea dello scambio sorridesse a lui, e che questa era una delle ragioni per cui il Gabinetto inglese esitava a pigliar l'iniziativa d'una apertura da farsi in proposito a Vienna. L'Imperatore mi disse 'che certamente avrebbe preferito H primo progetto, siccome quello che avrebbe risolto ad un tempo la questione polacca e la veneta, ma che approvava ciò non di meno l'idea dello scambio. L'Imperatore non si cela la difficoltà della cosa. Questa difficoltà consiste anzitutto nel vincere la ripugnanza di Vienna, e poi nel superare quella delle popolazioni rumene, le quali non amano la dominazione austriaca. L'Imperatore desidera conferirne al vostro ritorno qui. Parmi adunque che a Parigi e a Londra si è d'accordo sulla sostanza. La questione di forma è secondaria, e vi scongiuro di fare il possibile perchè il Gabinetto inglese non si arresti a questa difficoltà. Io proporrei che l'iniziativa ufficiale fosse presa da noi con una nota confidenziale che sarebbe diretta ad un tempo a Parigi ed a Londra. Ma evidentemente questo passo deve essere preceduto da una apertura fatta al Gabinetto di Vienna. L'Imperatore non è ora in tali termini con l'Austria da poterla fare convenientemente. Una proposta per parte sua desterebbe la diffidenza a Vienna. L'Inghil

terra invece può farlo senza inconveniente. L'Austria può ascoltare quel che viene da Londra più volentieri che quel che viene da Parigi. Questa questione può riavvicinare la Francia e l'Inghilterra, risultato immenso per la pace del mondo e per la civiltà. Del resto gli uomini di Stato inglesi sono troppo sagaci e previdenti per non capire l'enorme vantaggio che ridonderebbe all'Inghilterra dalla presa di possesso per parte dell'Austria delle booche del Danubio. Insistete adunque perchè il Gabinetto di Londra faccia a Vienna una apertura d'indole, se volete, puramente privata e confidenziale. Sarebbe veramente una sventura se per una questione di forma si lasciasse sfuggire un'occasione così propizia di risolvere una delle più grosse questioni che turbano l'Europa e di riavvicinare sopra un punto su cui si è d'accordo in sostanza i Grtbinetti di Londra e Parigi.

Vi mando col corriere la lettera di Torino...

(1) Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 411.

(2) Cfr. n. 351.

366

IL SENATORE PASOLINI AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 413-414)

L. P. RISERVATA. Londra, 26 dicembre 1863.

Mi sono trattenuto a Londra oltre le mie previsioni perchè Minghetti mi prescrisse d'aspettare qui l'annunzio dell'ingresso delle truppe federali nell'Holstein. Ieri aveva fatto tutti i miei preparativi per la partenza; andai poscia a Richmond a prendere congedo da Lord Russell; ma tornatone, mi decisi a differire la mia partenza.

Io suppongo che da Minghetti vi sia stato comunicato quanto io gli ho scritto di qui delle idee che mi sono venute facendo dello stato delle cose. Le riassumerei così: l 0 Grande risentimento verso la Francia; alle passate cose ha dato nuovo peso e direi il tracollo, la proposta del Congresso non preceduta da alcun avviso. Forse quel risentimento viene diminuendosi ed ho sentito parlare di possibilità di nuova riunione alla Francia, e aggiungo come dopo l'affare Danese si sono destati risentimenti verso Austria e Prussia. 2° Non guerra per la Polonia. Ad ogni modo, si dice, la rivoluzione è quasi finita; vediamo se quell'Imperatore tiene parola. E direi di più: se è possibile nissuna guerra. Mi pare che non vogliano credere che la Francia possa farne una grossa, e se questa pur si facesse tarderebbero quanto fosse possibile a pronunziarsi. go Non solamente credo che approvino ma che aiuterebbero con buoni uffizi lo scambio della Venezia coi Principati all'Austria, credendo possibile il consenso del Sultano, dubbio quello delle popolazioni Moldo-Valacche, difficilissimo e quasi impossibile per ora quello dell'Austria. E così dicono a noi di tenerci tranquilli, aspettando di fare da soli l'impresa della Venezia.

Nel discorso che ebbi ieri con Lord Russell mi parve intendere chiaramente ch'essi pensino poter assestare l'affare Danese con una conferenza dei segnatari di quel trattato, cui forse dovrebbe ammettersi qualche altra Potenza. Nella assenza quasi generale dei Ministri e dello stesso Azeglio, non ho potuto verificare se alcun passo siasi fatto per questa conferenza; ma da un di:scorso

del Ministro di Francia ho indotto che almeno alla Francia nissuna proposi

zione di questo genere è stata fatta. Di qui mi è venuto il pensiero che il mo

mento potesse essere favorevole pel nostro intervento.

L'Imperatore ha designate le questioni urgenti, ed ha proposto il Congresso per iscioglierle. Il fatto ha dimostrato come egli avesse ben inteso il tempo. La questione Danese precipita; quella dei Principati è già sul tappeto; noi sappiamo quanto è urgente la nostra e non dipende che da noi il darne le prove di fatto. D'altra parte, Russell nel suo dispaccio 12 novembre dice essere disposto a trattative diplomatiche per toute question spécifiée e in quello del 25 novembre dice che l'Austria non accetterebbe discussione sulla cessione della Venezia, sans condition préaLable. Vi sarebbe egli modo di avviare trattative separate per le diverse questioni che poi verrebbero a Conferenze, e forse al Congresso medesimo? Ci veggo due difficoltà: la prima, che non vi è modo di trattare la questione Polacca, almeno per ora: la seconda, come trarre l'Austria allo scambio dal quale forse la questione d'onore la rispinge? Ad ogni modo ho pensato che se qualche cosa di utile a tentarsi qui potesse presentarsi alla vostra sagacia, e venirvi suggerito, meglio era ch'io mi fossi trattenuto.

Azeglio è in campagna non lontano da BroadLands dove è Palmerston; io posso vedere Lord Russell a Richmond.

Voi vf'dete in quanti pericoli versi l'Europa e l'Italia in partictolare; ogni dì mi sembrano più gravi. I dissensi d'Inghilterra e di Francia sono più di sentimento che di giudizi; nella questione dello scambio della Venezia ho adesso la perfetta convinzione (escludo dichiarazioni diplomatiche a cui non potevasi far luogo) che Inghilterra sarebbe favorevole. Nissun frutto si ha da trarre da questo consentimento delle due Potenze che hanno in mano la sorte del mondo?

Aspetto vostra risposta prima di partire.

367

IL SENATORE PASOLINI AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 415-416)

L. P. Londra, 26 dicembre 1863.

Se io ·credessi che il venire a Parigi e tornare-qui non desse luogo a ciarle dannose, sarei già venuto. Come vi scrissi io aveva già disposto tutto per partire ieri, e avendo preso congedo sono censé partito; ma il discorso delle possibili conferenze sulla questione danese mi trattenne. Ora, .dopo la vostra lettera giuntami col corriere, faccio un passo indietro e torno alla quistione veneta-rumena che io non credevo si accettasse dall'Imperatore. Voi mi scrivete che egli la accetterebbe. Quando io discorreva con Palmerston delle quattro questioni, mostrando come Inghilterra e Francia in sostanza fossero d'adcordo, egli mi rispondeva: Séparez les questions. E mi diceva di prendere quella dello scambio veneto-rumeno; senonchè aggiungeva: voi non potete proporlo perchè sarebbe causa che l'Austria lo rifiutasse; noi, no, perchè dopo il rifiuto del congresso non possiamo essere accetti alla Francia. Ora io potrei

dire: il Governo italiano muova la proposta a Londra e Parigi; a Padgi sarà

accolta; come l'accoglierete Voi? Perchè è chiaro che non basta la accolga, biso

gnerebbe che il Gabinetto inglese facesse egli i buoni uffici a Vienna. Lord

Russell crede che a Vienna la proposta non sarebbe accettata e non vorranno

esporsi ad un fiasco. E non so bene quale sia oggi lo stato della questione danese

(Azeglio è in campagna) e se questa sia piuttosto utile a ravvicinare o ad allon

tanare Austria e Inghilterra, Inghilterra e Francia. Disperando di poter oggi

hic et nunc prendere per base di trattative lo scambio veneto-rumeno, io vi

scriveva ieri (1) se prima che io partissi non credevate che potessi mettere in

nanzi qualche cosa per la conferenza danese. Ma dopo la vostra lettera in cui

mi dite che l'Imperatore è favorevole alla proposta dello scambio, io ritornerei

su quello che anche è più naturale per noi; e per la proposta di ·Conferenza

sulla questione danese mi terrei indietro; la serberei in seconda linea le cas

échéant. Nella questione dello scambio due sono le grosse difficoltà: Austria

e popoli rumeni. Per questi io dissi sempre che tornerebbe all'Austria provve

derei: le Potenze le danno il diritto di fare le annessioni se sa trarre a sè quei

popoli: quanto poi al persuadere l'Austria stessa non so che dirmi; bisogne

rebbe che la Francia e l'Inghilterra fossero strette e cementate come purtroppo

ora non sono. Ad ogni modo, il richiamare l'azione comune della Francia ed In

ghilterra sulla questione nostra, ha due vantaggi: il primo, di porre in mano

all'Imperatore il filo che riunisca l'Inghilterra e Francia; poi di cosa nasce cosa,

e incamminati insieme possono trovare la via per le altre questioni e forse

per la stessa questione polacca, potendosi trovare la opposizione russa nello

scambio dei Principati; il secondo, se riesce il progetto, è chiaro per sè; e se

anche non riesce, tiene in evidenza la nostra questione e ci lega alle grandi

Potenze. Io dunque vorrei dire qui a Russell o Palmerston direttamente o per

mezzo di Azeglio, come meglio mi parrà, che ho fondamento per credere che

Francia accetti la proposta del nostro scambio; ma come potrebbe il Governo

italiano farne soggetto di una nota confidenziale a Londra e Parigi se il ter

reno in Austria non fosse tentato? Qui sarà il nodo della questione: Russell

direbbe che l'Austria disse tempo fa che non ne voleva sapere, e di più io temo,

come dissi sopra, che, richiesta semplicemente, anche adesso rifiuterebbe; biso

gnerebbe trovare convenevole modo di presentare la questione e fare pres

sione. E questo non so se vorrebbe e potrebbe fare l'Inghilterra da sola. Altro

modo sarebbe che il Governo italiano officiosamente sicuro che il progetto

piace all'Inghilterra ed alla Francia, facesse loro una nota che invitasse questi

suoi due alleati a prenderlo in considerazione ecc. Sul più o meno da dirsi

nella nota si deciderebbe in seguito. Io vi prego di riflettere bene su queste

cose e rispondermi: forse la mia lettera è un poco scomposta e disordinata, ma

non ho tempo di riordinarla e rifarla. Voglio sperare però che il concetto vi

apparisca chiaro. Sono d'accordo con voi della importanza somma della cosa.

Purtroppo la diffidenza qui rinasce ad ogni passo, e se si riesce a vincerla, si

è vinto assai. Quanto bramerei di avere una cifra diretta con voi! Io penso

di dire che mi fermo qui una settimana: se mi volete prima, verrò.

_394

(1) Cfr. n. 366, che però reca la data dello stesso giorno 26.

368

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

T. 902. Torino, 27 dicembre 1863, ore 17,40.

Turquie demande convocation immédiate conférences puissances garantes pour décider définitivement question des biens des couvents dans les Principautés. Tachez de savoir quelles instructions sont données à ce sujet aux représentants de (France-Angleterre) à Constantinople.

369

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1475. Parigi, 27 dicembre 1863, ore 18,45 (per. ore 20,10).

J'ai expédié courrier à Londres mais sans la copie de la dépeche (1). J'enverrai celle-ci demain par la poste à D'Azeglio en meme temps que je la communiquerai à Drouyn de Lhuys. Si vous ne tenez pas absolument à la mention de Campoformio je crois utile de retrancher la phrase depuis les mots c Empereur a déclaré • jusqu'à mot • survivre •. Elle me parait un reproche inutile car ce n'est pas de la France que viennent les difficultés pour Venise. Je compte de communiquer demain la dépeche. Veuillez me télégraphier un mot sur la modification que je vous propose (2).

370

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Londra, 27 dicembre 1863.

Mi trovo pel Natale in campagna coi Shaftesbury ove son venuto a passare con vostra venia le feste. Ml:t essendomi da Parigi pervenuto per telegrafo l'annunzio dell'arrivo di un corriere, avevo già scritto a Lady Palmerston, la di cui campagna trovasi poco di qua distante, che non stupisse se mi vedevan arrivare a domandargli da colazione.

L'Empereur a déclaré que !es Traités de 1815 ont cessé d'exister Campoformio pourrait-il leur survivre?

L'osservazione di Nigra mi pare giusta. La sola difficoltà a sopprimere l'intera frase consiste nel desiderio esnresso dal Ministro Peruzzi e da Spaventa che si prenda in qualche modo atto della abolizione dei Trattati del 1815. Ora questi non sono mentovati che nella frase che si tratta di sopprimere.

Del resto pariane col Ministro dell'Interno e decidi il più presto possibile •.

30 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Intanto davo istruzioni perchè i dispacci mi fossero mandati per espresso..

Li ebbi difatti in questo momento. Ma siccome ne avevo in testa mia fatta

l'ipotesi non esigono operazioni immediate. D'altronde per la stessa occasione

seppi con non lieve mia sorpresa che Pasolini che avevo lasciato sicuro di par

tire per Parigi l'indomani di Natale era invece rimasto a Londra non riescendo

a persuadersi che propriamente Nigra lo volesse. Onde anche lui resta mio

Incaricato d'Affari a Londra e potrà scrivere a Minghetti col ritorno del cor

riere che non vedo motivo di ritenere tanto più che vi sarà l'occasione di

Corti che parte giovedì e poi di Pasolini un giorno o l'altro.

Questo suo trattenersi a Londra mi pare un po' un pasticcietto, non per

me che ne conosco i motivi, ma per Parigi ove può interpretarsi poco bene

volmente.

Del resto sto combinando che Pasolini possa venir qua un giorno dimani o

posdomani oppure anderei se ha bisogno di me a Londra.

Ora aspetto risposta da Nigra. Lovd Russell, l'ultima volta che lo vidi dopo

l'ultima che vi scrissi, parlandomi della proposizione della Venezia mi diceva

che tante volte con mal esito se ne fecero ouvertures a Vienna e Apponyi finì

per dire che ove Rechberg s',alzasse nel Reichsrath per far una simile propo

sizion di permuta farebbe l'istesso cattivo effetto come se Lord Russell pro

ponesse in Parlamento di guarentire la Venezia all'Austria.

Inoltre Rechberg avrebbe detto a Bloomfield che realmente sarebbe pretender troppo che l'Austria cedesse la Venezia benevolmente. Al più potrebbe lasciarsi forzar la mano dopo gli fosse toccata almeno una sconfitta. Eoco

quanto volevo dirvi per quest'occasione.

Quanto alla Danimarca mi pare di vedere che non si debbono ammettere per restar nel vero versioni troppo assolute. Cioè l'Inghilterra finirà per dover metter la spada fuori ove si volessero strappare i Ducati. Ma non lo farà che all'ultima estremità.

Vi ringrazio della Vostra buona ed interessante lettera (1) che mi dice quanto

mi occorre per regolarmi.

(1) -Cfr. n. 356. (2) -Il capo di gabinetto Artom, nel trasmettere il testo di questo telegramma al Ministro Visconti Venosta lo accompagnava con il seguente biglietto: c Eccoti il dispaccio di Nigra. Converrebbe ri.spondergli stasera o domattina di buon'ora. La frase che egli vorrebbe sopprimere è questa:
371

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 418-420) (2)

L. P. RISERVATA. Londra, 27 dicembre 1863.

Se mai vi fosse venuto il dubbio che io fossi uomo da anteporre il comodo particolare al dovere, il fatto dell'essere io rimasto a Londra quando già non solo era apparecchiato a partire, ma proprio sul punto di farlo, dovrebbe avervelo dileguato per sempre. Io tornava anche contento; se non aveva ottenuto

ciò che è oggi impossibile, l'azione comune in Polonia io portava le esplicite dichiarazioni (fatte in presenza di Azeglio, che ne rimase un poco sorpreso) sulla questione veneto-rumena; e avrei detto all'Imperatore: questo è il filo di ricongiungimento con l'Inghilterra, se vuole, lo attacchi; io ho fatto abbastanza.

Ma io aveva in mente che la Francia osteggiasse quel progetto (e ne dubito ancora) e così mi pareva tornare senza utili risultati per l'Italia, salvo quei generali (che tu accenni nella tua del 24 dicembre (1) giuntami oggi per corriere da Parigi, e di cui ti ringrazio) che credo veri tenendoci vivi presso queste grandi Potenze. E perciò, come ti scrissi ieri, volli scrivere prima a Nigra se non gli pareva che qualche cosa io potessi tentare a proposito dell'affare danese. Ma Nigra, avvisato da me per telegrafo che differiva il mio ritorno a Parigi, mi scriveva ieri appunto (2) che l'Imperatore accetterebbe le trattative per lo scambio da noi progettato, e mi dice d'insistere perchè di qui facciano aperture private e confidenziali a Vienna. Russell mi ha già detto che l'Austria non accetterebbe, ma ciò non vuoi dire tutto. Io ho due scopi: avere la Venezia, e dare il filo in mano all'Imperatore; un terzo minore, che l'Italia brighi colle grandi Potenze. Rimando subito il corriere a Nigra, per dirgli come io dubiti forte che l'Inghilterra oggi voglia e possa utilmente fare quell'apertura a Vienna, e se non fosse meglio che il Governo italiano facesse prima, assicurato officiosamente di favorevoli accoglienze, una nota ai suoi alleati Francia e Inghilterra (sul da dirsi è altra questione), i quali riuniti poi facciano un'apertura a Vienna. Dopo le sue risposte, io farò da me il giudizio che mi parrà migliore, e deciderò se parlar direttamente o per mezzo di Azeglio, se a Russell o a Palmerston.

Due cose io veggo: che mi si può rompere il filo nelle mani, che intatto io poteva consegnare; che bisogna dar tempo al tempo. La mia posizione vorrebbe che mi spicciassi presto; sono sempre sul punto di partire e non parto mai. Azeglio è in campagna; ha però scritto ieri chiedendo se io non era partito. Bisogna che lo calmi, e me ne valga. Ti assicuro che è tenere un pover'uomo in croce. Dico queste cose all'amico, e non al Ministro; in faccia a questo non ci sono difficoltà da allegare, dopo accettato un incarico. Ad Azeglio ho cercato mettere in corpo una buona dose di paura della guerra con l'Austria; sicchè farà di tutto, io spero, perchè le ,cose abbiano buon fondamento, e la farà temere anche agli altri. Mi diceva che farebbe un colpo di Stato e mettere in prigione quelli della sinistra; ma allora tutto diventa sinistro.

Quanto alla mia renitenza dal conferire coll'Imperatore era non già sulla mia missione a Londra, ma sul determinarlo, ove occorresse, a prendere accordi con noi per l'avvenire. Essendo necessariamente temporanea la mia missione a Parigi, troppo mi pareva facile il rispondervi: è presto. Chi resta là, può rispondere: tornerò. Ciò non di meno bisognerà pure che io sia istruito delle vostre idee, perchè se non debbo combinare, è però necessario che non guasti, ~d egli deve supporre che io so il vero vostro pensiero. Io mi logoro la mente sforzandomi pur a riuscire con scarsissimi mezzi. Russell a Pembroke-Lodge, Palmerston a Broadlands, Azeglio a St. Gilles.

(1) -Cfr. n. 357. (2) -Una parte di questo documento è edita anche in G. PASOLINI, Memorie, Vol. I, pp. 524-525. (1) -Cfr. n. 358. (2) -Cfr. n. 365.
372

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL GENERALE DABORMIDA (AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Napoli, 27 dicembre 1863.

Ti sono oltremodo grato per la lettera che mi favoristi colla data del 22. Nel riceverla io fui tanto più commosso che stava appunto studiando, se a tuo figlio

o a te direttamente io mi doveva rivolgere per augurare un buon capo d'anno alla tua famiglia. Il giorno che facesti quella piccola ricaduta tuo figlio ebbe la compiacenza di mandarmi un telegramma annunziandomi una lettera che non avendo ricevuto io sperai bene.

Il bravo Valfrè mi tranquillò di più ancora, spiegandomi che non si trattava di un nuovo insulto apoplettico, ma d'una momentanea indisposizione. Io ben capisco l'impazienza tua di recarti a presieder il Comitato, giacchè oltre all'interesse che prendi alle cose di servizio devi pur provare un gran piacere di trovarti con tanta brava gente. Valfrè, De Bottini, Ansaldi, Campana, sono tali uomini che non s'incontrano così facilmente. La promozione di Campana mi fece gran piacere, qui le cose vanno sempre un po' meglio, massime il brigantaggio. Ma ben ti posso assicurare che non è merito del Governo centrale il qual,e accumula spropositi su spropositi. Io non mi lagno di Larovere ma del Ministero in generale, e di quello dell'interno in particolare ben posso dirti, non ha fatto altro che incagliarmi e ingannarmi; quante volte ho avuto intenzione di sfogarmi teco! Sono persuaso che mi avresti dato ragione, ma non lo feci per tema d'inquietarti, sapendo massime quanto sei stato sempre buono per me. Con La Rovere naturalmente mi sono spiegato chiaro sul conto di Peruzzi e Spaventa e gli significai che se Rattazzi aveva commesso errori, quelli ne avevano commesso assai più, e per quel che mi riguarda Rattazzi mi dimostrò sempre piena confidenza, mentre di Peruzzi, il suo procedere verso di me fu un continuo inganno. Siccome spero poterti fra non molto abbracciare ti racconterò cose che ti sembreranno incredibili.

La distruzione della banda Caruso è stato un bel fatto. Pallavicina ha fatto bene, ed è stato fortunato. Spero che nell'inverno la finiremo con le altre poche bande che ci restano.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 903. Torino, 28 dicembre 1863.

Vous pouvez supprimer la phrase en question.

374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, 28 dicembre 1863.

Minghetti ti scrive una lunga lettera (1) ed io quindi mi dispenso dal farti un lungo discorso di politica.

Noi abbiamo risposto alla circolare di Drouyn de Lhuys sul Congresso ristretto. Perchè tu sia esattamente informato di quanto faceiamo riceverai con questo Corriere una copia della nostra nota (2). Spero che non ti dispiacerà e che troverai che noi portiamo in essa quel linguaggio franco ed aperto che tu spesso ci hai consigliato. È vero che, a proposito del Congresso generale, e dopo aver parlato coll'Imperatore, tu ci hai consigliato di non far cosa per la quale ci si potesse accusare di compromettere i piani dell'Imperatore con dichiarazioni troppo esplicite. Ma qui n caso parmi diverso. Noi potevamo accettare senza spiegazioni il Congresso generale che doveva fissare, dopo riunito, il suo proprio programma, accogliere e favorire senza riserva la realizzazione di questa grande idea. Ci bastava sapere che nessuna entente parziale avrebbe preceduto il congresso, che l'Italia vi avrebbe partecipato sull'istesso piede delle altre Potenze, che nessuna grande questione sarebbe esclusa. Ora il Governo francese riconosce che per un Congresso ristretto si può e si deve stabilire preventivamente il programma. Così posta la questione, a noi non è lecito serbare il silenzio sul programma nazionale dell'Italia.

Dalla nostra nota vedrai anche come non abbiamo dimenticato quanto tu ci scrivevi sulla questione dei Ducati tedeschi. Non abbiamo creduto opportuno di fare qualche atto speciale e separato su questa quistione nella quale nessuno aspettava di vederci entrare in campo finchè non avesse preso proporzioni più chiare e determinate. E ti dirò il vero che a questa riserva eravamo consigliati sopratutto dal desiderio di non metterei, 'senza grave motivo, in diretta contraddizione coll'Inghilterra la quale prende un interesse grandissimo a questa quistione. Ma spero che nel nostro dispaccio troverai una professione di fede abbastanza esplicita sul nostro proposito di difendere in tutte le quistioni que' principii di nazionalità di cui domandiamo l'applicazione al nostro paese.

VolE!vo mandarti la copia di questo dispaccio con una nota accompagnatoria per Berlino e Pietroburgo. Ma Nigra non ne ha ancora dato lettura. Non so quale impressione abbia fatto. Ho dunque preferito di mandarti il dispaccio per tua informazione. Manderò dopo la nota di accompagnamento la quale suppone da parte tua una ulteriore communicazione ufficiale al Governo russo.

Ti telegrafai (3) che ti avrei scritto intorno alla pubblicazione del dispaccio

nel quale riferisci le conversazioni avute col Principe Gortschakoff (1). Eccoti in due parole il mio pensiero. Quel dispacaio parmi che non si possa pubblicare intero, perchè vi sono delle dichiarazioni, rese necessarie nel corso della conversazione, ma che non gioverebbe pubblicare ora, dopo il rifiuto della Russia di seguitare la politica da te eloquentemente consigliata. Per es., non gioverebbe, al punto in cui siamo, fare alcuna dichiarazione sulle Provincie che non fanno parte del Gran Ducato di Varsavia. Ciò offenderebbe, senza necessità, i Polacchi e gli amici de' Polacchi. Ti sarò grato se vorrai indicarmi tu stesso le riduzioni da farsi nel caso di pubblicazione.

Gli affari de' Principati mi pare che piglino una piega grave, in seguito alla deliberazione che il Principe Couza fece prendere all'Assemblea per tagliare di capo suo il nodo gordiano della quistione de' conventi dedicati. Ti prego di seguitare questa quistione e di sapere fin dove sarà disposta di andare la Russia per far rispettare le stipulazioni esistenti.

(1) -Cfr. n. 363. (2) -Cfr. n. 356. (3) -Cfr. n. 323.
375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AST, Carte E. D'Azeglio; ed. 1n LIPPARINI, 'PP· 359-361)

L. P. Torino, 28 dicembre 1863.

Io vi debbo innanzi tutto i più vivi ringraziamenti sì delle vostre lettere, sì dell'appoggio che avete prestato all'amico Pasolini.

A mio avviso l'Imperatore travasi in una posizione difficile all'interno-e al di fuori. All'interno gli umori di libertà cominciano a serpeggiare di nuovo, e le elezioni ultime ne sono un argomento. Al di fuori l'esito infelice della campagna diplomatica verso la Russia, poi la non riuscita del Congresso, e infine quella specie d'isolamento nel quale si vuol posto, sono altrettanti indizii di declinazione. Da questo stato si dee supporre ch'egli vorrà uscire e si sforzerà di farlo. Dare libertà maggiore ai francesi non mi sembra partito al quale sia probabile ch'egli inclini, perciò dovrà cercare nella politica estera il modo di rialzare il suo prestigio.

Se tali sono le cose, io credo che codesti signori inglesi dovrebbero seriamente preoccuparsi dell'avvenire, perchè l'Imperatore può creare qualche combinazione che metta a ripentaglio non solo la pace, ma direi tutto l'equilibrio d'Europa.

Perciò mi è sempre paruto, e mi pare, che nessuna occasione sarebbe più propizia della presente perchè l'Inghilterra uscisse dalla sua riserva, e accettasse un'azione comune con la Francia.

Non parlo dei vantaggi generali che sempre da simile alleanza verrebbero, ma se l'Inghilterra in questo momento viene in aiuto all'Imperatore per trarlo d'imbarazzi, essa può determinare precisamente lo scopo e i mezzi di esecu

zione, può ottenere garanzie dai pericoli che teme, può assicurare per un pezzo la pace d'Europa, e la tranquillità dell'Oriente che le sta a cuore. Ma per raggiungere tali intenti, bisogna fare. L'astensione assoluta lascia che gli eventi sopravvengano inopinati, e forse si precipitino.

Da quanto voi mi scrivete l'Inghilterra non vuole assolutamente far la guerra per la Polonia. Ma egli è certo che annunziata come fu questa risoluzione essa ha contribuito non poco a confermar la Russia nei suoi propositi di nessuna transazione. Anche oggi se la Russia potesse temer la guerra, non rifiuterebbe certo di dare alla Polonia quelle condizioni che alla fin fine, come

ben osservava Lord Russell le sono imposte anche dai trattati, ma fuori della questione polacca, vi è anche la questione italiana e in essa ancora un'azione comune della Francia e dell'Inghilterra potrebbe condurre a risultati efficaci. Quando quelle due potenze invitano per davvero, non so chi possa rifiutare l'invito.

Tale in questo momento deve essere il nostro proposito fermo ed operoso, spingere le due potenze occidentali ad unirsi, e a sollevare la questione della Venezia.

Ora si parla di noi. Certo in un anno si sono fatti dei grandi progressi in Italia. La quiete, l'ordine regnano ovunque, e il brigantaggio tocca al suo fine: la ricchezza si svolge, l'amministrazione diventa ogni dì più regolare. Ma non bisogna mica dimenticare che la nostra posizione è sempre precaria. Non abbiamo frontiere, e ci manca la capitale. La proposta francese di Congresso ha

suscitato gli animi; il partito d'azione tenterà qualche sommossa nel Veneto; e quand'anche noi riuscissimo a sventarla, 'la forza morale viene meno a'l Governo s'egli non capitaneggia il movimento, che non ha la fede delle popolazioni che voglia e sappia compiere le imprese dell'indipendenza nazionale.

La politica del conte di Cavour fu sempre questa; e la sua audacia in certi momenti venne da questo ch'egli sentì la necessità di non abbandonare nelle mani di un partito più avanzato e pericoloso, la bandiera della nazione.

Tutte queste considerazioni fanno sì che la nostra posizione possa divenir grave da un momento all'altro. Parmi che abbiamo dato prova di non essere avventati, anzi di usar prudenza in tutte le questioni che si sono presentate. Ma appunto perciò noi dovremmo esser creduti, quando affermiamo che la questione veneta può essere sollevata e divenire pericolosa più presto di quello che (se si dovesse giudicare in condizioni normali) sarebbe desiderabile.

Qualcuno mi scrive da Parigi esservi nel Gabinetto francese alcuno che propenderebbe per dare qualche larghezza all'interno, sgombrando Roma. Io ripeto che credo poco probabile che l'Imperatore si appigli a tale partito. In ogni caso reputo che su questo punto si siano completamente assicurati i buoni ufficii e l'appoggio inglese. È troppo evidente che l'Inghilterra ha come noi interesse a che la Francia lasci al più presto il territorio italiano.

Certo se si recasse innanzi, e si sciogliesse la questione veneta, l'altra verrebbe da sè. In ciò concordo pienamente nell'opinione di Pasolini: ma se per ipotesi la questione veneta fosse dall'Lmperatore posposta alla Romana; noi quando possiamo ottenere lo sgombro dei Francesi, siam disposti del resto a tutto che non offenda i principii, e non impegni in modo assoluto l'avvenire.

Già sapete che Cavour era pronto a promettere che l'Italia non avrebbe assalito nè permesso che corpi franchi assalissero il territorio pontificio. Quella resta sempre la base sulla quale potrebbe trattarsi.

(1) Cfr. n. 304.

376

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 421-424)

L. P. Parigi, .28 dicembre 1863.

Ho ricevuto le vostre due del 26 (1). Rispondo per la posta, non avendo aUromezzo. Supplite alle reticenze.

Credo indispensabile che veniate qua senz'altro per conferire con chi sapete, salvo a tornare a Londra dopo, dicasi quel che si vuole. Già la vostra gita non è più mistero; l'inconveniente non sarà quindi molto grave. Prima di partire potete domandare se nel caso in cui noi poniamo sul tappeto la questione dello scambio con una nota confidenziale alle due Corti, il Gabinetto britannico è disposto a far delle aperture, in via privata ed amichevole, a Vienna. L'Austria non può avere a male una tale entratura. Il suo interesse è là. È cieca se non vede che Venezia dovrà sfuggirle ora o poi. Quanto all'Inghilterra, la sua utilità è parimenti di tutta evidenza. Allontana la Russia dal Mar Nero e da Costantinopoli; rinforza l'Austria sua alleata; si avvicina alla Francia, ma capisco che l'Austria, seguendo la politica della passione e di un malinteso onor militare, si rifiuterà. Per vincere la ripugnanza, ci vorrebbe una stretta unione di Francia e di Inghilterra. Domandate, per amor del Cielo, che cosa si vuole· dalla Francia. L'Imperatore propose il Congresso, perchè non aveva altro mezzo di uscire da una posizione gravissima, a cui l'Inghilterra aveva contribuito, e che non poteva subire, come l'Inghilterra, senza grandi inconvenienti. L'Inghilterra non ha quindi ragioni di tenergli il broncio perciò. L'Imperatore è di buona fede. Non ama una guerra, vorrebbe riavvicinarsi all'Inghilterra, ma desidera essere aiutato per uscire da una situazione falsa per tutti. La questione danese temo non offra i termini di un riavvicinamento. L'Imperatore non può pronunziarsi che in favore del principio di nazionalità, in Germania come altrove. L'Austria, mi dicono, propose una Conferenza a Parigi per la questione danese, composta, ben inteso, dalle Potenze segnatarie del trattato di Londra. Qui finora non si sarebbe risposto. Ma parmi ad ogni modo difficile che questo· sia un terreno molto propizio per riunire le due grandi Potenze d'Occidente. Il vero terreno è quello da voi proposto. Fate presenti queste cose, e domandate, vi ripeto, che cosa si vuole dalla parte della Francia per una conciliazione sincera. Qui non si domanda meglio che di giungere a questo risultato. Io prevedo con ansiosa trepidazione il momento in cui fossimo forzati ad una levata di scudi. Il risultato, quale che possa essere, sarà funesto per l'Inghilterra. Giacchè o noi saremo vmcitori, e ciò non potrà accadere senza l'aiuto della rivoluzione in Ungheria, o senza l'aiuto di Francia; in entrambi i casi

l'Austria ne uscirà talmente diminuita, che l'Inghilterra ne soffrirà nei suoi propri interessi nel continente; ovvero l'Italia sarà ridotta nuovamente al Ticino, senza Savoia e Nizza, e in questo caso non so che ne guadagnerà il Gabinetto inglese nella considerazione del mondo e negli interessi suoi.

Se la Francia e l'Inghilterra non si mettono d'accordo sinceramente, prevedo un periodo più o meno lungo di malessere generale seguito da sciagurati sconvolgimenti.

Qui vi è due questioni a risolvere. Una speciale, quella dello scambio la quale oltre i vantaggi immediati, diretti, speciali, offre il modo di giungere alla soluzione dell'altra, della questione generale, che è quella di un riavvicinamento della Francia e dell'Inghilterra. Quali pegni d'amicizia desidera l'Inghilterra? Vuole che l'Imperatore ritiri le truppe da Roma? Le basta ciò? Ce lo dica. Essa non può dubitare che noi lo desideriamo più di lei e che agiremo con ogni sforzo per giungere a questo risultato. La cosa è di una enorme difficoltà, non bisogna illudersi. Ma si farà il possibile.

È cosa dolorosa il pensare che con una franca spiegazione e un leale accordo si potrebbe risparmiare il sangue prezioso che si versa in Polonia e che si verserà più tardi in Ungheria, in Italia e altrove, e nol si fa. Io per me non vorrei per cosa al mondo portare il peso di una responsabilità così enorme.

Le note di Russell del 12 e 25 novembre che voi citate molto opportunamente, combinate con la circolare di Drouyn de Lhuys dell'8 corrente possono fornire l'oocasione di queste .spiegazioni e di questo accordo.

Del resto pensi l'Inghilterra che non conviene neanche a lei lo spingere l'Imperatore a partiti estremi. Esso ha a suo servizio una forza immensa, le assicurazioni di tutte le nazionalità che soffrono. Con questa molla può sollevare il mondo. Nè si creda, perchè lo si vede indeciso, peritoso, vacillante, che non possa risolversi a tanto. L'estrema audacia si congiunge in lui all'estrema dubbiezza. Non bisogna ridurlo a tale partito. L'Inghilterra sola può moderarlo, non con la diffidenza e con l'ostilità, ma con una sincera benchè prudente volontà di aggiustare d'accordo le cose del mondo. È vano lo sperare che l'Imperatore si rassegni all'impotenza sì all'interno che all'estero. Più lo si vorrà inceppare, più nascerà in lui il desiderio delle novità.

Conchiudo. Venite qua presto. Ma prima parlate ancora costì. Fate la domanda che vi ho detto. Per la questione polacca è inutile il fare altri sforzi dal momento che l'Inghilterra non è disposta all'azione, e dal momento che le pratiche diplomatiche sono riconosciute vane oramai. Nella questione danese, di quale avviso è l'Inghilterra? Se la si separa dalle altre, se non ha a far parte d'un piano generale d'accordo tra Francia ed Inghilterra, temo non si riesca a nulla. Intanto tenete per fermo che qui si ·sta pel principio di nazionalità. Un accordo, fondato sopra una transazione, non mi pare probabile che nel caso in cui questo accordo dovesse far parte d'un piano generale d'intelligenza fra le due Corti. Rimane la questione dello scambio. Qui si è d'accordo in so

stanza; e si è pronti a trattare la questione anche isolata dalle altre. Insistete adunque su questo punto. Vi ripeto che l'Imperatore desidera vivamente camminare di conserva con l'Inghilterra. Me lo ha detto e mi ha autorizzato a scrivervelo. Fate capire che

noi siamo in certo modo incaricati di una specie di mediazione officiosa tra Parigi e Londra pel bene di tutti. Fatemi sapere il vostro arrivo qui, e lasciate vedere la probabilità di un vostro pronto ritorno in Inghilterra.

(1) Cfr. nn. 366 e 367.

377

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1484. Costantinopoli, 29 dicembre 1863, ore 23,35 (per. ore 6,55 del 30).

Il est probable que Aali Pacha invitera puissances garantes à protester contre vote assemblée Principautés Unies confisquant biens dédiés. Veuillez me dire, dans ce cas quelle attitude je dois garder, car on prévoit scission parmi les représentants.

378

IL CONTE VIMERCATI

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

T. Parigi, 29 dicembre 1863.

On vous fait demander d'ici d'accorder exequatur aux eveques nommés par le Pape dans ses anciennes provinces. C'est une intrigue de Drouyn et de ses alliés; Rouher me charge de vous dire quoique ·ce soit au nom de Empereur que cette demande vous est faite d'y répondre négativement avec des formes courtoises. Rouher a déjà dit à !l'Empereur qu'on avait tort de demander au

·Gouvernement italien une chose que le Gouvernement français ne ferait pas dans un cas semblable.

379

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI,

AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 29 dicembre 1863.

Desidero che non passi questa occasione senza augurarvi di tutto cuore un felice anno ed ogni prosperità. Vogliate pa11tecipare anche alla vostra Signora i miei cordiali auguri.

Le dimissioni date da alcuni membri della estrema sinistra non hanno finora quell'importanza che avrebbero forse avuto, se date da tutti, e subito dopo la discussione della Sicilia. L'opinione pubblica non se ne è punto commossa; ma due cose sono a riflettere. L'una è la con\'enienza somma che almeno per la massima parte essi non siano rieletti; l'altra è la necessità di vegliare sulla loro condotta, poichè usciti dalla Camera si gitteranno probabilmente alle cospirazioni. E già noi abbiamo prove che il consiglio della demissione venne dal Mazzini e fu recato con una sua lettera dal Quadrio ad una adunanza che si tenne in casa Bertani a Genova. Sappiamo anche che il partito d'azione si agita, e che tenta di introdurre armi nelle provincie montuose del Veneto, e vorrebbe suscitarvi dei movimenti. Io confido che riusciremo a sventare queste mene: ad ogni modo siamo ben risoluti e fermi se qualcosa si tenta da costoro in Italia, di non !asciarle agio a crescere ma di colpire subito e inesorabilmente qualunque tentativo contro le leggi. Fallito il progetto di congresso generale pel rifiuto dell'Inghilterra, l'Imperatore si dà gran moto per ottenere almeno un congresso ristretto, ma io dubito assai che vi riesca. La Russia da sua parte ha deposto ogni pensiero di transazioni per la Polonia; Gortschakow disse a Pepoli che se il Governo lo volesse anche l'opinione pubblica russa non glielo permetterebbe, e l'Imperatore Alessandro medesimo si espresse con lui in tali forme che non lasciano luogo ad alcuna speranza. Ciò posto, l'alleanza della Francia e della Russia riesce impossibile; e resta solo la possibilità di una combinazione anglo-francese che sarebbe la più naturale, la più liberale, la più utHe all'Europa ed a noi. Ma per tale fine sono da vincere le diffidenze inglesi verso l'Imperatore, e le repugnanze inglesi a tutto che possa condurre al1a guerra. Nondimeno quei signori dovrebbero persuadersi che se vi fu mai occasione propizJa per tale alleanza è la presente; e che l'Inghilterra togliendo d'imbarazzo l'Imperatore ·coll'aiutarlo a fare qualche cosa di buono e di grande, posson eziandio assicurarsi contro ogni pericolo da essi temuto. Naturalmente il tema più adatto di un'azione comune sarebbero le questioni italiane. A ciò si adopera il nostro amico Pasolini, e ha prolungato il suo soggiorno a Londra nè dispera di riuscirvi. Ma se anche questo tentativo andasse fallito, l'Imperatore si troverebbe in una posizione assai triste; perchè

o gli conviene accordare maggiori libertà all'interno (che è contrario alla sua indole e volontà), o rompere con qualche colpo audace quel cerchio che lo isola, .e lo stringe.

E anche la nostra posizione in tale ipotesi, non sarebbe bella. Perchè il congresso ha suscitato molte speranze, e il prolungamento dello stato attuale che ci costa come la guerra, senza averne le eventualità favorevoli, non potrebbe essere indefinito. Non dico perciò che noi dobbiamo commettere avventatezze; ma credo che dovremo superare molte difficoltà.

Non ho d'uopo dirvi che dò che si riferisce a Pasolini è a voi interamente riservato. Feci una corsa il di di Natale a Bologna, e vidi Cialdini che è pienamente ristabilito.

380

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Copie Artom)

L. P. [Torino], 29 dicembre 1863.

Ho ricevuto da Festa e consegnato subito a Minghetti le 1041.65 della Signora Contessa Tattini. S'Ella è· costì falle, te ne prego, i miei rispettosi saluti.

Ti mando una memoria consegnata da Peruzzi a Visconti circa una pretesa alleanza segreta fra la Francia e l'Austria. Non so che valore abbia, ad ogni modo non è male che tu conosca queste indicazioni.

Troverai pure qui annessa una lettera di Minghetti per Vimercati.

ALLEGATO

Persona che il sottoscritto sa trovarsi in grado di essere perfettamente informata, ha riferito quanto un Agente della Casa Sina ed Esh'eless di Vienna scrisse in questi giorni ad uno dei principali Banchieri ed industriali di Milano, per animarlo ad andare guardingo nelle sue operazioni commerciali:

• Ad onta di contrarie apparenze, pure non si ritiene inverosimile che i Governi d'Austria e di Francia siano segretamente d'accordo sulle questioni provocate dal Discorso Imperiale del 5 Novembre p. p.

Tali segreti accordi che rimarrebbero per ora sotto il segreto personale del Principe di Metternich consisterebbero in ciò: 1° Abbandono per parte della Francia d'ogni materiale intervento a favore della Polonia, la quale sarebbe abbandonata alla sua sorte.

2o Intervento morale ed occorrendo materiale della Francia a favore della Danimarca quante volte venisse riconosciuto il Duca di Augustenburgo quale Sovrano dello Sleswig-Holstein in onta al trattato di Londra del 1852.

Nel caso d'intervento materiale per parte della Francia, non sarebbe impossibile che le truppe Austro-Sassoni-Bavaresi lasciassero i Prussiani soli esposti contro la Francia oltre il Reno nelle Provincie di Vestphalen, Cleves, Berg e Basso-Reno, provincie che la Francia ambisce aggregare come la Lorena, la Alsazia, la Savoja e Nizza all'Impero onde avere una frontiera naturale al Reno.

3° La Francia rinunzierebbe ad ogni materiale appoggio all'occupazione della Venezia per parte dell'Italia contro l'Austria, la quale non s'opporrebbe ad una indefinita occupazione di Roma per parte delle Truppe Francesi a favore del Sacro Collegio··

Il sottoscritto non può prestar fede a simili combinazioni che reputa di non così facile esecuzione allo stato attuale delle cose; ma vi scorge una correlazione colle notizie date in questi giorni dal Courrier de Dimanche, che si pubblica in Francoforte e che attinge informazioni a Parigi a fonti ben note al sottoscritto e con quelle riprodotte dal giornale francese La Nation e dal Vaterland di Vienna, e fino ad un certo punto colle nomine fatte ultimamente dal Papa di tutti i Vescovi della Provincia di Bologna, dell'Umbria, e delle Marche; e però lo scrivente le trasmette come una prova non dubbia che l'Austria ed i nemici d'Italia in questo momento lavorano colla massima attività nel campo della Diplomazia per nuocerei all'interno ed all'esterno.

381

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. RISERVATO 524. Berlino, 29 dicembre 1863 (per. il 3 gennaio 1864).

Ayant eu, sans l'avoir provoqué, un entretien avec M. le Président du Conseil, je lui ai donné lecture de quelques passages de la circulaire du 21 (1), notamment de l'article relatif au Congrès.

• En présence, m'a-t-il dit, du refus plus ou moins explicite de l'Angleterre, de l'Autriche et de la Russie, il ne s'agirait plus que d'un Congrès d'une composition très restreinte. Dans cet état de choses, il est assez nature! que

nous ne nous empressions pas de répondre à la seconde invitation du Cabinet des Tuileries. D'ailleurs nous n'avons pas encore pris un parti définitif à cet égard. Je ne vous cacherai pas cependant qu'un tète-à-tete avec la France nous gènerait. Ce serait le pot de terre contre le pot de fer. Il nous faudrait une des trois Puissances qui aujourd'hui se tiennent à l'écart, comme contrepoids à ce corps gros et gras disposant de ressources et d'influences trop supérieures à celles de la Prusse. Ne nous exposerions nous pas alors à voir compromises nos relations avec les autres grandes Puissances? Ce serait presque l'isolement avec tous ses dangers. Je vous le répète, nous ne répondrons pas de sitòt. En attendant j'ai fait exposer franchement à M. Drouyn de Lhuys les embarras de notre position, et j'espère qu'il saura en tenir ·compte. Néanmoins, pour seconder dans une certaine mesure les vues de la France, j'avais proposé une conférence ad hoc pour les affaires du Schleswig-Holstein. Et meme, pour me rendre agréable à l'Empereur Napoléon, j'avais réussi à vaincre les scrupules de Lord John Russell qui hésitait à opter entre Londres et Paris, comme siège des conférences. Mais il parait que M. Drouyn de Lhuys ne mord pas à mon projet de crainte que cet embryòn de Congrès ne nuise à un Congrès général •.

Je n'ai pas eu l'air de comprendre les paroles Ulte-à-tete et encore moins grandes Puissances, surtout de la part de la Prusse que l'Italie a déjà distancée. J'ai dit seulement que j'ignorais les intentions de mon Gouvernement au sujet de la nouvelle proposition Française; mais que certainement nous n'aurions qu'à nous féliciter de voir la Prusse, le cas écheant, se piacer à notre point de vue sur les questions pendantes en Italie dont la position anormale constitue un danger pour l'Europe. Non pas que nous voulussions donner le signa! des hostilités; mais nous ne saurions d'un autre coté preter foi aux assurances pacifiques de l'Autriche qui ne cherche évidemment qu'à gagner du tems pour préparer des solutions contre nous. Que signifient d'ailleurs les déclarations faites naguères au Reichrath par le Comte Rechberg? Afin de ne pas préjuger la situation, il se refusait à admettre la suppression du traitement alloué aux représentants diplomatiques près Ie.s Princes dépossédés dans la Péninsule. N'était ce pas indiquer c1airement que le Cabinet de Vienne vise non seulement au maintien de sa domination à Venise; mais mème à nous contester Ies avantages que nous avons obtenus de 1859 à 1861? En présence de ces dispositions, nous devons veiller l'arme au bras tout en continuant à travailler à une solution pacifique, ne fùt-ce que • pour bien établir qu'il ne dépendra pas de nous qu'une conflagration générale ne soit évitée •.

Dans tous les cas j'émettais l'espoir que M. de Bismarck ne songerait pas à l'Autriche, s'il se mettait en quète d'une Puissance pour faire contrepoids à la France, dans le cas d'un Congrès restreint. Le Cabinet de Vienne n'a qu'un mobile celui de contrecarrer la Prusse per fas et nejas. A ce propos je me permis de lui rappeler textuellement une de ses impressions après le Congrès de Francfort • Autrefois il fallait dans ses voyages se garder contre les attaques des bandits; aujourd'hui il faudrait prendre des précautions contre ceux qui vous présentent à brùle-pourpoint de fausses lettres de change, contre les escrocs politiques! •. Qui sait si, dans le démelé avec le Danemarck, ·l'Autriche ne manoeuvre ·pas déjà pour se mettre en avant au détriment de •la Prusse?

• Elle en est bien capable, me répondit M. de Bismarck. Si nous marchons d'acaord avec elle, cela tient avant tout à notre titre de Puissance Allemande. Nous y avons en quelque sorte été poussés par l'Angleterre, et par les fautes sur fautes commises par le Danemarck. Mais notre entente sur ce point ne préjuge pas les autres questions Européennes. Nous avons la main libre notamment en ce qui vous conceme. Nos rapports sont sur un bon pied. Attendons les faits pour nous prononcer.

Je connaissais déjà, entre autres, par un rapport de 60 feuilles du Comte· d'Usedom, rapport qui équivaut à un document historique, les excellens renseignemens que vous me fournissez sur l'état des provinces méridionales. Je vous en félicite •.

Je me suis permis à mon tour de féliciter le président du Conseil de voir l'Autriche perdre en Allemagne tout le prestige qu'elle avait escamoté J.'été dernier à Francfort, par ses propositions, plus spécieuses que réelles, de réformes fédérales. Il ne tiendrait qu'à la Prusse de regagner le terrain perdu de son còté et de se rattacher par une politique dans un sens plus national les élémens aujourd'hui flottans en Allemagne.

M. de Bismarck avouait alors que la position actuelle de la Prusse dans la Confédération pouvait se traduire par des chiffres: une voix sur dixsept dans le conseil restreint, quatre voix sur soixante neuf dans l'assemblée générale à Francfort (absolument sur le meme pied que le groupe des quatre Villes Libres), et 400.000 bayonnettes Prussiennes contre les 800.000 fédérales. Il est vrai que le soldat Prussien a une supériorité incontestable, puisqu'il reste plus longtemps sous les armes.

J'ai fait observer à S. E., que de ce dernier chiffre il faudrait aumoins distraire le contingent Autrichien qui ne serait plus disponible du jour où il éclaterait de graves complications en Allemagne.

La Vénétie, la Gallicie, la Hongrie devraient alors reoevoir des renforts considérables de garnison. Je ne persistais donc pas moins à maintenir mon assertion que les chances avaient tourné en faveur de la Prusse, si elle voulait assurer sa suprématie en Allemagne où chacun de ses agrandissements est un pas de plus vers l'unité Germanique.

« Laissons, répétait M. de Bismarck, la situation se dessiner davantage, les passions s'échauffer, les esprits s'irriter. La Prusse agira au mieux de ses intérets; mais pour cela nous devons, tout en nous tenant sur le qui-vive, ne faire ni du zèle, ni de la politique conjecturale. Avant de servir le potage, il faut le laisser mitonner! •.

• Eh bien! ai je dit à S. E., en la quittant, nous aussi nous avons des questions qui mitonnent; quand vous jugerez votre cuisson arrivée à point. faites moi appeler, il nous conviendrait peut-etre de rapprocher les services •.

J'ai brisé là, car je voulais ménager le tems de M. de Bismarck affairé du matin au soir pour suffire à sa tàche, à tel point qu'il déclare ne pouvoir recevoir aucun des Ministres du corps diplomatique, à moins qu'il ne soit chargé par son Gouvernement d'une communication spéciale sur des affaires urgentes. Quand il ne s'agit que de simples conversations pour éclairer la situation, il nous adresse, mème les ambassadeurs, au secrétaire général M. de Thiele. Ainsi j'évite de le voir à moins d'un cas exceptionnel ou d'un ordre précis de V. E .•

et il me sait gré de ma discrétion. Mais c'est là une difficulté de plus pour le travail; car M. de Thiele est loin d'avoir le laisser aller, et les saillies originales de son chef. Je prie V. E. de me tenir compte de cette circonstance, surtout quand je dois réexpédier les courriers de Cabinet qui ne s'arr·etent ici que 12 heures dans leur trajet de St. Pétersbourg à Turin.

Je résume mes impressions sur l'entretien dont je viens de rendre compte. Voici quel est, il me semble, le fond de la pensée de M. de Bismarck. Il viserait à sortir, par un grand coup, d'une situation des plus fausses; car meme dans la question du Schleswig-Holstein, les parties en jeu se perdent tellement dans les abstractions de la légalité, que les prétentions de part et d'autre sont aussi difficiles à admettre qu'à contester, aumoins pour ce qui tient au droit de succession. La guerre est une des issues. La révolution est une autre issue si on ne satisfait pas dans une certaine proportion les aspirations Allemandes.

Pour peu que la situation se prolonge la ·corde est trop tendue pour ne pas se rompre. Dans l'un et l'autre cas de graves compliqations sont à prévoir. Lors meme que le Gouvernement Prussien tournerait provisoirement ses armes contre ce qu'il appelle la révolution, ce seraient des armes à double tranchant. Il cherchera probablement à exploiter les événements pour mettre sa préponrlérance en Allemagne hors de cause. Alors il trouvera l'Autriche sur son chemin, et le moment viendra d'aviser au parti qu'il nous conviendrait de tirer de cette lutte d'intérets.

(1) Cfr. n. 350.

382

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 29 dicembre 1863.

Ho comunicato oggi a Drouyn de Lhuys il dispaccio del 24, a cui ho tolto la frase • l'Empereur a déclaré • fino a • survivre ». Mi parve che questa frase presentasse inconvenienti e non fosse in armonia col tuono elevato e sobrio dell'intiero testo. La nota così modificata sembrami veramente rimarchevole, e non dubito che la sua pubblicazione farà buon effetto. Drouyn de Lhuys non fece osservazioni. Come sapete, non osa mai pronunciarsi sopra un documento

o sopra una questione senza avere prima letto nelle sopraciglia di Giove. Non vennero finora altre risposte tranne quella insignificante della Baviera.

Tuttavia si persiste a credere qui (parlo dell'Imperatore e di Drouyn de Lhuys) che tosto o tardi la proposta di Congresso dovrà venire accettata come il solo mezzo di scongiurare la tempesta. Non mi stupirebbe che l'Imperatore, all'occasione del ricevimento diplomatico il pr.imo dì dell'anno, riconfermasse la sua proposta. Vi rimando il dispaccio del 24, pregandovi di mandarmi l'originale, senza la frase di cui sopra (1).

Oltre alle cose che vi scrivo ufficialmente intorno alla condotta piena di riserva usata dalla Francia nella questione Danese, vi ricordo quanto l'Impe

ratore mi disse a Compiègne a questo proposito, che cioè non sarebbe punto spiacente se le cose si complicassero in Germania, perchè ciò gli fornirebbe forse l'occasione che aspetta d'uscire dalla falsa posizione in cui si trova.

Ora parlo a voi ed a Minghetti. La piega che piglia la questione Danese non mi fa prevedere che su questo terreno Francia ed Inghilterra possano riavvicinarsi sinceramente e durevolmente. Ho quindi scritto a Pasolini di rompere gli indugi e di venire a Parigi a conferire coll'Imperatore che mi domanda spesso quando egli torna. L'ho pregato però, di domandare a Russell prima di partire, che cosa l'Inghilterra desidera dalla Francia perchè un riavvicinamento possa avere luogo. L'ho pregato inoltre di insistere perchè il Gabinetto inglese s'incarichi di fare la prima apertura a Vienna intorno allo scambio. Se Russell vuole una nota nostra, noi gliene manderemo quante ne vuole; ma evidentemente si è l'Inghilterra, accetta a Vienna, e non la Francia sospetta, che deve intavolare la pratica presso il Gabinetto austriaco. Del resto lo stesso dispaccio nostro del 24 che ho mandato in copia ad Azeglio può fornire a Russell il punto di partenza. La lettera che ho scritto a Pasolini sviluppa gli argomenti in favore dello scambio, il quale oltre al risolvere una delle grosse questioni avrebbe il vantaggio di riavvicinare le due Potenze occidentali sopra un terreno favorevole ad entrambe e da entrambe accettato. Quando Pasolini abbia visto l'Imperatore potrà tornare, ove occorra, a Londra. Oramai la sua missione è nota, benchè se ne ignori lo scopo, e il suo ritorno a Londra non avrà gravi inconvenienti.

Vi raccomando istantemente l'affare del Palazzo della Legazione; è cosa di tutta urgenza.

(1) Nel dispaccio conservato nell'Archivio Storico del Ministero (cfr. n. 356) la frase in questione risulta soppressa.

383

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, pp. 424-426)

L. P. RISERVATA. Londra, 29 dicembre 1863.

Le due ultime mie lettere furono scritte in tal fretta e senza riflessione che temo abbiano male espresso le mie idee. La tua 24 corrente (1) è mirabile di ordine e chiarezza. Tu mi dici: precipuo scopo della tua missione è dare il filo in mano all'Imperatore. Ora l'Imperatore e il Principe mi dissero: disperare di riunirsi nella questione polacca; importare assai la mia venuta qui per determinare bene che cosa pensi l'Inghilterra. La mia lettera 18 corrente (2) dà quelle risposte. Ma essendomi sembrato che ci si potesse riattaccare nella questione dei Principati, cercai di ravvivare qui questa idea, pur disperando che la Francia la accettasse. Supposi Nigra informato da voi delle mie risposte, e per telegrafo gli chiesi se altro doveva io qui domandare. Rispose aspettarmi a Parigi, e nulla dover chiedere di più. A Parigi io credevo che voi ormai pensaste solamente

a tirare l'Imperatore alla guerra, e per ciò credevo meglio al caso Nigra di

me; io, occorrendo, avrei esposto le idee che mi aveva incaricato di procurarmi

qui; e mi pareva poter riservarmi ad ultimo colloquio per ciò che Nigra avesse

creduto opportuno. Al momento di partire, il discorso di Russell mi fa dubitare

che noi possiamo frammetterci perchè si facciano conferenze sull'affare danese

e sui Principati. Rimango a Londra, e ne scrivo a Nigra; la mia lettera

s'incrocia con una di lui nella quale mi dice che la Francia accetterebbe azione

comune per i Principati e insiste qui presso il Gabinetto inglese perchè muova

la causa a Vienna. Io so quanto ciò ripugni qui, e dubito che facendolo non lo

facciano bene abbastanza. Perciò prima di muovere cosa alcuna scrivo a Nigra

ponendogli il dubbio se non fosse meglio di cercare che il passo fosse fatto

dai due. Avuta la risposta, farò poi quello che credo meglio. Questa è la storia.

La mia missione che era piuttosto di informazione, diventerebbe adesso di

opera; ma ad ogni modo anche questo serve a chiarire la posizione, se non

riesce a maggior cosa.

Il mio telegrafo d'oggi (1), vi dice H grave punto in cui è l'affare danese.

Nigra mi scrive poi da Parigi essere necessario che io vada colà pronto a tornare

qui, che però prima io cerchi di persuadere qui a muovere a Vienna pel nostro

progetto e a conciliarsi con la Francia. Mi porrò subito in campagna, andando

a cercare Azeglio del quale credo dovermi valere per ogni buon fine; poi, credo

che andrò da Palmerston e forse anche da Russell; poi a Parigi. Io temo però

assai che troverò qui del freddo. La Conferenza per l'affare danese e pel nostro,

è il Congresso risuscitato, e questo li indisporrà. Basta; vedi che navigo come

meglio posso in mezzo a queste acque e qualche volta ancora senz'acqua.

Pazienza e perseveranza.

Corti che lascia Londra ignaro della sua destinazione ha sentito che possa

essere mandato in Grecia. Egli desidera molto non rimanere sul pavé di Torino;

ma dubitando che il Tagliacarne dalla Svezia vada a Lisbona, vuole che vi dica

che egli preferirebbe la Svezia alla Grecia. Mi dice che nello scorso agosto voi

gli diceste che se foste Ministro degli Esteri lo avreste mandato in Svezia.

Spero che Visconti trovi naturale che io continui ,con voi il mio carteggio;

non si potrebbe far bene con due. Io gli scrissi pe:miò due righe l'altro dì.

E per un telegrafo della Legazione lo feci pregare di farmi sapere che cosa era

accaduto di una mia presse che mia moglie aveva consegnato al Cerruti. Non

rispose. Che inverno arrabbattato mi fai passare! Almeno ne venisse fuori .del frutto.

Presto prenderò dei danari. Non ti spaventare; ne renderò conto e resti

tuirò quelli spesi per conto mio. Confesso però che spendo molto e mi dispiace;

siamo in tre ed il Bianchi non è poi il mio Pierino! Ti scrivo troppo, ma mi è

di conforto.

P. S. -Io telegrafo che Azeglio è assente e voi ne ricevete telegrafi; ma sono di Corti.

31 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

(1) -Cfr. n. 358. (2) -Cfr. n. 342.

(1) Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. III, p. 426.

384

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 1487. Londra, 30 dicembre 1863, ore 14,05 (per. ore 16,15).

Lord Russell a ordonné à son chargé d'affaires à Constantinople de demander à la Sublime Porte d'ajourner conférence sur couvents jusqu'au retour de l'ambassadeur.

385

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, p. 2)

T. Torino, 2 gennaio 1864, ore 15,10.

Elliot vient de me communiquer deux lettres de Russell. Dans la première conseille à Italie attendre, organiser, désarmer; dans la seconde rapporte conclusion convenue avec vous Pasolini: Angleterre approuverait, appuyerait échange principautés Vénétie, mais croit Autriche n'accerpterait jamais, aussi appelle-t-il ceci pauvre résultat. J'ai répondu sur le premier ·Chef toutes les raisons que vous connaissez; sur le second qu'inaction absolue Angleterre pourrait pousser empereur et Italie à résolutions compromettantes paix européenne. Je n'ai pas appuyé sur le projet échange, seulement indiqué avantage cette solution. Il me paraìt inutile entamer avec Elliot ce ... (1) avant de connaìtre intention empereur.

386

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 6. Londra, 2 gennaio 1864, ore 17,20 (per. ore 20,25).

D'après les renseignements que je me suis procurés, le conseil d'aujourd'hui a pour but de fixer la conduite à tenir quant au Danemark et décider la limite à laquelle une intervention armée deviendrait inévitable. Un article du Post de ce matin, que j'ai lieu de croir inspiré par le Gouvernement, fait pressentir cette intervention (2).

387

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 8. Costantinopoli, 2 gennaio 1864.

Aali Pacha me communique lettre grand vizir au prince Couza renferme protestation formelle contre vote assemblée principautés unies, le déclare nul et non avenu, et maintient la question sur terrain juridiction des traités. Repré

sentants d'Autriche, d'Angleterre, de Prusse et de Russie expédient spontanément aujourd'hui par courrier ordre consuls à Bukarest de s'associer protestation susdite. Ambassadeur de France reçu des instructions de s'abstenir. Ayant été de nouveau interrogé par mes collègues j'ai répondu que j'attends instructions de V. E. déjà demandées en date du vingt neuf.

(1) -Gruppo indecifrato. (2) -La notizia relativa alla riunione straordinaria del consiglio dei Ministri era già stata· comunicata dal D'Azeglio con precedente telegramma n. 5 in pari data in cui veniva segnalatal'assenza di Palmerston.
388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. l. Torino, 2 gennaio 1864.

Vedo con piacere che la nota pel congresso ha avuto la vostra approvazione. Drouyn de Lhuys non ha risposto nulla, sta bene. Ora ci interesserebbe moltissimo di sapere quale impressione ne ebbe l'Imperatore. Se ne parlava testè con Minghetti e con Peruzzi i quali desideravano che la nota potesse essere presto pubblicata. Da Torino è naturale che noi ci preoccupiamo spesso delle esigenze interne, .come voi siete più specialmente chiamato a giudicare della opportunità dal punto di vista dell'estero. Per l'interno la pubblicazione sarebbe opportuna. Essa avrebbe il vantaggio di allontanarci una discussione di politica estera alla Camera. Si parla troppo di questi giorni dell'Italia, delle note a noi dirette, delle risposte da noi fatte, del viaggio di Pasolini, perchè, senza qualcosa che spieghi l'operato nostro, si possa evitare qualche interpellanza. Se poi, come speriamo, l'effetto della pubblicazione fosse buono in Italia, ciò giungerebbe opportuno in un momento in cui all'interno la situazione dei partiti è più tesa, più aspra di certo di quello che noi vorremmo essa fosse. D'altronde sorgendo nuovi incidenti in Europa, modificandosi la situazione, l'idea del Congresso perdendo il carattere di progetto ancora vivo, o capitandovi anche da parte della Francia qualche dichiarazione meno piacevole, la pubblicazione perderebbe il suo interesse e non produrrebbe l'uguale impressione. Vi espongo le ragioni nostre, fatemi il favore di dirmi il vostro avviso col telegrafo.

I diplomatici a Torino mi parlano continuamente delle nostre minaccie

bellicose. Io rispondo naturalmente che noi chiamiamo l'attenzione dell'Europa

sui pericoli inerenti alla situazione nostra, ma che etc. etc. I giornali ministe

riali tengono l'uguale linguaggio. Essi si sono troppo inoltrati, e ora minacciano

di fare qualche reculade eccessiva. Vi accludo un articolo della Stampa che

riassume presso a poco il nostro linguaggio abituale.

389

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. l. Parigi, 2 gennaio 1864 (per. il 4).

Come d'abitudine S. M. l'Imperatore ha ricevuto ieri al tocco il Corpo

Diplomatico nella sala del Trono del Palazzo delle Tuileries. Il Nunzio Apostolico porse a S. M. le felicitazioni a nome dei suoi colleghi e quindi l'Imperatore

rispose che i voti del Corpo Diplomatico dovevano essere di felice presagio per

l'anno che comincia e che, malgrado le inquietudini provenienti dalle questioni

tuttora pendenti, Egli ha fiducia che lo spirito di conciliazione da cui sono

animati i Sovrani appianerà le difficoltà e manterrà la pace.

In seguito l'Imperatore indirizzò qualche parola a ciascuno dei Capi di Missione ed a me particolarmente dette l'incarico di essere l'interprete dei voti che formava per la felicità di S. M. il Re, della Augusta Famiglia e del nostro Paese.

390

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 3. Torino, 3 gennaio 1864, ore 12,15.

Les ministres d'Autriche, d'Angleterre, de Prusse et de Russie à Constantinople ont donné ordre à leurs consuls à Bukarest de s'associer à la protestation de la Turquie pour la loi relative aux biens des couvents. Avant de nous décider nous désirons connaitre quelle sera l'attitude de la France. Veuillez répondre au plus tòt possible.

391

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 11. Parigi, 3 gennaio 1864, ore 14,50 (per. ore 15,40).

Drouyn de Lhuys m'a dit que sa manière de voir sur la question des biens des couvents dédiés était en substance conforme à la nòtre telle qu'elle a été formulée par la note verbale que je vous ai envoyé par dépèche du 27 octobre (1). Je crois que vous ferez bien de charger le consul à Bukarest de faire une communication dans le sens de cette note. Drouyn de Lhuys m'a promis du reste de me répondre par écrit, mais je n'y compte guère.

392

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 5-6)

T. Londra, 3 gennaio 1864.

Reçu télégramme (2). Je n'ai pas pu voir Palmerston indisposé. Enfì.n aujourd'hui j'ai été avec Azeglio chez Russell. Je lui ai lu votre lettre à Azeglio (3) et une partie d'une de Nigra qui parlait d'accord général avec France.

Sans engagement et confidentiellement, a conclus étre disposé à action commune diplomatique avec France pour notre question; qu'il allait en écrire à Palmerston pour son avis. Nigra est informé.

(1) -Si tratta del R. 372, non pubblicato, con cui Nigra trasmise a Visconti copia di una nota verbale a Drouyn de Lhuys conforme al n. 207. (2) -Cfr. n. 385. (3) -Cfr.. n. 375.
393

IL PRESIDENTE DEL CONSip-LIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 4-5)

L. P. Torino, 3 gennaio 1864.

Ho dato al Re la tua lettera (1). La gradì molto, e m'incaricò di ringraziarti. Poi venimmo parlando delle cose generali e di quel che tu avevi fatto ed appreso.

Il Re vorrebbe penetrare l'animo dell'Imperatore, e sapere precisamente qual sia il suo disegno per l'anno che ·comincia.

Indarno io gli ho detto che dubitava assai, che questo piano così fermo e netto com'egli suppone, non lo avesse: e ne ho tratto argomento dalla facilità colla quale egli è passato dal Congresso generale al Congresso ristretto, dalla combinazione russa alla combinazione inglese.

Egli nondimeno ti farà al tuo ritorno delle dimande categoriche, alle quali è bene che tu sia pronto, ed anzi che lo sappia prima di vedere l'Imperatore per norma. Adunque il Re ti dimanderà: l'Imperatore vuol egli fare qualche impresa quest'anno, o vuol rimanersi ancora nella riserva e nella inazione? Se sì, qual è questa impresa, qual parte può averci l'Italia? Se no, che cosa farebbe l'Imperatore nel caso che l'Italia pigliasse sopra di sè soltanto di far l'impresa della Venezia contro l'Austria?

Tu conosci il Re, e sai che vorrà risposte categoriche, ben inteso se è possibile attenerle.

394

L'INCARICATO D'AFIFARI A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Carlsruhe, 3 gennaio 1864.

Nelle lunghe conversazioni che ebbi l'onore di avere col Principe Guglielmo di Baden (col quale sono noti a V. E. i miei rapporti personali e le prove di particolare benevolenza che S. A. si è degnato di attestarmi qui come in Russia) il Principe si è mostrato meco palesemente liberale e appartenente al partito militante della Nazionalità Germanica.

Sua Altezza mi sembrò preoccupato dei pericoli di una nuova Santa Alleanza, quanto bellicoso per la questione dello Schleswig-Holstein, come questione eminentemente nazionale.

Sua Altezza si mostrò meco a più riprese malcontento della politica prussiana ed inglese, e particolarmente del Principe Gortchakoff sul quale, mi disse, non è possibile politicamente poter contare; ma più ancora dell'Austria, della quale il Principe Guglielmo non fu mai amico, per la sua costante ostilità alle aspirazioni nazionali e liberali germaniche.

Il Principe, che è l'amico del Barone di Roggenba·ch, mi ha sempre attestato nel modo più esplicito molto interesse verso l'Italia e la più gran simpatia verso il Nostro Augusto Sovrano.

Mi ripetè ultimamente che la Germania e l'Italia avevano comuni troppo grandi •interessi e punti di contatto, politici, sociali e commerciali, per non desiderare l'entente tra i due Paesi, convenendo meco che tale entente sarebbe attualmene tanto più utile e propizia nell'interesse reciproco delle due nazioni, qualora la nuova Santa Alleanza divenisse un fatto compiuto.

Il Barone di Roggenbach, uomo di Stato superiore alla politica, per così dire, di campanile, si muove in un cerchio ben più esteso, quello della nazionalità germanica, nè credo ingannarmi supponendolo oltremodo influente ed abile circa la politica attuale della Germania. Tale politica, in seguito del conflitto Dano-Tedesco, è incontestabilmente entrata in una fase che sembrami propizia ad exploiter in nostro favore.

Ho fondate ragioni per credere che Baden desidera il pronto riconoscimento dell'Italia per parte almeno dei Stati limitrofi.

Se questi Stati col rimanente della Germania liberale si distaccano apertamente dalla politica austriaca, e viene a formarsi il gruppo di Stati che mi è sembrato far :parte del programma politico del Barone di Roggenbach, tale combinazione ostile all'Austria sarà ·per conseguenza più o meno favorevole all'Italia.

Nell'attestare, alla fine del mio ultimo colloquio, al Barone di Roggenbach i miei ringraziamenti per i dettagli favoritimi circa la Santa Alleanza in prospettiva, mi permisi osservargli (avendo ben cura di assicurarlo che non facevo che azzardare un'opinione ~personale, nè intendevo menomamente engager la poHtica del mio Governo, del quale non conoscevo il pensiero) che un'entente

fra Governi liberali basata reciprocamente sugli interessi nazionali dei popoli mi sembrava une forte digue contre le débordement d'une alliance du Nord.

Il Barone di Roggenbach sembrò accogliere tale idea non in modo sfavorevole, senza però discuterla, mostrandosi pronto all'occasione a dirigere privatamente l'opinione pubblica della Germania in favore dell'Italia, e specialmente per un ravvicinamento politico coi Stati limitrofi al Gran Ducato.

Nei dettagli che precedono come nel contenuto delle mie ultime confidenziali oso sperare che V. E. troverà qualche elemento utile al Governo del Re, nelle attuali emergenze e vorrà quindi, se lo crede opportuno, trasmettermi più particolari istruzioni, le quali potranno forse utilizzare maggiormente la mia missione a Carlsruhe.

(1) Del 27 dicembre, ed. in Carteggio Minghetti-Paso!ini, vol. III, p. 420 e, parzialmente, in G. PASOLINI, Memorie, vol. I, p. 525.

395

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

T. 9. Torino, 4 gennaio 1864, ore 18,05.

Je vous expédie par prochain courrier instructions sur l'affaire des couvents. En attendant en voici le sens général que vous pourrez faire connaitre au prince Couza et à vos collègues. En qualité de puissance signataire du traité de Paris et des conventions ultérieures nous ne pouvons pas approuver la résolution du prince et de l'assemblée contraire à ces stipulations. Mais nous croyons en meme temps qu'il faut résoudre la question sur des bases libérales pour rétablir la tranquillité dans les principautés (1).

396

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 14. Parigi, 5 gennaio 1864, ore 14,50 (per. ore 15,40).

Quatre ital:iens ayant des bombes et des lettres de Mazzini ont été arretés hier à Paris. Je vous répondrai jeudi par télégraphe sur la publication de la note.

397

L'INCARICATO D'AFFARI A. I. A LISBONA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. l. Lisbona, 5 gennaio 1864 (per. il 15).

La session ordinaire des Cortes Portugaises a été ouverte par le Roi le 2 de ·Ce mois. Dans son discours, dont j'ai l'honneur de transmettre d-joint copie à V. E. (2.),

Sa Majesté commence par exprimer toute la joie causée par la naissance du Prince. • Cette joie, dit-Elle, a été encore augmentée par la visite de l'lmpératrice des Français, ainsi que par la présence de LL. AA. RR. le Prince de Carignan et le Due d'Aoste •.

Le discours Royal préconise ensuite l'idée d'un Congrès européen • parce que si le droit de la force peut .convenir aux Etats de premier ordre, la force du droi t convient davantage aux nations d'une moindre puissance •.

Ce passage n'a pas rencontré l'approbation générale.

Cet éloge à l'adresse de la France a paru impliquer la condamnation du refus de l'Angleterre et ne pas tenir suffisamment compte de la situation particulière du Portugal qui ne peut rester digne dans sa conduite politique qu'à la condition d'etre à une égale distance du blil.me et de la flatterie.

Parmi les réformes qui vont étre proposées aux Chambres la plus importante est l'abolition du monopole du tabac. Quoique tout le monde ici soit converti aux principes de la liberté en matière commerciale et persuadé de la nécessité de modifier un impot v;exatoire l'opposition aura beau jeu pour attaquer le Ministère dans une question qui, mal résolue, pourrait amener une diminution consi~ dérable dans les recettes de l'Etat et compromettre l'avenir financier du Pays.

(1) -Analogo telegramma venne inviato lo stesso giorno a Costantinopoli col n. 8. (2) -Annotazione marginale: • Il discorso si è mandato alla Gazzetta Ufficiale •·
398

IL SENATORE PASOLINI AD ANTONIETTA PASOLINI (1)

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 7-9)

L. P. Londra, 5 gennaio 1864.

Dopo la visita di domenica riuscita così bene io era di avviso che non si dovesse fare altro passo per ora. Azeglio ha voluto che andiamo oggi da Palmerston, il quale era ancora mezzo malato. Gli si è letta prima la lettera di Minghetti (2). Solita cantilena! -ha detto -ma bisogna aspettare. -E come si entrava in discussione su ciò e Azeglio gli aveva detto che eravi anche una lettera di Nigra (3), ha voluto prima sentire anche quella. Poi ha detto che bisognava aspettare, e adesso sperava intendersi con l'Austria sulla questione Danimarca, che con la nostra proposta si guasterebbe tutto, che già l'Austria non ne vorrebbe, che un Governo forte deve sapere fare aspettare ecc. ecc. Puoi credere che si è risposto che non si sapeva mai se quella accetti o no, finchè non si domanda e non si consiglia con quella pressione che pur chiama a riflettere, che lo stesso Rechberg non dimanda forse di meglio, ma ha bisogno di una occasione, di un modo ecc., e ·che quanto a noi ci pareva fossimo da lodare se procuravamo di impedire con trattative delle guerre e delle complicazioni che una volta cominciate sono più difficili da accomodare, come appunto l'affare Danimarca. Il colloquio non mi è sembrato molto benevolo, forse anche perchè l'uomo non stava bene. Ci chiese anche che cosa ci aveva detto Russell e sentendo che si era mostrato molto bene disposto sul principio, ha detto: ma vi è anche la questione di opportunità, e questo non mi pare il momento. Dopo colazione siamo tornati da lui e lo abbiamo trovato migliore. Ci ha detto che egli vagheggia quel progetto da molti anni, ma che adesso propriamente che nella questione Danimarca sperano mettersi bene coll'Austria, non possono fare cosa disaggradevole a questa. Che la questione Danimarca pare debba assestarsi presto, e allora si potrà fare saggiando il terreno prima. Io ho poi soggiunto come per consiglio di Azeglio io gli aveva letto una lettera di Nigra, e sotto ogni riserva, nella quale si accennava chiaramente alla necessità di un riavvicinamento tra Inghilterra e Francia in tutte le quistioni, della buona fede dell'Imperatore, della nissuna ragione nell'Inghilterra di tenere il

broncio, e perfino quali pegni di amicizia volesse chiedere; forse il ritiro da Roma? Non mi è piaciuto il tono della risposta. Ha riconosciuto il presente governo essere il migliore che da lungo tempo sia stato in Francia per l'Inghilterra; se vi è qualche raffreddamento non esserne certo cagione l'Inghilterra. Che pegni poter chiedere? Se si ritira da Roma, farà benissimo, non dipendere che da lei; credere che ora non voglia la guerra, non sapere se la voglia a primavera e simili cose. Io non ho molto insistito in questa discussione, poichè non ho voluto dare maggior fondamento al sospetto che noi non ·siamo che messi di Francia. Del resto la lettera letta era esplicitissima, poi io non so se la presente questione danese non abbia dato luogo a nuovi dissapori. Poi si è tornati sulla nostra proposta sulla quale ha ripetuto le stesse idee fondamentali di prima, come personali però e naturalmente senza impegno ufficiale. Io già ti ho scritto che ho sempre trovato questa volta Palmerston diverso dall'estate e come indispettito verso Francia. Dopo tutto questo però io non mi darei per vinto. Se fosse un affare mio, rimanderei il Bianchi, direi che sto qui a imparare l'inglese, mi metterei in una casa dove spendere in una settimana quello che qui spendo in un giorno, vorrei vedere Gladstone e qualche altro ·cui potessi avere introduzione e vedere con pazienza e perseveranza un poco più chiaro in questa faoclenda. Questi umori sono troppo pericolosi o non sono veri o non possono durare, e se cambiano vorrei che noi ne avessimo profitto. Ora io debbo andare a Parigi; e di più, se rimanessi, che cosa direbbe o farebbe Azeglio? il quale oggi mi è sembrato molto al di sotto di quello che fu da Russell, e non veggo il frutto della sua intimità e famigliarità. Ad ogni modo prima di partire vorrei tentare una nuova démarche da solo presso Russell, perchè il discorso di oggi proprio non ribatte con quello di domenica e non vorrei ·che si fosse apparenza fittizia. Questo potrebbe farmi ritardare la partenza fino a sabato. Scrivo a Nigra, ma solo accennando le cose, perchè non mi pare che torni a conto mettere il campo a rumore.

(1) -Questa lettera che Pasolini per prudenza aveva indirizzato alla moglie era evidentemente destinata a Minghetti. (2) -Cfr. n. 358. (3) -Cfr. n. 376.
399

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

T. 12. Torino, 6 gennaio 1864, ore 23,30.

A Londres on se flatte d'étouffer la question Danoise. L'Autriche seconde l'Angleterre de tout son pouvoir. Il s'agirait d'amener une déclaration préalable des grandes puissances qui prendraient pour base le retrait de la constitution de novembre et le protocole de 1852. On espère toujours pouvoir réunir une conférence, une fois ces bases acceptées et faire bon marché du prétendant. Vous pouvez glisser cette nouvelle à M. de Mohl sans dire qu'elle vous vient de Turin (1).

(t. 16 dello stesso 6 gennaio).

(1) Le notizie contenute nel presente telegramma erano state comunicate dal d'Azeglio

400

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l. Londra, 6 gennaio 1864 (per. il 9).

Sono stato jeri a fare visita a Lord Palmerston a Broadlands, ed essendosi parlato della quistione danese, il primo Ministro disse che stavano d'accordo coll'Austria lavorando indefessamente a dare soluzione pacifica a questa intricata questione. Anzi Lord Palmerston non parve vedervi difficoltà insuperabili, assicurando che nel suo stato attuale la questione erasi assai semplificata. Dover l'Inghilterra mantenere i principii contenuti nel protocollo del 1852, e dovere la Danimarca disinteressare le potenze germaniche eseguendo le promesse fatte dal Re defunto di non incorporare lo Schleswig. E siccome la costituzione di dicembre eseguisce in fondo quest'incorporazione, dunque doversi prima di tutto dalla Danimarca abrogare questa costituzione; quindi l'esecuzione non avrebbe più motivo di continuare, e tutto tornerebbe in pristino con contento generale.

Questa ridente pittura, se si avverasse, potrebbe sieuramente levar l'Europa da un grande imbarazzo, ma sfortunatamente contiene precisamente tutte le difficoltà che mettono quei paesi in armi, e sempre ravviso l'istessa differenza tra la teoria e la pratica che ha dominato sin qua la marcia di questa vertenza. Ma d'altra parte il tempo che passa può forse essere migliore amico dando agio agli animi di raffreddarsi, a gelosie di nascere, a consigli più calmi.

Da quanto vedo par probabile che l'Austria per la prima defezioni gl'interessi germanici, non volendo mettersi male con l'Inghilterra e nell'istesso tempo fare gl'interessi della Prussia, la potenza in fondo interessata finalmente a tutta questa faccenda. Le potenze germaniche di second'ordine quasi attonite della loro audacia nell'andare contro all'Austria ed alla Prussia nei consigli della Dieta, e forse anche non volendo favorire le viste della Prussia all'avvenire, pajono più disposte a sacrificare gl'interessi dinastici della casa Augustenburg, purchè si possa ottenere la completa separazione amministrativa dello Schleswig Holstein.

La Russia, che forse non si cura di una nuova guerra per mantenere i suoi diritti su questi ducati, pare che lavori attivamente .con l'Inghilterra a venire a qualche accordo per mezzo di vie diplomatiche. Osservo che i rapporti fra le due potenze pajon migliori da qualche giorno, e jeri si spedì un corriere di qua a Pietroburgo.

È difficile l'indagare positivamente quello che il Governo inglese intenda fare, ma non mi stupirebbe se si volesse ottenere prima di tutto dalle cinque grandi potenze una dichiarazione ·ch'esse intendono aderire al protocollo del 1852, e quindi venire a una conferenza che determini in modo finale delle relazioni fra i Ducati e la Danimar.ca. Ma fuori che l'inverno venga ad impedire i movimenti delle truppe, possono da un momento all'altro succedere tali fatti da sventare tutte queste disposizioni e previsioni.

A coadjuvare le quali, jeri si è spedito da Londra una specie di circolare

o dispaccio ai Ministri inglesi presso le Corti secondarie tedesche, dispaccio che mi si dice scritto con una certa asprezza onde dcondurli a sentimenti migliori. Benchè Lord Palmerston siasi specialmente lodato della condotta dell'Austria in questa circostanza, non parve lagnarsi della Prussia.

Intanto tra gli ostacoli frapposti in consiglio dai fautori della pace fra i quali Lord Granville e Milner Gibson e le note disposizioni di Sua Maestà che sembra volere osteggiare qualunque risoluzione da prendersi contro la Germania aderendo alle idee Sassonia Coburgo, la posizione del primo Ministro non è sempre facile.

Sabbato si scambiarono a Londra le ratifiche pel trattato conchiuso tempo fa per la cessione delle isole Jonie.

Nell'accusare ricevuta del dispaccio confidenziale dell'll dicembre scorso (1) relativo alla giurisdizione consolare sui nazionali residenti nella Reggenza di Tunisi, mi pregio d'informare V. E. che ne ho comunicato il contenuto a questo

• Foreign Office , il quale ha sottoposto il caso alla Rappresentanza britannica in Tunisi per le relative informazioni. Appena ne conoscerò il risultato, avrò l'onore di comunicarlo all'E. V.

401

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2. Parigi, 6 gennaio 1864. Ho l'onore di mandare qui unito all'E. V. il progetto di indirizzo formulato dal Corpo Legislativo in risposta al discorso della Corona. Questo documento non è, come soleva negli anni precedenti, una parafrasi delle parole Imperiali. Per la prima volta forse, dopo la fondazione dell'Impero, il Corpo Legislativo segna al Capo della nazione una linea di condotta netta, chiara, precisa. È questo un fatto sul quale credo dovere chiamare la speciale attenzione dell'E. V. Il progetto di indirizzo si pronunzia ricisamente nel senso di una politica di pace. • La Francia, così dice il progetto, non ha ora altra ambizione fuor quella di assicurare il suo riposo, di sviluppare la sua prosperità materiale col lavoro e la pace, la sua prosperità morale ·Colla pratica sincera e progressiva delle libertà civili e politiche •. Il progetto esprime la fiducia che le finanze nazionali saviamente amministrate, sciolte dalle circostanze eccezionali che pesano sopra di esse, potranno soddisfare a tutti i bisogni del paese senza necessità di ricorrere al credito pubblico ed a nuove imposte. Lascia travedere un vivo desiderio che le spedizioni del Messico, della Cina e della Cocincina che inquietarono gli spiriti in Francia abbiano a cessare dal diventare un sacrifizio per le finanze dello Stato. Infine senza celare le simpatie per la causa Polacca il progetto esprime il rammarico che il Corpo Legislativo proverebbe se i buoni rapporti colla Russia

venissero a raffreddarsi e si limita a confidare nei risultati lontani che il germe gittato dall'Imperatore colla proposta del Congresso può fecondare per l'avvenire.

Non guerra, non spedizioni, non prestiti nè imposte; pa·ce, raccoglimento, pratica progressiva delle libertà interne. Ecco in conclusione il programma della maggioranza del Corpo Legislativo.

Lascio all'oculatezza dell'E. V. il trarre le necessarie conclusioni da questo fatto. Solo mi limito ad osservare come la stessa non ordinaria insistenza del progetto di indirizzo per una politica di pace, sia grave indizio delle inquietudini che regnano in Francia intorno alla possibilità che questa pace tanto desiderata possa essere a lungo mantenuta.

(1) Non pubblicato.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 13. Torino, 7 gennaio 1864, ore 0,15.

Ce que nous désirons avant de publier la note ·c'est de connaìtre s'il est possible l'impression produite sur l'empereur et surtout votre jugement sur l'opportunité de cette publication. L'opinion de M. Drouyn de Lhuys nous

serait si évidemment défavorable, qu'il vaut peut etre mieux ne pas le consulter.

403

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 17. Parigi, 7 gennaio 1864, ore 14,35 (per. ore 15,30).

Drouyn de Lhuys vient de me répondre sur l'affaire des biens des couvents dédiés. Sa réponse que je vous envoie par le courrier d'aujourd'hui termine en disant que l'ambassadeur de France à Constantinople observera la plus grande réserve dans le cas où d'autres représentants se concerteraient pour adresser une protestation à la Porte contre la résolution qui vient d'etre votée à Bukarest. Drouyn de Lhuys m'a dit que votre note du 24 décembre (1) a fait

bonne impression sur l'empereur. Vous pouvez, je crois, la publier sans inconvénients.

404

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 18. Londra, 7 gennaio 1864, ore 16,45 (per. ore 18,30).

Des ouvertures viennent d'etre adressées à Pétersbourg et à la Suède pour s'entendre pour empecher hostilité de commencer entre Danemark et l'Allemagne. L'Autriche seconde ces démarches: se sépare de plus en plus de la

politique de la Prusse. Une demande de médiation a été adressée par le Danemark à la France.

(1) Cfr. n. 356.

405

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3. Parigi, 7 gennaio 1864.

Ho domandato oggi al Signor Drouyn de Lhuys se le spiegazioni domandate dal Governo francese all'occasione della proposta di una conferenza per regolare la questione Danese erano giunte e se erano soddisfacenti in guisa da permettere che la Francia assentisse ad una tale proposta. Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi rispose, che la questione erasi modificata dal giorno in cui me ne aveva parlato. Mi disse essergli annunziato per telegrafo che la Danimarca, appoggiata dall'Inghilterra, farà una domanda di mediazione da esercitarsi dalle potenze non Tedesche che segnarono il Trattato di Londra cioè dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Russia e dalla Svezia. Questa domanda non era ancora stata fatta fino al momento in cui scrivo, ma sarà fatta forse nella giornata o domani. Intanto l'Inghilterra ha già tastato il terreno qui. Il Governo francese farà dipendere la sua accettazione da alcune condizioni e principalmente dal mantenimento assoluto dello statu qua, sia in ordine all'occupazione militare, sia in ordine alla questione di successione, non che dall'impegno che dovrebbe essere preso dalla Dieta Germanica di aderire alle risoluzioni della conferenza. Quanto alla sede della conferenza stessa il Governo francese desidera che non sia fissata a Parigi, ma nè anche a Londra. A suo giudizio una città ap

partenente ad un paese intieramente estraneo alla questione, sarebbe da preferirsi e si accennò a Brusselle.

406

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 4. Parigi, 7 gennaio 1864.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi rimise oggi una nota verbale in risposta a quella che gli rimisi in data del 26 ottobre scorso (1) e che esponeva il modo con cui il Governo del Re giudica la questione dei beni dei conventi dedicati nei Principati Rumeni. Il Signor Drouyn de Lhuys esprime in essa la sua soddisfazione nel vedere che il Governo del Re considera sotto lo stesso aspetto ·che il Governo francese la questione dei beni appartenenti ai conventi dedicati ai Luoghi Santi dell'Oriente. I due Governi infatti stimano che se la necessità di un arbitraggio è riconosciuta, non si dovrebbe procedere a tale misura che dopo essersi messi d'accordo sulle questioni da sottomettersi agli arbitri. Risultato di questo accordo preventivo deve essere, secondo i due Governi, lo stabilire il principio di un'indennità pecuniaria a favore dei monad greci, i quali rinunzierebbero

allora ad ogni pretesa sulla proprietà ed amministrazione dei beni dedicati. Adottando tale misura i due Gabinetti non fanno altro che riferirsi all'opi

nione emessa dai loro delegati e dalla maggiorità di quelli delle altre potenze facenti parte della Commissione Europea.

Riguardo poi il voto recente dell'Assemblea Moldo Valacca, il quale rende molto più complicato questo affare, ecco la maniera di vedere del Gabinetto delle Tuileries su tale grave incidente.

L'Assemblea di Bucarest votando i fondi necessarj per l'indennità offerta ai monaci greci prova che essa non ha l'intenzione di togliere ai Luoghi Santi la quota che loro spetta delle rendite dei beni appartenenti ai Conventi; ma secondo il Governo francese, l'Assemblea oltrepassò i suoi diritti decretando la secolarizzazione immediata di tali beni. Ciononostante, questa circostanza non sembrò al Signor Drouyn de Lhuys tale da modificare la sua opinione sul fondo della questione, opinione che rimane conforme a quella espressa dalla maggioranza della Commissione Europea. L'Ambasciatore di Francia a Costantinopoli si terrà quindi nella più grande riserva, nel caso che altri rappresentanti si concertassero per protestare presso la Porta contro il voto dell'Assemblea di Bucarest.

ALLEGATO

DROUYN DE LHUYS A NIGRA

NOTE VERBALE. 6 janvier 1864.

Par la note que M. le Chevalier Nigra lui a remise le 26 Octobre dernier, le Ministre des Affaires Etrangères de l'Empereur a vu avec plaisir que le Gouvernement Italien envisage de la meme manière que celui de l'Empereur la question des biens appartenant aux monastères dédiés aux Saints Lieux de l'Orient.

Il résulte en effet de cette note et des communications précédemment échangées que dans l'opinion des deux cabinets, si l'impossibilité d'une 'entente à l'amiable entre les parties était reconnue, il ne devrait etre procédé à l'arbitrage qu'après un accord sur les questions qui seraient soumises aux arbitres. Le Gouvernement Italien pense, comme celui de I'Empereur que cet accord préalable doit avoir pour résultat de poser le principe d'une indemnisation pécuniaire en faveur des moines grecs, qui renonceraient alors à toute prétention sur la propriété et sur l'administration des biens des monastères dédiés. En adoptant ce point de vue, les deux Gouvernements se réfèrent d'ailleurs à l'opinion exprimée dans le sein de la Commission Européenne par leurs délégués, et par la grande majorHé de ceux des autres puissances.

Un vote récent de l'assemblée Moldo-Valaque vient de compliquer la marche de cette affaire. Aussi, pour répondre au désir exprimé dans la note précitée, M. Drouyn de Lhuys s',empresse de faire connaitre au Gouvernement Italien de quelle manière ce grave incident est ~envisagé par le Cabinet de Paris.

On peut dire qu'en votant les fonds nécessaires pour servir l'indemnité offerte aux moines grecs, l'assemblée de Bukarest témoigne qu'il n'est pas dans son intention de frustrer les Lieux Saints de la part qui leur revient dans les revenus des biens des monastères dédiés, mais aux yeux du Gouvernement de I'Empereur les Moldo-Valaques ont dépassé leur droit en décidant la sécularisation immédiate de ces lieux. Cependant cette circonstance n'a pas paru à M. Drouyn de Lhuys de nature à modifier son opinion sur le fond du débat, opinion qui reste toujours conforme à l'avis ~exprimé par la majorité de la Commission Européenne. Aussi I'Ambassadeur de l'Empereur observera la plus grande réserve dans le cas où d'autres représentants se concerteraient pour adres.ser une protestation à la Porte, contre la résolution qui vient d'etre votée à Bukarest.

(1) Non pubblicata.

407

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 7 gennaio 1864.

Vi ho telegrafato (1) l'arresto operatosi in questi giorni di quattro Italiani venuti in Francia col colpevole intento di rinnovare l'attentato d'Orsini. Furono trovati in possesso di bombe e di scritti di Mazzini. Pare che, partiti da Lugano, andassero a Londra e di là a Parigi. Non so i loro nomi; ma pare che uno di essi si chiami Imperatori, ed uno Trabucco; forse questi nomi sono supposti. La polizia, prevenuta a tempo, credesi, da Londra, li fece spiare attentamente e poi li arrestò. La cosa si seppe a Parigi; la borsa se ne risentì. Questo sciagurato incidente non fa i nostri affari qui. L'onta mi sale al viso ogniqualvolta io penso che questi artefici di tradimento vengono dal nostro paese. Credo che sarebbe bene che i nostri giornali (parlo degli onesti) levassero alta e severa la voce contro questa infamia.

Scrivo a lungo a Minghetti anche per voi. Vi telegrafai (2) che non vedevo inconvenienti per la pubblicazione della nota. Diffatti essa fu bene accolta dall'Imperatore. Volli però parlarne a Drouyn de Lhuys non già per domandare il suo beneplauso, ma per avvertirlo, come è dovere di cortesia, che la nota sarebbe pubblicata.

Vi raccomando l'affare del palazzo della Legazione...

408

IL CONTE VIMERCATI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 361-364)

L. P. Parigi, 7 gennaio 1864.

Come ti ho .scritto, comprendo benissimo che tu desideri lasciar terminare la discussione dell'indirizzo, prima di scrivere la lettera in questione, trovo tanto più giusto questo tuo divisamento, in quanto che Rouher dicevami che dopo la discussione dell'indirizzo avrebbe saputo più precisamente a cosa attenersi, riservandosi a quell'epoca d'interpellare l'Imperatore in proposito, dopo d'aver avuta la certezza che il Governo del Re non sarebbe lontano dall'intavolare seriamente trattative nel senso da me indicatogli, a seconda delle intelligenze prese teco prima che io lasciassi Torino.

È da presumersi che la presentazione dell'indirizzo del Corpo Legislativo, non potrà aver luogo prima del 20 corrente, allora soltanto potrò riprendere con Rouher seriamente la ·conversazione, intendendomi anche con Thouvenel, senza del quale egli nulla intraprende. Quando saprò precisamente a cosa attenermi

sono deciso a recarmi a Torino io stesso, tanto più se il Re va a Milano per l'ultima settimana del Carnevale; che è quest'anno nei primi giorni di febbraio. A voce ti trasmetterò le mie impressioni, e se è del caso, combineremo assieme la lettera, perchè riuscendo importante non abbia a legarti menomamente. Essa non deve in ogni caso uscire dalle mie mani; quindi non vedo qual pericolo possa esservi.

Cinque giorni fa, Thouvenel fu chiamato a lunga e segreta conferenza dall'Imperatore, il quale esposegli la difficoltà della situazione attuale e le sue speranze ,che la Prussia possa staccarsi dall'Austria nella questione dello SleswigHolstein per la quale era disposto ad accettare la conferenza a Parigi; Fleury fu incaricato di parlare a Bismarck ed al Re in questo senso nel suo passaggio a Berlino, e di tentare presso quel gabinetto un riavvicinamento alla Francia. Egli si è lusingato della riuscita, forse più che non l'abbia realmente ottenuta.

Thouvenel consigliò a S. M. Imperiale di non fare sulla Prussia assegnamento alcuno, poichè, a parer suo, non solo il Gabinetto prussiano, ma l'intera Germania rinuncerà a qualunque progetto, facendo tacere ogni sentimento, allo scopo d'evitare complicazioni dalle quali trar potrebbe profitto la politica imperiale.

L'Inghilterra più d'ogni altra contribuirà a chiudere ogni via possa essere tentata dal Gabinetto delle Tuileries, poichè essa s'ostina forse a ragione, a prestare all'Imperatore mire nascoste per le frontiere del Reno. Queste idee vennero da Thouvenel esposte con franchezza a S. M. aggiungendo che egli non crede assolutamente possibile di nulla intraprendere per la parte della Germania; solo sul Danubio appoggiandosi alle aspirazioni della Nazionalità Ungherese, al movimento Serbo, ed alla possibilità di una confederazione danubiana, si possono sciogliere le difficoltà che rimarrebbero insolubili, persistendo a seguire l'attuale andamento politico. L'Imperatore troncò la conversazione, dopo qualche momento la riprese per interpellare le determinazioni di Thouvenel sulla possibilità del suo ritorno al potere, Thouvenel disse che egli preferiva non essere, per il momento, richiamato, ma che avrebbe aderito agli ordini di

S. M. qualora glielo avesse imposto, alla sola condizione di far precedere una spiegazione coll'Imperatrice onde esporle le sue vedute, ed avere da Lei la parola che non attraverserà quanto nell'interesse della Francia e della Dinastia, egli crederà dover proporre all'Imperatore, il quale soggiunse a Thouvenel che l'Imperatrice aveva rinunciato ad occuparsi di politica. Questa dichiarazione :;piacque al nostro amico, poichè naturalmente vide in essa un atto costante di debolezza, smentendo i fatti ogni giorno più quanto S. M. asseriva.

Questa conversazione di cui ti garantisco l'esatta verità, te la comunico

in tutta confidenza e segretezza, tenendola io dallo stesso Thouvenel, ed essendo

qui ignorata da tutti.

Le cose sono rimaste a questo punto, e Rouher, che sperava di vedere il suo antico collega riprendere la direzione degli Esteri, è per il momento scoraggiato e di mal umore.

Drouyn de Lhuys seppe dell'abboccamento Thouvenel, pretestò malattia e non comparve alla cerimonia del primo d'anno. Tutto questo ti spiega come io scrivendoti per la posta un rigo che poteva essere letto, ti diceva essere probabile un cambiamento.

Varii Ungheresi fra i più influenti, dei quali se il desideri potrò mandarti i nomi, furono qui, 'Col mezzo di Kiss conobbero anche le ~dee di Thouvenel sulle quali fondano per molto le loro speranze, e posso dirti per certo, che lasciarono Parigi decisi di attendere che la politica Imperiale abbia cangiata la sua direzione. Ciò tengo a farti conoscere, :perchè essendo l'Ungheria base primaria su cui dobbiamo fare assegnamento in caso d'ostilità verso l'Austria, tu sappia per un canale diverso da quelli che avrai già, in quali disposizioni trovinsi parte dei capi di quella nazionalità.

Quanto al Congresso ristretto io non credo, con molti, che possa aver luogo, sarebbe un riunire maggiormente le potenze che al Congresso Generale si mostrarono avverse, e l'Inghilterra, la prima fra queste, non mancherebbe colla sua influenza di combattere le determinazioni che potrebbero essere prese in questa specie di conciliabolo.

Si 'Vedrà a cosa condurrà la riunione a Parigi, per la questione dello Sleswig-Holstein; il più grande trionfo per l'Imperatore dei Francesi sarebbe se egli potesse far prevalere nei Ducati il principio del suff·ragio popolare, lasciando agli abitanti la libertà del voto. L'Austria· naturalmente farebbe il possibile per evitare codesta soluzione, poichè se questo principio prevalesse, insinuandosi in Germania, condurrebbe forse l'Impero Austriaco a ridivenire Granducato d'Austria. È questa una mia idea alla quale ti prego non dare importanza.

Montebello scrive che la sua posizione diviene sempre più difficile a Roma, ma sventuratamente i suoi rapporti cadono nelle mani del Ministro della Guerra, che non gli comunica che quando vi è forzato, il suo malcontento però si è manifestato in una lettera che egli scrisse all'Imperatore e che fu letta da Fleury, in essa il generale Montebello accennando alle difficoltà prevede che queste diverranno sempre più gravi, Egli finisce lodandosi dei suoi rapporti colle autorità italiane (1).

Alcuni giorni sono Boitelle prefetto di polizia dissemi aver ricevuto un rapporto d'uno dei suoi agenti a Vienna, nel quale riferivasi come la presenza del Signor Bensa in quella capitale, avesse fino ad un certo punto commossa la diplomazia· a causa della missione che egli diceva aver avuto dal Re, di scandagliare quali fossero le disposizioni delle persone influenti circa alla probabilità di una guerra, od alla possibilità per la cessione della Venezia. Aggiungesi in questo rapporto, dicevami il prefetto di polizia, che l'Imperatore d'Austria non mostravasi indifferente alla moglie del Signor Bensa. Io lascio tutta la responsabilità di questa narrazione a chi me l'ha data, te la comunico onde tu ne faccia quell'uso ·che credi; ben inteso ~colla massima discrezione, poichè egli è sempcre con profonda ripugnanza che dico cose che possono essere a carico e tornare a danno di terze persone, tanto più che io il Bensa non lo conosco che per la sua sfavorevole riputazione la quale il Re dice essere ingiusta.

« È tale l'irritazione di De Merode contro il Conte di Montebello, che vi ha chi dice avergli inteso esclamare, Iorchè seppe essere stato facoltizzato dall'Imperatore a porsi in certe eventualità alla direzione della Polizia Pontificia : "Se tanto ardisse chiamerei io stesso le truppe italiane ad occupare Roma" •.

32 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Ritornando agli affari di Roma, sembrami che a Londra si potrebbe cercare un appoggio che tornerebbe assai utile, non per far prendere dal Gabinetto Inglese l'iniziativa della questione, il che sarebbe dannosissimo, ma per far sì che da Londra si scrivesse a Lord Cowley che agisca privatamente coi suoi consigli presso l'Imperatore, al momento debito facendo sentire, come la ·condiscendenza della Francia in questa questione, potrebbe contribuire al riavvicinamento al Gabinetto Inglese, col quale nel fondo l'Imperatore tiene ad esser bene.

Gli Inglesi che saranno sempre contrarii alla questione della Venezia, e tu devi averne prove non dubbie, vedendo che questa può condurre alla guerra, saranno favorevoli .certamente a'lla questione Romana, e ·Cercheranno di mettersi d'accordo per contribuire alla riuscita. Il loro appoggio potrà esser tanto più efficace, in quanto che essi stessi comprendono, in seguito a ciò che è già avvenuto, che non ·Si deve a Londra prendere l'iniziativa, ma solo assecondare il movimento che partirebbe da qui.

Vedi da questa mia lettera come io vada studiando ogni mezzo che atto esser possa a condurre un buon risultato. Gran parte di queste idee non sono le mie, ma bensì quelle dei miei amici, e questi sono i soli favorevoli all'Italia, ed i soli coi quali io vivo, persuadendomi sempre più che il transigere cogli avversari, non conduce che ad intiepidire le simpatie di quelli che ci sono favorevoli, senza raggiungere lo scopo di disarmare quelli che ci sono contrarii.

Fregandoti a scrivermi a cosa debba attenermi...

(1) -Cfr. n. 396. (2) -Cfr. n. 403.

(1) Sullo stato dei rapporti del generale Montebello con il governo pontificio, e in partièolare con Monsignor De Merode, il Visconti Venosta era già stato informato dal console Teccio di Bayo, con il rapporto n. 4 in data 19 dicembre (non pubblicato) che dopo aver riferito di alcuni incidenti, concludeva:

409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 16. Torino, 8 gennaio 1864, ore 15,55.

D'après d'Azeglio (1) l'Autriche est tout à fait d'accord avec Angleterre dans la question danoise. Croyez-vous qu'il en soit de meme de la Prusse? Le Danemark demande la médiation de la France.

410

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 22. Francoforte, 8 gennaio 1864, ore 15,50 (per. ore 17,25).

Ministre d'Angleterre vient de me confier que note colledive allait étre incessament adressée à Diète par Angleterre, France, Russie et Suède déclarant que troupes fédérales ne doivent pas franchir Eider et proposant conférence ou arbitrage pour régler affaire danoise.

(1) Cfr. n. 404.

411

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 11-12)

T. Torino, 8 gennaio 1864, m·e 21,15.

Le moment pour qùitter Londres me parait le plus inopportun. Puisque vous avez attendu marche des affaires danoises il faudrait au moins que je ... (1) avant de retourner à Paris. Ne vous préoccupez par de 1a dépense, prenez tous les conforts. Si France et Angleterre refusent prendre initiative pour notre question, il faudrait au moins tàcher relier question Principautés à question Danoise. Ce serait une porte ouverte pour mettre sur le tapis notre projet.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI

D. CONFIDENZIALE 11. Torino, 8 gennaio 1864.

Intorno al fatto che formò già l'oggetto del mio dispaccio in data del 1° dicembre p.p. (Gabinetto) (2), giunsero di poi al Ministero ulteriori ragguagli che importa sapere se siano esatti. Secondo ciò che fu riferito, non solo il Consiglio generale delle Alpi Marittime avrebbe emesso il voto per l'annessione all'Impero di territori appartenenti al Regno, ma lo stesso Signor Gavini, nell'atto in cui riceveva comunicazione ufficiale della deliberazione, avrebbe espresso la fiducia che il voto sarebbe stato esaudito e che la bramata annessione si sarebbe effettuata. Siffatta circostanza. accrescerebbe naturalmente la gravità dell'incidente, poichè non si tratterebbe più di una semplice manifestazione di un corpo elettivo, ma bensì di una dichiarazione solenne di una Autorità dipendente direttamente dal Governo Imperiale. Gradirei quindi che la S. V. Illustrissima, assunte precise e sicure informazioni, mi ponga in grado di conoscere quanto s'abbia di vero nella su accennata circostanza.

413

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 9-11)

L. P. Londra, 8 gennaio 1864.

Ieri fui da Russell il quale con un tono quasi amaro mi disse: Siete stato da Palmerston. -Mi ci ha condotto Azeglio. -Me lo ha scritto, dicendomi che l'affare Danimarca impedisce ora fare altro. -Più tardi (perchè quello non era momento) ripresi il discorso e dissi: -Ho appunto desiderato rivedervi

perchè io dopo l'ultimo colloquio così soddisfacente voJeva partire. Azeglio ha voluto che vada con lui da Palmerston, il quale ho trovato, come dite, molto preoccupato di Danimarca. -Sì, è gravissimo. -Ma un'altra cosa mi è parsa travedere in lui, l'idea che io sia agente francese. Io me ne voglio chiarire con lei. Sono partito ·COn incarico di vedere lo stato delle relazioni nostre nei due paesi dopo questo malaugurato disaccordo tra Francia e Inghilterra. Appena veduto Nigra, decisi di cominciare di qui. Ho trovato le stesse buone disposizioni di prima, e la dichiarazione espressa che in qualunque caso, se non sarete con noi, giammai sarete contro di noi. -Ampia conferma. -Il mio secondo scopo era di vedere se potevasi trovare un punto su cui Francia e Inghilterra si ponessero d'accordo per riuscire allo scioglimento della questione nostra. Ci era l'affare Polonia. Non volendo voi guerra, era impossibile. -Impossibile ecc. -Allora proposi trattative per scambio: vi dichiaraste favorevoli. -Nuova conferma e difficoltà di fare le pratiche. -Ma io dubitava assai che la Francia ne volesse; chiesi a Nigra ed ecco la ragione del ritardo della mia partenza. Mi rispose che accetterebbe, non solo, ma che egli credeva che su questo terreno Francia e Inghilterra potrebbero ristabilire l'accordo,

e lessi i dettagli della lettera. Su questo secondo punto non mi avete risposto nulla. -Mi fermai e tacque. -E sta bene, queste cose debbono venir fuori da sè. Quanto al primo mi diceste essere disposti a entrare in pratiche; ora opponete pel momento l'affare danese. -Qui mi disse come veramente questo affare era gravissimo per loro; non volere arrischiare e disgustare Austria per cosa che forse non avrebbe avuto seguito; non potersi prevedere ancora se l'affare danese fosse per rimanere incerto lungamente. -Ciò vuol dire, soggiunsi, che prendereste come azione comune la pratica quando si proponesse modo che ne rendesse probabile la riuscita o che vi assicuraste di non disgustare l'Austria; e ciò può essere presto o tardi. -Sì, concluse, può essere dimani, pas ce soir. -Ho creduto bene di non ritardare a informarti di queste cose, sicchè tu le sapessi al mio arrivo a Parigi. Io teneva a che il filo della pratica non restasse rotto, vedrà l'Imperatore se riprenderlo o abbandonarlo. Io ho la convinzione che la principale, anzi la sola difficoltà è che nella mente di Palmerston c'è il sospetto che noi siamo o d'accordo o giocati dall'Imperatore. Non ho dimenticato la sua prima parola detta a Azeglio che io veniva da Parigi e non da Torino; e pur troppo che Azeglio non abbi•a almeno allora appoggiato quel sospetto! Aggiungo che Russell mi disse un giorno che Russia gli faceva sapere tutto che gli veniva da Francia e quindi io credo le proposte di Pepoli; quindi una specie di doppio giuoco. Forse Russell si era lasciato persuadere a cominciare almeno le pratiche, ma Palmerston lo ha tenuto fermo. Ho avuto disgrazia di non potere vedere questo con agio; e il suo stato infermiccio non mi ha lasciato rimanere presso di lui quando fui a trovarlo da ultimo in campagna.

Comunicherò queste cose a Nigra e con lui mi consulterò. Tutte queste cose sono riservate a te.

Pasotini's word is generar war for generar remedy.

Auvergne dice che anche egli trova Russell umiliato.

(1) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 294.
414

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 23. Parigi, 9 gennaio 1864, ore 16,10 (per. ore 17,15).

M. Lefevre, employé supérieur de la police française, arrivera demain à Turin. J e lui ai donné lettre pour Peruzzi: il donnera tous les renseignements que le roi désire. Ce serait peut ètre bon que le roi écrive à l'empereur à cette occasion. Comte Pasolini écrit qu'il arrivera aujourd'hui ici.

415

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 24. Berlino, 9 gennaio 1864, ore 16,40.

Gouvernement prussien a reçu aujourd'hui circulaire 23 décembre de la Sublime Porte proposant conférence à Constantinople pour règlement affaire des couvents: il est disposé à y consentir, mais avant de prendre une décision il désirerait connaitre avis des puissances garantes nommément de l'Italie. D'après nouvelle reçue ici, mais qui n'a pas encore caractère officiel, Danemark aurait demandé médiation non seulement de France mais aussi de Russie et de l'Angleterre; et ,serait disposé à retirer constitution commune. On ne veut pas croire ici à une entente complète entre Autriche et Angleterre sur la question Danoise, puisque les Cabinets de Vienne et de Berlin marchent à cet égard d'un commun accord, mais la Prusse se dit sur ses gardes, car elle n'oublie pas le passé.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 20. Torino, 10 gennaio 1864, ore 13,45.

Je vous prie de donner communication confidentielle à M. de Bismarck de la dépèche du 24 décembre sur le congrès restrei,nt (1). Prenez cette occasion pour sonder ses dispositions relativement à l'Autriche et pour continuer avec lui la conversation de votre dernier rapport confidentiel. On persiste à dire à Paris que le général Fleury avait une mission secrète à Berlin. Faites-moi savoir par télégraphe l'impression produite par la communication.

(1) Cfr. n. 356.

417

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, p. 13)

T. Torino, 10 gennaio 1864, ore 22,40

Déchiffrez vous mème et communiquez à P a so lini:

• Je crois que ton but est d'établir possibilité entente et action commune France et Angleterre pour projet d'échange. Si question danoise empèche en ce moment Angleterre d'agir, on pourrait cependant prendre des engagements quant aux moyens de soulever la question diplomatiquement. Ils ne manquent pas. L'empereur veut proposer réunir question danoise et principautés dans une mème conférence. On pourrait aussi faire surgir dans les principautés des événements qui rendent urgente notre solution. Je ne crois pas utile que tu abordes la question de Rome. Le roi me somme tous les jours de lui déclarer si l'Empereur a un plan pour le printemps et quel est ce plan. Nous te serons bien reconnaissants si tu nous apporte le mot de l'énigme. Ta famille bien •.

Recevrez demain matin lettre par Maddalena.

418

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, PERUZZI

D. CONFIDENZIALE 15. Torino, 10 gennaio 1864.

Il R. Console in Ginevra riferisce essergli stato segnalato il passaggio in quella città di alcuni Mazziniani diretti alla volta d'Italia, fra cui si troverebbe un Russo di nome Pouskine; ed essersi sparsa la voce che dal partito d'azione si stia macchinando un movimento nel Veneto. Di tale informazione stima lo scrivente di dare sollecito avviso al R. Ministero dell'Interno per quelle misure che si ravvisassero opportune.

419

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 27. Pietroburgo, 11 gennaio 1864, ore 13,55 (per. ore 17,40).

Russie approuve dépèche Porte qui déclare nulle loi prince Couza sur les couvents ,grecs. Invite Turquie à proposer moyen d'empècher exécution loi. Invitation Danemark conférence n'est pas arrivée. Prince Gortschakoff ne croit pas que Diète germanique acceptera.

420

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 13-14)

L. P. Torino, 11 gennaio 1864.

Telegrafai iersera (1) a Nigra per te alcune idee non nuove, ma conseguenti alla tua missione. La questione danese avrà presto preso un indirizzo decisivo, vuoi pacifico, o bellicoso. E allora sarà il caso rispetto all'Inghilterra di ripigliare la questione dello scambio. Ma bisogna innanzi tutto che l'Imperatore vi assenta; bisogna che pigli impegno di azione comune a tal fine, appena l'occasione si presenti. Se tu avessi ,conseguito l'intento di persuadere Londra e Parigi che la questione Veneta non è di quelle che si possono differire indefinitamente, che posposta alle altre, noi saremo costretti di sollevarla armata mano e mettere così a ripentaglio la pace d'Europa; se tu avessi, dico, conseguito questo intento, sarebbe già un risultato notabile, e l'attendere alquanto diverrebbe meno pericoloso. L'attendere senza termine e senza speranza toglie animo e forza al Governo; lasda che gli umori impazienti serpeggino nel paese. Non bisogna illudersi; se non facciamo la guerra questa primavera, o non è intavolata diplomaticamente quella questione, il governare sarà arduo e pieno di pericoli.

Io non so se l'Imperatore abbia un piano, o se avendolo senta in sè la deliberata volontà di eseguirlo. E dell'una e dell'altra ipotesi non sarà facile penetrare la verità. Comunque sia, l'incertezza della politica francese è a noi grave danno, ed impedimento.

Aspetto un tuo cenno del colloquio imperiale per scriverti più a lungo se occorre, o per dirti di tornare a casa. Del resto tu stesso giudicherai di ciò sul posto.

Abbiamo avuto stanotte un incendio nel ministero di finanze; ma fu cosa senza gravità.

421

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 15-17 e, quasi integralmente, in G. PASOLINI, Memorie, vol. I, rpp. 528-530)

L. P. Parigi, 11 gennaio 1864.

Esco adesso dall'Imperatore; come la cosa è stata piuttosto lunga, non posso ripeterla bene ed ordinatamente. Avant tout mi è parso lieto; mi ha detto che già sapeva qualche cosa da Bulwer, il che serviva di controllo, suppongo, alle ,cose che per me gli aveva detto Nigra. Parergli che bisognasse lasciare imbrogliare un poco più la Germania, dove ne' piccoli già sorgeva un terzo potere, e Austria e Prussia forse venivano in contrasto, e di più la Russia già

metteva fuori pretese. Gli ho detto che però forse fin d'ora potevano proporsi conferenze per la questione dei Principati, e mi ha risposto parergli presto.

Sono entrato nel discorso della proposta di una guerra per la Polonia, e come avessi trovato una specie di sospetto e di amarezza, sopratutto nell'animo di Palmerston, il quale mi aveva detto, del resto, doversene abbandonare del tutto l'idea, perchè l'Inghilterra non voleva la guerra. Quella diffidenza avere avuto forse per causa la proposta del Congresso senza alcuna intelligenza precedente, di più parermi ora molto bene la Russia con l'Inghilterra, almeno aver visto il Ministro di quella aux mieux et rayonnant chez RusseLl. -È strano disse. Essermi io perciò ritirato sulla questione dello scambio. In questa Palmerston favorevolissimo, avendo anche detto che non se ne chiederebbe il permesso alla Russia, la quale se voleva poteva dichiarare la guerra, e avere fatto un passo dopo l'estate, perchè allora diceva temere difficoltà dalla Turchia, e ora dice aver ragione per credere che consentirebbe, ma prevedere dissenso con l'Austria. Malgrado uguale timore, avendo io un giorno vivamente dipinto a Russell i gravi pericoli che noi e, per noi, tutti dovevamo temere di una guerra (e qui li ho dipinti di nuovo ben chiaramente) e il vantaggio di avere un terreno sul quale Inghilterra e Francia potrebbero accordarsi, mi disse essere personalmente disposto a entrare, ma Palmerston temere che questa pratica guastasse nel momento le buone disposizioni ·che Austria mostrava nell'affare della Danimarca.

L'Imperatore mi ha detto sperare che in un mese l'affare della Danimarca sia al punto opportuno di imbroglio per entrarci. Vedere benissimo il pericolo che noi corriamo, et qu'iL faut aviser. Dei torbidi sono minacciati in Galizia: maLheureusement parere che nulla siavi a sperare in Ungheria; nulladimeno potere trovarsi Austria in condizioni da accettare la proposta: esserglisi detto che bisognerebbe parlare all'Imperatore direttamente.

Io ho osservato su questo che Palmerston mi aveva detto che anzi tutti gli uomini savi di quel Paese desideravano la cosa, ma non l'arrischiavano pel sentimento, ecc.

Mi ha ripetuto che voleva pensare seriamente al modo di proporla, sicchè fosse accettata.

Gli ho detto della necessità di compiere l'opera; del pericolo attuale.

Mi ha detto della comunicazione fatta ieri a Nigra, del vivo desiderio che

ha di finirla, ed ha concluso: Dites au Roi que je vais y réfLéchir très sérieusement, ecc. Avendomi chiesto se io mi trattenevo a Parigi, ho risposto che contavo

partire; il che però non mi toglierà di restare qui per ricevere tue risposte.

Se volessi far dire qualcosa fissando l'attenzione, la scusa dell'essere io qui e

sul punto di partire, potrebbe servire.

Bisogna che ti dica che l'intromissione in questo affare del Bulwer non mi

piace. Mi pare un poco un mauvais coucheur et un faiseur d'embarras, e se non

erro disse all'Imperatore che ne avrebbe parlato al Ministro di Austria a Parigi

e Londra. Che cosa ·c'entrano questi?

Ti aggiungo anche come souvenir che io ho voluto dirgli come in mezzo a

quell'amarezza di cui io gli parlava, Palmerston mi aveva detto che da lungo tempo in Francia non vi era stato Governo più favorevole all'Inghilterra di quello dell'Imperatore.

Saluta i miei. Addio. Aspetto dunque tua lettera.

Le lettere mi sono giunte dopo il colloquio dal quale però mi pare venga fuori il concetto chiaro ·che la speranza di ·combinazioni favorevoli tiene in sospeso ogni decisione e ogni progetto definitivo.

(1) Cfr. n. 417.

422

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 31. Parigi, 12 gennaio 1864.

En attendant que le roi écrive à l'empereur (1) veuillez me charger d'exprimer les sentiments du Gouvernement italien à propos du projet d'attentat.

423

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 22. Torino, 12 gennaio 1864, ore 14,55.

Je vous autorise à exprimer de la manière qui vous paraitra plus convenable les sentiments de indignation du Gouvernement et de la nation italienne pour l'attentat découvert.

424

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 29. Berlino, 12 gennaio 1864, ore 13,40 (per. ore 17,30).

Gouvernement français informe les états secondaires de l'Allemagne de la proposition anglaise d'une conférence affaire danoise: avant de répondre il désire connaitre leur opinion. Il qualifie traité de Londres d'oeuvre impu'issante. Cette démarche dont le résultat est facile à prévoir, est un rendu pour l'échec congrès. Prusse pourrait encore se dégager envers Londres. Autriche devra dévoiler sa politique. Je verrai cet après-midi ministre des affaires étrangères.

425

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 33. Berlino, 12 gennaio 1864, ore 16,48 (per. ore 19,10).

J'ai fait communication confidentielle dépèche 24 décembre (2). Impression satisfaisante. Elle est, a dit M. de Bismarck, le produit nature! de votre situation; le Gouvernement prussien ne saurait vous en vouloir d'accentuer à votre point

de vue principe nationalité; s'il ne peut l'admettre pour question polonaise, il comprend que vous devez vous montrer conséquents avec votre programme. Vis-à-vis de l'Italie il ne se piace pas explicitement sur ce terrain national mais il a tout intérét, au point de vue politique, à la voir se constituer forte et indépendante. En attendant Russie déclinant camme Autriche et Angleterre congrès restreint il nous manquerait contrepoids nécessaire et nous déclinerons de notre còté. Nous avons déjà préparé les voies à Paris.

(1) -Vedi in Le lettere di Vittorio Emanuele II, cit., col. l, p. 772, la lettera del Re all'Imperatore, in data 14 gennaio. (2) -Cfr. n. 356.
426

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 35. Pietroburgo, 13 gennaio 1864, ore 15,40.

Russie repousse pour le moment projet anglais de médiation affaire Holstein tant que proposition danoise pour les conférences ne soit pas résolue. Angleterre insiste pour que les puissances adressent note énergique Diète germanique. Ambassadeur d'Angleterre craint prochaine déclaration Cabinet anglais en faveur d'union Schleswig au Danemark. France demande admission Espagne conférence. J'ai dépéche importante à expédier. Je désire savoir quand vous m'expédierez la note annoncée.

427

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 17-19)

L. P. Parigi, 13 gennaio 1864.

Ieri sono stato dal Principe Napoleone, il quale gridava assai contro l'Inghilterra che non vuoi far niente, ma per qualche cosa egli intendeva una alleanza offensiva e difensiva con la Francia. Per ora è inutile che d pensi. Lodava a ·cielo il discorso di Thiers, e diceva, giammai aver visto destarsi un così grande desiderio di libertà in Francia come ora. Poi venendo a parlare delle cose nostre mi disse vederle gravissime. Da un mese le teste del partito d'azione essere scaldate assai; aver deciso di voler fare. Meno male se andassero contro Roma; ma credere che andranno contro Venezia e allora il governo nostro o doversi unire ai rivoluzionari o farsi reazionario e tirare ·contro quelli stessi contro i quali tiravano i tedeschi. Non doverci illudere con gli esempi di Aspromonte; gran fortuna aver avuto nella brevità di quel fatto. Questa volta le cose sarebbero più lunghe e allora il governo sarebbe in pessima condizione. Essere assai preoccupato di quello che diverrebbe suo suocero; e dolersi sopratutto che il governo era nell'incertezza di quello che avesse da fare. Se volesse

appigliarsi al partito della guerra, non esservi tempo da perdere; bisognare farla coll'alleanza colla rivoluzione e questo doversi preparare adesso. Le cose intanto andar male anche in Sicilia, dove il partito autonomista rileva la testa. Senza dire le cose da me risposte, osservai che in tutto questo discorso vi è una parte di vero, ma peccare per esagerazione, la quale proviene in parte dalla natura dell'uomo che l'ama, e dagli informatori, uno dei quali mi disse essere il generale Tiirr, il quale, mi disse, stando in mezzo alle due parti è credibile. Che miseria codesta gente! Mi osservò anche come cattivo indizio i recenti conati di attentato; questo accadere mentre ferve l'opera del partito di azione, non essere accaduto al tempo della guerra d'Italia. Infine io gli dissi che l'Imperatore mi aveva detto che in un mese sperava che gli affari di Europa avrebbero mostrato quale via si dovesse prendere, e mi disse che un mese non era alcun male; potersi bene aspettare ecc. Quanto a quelle risposte categoriche a cui mi scrivevi che io sarei chiamato (1e scrivevi il 3 (1), le ebbi il 12 dopo aver veduto l'imperatore) le due prime sono chiare, la terza mi pare che neppure si potrebbe promuovere di qui. Nel caso di una nostra guerra, che farà Francia? Io suppongo che noi non faremo l'affare se non credendo poterlo fare da soli o perchè chiamati a fare parte di un progetto generale, e in questi due casi la risposta è chiara; ovvero noi facciamo un progetto e allora non bisogna dire: -che farete voi? -ma sibbene -fareste voi la tal cosa? -Per tutto questo, finchè le •cose non vengono di costì, io non posso muovere. Io non vorrei che mi accadesse come a Londra, di partire contro il tuo avviso, sebbene ora sia ·contento di essere partito, perchè qui si vuole temporeggiare e non spingere. Io dunque conto di partire lunedì per Torino, se nella tua lettera non mi viene nulla che mi facda ritardare. Se vuoi diversamente, telegrafa ricevuta la presente. Non sono stato da Rothschild perchè ieri, fatta la visita che ti ho detto, sono dovuto rimanere in casa tutto il giorno perchè indisposto. Oggi però sto meglio. Nigra mi ha detto che, avendo trovato l'Imperatore, questi gli aveva detto di avere avuto importanti notizie da me sull'Inghilterra e che gli piaceva di vedere che ribattevano •con ciò che gli aveva detto Bulwer, e che sperava bene. Non vorrei che Nigra me lo avesse detto per farmi piacere. Se ne ha scritto qualcosa costì, vogliate dirmelo.

428

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 24. Torino, 14 gennaio 1864, ore 10,30.

Nous croyons utile la publication de notre dépéche du 24 décembre à Nigra sur le congrès restreint (2). Vous pouvez la communiquer au directeur du Times s'il consent à la publier en français.

(1) -Cfr. n. 393. (2) -Cfr. n. 356.
429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A BER LINO, DE LAUNAY, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, A PIETROBURGO, PEPOLI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 25. Torino, 14 gennaio 1864.

L'agent autrichien dans les principautés s'oppose à ce qu'il y ait mention du royaume d'Italie dans le préambule de l'acte fina! pour la navigation du Danube. Cette prétention autrichienne est d'autant moins admissible qu'il s'agit d'une convention signée entre des etats qui nous ont tous reconnu à l'exception de l'Autriche et conclue dans le terrltoire d'une puissance qui nous a reconnu. Veuillez prier ministre des affaires étrangères de donner à ses représentants à Constantinople et à Bukarest instructions favorables à notre demande. Vous pouvez rappeler exemple récent de la convention pour le péage de l'Escaut dans laquelle la difficulté a été tranchée d'une manière très convenable pour l'Italie aussi bien que pour l'Autriche.

430

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 19-21)

L. P. Torino, 14 gennaio 1864.

Ti ringrazio della tua lettera dell'll (1) che ho in parte comunicata al Re. Riassumiamo brevemente le idee. Il disegno di mettere Francia e Inghilterra d'accordo in un'azione comune sembrami non riuscito. Innanzi tutto per la Polonia, no, ma anche nelle altre questioni, una vera disposizione ad agire di concerto non mi sembra essere negli animi forse di nessuna delle due parti, certo non in quella dei reggitori inglesi, per ora.

Abbiamo ottenuto però di far penetrare negli animi sì degli uni che degli altri la bontà e la utilità del disegno parziale (che per noi è l'essenziale) di uno scambio della Venezia coi Principati. Questo è un germe gittato che fruttificherà. E l'accoglienza fatta a questa idea dall'Imperatore ha superato la mia aspettativa.

Resta la questione di tempo, la quale nelle nostre condizioni è vitale, non dico per giungere alla fine, quanto per intavolare la pratica subito. Perchè il giorno che Francia e Inghilterra fossero d'accordo di prendere l'iniziativa sovra questo punto e ne apparisse qualche pubblico atto, sarebbe

già questo un grande vantaggio anche come mezzo a calmare gli spiriti. Perchè nessuno toglierà dalla mente degli Italiani che dopo le proposte del Congresso, e in mezzo a tante cagioni di travagli in Europa, se le nostre questioni non fanno un passo, ciò dipende dalla inettezza o dal mal volere del Governo italiano. E di qui a prestar l'orecchio al partito esaltato che vuole irrompere, lo sdrucciolo è facile.

Veggo dalla tua lettera che l'Imperatore ha detto di preoccuparsene très sérieusement: questa fu la frase che colpì il Re maggiormente. • Scriva a P a solini che ringrazi l'Imperatore e che spero ,che da questa seria riflessione escirà qualche risoluta deliberazione. L'Italia così non può andare a lungo. I partiti esaltati si agitano, ed essi non rinculano dinanzi a nessuna estremità, ed io stesso credo necessario che si faccia qualche cosa e per l'Italia ed anche per l'Imperatore •.

Tali furono, a un dipresso, le parole del Re. lo non so se convenga e sia possibile che tu rivegga l'Imperatore. La conversazione fu bastevolmente esplicita, ma tale che dopo cinque giorni non gli si può chiedere se ha deciso. Però se vi fosse modo di prender congedo anche per dirgli il pensiero e il gradimento di S. M., faresti a questo cosa gradita, e te ne chiederà certo. L'ultima parola dovrebbe !asciargli nell'animo la persuasione che l'indugio è esiziale, e ,che se è vero, come dice Machiavelli, ,che non si esce di pericolo senza pericolo, per noi certo, ma forse anche per lui, il pericolo maggiore è di lasciar trascorrere il tempo senza far nulla.

Dopo ciò mi pare che la tua missione sia compita, e compita con utilità. lo te ne ringrazio di nuovo ,con tutto l'animo a nome mio, de' colleghi, e del paese. La tua famiglia sta bene. Il progetto, che sarebbe buonissimo in primavera, a questi geli mi pare imprudente. Spero che ci vedremo qui fra breve.

P. S. -Mi maraviglio che l'Imperatore dica nulla esserci a sperare in Ungheria. Le mie notizie dall'interno del paese sono invece ,che tutto si prepara per un movimento nell'aprile. Potrei dare a S. M. dettagli in proposito. Sembra che il moto in Galizia si collegherebbe a quello in Ungheria.

(1) Cfr. n. 421.

431

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 38. Berlino, 15 gennaio 1864, ore 0,58 (per. ore 5).

Sommation des Cabinets de Berlin et de Vienne pour réclamer dans les 48 heures retrait convention commune sous peine occupation du Schleswig pour Copenhague. Troupes prussiennes se mettront en marche le 23, celles d'Autriche le 21, pour etre concentrées le 31 janvier vers l'Etder. Autriche fournit 30, Prusse 36 mille hommes. Si l'Angleterre ne parvient pas à s'interposer efficacement la guerre est inévitable.

432

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, p. 21)

T. Torino, 15 gennaio 1864, ore 21.

Expédié courrier hier au soir avec lettre. Je crois que vous pouvez partir lundi. Je suis surpris qu'on donne croyance à Ti.irr. S. M. ne le reçoit plus depuis plusieurs mais. Gouvernement n'a aucune confiance en lui. Il ignare complètement notre travail en Hongrie (1).

433

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 43. Bucarest, 15 gennaio 1864, ore 23,10 (per. ore 1,15 deL 16).

Entente parfaite avec mes quatre collègues danubiens; ils enverront par le prochain courrier à leurs Gouvernements et aux représentants Constantinople nouveau projet de préambule de l'acte public en l'appuyant autant que possible. De ,cette manière question sera, je crois, assez bien posée et l'Autriche se trouvera dans l'isolement. Aujourd'hui consuls d'Autriche, Angleterre, Prusse et de Russie ont fait démarche collective conforme lettre vizir du 2 janvier. Prince a dit qu'il s'entendrait avec ses ministres et répondrait ensuite à la Sublime Porte. On croit que prince Couza ne reculera pas croyant intervention armée impossible. J'informe légation de S. M.

434

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Pera, 15 gennaio 1864.

Vengo all'istante assicurato che il Ministro Ottomano a Pietroburgo spedì un telegramma alla Sublime Porta per prevenirla che fu stretta alleanza tra la Russia, l'Austria e la Prussia per la quale si accordarono sul modo di porre un termine alla insurrezione di Polonia.

La Russia fa continui ufficii presso la Sublime Porta per deciderla a seguire la sua politica a riguardo della Polonia. Essa inoltre sta all'intento di guadagnarsi partigiani tra gli alti funzionarii ottomani: Già le sono ligi Aiarii

Pascià, Gran Doganiere ed il fratello suo Osman Pascià che pochi mesi or sono recossi da parte del Sultano complimentare lo Czar in Crimea. Questi fratelli sono di origine russa. L'ultimo da me nominato, domenica scorsa presentò una memoria al Gran Vizir colla quale gli si propone per parte della Russia di fare occupare i Principati da truppe russe, austriache ed ottomane, in opposizione al progetto inglese che vorrebbe fossero occupate da sole truppe turche. La detta memoria si estende a provarne che la Russia può nell'istante presente disporre di ottocento mila uomini mentre la Francia può armarne al più 350.000; oltre che le sue finanze sono presso che completamente oberate.

Sono convinto che le potenze le quali hanno protestato contro la legge che incamera i beni dedicati, non saranno soddisfatte delle spiegazioni del Principe Couza e che quindi si porranno d'ac,cordo sulle misure coercitive da adottarsi.

Mi limito oggi a narrarle queste cose, premendomi assai ch'El:la ne sia ai più presto istruito. Ignoro a qual partito si volgerà la Turchia: ciò posso affermare, che le sue esitazioni hanno per motivo l'assoluta mancanza di denaro. Ora intavolò alcune trattative colla Banca Imperiale Ottomana istessa a questo effetto.

(1) Il telegramma venne inviato tramite la legazione a Parigi.

435

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 28. Torino, 16 gennaio 1864, ore 14,10.

La Russie ayant définitivement décliné l'invitation au congrès restreint, la communication officielle de notre réponse devenait inutile. La note du 24 à Nigra (1) va ètre publiée. Si vous le croyez convenable dépèchez-vous d'en faire communication officieuse. Le courrier partira mercredi prochain.

436

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 44. Pietroburgo, 16 gennaio 1864, ore 15,15 (per. ore 19,10).

Prince Gortschakoff nous donne raison: nous conseille protester Constantinople. Ambassadeur d'Angleterre conseille Angleterre signer traité de garantie avec le Danemark, envoyer flotte et corps d'occupation. On dit que l'Angleterre conseille Turquie occupation Principautés. Gardez profond secret sur ces communications. J'attends réponse sur courrier de cabinet.

(1) Cfr. n. ~56.

437

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 45. Londra, 16 gennaio 1864, ore 18,05 (per. ore 20,25).

Times a publié hier la note (1). Je vous ai écrit à ce sujet.

438

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 22-24)

L. P. Parigi, 16 gennaio 1864.

Il corriere mi porta stamane la tua del 14 corrente (2). Io ti aveva scritto ieri una lunga lettera, che una lunga visita di Vimercati non mi lasciò finire. Dopo questa tua, sopprimo quella, ma mi pare opportuno di riassumere le cose. L'Imperatore mi mandò per vedere se facevasi accordo sulla guerra-Polonia e per chiarire quali intenzioni veramente avesse l'Inghilterra. Scrissi queste quali mi parevano, dichiarai impossibile l'affare guerra-Polonia propos~ tentare accordo sul progetto scambio. Questo fu approvato, non solo ma raccomandatomi incalzare, lo feci. È vero che Palmerston mise qualche bastone nelle ruote, ma la dichiarazione di Russell che consentiva quanto a sè a cominciare subito le pratiche, il suo silenzio quando io gli dissi: • Voi tacete sull'accordo generale; avete ragione; queste cose si fanno e non si dicono», e tacque ancora (vedi mia lettera sull'ultima visita a Russell), e infine la missione Bulwer che ad Azeglio fu annunziata come fatta per questo -e a Nigra qui fu negato, poi dall'Imperatore mi fu detto confermare quanto io diceva; -tutto questo mi dimostra che Inghilterra con prudenza e tranquillità veniva nelle nostre acque, ma l'Imperatore fece il cambiamento. Un mese prima non sapeva dove volgersi, ora vede negli affari danesi speranza di poter fare migliori affari e si è fermato. Noi possiamo fermarci con lui, ma fino a quando? Questo è il punto capitale, pel'chè se nulla dall'imbroglio generale si trae per l'Italia, è chiaro, come tu dici, che il paese ne darà colpa al Governo. E di più io temo sempre che gli altri si accomodino e noi restiamo col culo in terra. E quella tua risorsa di Roma, di che scrivi a Nigra, è mi pare insufficiente, e di poco felici speranze. Come dunque river il nostro destino all'altrui? Conferirò con Nigra sulla convenienza ed utilità di una nuova mia visita all'Imperatore. Ma nuove difficoltà si presentano nel momento. Qui la questione interna diventa ogni dì più grave. Ieri Morny ne parlava ,come di ,cosa che avesse a finire con émeute

-o qualche grave scandalo, che è forse ciò che taluni desiderano per taper dessus.

Generalmente si dice che bisogna o togliere il dato, o fare nuove concessioni,

o seppellire i lagni in gloriosa impresa. Forse la idea più favorita in alto è di non fare alcuna delle tre cose. Ad ogni modo, il momento presente è di grande preoccupazione; quando sarà votato l'indirizzo sarebbe il momento opportuno; ma quando lo sarà? forse fra quindici dì; allora anche l'affare Germania dovrebbe essere chiarito un poco. Badate ,che anche la pratica con Prussia non è nè nuova nè segreta quanto bisogna; ne sentii parlare a Londra. E voi non ne avete dirette informazioni di là? Ad ogni modo, conferirò con Nigra su quello che debba e possa fare io. Purtroppo vedo che anche per lunedì o martedì non sarà la mia partenza. Intanto vedrò Thouvenel, forse Rouher, la principessa Matilde e debbo rivedere il Principe Napoleone.

Ieri fui da Rothschild col quale sono au mieux; dovrei andare domani a caccia con loro, ma credo che non ne farò nulla. Parlai prima con Alfonso, gli dissi delle migliori offerte fattevi per l'acquisto delle Ferrovie dello Stato, poi anche conie ci sarebbe un migliore affare, quello della fusione delle Lorobarde colle Meridionali. Mi disse in conclusione: -la Società delle Meridionali ha guadagnato sulla sua concessione 30 milioni che non può realizzare perchè l'affare non cammina: vorrebbe che qualcuno lo facesse camminare per poterli realizzare; è egli giusto? -Risposi che io non conosceva bene le cose; che si trattava di entrare in negoziati; che generalmente questi conducono a transazioni. Poi chiamò il barone James (col quale avevo già parlato, ma non di questo) il quale mi fece una grande sfuriata contro Bastogi, si lamentò della Banca di Torino, mi parlò della crisi finanziaria ora al colmo, e di cento altre cose, che non saprei ripetere. Infine, dopo lunghi discorsi, mi disse che non essendo egli altri che il capo della Società, avrebbe sottoposte a questa le proposte che gli venissero fatte. Dissi che queste gli avrei scritte. La riserva della linea Bologna-Ancona mi pare che gli piacesse assai. Insomma, mi pare che la quistione è se il Bastogi e compagni non possano e vogliano cedere almeno in parte i lucri assicurati coi loro contratti.

La sua base prima era: -Non voglio trattare con Bastogi e voglio una

parcella.

Mi pare che mia moglie ha fatto un marrone non venendo: qui la stagione è bellissima e temperata, poi verrà il cattivo. Il Bianchi è proprio in ozio. Per ora dunque fino a mercoledì non parto. Posso ricevere almeno un telegrafo in risposta a quanto ti occorre.

(1) -Cfr. n. 356. (2) -Cfr. n. 430.
439

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 48. Copenaghen, 17 gennaio 1864, ore 18,50 (per. ore 22,40).

Autriche et Prusse ont présenté ultimatum révocation constitution. Refus probable.

33 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

440

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 49. Londra, 17 gennaio 1864, ore 20,15 (per. ore 23).

L,OO,d RusseH a reçu du Gouvernement danois communkation de ultimatum autrichien pour annuller constitution existante néanmoins on suppose que la question s'arrange avant hostilités gràce quelque concession du Danemark, étant presque de forme cette puissance pourrait ne pas la considérer suffisante pour répandre sang, et d'autre part opintiJon publique alllemande étan.t sartisfa<ite par l'ultimatum on traooigerait. On pail1ait eollftinuer ici mall'cher d'ac:coro avec l'Autriche. Lord Russell accepte de donner à Constantinople les in:sltruc:tions camme vous les suggérez.

441

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI (1)

(AVV)

L. P. Ginevra, 17 gennaio 1864.

J'a.i il'honneur de vous expédier: l 0 ) un document relatif à la question Serbo-Hongrocise; 2°) une lettr,e de M. Komàromy et 3") une Jettre de M. C. Vogt avec des proposirtions que je erois dignes: de l'attention ·toute spécial].e du Gouvernement Italien.

Les nouvelles que nous recevons du pays, :ceilles qui ·concernent les: dispositio!IliS des :troupes hongroises:, et les cren:seignements provenanrt des Prindpa:utés ne lalissenrt rient à désirer. Mais J.es tronsporrts rencontrent des difficultés qui nous fonrt perdre beaucoup de temps. Les autorités autrichiennes ont redoublé de surveiLlance depuis. J.es procla:ma:tions de M. Kos.s:uth et les masses de neige V'Iennent d'interrompre :l'o:péra:tion -espérons pour quelques jours s·eulemenrt -dans ·la dir·ecti:on de K.

Nous n'aurons pas achevé nos prépamti.fs, malg,ré J.e :ljèle et ll'acrtivité q:ue nous y mettons, •aVIant .le mois de Jutn. Les premiers résultats une fois obtenus nous marcherons plus vite; mais à I'heure qu'il est :nous risquerions tout si nous voulions :précipi.ter :le t:ravail.

VeuiJ.lez, M. :le Commandeur, vous défier de to:us ceux qui prétenrdron·t sa:voir quffique chose du :secret. Je n'en ai irufo11mé person:ne de ,mes am~is à Turin; Thaiipo!Lli !Lui-méme n'en sait que oe que tourt v•rn,i ami de notre cause peut savoir, mais rien des détails. Je suis obligé de garder ce silence absolu pour ne pas exposer mes amis, sans lesquels nous ne saurions jamais obtenir le moindre suoc:è:s.

J'attends quelques bonnes nouvelles encore et le rapport sur le dépòt des premiers transports effectué dans le pays a\llant de me rendre à Turin. J'y serai

vers la fin du mois ou le 2 février et ce ne sera qu'alors que je me permettrai de vous faire des nouvelles propositions, ayant pour but la continuation et l'achèvement de nos préparatifs.

M. Ordega me presse et je ne sais plus que répondre. Un mot, M. le Commandeur, de votre part suffirait pour le calmer.

Nous réglerons toutes Ies questions ayant trait à la question Serbo-Hongroise de vive voix; j'espère tout de nntervention bienveillante du Gouvernement de Belgrade.

(1) Questa e le altre lettere di Klapka sono dirette ad un «M. le Commandeur "· Probabilmente si tratta di Cerruti che manteneva i contatti con l'emigrazione ungherese.

442

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 51. Londra, 18 gennaio 1864, ore 15,50 (per. ore 17,20).

Autriche et Prusse ont promis différer occupation jusqu'au premier février. Times ce matin critique votre dépeche à Nigra (1). Lord Russell m'a exprimé ses regrets qu'à l'instar de diverses puissances notre réponse ne fit pas réserve de l'entrée de l'Angleterre. J'ai fait valoir en réponse notre position spéciale (2).

443

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 52. Pietroburgo, 18 gennaio 1864, ore 16,35 (per. ore 18,35).

Angleterre a fait savoir ici qu'elle ne conseille ni à repousser ni à subir occupation Schleswig: elle conseille Danemark réunion Diète et de retirer constitution. Russie a agi hier au soir dans le meme sens. Bruit s'est répandu que l'Angleterre continue négociations pour réunion conférence mème sans France. Dépeche télégraphique journal Pétersbourg qui résume votre note soulève ici vive irritation.

444

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 54. CostantinopoLi, 18 gennaio 1864, ore 17 (per. ore 1 del 19).

J'ai lieu de croire que ministre ottoman à Pétersbourg a prévenu télégraphiquement Sublime Porte qu'une entente venait d'etre conclue entre Russie, Autriche et Prusse pour mettre fin d'accord insurrection polonaise. Russie fait des démarches pour entrainer aussi Sublime Porte. J'envoye ce matin copie document demandé par dépeche télégraphique du 9.

(1) -Cfr. n. 356. (2) -I particolari del colloquio con Lord Russell vennero comunicati dal D'Azeglio con rapporto confidenziale n. 3 del 23 gennaio (cfr. n. 464).
445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 31. Torino, 19 gennaio 1864, ore 14,35.

J'ai lieu de croire que des instructions vont etre envoyées de Londres. Berlin, Pétersbourg pour que l'incident relatif au préambule de l'acte final soit résolu d'une manière favorable à nous. J'attends réponse de Paris que sera, je crois, dans le meme sens. Tàchez qu'Aali Pacha prenne sur lui de tourner la difficulté, camme a fait la Belgique pour la signature du traité pour la suppression du péage de l'Escaut. Insistez sur ce précédent qui est récent et dont l'Autriche ne peut recuser l'autorité.

446

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 56. Parigi, 19 gennaio 1864, ore 15,35 (per. ore 16,55).

Drouyn de Lhuys vient de me dire qu'il a envoyé à Constantinople instructions aux représentants de France pour que la difficulté soulevée par l'Autriche au sujet de la mention de l'Italie dans la convention soit résolue dans le sens que nous proposons (1).

447

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 19 gennaio 1864.

Spedisco il Corriere Armillet colle ratifiche del Trattato di commercio (2).

Qui la posizione continua nello stesso stato. Evidentemente l'Imperatore, imbarazzato dalla piega che piglia la discussione al Corpo legislativo, volge i suoi occhi verso l'Allemagna e spera che di là gli venga l'occasione di uscir di impaccio. È quindi più che mai lontano dall'intendersi coll'Inghilterra sulla questione Danese. Quanto alle cose interne, si trova pur sempre neìla medesima alternativa, doè o di fare un passo indietro, o di farne uno innanzi, e non vorrebbe fare nè l'una nè l'altra cosa.

Aspetterà intanto finchè sarà possibile l'aspettare. Minghetti scrive che l'esito di questa discussione l'Imperatore dovrebbe prevederlo ed avere quindi fin d'ora un piano di condotta.

Sventuratamente la cosa non è così. Questo piano non esiste, e quindi non posso mandarglielo. Fatemi il favore di dirglielo e di pregarlo che lo dica anche al Re. Io non posso che ripetervi quanto ho già scritto a parecchie riprese, cioè che i calcoli nostri devono essere fatti sull'ipotesi la più probabile, quella cioè secondo cui la primavera giungerà senza che l'Imperatore non solo abbia fatto nulla, ma nulla deciso.

E dico questo non solo per la questione Veneta, ma molto più per la Romana. Non fatevi illusione a questo riguardo. Le disposizioni sono certo migliori; Rouher è ben disposto, ma ciò significa molto poco. L'influenza di Rouher, come quella di qualunque altro è assolutamente nulla presso l'Imperatore. Due sole persone esercitano qualche influenza sopra di lui, e sono il Principe Napoleone e l'Imperatrice. Ad ogni modo non mi lusingo che l'Imperatore si disponga a ritirar le truppe. Spinto ad una decisione, resisterà come per l'addietro. E resisterà tanto più, quanto maggiore sarà l'apparenza d'una pressione venuta dall'estero. So che vi dico tristi cose; ma son vere. L'Imperatore aspetterà fin che potrà, senza far nulla. Non è che all'ultima estremità che piglierà una decisione, quando cioè l'opposizione in seno al Corpo legislativo pigliasse tali proporzioni e spingesse le cose a un tal punto da rendere affatto impossibile il processo nello statu quo. Allora, ma allora soltanto l'Imperatore piglierà una risoluzione la quale, se ajutano gli eventi, potrebbe ancl:.te essere la guerra. Il primo sintomo d'una mutazione sarebbe in allora la mutazione del Ministro degli Affari Esteri.

Scriverò più a lungo quando Pasolini partirà. Esso vi porterà un giudizio, per quanto è possibile, esatto, della ,situazione. L'Imperatrice, a proposito del discorso di Minghetti al Senato, mi disse, che il linguaggio così nobile tenuto dal Presidente del Consiglio, a proposito dell'attentato, l'aveva profondamente penetrata, che l'Imperatore aveva molto apprezzato questo buon procedere, e che desideravano entrambi che io :fiossi informato di questa ,impressione. Fatemi il favore di dirlo a Minghetti. Del resto, non vi fu qui che una voce per approvare il linguaggio da lui tenuto in quella circostanza.

P. S. -Dite a Minghetti che dopo averci pensato su, Pasolini ed io convenimmo che non fosse opportuno l'inviare la lettera a Thiers. Bensì pensammo che fosse conveniente che, per mezzo indiretto e verbalmente, io facessi sapere a Thiers che voi gli eravate tenuto della menzione da lui fatta, in così lusinghiero modo, del Conte di Cavour, e del nostro paese.

(1) -La stessa notizia venne poi trasmess" con maggiori particolari con r. 6 del 21 gennaio. (2) -La notizia della ratifica del trattato era già stata trasmessa con t. 55 in pari data.
448

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL SENATORE PASOLINI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, p. 28)

T. Torino, 20 gennaio 1864, ore 14,15. J'espère que vous aurez occasion revoir Empereur. Je n'ai rien à ajouter.

Gouvernement décidé à réprimer rigoureusement toute tentative du parti d'action. Votre famille très bien.

449

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. CONFIDENZIALE 3. Torino, 20 gennaio 1864.

Comme vous l'avez fort bien remarqué, le vote de la Diète contraire à l'occupation du Sleswig par l'Autriche et la Prusse, et la résolution prise par ces deux Puissances de passer outre à cette délibération de l'Assemblée Fédérale sont des faits d'une certaine gravité pour les Etats secondaires de l'Allemagne. Ces derniers ressentent avec plus de vivacité que jamais les froissements inévitables d'une situation fausse et d'un sentiment de nationalité contrarié. Ils pourraient, à ,ce qu'il me semble, reprendre au contraire une position avantageuse sur un terrain où leur influence et leur autorité morale se trouveraient aussitòt augmentées, celui du principe de nationalité, où réside la principale force de la cause embrassée par eux. Reconnaitre le Royaume d'Italie, ce serait de leur part accentuer hautement la politique toute nationaie qu'ils soutiennent; ce serait encore accomplir un acte utile de bonne entente de nation à nation; et répondre aux sentiments favorables que l'Italie a déjà exprimés envers les aspirations allemandes. Dans notre réponse à la proposition Française d'un Congrès restreint, nous avons déclaré sans détour que la question des Duchés est, à nos yeux, une question de nationalité: ceux des gouvernements germaniques qui n'ont pas contre nous de préjugés particuliers tels que le Wurtemberg, la Saxe, le Duché de Saxe Cobourg, celui de Saxe Weimar etc., prendraient aujourd'hui une résolution opportune à tous égards et conforme à leurs propres intérets en entrant en bons rapports avec l'Italie, alliée naturelle du grand parti national Allemand, dont les principes et les tendances sont d'accord avec les siens. Ces Gouvernements ne sauraient plus etre arretés par leur situation vis-à-vis de l'Autriche. Cette puissance a assez prouvé que les vues qui la dirigent sont di:fférentes de celles de la majorité des Etats Allemands, et l'on peut s'en rapporter à cet égard au jugement des gouvernemens germaniques aux quels elle oppose tant d'obstacles. L'occasion parait donc favorable, M. le Ministre, pour appeler d'une manière confidentielle l'attention du Ministre des Affaires Etrangères de Bade sur l'opportunité de suggérer aux Gouvernemens Allemands qui se rapprochent le plus de la politique libérale et bienveillante de cet Etat envers nous, de reconnaitre le Royaume d'Italie.

J'écris dans ce sens à M. le Marquis Oldoini (1), et je vous prie de vouloir bien entrer en communications avec lui sur cette matière, de manière à ce qu'il procède d'accord avec vous dans les démarches d'un caractère tout réservé auxquelles cet objet pourrait donner lieu de votre part comme de la sienne.

(1) Cfr. n. 4:!0.

450

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. CONFIDENZIALE l. Torino, 20 gennaio 1864.

Ho ricevuta la di Lei lettera particolare del 3 gennaio (1) e La ringrazio delle interessanti notizie ch'essa contiene. I dispacci confidenziali ch'Ella mi ha mandati sulla situazione attuale della Germania confermano e completano le notizie trasmesse sullo stesso argomento dalla R. Legazione a Francoforte. Io sono lieto perciò di sapere che le ottime relazioni in cui Ella si trova col Barone di Roggenbach e con alcuni altri alti pel'sonaggi La mettano in grado di trarre il maggior profitto possibile della sua residenza a Carlsruhe, che è ora un posto importante d'osservazione e d'influenza.

L'ultimo voto della Dieta di Francoforte con cui fu rigettata la proposta della Prussia e dell'Austria nella questione Danese, e la risoluzione manifestata da queste due potenze di non tener conto della volontà della maggioranza, e di procedere, a dispetto della Dieta, alla occupazione dello Schleswig, devono aver prodotto costì una grande irritazione. Io desidererei molto di poter approfittare della crescente impopolarità dell'Austria presso gli Stati minori della Germania per riannodare con alcuno di essi rapporti diplomatici regolari. Non trovandosi in grado di opporsi con le armi all'azione prevalente dell'Austria e della Prussia, gli Stati Germanici che seguono nella questione Danese gli impulsi nazionali del popolo tedesco dovrebbero cogliere questa opportunità per rivendicare la loro libertà d'azione ed affermare nella loro politica estera il principio di nazionalità. Il riconoscimento dell'Italia farebbe in questo momento un ottimo effetto presso il partito nazionale. Il Governo italiano sa che il partito nazionale germanico è il suo vero alleato, e ne ha dato prova esprimendosi nella Nota del 24 dicembre (2) pubblicata testè dai giornali, in modo da lasciar travedere che desidera una soluzione della questione Danese conforme agli interessi ed ai diritti della Germania. Se il Signor Barone di Roggenbach credesse giunto il momento di far valere questi ed altri simili argomenti presso alcuni dei governi tedeschi che dividono le sue idee nella questione danese, egli renderebbe un servizio grandissimo alla Germania ed all'Italia. I vincoli di famiglia che uniscono la dinastia di Baviera a quelle dei cessati Governi italiani, rendono inutile ogni tentativo presso quel Governo. Ma perchè la Sassonia, il Wurtemberg, per.chè i Ducati di Sassonia-Weimar e Sassonia Coburgo non coglierebbero questa circostanza per riconoscere il Regno d'Italia? Codesta determinazione dimostrerebbe che gli Stati Minori germanici intendono seguire una linea di politica indipendente, e conforme ai loro interessi. Le simpatie ch'essi potevano avere per l'Austria, debbono ormai essersi dileguate: giacchè i fatti dimostrarono che col tentativo fatto nel Congresso di Francoforte, l'Imperatore d'Austria null'altro voleva che ristabilire in uno scopo

egoistico la sua prevalenza, e far servire la Germania agli interessi della propria dinastia.

Voglia, Signor Marchese, esporre confidenzialmente queste osservazioni al Barone di Roggenbach e chiedergli se crederebbe possibile di cogliere questo momento per fare in via affatto officiosa qualche tentativo presso alcuno dei governi che ho accennati onde indurii ad entrare con noi in rapporti regolari. M'informi anche per telegrafo del risultato di queste sue pratiche, ch'Ella saprà, non ne dubito, condurre colla massima riserva.

Nell'accusarle ricevuta dei pregiati dispacci dal n. l al n. 4 incluso della serie politica e parimenti dal n. 1 al n. 4 della serie confidenziale...

(1) -Cfr. n. 394. (2) -Cfr. n. 356.
451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. Torino, 20 gennaio 1864.

Vi scrivo un dispaccio sull'infelice argomento delle decorazioni di cui farete quell'uso ,che vi parrà più opportuno (1). Alle volte quest'affare diventa una questione di convenienza ed io considero come tale il far decorare i Plenipotenziari italiani delle convenzioni per le quali abbiamo decorati i Plenipotenziari francesi. Questi sono il Conte Regis, Correnti, Grattoni, Pasini. Il primo me ne parla ogni volta che lo vedo. È Senatore, Grande Cordone nostro etc. etc. Si accontenterebbe d'una Commenda, se non gli si vuol dare la placca, si dia la Commenda anche a Correnti. Ciò per liquidare tant bien que mal il passato. Quanto al Trattato di commercio voi e Scialoia avrete la decorazione che vi spetta. Credo che Scialoia ci tenga e mi disse replicatamente che egli era Plenipotenziario ecc. Vi prego anche di domandare per la Legazione quelle decorazioni che vi paiono ,convenienti e giuste. A Baer andrebbe pure di g1ustizia qualcosa. Infine quando si tratti di altre decorazioni per questioni finanziarie, Sartiges mandò a Borromeo la Croce di ufficiale. Minghetti se ne dolse altamente con Sartiges facendogli osservare che Borromeo è Deputato, fu Segretario Generale dell'Interno, lo è delle Finanze, appartiene ad una famiglia illustre dove in fatto di decorazioni era p. es. più ereditario il Toson d'oro. Sartiges promise che si sarebbe riparato colla Commenda per le ratifiche del Trattato di Commercio. Io parlerò, nello stesso senso, a Malaret. E poichè scrivo il nome di Malaret, mi piace dirvi che qui egli piace assai; e che ne siamo contenti. Almeno ha il buon gusto di fare l'amico e di aspettare per dirci delle cose disaggradevoli, di averne avuto l'istruzione.

D'altro non vi parlo perchè aspetto prima l'arrivo di Pasolini.

Il Ministro inglese a Berlino telegrafò a Londra che Fleury aveva parlato a Bismarck del Reno per compensi in Germania. A Costantinopoli vi è gran lamento per la condotta di Moustier nell'affare dei conventi. Vi telegrafai intorno a supposti consigli inglesi per l'occupazione di Principati dalle truppe ottomane. Pel nostro incidente del preambolo dell'atto di navigazione le risposte di Pietroburgo, Londra e Berlino sono conformi alla risposta francese.

(1) D. confidenziale l, pari data, che non si pubblica.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Torino, 20 gennaio 1864.

Tu mi fai qualche amichevole rimprovero per non avere avuto abbastanza esatte informazioni sul viaggio di Pasolini. Se il viaggio di Pasolini avesse avuto uno scopo determinato non avrei mancato di informartene, se da esso fosse sorta qualche combinazione pratica te l'avrei comunicata. Il viaggio di Pasolini da Parigi a Londra, ha completato il tuo viaggio da Parigi a Pietroburgo, ma con uno scopo meno preciso. Quale situazione era creata ne' rapporti colla nostra politica dal rifiuto così brusco, così reciso dell'Inghilterra? Quali eventualità potevano sperarsi o supporsi dopo il rifiuto della Russia di accogliere le proposte che indirettamente le giungevano per mezzo tuo? A Parigi abbiamo trovato uno spirito di moderazione, il desiderio di sapere a quali condizioni si poteva stabilire che bisogna sortire dalla situazione attuale l'incertezza sui mezzi derivanti dal reale isolamento della Francia, l'aspettativa delle .complicazioni possibili per pigliare un partito, nel tempo istesso delle disposizioni molto amichevoli per l'Italia. In Inghilterra il più determinato proposito di conservare la pace, quindi poca disposizione per tutte le combinazioni possibili, la volontà di non abbracciare e confondere più quistioni insieme, ma di separarle, disposizioni assai buone per le nostre quistioni anche per quella della Venezia. Date le circostanze io credo che l'Inghilterra sarebbe anche disposta a porre diplomaticamente tale quistione. Ma come qualche tempo fa la quistione polacca dominava tutto, così ora la quistione danese è sul primo piano, nè si vuole turbare con altri incidenti l'andamento di questa vertenza. Per me ancora la migliore nostra risorsa sta nella situazione assai difficile e grave in cui si trova l'Imperatore, il quale nè vuole accordare le libertà, nè fare un colpo di stato ed ha quindi bisogno d'una diversione nella politica estera. È vero però che le circostanze sono poco propizie.

Abbiamo pubblicata la nostra risposta all'invito pel Congresso ristretto (1) per delle ragioni di politica interna, chè, diplomaticamente, è quasi sempre meglio la non pubblicazione. Mentre si lotta sul terreno elettorale, col partito estremo, mentre l'attitudine di Garibaldi ci fa temere di dovere essere condotti

alle tristi necessità d'una repressione, abbiamo creduto utile di pubblicare un documento che provi come il Governo serbi intatto il programma nazionale, e abbiamo nel tempo stesso presentato il progetto di legge per la soppressione de' ·conventi, e l'asse ecclesiastico. Rappresentare tutte le vere aspirazioni e le idee progressive del paese, serbare in tutto l'iniziativa ·che spetta al Governo, è la politica che tu e che noi professiamo.

Mi ha recato non poca meravi,glia il tuo telegramma (1) che mi annuncia come questa Nota abbia prodotto a Pietroburgo una viva irritazione. Essa accenna solo le idee che tu recisamente sostenesti e che pure furono accolte con simpatia. Se esporre con linguaggio moderato delle idee liberali .cagiona una viva irritazione in Russia, mi domando quali idee dovremmo esporre per non suscitarla.

Chiamo la tua attenzione su delle voci che mi giungono da più parti intorno agli accordi fra le tre potenze del Nord. Da un lato si dice che la Russia, l'Austria e la Prussia siano prossime ad intendersi per finirla colla insurrezione polacca. In alcuna delle piccole corti tedesche, dove predominano idee liberali, si teme come un vicino pericolo il ricostituirsi di una santa alleanza. Tu sei in buona posizione per sorvegliare quanto possa esservi in ciò di vero.

Minghetti mi ha detto che oggi ti scriveva. Egli ti parlerà probabilmente delle nostre condizioni interne. Garibaldi e il partito d'azione hanno preso la Venezia per loro obbiettivo e tendono a far sorgere il movimento nella Venezia stessa. Spero che il senno dei Veneti consiglierà loro di misurare la loro azione a quella del Governo ed era questo un motivo di più .per pubblicare la Nota. Io guardo a questa eventualità con profondo dolore. Aspromonte è possibile quando si tratta di frapporsi fra gli Italiani e i Francesi, ma un Aspromonte che si frapponga fra Garibaldi e l'Austria sarebbe la più dolorosa delle fatalità.

L'affare dei Conventi ne' Principati si fa alquanto grosso. Il Principe Couza è disposto alla resistenza perchè crede impossibile un'oc,cupazione militare. In fatti se la quistione non si scioglie, bisognerebbe pa·ssare ad una esecuzione. Come considera il Governo russo questa eventualità? È desso disposto ad ammettere per esempio, un'occupazione delle truppe ottomane che si dice sottomano consigliata dall'Inghilterra?

(1) Cfr. n. 356.

453

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 67, ANNESSO CIFRATO (2). Carlsruhe, 20 gennaio 1864 (per. il 24).

Roggenbach m'a dit que l'attitude récente de l'Autriche et de la Prusse dans la question Duchés était par trop anti-allemande pour ne pas espérer ensuite de bons résultats pour question nationale si la majorité des Etats secondaires auront énergie nécessaire; que passer outre aux décisions de la

Diète Prussienne dans les Duchés c'était attaquer les droits de la Confédé

ration et jouer gros jeu.

Ayant appris prochain retour à Vienne du Ministre de Bade, absent depuis longtemps, j'ai demandé à Roggenbach si Bade était en meilleurs termes avec Autriche. Il m'a di t que non: que l'absence du Ministre n'était motivée que par des raisons personnelles, mais que sa présence à son poste pouvait ,étre utile dans les circonstances actuelles aussi bien que pour éventualités futures. Roggenbach s'est montré satisfait de l'attitude de la France dans la question Danoise et Allemande.

(1) -Cfr. n. 443. (2) -Al r. 5.
454

IL CONSOLE A GINEVRA, CAPELLO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 60. Ginevra, 20 gennaio 1864 (per. il 22).

Il me revient du sous-préfet de S. Julien, par le procureur impérial et le consul de France, qu'il existerait actuellement un mouvement extraordinaire dans le parti de l'action entre Genève et Milan. J'en indique à V. E. la source pour qu'elle puisse en appré~ier la valeur. En rapprochant cet avis des autres que je me suis empressé de transmettre avant à V. E. et qui me venaient de différente source, je crains qu'on médite réellement la répétition de Sarnico. J'en informe la légation.

455

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 59. Londra, 21 gennaio 1864, ore 14,30 (per. ore 16,15).

Les nouvelles qui sont parvenues hier au Gouvernement sont que le Gouvernement danois est disposé à tenter par des élections nouvelles d'amener le Rigsraad à révoquer la constitution (1). La France a répondu négativement à la proposition conférences.

456

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Pera, 21 gennaio 1864

Debbo anzitutto reclamare la Sua indulgenza per la fretta con la quale dovetti stendere oggi il mio rapporto politico (2), tanto che non fu che ad ora tardi che mi fu possibile abboccarmi con il Marchese di Moustier.

((1) Uguale notizia venne trasmessa con t. 61 del 22 gennaio dal ministro a Parigi, Nigra, e con t. 65 del 23 dal ministro a Pietroburgo, Pepoli.

La situazione politica non potrà essere nettamente disegnata prima di conoscere il preciso tenore della lettera del Principe Couza al Gran Vizir

Velleità di misure estreme esistono sempre, ma ·come l'osservo nel mio rapporto politico, Austria e Russia non trovando loro favorevole il terreno della questione dei Beni dedicati fanno il possibile per sciogliere quella degli armamenti, per attuare una politica violenta contro i Principati. Fra pochi giorni, lo ripeto, si vedrà più chiaro.

Mi fu riferito che Aali Pachà mostravasi allarmato per la voce corsa sulla misteriosa partenza di Garibaldi dalla isola di Caprera con due vapori, per destinazione ignota. Il Signor Erskine sempre animato dei sensi i più benevolenti a nostro riguardo, mi disse altresì che si attribuiva al Governo italiano il progetto di rovesciare dal trono il Re Giorgio di Grecia, e porci a sua vece un nostro Principe. Essendomi venuto a visitare Aali Pacha, mi aspettavo che questi m'avrebbe fatto cenno di questi rumori. Ma nulla mi disse, limitandosi ad osservarmi che il Re aveva tenuto al 1° dell'anno un discorso assai bellicoso. Osservai a S. E. che gli spiriti guerrieri e la generosità dei suoi sentimenti non erano un mistero per veruno ma che nella condotta del R. Governo nulla palesavasi di natura a far nascere inquietudini di sorta.

Domani Le scriverò circa il preambolo dell'atto pubblico del Danubio. Confermando il mio telegramma del 18 (1) posso assicurarLe, Signor Ministro, che le disposizioni di Aali Pacha non possono essere migliori e che tutto mi fa sperare che giungeremo al compimento dei nostri giusti desideri, senza strepito.

Mi ·compiaccio di confermarLe che malgrado le divergenze politiche con alcuni dei miei colleghi, i miei rapporti con loro non possono essere migliori e che le ultime e tanto assennate comunicazioni ministeriali furono grandemente appoggiate.

Mi perdoni la fretta con la quale composi questa lettera...

(2) Non pubblicato.

457

KOMAROMY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI (AVV)

L. P. Ginevra, 21 qennaio 1864.

Je regrette beaucoup que des affaires urgentes me retiennent ici et m'empèchent de me rendre à Turin comme j'avais l'intention. J'ai prié le comte Théodore Csàky, mon ami, d'y aller à ma place, vu que vous le connaissez déjà de nom, ayant eu l'honneur de vous en parler comme l'homme qui a toute notre confiance et avec lequel vous pouvez ouvertement parler. Cette lGttre qu'il aura l'avantage de vous remettre ne sert que d'introduction auprès de vous,

M. le Commandeur, pour les affaires il aura l'honneur de vous entretenir verbalement, et vous donnera ·connaissance des dernières nouvelles reçues de la Hongrie, il pourra aussi vous donner toutes les explications que vous pouvez

désirer sur notre position vis-à-vis de M. Kossuth et il vous informera pareillement de la part de M. le Général Klapka de l'état actuel de nos préparatifs de guerre.

Lors de mon dernier séjour à Turin, le Gouvernement ltalien a bien voulu accéder à la demande que nous nous sommes permis de lui adresser par l'intermède du Prince Ruspoli rel,ativement aux besoins financiers du Comité Centrai hongrois siégeant à Pest. Il fut convenu que 50.000 francs seraient alloués par mois au Comité hongrois pour suffir à ses dépenses à l'intérieur du pays.

Le Général Klapka m'a remis 50.000 francs pour le mois de décembre, j'ose vous prier de bien vouloir nous obtenir et la remettre au Comte Csàky pour janvier et février la somme de 100.000 francs qu'on attend impatiemment à Pest et que je m'empresserais d'expédier immédiatement à sa destination.

(1) Cfr. n. 444.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 33. Torino, 22 gennaio 1864, ore 14,55.

D'après les informations que je reçois de Vienne il y aurait entente complète entre l'Autriche et la Prusse sur la question de Pologne et sur celle du

Schleswig-Holstein. En outre la Prusse aurait pris l'engagement d'occuper la Hongrie en cas de guerre avec l'ltalie. Que pensez-vous de ces bruits?

459

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 4. Berlino, 22 gennaio 1864.

Un journal officieux de Vienne a donné un démenti à la nouvelle mise en circulation, je ne sais plus par quel journal, d'une garantie donnée par la Prusse à l'Autriche pour la Vénétie.

J'en ai touché quelques mots à M. de Thiele en lui faisant comprendre que si je ne connaissais pas les dispositions bienveillantes de la Prusse à notre égard, ce démenti venant d'une semblable source serait plutòt de nature à éveiller mes soupçons qu'à les détruire. Le secrétaire général m'a répondu qu'il pouvait me donner l'assurance la plus formelle -quelle que fiì.t l'entente régnante aujourd'hui entre les Cabinets de Berlin et de Vienne sur la question du Schleswig-Holstein -que la Prusse « n'a pas plus assuré de garantie pour la Vénétie qu'elle ne voudrait en prendre pour la lune! Au reste, ajoutait-il, vous connaissez assez le degré de solidité et de sincérité de nos rapports avec l'Autriche pour eroire à ma dénégation catégorique ».

M. de Thiele m'ayant parlé ensuite d'une combinaison possible pour régler les conditions futures du Schleswig, en ce sens qu'on tirerait une ligne de démarcation entre les élémens Allemand et Danois, je n'ai pas hésité à déclarer que l'Italie ne saurait voir de mauvais oeil un arrangement qui aurait pour résultat de séparer les nationalités distinctes. V. E. me comprendra à demi mot, car un semblable précédent ne peut que tourner au profit de notre cause. Le Schleswig a en effet bien des points de ressemblance avec le Tyrol et avec d'autres parties de l'ancienne république de Venise, auxquelles l'Autriche en 1815 a donné arbitrairement une répartition administrative sans tenir compte de leurs anciens liens naturels, ethnographiques et économiques.

460

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. RISERVATA. Carlsruhe, 22 gennaio 1864.

Il conflitto Dano-Tedesco minaccia di trasformarsi in conflitto Tedesco. Gravi scissioni fra le due grandi Potenze germaniche e gli altri stati della Confederazione si sono recentemente manifestate a Francoforte nei voti della Dieta come negli atti dei rispettivi Governi. Fino a qual punto possono giungere tali scissioni e quali ne saranno le conseguenze è difficile prevederlo, perchè se da un lato il sentimento nazionale, fomentato più o meno apertamente dagli Stati minori prende un'attitudine importante, dall'altro le Grandi Armate della Prussia e dell'Austria, attualmente riunite nella politica germanica, dominano di fatto la situazione e pongono un freno alle aspirazioni dei popoli.

La politica Badese, come ebbi l'onore di informare officialmente V. E. è intieramente nel senso nazionale, e senza far troppo ostensibilmente della propaganda, non avvi dubbio influisce più di quanto credesi sul movimento nazionale.

Il Barone di Roggenbach, dotato di energia e senno politico, ha per certo molta influenza in Germania e passa pel capo del partito liberale moderato; sa attendere ed usufruttuare le circostanze nè sembra scoraggito dalle fasi contrarie alla sua politica; il suo linguaggio è analogo a questo. Il Principe

G. di Baden è meco ancora più esplicito, ed ambidue mi dissero testè, dopo, la protesta di dritto e di fatto Austro-Prussiana di voler passer outre alle decisioni della Dieta, che • se mettre ainsi en oppositioh avec le seui pouvoir légal du pays, pourrait devenir fort dangereux, et que la cause nationale devait tot ou tard nécessairement y gagner •.

Mi sono già permesso di scrivere particolarmente a V. E. che il momento mi sembrava propizio per coltivare all'Italia più esplicitamente le simpatie dell'opinione pubblica della Germania liberale, senza fare naturalmente propaganda di sorta, che la nostra posizione ancora isolata e la nostra dignità non permetterebbero.

In seguito delle istruzioni verbali e scritte ricevute a Torino e alla conoscenza che credo ·aver qui del paese mi sia permesso riprodurre tale idea aggiungendo, da quanto mi risulta in modo sicuro che se nelle future discussioni

al nostro Parlamento sulla politica estera il Governo del Re credesse poter dire

o almeno provocare parole di simpatia per la nazionalità germanica in generale e per l'attitudine liberale del Governo Badese, tali dimostrazioni del Parlamento Italiano farebbero eccellente effetto in Germania e sarebbero qui molto gradite.

La Nota-Circolare francese è stata molto bene accolta in questo senso, e la politica Imperiale ha incontrato le simpatie del Paese.

Il Gran Duca che ebbi l'onore di incontrare ieri sera, mi parlò lungamente della situazione criUca della Germania, disposto a persistere nella via che il suo Governo si è tracciata, terminando col dirmi • qu'affermir ses droits était toujours un devoir comme une saine politique •.

Il Principe Guglielmo, col quale ho cacciato questa mattina si mostra sempre molto ostile alla politica Austro-Prussiana. Voglia ·scusarmi, Signor Cavaliere, se nell'interesse del paese mi sono preso la liber·tà di esprimerle le opinioni forse troppo pronunciate...

461

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 30-32)

L. P. Parigi, 22 g·ennaio 1864.

Esco dalla visita. Ho letto vari brani della tua lettera (1) che io aveva messi insieme. Capirai però che non ho voluto aver l'aria di metterlo en demeure di rispondere dopo dieci giorni. Mi ha detto -a proposito delle cose lettegli che sarebbe gran male se il Governo italiano si lasciasse entrainer dal partito di azione. Io ho mostrato buona fiducia che il Governo sarà padrone della posizione e impedirà ogni tentativo; ma se l'insurrezione si attua..... sarebbe cosa assai grave; ma nella Venezia ci è troppa forza, e nel Trentina come sostenersi?

E qui si è discusso un poco su queste eventualità.

-Ma, io dissi, spero che l'affare della Germania si .complichi a modo che voi dobbiate mescolarvene e andare al Reno, e Austria trovare caso di fare lo scambio.

-Ma, rispose, pare impossibile. Austria e Prussia vanno troppo d'accordo; io spero ·che si guastino, senza di che non si può far nulla. Certo, senza di questo, lo scambio non mi pare possibile che sia accettato. Ad ogni modo poi, e per pace e·per guerra, il buon fondamento sarebbe l'Ungheria; se là vi fossero guai, la offerta diverrebbe molto opportuna, e per guerra sarebbe cosa decisiva, perchè, se guardate la carta, senza Ungheria non c'è l'Austria; ma a me si dice esserci poco da sperare.

-Come ho letto, Minghetti offre di farvi conoscere i dettagli delle sue informazioni.

Non rispose nè si nè no, scotendo la cenere del sigaro.

-E veramente, soggiunsi, Minghetti è uomo serio da non lasciarsi andare a sogni. -Approvò. -Di più egli dice che questo si congiungerebbe alla Galizia.

-Là anche a me si dice esserci qualche cosa di serio.

-Io credo però che se qualche cosa si fa, il primo moto è da noi, e quindi si fa un movimento generale. E allora? -Bisogna aspettare, però. E qui è tornato a discorrere del non potersi persuadere che le cose di

Germania non si imbroglino. -Il faut attendre.

Io ho ripetuto aver piena confidenza che il Governo italiano potrà impedire ogni tentativo; ma se il Paese non è convinto che quakhe cosa si fa per riuscire nella impresa nazionale, diverrà impotente. Io ho creduto di battere su questo tono, perchè la cantilena: facciamo subito, non ne possiamo più, diventa troppo abituale e nel vero momento non farebbe più effetto: poi ho voluto lasciare il punto di partenza pel giorno in cui si volesse dire: Abbiamo aspettato come ci avete detto; se una questione è impossibile, tentiamo l'altra.

Poi veramente io penso che dobbiate lasciar passare questo momento in cui la questione interna è così viva; io non lo credo, ma pure qualcuno ·crede che la issue possa essere guerra all'estero, e allora viene da sè. Di ciò parleremo.

Del resto, il point saillant della conversazione avrete visto essere Ungheria. Se riassumo però le mie impressioni e i discorsi uditi da tutte le parti, io concludo che tirare l'Imperatore a qualche fatto è quasi impossibile, salvo che alla proposta dello scambio; ma io credo non convenirci che questo si faccia se non ha probabilità di riuscita.

(1) Cfr. n. 430.

462

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 66. Berlino, 23 gennaio 1864, ore 17,35 (per. ore 20).

Roi de Prusse interrogé par un personnage de son intimité nie péremptoirement un engagement quelconque avec Autriche pour la Hongrie. Ministre des affaires étrangères que j'ai sondé en vaie détournée prend la chose sur le ton de la plaisanterie. Le secrétaire général donne assurance que la Prusse n'assume g.arantie 'pour la Vénétie pas plus qu'elle voudrait en prendre pour la lune. Je ne crois pas, pour le moment du moins, à des engagements, sauf à propos conflit Danois. Mais il ne faut perdre de vue qu'une certaine solidarité, surtout vis-à-vis de l'Allemagne et Pologne, git dans la situation actuelle des choses, dans le courant réactionnaire. Ministère Danois se montre disposé à réunir Parlement et à lui demander, en en faisant question de Cabinet, le retrait de la constitution commune. Les états secondaires de l'Allemagne commencent à faiblir dans leur résistance.

463

IL CONSOLE A GINEVHA, CAPELLO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 70. Ginevra, 23 gennaio 1864 (per. il 25).

Je crois savoir que le parti de l'action ne tentera rien avant 15 avril: à cette époque qu'arrivera-t-il? Sans prétendre prophétiser, voici le pian probable: Autriche étant engagée contre Danemark, Vénitien se soulèverait, Garibaldi se jeterait dans ce pays à son secours, Hongrie profiterait de l'occasion

pour sécouer joug autrichien, et puis da cosa nasce cosa. Si tel est le projet il faut avouer qu'il n'a rien de commun avec celui qui a abouti à Aspromonte.

464

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 3. Londra, 23 gennaio 1864 (per. l'l febbraio).

In un mio telegramma precedente (1) ho informato V. E. che in una delle mie ultime conversazioni con Lord Russell, questi aveva fatto a titolo di semplice osservazione qualche rimarco sull'avere il nostro Gabinetto nelle sue comunicazioni colla Francia totalmente passata sotto silenzio la presenza o l'assenza dell'Inghilterra in un congresso generale o ristretto. Egli disse non avere potuto a meno che vedere con un po' di sorpresa che mentre il prender parte dall'Inghilterra a qualcuno di quei congressi era stato messo avanti come condizione più o meno necessaria per parte di quasi tutti i Governi, quello di S. M. avesse creduto nemmeno farvi la menoma allusione. Io risposi che non s'era inteso con questo mancare ai buoni rapporti tra i due paesi. Ma conveniva riflettere a varie considerazioni prima di portare un giudizio. Prima di tutto nel secondo caso trattavasi di Congresso ristretto vale a dire di un congresso messo avanti precisamente per avere l'Inghilterra rifiutato il congresso generale. Conveniva dunque decidere per parte nostra se volevamo prender parte a questo congresso ristretto e probabilmente senza l'Inghilterra e l'Austria. Ma era evidente che per varie ragioni dovevamo accettare. In tesi generale prima di tutto credendo il Governo italiano essere naturale che per la sua importanza attuale egli prenda parte alle deliberazioni Europee, ed avendolo anzi chiesto in questi ultimi tempi, non poteva quando veniva invitato rifiutare senza cadere in contraddizioni. In secondo luogo l'utilità per noi di potere discutere le quistioni, che riguardano l'Italia davanti un areopago sia generale sia limitato, è troppo evidente per non venire ammessa da chiunque. Che l'Austria, non volendolo, fosse felice del rifiuto dell'Inghilterra

era naturale, ma mossi da motivi diametralmente opposti non doveva parere strano se avevamo agito in senso contrario.

34 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Finalmente benchè fosse un soggetto grave da toccarsi leggermente, feci

intendere a S. S. che se avevano a constatare simili conseguenze ne accusassero

anche se stessi.

Essendo chiaro che a fronte della poca assistenza effettiva che purtroppo dovevamo aspettarci dall'Inghilterra, era necessario, volessimo o no, seguire in fatti consimili le orme della Francia, dovendosi da noi posporre l'indipendenza totale della nostra politica a quel tempo in cui, sciolte le quistioni che precisamente cercavamo di terminare, potessimo riprendere il libero arbitrio e tenere quel conto che desideravamo della politica di simpatie. Egli mi disse che avressimo seduto a congresso, dove nessuna delle gran potenze e neppure l'Olanda etc. si sarebbero trovate. Ma risposi che l'accettazione nostra era stata in massima, e senza illuderci sulla non riescita del congresso. Toccava a noi a pensare cosa volevamo fare senza giudicarne dalla condotta altrui. E gli ripetevo che qualunque fosse il modo di vedere di ognuno individualmente, non potevamo scordare il grande appoggio che ci aveva dato l'Imperatore a Magenta e Solferino essere argomento di non lieve valore.

Ed egli replicò che non credeva che l'Imperatore ci spingerebbe a guerra,

o potressimo aspettarne ajuto.

Ed io dissi che questo lo credevo, ma nulla ne sapevo di certo. Ma era una quistione tutto diversa da quella del Congresso di ·cui avevamo impreso a parlare. E così finì la conversazione (1).

(1) Cfr. n. 442.

465

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

1'. 68. Londra, 24 gennaio 1864, ore 14,10 (per. ore 16).

Tous les efforts d'Angleterre et meme de Russie sont concentrés à obtenir de Prusse et Autriche un délai jusqu'au 15 février pour permettre les nouvelles élections danoises. On se méfie de la Prusse, dont les intentions paraissent suspectes et le langage plein de duplicité.

466

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 71. Londra, 25 gennaio 1864, ore 13,30 (per. ore 15,40).

Le Morning Post dans un article, qui a l'air d'un communiqué, annonce que l'Autriche et la Prusse ont refusé le délai demandé. L'article est très violent contre ces deux puissances, les menaçant de flotte anglaise dans la Baltique; de ligue des puisl?ances non allemandes signataires de 52; de troubles en Hongrie et en Italie; de perte de provinces prussiennes en Pologne et sur le Rhin. L'article finit par un dernier appel à conciliation.

(1) Cfr. in B CB, Carte Minghetti, una lettera di Azeglio a Minghetti dello stesso 23 gennaio, con maggiori particolari circa il colloquio con Russell.

467

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 72. Berlino, 25 gennaio 1864, ore 16,41 (per. ore 19).

Dans ce moment a lieu clòture parlement prussien. Chambre des députés a encore voté ce matin sans discussion, avec forte majorité, que l'état actuel des choses est violation de la constitution et tout emprunt nul et non obligatoire. France sans piacer sur le fond · question au point de vue anglais a fait observations sur brièveté délai laissé au Danemark. Les troupes d'occupation ont ordre franchir Eider. On s'attend toujours à trouver résistance. Secrétaire général m'a nié aujourd'hui encore tout engagement occupation éventuelle.

468

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 5. Londra, 25 gennaio 1864 (per. il 28).

Il Governo pare abbia ricevuto all'ultimo momento la nuova del rifiuto dell'Austria e della Prussia pel domandato ritardo, poichè mentre il Post ha un articolo di fondo stampato in un tal modo particolare agli articoli semiufficiali, il Times invece, benchè favorito anch'esso per lo più di informazioni gravi, ha un articolo stamane che annunzia il diradarsi del nembo che minacciava l'Europa.

L'articolo del Post, alla redazione del quale non dovrebbe esser del tutto alieno il Capo del Governo, è in uno stile che pare analogo al modo di pensare che prestavangli persone ben informate. Cioè non tanto, come alcuni pretendevano, alieno dal prenderla in un tuono energico.

Sicuramente non si può dimandar di più di quest'articolo: Vitupero delle Potenze Germaniche, minaccia di smembramento delle loro Monarchie, guerra con l'Inghilterra: tutto vi si trova indicato inchiusa la Venezia ed il Reno.

E non mi fa specie: poichè in tutti questi ultimi tempi pieni di speranze e di attive negoziazioni per allontanare la guerra, sempre stavo pensando chi in ultimo sarebbe stato tratto in inganno da subdole arti.

E se capitasse che fosse il Gabinetto Inglese non vi sarebbe da stupire se parlasse un linguaggio risentito. Lord Palmerston che tornò sabbato In città definitivamente presiedette a un Consiglio dopo il quale ebbi occasione di vederlo un momento. Ma allora ancora egli pareva contare sul potersi superare la difficoltà. Seguitò a lodarsi del concorso dell'Austria, ma disse che il Bismarck teneva linguaggio assai ambiguo dicendo agli uni che se si lasciava scappar quest'occasione di aggiustar la vertenza non tornerebbe sì

presto. Agli altri che intendeva non entrar nello Schleswig, ma farlo credere per intimorire. L'Ambasciatore di Francia che m'era stato a trovare pochi momenti prima mi disse, ·creder che le sue informazioni portavano che Austria e Prussia non se l'intendevano. Ad ogni modo pare che abbian rifiutato assieme, e per ora tanto basta.

469

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 88. Copenaghen, 25 gennaio 1864 (per. l'1 febbraio).

Le président du conseil est venu chez moi pour me confier sous le sceau du secret le plus absolu, qu'un personnage suédois, son ami particulier et ami intime du roi de Suède, était arrivé tout exprès de Stockolm pour lui dire que l'empereur des français pousse dans ce moment la Suède à la guerre en faveur du Danemark et qu'un échange de lettres relativement à cet objet avait lieu entre les deux souverains. S. E. m'a dit que cette nouvelle lui avait été comrnuniquée si confidentiellement que le ministre des affaires étrangères lui-meme l'ignorait encore, mais qu'il s'était réservé le droit de m'en faire part afin que mon Gouvernement en fUt informé. Il m'a dit ensuite avec insistance, que dans le cas de guerre, qui lui parait inévitable, les débuts en seraient sans doute malheureux pour ce pays, et que vu la supériorité de l'eunemi, l'occupation du Schleswig était probable, qu'alors les deux grandes puissances allemandes seraient disposées sans doute à négocier, mais que de l'attitude de l'Italie dépendrait l'acceptation ou le refus du Danemark. Il m'a meme clairement exprimé le désir de savoir à quoi s'en tenir à cet égard. Je me suis tenu dans une extreme réserve, d'autant plus facile que l'on me laisse dans une ignorance absolue sur la politique de notre Cabinet, me bornant à remercier S. E. de la confiance qu'elle me témoignait, et à l'assurer que je vous aurais fait part de son désir. Le président du conseil est une personne à qui il ne faut pas trop se fier. Il me parait cependant opportun que V. E. me mette à meme de répondre et d'entretenir des relations suivies avec un pel'sonnage qui peut nous fournir d'utiles renseignements. Je prie V. E. de vouloir bien me faire accuser réception de cette dépeche.

470

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 73. Parigi, 26 gennaio 1864, ore 8,30 (per. ore 9,45).

On me dit que l'Angleterre effrayée du refus de la proposition dano1se de la part de la Prusse et de l'Autriche aurait proposé à la France, à la

Russie et à la Suède de défendre, mème avec les armes, le traité de Londres. La France aurait refusé. Veuillez dire à Peruzzi que sa circulaire (1) fait

ici le meilleur effet.

471

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 77. Carlsruhe, 26 gennaio 1864, ore 19 (per. ore 20,50).

Reçu ce matin par Francfort dépèche cabinet n. l (2).

Roggenbach accepte mandat pour reconnaissance Saxe, Saxe-Cobourg, Saxe-Weimar: il eroit Wiirtemberg actuellement aussi impossible que Bavière. Instructions pressantes seront envoyées à ministre de Bade à Vienne, qui en ce moment est en mission extraordinaire cours allemandes, de toucher Dresde, sonder dispositions, travailler verbalement dans notre intérèt. De mème S. E. écrit lui-mème particulièrement à ses collègues à Weimar et Saxe-Cobourg dans le mème sens. Ministre des affaires étrangères croit en Saxe probabilité. Baron de Beust favorable si la famille régnante l'était aussi, ce qui est douteux à cause de la reine. Prie de me faire savoir au plus tòt si l'an pourrait donner Annonciade grand-due de Bade en cas bon résultat démarche Roggenbach. Courriers de Cabinet passeront-ils par Carlsruhe?

472

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL CONSOLE A GINEVRA, CAPELLO

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 26 gennaio 1864.

Al R. Ministero dell'Interno fu riferito che il giorno 12 corrente trovavasi in Lugano Alberto Mario, il quale ricevette colà una lettera di Londra recatagli da certo John Weit (White?) con cui Mazzini annunziavagli il suo prossimo arrivo in Ginevra, ave gli dava appuntamento. Il Mario sarebbe partito subito per Ginevra, ma invece di Mazzini, trattenuto a Londra per .causa di malattia, vi avrebbe trovato un suo fidato emissario, certo Paolo Lemoine, il quale ebbe parecchie conferenze ·collo stesso Mario, col Weit, con certo Ardenti, Siciliano, e con un Veneziano di nome Zucconcelli.

Nulla di positivo sarebbesi potuto scoprire intorno a queste conferenze, ma, per quanto si è potuto congetturare da mezze confidenze, sembra che siasi trattato di un nuovo progetto di attentato contro la vita dell'Imperatore.

Aderendo al desiderio del R. Dicastero anzidetto io prego la S. V. Illustrissima di volermi fornire intorno a tal fatto sicure e precise informazioni, facendone argomento di sollecito rapporto.

(1) -La nota del Ministro Peruzzi, che si riferiva ad un progetto d'attentato contro la vita del re Vittorio. Emanuele II e dell'Imperatore Napoleone III, era stata trasmessa in copiaal Nigra con dispaccio confidenziale n. 3 del 23 gennaio, e dal Nigra comunicata al Ministro francese degli Esteri Drouyn de Lhuys. (2) -Cfr. n. 450.
473

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 83, ANNESSO CIFRATO (1). Francoforte, 26 gennaio 1864 (per. il 29).

Ainsi que V. E. l'a si justement pensé ce serait le cas de profiter de la scission survenue entre les deux grandes puissances allemandes et les états moyens à la suite de l'affaire danoise .pour tenter secrètement d'amener quelqu'un de ces derniers à donner une preuve éclatante de la sincérité de leur nouveau principe de nationalité en reconnaissant nouveau royaume d'ltalie. C'est auprès de Bavière, qui conduit tous les autres, qui devraient ·etre faites premières ouvertures, mais il serait à craindre que les rancunes encore très vives de la famille royale ne les lui fissent pas accueillir favorablement.

Le Gouvernement de Bade qui nous a déjà donné des preuves de ses sympathies et qui a puissant intéret à -etre imité par ses Confédérés, serait donc indiqué pour prendre initiative de démarches secrètes à faire auprès des Cours secondaires, et le marquis 01doini est admirablement placé pour le sonder à cet égard.

Une autre considération que je me permets soumettre à l'appréciation de

V. E., et qui serait d'une très haute importance, c'est que -le Gouvernement français, qui dans -ce moment a une très grande infiuence sur Ies états secondaires et est appelé, suivant cours événements, en avoir une beaucoup plus grande encore, fU.t mis dans le secret de nos intentions et favorisat nos intérets en appuyant nos démarches. Ce serait, j'en suis convaincu puissant élément succès, et d'autant moins à négliger qu'il serait à craindre qu'en apprenant par ses agents nos démarches Gouvernement français put etre blessé de ne pas en avoir été informé.

474

IL SENATORE PASOLINI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(Ed. in Carteggio Minghetti-Pasolini, vol. IV, pp. 32-35)

L. P. Parigi, 26 gennaio 1864.

Domenica ebbi la tua del 22 (2), ·appunto quando tornava dal Principe Napoleone e Principessa Clotilde co' quali ebbi l'onore di far colazione e quindi presi congedo. Volli vedere Rothschild; ma al Barone era proibito ricevere, e i figli tutti a caccia. Decisi dunque di aspettare. Di tre cose debbo scriverti, poichè oggi non ho il piacere tanto sperato di rivederti come avevo stabilito. Crisi monetaria; affare Rothschild; politica.

Ho visto il dispaccio che Nigra ha scritto a Visconti sulla crisi monetaria dopo che insieme fummo da Rouher (3). Io poi sono stato oggi stesso da Vuitry governatore della Banca. Insomma, tutti assegnano per causa principale

(.3) R. 10 del 25 gennaio 1864, non pubblicato.

della crisi i milioni che si mandano in Oriente e sopratutto in Egitto pei cotoni, pei quali negli scorsi anni si faceva cambio dei prodotti coll'America e si prendevano a valore ben minore dell'attuale. Il Vuitry mi diceva che potevano bene essere altre cause secondarie, ma che sarebbe assai difficilE.' lo stabilirle con certezza. E Rouher e sopratutto Vuitry credono che la crisi volga al suo termine; già da qualche giorno vi è miglioramento nell'incasso della Banca; e sarà ben maggiore chiuso il prestito, il quale, essendo stato sottoscritto per più che undki volte, darà luogo ad un ritiro di molti milioni dei depositi fatti per la sottoscrizione. Non vi ha dubbio del resto, dicono essi, .che gli affari moltiplicati immensamente hanno resa più ardua la liquidazione che ogni anno rende caro il numerario tra il finire e il cominciare dell'anno. Quanto a Rothschild, ti scrissi come il Barone mi aveva detto di mandargli una nota di proposta; e con tuono che di buona voglia se ne sarebbe occupato. Ma non mi piacque il modo ·col quale me ne parlò poscia Alfonso. Questi, che il primo giorno si era mostrato conciliante e ragionevole, mi tirò fuori appunto -l'impossibilità morale -che tu mi telegrafavi esserti addotta da Landau. Mi diceva che per quel che già era fatto, pazienza; ma sapere che già anche per tutto il da farsi nelle Meridionali erano fatti i contratti e cosi ad altri assicurati i lucri ecc. Chiamò un suo impiegato che ripetè presso a poco le stesse cose; ma nella discussione, essendo venuto a concludere che bisognava vedere, e se invece del guadagno del 10 si fosse presentato quello dell'B o simile, l'affare poteva ancora farsi, vidi che Alfonso gli diede nel braccio, e prendendo la parola disse che nei contratti delle cose da fare non avrebbe voluto, quanto a sè, accordare il lucro di 5 centesimi. Io non aggiunsi quasi nulla, dubitando che il Landau abbia scritto fortemente, e che questi signori vogliano vedere di imbrogliare. Pensai consultarmi con Nigra che è bene coi Rothschild; egli mi dice di riparlarne ad Alfonso; io confesso che vorrei parlarne anche col Barone; ma non gli permettono di parlare di affari, perchè si agita troppo; sto così sospeso un giorno o due. Io credo questo un affare assai importante; se potesse venire alle mani di Rothschild, si guadagna nel credito e nell'effetto, perchè credo che l'affare fiorirebbe. Non vorrei che per troppo di finezza che ci mettono essi e di ira di Landau, andasse diversamente. Mi propongo dirglielo il meglio possibile. Pazienza, un giorno più o meno: già adesso ho anche un dente che mi fa tribolare, e prima di due o tre giorni non sarà accomodato.

Quanto alla politica, ·io ho finito; sono censé essere partito, e d'altra parte ho capito che missioni come la mia non possono prolungarsi troppo. Queste, se non altro, fanno un bene, eccitano i Ministri residenti; ma, ·come ogni eccitamento prolungato, snerva ed annoia. Il Principe Napoleone ci disse credere per fermo che l'affare danese si accomodasse au gré di tutti, sicchè Prussia ed Austria non hanno cause a scissure come l'Imperatore sperava. Come restiamo noi? Quanto a me personalmente credo che riusciate a nulla nella quistione romana. Rouher che in questo d è favorevolissimo, ci disse credere opportuno aspettare la morte del Papa; sperava che allora i Cardinali facessero qualche errore. Che povera politica! Del resto, io non ho trattato questa questione; tu mi avevi scritto di non trattarla. Resta l'altra, per via di pace o di guerra. E Rouher e tutti dicono che in Francia la pace è voluta

furiosamente troppo forse, sicchè verrà una reazione contro la pace à tout prix, ma anche decidere l'Imperatore alla guerra mi pare assai difficile per le idee che mi sono fatte; ci vorrebbero degli eventi strani. Per la via pacifica io non so se Drouyn de Lhuys resterà al ministero; egli è austriaco; ma Rouher e quindi quelli che egli potrebbe chiamare in surrogazione di Drouyn, sono Russi, cioè per l'alleanza russa; e con questa mi pare tuttavia difficile la guerra all'Austria e impossibile lo scambio pacifico. Qui è tutto il nodo della questione. Noi siamo giunti a questo che l'Imperatore (non dico la Francia) e l'Inghilterra d hanno dichiarato essere pronti ad appoggiare quello scambio; avremmo bisogno di produrre un fatto che rendesse quel favore efficace, perchè mi sono convinto che così a ciel sereno facendo fare quella proposta, colla sicurezza che il rifiuto non porta la guerra, non si ottiene nulla. Aspettate e divenite più forti; è vero poi? Ad ogni modo saremo sempre ventidue contro trentacinque. Piuttosto capisco sperare negli eventi, ma lo sperare è poco. Ttirr qui armeggia sempre, ha chiesto udienza all'Imperatore. Mi dispiacerebbe che questi credesse che le sue pratiche sono le vostre.

Rouher ci disse ancora essere presentata al Senato una petizione contro gli atti del Governo in Sicilia e Napoli. Se quella dovesse aver seguito, bisognare che voi gli favoriste tutti i mezzi di ben difendere. Ma di ciò vi scriverà Nigra, come credo. Non veggo l'ora di rivederti. Mi duole che tu sia stato poco bene e quindi un poco triste. Capisco che la tua fatica è da gigante; almeno giungessi alla terra promessa! È la Venezia. Non so che cosa darei per questa. Non mi rimarrebbe che un dente contro di te, che è quella legge sulla ricchezza mobile, che io non so approvare perchè turba gli affari dei privati.

Mi duole anche che intanto la freschezza delle impressioni si perde; quante volte ho pensato al piacere di dirtele. In questo viaggio ho visto e udito assai più che nell'altro. Ma invecchio; ho bisogno di essere remisé.

Non avendo visto il Barone, non ho potuto comunicargli il tuo telegramma in risposta alle sue dichiarazioni. Ma ad ogni modo, se vogliamo credere alle assicurazioni di tutti questi signori, la crisi monetaria volgendo al suo termine, sarà bene attendere qualche giorno per deliberare l'imprestito ... [par.

ill.].

(1) AI r. 9.

(2) Ed. in Carteggio Minghetti-Paso!ini, vol. IV, pp. 29-30.

475

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Berlino, 25-26 gennaio 1864.

Quoique vous ne m'ayez encore donné aucun avis relativement à une caisse qui m'a été expédiée, je ne sais par qui, de Dusseldorf, je vous la transn1ets néamoins, sauf à ce que vous me la renvoyiez, si par hasard elle ne vous était pas destinée. Le Courrier Collino vient d'arriver. Je lui remets ces quelques lignes

pour vous, quoique je n'aie aujourd'hui rien de bien intéressant à voux mander et que vous ne .sachiez déjà probablement.

La question dana-allemande conserve sa gravité. Les troupes austroprussiennes ont commencé leur marche vers l'Eider qu'elles franchiront, qu'elles rencontrent ou non la résistance. L'Autriche désire vivement que les conseils ultrapacifiques de l'Angleterre prévalent, que l es Danois évacuent, sans coup férir, le Schleswig; qu'ils cèdent sur toute la ligne. La Prusse, au contraire, serait fort désappointée si elle devait enfoncer une porte ouverte. Tout en contrariant l'opinion publique, elle n'accepterait qu'à contre-coeur une solution qui replacerait les Duchés dans une condition qui ne s'éloignerait guère de leurs anciens rapports avec le Danemark. Il faudrait au moins au Cabinet de Berlin que ces Provinces ne fussent plus rattachées au Danemark que par un lien purement dynastique: une ligne de démarcation dans le Schleswig entre l'élément danois, et l'élément allemand, lui sourirait également. L'Autriche, elle ne voudrait qu'une satisfadion de pure apparence, et redoute toute complication qui amènerait la Prusse à se déclarer dégagée du Traité de Londres, ce qui pourrait fort bien arriver si les Allemands seront reçus à coups de canon par les Danois. Vous voyez d'après .cela une divergence assez marquée dans les vues de la Prusse et de l'Autriche. Et cependant on nous carne chaque jour à l'oreille qu'elles sont dans une intelligence parfaite. On va meme plus loin, on parle de garantie directe accordée pour la Vénétie, de garantie indirecte, celle d'occuper du còté de la Prusse la Hongrie en cas de guerre en Italie. Ici, Roi, Ministre, Secrétaire général, nient formellement tout engagement de ce genre avec un certain air de sincérité. Quoique la politique de ce Gouvernement soit incalculable, je serais plutòt disposé à croire pour le moment à ces dénégations. Seulement ce qui n'existe pas aujourd'hui pourrait prendre corps demain. Il souffle en effet un vent de réaction, dont il ne faut pas exagérer l'importance, mais qui est de nature à éveiller nos soupçons. A Paris mème Thiers et compagnie en réclamant trop péremptoirement une augmentation des libertés, mettent presque l'Empereur dans la position de retarder les concessions. Ce parti, sans s'en douter, ajoute de l'eau aux moulins de Vienne, de Berlin et de Saint-Pétersbourg. Ces trois Cabinets sont d'accord pour la Pologne, sont rapprochés, quoique à un moindre degré, pour la question Danoise et pour comprimer toute tentative révolutionnaire en Allemagne. Ils boudent plus ou moins la France. Si la coalition n'est pas faite, elle est en train de se faire.

L'Empereur Napoléon devrait comprendre l'immense faute qu'il a commise en arrètant au Mincio nos troupes victorieuses. Il n'a pas encore porté d'assez rudes coups à chacun des membres de la Sainte Alliance. C'est une oeuvre à reprendre. Si l'Italie avait été entièrement constituée maitresse chez elle, avec les clefs de sa maison en poche, ou les velléités de coalition n'auraient plus reparues, ou d'un commun accord nous les eussions déjà anéanties en courant sur sans merci. Il faut une cure radicale; mais elle ne le sera que lorsque nous pourrons disposer de toutes nos forces contre l'hydre à trois tètes.

26 gennaio 1864.

Vos commissions n'ayant pu ètre prètes hier, le Courrier Collino ne partira que ce soir. Je puis dane ajouter quelque page à ma lettre.

En suite d'une dépèche du Danemark, se plaignant du court délai signifié par les Puissances allemandes, et demandant un terme de 5 à six semaines pour convoquer le Reichsrat et lui soumettre la demande du retrait de la constitution commune, la France et l'Angleterre ont appuyé cette proposition à Vienne et à Berlin. Mais elle arrive trop tardivement pour avoir des chances de succès. L'occupation du Schleswig aura lieu en tout état de cause; on s'attend ici à une forte résistance sur la ligne des fortifications du Danemark. Les troupes autrichiennes traversent Berlin par des convois qui passent de trois en trois heures. Les abords du chemin de fer sont encombrés de curieux. Pas un seul hourra pour tous ces Pandours, Croates, Hongrois, parmi lesquels ne se trouvent que peu d'Allemands. Jeudi 29 le Maréchal Wrangel enverra au Général en chef danois la •sommation d'évacuer le Duché. En cas de refus parfaitement prévu, on franchira l'Eider. Les officiers de l'état-major ne croient pas qu'on puisse entreprendre des travaux de siège au Danewirke avant le 25 Février. Irl n'y aurait plus qu'un dernier moyen d'éviter tla guerre, ce serait un quos ego prononcé dans une dépèche identique des Puissances occidentales. J.e ne suppose pas que la France se prète à une pareille démarche. Elle a un intérèt à laisser s'engager l'action. Tant que les opérations se bornent à la terre ferme, le Danemark aura le dessous mais si elle Hent tète jusqu'au 15 Mars, les choses tourneront en sa faveur, du moins pourrait-il ·causer de graves dormma:ges à ses adversaires par un blocus de leurs còtes, ... et tout ce qui s'en suit. Quand l'Autriche et la Prusse seront bien embrouillées, la France sera à mème de prendre la position qui conviendra le mieux à son intérèt.

Hier les Chambres ont été closes ici. La situation est certes tout à fait inconstitutionnelle; le trouvé offre des ressources, mais elles s'épuiseront si la guerre s'engage, et la voie des emprunts est à peu près fermée au Gouvernement prussien.

L'Autriche aussi vide son escarselle qui n'est déjà pas trop pleine. Tant mieux! M. de Bismarck vi·ent de me raconter que, d'après une dépèche du Nonce à Paris, le Gouvernement français ne se montrerait guère favorable à l'Italie, mais que son langage rappelait beaucoup à celui qu'il tenait par avant 1859. M. de Bismarck me disait aussi à brule-pourpoint: • Voulez-vous que nous fassions un échange? Je vous expédierai mes Chambres, vous m'enverrez les vòtres •. • Je pourrais, lui ai-je répondu, accepter dans le sens que vos Chambres à Turin régleraient la question Allemande, et que les rmiennes à Berlin régleraient celle de Venise. Nous liquiderions ainsi d'un commun accord nos anciennes créances vis-à-vis de l'Autriche •.

M. de Bismarck a ri de bon coeur, mais sans développer autrement sa motion. Le fait est que tant que l'Autriche et la Prusse emboitent le méme pas, et que leurs troupes marchent cote à cote, nous ne pouvons pas compter sur un concours sérieux de la Prusse. Je fais de mon mieux pour les séparer; et je compte beaucoup sur leur esprit traditionnel de rivalité qui revivra tot ou tard. Chassez le naturel, il revient au galop.

P.S. -Ci-joint vous trouverez un article de la National Zeitung de Berlin qui rend compte de votre brillante réception du 21. La Princesse aura du plaisir à vous la traduire.

476

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 6. Berlino 27 gennaio 1864 (per. iL 31).

Par mon rapport confidentiel N. 4 du 22 janvier (1), j'avais déjà parlé de certains bruits mis en circulation sur une garantie donnée par la Prusse à l'Autriche pour la Vénétie, en y opposant un démenti du Secrétaire général

M. de Thiele. Quelques jours plus tard, il circu1ait la rumeur d'une garantie indirecte, à savoir: que la Prusse occuperait la Hongrie en cas de guerre en ltalie.

Je me suis mis en campagne pour contròler ces nouvelles. J'ai d'abord adroitement sondé le terrain auprès du Baron de Schleinitz, Ministre de la maison du Roi, et qui jouit de toute la confiance de son Souverain. Nos opinions politiques se rencontrant assez, j'ai exprimé le regret de voir les armées des deux grandes Puissances germaniques agir de concert dans une affaire où leurs intérets étaient diamétralement opposés; et que dès lors il ne pouvait sortir de cette entente aucun avantage pour les intéréts permanents et traditionnels de la Prusse. M. de Schleinitz partageait entièrement mon avis. • Mais, ajoutait-il, l'essentiel c'est que nous conservions les mains libres dans toute autre question. Or j'ai interpellé S. M., et j'en ai reçu l'assurance formelle que nous n'avions pris aucun engagement à Vienne, nommément pour la Hongrie •.

Ayant le méme jour rencontré M. de Bismarck au théatre, je lui ai dit qu'ajoutant entièrement foi aux assurances que déjà une fois il m'avait données sur son intention de ne rien préjuger sur d'autres questions en dehors de celle du Schleswig-Holstein, j'avais écrit à Turin de mon propre chef et sans aller nouvellement l'importuner, que le Gouvernement Prussien ne songeait

aucunement à assumer vis-à-vis de l'Autriche d es obligations du genre de celles dont nous entretenait une presse sans doute mal renseignée. Selon son habitude, M. de Bismarck a tourné la chose en plaisanterie « Nous voilà embarqués dans le grand Omnibus des affaires allemandes. Laissons les événements se développer ».

Interrompu par un autre diplomate, je n'ai pu continuer ce dialogue; mais le surlendemain un journal officieux s'étant, d'après une correspondance de Vienne, fait l'écho de ces bruits sur une occupation éventuelle de la Hongrie, je me suis rendu chez M. de Thiele. Après lui avoir parlé de la circulaire de

V. E. du 19 Janvier (2), et l'avoir fait causer tout-à-fait dans notre sens sur les

prétentions ridicules du délégué Autrichien dans la conférence Européenne du Danube, je lui ai demandé ce qu'il pensait de l'insertion dans un journal officieux Prussien des vues intéressées de l'Autriche? Il m'a répondu que c'était une colossale bétise, et que le rédacteur serait tancé d'importance; mais

qu'il pouvait derechef me répéter que son Gouvernement n'avait assumé de garantie ni directe ni indirecte pour la Vénétie.

Quoique le Roi et son premier Ministre soyent assez incalculables dans leur politique, je suis plutot disposé à ·croire pour le moment à la sincérité de leurs dénégations. Seulement ici ce qui n'existe pas aujourd'hui, peut prendre consistance demain. Il souffle en effet un vent de réaction, dont il ne faut pas s'exagérer l'importance, mais qui est de nature à éveiller nos soupçons. A Paris meme Thiers et consorts, en réclamant trop péremptoirement le développement des libertés, mettent l'Empereur presque dans l'impossibilité d'entrer dans la vaie de concessions qui paraitraient accordées sous la pression des menaces. Le parti Orléaniste, aveuglé par ses vieilles rancunes, tire l'eau aux moulins des Puissances anti-libérales. Les Cabinets du Nord sont, tacitement du moins, d'accord contre la Pologne, contre les tentatives révolutionnaires y compris à ce qu'il semble la pratique régulière des institutions constitutionnelles. Ils boudent plus ou moins la France. Si la coalition n'est pas faite, elle est en train de se faire, ou du rnoins le germe de la Sainte alliance est dans la situation méme.

Dane, je le répète, sans ajouter foi à des engagemens éventuels déjà contractés entre la Prusse et l'Autriche pour ce qui de près ou de loin concerne l'Italie, je reste sur le qui vive avec cette dose de défiance dont je ne saurais me dépouiller, dans une situation surtout camme celle du Gouvernement Prussien qui n'ayant pas un ferme appui dans son propre pays le cherche en Russie et en Autriche.

Le parlement a été clos avant hier, pour la troisième fois déjà sous l'administration actuelle, avant la fixation du budget. La chambre des députés de méme que le pouvoir exécutif n'ont pas ·compris dès le début que le système constitutionnel n'est praticable que sous la condition de transactions mutuelles. La passion a prévalu de part et d'autre, sur les conseils de la raison. Tout accord est devenu impossible. Un coup d'Etat entre dans les calculs de la probabilité, pour peu que les Cabinets de Vienne et de Berlin continuent à naviguer de conserve. Si l'union se dissout, bon gré ou mal gré, le Gouvernement devra se modifier et tendre la main aux libéraux non seulement en Prusse, mais aussi en Allemagne.

Avant hier à un bai chez l'Ambassadeur d'Angleterre, M. de Bismarck était radieux de s'étre soulagé d'un Parlement. Je lui ai dit quelques mots sur l'attitude de notre Gouvernement pour maintenir hors de toute atteinte les pouvoirs constitutionnels aux mains de ceux qui en sont investis par le Roi et par la confiance publique. Je lui demandais en mème temps s'il avait quelques renseignemens à me communiquer sur la situation. Il m'a raconté alors avoir reçu une dépèche rendant compte des impressions du Nonce à Paris. Le Gouvernement Français ne se montrerait guère favorable à l'Italie

• mais, ajoutait le Nonce, son langage rappelle assez celui qu'il tenait peu

avan t 1859 ». Le Président du Conseil me dit ensuite, sans ménager la transition:

• -Voulez-vous que nous procédions à un échange? Je vous expédierai mes chambres et vous m'enverrez les votres. Nous parviendrions peut-étre à nous entendre ". • -Je pourrais, al-Je répondu, accepter en ce sens qu'à Turin vos chambres régleraient la question Allemande, et qu'à Berlin les notres videraient à fond la question de Venise. Nous liquiderions ainsi d'un ·Commun accord nos anciennes créances envers notre ennemie commune, l'Autriche •. M. -de Bismarck, qui recherche la plaisanterie, a ri de bon coeur; mais sans développer autrement son originale motion. Le fait est que tant que la Prusse et l'Autriche marchent cote à cote, mème seulement pour se surveiller mutuellement, nous ne pouvons compter sur une action sérieuse de la part de la Prusse.

L'esprit de rivalité, le sentiment de la divergence de leurs intérèts soigneusement dissimulés aujourd'hui, se réveilleront tot ou tard. Chassez le nature!, il revient au galop.

(l) -Cfr. n. 459. (2) -Non pubblicata.
477

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 97. Copenaghen, 27 gennaio 1864 (per. iL 3 febbraio).

M. Monrad croit qu'une fois le Sleswig occupé, la Prusse et l'Autriche ne pourront s'y maintenir qu'avec plus de 200.000 hommes si elles veulent éviter le danger d'ètre tournées par armée danoise. La présence d'un ·corps considérable de troupes autrichiennes dans le Nord serait, selon lui, une circonstance dont l'Italie pourrait profiter, le cas échéant, de mème qu'une attaque de notre part serait une diversion favorable au Danemark. Il m'a raconté avoir dit au ministre d'Autriche qu'en avril elle nous aurait sur les bras; celui-ci a répondu que d'ici là il y avait deux mois encore. D'aveu de ce dernier on fait la guerre au dehors pour l'éviter au dedans. Le président du conseil compte beaucoup sur l'appui matériel de l'Angleterre, et l'opinion publique ici caresse la supposition d'une attaque de notre part au printemps. Je ne puis assez répéter que dans le cours de mon entretien avec le président du conseil ma réserve a été extrème. J'insiste toutefois respectueusement sur la nécessité de pouvoir régler mon langage d'après des données certaines, et d'ètre mis à meme de provoquer de nouvelles ·Confidences de la part du président du conseil. Il me parait que cela est facile sans nous compromettre.

478

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 80. Londra, 28 gennaio 1864, ore 19,10 (per. ore 20,55).

Gouvernement anglais propose aux signataires non allemands de 1852 de signer un protocole garantissant promesse Danemark de proposer abolition constitution à condition qu'en attendant hostilités seront suspendues. Il paraìt que nouvelles reçues en dernier lieu feraient espérer acceptation combinaison à Berlin et à Vienne. Gouvernement anglais est peu porté à la guerre, quoique bien aise qu'on l'imagine. Il est essentiel qu'en Italie on se tienne tranquilles en ce moment pour ne pas donner prétexte à l'Autriche de se retirer.

479

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 8. Parigi, 28 gennaio 1864 (per. il 30).

La questione Danese assunse in questi giorni una gravità inquietante. Il Gabinetto di Copenaghen, sulle istanze principalmente dell'Inghilterra, rispose all'ingiunzione dell'Austria e della Prussia di ritirare la costituzione per lo Schleswig sotto pena dell'invasione di questa provincia per parte delle truppe Austro Prussiane, col proporre di sottomettere la cosa alla deliberazione del Rigsraad, e domandò una proroga di sei settimane. L'Inghilterra insistette presso le due grandi potenze germaniche per l'accettazione di tale proposta che considerava ad un tempo molto moderata e molto ragionevole.

Il Gabinetto Francese si limitò a scrivere ai rappresentanti dell'Imperatore a Vienna ed a Berlino che anch'esso era d'avviso che la proposta Danese potesse ragionevolmente accettarsi. Ma i Gabinetti di Vienna e di Berlino, spinti dall'estrema sovraeccitazione degli spiriti in Allemagna e desiderosi di dominare, secondandolo in parte, questo movimento che piglia ogni giorno maggiore estensione, rifiutarono la proposta della Danimarca, e dichiararono di occupare nei primi giorni di Febbrajo lo Schleswig se la costituzione non è rivocata.

La notizia di questa deliberazione inquietò il Gabinetto inglese, il quale domandò alla Francia, alla Russia ed alla Svezia, segnatarie del trattato di Londra, se erano disposte a difendere l'integrità del regno di Danimarca e le stipulazioni del 1852 contro le pretese dell'Allemagna. Non so come siasi risposto da Pietroburgo e da Stoccolma. Da Parigi si rispose che se lo scopo della proposta inglese era di difendere il trattato di Londra colle armi alla mano, il Governo Francese non credeva di essere tenuto ad assumere un tale impegno.

480

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 6. Londra, 28 gennaio 1864 (per. il 31).

Non è facile il formarsi in questo momento una opinione esatta dello stato delle vertenze che agitano i varj Gabinetti. Andai questa mattina a trovar l'Ambasciatore di Francia che trovai col mio Collega di Svezia, ed essendo stato quindi a trovar qualcuno nell'intera

confidenza dei Ministri Inglesi, m'accorsi che, se avessi redatte le mie informazioni secondo quelle ottenute in primo luogo, avrei corso rischio di non esattamente informare V. E.

Quei Membri del Corpo Diplomatico parevan persuasi che l'atmosfera qua fosse divenuta guerreggiante assai. Che anche sola l'Inghilterra prenderebbe le armi per la Danimarca e che la flotta fra poco salperebbe per Copenaghen. Indicavano un rinforzo nel reclutare, indicavano il nome dei Reggimenti, la Artiglieria che dovean marciare etc. etc.

Tutto questo può essere, ma in un senso ipotetico. Voglio dire che non dubito che, prevedendo casi gravi, l'Inghilterra non prenda in questo momento disposizioni per star pronta.

Ma il fatto sta che nei Ministri non vedo la menoma tendenza bellicosa; ed anzi essi lo spiegano coll'apatia che esiste nel paese.

Ma nell'istesso tempo Lord Palmerston ama moltissimo che lo si creda disposto a cinger la spada, poichè così spera trovar meno difficili le Potenze Tedesche.

Oggi stesso aveasi al Foreign Office una specie di Conferenza onde combinare un progetto di Protocollo messo avanti dall'instancabile politica d'espedienti che domina al Foreign Office. Intendesi con questo dar una solenne garanzia all'Austria e alla Prussia che la Danimarca, se gliene concedono il tempo, convocherà le Camere e farà dell'abolizione della Costituzione una quistione di Gabinetto.

La Francia, da quanto dicea l'Ambasciatore, vuol prima d'impegnarsi sapere se c'è probabilità che le due Potenze Germaniche accettino, poichè la condizione essendo che intanto esse rimangano inoperose in riva all'Eider, se poi andassero avanti parendo non curarsi della garanzia offerta, la posizione non sembrerebbe accettabile.

Era questo lo schiarimento che aver dovea da Lord Russell prima d'entrar in conferenza, poichè jeri l'Ambasciatore di Russia diceagli: • Facciamo un Protocollo qualunque anche un Protocollo anodin •. Ma egli rispose esser la situazione troppo grave per scherzar sulle parole.

Però da quanto mi disse il personaggio Inglese suindicato, pare che ieri sera il Governo avesse ricevuto nuove da fargli sperare che la Prussia e l'Austria accetterebbero l'indugio.

Già volerlo o no, i preparativi militari non sono abbastanza avanzati per andar avanti.

Dunque anche in quel senso converrebbe d'aspettare.

Del resto in Danimarca l'arrivo della Flotta Inglese sarebbe visto non senza timore, poichè accusano il Governo Inglese di mandar una tal Flotta più con l'intenzione di tener a bada il partito popolare e impedirlo di muoversi mentre le Camere delibererebbero. Ecco a un dipresso a che punto stan le cose.

La Regina fa opposizione a misure anti Germaniche. Anzi nel Consiglio tenutosi ai primi di Gennajo ed al quale non poté assistere Lord Palmerston

pare che l'invio della flotta si tosse adottato in principio. Ma l'indomani grazie all'opposizione di S. M., il Ministero dovette Ti:nunziarvi. I Ministri saranno attaccati all'apertura del Parlamento. Ma non si ritireranno se non rifatte le Elezioni .

481

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Pera, 28 gennaio 1864.

Quantunque Aali Pacha non me ne abbia parlato, so però in modo posi

tivo che egli si pretende bene informato asserendo che Garibaldi sta organiz

zando una spedizione contro la Turchia.

Mi limito ad istruirla, Signor Ministro, di questa circpstanza per il caso

credesse dovere dissipare auesti vani timori dalla mente del Ministro degli

Esteri.

La prevengo del pari, Signor Ministro, che il Generale Tiirr scrisse qui,

annunciando il prossimo suo arrivo.

Non debbo nascondere che la presenza di questo personaggio a Cospoli

nei momenti presenti cagionerebbe molta emozione, e porrebbe la Legazione

in un grande imbarazzo.

Invocando la sua indulgenza, Signor Ministro, per la fretta con la quale scrivo, essendo stracarico d'occupazioni...

482

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 42. Torino, 29 gennaio 1864, ore 12,55.

Azeglio mande qu'à Vienne et à Berlin on parait disposé à accepter proposition anglaise que puissances non allemandes signataires convention 1852 garantissent dans un protocole abolition constitutwn danoise à condition suspension hostilités. Azeglio dit que l'Angleterre n'est pas portée à la guerre quoique faisant semblant de l'étre. De Launay mande au contraire que coalition des puissances du Nord parait probable. Ministre d'Autriche à Berlin aurait dit que si des garanties extrafédérales n'existent pas encore, elles deviendront probables pendant la campagne danoise. De Launay demande à connaitre les dispositions de la France. Nous désirons aussi savoir avec précision à quoi nous en tenir.

483

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 84. Parigi, .29 gennaio 1864, ore 16,25 (per. ore 17,45).

Le due de Morny dans son discours d'hier a formulé d'une manière indirecte le voeu d'une solutLon des questions de Rome et de Venise (1). J'ai cru devoir le remercier. Je reçois à l'instant votre dépeche télégraphique (2). Je vous confirme que l'empereur a refusé d'entrer dans une alliance offensive avec l'Angleterre pour soutenir le Danemark. Il est bien aise que les affaires s'embrouillent en AJ.lemagne: H ne ,se .prètera pas bearucoup à iLes arranger; il ne veut pas se mettre à dos l'opinion publique allemande, seulement pour faire plaisir à l'A:ngleterre. Je crois que l'Angleterre n'obtiendra rien de la France, à moins qu'elle ne soit disposée à lui faire des concessions ou sur le Rhin, ou pour la Vénétie, ou pour la Pologne.

484

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 8. Berlino, 29 gennaio 1864 (per. il 2 febbraio).

Au moment où j'allais cacheter ma dépèche confidentielle n. 6 (3), j'ai reçu la visite de l'ambassadeur de France. Il venait me demander ce que je pensais des bruits en circulation sur de certains engagements pour une garantie des possessions extra-fédérales de l'Autriche.

J'ai jugé à propos de lui donner lecture de ma dépeche précitée. Le Baron de Talleyrand partageait ma manière de voir. Etant lui-meme sur le qui vive, il avait cherché, par quelques allusions délicates, à faire parler

M. de Bismarck, mais celui-ci n'avait pas compris, ou pas voulu comprendrE:.

M. de Talleyrand avait seulement appris que l'Envoyé d'Autriche, interpellé sur ce point, aurait répondu • Rien n'est fait; mais cela se fera peut-étre durant la campagne contre le Danemark •.

Ce propos indiquerait assez clairement le calcul de l'Autriche de défendre le Mincio sur l'Eider en tendant un piège au Roi de Prusse qui a toutes les qualités et les défauts des natures chevaleresques. Après une bataille gagnée au prix du sang versé en commun par les troupes alliées, on profiterait d'un moment d'entrainement pour extorquer des promesses à S. M.

35 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

L'Ambassadeur de France a dit à un de mes collègues: • dans les questions qui surgiront la France peut désormais s'attendre à trouver l'Autriche à còté de la Prusse, et la Prusse à còté de l'Autriche •. Il avait jugé comme moi la harangue prononcée récemment par le Roi devant un bataillon Styrien. C'était du moins un pium de6ide1·ium de voir renaitre l'ancienne coalition contre la France et c'était en méme temps un indice que le Cabinet de Berlin ne verrait plus avec indifférence la Vénétie se soustraire à l'Autriche. Au reste nous savons suffisamment de quel còté se rangent les sympathies du Souverain. Un moment, gràces aux efforts incessans de son premier Ministre, il semblait vouloir se détacher de ses anciens préjugés; mais, depuis les affaires de la Pologne, il y a eu un revirement, dont M. de Bismarck lui-méme avouait avoir du tenir compte dans son attitude vis-à-vis des Puissances Etrangères. Dans ces conditions, je ne puis que répéter que si la Sainte-Alliance n'est pas encore faite, elle est en train de se faire. Je n'en excepte pas la Russie, malgré ses anciennes rancunes contre l'Autri:che; la Prusse leur sert de trait d'union.

Dans cet état de choses, cette nuit j'·ai sollicité des instructions par le télégraphe, afin de mieux régler mon attitude et mon langage, surtout vis-à-vis de M. de Bismarck. Si réellement il a fait volte-face, ses assurances sur sa ferme volonté de conserver les mains libres dans toutes les questions autres que celle des Duchés, ces assurances, dis-je, n'ont aucune valeur. Il ne s'agit que de surprendre le Cabinet de Vienne en flagrant délit. Ce ne sera pas chose facile; mais, d'accord avec M. de Talleyrand, je fais bonne garde.

En attendant l'Empereur des Français comprendra de plus en plus que la leçon infligée à l'Autriche en 1859 ne saurait satisfaire ni l es intérèts de sa dynastie, ni ceux de la France. Je ne parle pas des principes de liberté et de nationalité qui seraient également gravement compromis si on laissait le champ libre aux tendances réactionnaires patronnées par la maison de Habsbourg. Il est douloureux de voir le Gouvernement Prussien s'engager, malgré de nombreux avertissements, dans une voie aussi dangereuse. Il commet un crime de lèse-nationalité en courant l'aventure avec un Cabinet qui déclare en plein Reichsrath, que méme contre la Prusse l'Autriche défendrait sa position en Allemagne; c'est à dire qu'elle s'opposera à tout agrandissement de sa rivale, et comprimera les aspirations de la race Germanique.

Les troupes Prussiennes, pour se rendre dans le Holstein, ont traversé le territoire de Oldenbourg sans demander préalablement l'agrément du Grand Due. Celui-ci s'est rendu en personne à Berlin pour se plaindre de ce procédé, et en demander une satisfaction. Ayant essuyé un refus, il a déposé une plainte à Francfort. Lubeck et Hambourg agiront de mème.

Les armées Austro-Prussiennes n'ayant pu ètre encore réunies aujourd'hui sur l'Eider, le Maréchal Wrangel retarde l'envoi de sa sommation. J'apprends d'assez bonne source qu'on s'attend à ce que l'Angleterre va faire une dernière et sérieuse remontrance à Vienne et à Berlin. Je sais aussi que mon collègue de la Grande Bretagne a reçu hier un télégramme de Copenhague annonçant la signature d'un Traité entre le Danemark et la Suède. Celle-ci s'engage à fournir trente cinq mille hommes et une flotte pour la défense du territoire Danois.

(1) -Il Nigra riferì diffusamente con il R. 9 del 31 gennaio, non pubblicato, sulla intera risposta del corpo legislativo al discorso della corona, dando notizia di un emendamento sulla questione romana così concepito • Ci duole che malgrado le sue promesse il governo ci lasci ignorare lo stato delle trattative colla S. Sede. Persistiamo nel credere che Roma appartiene ai Romani e che la nostra occupazione deve cessare •· L'emendamento riportò solo 13 voti e non fu inserito nel discorso. (2) -Cfr. n. 482. (3) -Cfr. n. 476.
485

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 44. Torino, 30 gennaio 1864, ore 13,35.

Nigra mande que Gouvernement français a refusé d'entrer dans une alliance offensive proposée par Angleterre pour soutenir le Danemark. L'Empereur est bien aise que les affaires s'embrouillent en Allemagne et il garde une attitude pleine de réserve.

486

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 86. Pietroburgo, 30 gennaio 1864, ore 14,30 (per. ore 17,55).

Russie accepte proposition anglaise; France aussi, si toutefois les autres puissances acceptent. Gortchakoff croit que l'Autriche, Prusse et Danemark refuseront. Je ne partage pas les craintes du ,comte de Launay. Courrier de cabinet partira mardi.

487

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 87. Berlino, 30 gennaio 1864, ore 23,20 (per. ore 2,45 del 31).

Aujourd'hui ministre des affaires étrangères de Prusse a nié de la manière la plus catégorique à l'ambassadeur de France tout engagement avec l'Autriche en dehors de ce qui concerne directement les duchés: il a nommément opposé un démenti formel à un arrangement quelconque pour les possessions extra-fédérales. Il m'a dit que sous ce rapport Autriche avait été gratuitement prise à louage, et, se servant du dicton bien connu, il ajoutait: elle travaille pour le roi de Prusse. Ministre de la maison du roi donne meme assurance. Danger existe pas moins malgré ces dénégations. Nouvelle du traité entre Suède et le Danemark a été transmise par le ministre anglais à Copenhague à son collègue à Berlin. Ici on ne met plus en doute guerre imminente contre Danemark.

488

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 30 gennaio 1864.

Le nuove di Londra sono og:gi ·molto meno bellicose che quelle di ieri l'altro. Molto probabilmente l'Inghilterra offrirà all'Austria e alla Prussia col mezzo d'un protocollo o di una nota la guarentigia propria (o sola o congiunta a quella della Russia e, se si può, a quella della Francia) colla quale si assicurerà il ritiro della costituzione per parte della Danimarca dopo la convenzione del Rigsraad. Rimane da sapere se l'Austria e la Prussia se ne contenteranno. Temo che sì; ed allora lo sperato primo colpo di can~one lanciato dalle navi britanniche contro la Germania forse non si udrà.

D'altro lato la discussione dell'indirizzo, chiusa ieri, si terminò qui con più calma che non facessero presagire le tempeste sollevate dal primo discorso di Thiers. La questione Romana, messa in ,campo dal,l'emendamento Guérou1t, appena è se occupò pochi minuti la discussione, e le parole di Guéroult ebbero pena a farsi strada fra la impazienza della Camera. Il Governo non rispose e fece bene, a mio credere. Così riservò intatta la sua libertà d'azione, come g1a aveva più esplicitamente fatto l'Imperatore stesso quando rispose al nuovo Cardinale, Arcivescovo di Rouen.

È quindi a credere che fino alla discussione del bilancio si ricadrà in una calma relativa. Ma questa calma non durerà a lungo nè all'interno nè all'estero. Per noi

è a desiderarsi che il dissidio dell'Inghilterra e dell'Austria non si componga; da questo dissidio può nascere la soluzione della questione Veneta. Ma bisogna moderare le impazienze ed aspettare che l'occasione ci presenti il ciuffo. Non bisogna insospettir troppo l'Austria, e sopratutto poi bisogna contenere ad ogni costo il partito d'azione. Sappiano i Veneziani che noi non siamo con quel partito, e che ascoltandolo possono ritardare di molto la loro liberazione. Il piano di Mazzini e Garibaldi è basato sopra un'azione efficace per parte della popolazione veneta, se questa vien loro meno, non oseranno tentar nulla. Se osano bisogna reprimere subito nel principio del conato. La salute d'Italia dipende, oso dire, da ciò. Non è possibile che la sollevazione degli spiriti in Allemagna si quieti come per incanto, è probabile che, comunque si

risolva la questione Danese, l'Inghilterra si mostri di poi più disposta che non fu ora a patrocinare validamente le nostre idee dello scambio della Venezia coi Principati. Infine può accader che l'Imperatore se continuano le opposizioni del Corpo legislativo e le eccitazioni degli animi all'interno, si decida formalmente a soffocare nel rumore d'una grossa ed utile guerra questi de~iderii di novità che dopo un lungo silenzio trovano un'eco considerevole nel paese. Gli eventi che si stanno preparando si presentano quindi favorevoli alla nostra causa. Abbiamo il coraggio di aspettarli con sicurezza e con fiducia.

Dite, vi prego a Minghetti, che ho fatto fare a Thiers la sua commissione. Ne fu molto lusingato. Egli aveva l'intenzione di aggiungere a proposito di Cavour questa parola: • e dal quale non mi separai se non perchè egli amava troppo l'Italia ed io amavo troppo la Francia •. Ma temette di dar luogo ad interruzioni ed a false interpretazioni, e tolse via la frase dal discorso.

489

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 9. Berlino, 31 gennaio 1864 (per. il 4 febbraio).

Avant hier, à un bal chez le roi, je félicitais M. de Bismarck de la ma

nière pleine de verdeur avec laquelle il venait de valser avec une Princesse Prussienne.

• -J'ai fait de mon mieux, me répondit-il; la jeunesse de ce siècle manque d'énergie! •. • -Et les hommes dans la force de l'age? •. • -Ils en ont peut-·ètre une dose trop forte •.

En prononçant ces mots, il maniait la garde de mon épée, en faisait glisser, de quelques pouces, la lame hors du fourreau, puis remettait le tout en place.

• Spada d'Italia, me dit-il? ».

• -C'est la lame d'un preux chevalier; mais vous la rengainez. Vous avez, il est vrai, un autre frère d'armes •. • -Il est seulement pris à louage •. • -Gratuitement? •. • -Il travaille pour le Roi de Prusse! •.

J'ai alors annoncé que j'attendais prochainement un courrier de S. Pétersbourg que je mettrais à sa disposition pour Paris et Turin; et qu'à cette occasion j'aurais l'honneur de lui demander une audience pour recueillir de sa propre bouche quelques détails sur la situation. Il espérait que la masse d'affaires qu'il avait sur les bras ne l'empècherait pas de me recevoir; • mais en attendant, ajoutait-il, il me semble que je vous tiens des propos assez compromettants •.

V. E. voit que M. de Bismarck s'adonne toujours aux feux d'artifice; mais ce dialogue offre quelque intérèt surtout en le rapprochant des renseignements suivans.

Au mème bal, j'ai également causé avec le Ministre de la maison du Roi. Dans l'intérèt de la Prusse, bien plus que dans celui de l'Italie, je le mettais en garde contre les manoeuvres de l'Autriche. Je citais le propos tenu par le Comte Karolij (rapport confidentiel N. 8) (1). Le Baron de Schleinitz, entrant dans le vif de la question, faisait l'observation que ce calcul du Cabinet de Vienne avait quelque ·chose de vraisemblable. • Je n'aurais certes jamais conseillé à mon Gouvernement de suivre la ligne de politique actuelle; mais

quand les deux armées se donnent la main, nous ne pouvons les faire reculer, et nous ne saurions, dans ces circonstances, voir avec indifférence un affaiblissement de l'Autriche notre alliée. Celle-ci de son cOté, si nous venions à nous dégager du Traité de Londres, pourrait nous demander quelque compensation en exploitant le caractère chevaleresque du Roi. Là est le danger, il ne faut pas se le dissimuler. Mais jusqu'ici aucun engagement n'a été pris, et je me fie entièrement à la parole qui m'en a été donnée par Sa Majesté »,

J'ai fait comprendre à M. de Schleinitz, qu'en éveillant son attention j'avais peut-etre agi plus en honnète homme qu'en diplomate, et qu'après avoir rempli ce devoir je me lavais les mains des conséquences qui pouvaient résulter d'un premier faux pas de la Prusse sur la voie très glissante où l'Autriche voudrait l'entraìner. S. E. m'a beaucoup remercié de ce procédé dont elle reconnaissait le caractère parfaitement honnete et amicai.

J'avais confidentiellement raconté à l'Ambassadeur de France mon entretien avec M. de Bismarck. Mon collègue s'en est prévalu hier ·comme d'une entrée en matière pour provoquer des confidences de la part du Président du Conseil. * Celui-ci lui a déclaré de la manière la plus catégorique qu'entre la Prusse et l'Autriche il n'existait aucun accord en dehors de ce qui concernait directement le Schleswig-Holstein. Il opposait nommément un démenti forme! à un engagement quelconque relatif aux possessions extra-fédérales. Ces assurances ont été faites de manière à ne pas révoquer en doute leur sincérité. M. de Talleyrand a écrH dans ce sens à Paris * (1).

Pour prévenir qu'on m'imputat un manque de discrétion d'avoir confié à l'Ambassadeur de France les saillies de M. de Bismarck, j'ai vu ce matin le secrétaire général M. de Thiele. Il appréciait très favorablement ma manière d'agir, ·et il me disait de son còté, sans qu'il y eut eu aucune question de ma part, que ces derniers jours M. Drouyn de Lhuys; en sa qualité de Ministre des affaires étrangères, avait demandé au Comte de Goltz ce que pouvaient signifier les bruits concernant une garantie de la Vénétie. L'Ambassade Prussienne a reçu par le télégraphe l'ordre de nier de la manière la plus absolue, démenti dont M. Drouyn de Lhuys a exprimé toute sa satisfaction: • Nous n'avons en effet, ajoutait M. de Thiele, aucune ·compensation à offrir à l'Autriche. Elle ne nous rend pas un service; elle accomplit un devoir au meme titre que la Prusse. Ainsi il est bien établi qu'il n'existe, ni dans ce moment ni en voie d'accomplissement aucune garantie quelconque. La nature mème de notre alliance, notre position réciproque excluent un tel arl'angement. L'avenir Dieu seui le connaìt! •.

D'après l'ensemble de ces renseignements, il me semble en effet qu'on peut en déduire qu'aujourd'hui la Prusse est libre d'engagements vis-à-vis de l'Autriche, au moins pour ce qui a trait directement ou indirectement à la Vénétie. C'est ce que dès le début j'avais mandé à V. E.; mais je persiste à penser que cette éventualité pourrait se présenter. Le langage à lui seui du Baron de Schleinitz, donnerait à réfléchir. Il y a d'ailleurs· un parti assez influent à la Cour qui se fait l'avocat de l'Autriche. Pas plus tard qu'hier son organe, la Gazette de la Croix, publia1t en extensum la réponse envoyée en

1849 par le Maréchal Radetzky au corps de la garde en Prusse qui lui avait adressé des félicitations sur ses victoires en Italie. Ce document véritable ré· clame, préche très-chaudement les doctrines de la Sainte alliance.

Je crois avoir suffisamment reconnu la situation sur ce point délicat.

V. E. le remarquera, dans mes investigations je n'ai provoqué les confidences de mes interlocuteurs qu'après qu'ils m'avaient prété le flanc. Si j'ai été plus explicite vis-à-vis de M. de Schleinitz, c'est que lui-méme de son propre mouvement était entré dans la voie des aveux (dépéche confidentielle N. 6) (1). Du reste je me tiens et me tiendrai sur la réserve, tout en continuant à explorer le terrain.

(1) Cfr. n. 484.

(1) Annotazione anonima a margine del passo fra asterischi • Intéressant ».

490

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 126. Copenaghen, 31 gennaio 1864 (per il 12 febbraio).

Selon le président du conseil l'empereur Louis Napoléon aurait pu s'il l'avait voulu arvéter l'Autriche et la Prusse. Il croit également que si l'idée de lord Russell rélativement à un protocole a trouvé un accueil favorable à Paris c'est que l'on y savait d'avance qu'elle était impossible à réaliser. Il est convaincu que l'empereur pousse à la guerre, mais qu'il voudrait d'abord voir l'Angleterre s'engager.

Les ministres de Prusse et d'Autriche partent ce soir ou demain.

491

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1. Pietroburgo, 31 gennaio 1864.

Votre dépéche télégraphique du 29 Janvier (2) me renouvelle avec instance la demande que vous m'avez déjà posé dans plusieurs de vos lettres, si une coalition des trois puissances du Nord est sur le point de se former ou méme si elle est déjà formée.

Je crois pouvoir vous répondre négativement pour le moment. La politique de la Russie tient à se rapprocher plus de l'Angleterre que des deux puissances Allemandes, et la question des Duchés, n'est pas de nature à resserrer les liens entre le Cabinet de Pétersbourg et les cabinets de Vienne et de Berlin.

Si cette question est aplanie, si le mouvement national Allemand est écrasé, peut-étre vos craintes se réaliseront-elles, et nous verrons alors les faisceaux brisés de la Sainte Alliance se réunir et se serrer intimement. Dans

l'entrevue que j'ai eue dans le temps avec l'Empereur Alexandre et dont je vous ai rendu compte vous vous souviendrez M. le Ministre, que le fantòme qui troublait son esprit était le fantome révolutionnaire.

Eh bien, ce fantòme a depuis lors grandi et je puis vous assurer que le Prince Gortchacoff est entraìné lui-mème dans ce nouveau courant. Il ne dirige plus à mon point de vue le navire de l'Etat. C'est la main de l'Empereur, de l'Empereur lui-mème que le pousse à reculons.

La loi communale a été promulguée, mais elle est loin de répondre à l'attente du pays; on se plaint, on murmure, l'opinion publique gronde, et l'Empereur Alexandre est loin de faiblir comme autrefois. Il est ferme dans sa politique, il a peur, mail}tenant des réformes. Il tourne son regard vers la· Pologne, et croit que les troubles qu'y ont éclaté aient été amenés par la politique des concessions. Il n'est pas non plus rassuré par le spectacle que présente la Finlande; les germes de graves discordes y ont éclaté, et les discussions de la Diète ne sont pas de nature à le rassurer.

Je ne crois pas cependant que les réformes promises soient retirées. Je crois que la réforme judiciaire sera accomplie; mais je .crois que l'Empereur Alexandre est arrivé au point où jadis Pie IX s'arrèta. Je me résume. C'est la question du Holstein qui empèche, à mon point de vue, à la coalition de se former. La Russie ne peut pas approuver qu'on dépouille le Danemark, elle ne peut pas accepter en silence que l'esprit national ajoute un nouveau fleuron à sa couronne. La question du Holstein résolue dans le sens Allemand, est une nouvelle 'condamnation de l'ocoupation de la Pologne, c'est 1!-ne nouveUe consécration du principe des nationalités, qui repousse l'union personnelle comme une douloureuse utopie et une déplorable mystification.

Si l'Angleterre parvenait donc à obtenir une solution pacifique de cette question, si elle obtenait le retrait de la constitution, si elle amenait les Puissances Allemandes à consentir à l'union personnelle des Duchés au Danemark, les idées de liberté et de nationalité entreraient dans un temps d'arrèt et de défaite mème. Il n'y aurait plus d'obstacle à la formation d'une coalition. Vous devez donc, M. le Ministre, chercher tous les moyens pour empècher que la question du Schleswig-Holstein soit vidée dans un sens anti-national. Il s'agit pour nous de la question Vénitienne, il s'agit pour nous d'empècher qu'un traité ne consacre de nouveau le principe que pour une nationalité opprimée il suffit des concessions.

Si la France veut empècher une coalition contre elle, qu'elle empèche une entente entre les puissances du Nord et l'Angleterre dans la question du Schleswig. L'Empereur Napoléon ne doit pas oublier qu'on l'accuse partout d'avoir semé les germes de la guerre, d'entretenir lui seul le feu qui menace d'incendier l'Europe.

Il n'y a pas deux jours qu'un personnage éminent russe me disait: • Pour rétablir la paix il n'y a qu'une seule chose à faire supprimer l'Empereur Napoléon ». Et de mème qu'en 1813 on flatte les passions populaires, on exalte la liberté qu'on déteste, on soulève le sentiment national qu'on craint.

Il faut voir dans les salons de la haute aristocratie russe, comme on s'arrache les discussions du Corps Législatif. Il n'y a pas jusque aux doctrines des Jules Simon qui ne soient trouvés excellentes par ces mèmes nobles qui jetaient il y a un an les hauts cris quand l'Empereur Alexandre touchait l'Arche Sainte du Servage.

Le Prince Gortchakow me disait dernièrement en répondant à des observations que je lui faisais relativement à un article du Journal de Moscou sur l'Alliance Anglaise: • Non, M. le Ministre, nous n'avons aucune idée préconçue, nous serons les alliés maintenant de ceux, qu'ils s'appellent Paul ou Jacques qui comme nous veuillent préserver les droits historiques et les principes d'autorité des attaques du parti révolutionnaire. Heureusement la période des défaites commence pour ce parti. Il a été battu enfin dans la question de Pologne. Depuis 1859 c'était la première fois qu'il succombait, c'est à nous qu'il revient d'avoir relevé le drapeau de l'ordre.

Le moment décisif approche, si cet esprit est battu de nouveau dans la question des Duchés, décidément il recule. De mème qu'en 1849 il sera refoulé partout, s'il triomphe, ·c'est à recommencer •.

Le Prince déplorait vivement la conduite de l'Autriche et de la Prusse. Ces Gouvernements à son point de vue tiraient sur leur drapeau.

Par respect à la vérité je dois ajouter que lorsque je lui parlai des craintes de coalition qui troublent l'Europe il me répondit: • Les tems sont finis où la Russie était l'exécuteur des hautes oeuvres de la réaction »,

En dernière analyse il résulte pour moi de la situation actuelle des partis en Europe que la question des Duchés est une question de vie ou de mort pour le parti national. C'est la pierre de touche de la politique de l'Empereur Napoléon. Si l'Angleterre arrange diplomatiquement cette divergence, la coalition réactionnaire se formera contre la France, les autres Puissances resserreront leur rangs pour lui nier sa juste part d'influence en Europe, on dépouillera pour le perdre l'Empereur Napoléon de tout prestige à l'extérieur; on le forcera ou à succomber sous la honte, ou à s'aventurer seui contre l'Europe liguée contre sa dynastie.

La question du Holstein est heureusement là; Elle peut dénouer la situation, semer la discorde dans le camp de ses adversaires, préparer aux idées de nationalité un éclatant triomphe; et assurer à la France une prépondérance qui ne lui manquera jamais en Europe toutes les fois qu'elle combattra sous les drapeaux de la liberté.

Nous devons tout attendre de la question des Duchés le bien et le mal. Le bien parce que si le principe national triomphe en Allemagne il triomphera dans la Vénétie. Le mal, parce que si la question Danoise s'arrange au point de vue Anglais, lorsque vous souleverez la question Vénitienne vous aurez tous contre vous.

Ne vous faites pas d'illusion là-dessus. L'Autriche et la Prusse ont déjà passé à ce sujet un traité entre elles. N'espérez ni l'appui moral de la Russie, ni l'appui matériel de la France. C'est à ce point de vue que je déplore vivemeni votre silence sur la question Holsteinoise, et je regrette que vous ayez cru ne pas suivre mes conseils. C'est une erreur selon moi que de proclamer dans votre dépèche que cette question vous est étrangère. Cette question vous intéresse parce qu'elle soulève des questions de principe qui sont les nòtres, et je ne puis accepter la doctrine que les députés de l'opposition soutiennent en France, et qui renie la solidarieté qui unit entre eux les différents peuples de la terre. Oui la question Holsteinoise est la nòtre, laisser battre les Allemands, c'est nous laisser battre. S'ils doivent succomber, qu'en succombant leur défaite du moins donne cet heureux résultat qu'un sentiment de haine commune lie contre les oppresseurs les patriotes Italiens et Allemands!!

Notre silence, croyez-le moi indigne l'Allemagne. Nous trouverons tous contre nous sur les bords du Mincio, peuples et Gouvernements, les uns par devoir les autres par vengeance. Je vous prie, M. le Ministre de vous préoccuper de cette question, de sortir de votre silence.

Vous craignez la Sainte-Alliance, c'est sur les bords de l'Eider qu'on en brise les faisceaux.

(1) -Cfr. n. 476. (2) -Non pubblicato.
492

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AP)

L. P. Pietroburgo, 31 gennaio 1864.

Ti scrivo d'ufficio. Aggiungo poche considerazioni che alla tua amicizia confido. Minghetti mi chiede quali rimproveri si possano fare ana attua-le amministrazione all'estero. Egli des~dera che io esponga delle idee ,concrete. Francamente dirò, e spero che le mie parole non ti offenderanno, quali sarebbero gli appunti che l'opposizione potrrebbe farvi. Voi avete avuto, come si suoi dire, le mani piene d'atout e non avete saputo vincere la partita. Per tre volte potevate uscirre dalla posizione di potenza di second'ordine e conquistarre una giusta influenza in Europa, e non l'avete fatto. La questione polacca ve ne offriva il destro. Vi siete lasciati, annuendo ai desiderrii della Francia, imbrancare colle Potenze di second'orrdine, e avete preferito cantare un corro con esse invece di' cantare un a solo. Nella questione dei Principati vi si era presentato il destro di mostrarvi indipendenti dalla Francia, e non avete protestato che quando avete avuto conoscenza che la Francia avrebbe essa pure protestato. Infine nella questione dei Ducati che vi tocca da vicino non avete saputo o voluto conquistare in Germania un'influenza morale che più tardi vi avrebbe aperto le porte di Venezia. Taccio della questione greca, delle Isole Ionie e di altre' minori questioni.

Ecco il tema che un deputato dell'opposizione potrebbe rivolgere alla

Camera; credetemelo è un tema ricco e ,che si presta agli attacchi.

Io certamente non moverò parola di ciò con alcuno, vi manderò un piccolo sunto delle ragioni che valgono a parare la gravità delle accuse, e voi ne farete, se lo credete, vostro pro. Io vi amo sinceramente tutti, e non uscirà dalla mia bocca un rimprovero al vostro indirizzo. Soltanto il giorno in cui vedessi che la vostra politica nuoce al paese, darei la mia demissione e vi

combatterei apertamente. Ma ho fede in te ed in Minghetti, credo che invece di consumare l'influenza ed il tempo italiano in inutili missioni, che a nulla valgono, non prenderete più consiglio che da voi stessi e dalla coscienza pubblica.

Credimi, Emilio, i tempi son gravi. Se la coalizione si forma, voi non avete che a lasciare lo scanno su cui siete assisi e cederlo ad un Gabinetto di destra moderata. Sarete costretti a disarmare ed a seguire una politica conservatrice, pokhè ad onta delle riforme finanziarie di Minghetti, che ha fatto miracoli, l'Italia non potrebbe continuare due o tre anni con un disavanzo cospicuo come quello ,che ci minaccia. Pensateci seriamente; fate sentire più alta la vostra voce; minacciate voi pure.

Addio, caro Emilio, ho riso assai delle osservazioni del tuo Ministero pel contratto d'affitto. Oh! la burocrazia è sempre la stessa.

493

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 46. Torino, l febbraio 1864, ore 14,20.

Je désire connaitre quelle réponse compte faire Prusse à dernière proposition anglaise d'un protocole garantissant abolition constitution Danemark. Doria écrit de Copenhague que les hostilités sont imminentes (1). Nigra au contraire croit que l'Autriche et la Prusse accepteront suspension hostilités.

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 47. Torino, l febbraio 1864, ore 14,45.

Doria me mande de Copenhague que le président du conseil est allé chez lui pour lui dire confidentiellement que l'Empereur pousse le Roi de Suède à soutenir activement le Danemark (2). Le président du conseil a ajouté qu'au commencement des hostilités l'occupation du Schleswig serait inévitable, qu'alors les deux puissances allemandes seraient disposées à négocier, mais que de l'attitude de l'Italie dépendait celle du Danemark. Avant de répondre je désire savoir quelle est l'issue de la dernière proposition anglaise.

(1) -Con t. 89 del 1° febbraio Doria aveva comunicato: « Roi parti pour l'armée. Hostilités paraissent imminentes ». (2) -Cfr. n. 469.
495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

T. 48. Torino, l febbraio 1864, ore 21,50.

J'ai reçu votre dépèche (1). Tenez-vous dans une grande réserve et dites que le Gouvernement italien est prèt à saisir l'occasion favorable, mais que tout

dépend en ce moment de l'Angleterre. C'est elle qui devrait prendre initiative pour action commune.

496

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2,. Pietroburgo, l febbraio 1864.

Benchè io sappia che le spiegazioni che io credo in debito di porgerLe sugli ultimi telegrammi da me inviati, le giungeranno soverchiamente in ritardo, tuttavia stimo opportuno di non ometterle, perchè esse varranno a spargere luce sulla situazione attuale. Io le telegrafai che avevo ragione di credere che la Russia avrebbe accolto la proposta di Conferenze Ministeriali. Questa notizia pareva del tutto sicura, e se la risposta fu redatta in senso negativo, ciò non fu che dopo lunga esitanza e per volontà propria dell'Imperatore. Io non ne tenni parola al Vice Cancelliere; stimai opportuno, ed Ella approvò per telegrafo questo mio concetto, di astenermi completamente in questa vertenza, quindi la notizia che io telegrafai non l'appresi direttamente. Ma l'Ambasciatore d'Inghilterra avea telegrafato al suo Governo l'identica novella, io quindi avevo ragione di crederla esatta, e Lord Napier al pari di me fu tratto in errore. Quali furono le ragioni di questo mutamento? Egli è che Lord Napier aveva parlato al Principe Gortchakow prima che questi favellasse coll'Imperatore e che il Principe inclinava visibilmente ad accogliere la proposta. Egli però telegrafò a Londra per conoscere il concetto del Gabinetto Inglese, questi rispose, che non voleva nè poteva influire in verun modo sulle deliberazioni del Gabinetto Russo. Ma gli avvenimenti dei Ducati, svegliando nell'animo dello Tzar nuovi sospetti e calde ire la politica di conciliazione fu abbandonata e la risposta

fu francamente negativa. Ecco le parole dello Czar :

• Conviene una volta per sempre troncare le speranze a queste utopie pericolose, che tengono agitato il mondo ».

Nè poco contribuirono a questa cieca politica di resistenza i propositi tenuti dall'opposizione francese. Qui ognuno crede l'Impero Napoleonico sfasciato, credono il Governo Francese impotente, e assumono rispetto alla Francia un contegno arrogante e superbo.

Al pari di coloro che dopo aver provato una gran paura, sogliono con sonore parole negare e dissimulare questa vergogna, così il Governo Russo oggi vuole far credere con superbo rifiuto, ch'egli era pronto a sfidare il mondo intiero, e che non ha mai esitato ad accettare il guanto di sfida.

Eppure vi fu un tempo in cui fu in preda a grave paura, e io ripeterò a Lei Signor Ministro le parole di un alto personaggio Russo: • Lord Napier ci ha reso un grande servizio. Le sue dichiarazioni che l'Inghilterra non darebbe mai di piglio alle armi, le lettere confidenziali di Lord Russell in questo senso ci rassicurarono, e dettarono la nostra risposta •. La proposta del Congresso ebbe un torto; venne troppo tardi. Dinanzi alla minaccia di una coalizione Europea, essa sarebbe stata accettata, ma essa riuscì vana quando questa minaccia fu dissipata.

Ciò era nella logica dei fatti. In quanto al concetto dell'alleanza francese, l'Imperatore Alessandro trascinato dalla corrente reazionaria personalmente lo respinse, poichè i più savi concetti politici naufragano soventi per paura.

Contribuirono non poco a questo fatto gli imbarazzi della Francia e l'opinione pacifica propugnata nel Corpo legislativo e nel Senato. E questa situazione è quella che pur oggi continua. Desiderano di combattere e distruggere lo spirito rivoluzionario, si manifesti questo in Polonia od in Germania.

Questo desiderio ha perfino modificato la tradizionale politica Russa in Oriente. Se la Turchia combatte lo spirito rivoluzionario, i Cristiani d'Oriente debbono aspettare rassegnati di vedere la Russia applaudire e coadiuvare la sua antica rivale.

(1) Cfr. n. 469.

497

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, 1p1p. 16,6-168)

L. P. Parigi, 1 febbraio 1864.

Pasolini parte stasera. Egli vi dirà molto meglio che non sappia far io, quale sia la vera situazione delle cose nostre in Francia, quali possano essere le nostre speranze, e quali i partiti che si possono da noi più ragionevolmente accettare. Noi concordiamo in sostanza nelle seguenti conclusioni: 1° -L'attendere gli eventi è un partito che si può sempre prendere ma che vuol essere subordinato alla riconosciuta necessità di non paterne pigliare altri. È ben inteso che quando diciamo attendere intendiamo dire che si deve attendere con profitto, cioè col preparare quegli stessi avvenimenti che si aspettano. 2° -Insistere sulla Francia e Inghilterra perché appoggino diplomaticamente presso l'Austria l'idea dello scambio della Venezia coi Principati. Forse ora l'Inghilterra sarebbe più disposta a farlo. Ma possiamo fin d'ora prevedere la risposta austriaca che sarà negativa. Ed allora? Qui viene in campo la questione della Sanzione, cioé dell'insurrezione in Ungheria e della guerra.

Questa sanzione non sarà data né dall'Inghilterra né dalla Francia, se la guerra è limitata alla questione veneta.

3° -L'insurrezione dell'Ungheria è ancor perciò un modo di azione di cui possiamo valerci. Lascio in disparte la maggiore o minore probabilità della riuscita, perché non conosco abbastanza lo stato presente delle cose in Ungheria. Mi limito a notare come questo partito si presenti sotto due aspetti distinti, cioé: o noi provochiamo l'agitazione in Ungheria solo per intimorire ed imbarazzare l'Austria affinché questa presti più facile orecchio alle nostre proposte di scambio, ovvero noi la provochiamo nell'intento di far la guerra per pigliar di viva forza la Venezia. Questa seconda ipotesi ci conduce al partito della guerra coll'Austria. E qui mi affretto a dire che nello stato presente delle cose non potremo contare su altri alleati che sull'Ungheria sollevata, appoggio questo necessariamente e naturalmente incerto. L'aiuto della Francia non sarebbe desiderabile, a meno che questa non faccia la guerra sul Reno; ma qui parliamo delle cose praticamente possibili ora, e non delle eventualità future ed incerte. La questione si riduce quindi a questi termini: Siamo noi in misura di far da soli la guerra all'Austria? Io non lo credo. Ma naturalmente il mio giudizio e quello di Pasolini che consente in esso, devono essere subordinati a quello degli uomini più speciali.

4° -Rimane un altro partito. Quello di ripigliare per conto nostro le trattative con Bismarck e veder se non sia possibile fare un'alleanza fra l'Italia e la Prussia contro l'Austria. Se credete che la cosa si possa impegnar seriamente io sono disposto a fare aperture con Goltz. Pensateci e nel caso in cui vi decidiate, mandatemi una lettera estensibile.

Finalmente si potrebbe tentare qualche via indiretta di giungere al gabinetto di Vienna, e di fargli proporre addirittura per conto nostro lo scambio.

Quanto è detto finora suppone che la questione danese si definisca in modo tale da non produrre la guerra tra l'Inghilterra e la Germania o un serio dissidio tra l'Austria e la Prussia.

Che se la nostra buona stella ci conducesse a uno di questi due risultati, le cose muterebbero di aspetto, e le nostre azioni dovrebber mutare di conseguenza. Certo è che il primo colpo di cannone che partisse da una nave inglese contro la Germania cambierebbe radicalmente la nostra posizione. Palmerston e Russell sono vecchi e timidi. Oseranno essi intraprendere la guerra?

Quanto a un dissidio tra l'Austria e la Prussia, il Principe Napoleone mi dice in questo momento (cioé dopo che scrissi la prima parte di questa lettera) che le due potenze si sono positivamente intese perché la Prussia abbia l'Holstein, a patto che sia pronta a mandare in caso di pericolo un corpo di truppe in Ungheria. Anche la Russia secondo il principe, avrebbe intelligenza colla Prussia per la Polonia. La cosa mi pare talmente grave che non voglio crederla fino a più ampie informazioni; però ve la segnalo affinché incarichiate De Launay di domandare positive spiegazioni al riguardo.

Mentre da un giorno all'altro la posizione può essere cambiata radicalmente, è molto difficile il fare pronostici e calcoli. Se mi domandate che cosa fa l'Imperatore, vi risponderò che aspetta con uguale ansietà il colpo di cannone inglese.

Ma più fortunato di noi egli può aspettare ed aspettare lungamente, ed è padrone di scegliere il suo momento. Pasolini vi dirà il resto.

498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

D. CIFRATO 50. Torino, 2 febbraio 1864.

J'ai accusé réception hier soir par télégraphe (1) de votre dépèche chiffrée du 25 janvier (2). En méme temps je vous ai donné des instructions sommaires que je m'empresse de développer plus complètement.

Sans avoir en vue une guerre agressive et isolée contre l'Autriche, le Gouvernement du Roi doit naturellement profiter de toutes les complications européennes pour compléter l'unité Italienne. La guerre 'danoise pourrait offrir cette occasion à deux conditions: que ·cette guerre put se prolonger jusqu'au printemps, et qu'une au moins des deux puissances occidentales, la France ou l'Angleterre, prenne fait et cause pour le Danemark. La réserve complète dans laquelle se renferme l'empereur Napoléon ne permet pas en ce moment de prévoir ses décisions ultérieures. Mais le cabinet danois doit savoir dès à présent à quoi s'en tenir sur les dispositions de l'Angleterre. Si cette puissance est réellement décidée à soutenir le Danemark avec les armes, elle n'a qu'à envoyer sa flotte dans l'Adriatique et à s'entendre avec le Gouvernement du Roi. C'est donc par l'entremise du Cabinet anglais que le Cabinet danois doit nous adresser des ouvertures. Il ne saurait y avoir d'action commune sérieuse que dans ces conditions. Sans que l'Angleterre soit réellement engagée, l'Italie rendrait service à l'Autriche par une agression inopportune: l'Autriche aurait, il est vrai, un prétexte pour se dégager, mais le Danemark aurait toujours sur les bras la Prusse et les autres états de l'Allemagne.

Vous pourrez vous exprimer en ce sens, mais toujours d'une manière confidentielle et sans engager la politique du Gouvernement. En attendant je vous prie de me dire par télégraphe s'il y a chance que l'armée danoise résiste quelque temps derrière le Danewirke. N'épargnez pas le télégraphe pour tous les renseignements importants soit sur l'action militaire soit sur l'attitude des différentes puissances.

499

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 3. Torino, 2 febbraio 1864.

Ho ricevuta la Vostra ultima lettera del 30 gennaio (3). Potete essere certi che il partito di azione non ci trascinerà contro il nostro volere. Siamo in misura, abbiamo il vantaggio di aver preso in faccia al paese una posizione chiara e netta. D'altronde l'attitudine stessa del paese non è tale da incorag

giare il partito d'azione. Pei suoi tentativi nel Veneto bisogna che ponga la sua base d'operazione in Lombardia. Ora le ultime elezioni hanno un significato abbastanza chiaro. La sinistra non vinse che a Casalmaggiore, il Collegio più rosso di tutta la Lombardia; il candidato era Garibaldi che ebbe tre voti di maggioranza. Il partito sa benissimo che il minimo tentativo sarà represso sul nascere e senza esitazioni. Diffatti esso conta piuttosto su un movimento insurrezionale nell'interno del Veneto. Ma nel Veneto l'immensa maggioranza è ,col Govemo e un fatto di una seria importanza non può nascere se non dietro la parola d'ordine e dietro impegni positivi presi dal Governo. Questo mi assicurarono anche alcuni fra i componenti il Comitato che risiede a Venezia e che vennero da Venezia per avere delle spiegazioni da noi. Ciò non impedisce che l'insurrezione di qualche villaggio, che la formazione di una banda non siano sempre possibili anche per opera esclusiva del partito d'azione, ma noi ci crediamo assolutamente padroni della situazione.

Le truppe austro-prussiane hanno passato l'Eider; parrebbe questa la guerra, ma, sinchè la guerra conserva l'attuale suo carattere diplomatico, essa è suscettibile, ad ogni istante, di un compromesso e di una transazione. D'Azeglio scrive che il Governo inglese desidera bensì che si creda alle proprie disposizioni bellicose, ma che queste disposizioni sono molto temperate. Qui si vede con piacere e si augura bene dell'attitudine piena di riserva della Francia. Questa riserva pare minacciosa e Palmerston diceva a d'Azeglio -France is looking out whose pockets she will pick (1) -Se la questione s'impegna profondamente, l'occasione sarebbe bella per la Francia.

Vi mando la copia de' dispacci di de Launay, dai quali vedrete quali sono le sue apprensioni sulla politica prussiana. Pepoli, col quale del resto non mi sono spiegato per iscritto, telegrafa da Pietroburgo ch'egli non divide que,sti timori e non crede a una ricostituzione di una Santa Alleanza, nè per la Polonia nè per altre quistioni.

Da Costantinopoli invece mi si scrive che il Ministro Ottomano a P1etroburgo annunciò al suo Governo che le tre Potenze avevano prese delle intelligenze per porre fine alla insurrezione polacca, che la Russia si adoperava molto presso la Sublime Porta e che poneva innanzi l'idea di una occupazione de' Principati mista di truppe russe, austriache e turche, in opposizione al progetto inglese di una occupazione puramente ottomana. Tutte queste voci ve le riferisco come sintomi di una situazione che non si è ancora chiarita.

Vi mando anche la copia di un dispaccio cifrato di Doria (2) che vi riassunsi ieri col telegrafo e la copia della nostra risposta (3). Isolata, la proposizione della Danimarca non è cosa seria. Se l'Inghilterra fa davvero allora l'affare muta di aspetto. Allo stato attuale delle cose a noi conviene la maggiore prudenza e l'attitudine la più tranquilla per non dare all'Austria pretesto di ritirarsi. Certo che se l'Imperatore volesse aumentare le complicazioni e avesse presa una decisione, una volta cominciata la guerra basterebbe qualche movimento di truppe perchè ne sorgesse una situazione grave anche sul Mincio.

Quando l'Austria e la Prussia dichiararono di passare oltre alle decisioni della Dieta esautorandola e ponendo al dovere la politica dei piccoli Stati, l'irritazione che era grandissima presso le Corti secondarie di Germania contro l'Austria, mi suggeri di fare qualche tentativo per vedere Se! era possibile di approfittarsene per ottenere qualche riconoscimento. Mi pareva opportuno che il Governo di Baden, che ci aveva mostrate le più amichevoli disposizioni, pigliasse l'iniziativa e la responsabilità di questo tentativo. Scrissi in questo senso a Carlsruhe e a Francoforte. M. de Roggenbach accolse di gran cuore l'incarico, disse che col Wiirtenberg era impossibile ottener nulla, che si poteva tentare colla Sassonia, colla Sassonia-Weimar, e colla Sassonia-Cobourg. Aggiunse che avrebbe agito direttamente colle due ultime, che per la prima dava incarico al Ministro del Baden a Vienna che viaggia in missione presso le Corti germaniche di passare per Dresda e tastare il terreno. Secondo Roggenbach,

M. de Beust non sarebbe contrario, ma le resistenze si incontrerebbero alla Corte. È un tentativo che probabilmente non riuscirà, ma che era indicato dalla situazione. Barrai mi scrive che a suo avviso sarebbe di grandissima efficacia qualche ufficio del Governo francese, ora in buon odore presso le Corti secondarie. Aspetto il Vostro avviso sulla opportunità di qualche domanda in questo senso, opportunità che, del resto, a me sembra molto dubbia.

Il Ministro di Turchia venne tre o quattro giorni fa da me e mi diede lettura di una lettera di Aali Pascià al Principe Couza sugli armamenti che si fanno nei Principati oltre i limiti indicati dalle stipulazioni dei trattati, e mi chiese nel tempo stesso che l'Italia si unisse alla Porta nel fare al Principe delle rimostranze su questi armamenti. Vi prego di farmi sapere con qualche sollecitudine e anche per telegrafo qual attitudine serbi la Francia e quale sia il linguaggio tenuto da M. Drouyn de Lhuys su questo nuovo incidente che si vuole unire a quel1o de' beni dedicati per promuovere qualche misura relativa ai Principati.

Domani sera vi saranno spedite le notizie e le informazioni sullo stato delle Provincie Meridionali, sui progressi ivi compiti per opera del Governo Nazionale, e sui risultati della legge Piea.

(1) -Cfr. n. 495. (2) -Cfr. n. 469. (3) -Cfr. n. 488. (1) -Cfr. la l.p. di D'Azeglio a Minghetti del 28 gennaio conservata in B CB, Carte Minghetti. (2) -Cfr. n. 469. (3) -Cfr. n. 498.
500

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY (AP)

L. P. Pietroburgo, 2 febbraio 1864.

Leggendo i dispacci che vi unisco, vedrete quale è a mio avviso la attuale situazione. Ieri a sera si è sparsa la voce che Bismarck sia caduto, e che la Prussia rifiuti di prendere impegni di rispettare il Protocollo di Londra. Voi di ciò sarete meglio informato. Qui però si crede generalmente alla guerra; ed io la desidero schiettamente. Sulle voci di coalizione che corrono non posso dirvi che ciò che scrivo

al Governo; fino a tanto che la questione dell'Holstein non sia risolta, essa non è possibile, dopo, si.

36 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

La situazione dunque della politica è fra le vostre mani. BisognerebbE. cogliere questo momento per farsi riconoscere dalle piccole Potenze germaniche. Ci vuole molta abilità, e bisognerebbe che il Governo vi desse pieni poteri in proposito.

Ma, lasciando gli affari politici, vi dirò che la cassa era per noi; e Frida vi ringrazia della gentile premura. Dite alla Contessa che la riverisco cordialmente e che la prego di continuarmi la sua amica benevolenza. Ad Abro scrivo.

501

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 100. Parigi, 3 febbraio 1864, ore 18,20 (per. ore 19,25).

La réponse de la France à la proposition anglaise est telle qu'elle se trouve consignée dans ma dépeche n. 8 du 28 janvier (1). Aucune autre proposition n'a été faite ensuite. En substance la France refuse de faire avec l'Angleterre une alliance offensive pour le Danemark pour trois raisons, savoir: parre que ses intéréts ne sont pas en jeu; parce que les dangers seraient sans proportion plus grands pour elle que pour l'Angleterre; parce que elle tient compte des principes de nationalité engagés dans cette question. Elle veut donc se réserver toute entière sa liberté d'action. Ambassadeur de Prusse dément formellement la nouvelle d'une entente avec l'Autriche pour la garantie de la Hongrie et de la Vénétie (2).

502

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l. Francoforte, 3 febbraio 1864 (per. il 6).

Le bruit a couru secrètement ici, parmi quelques membres du Corps Diplomatique, qu'en unissant ses armes à celles de la Prusse pour occuper le Schleswig, le Cabinet de Vienne aurait exigé, comme condition, de celui de Berlin, que dans le cas d'une attaque en Vénétie le secours des forces Prussiennes lui serait formellement assuré, en ce sens et de cette manière que la Prusse nccuperait certaines parties du territoire intérieur de l'Autriche et lui permettrait ainsi de disposer de toutes ses forces pour faire face à une agression en Vénétie.

L'importance d'une pareille assertion m'a fait mettre tout en oeuvre, dans la mesure de la prudence et de la réserve qui me sont commandées, pour savoir jusqu'à quel point elle pouvait étre fondée, et d'après des renseignements puisés à bonne source, je crois pouvoir dire à V. E. qu'effectivement dans les pourparlers qui ont précédé l'entente d'une action commune en Schleswig, l'Autriche a formulé cette demande, mais que la Prusse a refusé de prendre pour le moment aucun engagement à cet égard.

(1) -Cfr. n. 479. (2) -La notizia dell'infondatezza di un'intesa austro-prussiana per il Veneto e l'Ungheria venne trasmessa anche dal D'Azeglio con R. 4 in pari data.
503

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 11. Berlino, 3 febbraio 1864 (per. il 7).

Le Cabinet de Berlin, après avoir décliné la demande d'un délai de six semaines pour laisser au Cabinet de Copenhague la latitude nécessaire afin de remplir ses engagemens relatifs au retrait de la constitution commune, à reçu l'avis confidentiel d'une proposition Anglaise tendant à piacer sous la garantie des Puissances l'accomplissement des promesses du Danemark. Evidemment cette démarche avait été projétée dans le but de prévenir l'entrée des troupes alliées dans le Schleswig; mais il a fallu y renoncer en suite de la nouvelle que l'Eider avait été franchi. Ainsi le Gouvernement Prussien n'a pas été dans le cas de répondre à une proposition à laquelle il n'avait pas été donné un cours officiel. Cependant l'Angleterre et la Suède avaient protesté d'avance contre toute intervention armée dans le Schleswig. Quant'à la France elle conserve une attitude expectante. Pour ce qui concerne la Russie, elle ménage beaucoup les deux Grandes Puissances Allemandes, nouvel indice d'un rapprochement entre les trois Cours du Nord. Le Cabinet de S.t James a fait suivre sa protestation, d'une nouvelle note qui met l'Autriche et la Prusse en demeure de déclarer si elles maintiennent le principe de l'intégrité de la Monarchie Danoise. Une correspondance a été échangée à ce sujet entre Vienne et Berlin, et leur réponse sera expédiée demain ou après demain. Cette réponse sera plutot satisfaisante si elle reste conforme au projet élaboré par M. de Bismark. Tel est dumoins l'avis de Sir Andrew Buchanan. D'un autre coté il m'a été dit qu'elle laissait à désirer sous le rapport de la précision, et que les assurances sont subordonnées à la marche des événemens. Le Roi serait tout à fait contraire à s'engager irrévocablement à maintenir le traité de Londres. Dans tous •les cas, il se ·consi:dérerait comme dégagé, du jour où une Puissance étran~ère prèterait son appui au Danemark. En attendant les événemens marchent. Le l"' Février les troupes AustroPrussiennes ont franchi l'Eider sans rencontrer de résistance. Les Autrichiens forment l'aile gauche, les Prussiens l'aile droite. Ces derniers, dans leur mouvement pour tourner le Danemark, sont déjà arrivés près de Mi<ssund. Ils enléveront aujourd'hui mème, à ce que l'on prétend, la tète de pont qui défend le passage du Schley. A Eckenforder quelques coups de canon ont été échangés. Les Danois se retirent vers les positions fortifiées. Ils livreront peut-etre une bataille sur le Danewerk; mais dans des conditions assez desavantageuses; ils n'ont pu inonder le pays. Le pian de l'Etat-Major des alliés semble ·ètre de couper aux ennemis leurs communications avec la mer, et de les prendre à revers au Danewerk. Ici on se flatte de conduire cette campagne à bon terme en huit jours, au maximum en quinze. La question militaire résolue, on compte sur un armistice

et sur 1es desirs immodérément pacifiques de l'Angleterre, pour amener la réunion d'une conférence.

Mon télégramme d'hier contenait un résumé de ces nouvelles. Je regrette qu'il n'ait pu étre déchiffré. A deux heures cette nuit, j'ai été moi-meme au bureau télégraphique, pour le déchiffrer en entier et faire les vérifications nécessaires. Quatre fautes avaient été commises dans la précipitation du travail de cette Légation (et soit dit en passant elle en est passablement surchargée: convention postale, études sur la péréquation de l'impòt foncier, indépendamment des affaires politiques et courantes). Il se peut aussi que des inexactitudes ayent eu lieu dans les bureaux intermédiaires de l'Allemagne et de la Suisse. A ce propos je me permets d'observer qu'il est bien rare qu'un télégramme chiffré m'arrive sans que je doive, à l'aide du double chiffre, en retrouver des mots qui se rattachent au sens et à l'esprit des autres.

Hier, M. de Thiele m'a raconté au sujet du prétendu Traité entre la Suède et le Danemark, que c'était M. Buchanan lui-meme qui en avait donné avis à

M. de Bismarck par un billet. La nouvelle ayant été reconnue au moins prématurée, l'Ambassadeur d'Angleterre en endossait la responsabilité à son collègue de Copenhague. Le Ministre de Suède, piqué au vif des procédés de Sir Andrew Buchanan, s'eu est plaint sur un ton très ressenti en lui disant qu'il aurait dù montrer plus de réserve à parler d'un concours militaire de la Suède, quand l'Angleterre ne jugeait pas à propos de prendre une attitude énergique. Le fait est que la maladresse commise par M. Buchanan, est interprétée ici camme une

manoeuvre ayant eu pour but d'intimider la Prusse.

Nous verrons si le parlement Anglais approuvera la conduite du Gouvernement.

P. S.-L'attaque de Missund aurait commencé depuis hier. On parle d'une lutte très vive de part et d'autre; mais nous n'avons encore au~unes données offi.cielles.

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 52. Torino, 4 febbraio 1864, ore 15,25.

Veuillez me faire savoir au plus tòt quel est l'avis de M. Drouyn de Lhuys sur les réclamations de la Porte pour les armements des principautés.

505

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 5. Londra, 4 febbraio 1864 (per. il 7).

Ho parlato jeri sera al Signor Bulwer della questione dei conventi nei princi· pati. Da quanto egli mi disse la soluzione che aveva proposto a Parigi e che

il Governo qua aveva adottato, consisterebbe: l) In una disapprovazione data al modo d'operare del Principe Couza.

2) Nel far esaminare da una Commissione la validità dei titoli sui quali s'appoggiano i reclami del Clero greco. 3) Nel mettere in mano o di una Commissione o di persone terze l'oggetto contestato finchè non siasi finalmente presa una decisione.

Egli crede che non convenga mettere avanti in principio l'idea dell'indennità per timore che la Russia ricusi a dirittura di prendere parte ad una deliberazione così basata.

Del resto crede utile il procurare che quest'indennità si aggiusti in modo da poter trasferire i beni di questi conventi in Turchia onde così sottrarli alle pretensioni e al controllo della Russia.

L'esame poi dei titoli pare indispensabile perchè bisogna stabilire se quei redditi ai quali il Clero Greco pretende aver diritto son reali oppure se non son frutto di abusi e di estorsioni.

Queste basi mi pajono accordarsi colle idee espresse nel rapporto dei Commissarii che V. E. mi fece l'onore di mandarmi e perciò spero che otterranno la sua approvazione.

506

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 102. Parigi, 5 febbraio 1864, ore 15,45 (per. ore 16,30).

Le Gouvernement français n'a envoyé aucune instruction ni à Bukarest ni à Constantinople sur la question d'armement: il garde à ce sujet la plus grande

réserve. Je vous prie de répondre par le télégraphe à ma lettre sur les décorations.

507

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 8. Londra, 5 febbraio 1864 (per. l'8).

Le rivelazioni fatte dai Ministri Inglesi nelle sedute di ieri alle due Camere non mi danno gran che da aggiungere a quanto in questi giorni scrissi a V. E. Paragonandole coi Dispacci Ella, spero, vedrà che le informazioni che ebbi l'onore di trasmetterle erano non solamente prectse ed esatte. Ma più complete sicuramente di quanto si disse ieri. Non voglio dire come alcuni fra i miei Colleghi che i Ministri abbiano asseriti fatti che sapevan falsi; ma sicuramente nel modo di presentarli e grupparli seppero dar alla situazione attuale degli affari e a quella anteriore della loro politica un colore più ridente di quanto lo fosse realmente.

Asserirono per esempio esser ottime le relazioni colla Francia e non risentirsi l'Imperatore di quanto ebbe luogo relativamente al Congresso. E le mie informazioni sarebbero tutt'altro.

Dissero che la proposizione ultima di protocollo erasi intesa con la Francia. Mentre questa Potenza non l'accettò se prima non s'era intesi con la Germania su di una accettazione che fu ricusata.

Finalmente ai Comuni Lord Palmerston dichiarò pienamente soddisfacente la risposta ricevuta poche ore prima da Bismarck, mentre Lord Russell disse ai Pari di non poter formolare una opinione su di questa risposta. Ma volerla leggere onde ognuno formasse il proprio giudizio.

Ma sicuramente il tuono che regnò nella discussione non si potè dir guerriero. L'opposizione prese cura di non impegnarsi a una politica guerriera. Biasimò l'operato dal Ministero, ma non indicò mai quello che avrebbe fatto invece. Il Ministero intanto professò che la sua politica era stata di pace e lo sarebbe finchè il Trattato del 1852 non fosse stato stracciato dalle due Potenze Germaniche.

Nel caso contrario si lascerebbe guidare dagli avvenimenti. Questa mi par politica di espedienti. Trattasi ogni giorno di dar al p'ubblico un motivo apparente di non far nulla.

Trovandosi in quel momento critico in cui l'Inghilterra potrebbe esser spinta ad agire, le Potenze Germaniche son pronte a darle con belle dichiarazioni (benchè oscure) i domandati pretesti. Intanto le battaglie e gli eccidj andando avanti, gli animi in Germania si conciteranno in proporzione. Verrà loro nell'idea l'assurdo di farsi scannare per mantenere la supremazia Danese nei Ducati. E quando l'Inghilterra richiederà l'osservazione dei patti del 1852 le si obbietterà esser trascorse cose gravi nel mentre che renderebbero inevitabile una insurrezione in Germania se si volesse far così.

Tenuti cosi a bada da capo a fondo di questa vertenza dal timore di sguainare la spada contro l'Austria e la Prussia, queste Potenze ottenuti i loro fini diranno: • Ora l'affare essendo fatto, è troppo tardi per impedirlo •. Queste e simili osservazioni si fanno continuamente ai Ministri anche dai loro amici. Ma prevale l'elemento inoperoso e trionfa la politica che chiamasi d'espedienti.

Sarei tenuto a V. E. di volermi dare una semplice indicazione per mia regola sull'opinione del Governo relativamente a quel Trattato del 1852 al quale, vedo, diede la sua adesione il Generale Dabormida, pel caso in cui me ne fosse fatta menzione, poichè mi pare trattasi di due principj opposti: Il Trattato

o il principio delle nazionalità.

508

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Berlino, 5 febbraio 1864.

A défaut d'une occasion siìre j'ai diì retarder jusqu'à ce jour à répondre à vos lettres du 28 Décembre et du 20 Janvier, l'une et l'autre contenant les détails les plus intéressants, et dont je vous remercie sincèrement. Mon rapport .confidentiel du 13 Janvier N. 2 vous aura instruit de l'im

pression causée ici par votre dépèche du 24 Décembre (1). Cette impression a été satisfaisante à en juger par le langage de M. de Bismarck.

Ce satisfecit, meme s'il n'était pas sincère dans sa bouche au moment où il allait s'embarquer dans une entreprise avec l'Autriche contre le Danemark, et quand il venait de seconder la Russie dans sa politique d'extermination de la nationalité polonaise, prouve que notre programme d'unification avait été soutenu par V. E. avec des arguments qu'il était difficile de combattre au moins en principe. Aussi nous ne saurions trop nous féliciter d'un document qui occupera une piace marquante dans les annales de notre diplomatie.

Dans ces deux lettres V. E. me parla de tentatives qui auraient été faites pour ramener M. de Bismarck aux idées qu'il caressait à son avènement au pouvoir. Le Général Fleury lui aurait meme tenu certains propos • pour l'encourager dans ses velléités ambitieuses, en allant jusqu'à laisser entrevoir une guerre dans la Vénétie en cas de résistance de la part de l'Autriche •.

Je n'ai rien appris, malgré toutes mes investigations, de bien positif sur cette mission, sauf ce qui m'a été dit par le Ministre des Affaires Etrangères et par son Secrétaire général. Peut-etre a-t-on voulu m'en faire un mystère. J'ai aussi sondé adroitement le terrain auprès de l'Ambassadeur de France. Il prétend que Fleury avait l'instruction de faire causer M. de Bismarck pour déchiffrer le fond de sa pensée. Il lui aura sans doute donné la réplique, mais je doute presque qu'il soit entré dans la voie des confidences, et je doute encore davantage qu'il ait rapporté des impressions satisfaisantes de ses entretiens. M. de Talleyrand du moins m'a laissé comprendre qu'il pourrait convenir à la France de gagner pour sa politique un membre du Gouvernement prussien, mais qu'etLe ne devait pas commencer par L'homme Le plus impopuLaire en AUemagne. Le séjour de quelques semaines que ce Ministre a fait à Paris avant de prendre le portefeuille des Affaires Etrangères, lui a causé le plus grand tort dans l'esprit de l'Empereur et de M. Drouyn de Lhuys. Ils l'ont trouvé l'un et l'autre bien au dessous de sa réputation. H n'a pas été pris au sérieux. La diplomatie russe devrait le porter aux nues. Eh bien, à mon dernier passage à Paris, le Baron de Budberg le jugeait cependant de la manière la plus sévère: • Il ne représente pas la nation, disait-il, mais. un parti incapable à lui seui de brasser de la grande politique avec des chances de succès •. Néanmoins ce jugement de M. de Budberg je dois le rectifier, en ce sens que M. de Bismarck représente bien plus en apparence qu'en réalité un parti voué aux intérets de l'Autriche. Sans les malheureuses complications surgies en Pologne, dans lesquelles la France a commis la faute de rudoyer outre mesure la Prusse, le programme du Premier Ministre avait encore quelque avenir. Mais le Roi, piqué au vif, n'a plus voulu entendre de cette oreille. M. de Bismarck, sans perdre courage, avait profité du Congrès de Francfort pour ameuter contre l'Autriche. Peine perdue! Le courant réactionnaire à l'intérieur avait nécessairement son contrecoup dans les relations avec l'étranger. Pour opérer une diversion, le Cabinet de Berlin, après bien des hésitations, fait déclarer à Vienne qu'il faut prendre en main les affaires des Duchés, et que si l'Autriche préfère se tenir à l'écart, la Prusse agira à elle seule. Camme de raison les Autrichiens qui se défient des vues annexionistes de M. de Bismarck, ont dù prèter leur concours en faisant, en feignant une bonne contenance. Sur ce point également le calcul de M. de Bismarck a été déjoué, et il se trouva malgré lui

dans un camp où il est peu aimé, et qu'il ne peut aimer en sa qualité de bon Prussien.

Mais il est lancé sur cette vaie, et tant que les deux armées combattront o'ote-à-cote, nous devons nous tenir ici sur la réserve. Si cette guerre doit rester localisée, nous devons faire des voeux pour qu'elle se termine promptement, sans qu'on s'écarte du Traité de Londres. Une annexion à la Prusse du Holstein, ou mème seulement l'établissement dans ce Duché d'une nouvelle dynastie, l'une et l'autre combinaison ne conviendraient guère à l'Autriche, et elle ne retirerait son veto qu'en se ménageant, par exemple, une garantie de la Vénétie. Au reste, il ne faut pas se .préoccuper outre mesure de cette éventualité. Promettre et tenir sont deux choses très distinctes en politique. Je vais mème plus loin, si nous étions sùrs de la France nous devrions presque désirer que la Prusse commit quelque énormité qui fUt relevée à Paris camme une provocation.

En attendant, dans cette question des Duchés, nous trouverons peut-étre, selon la solution qu'elle aura, des précédents favorables à notre cause. Le Schleswig est, camme le Tyrol, partagé en deux nationalités. De mème que l'Allemagne représente dans le Schleswig l'élément civilisateur, de mème dans le Tyrol l'Italie représente ce méme élément cìvilisateur et gagne visiblement du terrain. En suite la théorie de prendre en gage une Province, pourrait, à l'occasion, nous étre fort commode pour nous ménager un moyen de tourner la position de Vérone, sans froisser trop directement les susceptibilités de la Confédération germanique.

La Légation du Roi à Hambourg étant plus rapprochée que celle de Berlin du théatre de la guerre, je lui abandonne le soin d'envoyer à V. E. les premières nouvelles télégraphiques. Celles qu'on publie ici sont fort sujettes à caution.

En terminant, qu'il me soit permis d'adresser une requéte. L'agence télégraphique Wolff à Berlin envoie chaque jour et plusieurs fois par jour à ses abonnés des bulletins télégraphiques. Les journaux ne les publient souvent qu'après 24 heures. Aussi plusieurs de mes Collègues sont autorisés à y prendre un abonnement. Il s'agit d'une somme de 10 à 12 thalers par mois, soit de 37 frs. à 45 frs. Il me semble que cette dépense serait bien placée. C'est un moyen de tenir constamment et sans retard en éveil notre attention, et de paraìtre au moins aussi bien informés que certains de mes Collègues.

Chaque fois que V. E. voudra bien m'écrire en voie particulière, elle me fera une véritable faveur.

P. S. -Cette lettre était déjà écrite quand le courrier Collino m'a remis une copie de celle confidentieHe du Marquis Pepoli du 3!1 Janvier (1). Nos vues sont plutot divergentes, surtout d'après les raisonnements contenus dans mon rapport confidentiel N. 14. Je ne persiste pas moins dans ma manière de voir. Le Marquis Pepoli devance les événements, son collègue de Berlin les attend parce qu'il croit que nous pourrons tirer profit d'une situation qui tend à se compliquer davantage.

(1) Cfr. n. 356.

(1) Cfr. n. 491.

509

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 104. Londra, 6 febbraio 1864, ore 20,15 (per. ore 22,15).

Il me revient de très bonne source que le Gouvernement britannique a reçu hier au soir dépèche télégraphique de Vienne qui représente Autriche comme assez alarmée de ce à quoi elle s'est engagée, et désirerait s'en retirer

si elle pouvait. C'est peut ètre ruse pour ne pas trop se brouiller ici et empècher résolution guerrière.

510

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 12. Berlino, 6 febbraio 1864 (per. l'11 ) ..

En signalant au baron de Schleinitz les pièges que l'Autriche pouvait tendre à la Prusse, pour lui escamoter une garantie directe ou indirecte de la Vénétie, je lui avais dit qu'en le mettant ainsi en garde, j'avais agi peut-ètre plus en honnète homme, qu'en ma qualité de diplomate. Mon rapport confidentiel N. 9 du 31 janvier (1) devant etre acheminé par la voie ordinaire de la poste, je n'ai pas voulu y exprimer le fond de ma pensée. Sans doute les règles de la vraie et saine politique doivent ,ètre basées sur le juste et l'honnète; mais elles comportent également une grande retenue dans les sentimens que le diplomate aurait un intérèt à cacher. Je sais en effet que la France se tient sur la réserve vis-à-vis de la Prusse, et qu'elle n'a aucun intéret à l'empècher de donner tète baissée dans les embarras de la situation. Le Baron de Talleyrand lui mème me l'a laissé comprendre. Que l'Autriche s'enferre, rien de mieux. Mais que sans dire gare en tems opportun, nous eussions laissé la Prusse glisser jusqu'au bout sur une pente contraire à l'Italie, c'eùt été, à mon avis, un mutisme hors de propo3. Il en serait autrement si le Cabinet des Tuileries exprimait nettement le projet de se tourner contre la Prusse, dès qu'elle lui prèterait le flanc, et s'il avait fait un casus belli d'une garantie donnée à Berlin pour les possessions extra-fédérales de l'Autriche. Pour mieux surprendre les coupables en flagrant délit, il eùt alors fallu se garder de les mettre sur le qui-vive. Mais telle ne semble pas etre jusqu'ici l'intention, si non de l'Empereur Napoléon, du moins de son Ministre des Affaires Etrangères, qui a lui mème interpellé officiellement et sans détours le Comte Goltz, et a en mème tems envoyé au Baron de Talleyrand des instructions qui lui permettaient de sonder le terrain auprès de M. de Bismarck. Bref l'éveil a été donné. Est-ce peut-étre pour se montrer d'autant plus sévère, si un jour la Prusse passait outre?

Je l'ignare, mais tant que nous sommes dans le doute sur les vues de l'Empereur, nous ne devons pas en présence des oscillations si fréquentes de sa

politique durant ces dernières années, et je dirai en présence des calculs ultrapacifiques de l'Angleterre, nous ne devons pas, dis-je, tout sacrifier à une seule alliance. Nous ne savons point encore comment !es événements se dessi

neront. Quand nous aurons à jouer nos gros atouts contre l'Autriche, et !es règles de la plus simple prudence demandent que nous tàchions d'empecher en tems voulu une alliance plus étroite des deux grandes Puissances Germaniques.

Mon avertissement était sérieux et donné à un homme sérieux, de préférence à M. de Bismarck dont le caractère m'inspire moins de confiance. Ses bons mots le 29 Janvier se ressentaient du milieu où ils avaient été prononcés. Au reste dix minutes plus tard à ce mème bai, il racontait lui-mème notre dialogue, me faisant questionneur, uniquement pour pouvoir citer comme réponse son mot: • TravailLer pour le Roi de Prusse! •. Il narrait son trait d'esprit, entre autres, devant une personne du parti rétrograde lequel s'identifie avec l'Autriche. Aussi de tous l es démentis fournis sur des engagements contractés avec l'Autriche, l es seuls qui ayent quelque valeur à m es yeux sont ceux articulés par le Baron de Schleinitz. Et mème ses dénégations ne s'appliquaient qu'au présent; car il entrevoyait lui-mème Ies dangers de l'avenir. Mais comme il a l'oreille du Roi, notre entretien aura été rapporté à Sa Majesté, et si un homme averti en vaut deux, Elle ne s'aventurera qu'à bon escient.

Camme je l'ai déjà mandé à V. E,. maintenant que j'ai rempli ce que je considérais comme un devoir autant dans notre intérèt que dans celui de la Prusse (au moment surtout où !es victoires remportées par !es troupes alliées sur un mème champ de bataille donnent beau jeu aux intrigues Autrichiennes) je rentre dans une ligne de stricte réserve.

Je continuerai seulement à pointer mes pièces contre l'Autriche, sans la confondre avec la Prusse dans ces attaques. Celle-ci est une alliée naturelle qu'il nous convient de ménager, je ne saurais trop le dire, tant que la France n'aura pas dessiné plus nettement son attitude. Un rapprochement éventuel avec les autres Etats de l'Allemagne, ne serait qu'une faible compensation. D'ailleurs les Gouvernements secondaires, sauf le Grand-Duché de Bade, ne sont pas autre chose que des girouettes. Que demain il souffle un vent favorable à l'Autriche, et nous les verrons à peu près tous se retourner vers la maison de Habsbourg. Quant à la nation Allemande, nous y rencontrons sans doute de nombreuses sympathies; 'mais n'oublions pas que c'est un peuple de penseurs qui naviguent dans le bleu, sans parvenir à se concerter pour I'action. Feu le Comte de Cavour disait: • Que feront l es Prussiens, eux si lents à se décider? Ils mettront cinquante ans à faire ce que nous avons fait en trois ans! •. Or les Prussiens, à eux seuls, ne pourraient procéder à l'unification, sans le concours des autres populations Germaniques. Le philosophe Lessing jugeait ses compatriotes plus sévèrement encore que ne l'a fait notre grand homme d'Etat: • Il nous faut cent ans pour reconnaitre nos erreurs, et un autre siècle pour !es réparer! •. Sans avoir la prétention de me prononcer entre cex deux sommités, l'une et l'autre viennent à l'appui de mon raisonnement que les sympathies d'un peuple qui ne sait pas se constituer Iui-mème ne sauraient nous fournir des garanties assez solides. Pour le moment nous devons compter avec les Gouvernements, et comme de raison avec !es plus forts.

(1) Cfr. n. 489.

511

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 13. Berlino, 6 febbraio 1864 (per. l'11).

Un télégramme de S. Pétersbourg m'ayant annoncé le prochain passage du ,courrier de Cabinet à Berlin, j'ai écrit une lettre à M. de Bismarck pour le mettre à sa disposition. Je lui exprimais le désir d'obtenir une audience s'il pouvait disposer de quelques moments en ma faveur; car il aurait pu paraitre étrange à mon Gouvernement que je n'eusse pas cherché à voir le Ministre des Affaires Etrangères pour le cas où il lui conviendrait de me faire quelque communication, ou de m'exposer sa manière d'envisager les choses dans les circonstances actuelles. J'ajoutais que son Cabinet de travail était mieux garanti

contre toute indiscrétion, et plus approprié que le tourbillon d'un bai à un langage sérieux.

S. E. m'a reçu hier, je l'ai félicitée des premiers succès ,remportées par les troupes Prussiennes. S'ils ne sont pas encore décisifs, l'entrain et la bravoure de l'armée royale pronostiquent une campagne des plus heureuses, pour peu que la politique du Gouvernement se montre conforme aux intéréts traditionnels de La Prusse.

J'avais accentué ces derniers mots.

M. de Bismarck après quelques secondes de réflexion a pris la parole en évitant de toucher au còté politique de la question, et en se bornant à quelques détails stratégiques:

• En effet, disait il, les succès de nos troupes sont loin d'ètre décisifs. J'avais raison quand je soutenais devant le Conseil des Ministres qu'il fallait entreprendre cette guerre avec quatre-vingt mille hommes, au lieu de soixante mille (22000 Autrichiens 38000 Prussiens). J'étais également d'avis qu'il ne fallait pas se presser outre mesure dans les opérations militaires. Je connaissais les points fortifiés par le Danemark. Pour les enlever il faut des travaux réguliers, des tranchées, de l'artillerie de siège. Mais l'ardeur des généraux, leur confiance dans des ressources trop limitées, les exigences économiques du Ministre des Finances, l'ont emporté sur mes conseils. Les événemens m'ont donné raison. Une attaque dirigée par le Prince Frédéric Charles pour enlever la tete de pont de Missund, en profitant d'un épais brouillard pour masquer ses mouvemens, à échoué. Maintenant il faudra employer la grosse artillerie ».

J'ai voulu ramener la conversation sur un terrain qui de part et d'autre rentràt mieux dans notre compétence. J'ai exprimé ma surprise de trouver insérée, dans un journal officieux qui se publie à Berlin, la nouvelle d'une préiendue démarche faite par l'Angleterre pour demander notre concours, démarche à laquelle nous aurions répondu que nous n'étions pas encore en position de soutenir le Danemark. J'ai fait observer à ce propos, que j'ignorais si une ielle proposition nous avait été faite, et si nous aurions été dans le cas de motiver notre abstention dans une cause qui ne touchait pas directement à nos intéréts. Mais le journal aurait pu se rendre compte que si la Sardaigne à elle seule avait combattu en Crimée, il serait beaucoup plus aisé à l'Italie de disposer de ses forces partout où elle croirait devoir prendre fait et cause. Si les Prussiens sont fiers de leur armée, les Italiens savent également que leurs troupes marcheraient sans hésiter s'il plaisait au Gouvernement du Roi de sonner le branle-bas.

M. de Bismarck a dégagé le Cabinet de toute solidarité pour des nouvelles recueillies aussi légèrement par la presse, mème par des Gazettes qui reçoivent parfois, en termes généraux, ses propres inspirations.

Il s'est plaint à son tour que quelques uns de mes collègues le pourchassaient de leurs interpellations jusque dans les réunions de la société. Il a bien voulu me rendre la justice que je faisais exception. Je lui ai dit, sur un ton enjoué, qu'il devrait plutot s'en prendre à sa position officielle; mais que la plupart des diplomates, étant privés de l'occasion de le rencontrer dans son Cabinet, ne pouvaient se persuader que tous les abords fussent fermés vers le Ministre transformé ainsi en une sorte d'arche Sainte, d'arche d'alliance.

J'avais expressément glissé le mot alliance pour le mettre sur la vaie de s'expliquer sur les bruits de coalition. Mais il n'a rien répliqué. Je lui ai demandé alors s'il n'avait rien à me communiquer sur la situation générale, puisque j'allais disposer d'une occasion ,sftre pour Turin.

• Mille amabilités pour votre Gouvernement! •. Je lui ai répondu que sans attendre le retour du Courrier de Cabinet, je pouvais de suite lui rendre la mème politesse au nom de V. E.

Je cite à dessein cette conversation peu intéressante, pour prouver à V. E. combien ici il est difficile de savoir les affaires quelque soit mon zèle et ma bonne volonté.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VE:NOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 56. Torino, 7 febbraio 1864, ore 16.

Des nouvelles de Berlin et de Francfort font prévoir qu'aussitot après l'occupation du Schleswig la Prusse demanderait soit un congrès soit une conférence. Le roi de Prusse ne se bornerait pas à demander l'exécution du traité

de 1852 et se montrerait plus exigeant. De son coté Azeglio mande que l'Autriche se montrerait disposée à se rapprocher de l'Angleterre.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 57. Torino, 7 febbraio 1864, ore 16.

Azeglio mande de Londres qu'il lui revient de très bonne source que le Gouvernement britannique vient de recevoir une dépèche de Vienne d'après laquelle l'Autriche témoignerait du désir de ne pas remplir jusqu'au bout ses engagements avec la Prusse, et désirerait se rapprocher de nouveau de l'Angle

terre. Quel que soit le but de cette démarche il convient que M. de Bismarck en soit confidentiellement informé.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 5. Torino, 7 febbraio 1864.

In questo istante mi si offre una buona occasione per Parigi. Se l'avessi saputo prima vi avrei scritto, con miglior agio, intorno ai discorsi fatti tra noi, dopo il ritorno di Pasolini. Così me ne approfitto solo per confermarvi il mio telegramma d'oggi (1). Le notizie d'oggi sono assai sfavorevoli alla Danimarca, le truppe danesi si ritirano su tutta la linea. Può quindi supporsi che l'esito giustifichi le previsioni prussiane sulla brevità della campagna dello Schleswig. Lo Schleswig occupato, l'Austria e la Prussia dovranno dichiararsi sulle loro intenzioni, intorno al Trattato del 52 e alla integrità della Monarchia danese. Vorranno le due Potenze germaniche, o quanto meno la Prussia, dopo un successo militare che gonfierà di entusiasmo la Germania e ecciterà lo spirito nazionale alemanno, dare per conclusione di tutta questa spedizione il Trattato del 1852 e la riconsegna del territorio al Re di Danimarca? Come sintomi vi trascrivo un telegramma d'Azeglio. -Il me revient de très bonne source que le Gouvernement britannique a reçu hier au soir une dépèche télégraphique de Vienne qui représente l'Autriche assez alarmée de ce à quoi elle s'est engagée et désirant s'en retirer si elle pouvait. C'est peut-ètre ruse pour ne pas trop se brouiller ici et empècher résolution guerrière -. D'altra parte de Launay mi scrive che, per quanto le dichiarazioni prussiane in risposta alla nota con cui l'Inghilterra chiedeva delle spiegazioni siano piuttosto soddisfacenti, il Re sarebbe contrario a impegnarsi irrevocabilmente a mantenere il Trattato di Londra. In ogni caso egli si considererebbe come disimpegnato, il giorno in cui una Potenza straniera presterebbe il suo appoggio alla Danimarca. Una volta sciolta la quìstione militare, e fatto un armistizio, anche che l'Austria sia pronta ad accordarsi più completamente coll'Inghilterra sulla base del Trattato dì Londra, non mi pare improbabile che la Prussia proponga una conferenza o un congresso. Già se ne parla a Berlino e a Francoforte. Questa proposta aprirebbe l'adito ad accordi tra la Prussia e la Francia, poichè questa ultima ha già tirato una sassata al Trattato di Londra. D'altronde alla Francia deve parere desiderabile, verificandosi il caso, che la conferenza somigli un po' almeno al suo congresso, nè sia delle sole Potenze segnatarie. Sono ipotesi ed ogni azione in proposito sarebbe immatura. Il nostro ,scopo dev'essere di studiare le probabilità per non rimaner fuori della combinazione per cui abbiamo finora lavorato. Vi ringrazio di aver finito l'affare delle decorazioni in modo che parmi

soddisfacente. Non ho ancora annunziato a Minghetti l'onore che lo attende; ma mi immagino che gli farà piacere.

(1) Cfr. n. 512.

515

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 4. Parigi, 7 febbraio 1864 (per. l'11).

Mi giunse oggi regolarmente il dispaccio di Gabinetto n. 6 che l'E. V. mi diresse il 4 corrente (1) ed al quale erano annessi parecchi esemplari della traduzione francese del discorso pronunziato dal Ministro dell'Interno nella seduta del Senato del 31 gennaio scorso, una copia della legge sulla repressione del brigantaggio ed un rapporto importante sulle condizioni delle provincie meridionali del Regno. Ho rimesso oggi stesso questi documenti al Signor Drouyn de Lhuys con preghiera di farli pervenire senza indugio al Signor Rouher, Ministro di Stato, al quale incomberà il rispondere sulla petizione presentata al Sena.to francese intorno a questo argomento, nel caso in cui la petizione stessa venga discussa. Nel fare questa comunicazione ho creduto di dover segnalare al Signor Drouyn de Lhuys gli inconvenienti di una tale discussione, la cui legalità è molto dub

bia, ed espressi il desiderio che la questione pregiudiziale sia adottata sulla petizione.

516

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 7 febbraio 1864

Ieri sera due dispacci giunti ad un tempo alle Ambasciate d'Austria e di Prussia recarono improvvisamente la notizia inattesa del passaggio della Schlei per parte dei Prussiani, della ritirata dell'esercito danese e dell'abbandono della linea di Danewirke. Questo fatto è certamente spiegabile strategicamente. Tuttavia le circostanze che l'accompagnarono possono dar luogo ad altre supposizioni. È rimarchevole difatti che l'ordine d'evacuazione non sia stato dato dal Ministro della guerra; questa misura fu presa invece dopo la partenza del Re, e in seguito d'un semplice consiglio di guerra. Se si aggiunge l'attitudine del Gabinetto inglese, la dichiarazione mandata in fretta a Londra da Berlino e da Vienna, e la voce corsa che due mila Inglesi sarebbero mandati a Copenaghen, non per difendere la Danimarca, ma piuttosto per guarentire la persona del Re e dei Ministri, il sospetto può nascere che quanto avvenne sia succeduto forse d'accordo tra Prussia, Russia, Inghilterra e il Re di Danimarca. È questa natu

ralmente una semplice ipotesi. l'1Ia ve la segnalo; perchè anche qui non si sa bene spiegare questa sequela di eventi poco concatenati. In presenza di questi

fatti, non c'è altro a fare pel momento che osservare attentamente per conoscere la posizione vera, massime a Londra. Qui vi ripeto si è molto in sospetto.

Ricevo oggi la cara Vostra del 4 (1), con cui m'annunziate il Gran Cordone Mauriziano. Ve ne ringrazio di cuore, e v'assicuro che m'è caro il riceverlo da voi.

Vimercati vi porterà questa mia e i dispacci d'ufficio. Egli desidera che sappiate che qui non fa nulla senza avermene parlato ed essersi messo d'accordo con me.

(1) Non pubblicato.

517

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1:214, ANNESSO CIFRATO (2). Francoforte, 8 febbraio 1864 (per. il 12).

Ministre d'Autriche auquel une personne de sa très grande intimité a demandé hier ce qui en était d'une convention secrète entre Prusse et l'Autriche ayant pour but garantir à cette dernière possessions Venitiennes, lui a répondu qu'il ignorait existence pareille convention, mais que personnellement il avait des raisons à croire que dans le cas d'une attaque en Venise, Prusse consentirait occuper militairement Hongrie, de manière à permettre à l'Autriche de disposer de toutes ses forces pour repousser agression. Cette réponse semblerait indiquer que, si convention n'est pas signée, négociations qui s'y rattachent sont cependant assez avancées pour que suivant les avantages territoriales qui pourraient résulter pour la Prusse de la campagne du Schleswig, le Cabinet de Vienne puisse compter sur le secours de la Prusse de la manière indiquée.

De toute manière il semble certain qu'il ~se trouve quelque chose de secret entre Prusse et Autriche en opposition au projet d'attaque prochaine que l'on nous prète contre Venise, mais il est impossible d'en savoir d'avantage ici sur des engagements dont on pourrait peut-ètre mieux connaitre la véritable portée à Londres ou à Paris.

518

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 59. Torino, 10 febbraio 1864, ore 17,45.

Ayant accédé au traité de 1852 le Gouvernement italien ne peut que désirer qu'il ne devienne pas inexécutable. Il est évident du reste que nous ne pouvons pas avoir d'opinion arrètée et que nous nous déciderons selon les événements. Une proposition de conférence étant possible il faut que notre langage n'excite pas d'avance les défiances de l'Angleterre.

(1) -Non pubblicata. (2) -Al r. 13.
519

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 60. Torino, l0 febbraio 1864, ore 17,45.

Insistez directement auprès de M. Rouher pour qu'il décline la discussion sur la pétition en déclarant qu'elle n'est pas de la compétence d'une assemblée française, ce qui n'empechera pas qu'il se serve utilement des renseignements que vous lui avez fourni.

520

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 118. Parigi, 10 febbraio 1864, ore 20,35 (per. ore 21,35).

Rouher désire vivement éviter la discussion. Nous n'avons rien à lui apprendre sur les arguments qu'il peut faire valoir dans une question qui touche l'essence meme de la constitution et sur laquelle les opinions sont très partagées. Je ne sais pas donc quelle utilité aurait la démarche que vous me proposez. Je comprendrais mieux une démarche officielle auprès de M. Drouyn de Lhuys qui désire lui aussi éviter la discussion, mais comme il s'agit d'une chose grave et délicate qui constituerait un précédent qui pourrait etre invoqué contre nous, avant de la faire j'attendrai de vous des instructions précises et ostensibles.

521

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 145, ANNESSO CIFRATO (1). Amburgo, 10 febbraio 1864 (per. il 15).

Je sais que des allemands veulent partir pour l'Italie afin de faire la guerre pour l'Italie. Il paraìt donc que le parti d'action fait des enròlements.

522

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 63. Torino, 11 febbraio 1864, ore 14,15.

Mon télégramme d'hier (2) avait seulement pour but de vous engag,er à vous entendre avec M. Rouher sans démarche officielle. J'apprends avec plaisir qu'il désire aussi éviter la discussion par la question préjudicielle, si c'est possible.

(1) -Al r. 23 (2) -Cfr. n. 519.
523

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 11. Parigi, 11 febbraio 1864.

Il Conte Goltz, Ambasciatore di Prussia, mi ha confermato essere espressamente incaricato dal suo Governo di smentire la voce corsa d'un accordo tra le due grandi Potenze tedesche per la guarentigia dei possessi non Germanici dell'Austria.

Il Signor Drouyn de Lhuys che ho interrogato su questa notizia, mi rispose che le medesime assicurazioni gli erano state fatte a Berlino e a Vienna, ed erangli state confermate qui dai rappresentanti d'Austria e di Prussia. Non ho ragione di mettere in dubbio la veracità di queste affermazioni. Ma ciò non prova che all'occasione l'accordo possa facilmente farsi finchè dura l'alleanza offensiva Austro-Prussiana sulle rive dell'Eìder. E questa possibilità, la quale procede dalla forza stessa delle cose, non è negata dal Conte Goltz, il quale mi disse che certamente la Prussia non potrebbe veder con piacere che l'Austria fosse attaccata nel Veneto mentre combatte a suo fianco nello Schleswig.

L'intenzione dell'Austria e della Prussia è di occupare interamente lo Schleswig e Alsen; di promuovere quindi l'elezione del Duca d'Augustenburgo colla convocazione dei rappresentanti del paese nella forma che sarà giudicata più acconcia. Quando l'elezione sia fatta in seguito dell'esercizio del diritto della sovranità popolare, le due Potenze metteranno innanzi il fatto compiuto e invocheranno quello stesso diritto della sovranità nazionale, che ebbe già si importanti applicazioni nel mondo.

In vista di questa eventualità, ovvero dopochè si sarà verificata, l'Inghilterra si deciderà essa a tirar la spada in difesa dello smembrato regno Danese? La Danimarca, ridotta a sì meschine proporzioni non vorrà riunirsi alla Svezia? A tali questioni sarebbe prematuro il rispondere ora. Mi limito a constatare che la Francia continua a tenere la medesima condotta piena di riserva, e che la sua intenzione è di conservare intiera la sua libertà di azione per le contingenze che potessero succedere.

524

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 123. Berlino, 12 febbraio 1864, ore 0,15 (per. ore 2,15).

Dépéche en date du 31 janvier du ministre des affaires étrangères du Danemark a été remise ici le 7 février pour demander réunion conférence. Ensuite des hostilités cette dépéche est restée sans réponse. H ne serrait pas question d'armistice tant que tout le Schleswig y ,compris !l'ile de Alsen, où les danois se préparent à la défense et où ils seront attaqués, n'aura pas été évacué. Relativement à la déclaration assez vague donnée par la Prusse et lue au

37 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

parlement anglais, ambassadeur de France a demandé des éclaircissements. Ceux qu'il a reçus auraient valeur en ce que ministre des affaires étrangères de Prusse répète qu'aucun changement définitif ne pouvait ètre fait sans concours des autres signataires traité de Londres. Agitation augmente à Copenhague.

525

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 128. Londra, 12 febbraio 1864, ore 18,10 (per. ore 20,30).

La réponse des puissances allemandes à une proposition danoise a1ppuyée par Angleterre et les autres signataires de 52 ne parait pas encore avoir été reçue à l'heure qu'il est. Get armistice devrait naturellement, dans les idées de ce pays-ci, ètre suivi d'une conférence composée des ministres de ces pays

résidants à Londres. On semble s'attendre, quant à l'armistice, que la condition proposée d'exclure l'ile d'Alsen rencontrera des difficultés sérieuses.

526

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 129. Berlino, 12 febbraio 1864, ore 19,28 (per. ore 21,05).

J'ai parlé dans le sens dépèche télégraphique de V. E. 7 février (1). Il m'a paru faire quelque légère impression sur le ministre des affaires étrangères, mais il faudrait des preuves sans réplique d'un fait qui n'est peut-ètre qu'appréciat~on personnelle du ministre ànglais à Vienne. Cependant il a ordonné des investigations déjà depuis plus de 15 jours. Ministre de Prusse à Londres avait écrit sur des bruits semblables, mais à son avis sans fondement. D'un commun accord Prusse et Autriche ont décliné hier armistice

proposé par l'Angleterre. C' est aujourd'hui que les prussiens devaient prendre position pour attaquer retranchements de Duppel.

527

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 16. Berlino, 12 febbmio 1864 (per. il 16).

Les troupes Danoises, après avoir subi des pertes très sensibles dans des rencontres partielles, ont pu se retirer dans les retranchemens de Duppel

dans la presqu'ìle de Jundewit, à peu de distance de l'ile d'Alsen dont ils couvrent le passage. Une autre partie de leur armée a gagné le Jutland. Le

8 et le 9 Février les Prussiens et les Autrichiens campés vers Flensbourg et Glucksbourg se sont reposés des fatigues d'une marche très pénible. Ils ont envoyé des reconnaissances jusques à Nubel entre Graevenstein et Duppel. C'est aujourd'hui dit-on que commence l'attaque contre les retranchemens de Duppel par les troupes Royales sous les ordres du Prince Frédéric-Charles. Si cette fois les Danois veulent sérieusement résister, la victoire coutera cher à l'ennemi. Leur position est bien meilleure qu'au Danewerk. Ils ont la mer libre pour se ravitailler, et une tète de pont pour protéger leur retraite dans l'ile d'Alsen, quand ils ne pourront plus se défendre à Duppel.

V. E. sait qu'une dépeche datée du 31 Janvier, mais partie seulement le 5 Février de Copenhague et remise ici le 7, demandait la réunion d'une conférence des signataires du Traité de Londres, en y adjoignant un délégué de la Confédération Germanique. Cette demande suggérée par la Russie, avait également été faite à Vienne, à Paris, à Londres et à Stockolm. Le Cabinet Anglais l'avait appuyée, en insistant pour un armistice.

Hier M. de Bismark, après s'ètre concerté avec le Comte de Rechberg, a répondu qu'il ne saurait etre question ni de Conférence, ni d'armistice tant que les troupes alliées n'auraient pas occupé l'ile d'Alsen, pour assurer leur position dans 'le Schleswi'g contre tout retour offensif de la part du Danemark.

J'ignore si la France a conformé son attitude à celle de l'Angleterre. J'en doute fort; seulement je sais que le Baron de Tal1eyrand a demandé à M. de Bismarck des éclaircissemens relativement à la déclaration assez élastique donnée par la Prusse et l'Autriche au sujet du principe de I'intégrité de la Monarchie Danoise, déclaration dont il a été donnée lecture au Parlement Anglais dans la séance du 4 Février. La réponse de M. de Bismark aurait eu une valeur en ce sens qu'il maintenait qu'aucun arrangement définitif ne pouvait etre pris sans le concours des autres Puissances qui ont signé le Traité de Londres de 1852.

Je n'ai pas besoin de faire ressortir que les difficultés ne font que commencer. Le Danemark a déjà mis l'embargo sur les bàtimens de la Prusse et de l'Autriche. Il est probable que cette mesure sera étendue aux navires des autres Puissances Allemandes. Le Cabinet de Berlin de son còté a eu recours aux représailles. Si le Cabinet de Copenhague, sous la pression de l'opinion publique qui se prononce avec assez d'énergie, veut soutenir la lutte, le blocus maritime ne ta:rdera pas a ètre proclamé lors meme que, pratiquement, il ne pourrait entrer en vigueur que dans quelques semaines, après la fonte des glaces. Ce serait une naiveté de sa part que de croire que les Duchés lui seront rendus. La combinaison de l'union personneHe ne satisfait plus aucun parti en Allemagne, surtout si la prise de Duppel et de l'ile d'Alsen devait couter de grands sacrifices de sang et d'argent. L'enivrement du succès augmentera les prétentions. La maison de Hohenzollern, qui en 1859 critiquait si vivement les vues • ambitieuses • de la maison de Savoie, ne se fera pas faute, si la campagne se prolonge, de nous donner une nouvelle preuve de ses convoitises dont les réalisations successives ont formé son Royaume. Suum cuique . . . rapuit. L'Autriche fera le bon apòtre si on lui garantit ses possessions non Allemandes. Il est vrai que la France aurait un mot à dire dans ce cas, mais telle est l'outrecuidance des partis militaires

à Vienne et à Berlin, qu'ils se font l'illusion de tenir tete à eux seuls contre toute opposition. Qui sait meme s'ils ne trouveraient pas un appui en Allemagne, meme chez les ultra libéraux lorsque le jour viendra de l'apurement des comptes? Le fait est qu'un journal qui se publie à Berlin (Volkszeitung), l'organe le plus avancé du parti démocratique, publie dans son numéro du 9 Février un artide examinant les deux alternatives: entente intime avec l'Autriche, ou rupture avec cette Puissance si elle faisait faux-bond dans la question des Duchés. Il préférerait cette seconde éventualité mais dans le cas où le Cabinet de Vienne consentirait à aller jusqu'au bout et au point de vue Allemand, la Volkszeitung, quoiqu'en principe opposée à une garantie des provinces extra-fédérales, est d'avis que ìa Prusse pourrait, sous certaines conditions, faire cette concession. J'étais presque tenté d'envoyer cet artide au Marquis Pepoli qui se montre plus enclin que moi à s'appuyer sur l'esprit public en Allemagne.

Le 12 Février, la Gazette Allemande du Nord, organe officieux en maintes circonstances du Gouvernement Prussien, dit, en parlant de l'attitude de la presse Italienne: • Les feuilles de Turin reprochent à l'Angleterre sa lache trahison envers le Danemark. Elles desirent que l'Angleterre s'allie avec la France et l'Italie contre l'Autriche et par c01tséquent contre l'Allemagne •. c Que Dieu protège pour quelques semaines seulement le Danemark, s'écrie la Gazzetta deL Popolo, alors La danse commencera pour l'ItaLie au Mincio et pour La France au Rhin •. Ce langage, ajoute la Gazette officieuse, est particulièrement intéressant pour les faiseurs de politique en Allemagne, qui ont toujours indiqué comme le but de leurs desirs une alliance entre la Prusse et l'Italie •.

Si le Cabinet de Berlin avait déjà fait des promesses compromettantes à Vienne, il ne pourrait pas tenir un autre langage.

(1) Cfr. n. 513.

528

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, JOANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 197. Atene, 12 febbraio 1864 (per. il 27).

J'ai eu entrevue secrète avec un des chefs du comité. Il m'a assuré qu'ils n'ont pas accepté d'entrer en négociation avec Ies comités révolutionnaires étrangers et que dans le seui cas de guerre contre Autriche ils sont disposés à attaquer Turquie. Ils recherchent pour cette circonstance appui Gouvernement italien. Je répondis, croire pouvoir assurer, que le Gouvernement du Roi veut se tenir à l'écart et que je ne pouvais entretenir aucune rélation de cette nature, et que si guerre éclatait et que Ieur parti qui compte effectivement 80 voix dans l'assemblée vint au pouvoir, ils pourront nouer rapports avec l'Italie. Appui demandé consisterait en armes, argent et canons. Leurs idées font

grands progrès à l'intérieur, mais je manque d'informations sur les populations de la Turquie.

On serait dispo.sés à envoyer quelqu'un à Turin.

Sans demander pensée du Gouvernement du Roi à ce sujet, je prie V. E. m'indiquer si je dois maintenir porte ouverte à négociations, en attendant absolument interrompues, ou faire entendre que nous ne voulons dans aucun cas nous mèler des affaires du Gouvernement grec.

529

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 138. Parigi, 13 febbraio 1864, ore 12 (per. ore 13,55).

L'Angleterre a suggéré à la France, Suède et Russie d'appuyer la proposi

tion d'un armistice. La France consentit à le conseiller. L'Autriche paraissait disposée à l'accepter, mais Prusse a refusé net.

530

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 139. Carlsruhe, 13 febbraio 1864, ore 12,20 (per. ore 14,45).

Réponse du royaume de Saxe et des duchés négative. Ministres des affaires étrangères respectifs déclarent que l'initiative de la reconnaissance appartient à J.a Diète germanique et ne vouloir s'écarter de ce principe fédéral.

Demain lettre particulière sur l'éventualité attitude hostile de l'Allemagne vis-à-vis de l'Italie.

531

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 141. Parigi, 13 febbraio 1864, ore 16,55 (per. ore 17,23).

L'Angleterre continue à négocier à Berlin pour obtenir l'armistice. Les

fonds publics de Vienne sont arrivés à Paris en baisse sur le bruit d'armement considérable envoyé dans la Vénétie.

532

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 17. Berlino, 13 febbraio 1864 (per. iL 17).

J'ai eu l'occasion, dès le 8 Courant, de parler confidentiellement au

Secrétaire Général dans le sens du télégramme qui m'avait été transmis le 7 par V. E. (1). Si je n'ai pas demandé une audience à M. de Bismarck, c'était

pour éviter les retards qu'entraine nécessairement un siège en règle pour forcer la porte de ce Ministre qui cherche à se rendre invisible.

M. de Thiele m'a remercié de cette communication dont il s'empresserait de faire part à son chef. En attendait il disait déjà que, depuis une quinzaine de jours, le Comte de Bernstorff avait écrit relativement à des bruits qui courraient à Londres sur des efforts tentés par l'Autriche pour se rapprocher de l'Angleterre. Cet Envoyé de Prusse avait été aux renseignements; mais vérification faite, ces nouvelles étaient, à son avis, dénuées de fondement. J'ai simplement fait observer que le Cabinet de Vienne nierait mordicus d'avoir jamais témoigné du désir de ne pas remplir jusqu'au bout ses engagemens avec le Gouvernement Prussien, surtout quand dès lors la situation dans les Duchés s'était modifiée de manière à entretenir certaines illusions sur la courte durée de la campagne en Danemark.

Quelques jours plus tard, M. de Thiele me faisait savoir qu'il avait rapporté mon langage à M. de Bismarck, et qu'il avait paru faire quelque impression sur son esprit. Il avait ordonné des investigations, quoique l'inculpation dont il s'agissait ne fùt peut-etre que le résultat d'une impression personnelle du représentant Britannique à Vienne. J'ai laissé comprendre au secrétaire général que la Prusse n'aurait pas besoin de nouvelles preuves sans réplique de manques de sincérité dans la politique Autrichienne. Sans remonter à l'histoire ancienne, elles étaient assez patentes dans les temps modernes, et pas plus tard que dans l'année 1863 où non seulement elle a travaillé à évincer la Prusse de l'Allemagne, mais à Lui ravir une de ses plus belles provinces: la Silésie. Qu'au reste personne n'admettrait que le Cabinet de Vienne, dans des affaires pour lui d'une importance secondaire camme celle des Duchés, veuille encourir sans aucun profit direot le déplaisir, sinon l'hostilité, de l'Angleterre.

Evidemment je prèche dans le désert. Il est Limpide qu'ici on est trop engagé vis-à-vis de l'Autriche pour pouvoir se débarrasser de son alliance. Elle a été habilement ménagée par le parti rétrograde dont M. de Bismarck subit la loi. Elle est presque devenue une condition sine qua non de son maintien au pouvoir. Aussi, je ne saurai trop le répéter, je n'attache aucune importance à ses assurances qu'il a conservé les mains libres pour toute question en dehors de celle des Duchés. Quand on pose un principe, les conséquences viennent d'elles-mémes. Or ce principe, c'est la réaction. L'alliance entre les deux grandes Puissances Germaniques ne saurait etre révoquée en doute. Elle englobe également la Russie. Sa conduite vis-à-vis du Danemark parait assez le démontrer. En 1852 l'Empereur Nicolas par une manoeu·v-re des plus habiles avait réussi à gagner les Puissances pour la signature d'un Traité qui assurait la succession au trone du Danemark au Roi aotuel en écartant d'autres prétendans, et en rapprochant ainsi les chances de la dynastie des Romanoff. Ce résultat peut étre compromis par l'attitude de l'Autriche et de la Prusse. Cependant le Cabinet de S. Pétersbourg ne se joint pas à l'Angleterre pour arréter les envahisseurs. Il se borne à conseiller au Danemark d'évacuer le Schleswig sans coup férir, et de demander la réunion d'une conférence Européenne. Cette conduite envers la Prusse et l'Autriche a tout l'air d'une connivence, ou tout au moins ces ménagemens indiquent-ils que plus tard on compte sur une entente à trois pour reconstruire le boulevard de la Saintealliance contre l'esprit révolutionnaire qui à leurs yeux n'est autre que le régime constitutionnel et les aspirations nationales. • Les temps sont finis, disait le Prince Gortschakoff au Marquis Pepoli, où la Russie était l'exécutrice des hautes oeuvres de la réaction •. Il serait en effet plus commode et moins onéreux de frapper à trois. Il semble au reste que le Prince Vice-Chancelier s'applique dans ce moment à éloigner tous les soupçons contre les tendances traditionnelles de son Gouvernement. Il n'y a pas jusqu'au représentant de la Turquie qui écrit à Constantinople que la Russie a renoncé à ses convoitises en Orient!

Les succès obtenus en Pologne et par contre-coup sur la France, ont engagé l'Empereur dans une voie anti-libérale et anti-française. La Prusse et l'Autriche lui tendent la main. L'Empereur Napoléon, je l'ai, je crois, déjà dit dans une autre dépeche, se trouve aujourd'hui dans la meme position que Louis-Philippe durant les 18 années de son règne. S'il supporte trop longtemps cette position, les bénéfi.ces des guerres de Crimée et d'Italie sont perdus au point de vue de son prestige en Europe. Il sera en quelque sorte à la merci de l'Angleterre vis-à-vis de laquelle devra se montrer condescendant chaque fois qu'elle fera mine de se rapprocher des Cours du Nord. Cette situation, bien plus peut-etre que l'action des partis en France, a entrainé la chiìte de la dynastie d'Orléans.

Bref nous voguons en pleine réaction. Le gant est jeté aux principes de liberté et de nationalité. Il faut avi,ser à le relever, sans cependant démasquer ses batteries avant le moment le plus opportun. Sous ce rapport je crois, s'il m'est permis d'émettre un avis, qu'il convient encore, avant de prendre un parti définitif, d'attendre que les événements se dessinent davantage. L'état actuel des choses est très sérieux; mais avant d'attaquer le taureau par les: cornes, la prudence conseille de lui laisser prendre position et épuiser ses premières forces.

Malgré les protestations des commissaires fédéraux, trois bataillons Prus· siens ont occupé les stations principales du chemin de fer d'Altana à Kiel dans le Holstein, sous le prétexte d'assurer les transports réguliers des vivres et des munitions. C'est un soufflet donné à l'assemblée de Francfort. J'ignore si elle jettera les hauts cris, car elle ne vit guères que de la vie des oiseaux empaillés. Dans quelques jours peut-etre le Maréchal Wrangel sommera les troupes Saxonnes et Hanovriennes de rentrer dans leurs foyers, pour peu qu'elles murmurent contre les actes de prépotence des alliés.

Jusques à Lundi ou Mardi on ne s'attend à aucune nouvelle intéressante du Schleswig. Dans la prévision que les Danois défendront les retranchemens de Di.ippel, on a envoyé au Prince Frédéric-Charles une nouvelle batterie de siège.

(1) Cfr. n. 513.

533

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 3. Pietroburgo, 13 febbraio 1864 (per. il 23).

Approfitto della partenza di un Corriere Prussiano per trasmetterLe al

cune notizie che non mancano per verità di qualche interesse.

Ieri la gioia· era completa al Ministero degli Affari Esteri ed alla ambasciata inglese. L'Austria aveva accettato, dicevano, l'armistizio, acconsentito che i Danesi rimanessero nell'isola d'Alsen. Un dispaccio telegrafico era giunto da Vienna in questo senso.

Ma la gioia fu di breve durata. Un nuovo dispaccio dichiarò che nel primo era occorso un errore di cifra, e che il Gabinetto di Vienna non accettava invece l'armistizio che a patto che i Danesi sgombrassero l'isola d'Alsen. Fu mestieri telegrafare di nuovo a Londra ed a Copenaghen; ma finora non giunse alcuna risposta. Comunicherò col telegrafo a V. E. il risultato di queste pratiche appena Io avrò conosciuto.

Ma facendo poscia seguito alle osservazioni ch'io Le trasmisi ultimamente, debbo confermarLe che la questione dei Ducati turba grandemente il Governo Russo. Essa è la pietra d'inciampo che scompiglia il piano dei Governi del Nord, e che distrugge per ora la speranza di una coalizione.

Il Governo Russo sente che un nuovo trionfo dello spirito nazionale gli tornerà funesto e che la disfatta della Danimarca in Germania è un trionfo per la causa Polacca. Il Governo Russo forte per una guerra di resistenza, è a mio avviso, fiacco e debole per una guerra all'estero; quindi egli non può soccorrere colle armi i Danesi, e l'opera della diplomazia divien più difficile e più ardua.

Il fine a cui questa tende è evidente, diminuire il trionfo del principio nazionale, perchè essa sente che non può impedirlo. I suoi sforzi tendono oggi a dividere l'Austria dalla Prussia. Per raggiungere questo scopo è necessario ottenere fra le parti belligeranti un armistizio, ed aprire poscia delle Conferenze ristrette alle Potenze segnatarie del protocollo del 1852. In queste Conferenze il Gabinetto di Pietroburgo pienamente d'accordo col Gabinetto Inglese cercherebbe di far prevalere il concetto di formare dell'Holstein e dello Schleswig tedesco un piccolo Stato neutro che non farebbe parte della Confederazione.

Questa combinazione piace, a quanto affermasi, al Gabinetto Austriaco. Egli sottrae il nuovo Stato all'influenza prussiana; vieta che la Germania abbia un porto capace, e che può diventare il centro di una grande marina; schiaccia infine le speranze del partito nazionale e rivoluzionario.

Io credo opportuno ch'Ella conosca questi piani che ho ragione di credere esatti. Raccomando però a V. E. la più profonda riserva ed il più completo

silenzio, poichè la più piccola indiscrezione ci chiuderebbe l'adito ad ulteriori

informazioni.

Non Le nascondo però che qui si teme che il Governo Austriaco non osi

assumere questa responsabilità, si guarda con diffidenza la Francia, e si cercano,

in caso che questa combinazione fallisse, altre combinazioni.

E di questo stato di cose incerto e dubbio m'accorsi maggiormente dopo

che ebbi l'altro giorno un lungo abboccamento col Principe Gortchakow. Lo

trovai meno riservato; ascoltò senza sdegnarsi le mie dichiarazioni nazionali;

non respinse la possibilità di trattare coll'Austria per la cessione del Veneto; si

dolse soltanto che il nostro Governo tollerasse a Genova un centro rivoluzio

nario polacco.

Ecco però il mio concetto. Se la questione non viene risolta nel senso con

servativo che io accennai, la politica subirà forse qui pure un radicale muta

mento. Prevedendo le conseguenze del trionfo dello spirito nazionale in Ger

mania, io non mi meraviglierei che a Pietroburgo tornasse a spirare un'aura

liberale e nazionale, e non si cercasse più di contrastare il movimento, ma sol

tanto di dirigerlo; e che venisse cercata quindi di nuovo l'alleanza francese. Ed infatti la pietra angolare della nuova politica conservatrice, essendo smossa nell'Holstein, la coalizione diventa impossibile; è forza quindi mutare concetto, molto più che si teme una rivoluzione in Danimarca e che la Russia .paventa l'unione dei tre Regni Scandinavi sotto un solo Monarca: pericolo grave

per il partito della resistenza, ma soluztone che non può avere che le nostre

simpatie. Io credo che ciò che urge per la questione nazionale è di vincere

completamente sull'Eider.

Io confido, Signor Ministro, che Ella dividerà il mio concetto, e che da

questa posizione difficile ed intricata, la di Lei maestria diploma,tica trarrà

grande beneficio per l'Italia.

La Potenza che oggi trionfa è la Francia. Io odo mormorare da molti che

è stato un errore respingere il Congresso; che gli avvenimenti hanno dato ra

gione all'Imperatore Napoleone, e che la sua influenza morale aumentò invece

di diminuire. • Noi, mi diceva Lord Napier, dopo la proposta del Congresso ave

vamo formato una coalizione morale delle quattro Grandi Potenze per opporsi

alle pretese della Francia. Oggi questa coalizione è sfasciata, e la Francia ha

ricuperato gran tratto del terreno perduto •.

Mi permetta però prima di chiudere questo dispaccio, di accennarLe dei

rumori che corrono qui relativamente agli intendimenti del Governo Italiano.

Si dice che l'Inghilterra abbia ottenuto in caso di guerra contro la Germania

il nostro concorso. Questo io reputerei un errore; poichè non vi sono che i

Governi logici che siena forti, e noi combattendo contro la nazionalità tedesca

commetteremmo lo stesso errore che ha commesso l'Austria combattendo pel

trionfo delle idee nazionali sull'Eider.

534

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 150. Carlsruhe, 14 febbraio 1864 (per. il 17).

Ma dépeche télégraphique d'hier (1) a informé V. E. de ~ce que j'avais prévu bien à regret depuis les sucoès de 'la guerre dans les Duohés. Les craintes que j'ai exprimées par ma particulière du 5 courant ne sont que trop fondées. J'ai eu tout dernièrement un long entretien avec le Baron de Roggenbach à ce sujet. Le Ministre les a tellement confirmées que j'ai cru devoir lui poser la question nettement, si par suite de guerre entièrement heureuse en Danemark il croyait que la constellation favorable à l'Italie dont il m'avait parlé (Confidentielle VI) ne pourrait subir un tems d'arret et meme rebrousser chemin. Il me répondit que tel était le cas probable; que meme au point de vue Allemand nous avions déjà perdu, à son avis, une bonne chance par le seul fait de la guerre et de l'accord entre l'Autriche et la Prusse, et terminé par dire qu'en cas de entente probable entre ces deux puissances et le reste de la Confédéra,tion il était fort douteux, malgré tous les griefs et les désaccords antérieurs que l'Allemagne reste neutre comme en 1859 dans une guerre Autrichienne-Italienne ou générale.

S. E. a convenu avec moi quant à l'éventualité probable d'une pression plus ou moins dominante sur les Etats Allemands de la part de l'Autriche et de la Prusse après le succès de leurs armées, pression à laquelle une grande partie des Etats ne saurait résister.

Ainsi d'après le langage du Ministre tout à fait bienveillant et amicai pour nous, non seulement il ne faut pas compter sur les sympathies de l'Allemagne, Bade exceptée, mais il est à craindre que la force des choses ne pousse des Etats considérables de la Confédération Germanique sinon toute l'Allemagne à entrer en lice dans une guerre, moins que l'Autriche et la Prusse après la guerre ne se mettent en conflit ouvert avec la Confédération par une paix contraire aux intérets Allemands dans les Duchés.

Dans l'opinion de S. E. quant à la question Danoise-Allemande, la Confédération Germanique doit continuer à faire valoir ses droits. Quant à la question de principe il croit que le succès de la guerre a déjà donné moralement gain de cause à l'Allemagne.

Le Grand Due Constantin n'est pas rassuré quant aux éventualités de la guerre au printemps. Il m'a longuement entretenu à Bade de l'Italie et de nos armements qu'il croyait dangeureux malgré mes observations atténuantes. Il m'a dit • faites attention, meme si vous étes assez prudents pour ne pas faire un coup de tete, de ne point donner prise à Autriche de le faire elle meme contre vous, car cette fois les chances seraient pour elle plus favorables qu'en

1859. Ensuite, a-t-il dit, je crois devoir vous mettre en garde, le cas échéant, ,contre les avances trop amicales de la part des peUts Etats Allemands: ils n'ont d'autre intérèt en témoignant des sympathies italiennes, que d'exploiter votre politique belliqueuse à leur profit personnel. Au lieu de forcer la main à l'Autriche et à la Prusse, camme ils l'espéraient, ils l'auront forcée eux memes .sous peu. Avant et pendant la guerre de 1859 Grand Due exprimait de la manière la plus accentuée des sentiments envers l'Autriche bien différents de ceux qu'il a laissé entrevoir dans cet entretien.

Je regrette de n'avoir pas d'occasion particulière pour faire parvenir à

V. E. des renseignements sur la situation générale assez importants d'après mes impressions pour etre connus en détails quoique moins urgents pour le moment.

(1) Cfr. n. 530.

535

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 10. Londra, 17 febbraio 1864 (per. il 20).

Siccome ho avuto l'onore di informarne l'E. V. coll'ultimo telegrafo mio, persone ben informate mi dissero in gran confidenza che nei Consigli di Gabinetto tenutisi in questi giorni aveva guadagnato terreno il partito che spinge a una politica più decisa a favore della Danimarca e fra gli altri Lord Russell

·Opinava per l'invio della flotta inglese nel Baltico.

Ma siccome mi si asseriva nell'istesso tempo che anche volendo questa flotta non poteva andare prima d'Aprile, vi sarà tempo sicuramente a che gli Alleati facciano prima d'allora i fatti loro come l'intenderanno.

Avute queste notizie cercai di chiarirne il senso ed ecco quanto credo di potere sottomettere all'E. V.

Il linguaggio di Lord Russell rispondendo avant'ieri a Lord Stratheden pare indicare a una eventualità non del tutto impossibile che un antico trattato firmato nel 1720 tra l'Inghilterra e la Danimarca al quale più tardi aderì la Francia guarentisca alla Corona Danese la possessione dello Schleswig. Siccome Ella si ricorderà, pochi giorni fa scrissi essere venuto a mia conoscenza che la Danimarca chiedeva ajuto alle potenze alleate. Ebbi gran difficoltà a chiarire cosa s'intendesse con questo, anche il Principe Latour d'Auvergne non avendone allora avuto avviso. Pare ora anche secondo questo mio collega che la Danimarca siasi, appoggiandosi su questo trattato, rivolta all'Inghilterra e poi alla Francia per reclamarne l'intervento. Secondo il solito si è differito qua la risposta, dicendosi di essere stata la cosa deferita agli Avvocati della Corona, utili consiglieri per ogni riguardo.

Il Gabinetto francese consultato non pare avere accolto la domanda favorevolmente. Qua intanto la cosa essendo rimasta nel dubbio, Lord Russell avrà forse stimato bene servirsene come di una spada di Damocle per l'Austria e la Prussia onde frastornarle dalle segrete loro intenzioni, che vengongli attribuite, di finalmente smembrare anche Io Schleswig. Può darsi adunque che mancando per ora altri ripieghi questa energia di Lord Russell non sia che un'astuzia per allontanare pericoli imminenti.

Al mio collega di Francia si tiene qui un linguaggio, che esclude qualunque intenzione di venirne alle mani colle potenze tedesche. Anche coll'invio della flotta il Gabinetto inglese pretenderebbe, a sentirlo, volere dare solamente un appoggio morale alla Danimarca senz'avere l'intenzione di scacciare i tedeschi dalle loro posizioni tanto più che non parlandosi che di forze navali sarebbe difficile il loro adoperarsi contro le armate di terra.

Sono il primo a riconoscere che quanto scrivo è tutt'altro che chiaro. Ma siccome riferisco quanto mi viene detto, la colpa è di queste intricate fasi di un'oscura quistione. Benchè non ne veda ancora giunto il momento, può sperarsi che l'InghHterra e la Francia finiranno per concertarsi per un intervento diplomatico. Ma egli è necessario che V. E. tenga a mente che finora non vedo la menoma inclinazione a mutazioni di sorta fra le potenze germaniche e il Gabinetto inglese. I Prussiani sono quasi soli presi di mira, ma l'Austria ha saputo talmente abbindolare con lusinghe e promesse che di lei non si parla, benchè, come osservano i Prussiani, gli eccidi che si lamentano siano stati principalmente per opera austriaca.

Se fosse altrimenti, si sarebbe già sussurrato il ritiro dei Ministri inglesi a Vienna e Berlino.

Quanto alla flotta essa rimane a Lisbona, ed avendo io chiesto perchè almeno non la si faceva ritornare in qualche porto inglese, mi si rispose che per principi di ordine si teneva sempre lontana, poichè appena in vista delle coste Inglesi si può difficilmente ottenere la stessa disciplina, volendo andare i marinari a terra con non pochi inconvenienti; ma in qualunque momento si farebbe tornare e si manderebbe direttamente al Baltico.

Ho saputo intanto che il Duca di Cambridge, (di cui in certi alti siti si biasima la fretta indiscreta) ha fatto sapere a alcuni reggimenti di tenersi pronti a partire all'uopo.

Non credo necessario di estendermi molto, contradicendo alle tante false

voci che trovo nei giornali esteri sull'abdicazione della Regina, sulla prossima

caduta del Ministero, su congressi generali e parziali. Credo che prima di

Pasqua l'opposizione farà qualche tentativo delle sue forze, ma penso senza

successo.

Del resto tornando a quanto scrissi ultimamente sulla difficoltà di sapere

la verità sui fatti della guerra, l'altro jeri un membro della Camera dei Pari

mi disse sapere da un collega, a cui l'aveva detto il Duca di Cambridge, la

disfatta dei Prussiani a Diippel, voce da 24 ore già sparsa a Londra. E poi

non era vera.

536

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 152. Pietroburgo, 18 febbraio 1864, ore 13,32 (per. ore 16).

Le fait dont vous m'avez parlé (1) a été signalé par le ministre de Suède ici. Je le crois inexact. La question de Schleswig a dérangé tous les plans pour le moment. Autriche plus près que la Prusse à s'entendre avec la Russie. Prusse a répondu à la dépèche russe avec ambiguité. Quand poserez-vous .diplomatiquement question des fortifications? Ne perdez pas de temps et ne vous laissez pas effrayer par les conseils de la diplomatie.

537

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 154. Berlino, 18 febbraio 1864, ore 16,07 (per. ore 20).

Le sol étant encore gelé à la profondeur de huit pieds, impossible de creuser des tranchées. Les Prussiens se borneront donc pour le moment à cerner la position de Duppel. En attendant Berlin négocie à Vienne pour étendre guerre au Jutland. Autriche jusqu'à présent décline. On s'attend à un prochain blocus de la part du Danemark. Les journaux ici disent aujourd'hui que par une dépèche en date du 6 février notre assistance a été offerte au Danemark. Quand on m'interroge je démens cette nouvelle.

538

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 155. Costantinopoli, .18 febbraio 1864, ore 1.2,15 (per. ore 21,35).

Aali Pacha m'a promis écrire à Vienne pour provoquer de cette cour instructions conformes à nos désirs. Du reste signature acte public encore éloignée.

539

IL GENERALE KLAPKA AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Torino, 18 febbraio 1864.

J'ai l'honneur de soumettre à V. E. quelques détails sur l'état actuel de nos préparatifs en Hongrie. D'après mes conventions avec le Comité Centrai Hongrois (siégeant à Pesth) ce dernier se chargea:

1° du depòt et de la distribution des armes que nous leur expedierons' par Vienne, Klagenfurt ou par le bas Danube; 2o de l'organisation secrète de nos forces militaires en profitant des cadres de l'armée de 1848/49; 3° de l'établissement d'un service regulier des postes, courriers, et d'une police nationale;

4° enfin de preparer, dans toutes les classes de la société, les esprits à la lutte et de nous assurer les bonnes dispositions des Croates des Serbes et si possible des Roumaines, tous également opprimés par l'Autriche.

De ma part je me suis chargé: 1° de l'achat ou de l'acquisition des armes et de leur transport à travers les provinces allemandes de l'Autriche; 2° de l'entretien des Agents partout où nos projets d'armement ainsi que notre action sur les troupes hongroises de l'Armée Autrichienne l'exigeront;

3° de l'organisation secrète de quelques détachements le long de la frontiède transylvaine et des préparatifs indispensables pour nous assurer nos communications parla mer noir et le bas Danube;

4° conjointement avec le délegué du Comité, de l'entretien de nos rapports avec les Gouvernements dont le bon vouloir nous est acquis.

D'après les nouvelles que nous venons de recevoir le travail à l'intérieur ne laisserait rien à desirer. Tous les hommes marquants, tous les Chefs militaires se sont mis à la disposition du Comité. Le service des postes et des courriers fonctionne, la police nationale est en voie de formation. Un agent, parti de Vienne le 14, est arrivé hier matin. Il nous annonce que l'organisation des depòts, un peu retardée par des difficultés sans nombre, sera terminée dans toutes les parties du pays jusqu'à la fin du mois; et que par conséquent toutes les expéditions pourront bientòt etre faites sans risques et périls.

Le peuple est constamment tenu en éveil, pel'sonne ne parle plus d'un rapprochement entre le Gouvernement et la nation, tout le monde attend le seui salut d'un dernier et suprème effort à tenter.

De 10.000 fusils achetés à Schaffhouse, les trois premiers transports ont déjà passé la frontière. Ils se trouvent en route pour la Hongrie et doivent à l'heure qu'il est avoir depassé Klagenfurt. Deux autres transports attendent le signa! à la frontière. On les fera partir aussitòt que nous aurons des nouveiles satisfaisantes sur le sort des premiers. Tout est organisé pour faire écouler de ce còté jusqu'à 600 fusils par semaine.

Nous avons fait l'acquisition d'un premier lot de 4000 fusils à Vienne. 5000 autres se trouvent encaissés, pl'éts à nous étre livrés aussitòt que nous les saurons payer. Nous devons ces transactions en partie à l'activité des Agents polonais, qui de leur mieux appuyent les nòtres. L'expédition de ces armes sera facile; les moyens de transport de Vienne vers tous les points de la Hongrie sont sùrs et multiples. On effectuera l'opération ces jours ci et je m'empresserai de vous prévenir des premiers résultats ainsi que de la marche ultérieure de l'affaire.

Les nouvelles que nous recevons de nos Agents en Gallicie et en Bohème sont bonnes et satisfaisantes. Les troupes hongroises stationnées dans ces provinces sont assez bien disposées. Plusieurs officiers sont gagnés. Au moment où la Hongrie se soulevera, Hussards et Fantassins ne tarderont pas d'imiter J.'exemple des régiments hongrois qui en 1848/49 se sont rendus au premier appel de leur pays, en laissant derrière eux leurs offioiers allemands.

Sur un seui point nos préparatifs ont dù etre negligés un peu jusqu'à ce jour; je veux parler des Principautés Danubiennes et de la Transylvanie. Je viens de charger de cette importante mission le Général Eber, dont les talents vous sont connus, et qui en sa double qualité de soldat et d'écrivain a déjà rendu des services signalés à l'Italie et à son propre pays.

Le Général Eber a fait un long séjour dans les Principautés Danubiennes, il connait ces pays mieux que tout autre de mes compatriotes, ce qui, avec son sens pratique, son tacte et ses relations en Angleterre, lui permettra de parfaitement s'acquitter de sa mission.

Le Général Eber, quoiqu'ancien compagnon d'armes de Garibaldi et admirateur sincère des grandes qualités de son ancien Chef, est avant tout patriote hongrois et homme d'honneur. En coopérant avec moi, il ne suivra que mes ordres ou ceux du Gouvernement dont je dépendrai. Vous pouvez avoir en lui,

M. le Ministre, une pleine et entière confiance, je réponds de lui comme de ma propre personne.

M. Eber a passé dernièrement à Genève. Nous avons arreté ensemble un plan d'armement de la Transylvanie. J'ai laissé à Eber le soin d'élaborer les détails de ce projet, qui j'espère obtiendra l'approbation de V. E.

J'emploie le Général Vetter, vieux soldat expérimenté, homme loyal et devoué, qui a joué un beau ròle en Hongrie en 1848/49, à Genève; et j'ose vous déstgner le Général ~mety, 1le défenseU!r 'Connu de ~ars, comme celui des Généraux hongrois qui serait les plus apte d'organiser plus tard les forces auxiliares hongroises en Italie.

J'ai l'honneur de joindre à ma présente aussi une évaluation approximative des frais qu'exigeront jusqu'à leur complète exécution, l'armement et les autres préparatifs projetés en vue d'un soulèvement général en Hongrie. A ce tableau j'ajoute une prière, c'est à dire, la gestion de ces fonds par une personne de votre confiance et dependant directement du Gouvernement Italien. L'Intermédiaire nous livrerait les fonds contre des reçus signés ou contresignés par moi ou le délégué du Comité, et au fur et à mesure de nos besoins.

ALLEGATO.

Turin, 18 février 1864.

EVALUATION

des frais exigés par l'armement et les autres préparatifs projetés en vue d'un soulèvement général en Hongrie

l o Achat, transport et primes arrétées pour 10.000 fusils suisses à expédier par Klagenfurt . . . . . . . . . . . . . . . . . . 520.000 fr. à déduire le cautionnement déposé à la Banque Cantonale de Schaffouse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . à déduire le versement opéré sur les premiers trois transports ainsi que les avances sur l'acquisition d'un milion de cartouches et d'autant de capsules . . . . . . . . 100.000 46.000 374.000 374.000

2° Achat, transport, commisswn pour 10.000 fusils (calibre autrichien) de Vienne ....................... . 500.000

3° Frais exigés pour l'armement de la Transylvanie d'après le tableau annexé au memoire relatif à cette question ......................................... . 400.000

4° Action sur les troupes Hongroises de l'armée Autrichienne, et Agences à l'étranger, en Croatie, Servie etc. 100.000

5° Pour le Comité Centrai à Pesth et divers ......... . 70.000

1.444.000 fr

(1) Con t. 68 del 16 febbraio, ore 15,20 Visconti Venosta aveva trasmesso a Berlino, Parigi e Pietroburgo una notizia ricevuta da Stoccolma circa un'alleanza conclusa fra la Prussia e la Russia.

540

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 73. Torino, 19 febbraio 1864, ore 15,30.

M. de Malaret nous a demandé s'il est vrai que nous eussions offert à l'Angleterre d'agir avec elle pour défendre le Danemark. Nous avons répondu que nous ne nous serions départis de notre réserve dans la question Danoise que pour agir de concert avec la France. Exprimez-vous au besoin dans le meme sens.

541

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 74. Torino, 19 febbraio 1864, ore 15,45.

La prétendue dépeche du six février n'existe pas. Vous pouvez démentir cette nouvelle qui est absurde en faisant remarquer que dans la position où se trouve le Danemark il aurait certainement accepté l'offre inespérée de notre secours .si elle avait été faite.

542

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 157. Pietroburgo, 19 febbraio 1864, ore 14,20 (per. ore 20,35).

Russie a proposé que l'ile d'Alsen ne so i t occupée ni par les danois, ni par les allemands pendant armistice. Prusse et Autriche acceptent. J'ignore réponse Danemark.

543

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 166. Stoccolma, 20 febbraio 1864, ore 14,30 (per. ore 4,35 del 22).

Baron de Roggenbach ministre des affaires étrangères de Bade qui est à la téte de nationalverein a écrit au prince Oscar qu'en ce moment il y aurait pour le cabinet de S. M. un moyen de conquérir à jamais sympathie appui du parti national en se prononçant ouvertement contre la politique égoi:ste et agressive des grandes puissances envers le Danemark. Aide matériel donné par l'Autriche à la Prusse implique aide matériel de la Prusse en Vénétie, mais les puissances de second rang n'y auraient aucun intél'ét et pourraient méme s'y opposer si on faisait à tems, confidentiellement, démarche auprès du parti national par l'entremise de ministre des affaires étrangères de Bade. Prince Oscar mu par profonde sympathie pour l'Italie vient de me dire ce qui précède tout en me chargeant d'en donner communication à V. E. très confidentiellement.

544

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 21. Berlino, 20 febbraio 1864 (per. il 24).

J'ai appris avant-hier au Ministère des Affaires Etrangères que le terrain étant gelé en Danemark à une profondeur de huit pieds, il faudrait retarder les travaux des tranchées, et qu'en attendant les troupes Prussiennes continueraient leur mouvement pour cerner la position de Diippel. D'un autre coté les routes étant dans un très mauvais état, les transports des canons de gros calibre présentent de grandes difficultés. Il y a cependant eu quelques combats d'avant poste, ensuite desquels les Danois ont été plus ou moins refoulés dans les redoutes. Au Nord, l'armée combinée a déjà atteint l'extnéme limite de la frontière du Schleswig.

L'Angleterre continue à négocier pour un armistice sur la base, dit-on, de la neutralisation de l'ile d'Alsen. D'ici il a été répondu qu'on acceptait l'armistice en principe; mais toujours sous la condition d'une évacuation complète du Schleswig, y compris l'ìle d'Alsen. Je crois méme savoir que dans ce moment la Prusse cherche à gagner l'assentiment de l'Autriche, pour étendre le théàtre de la guerre jusque dans le Jutland, mais que le Cabinet de Vienne hésite à la suivre dans cette vaie, pour ne pas donner de plus en plus un caractère Européen à ce qui, dans l'origine, ne devait ètre qu'une occupation à titre de gage. Il est vrai que le Danemark, par ses mesures d'embargo des navires Alle

38 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

mands dans les ports, de donner la chasse aux bàtiments en pleine mer, et par un réglement de blocus qui sera appliqué aussitòt que la saison le permettra, se constitue de plus en plus en état de guerre vis-à-vis de l'Allemagne entière. Aussi l'invasion du Jutland ne serait qu'un moyen de plus pour le forcer à la paix. J'ignore si le cas échéant, les Puissances accepteraient cet argument as:;ez spécieux. Le fait est que nous sommes encore très loin d'une entente. Les chefs de mission respectifs des parties belligérantes à Copenhague et à Berlin, avaient quitté leur poste en laissant leurs secrétaires pour gérer les affaires. Ils viennent eux aussi de prendre leurs passepovts. Au reste la situation continuera à étre pleine d'incertitudes, tant que la France n'aura pas accentué son attitude. A en juger par celle de son représentant à Berlin, elle continue à étre pleine de réserve.

M. de Thiele m'a dit avant hier qu'après nouvelle vérification, le Comte de Bernstorff persistait à nier que dans ces derniers tems l'Autriche eùt fait des démarches directes ou indirectes pour se rapprocher de l'Angleterre au détriment de son action commune avec la Prusse contre le Danemark. Le secrétaire général niait également, malgré toutes les assertions Anglaises, que le Cabinet de Vienne eùt été disposé, sans l'opposition faite ici, à signer dès aujourd'hui un armistice avant l'évacuation de l'ile d'Alsen. Les deux Gouvernements continuent à marcher dans le plus parfait accord. La conversation s'étant engagée sur les bruits les plus curieux, mis en circulation par la presse, j'ai dit qu'ayant l'honneur de jouir de la confiance de mon Gouvernement, je démentais hic et nunc les récits relatifs à une prétendue dépéche du 6 Février par laquelle nous aurions offert notre concours au Danemark. Il me demanda cependant quelle voie pourraient prendre nos troupes pour arriver dans les pays Scandinaves.

En fait de choses curieuses, lui ai-je répondu, la plus étrange s'est réalisée: une alliance entre la Prusse et l'Autriche. Si la nouvelle absurde d'une offre d'assistance matérielle de notre part au Cabinet de Copenhague s'était, contre toute attente, vérifiée, nous aurions pu en quelque sorte au moins la justifier par les bons rapports constamment entretenus avec cette Puissance. Et quant à la route que nous eussions pu prendre, elle nous eùt mené par voie de mer plus vite en Danemark, que l'Autriche ne pourrait avec sa flotte débarquer ses alliés sur le littoral italien.

Je remercie V. E. de ses derniers télégrammes. Je n'ai rien pu apprendre de précis sur une alliance entre la Prusse et la Russie, signalée par le Ministre des Affaires Etrangères de Suède. Il serait difficile de produire une preuve matérielle, un document quelconque à l'appui, mais je maintiens, en me référant à mes précédents rapports, qu'elle existe virtuellement sans qu'il soit nécessaire de toucher du doigt le corpus delicti. Peut-,étre l'Autriche fera-t-elle la prude à Paris et à Londres; mais, tranchons le mot, ce n'est que de l'hypocrisie. Sa piace est nécessairement indiquée là où souffle la réaction. Il se pèut, comme l'écrit le Marquis Pepoli, que la Rus,sie cherche à disjoindre la Prusse et l'Autriche, mais évidemment ses efforts ne s'appliquent qu'à ce qui concerne la question Danoise, et encore elle y va avec tant de menagemens qu'il y a de quoi donner beaucoup à penser. Si elle ne comptait pas pour des plans ultérieurs sur les deux Puissances, elle aurait déjà prononcé son quos ego en faveur d'un des chefs d'oeuvre de sa diplomatie: le traité de Londres de 1852. Quel que soit le désarroi de ses finances, elle fait de grands préparatifs de guerre; elle a commandé entre-autres, pour la somme de trois millions de Thalers, des canons rayés dans les grandes fabriques de Krupp, etc. etc.

Les conférences de Wiirzbourg n'aboutiront pas à de grands résultats. Les Souverains des Etats secondaires sont pour la plupart assez intimidés de I'attitude pleine de hauteur de la Prusse et de l'Autriche. La proposition de la Saxe de former, pour les troupes stationnées dans le Holstein, une réserve fédérale, a été enterrée dans les commissions de Francfort. Le Général de Manteuffel envoyé récemment d'ici auprès du Roi de Saxe, a tenu un langage des plus sévères, et aurait été jusqu'à menacer une invasion méme de Dresde, si un seui soldat Prussien tombait dans les rixes qu'on craignait dans le Holstein à propos de l'occupation à main armée de la ligne du chemin de fer d'Altana à Kiel. Si les populations, comme il est à présumer, se montrent aussi dociles que leurs Gouvernemens à subir la loi du plus fort, l'Allemagne traversera de mauvais jours. Heureusement que pour longtems les deux grandes Puissances auront encore maille à partir avec le Danemark, et que I'imprévu pourra venir à la traverse des projets caressés par le parti rétrograde. Laissons marcher les événemens sans prendre prématurément une position accentuée.

Je ne suis guère d'accord avec mon collègue de S. Pétersbourg. Tout en lui donnant raison en théorie, nous sommes en divergence sur le terrain pratique. Il ne s'agit aujourd'hui de combattre ni pour, ni contre la nationalité allemande; mais de savoir attendre que nos adver,saires prétent le flanc à l'Italie et à la France et si possible, à l'Angleterre. Dans la vie d es nations, la logique des intéréts doit primer sur la logique des principes.

545

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 20 febbraio 1864.

Vi segnalo un certo mutamento che si va facendo qui nel linguaggio del mondo ufficiale intorno alla questione Danese, mutamento favorevole ad un accordo coll'Inghilterra ed in senso bellicoso (1). Mi si dice che Lord Pal

pubblica.

merston è vivamente irritato contro le due Potenze germaniche. Drouyn de Lhuys dal canto suo m'ha tenuto questo linguaggio: • So che vi preparate agli eventi e pigliate disposizioni per l'eventualità d'una guerra. In altre drcostanze v'avrei consigliato d'esser calmi e quieti. Ma in questo momento non oso darvi questi consigli, e trovo naturale quel che fate •. Tali parole in bocca di Drouyn de Lhuys sono significative. È evidente che se l'Inghilterra si dispone a qualche concessione sul Reno e per la Venezia, un accordo colla Francia è possibile. Noi dobbiamo, mi pare, ajutare quest'accordo, lavorando massime a Londra.

Vi prego di rimettere a S. M. la lettera qui unita, con cui la ringrazio della prova di benevolenza datami accordandomi il Gran Cordone. Vi rinnovo i miei ringraziamenti per la parte grande che vi avete presa.

P. S.-Terrò il linguaggio che m'indicate per telegrafo (1) e che avete tenuto a Malaret in risposta all'interpellanza fattavi intorno a proposta da noi fatta all'Inghilterra.

(1) La notizia era stata telegraficamente trasmessa in pari data con t. 161, che non si

546

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 163. Berlino, 21 febbraio 1864, ore 1 (per. ore 3,30).

Gouvernement prussien dit avoir échoué dans ses démarches faites d'après nos instances sur question préambule de l'acte pour la navigation Danube. France et Angleterre n'auraient pas soutenu notre point de vue. Autriche fait de ses prétentions question de principe. J'écris par la poste aujourd'hui. Bruit s'est répandu que des troupes prussiennes étaient déjà entrées dans le Jutland. Au ministère des affaires étrangères on semble admettre ce fait qui mérite cependant encore confirmation.

547

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 164. Londra, 21 febbraio 1864, ore 10,45 (per. ore 12,40).

A v ant hier ordre a été donné à la flotte anglaise de revenir en Angleterre. Si comme plusieurs personnes prétendent flotte autrichienne allait dans la Baltique flotte anglaise suivrait pour l'observer. Une note a été présentée aujourd'hui par la Suède ici et à Paris réclamant leur concours pour le maintien des traités 1852. Notre attitude ferme sans jactance est fort admirée et nous gagne au centuple le terrain que l'Autriche perd tous les jours.

(1) Cfr. n. 540.

548

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 165. Pietroburgo, 21 febbraio 1864, ore 14 (per. ore 15,40).

Les danois refusent tout armistice: ils veulent se battre. Prince Gortscha

koff excuse l'occupation du Jutland comme nécessaire plan de guerre. Parait très préoccupé.

549

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 167. Berlino, 21 febbraio 1864, ore 23,49 (per. ore 9,15 del 22). Kolding situé un peu au-delà de la frontière du Jutland aurait été occupé en effet par un régiment prussien en suite d'une escarmouche d'avant-postes. On ne savait encore s'il recevra ordre de reculer. Ici on joue la surprise. Peutetre voulait-on entrainer Autriche? Le fait est que les ouvertures faites à ce

sujet à Vienne n'avaient pas encore amené entente et qu'on ne croit pas à leur réussite.

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE

T. 76. Torino, 22 febbraio 1864, ore 14,40.

Veuillez mieux expliquer le sens de votre dépeche (1). Je ne comprends pas si c'est à la Suède où à l'Italie que s'adressent les conseils du baron de Roggen

bach, et comment Bade peut engager Suède ou Italie à prendre part pour le Danemark.

551

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

T. 77. Torino, 22 febbraio 1864, ore 21,30.

De Launay mande que Gouvernement prussien dit avoir échoué dans ses démarches sur question préambule acte du Danube. Il prétend que France et Angleterre n'ont pas appuyé nos demandes à ce sujet. C'est évidemment un prétexte pour masquer sa déférence actuelle vers l'Autriche. Cependant veuillez

insister de nouveau avec ministre des affaires étrangères et tachez de connaìtre sens des instructions données à cet effet à Vienne et à Constantinople.

(1) Cfr. n. 543.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 78. Torino, 22 febbraio 1864, ore 21,30.

Nos ministres à Paris et à Londres insisteront encore sur affaire du préambule de l'acte du Danube. Le motif donné par le Gouvernement prussien est évidemment un pretexte pour masquer sa déférence vers l'Autriche. Faites remarquer que toute question politique est éliminée de l'incident du moment qu'il y a un précédent consenti par 1'Autriche.

553

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 11. Londra, 22 febbraio 1864 (per. il 25).

Da due giorni in qua l'atmosfera politica par aggravarsi e, senza che per oggi mi sia dato d'entrare in particolari, pare che sorgano all'orizzonte nuove combinazioni.

La Svezia ha passato una Nota ai Governi non Germanici segnatarj dei Trattati del 1852 onde rappr,esentar loro l'opportunità di adottar in comune una linea per far che 'Si eseguiscano quei patti. Mi si dà per ragione di questa tarda risoluzione che il partito Scandinavo a Copenaghen era mo1to scoraggiato per l'inerzia Svede,se e guadagnava terreno quel partito che vorrebbe appoggiarsi sull'alleanza con la Germania.

Questa proposizione della Svezia viene a corroborare quella fatta dalla Danimarca stessa alla Francia e all'Inghilterra prendendo per base più antichi trattati.

Nè all'una nè all'altra di queste domande pare si sia ancora risposto. Ma vi è un cambio attivo di comunicazioni tra qua e Parigi essendo jeri sera giunto un Corriere e partitone un altro.

Eppure Sabato ancora l'Ambasdatore di Francia mi diceva che persisteva a credere che nulla si farebbe qui mentre io sosteneva che volere o no, si sarebbe finalmente costretti a far qualcosa.

Alla verità egli, credo, non sapesse allora la notizia che mi venne data più tardi del richiamo nel Golfo di Portland della Flotta Inglese ora nel Portogallo.

Chi mi diede questa notizia mi assicurò aver Lord Palmerston dichiarato che, se la Flotta Austriaca compariva per guerreggiare sulle coste di Danimarca, la Flotta Inglese l'avrebbe seguita, e questo avrebbe dato luogo a gravi complicazioni.

Questo apparire della Flotta Austriaca nei mari del Nord non è, credo, cosa nuova, e mi si pretende che già da qualche settimana Lord Russell ne avesse avuto sentore.

Ma non nasconderò all'E. V. che la cosa mi pareva cosi improbabile che dichiarai volerla vedere per crederla. Stamane il Post pubblica una specie di contraddizione affermando che l'Austria non fa che mandar Vascelli nell'Adriatico, nel Mediterraneo e nel Canale della Manica per difendere il suo Commercio. Ma vedremo come la cosa andrà a finire.

Questi romori come l'entrata nel Jutland delle truppe Alleate han dato nuova scossa all'opinione pubblica, la quale comincia a dimostrarsi vieppiù, se non totalmente favorevole alla Danimarca, per lo 1neno molto contraria ai suoi oppressori. E questa nuance mi permetterà di far osservare a V. E. che le stranezze Austriache ci fan guadagnare immensamente a detrimento loro.

Gl'Inglesi sentono non so se rammarico della loro inerzia o se irritazione contro la Germania per averli messi in questa umiliazione per le prepotenze. Ma ci portano alle stelle e quasi anelano il momento in cui attaccheremo il Veneto.

I Tory steSISi fan atto di Contrizione e qualcuno già mi diJSse d'aver riconosciuto il proprio errore seguendo 1dee Austriache e anti-ItaHane. Ma ora desiderare che potesse succedere all'Austria qualunque malanno. La linea adottata dal Governo di S. M. è encomiata assai, unendosi la prudenza con l'attività, la fermezza e il senno.

Lord Palmerston mi disse avant'ieri aver Egli detto al Conte Appony che l'Austria seguiva una politica rovinosa essendo molti i suoi nemici pronti a attaccarla quando ne vedrebbero venuto il momento.

Ma per questo non pare il Gabinetto Inglese disposto a mutar la sua linea attuale, neppure a richiamare i suoi Ministri, avendomi Lord Palmerston detto a questo riguardo che sarebbe questo un punir se stessi impedendo i rapporti regolari.

Si è sparsa qua Sabbato la nuova della ricognizione della Confederazione del Sud per parte della Francia, ma nulla ho potuto trovare per confermare questa notizia.

Lord Russell interpellato a proposito della venuta dell'Arciduca Massimiliano, se sarebbe trattato qua da Imperatore, ha risposto di no. Ma sarebbe riconosciuto quando fosse giunto e accettato al Messico.

554

IL MINISTRO DI PRUSSIA A TORINO, USEDOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Torino, 22 febbraio 1864.

Une nouvelle, que V. E. trouvera reproduite dans le coupon ci-joint de l'Indépendance Belge du 19 du courant fait en ce moment le tour de la presse au delà des Alpes. C'est que le Gouvernement Italien aurait, de son propre chef, offert au Danemark son appui contre l'Allema:gne, moyennant une dépe.che datée de Turin 6 du courant: on ne dit pas si ce document émane du Gouvernement Royal ou de la Légaticn Danoise dans cette Capitale.

En meme temps des bruits allarmants sur les armements extraordinaires qui doivent se faire dans l'Italie septemtrionale remplissent les correspondances italiennes de presque tous les journaux étrangers et mettent tout le monde sur le qui vive.

Je serais fort reconnaissant si V. E. voulait par quelques lignes me mettre en état de démentir vis-à-vis de mon Gouvernement des bruits semblables, qui envéniment sensiblement 1les bons rapports entre les deux pays: je ne tarderai pas de me servir du télégraphe à cet effet.

555

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 23/4. Londra, 23 febbraio 1864.

Essendomi recato al Foreign Office riguardo a quanto V. E. mi trasmetteva jeri sera con telegramma circa il rifiuto dell'Austria di sottoscrivere il preambolo relativo alla navigazione del Danubio, se vi compariva il nome del regno d'Italia, parlai nell'assenza di Lord Russell col Signor Hammond sotto Segretario di Stato, il quale mi disse che avevano essi pure ricevuto jeri da Vienna un rifiuto categorico dell'Austria di accettare la proposta dichiarazione com'ebbe luogo per la convenzione della Schelda.

Le istruzioni furono date nel senso dell'approvazione del Gabinetto inglese di questa dichiarazione, la quale ancora adesso naturalmente pare giusta, come pare giusto parimenti il nostro rifiuto di accettare la nostra esclusione come rappresentanti d'Italia. L'Austria invece dice di non volere accettare altro compromesso se non quello dei nomi individuali.

In presenza di queste differenze del tutto al tutto, il Signor Hammond non vede troppo dove stia la possibilità di una via di mezzo. Ho detto ne parlasse a Lord Russell che vedrei di qui a due o tre giorni, e potrò fare allora una qualche risposta.

556

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 176. Stoccolma, 24 febbraio 1864, ore 4,15 (per. ore 10,10).

Il s'agit de l'Italie et non pas de Suède puisque j'ai dit que le prince Oscar m'a fait cette communication et engagé à la participer à V. E. mu par profonde sympathie pour l'Italie. Avec non télégramme du 20 courant (1) j'ai transmis mot à mot ce qui m'a été dit par prince Oscar, rien ajouté, rien omis. J'ai été aujourd'hui chez prince Oscar. Voici ses mots textuels: Ce n'est certes pas pour

le Danemark que parle le ministre des affaires étrangères de Bade, mais contre la Prusse et ,surtout l'Autriche. S. A. R. engage, pour des explications ultérieures, communiquer confidentiellement avec le ministre des affaires étrangères de Bade par l'entremise de notre légation à Carlsruhe. S.A.R. désire vivement que rien ne transpire de tout ceci, et surtout à la légation de Suède à Turin.

(1) Cfr. n. 543.

557

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 181. Pietroburgo, 24 febbraio 1864, ore 14,20 (per. ore 17,50).

Conférences acceptées par la France à condition que la Diète Germanique soit représentée, vont s'ouvrir nonobstant opposition Danemark. Il faut chercher tout moyen d'empecher que la solution union personnelle triomphe. Je vais envoyer mémoire à l'empereur Napoléon là-dessus si vous n'avez rien contre.

558

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI RESIDENTI A CARLSRUHE, OLDOINI, E A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. (1). Torino, 24 febbraio 1864.

Plusieurs journaux allemands ont répandu tout récemment le bruit que l'ltalie a offert son secours au Danemark dans la guerre qu'il soutient contre l'Autriche et la Prusse. Le but d'une telle insinuation est facile à reconnaitre: C'est un artifice de plus employé par le parti de la réaction pour obtenir du Gouvernement Prussien qu'il garantisse les possessions italiennes de l'Autriche, et pour établir entre les deux puissanc~s un accord sur des projets aussi inquiétants pour l'Allemagne que pour l'Italie. Je n'aurais pas jugé nécessaire de vous signaler la fausseté de telles suppositions, si je ne voyais encore l'Indépendance Belge prétendre que le Ministre de Danemark à Londres a fait allusion à l'assistance matérielle que nous aurions offerte à la Monarchie Danoise. En présence de la persistance d'un bruit où il n'y a rien de fondé, il ne saurait etre inutile, M. le Comte, que vous le démentiez à l'occasion de la manière la plus formelle. La réflexion seule suffit à convaincte que si nous avions offert au Danemark de faire en Italie une diversion en sa faveur, le Danemark n'aurait pas tardé si longtemps à profiter de nos dispositions, et à cette heure nous aurions diì. nous mettre en devoir de marcher sur le Mincio. Il est évident d'ailleurs que le service que nous aurions pu rendre au Danemark en attaquant l'Autriche n'eiì.t pas eu une portée décisive, car lors meme que dans ce cas les troupes autrichiennes

eussent entièrement quitté les Duchés, les forces de la Prusse et celles de la Confédération n'en auraient pas moins suffi à poursuivre les opérations en cours contre le Danemark. Notre intervention dans le conflit actuel n'aurait eu donc pour effet que de nous attirer l'hostilité de l'Allemagne, tandis que nous tenons au contraire plus que jamais à en gagner les sympathies, et à l'engager à reconnaitre et à défendre partout le principe de nationalité.

(Pour Carlsruhe). En vous accusant réception de la dépeche confidentielle

N. 11 du 26 Janvier et politique N. 9 et des lettres particulières du 5 et 14 Février, dont la dernière chiffrée...

(Pour Francofort). En vous accusant réception de vos dépéches N. 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14 et 15 Série politique et N. l Confidentielle...

(1) Il dispaccio venne inviato a Carlsruhe con il n. 3 a Francoforte con il n. 4.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 85. Torino, 25 febbraio 1864, ore 18,45.

Pepoli mande que la France a mis pour condition de son acceptation que la Diète Germanique sera représentée dans la conférence (1). Il me demande la permission d'envoyer à l'empereur un mémoire pour lui démontrer la nécessité de faire avorter ces négociations. Je n'y vois pas d'objections mais je vous prie de faire comprendre que Pepoli agit de son chef. En Italie on n>it avec regret qu'une réunion internationale ait lieu sans que nous y assiEdons. Cependant je ne vois pas sur quelle raison nous pourrions fonder une demande d'intervention. C'est à la France à la réclamer si elle le croit utile. Cependant dites-moi votre avis.

560

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Costantinopoli, 25 febbraio 1864.

Nella mia precedente lettera particolare ebbi l'onore di informarla della promessa fattami da Aali Pacha di scrivere a Vienna per sollecitare da quella Corte istruzioni al Rappresentante austriaco in Cospoli conformi ai nostri intendimenti circa la forma ed il modo di sottoscrizione dell'atto pubblico.

Tutti i miei colleghi ebbero a tener su ciò discorso con il Barone Prokesch, il quale non vuole ascoltare ragione ed a tutti dichiarò che le sue precise istruzioni gli proibivano di permettere qualsiasi modificazione nel modo di sottoscrizione in nostro confronto.

Mi permetto quindi di proporre, Signor Ministro, dacchè l'istante della sottoscrizione dell'atto pubblico, dista ancora due o tre mesi, di scrivere ai rappresentanti italiani a Parigi, Londra, Berlino e Pietroburgo perchè quei Gabinetti insistano direttamente presso il Governo austriaco allo scopo di ottenere l'invio di nuove istruzioni al Barone Prokesch. Innanzi all'azione concorde di tutti i Governi, non potrà più oltre resistere la Corte di Vienna.

Non -esito a credere che Ella, Signor Ministro, sarà già consapevole della lettera diretta dal Conte Rechberg al Principe Metternich a Parigi, nella quale il Conte Rechberg dichiara di non voler modificare per nulla l'attitudine del Governo austriaco di fronte all'italiano, e non esita punto a smentire ciò che fu accordato dal Barone Hiigel a Bruxelles all'occasione del Trattato della Schelda, dicendo che H Barone Hiigel non era stato autorizzato a fare quello che fece, perciò ne fu aspramente rimproverato.

Farò sollecitamente conoscere la risposta che l'Ambasciatore ottomano a Vienna trasmetterà a S. E. Aali Pacha, sull'esito delle sue pratiche col Conte di Rechberg.

Lo ripeto: l'Austria ha un grande interesse di vedere al più presto compiuto l'atto pubblico, quindi dovrà piegarsi alla nostra voglia, o lo vedrà differito indefinitamente.

Sono accertato della concentrazione di un corpo di 50.000 Russi nella Bessarabia, destinati, in un dato caso, ad occupare i Principati. La chiamata sotto le armi di 40 battaglioni di Redifs produsse qui una forte sensazione. In generale si crede che appena s'iscorgano sintomi rivoluzionarii in Ungheria, e nella Transilvania, i Principati dapprima e poscia la Serbia saranno occupati.

Nella Siria si sviluppa un forte malcontento contro l'amministrazione turca.

Mi perdoni, Signor Ministro, la libertà che mi prendo dirigendoLe queste lettere particolari...

(1) Cfr. n. 557.

561

IL MINISTRO DI PRUSSIA A TORINO, USEDOM, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. CONFIDENZIALE. Torino, 25 febbraio 1864.

Une correspondance de Milan, reproduite dans plusieurs des premiers journaux allemands, -et dont j'ai l'honneur de joindre traduction, donne tous les détails quant à un Corps d'observation qui devrait se réunir prochainement contre l'Autriche sur les bords du Mincio et du P o. Cette mesure aurait mème reçu, à l'heure qu'il es.t, un commencement d'exécution.

V. E. jugera, combien une pareille concentration de troupes, aucunement provoquée par l'Autriche, devait ajouter aux complications existantes: Elle voudra en r.1ème temps apprécier l'importance que je dois attacher aux renseignements sur l'état réel des choses qu'Elle a bien voulu me faire espérer.

562

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 189. Pietroburgo, 26 febbraio 1864, ore 12,12 (per. ore 15,50).

J'ai envoyé mon domestique avec communication secrète à Minghetti. Russie a obtenu adhésion Autriche au prix que j'ai indiqué. Danger coalition dans ce cas imminent. Notre attitude passive compromet avenir. Je vous supplie songer si réaction obtient intégrité Danemark question Vénétie recule indéfiniment. Si danger augmente je trouve moyen de plaider moi-meme cause près du roi. Empereur manque. Rectifiez votre dépèche.

563

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 190. Parigi, 26 febbraio 1864, ore 16,40 (per. o1·e 17,50).

C'est avec répugnance et pour ne pas ètre accusé de vouloir empècher la paix que la France ne se refuse pas à la conférence dont les résultats lui paraissent douteux. L'empereur ne veut pas combattre le principe de nationalité invoqué par I'Allemagne. Il ne peut pas par conséquent ètre bien d'accord avec l'Angleterre. Dans cet état de choses je ne vois pas quelle utilité nous pourrions avoir à participer à une telle conférence. Mème si la chose était possible je ne crois pas qu'il soit conforme à notre di'gnité d'essuyer un refus. J'ai insisté pour la question du préambule. Drouyn de Lhuys m'a confirmé qu'il avait envoyé des instructions à Constantinople dans notre sens.

564

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, ,AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 193. Londra, 26 febbraio 1864, ore 19,40 (per. ore 21,05).

Lord Russell a consenti à donner instructions à Malte dans le sens demandé. Il m'a fait lire la dépeche à Vienne par laquelle tout en nous donnant raison il propose à l'Autriche comme moyen terme de préparer à Bukarest deux documents, l'un signé par l'Autriche sans nous, l'autre viceversa. Les deux documenst étant identiques serviraient à lier les deux puissances vis-à-vis du Gouvernement turc.

565

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 202. Londru, 27 febbraio 1864, ore 19,30 (per. ore 20,50).

Espérant vaincre la résistance du Danemark Russell écrit aujourd'hui à Berlin et à Vienne pour obtenir que pendant 15 jours encore la conférence soit considérée comme en suspens. Ministre danois m'a dit, en causant, qu'il n'avait reçu de son Gouvernement aucune communication relative à une assistance italienne. Dans ses conversations en général il se borne à faire entrevoir possibilité d'entente finale avec Suède et France et probablement Italie.

566

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 24. Berlino, 28 febbraio 1864 (per. il 3 marzo).

Ayant eu hier l'occasion de voir le secrétaire général, j'en ai profité pour lui dire que je me félicitais d'avoir, dès l'origine, démenti la nouvelle absurde donnée par la presse d'une offre de concours de notre part au Danemark. Je lui indiquais en méme temps dans quels termes était conçu le démenti télégraphique de V. E. (1), en faisant observer que cette nouvelle étant de provenance autrichienne, il était facile d'en deviner le but quelque condamnable que fUt le procédé.

Ayant ménagé ainsi une transition, je lui communiquais que nous sondions nouvellement le terrain à Paris et à Londres sur la question du préambule de l'acte final du Danube, et qu'en attendant j'insistais itérativement sur ce fait que toute question politique était éliminée de cet incident, du moment où il y avait un précédent consenti par l'Autriche.

Selon l'avis de M. de Thiele, c'était surtout le Cabinet de Londres qu'il faudrait gagner à notre. point de vue. Quant à l'Autriche, elle se montrait infl.exible, en répétant qu'il n'y avait aucune analogie de cas avec le précédent de l'Escaut. L'affaire du Danube a été commencée à une date bien antérieure, et ce n'est que récemment que notre Gouvernement avait demandé un changement qui avait été combiné par la commission de concert avec notre délégué. La Prusse a montré son bon vouloir. Elle s'est attirée des critiques pour s'étre mise sur la bréche où personne n'a eu l'air de la soutenir sérieusement. Elle ne saurait aller plus loin; aussi M. Saint Pierre a-t-il reçu l'instruction de se tenir désormais sur la plus stricte réserve.

Pour prouver combien l'argumentation de l'Autriche était spécieuse, j'ai une seconde fois donné lecture au secrétaire général de la circulaire de V. E. du 19 Janvier (2). Comme malgré cela son langage restait le méme, j'ai exprimé le regret que le Cabinet de Berlin parùt avoir modifié sa manière de voir sur un incident qu'il jugeait autrement vers la mi-Janvier.

En me répétant que, dans la mesure du possible, il avait fait tout ce qui dépendait de lui, il ajouta: • Il est de fait que le moment actuel est des

plus mal choisis pour que nous puissions rompre en visière avec l'Autriche sur une question de moindre importance que celle qui réunit nos armes contre le Danemark, et cela encore sans l'espérance d'un résultat pratique, puisque le Cabinet de Vienne ne cédera pas , .

Je lui laissai alors entendre que je ne voulais pas porter la discussion sur un point réservé à sa propre appréciation; celui d'un acte de déférence vis-à-vis de l'Autriche; mais que je prévoyais que cette Puissance, encouragée par cet appui au moins indirect, susciterait de nouveaux embarras dans toutes les questions où nous sommes appelés à intervenir au méme titre que les autres signataires du Traité de Paris.

Le Ministre d'Autriche s'exprime beaucoup plus carrément que M. de Thiele. Il dit positivement que, d'après les assertions de M. de Bismarck, la Prusse dans cette question est sur la méme ligne que le Cabinet de Vienne, et que le délégué Prussien à Bucarest a reçu une réprimande pour avoir soutenu notre cause.

V. E. le voit, pour le moment il n'y a rien à faire. Toute discussion devient inutile: Il n'y a pire sourd que celui qui ne veut pas entendre. Aussi je me tiens à l'écart surtout de M. de Bismarck. Il doit se trouver mal à l'aise après les propos compromettants que maintes fois il m'a tenus, quand alors le vent tournait contre son alliée d'aujourd'hui, et j'avoue franchement qu'il me répugne de mendier des entretiens qui, sauf quelques traits d'esprit, n'aboutissent d'ailleurs à aucun résultat sérieux avec un homme d'Etat aussi versatile. Je dis mendier, car c'est littéralement en solliciteur qu'il faut se poser pour obtenir, et encore non sans peine, des rapports avec ce Ministre des Affaires Etrangères. Or, vu ses dispositions actuelles pour nous cela me semble aumoins sans dignité.

(1) -Cfr. n. 541. (2) -Non pubblicata.
567

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 205. Parigi, 29 febbraio 1864, ore 16,05 (per. ore 16,50). Des correspondances confidentielles de Vienne portent que la mission de Manteuffel aurait eu pour but d'offrir à l'Autriche de garantir l'intégrité de

l'empire si elle voulait s'engager à coopérer à la réussite des plans de la Prusse sur les Duchés. Je vous donne cette nouvelle avec réserve.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 90. Torino, 29 febbraio 1864, ore 18.

Nigra mande que des info11mations confidentielles de Vienne portent que la mission du général Manteuffel avait pour objet d'offrir à l'Autriche la garantie dc l'empire à condition que l'Autriche adoptàt les plans de la Prusse relativement aux Duchés. Nigra donne cette nouvelle avec réserve.

569

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 2. Francoforte, 29 febbraio 1864 (per. il 2 marzo).

Je m'empresse de venir accuser réception à V. E. et de La remercier de la dépeche confidentielle n. 4 (1) dans laquelle Elle a bien voulu me faire part de ses appréciations si justes relativement à la perfide assertion lancée par un journal autrichien: que l'Italie allait venir au secours du Danemark dans sa lutte avec l'Allemagne. La-nouvelle m'avait paru tellement absurde et la source d'où elle provenait tellement suspecte que je n'avats point attendu les instructions de V. E. pour la démentir catégoriquement. Le premier jour où un télégramme l'a apportée ici, lVI. de lVIohl est venu me demander ce que j'en pensais, et je n'ai pas eu beaucoup de peine à lui persuader que l'Italie étant la personnification la plus convaincue camme la plus ardente du principe des nationalités, il était de toute impossibilité de supposer qu'elle voulut nier et encore moins disputer à l'Allemagne pour laquelle elle n'avait que des sympathies ce meme droit qu'elle revendique depuis si longtemps et avec tant d'énergie pour elle-meme. Au reste, je dois l'ajouter, et c'est précisément cette considération qui m'a engagé à ne pas en écrire à V. E., la nouvelle donnée par la feuille autrichienne portait un tel caractère de fausseté et de manoeuvre autrichienne qu'elle n'a produit aucune sensation en Allemagne et que dès le premier jour le bon sens public en a fait promptement justice.

570

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 13. Londra, 29 febbraio 1864 (per. il 9 marzo).

Il Gabinetto Inglese, il quale un momento pareva aver voluto adottare una politica d'intervento, pare per ora tornato alla ricerca di pacifici riordinamenti dello stato d'Europa e all'inazione.

La Conferenza di cui trattasi in questo istante pare destinata a raggiungere il corteggio delle precedenti.

Le potenze non belligeranti, almeno la Francia e la Svezia, pajono più sorprese che soddisfatte del modo di procedere dell'Inghilterra, 1a quale dopo affermata e negata la probabilità di una conferenza, dopo avere affermato e negato la necessità di conferire con o senz'armistizio, ha finalmente quasi segretamente iniziato a Vienna e a Berlino trattative di cui ognuno ricusa la paternità; poichè se si parla a Lord Russell dice l'idea esserne venuta alla Russia, se al Barone Brunnow pretende essere un'antica proposizione Danese.

Da alcuni rimproverasi al Conte RusseU di subire l'influenza della Russia

che cerca di esagerargli i pericoli della politica francese.

Il Ministro degli Esteri evidentemente non fa dipendere la sua felicità che

dallo allontanarsi più o meno di questo fantasma della guerra. Nessuno può

dire ancora quale sia la vera cagione di quest'ultimo movimento pacifico che

devo riferire a V. E.

Persone ben informate sembrano credere che forse il Signor Drouyn de Lhuys

abbia agito con un po' d'indiscrezione nei due sensi opposti i quali, benchè possa

parere strano, produrrebbero un risultato identico.

Voglio dire che nelle sue conversazioni cogl'Inviati di Austria e di Prussia

abbia parlato di un'azione possibile della Francia in modo da impaurirli, e che

parlando con Lord Cowley abbia troppo presto menzionato casi possibili in

Italia e in Polonia.

Egli, pretendesi, si sarebbe lasciato andare a simile linguaggio, credendo

che imminente fosse un passo dell'Inghilterra in avanti, passo che così rin

francherebbe la condotta della Francia. E sfortunatamente a questi discorsi

egli avrebbe aggiunto la parimenti prematura dichiarazione che ad ogni modo,

la Francia prendesse parte o no materialmente a quanto accade in Europa,

succedendovi come di ragione un Congresso, poteva l'Inghilterra considerarsi

sicura del suo appoggio diplomatico per mantenere la integrità della Danimarca.

Forte di quest'assicurazione Lord Russell avrebbe messo da banda qualunque idea d'inviare la flotta onde tentare nuovamente la tanto ambita conferenza. Facend'operare pressione dalla Russia a Berlino, e profittando della sua influenza a Vienna, egli avrebbe ottenuto risposte generali d'ammissione in principio della conferenza. La risposta da Berlino giunse sabato mattina, ma il Conte di Bernstorff non doveva presentarla che quando fosse arrivata al Conte Apponyi la risposta dell'Austria. Il Conte Bernstorff non ha voluto dire ad uno dei nostri colleghi il tenore di questa dichiarazione, ma interrogato però sull'ammettersi della integrità della Monarchia Danese, egli non esitò a dare come sua opinione personale che la non si ammetterebbe come base della conferenza.

Dal suo canto la Danimarca per organo del suo rappresentante qua spergiura di non potere trattare che sulla base di quanto venne organizzato nel 1852, oppure sulla base di una unione personale dell'Holstein e Lauenburg, ma coll'incorporazione dello Schleswig alla Danimarca di modo che pare difficile di trovare via di mezzo. Del resto il Barone di Bilie non fa mistero delle sue lagnanze contro a questo Governo. Da qualche giorno sopratutto egli pare offeso assai dell'esserglisi dichiarato pochi giorni fa che la conferenza erasi abbandonata, mentre dai giornali gli venne la nuova dell'ultime proposizioni fatte a Copenaghen a Berlino e Vienna. Egli dice a chi vuol sentirlo che non dimand'altro che almeno dopo averlo messo in questa condizione, l'Inghilterra lasci la Danimarca in pace. Ma precisamente il contrario sta per accadere, poichè credo sapere che jeri si scrisse dal Foreign Office a Berlino e Vienna, che non si prendesse per definitiva la risposta dilatoria pervenuta

da Copenaghen, ma per quindici giorni ancora si lasciasse la cosa in sospeso, sperandosi o in qualche incidente o nel successo della pressione inglese.

Nè si fece scrupolo Lord Russell di dire palesemente all'Ambasciatore di Francia che finalmente se gli si dimostrava averli ognuno abbandonati, dovrebbero i Danesi rassegnarsi. Ed è precisamente questa dimostrazione che devesi tentare nei 10 prossimi giorni.

Altro ostacolo per l'assestamento di queste gravi faccende si è la quistione del Yutland. Lord Palmerston alla Camera l'altro giorno non disse che quanto voleva, ma mi si assicura da buona fonte che la risposta esatta fu che non si rinunzierebbe a andare avanti nel Yutland che nel caso ove la Danimarca si risolvesse a rivocare l'embargo messo sui bastimenti tedeschi. Ora siccome non 'ha -la Danimarca la menoma intenzione di fare così, resta sospesa per un filo la quistione dell'occupazione del Yutland e perciò forse dell'intervento della Svezia, e diciamo poi finalmente anche di questo paese. Poichè, volere o non volere, persino l'Ambasciatore dì Francia, il più incredulo fra quelli che dubitano del muoversi dell'Inghilterra, finisce per ammettere che dovrà mischiarsene.

La Russia intanto lavora indefessamente a spargere terrori. Agisce a Berlino, agisce qua, agisce a Vienna.

Il Governo Austriaco mette la Gallizia in stato d'assedio persuaso che qualcosa sta per scoppiare in quel paese. E questo, mentre giunge a Londra il Principe Costantino Czartoriski a rappresentare gli interessi polacchi.

Ognuno dunque, in mezzo a questi avvenimenti, complicazioni, intrighi, sta sul qui vive per decidere di una linea da seguire; nè sarebbe da stupire se vedessimo la Russia, la Prussia e l'Austria da un lato. E chi sa chi dall'altro.

Da sorgenti sicure mi consta che benchè anche con asseverazioni tali da non poterne dubitare tra galantuomini, l'Austria abbia dichiarato non esistere convenzioni segrete a nostro riguardo, però verbalmente havvi una parola data dal Re di Prussia all'Imperatore d'Au.stria di non !asciarlo nell'imbroglio quando vi si trovasse ulteriormente. Resterebbe a vedere cosa ne direbbe il Ministero e sopratutto la nazione prussiana all'occorrenza. Ma sicuramente anche in queste condizioni questo stato di cose non è soddisfacente per noi.

Lord Palmerston il quale vedrebbe queste quistioni con occhio differente dai suoi colleghi, se potesse agir solo, sta molto riservato. Discorrendo con lui jeri sera, egli mi diceva però che l'Inghilterra anche coll'invio della flotta, si troverebbe impotente a fronte dei numerosi eserciti degli avversari. Ed io risposi che se avessero accettato le istanze deHa Svezia, avrebbero potuto non andare soli. Egli ammise che la Svezia aveva proposto mandare venti mila uomini di sbarco dimandando all'Inghilterra di farne altrettanto. Dunque diss'io che flotte e 40 mila uomini di sbarco erano già meglio di nulla. Ed avendo egli ripetuto l'argomento dei numerosi soldati delle potenze germaniche, risposi che allora poi noi e la Francia saremmo entrati in ballo. Ma esser vero che .el"'a un ammettere la guerra generale, ch'essi 'si studiavano di evitare.

Nel corso della conversazione si parlò persino della Venezia e del Reno. Ed io dissi che domandare all'Inghilterra di annuire a queste annessioni era

39 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

come un dimandare a un Vescovo di andare al ballo. Essa non potrebbe nè vorrebbe consigliarlo, ma lascerebbe fare.

Quanto alla Venezia egli andò persino a dire che non avrebbe difficoltà a dirci di prenderla, ove veramente avesse creduto che le nostre forze fossero sufficienti, ma temeva che non fosse il caso ancora. Non bastare il numero, ma volersi avere truppe agguerrite, e ufficiali formati.

Del resto siccome già ebbi l'occasione d'indicarlo il linguaggio contro l'Austria è mite, contro la Prussia acerbo. L'Austria si dice sviata, la Prussia colpevole.

Fra i numerosi progetti che si attribuiscono al Governo prussiano d'accordo colla Russia per i Ducati, v'ha quello di darli in tutto o in parte al Duca di Oldenburg come compenso di quanto dei suoi Stati egli cederebbe alla Prussia. Intanto dunque in mezzo a tante ragioni di poca riescita, avremo ora quindici giorni di inutili tentativi e d'abortivi sforzi. In presenza di uno stato di cose cosi poco soddisfacente mi si presenta alla mente l'idea che forse per il Governo inglese si voglia guadagnare tempo onde possa la navigazione essere più libera in quei mari. Concordando questa data di quindici giorni con quanto tempo fa mi diceva Lord Palmerston che colla migliore volontà non si potrebbe mandare la flotta prima dei 15 o 17 marzo.

Il Morning Post pubblica stamane un articolo di fondo molto contrario alla Germania, e contrariamente a quanto mi diceva jeri l'Ambasciatore di Francia, lodando i Danesi di non levare l'embargo sulle navi. Questi articoli del Morning Post dispiacciono singolarmente al mio collega di Prussia, il quale non ha guari me ne esprimeva la sua sorpresa e disapprovazione.

Mi pare di vedere che in seguito della solita malintesa che continuamente occorse nel continente su questo paese, si sieno, come dicevo più sopra, commessi degli errori; fra gli altri, quello d'incoraggiare in questo momento la venuta d'un rappresentante polacco. Questa quistione la si riguarda qua come messa da banda, ed il vedere l'intenzione di ravvivarla fa temere qui combinazioni rivoluzionarie che servono ammirabilmente le viste della Russia, che non si vuole malcontentare. Questa conseguenza di un passo avanti dell'Inghilterra cioè l'idea che succedendo un movimento generale la rivoluzione polacca p-ossa anch'essa fare una utile diversione, basta a sbigottire alcuni fra questi Ministri sempre pacifici per natura, e facili a vedere pericoli dapertutto.

Dal complesso di questa situazione poco chiara mi pare di vedere che le probabilità pacifiche diminuiscono, e che una forza lenta e irresistibile spinge l'Europa ad ulteriori complicazioni, che se possono non andare a genio a taluni, possono giovare ad altri.

Non è vero che la Francia stia per riconoscere gli Stati Confederati, come qua si era preteso. Soltanto l'Imperatore ha fatto sapere che stava per mandare ufficiali a studiare le operazioni da ambo le parti chiedendo se qua si voleva farne altrettanto. Ma la risposta fu negativa, non intendendo l'Inghilterra mandarne che negli Stati del Nord.

(1) Cfr. n. 558.

571

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 29 febbraio 1864.

Da quanto mi venne dato di sapere da Lord Palmerston, dal Principe La Tour d'Auvergne e parlandone come per modo di discorso col Ministro di Danimarca, il Signor Bilie non ha ricevuto comunicazioni da Copenaghen circa la pretesa assistenza dell'Italia, epperciò non ha fatto al Governo inglese nessuna comunicazione a questo riguardo. Parlandone con Bilie feci allusione a questi rumori semplicemente come mi capitasse per caso quell'idea alla mente. Ed egli mi disse che non ne avea mai nulla ricevuto da Copenaghen nè fatto parola qua.

Ammettendo però che, discorrendo con gli amici, egli avea in tesi generale o per impaurire i Tedeschi fatto parola di combinazioni possibili che facendo intervenh~e la Francia e la Svezia d metterebbero anche nel caso di concorrere.

Ma questo caso è tutt'altro di quanto pretendeva l'Indépendance. Del resto mi pare che sia un far troppo onore a quel giornale di fondare uno stato serio di politica sulle sue dicerie, poichè, come già vi osservai, continuamente verifico le inesattezze di quello e di molti altri giornali del continente. Per esempio l'abdicazione della Regina è interamente inventata dal giornalismo e ha fatto il giro d'Europa.

Del resto non ne parlai ancora nè a Lord Russell nè a Layard poichè non amavo ne discorressero con Bilie, locchè probabilmente avrebbero fatto, nel senso di dirgli guardate li anche l'Italia protesta di non voler sentirne parlare d'assistervi. Dunque cedete. Ma essendomi sabato trovato a parlarne con Lord Palmerston, col quale pranzai in famiglia, egli fu che mi disse della promessa verbale fatta dal Re di Prussia all'Imperatore d'Austria. Avendone poi discorso con l'Ambasciatore di Francia egli mi disse che già à Toplitz questo discorso era stato messo avanti. Ma che allora Schleinitz non parea volerlo corroborare. Resterebbe a vedere in che conto dovrebbe tenersi con Bismarck e se la nazione prussiana lo accetterebbe.

È curioso lo stato attuale, poichè dai discorsi dell'Ambasciatore di Francia trasparisce il dispetto che si prova a Parigi nel veder l'Inghilterra non prender una risoluzione d'intervenire, poichè allora essa agendo per conto suo, la Francia, avendo così evitato di lasciarsi inceppare da promesse, agirebbe dal canto suo parimenti ed andrebbe al Reno.

Non ,c'è dubbio che il modo col quale l'Inghilterra prende parte a queste vertenze è più elevato del punto di vista francese. Questi han per solo motore l'aumentare :i Joro ·Confini. Mentre gli Inglesi se differiscono, almeno se si muoveranno avranno in vista l'osservazione dei trattati.

Del resto le relazioni anglo-francesi in questi giorni non si son modificate nè in bene nè in male. Se forse in un senso han subito qualche alterazione sarà un passo indietro pel modo maladroit col quale Lord Russell ha condotto l'affare della confe

renza. Quella distinzione fra belligeranti e non belligeranti, quella differenza nella data delle proposizioni a farsi, quel far prima una proposizione préaLable prima di un passo officiale, tutte queste evoluzioni o non furono capite o non furon bene interpretate. Lord Russell manca di liant, d'affabilità, tratta più per mezzo dei suoi agenti che non col Corpo diplomatico che non sempre può avvicinarlo. Poi parla poco, parla male francese. Tutto questo complica gli affari. Bille dice poco meno d'esser stato joué. Lo Svedese partigiano deciso dei Danesi, sparla di que·sto Governo, benchè il suo non faccia molto di più. Bernstorff pure è molto arrabbiato. E 75 mila franchi raccolti o mandati in una settimana a Copenaghen dall'aristocrazia inglese col concorso del Principe di Galles e dei Cambridge lo hanno ancora inviperito.

Siccome questi sono i corrispondenti che rendon conto degli affari ai loro Governi è facile capire in che senso scrivano.

Io nei miei discorsi tengo sempre la miglior regola per questo paese che è di non far misteri ma di dir la verità. Cioè che saressimo gran asini di non cogliere l'occasione d'aver Venezia se si presenta. Ma che la nostra attitudine è tutta d'osservazione. Preparativi si fanno è vero, ma per servircene quando piacerà a Dio.

Intanto perequiamo e unifichiamo. La nostra posizione nell'opinione pubblica non potrebbe essere migliore come già vi scrissi.

Conto che Corti ha la sua nomina fissata, penso che deciderete anche per Costantinopoli, poichè col ritorno di Bulwer vorrete avere un rappresentante della nostra politica che per posizione abbia un certo peso. Ed allora Sipero completerete anche questa Legazione aggiungendo da un lato e togliendo dall'altro. Da qualche giorno son preso da un'irritazione alla gola che potrebbe farmi stare in casa. E non vi sarebbe inconveniente. Ma supponete il caso che, continuando, dovessi mutar aria e assentarmi una settimana o due, sarebbe meglio che la Legazione fosse compiuta. Naturalmente quanto ve ne dico non si riferisce precisamente al caso attuale, poichè non potrei aspettarmi a veder giungere Greppi per due o tre mesi. Ma parlo in genere.

572

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed., con data 28 febbraio, in LIPPARINI, pp. 176-177)

L. P. Parigi, 29 febbraio 1864.

Approfitto dell'occasione di Frapolli per scriverti due righe sulla presente situazione che mi pare assai complicata.

Giovedì scorso cacciando con l'Imperatore, ho potutto trattenermi qualche momento con lui. L'Imperatore fra le altre cose mi disse: • Per vostra norma è bene che sappiate quanto Metternich mi disse ultimamente. Egli mi mostrò un dispaccio di Vienna in cui è detto che il Governo austriaco non è inquieto

per la Venezia, avendovi forze bastanti per respingere ogni attacco dell'Italia, ma non è senza gravi apprensioni per la Galizia, per la Croazia e per l'Ungheria, nei quali paesi un movimento anche piccolo si comunicherebbe come une trainée de poudre alle regioni vicine, e susciterebbe imbarazzi gravi all'Austria •.

L'Imperatore mi disse ciò affatto confidenzialmente pregandomi di tener segreto questo discorso, ma soggiunse: « Vi dico ciò perché ne facciate vostro pro, e sappiate regolarvi •.

Avendolo poi interpellato sul conflitto dana-germanico, egli mi disse che doveva essere conseguente e logico, che essendo egli favorevole al principio di nazionalità in Italia e in Polonia, doveva esserlo anche in Allemagna, che perciò non poteva pigliar partito per la Danimarca, né intendersi su questo terreno con l'Inghilterra.

La conferenza fu qui accettata, o per meglio dire, non rifiutata. Si fecero osservazioni, non si crede a un buon risultato, ma non si vuole che si accusi la Francia di mettersi à travers ad ogni tentativo d'accomodamento e di pace.

Risulta da tutto ciò che un'intelligenza fra la Francia e l'Inghilterra in questa questione non è possibile; che perciò l'Inghilterra non si deciderà a tirar la spada; che la Francia dal suo lato starà aspettando e non piglierà nessuna iniziativa. Il resto dipenderà dagli eventi e dal caso. Non bisogna farsi illusioni. Questa è la situazione vera. In tale stato di cose amerei avere da voi un cenno che mi indichi la vostra opinione e quella dei vostri colleghi sulla condotta che il governo del Re si propone di tenere. Non vi darei il consiglio di dichiarare la guerra all'Austria in questa circostanza. D'altro lato le notizie che avete di Galizia, di Croazia e d'Ungheria sono esse tali da far sperare che si prepari un movimento? O che iniziato si mantenga?

573

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

L. P. Torino, l marzo 1864.

Minghetti risponde (1) alle tue ultime e importanti comunicazioni e alla lettera confidenziale che il tuo cameriere gli ha portata. Non è dunque il caso ch'io ti scriva, come pure avrei desiderato, una lunga lettera per non ripetere le cose stesse, poichè con Minghetti abbiamo più volte e seriamente discorso di quanto tu ci scrivevi e della grave situazione che la tua vigile previdenza ci denunciava. È vero, la situazione è grave, i pericoli che temi possono incalzare. Sventuratamente quando la politica inglese, fattasi quasi indifferente alla soluzione stessa delle questioni, non ha altra mira che il timore della guerra,

quando la politica francese si chiude in una irresoluta lunganimità, si fa in Europa una lacuna che noi soli non possiamo colmare. Alla coalizione del,le tre Potenze del Nord non si potrebbe opporre che l'alleanza della Francia, dell'Inghilterra e dell'Italia. Ma finchè questa coalizione del Nord non è che negativa, sinchè si limita a opporre una sorda ostilità ad ogni svolgersi della politica dell'Imperatore e della Francia, l'Inghilterra non prenderà certo le armi contro essa e aspetterà che si traduca in atti positivi per avvisare dappoi. Gli stati secondari della Germania offrono per noi un appoggio troppo debole e troppo incerto. Non è difficile vedere in fondo agli atti di que' Governi più che i germi della impotenza e della divisione. In occasione delle conferenze di Strasbourg il Ministro degli Affari Esteri del Baden tastò il terreno presso que' Governi che pure gli parevano dover essere più inchinevoli credendo che un primo atto d'indipendenza potesse essere il riconoscimento del Regno d'Italia. Nessuno osò farlo e ciò ti dia la loro misura. Ad ogni modo non ho omesso nè di porci in comunicazione coi capi del partito nazionale germanico, nè di aprirci col Barone di Roggenbach in vista delle attuali complicazioni germaniche e della nostra condotta in questa occasione. Ne avrò domani o domani l'altro i risultati e te li comunicherò. Gli Stati secondarii potranno ben prendere una data attitudine in date circostanze, ma saranno sempre dominati dalla paura permanente che hanno di due cose, della Prussia e della Francia. Quindi o presto

o tardi una tendenza a ripararsi sotto la protezione dell'Austria per salvarsi da pericoli, contro cui certo non è l'Italia che li possa assicurare.

Tu mi dici -Non v'è che un solo mezzo per impedire la coalizione della Russia colle due Potenze germaniche ed è una soluzione della vertenza danese nel senso della nazionalità germanica. Questa soluzione contraria agli interessi della Russia, si frapporrà fra questa e la Germania. Io mi chiedo quali mezzi abbiamo noi, nella sfera effettiva della nostra politica, per determinare ora e nella fase attuale gli avvenimenti relativi alla vertenza danese, dato che la Francia manchi, come tu temi, al compito che, a tuo avviso, le sarebbe assegnato? Potremmo fare una nota, una professione di principii. Avrebbe essa una reale efficacia sul risultato della quistione? È permesso dubitarne, e se essa da un lato rimanesse sterile, allora non gioverebbe, dall'altro, incontrare le avversioni e i malintesi che pure susciterebbe. Noi non abbiamo detto finora una parola la quale faccia credere che noi disconosciamo i principii di nazionalità che possono essere impegnati nella questione danese. Le voci sparse da giornali austriaci su pretese offerte d'alleanza alla Danimarca, su proposizioni d'azione comune fatte a destra o a sinistra, sono prette invenzioni. Se ci fossimo posti determinatamente per una via, tu lo avresti saputo.

Tu temi la soluzione dell'unione personale. È evidente che l'Austria la accetta, la Prussia pure, mi scrivi, vi acconsente e ne fa il prezzo di futuri accordi. L'Inghilterra la inghiottirebbe probabilmente piuttosto che fare la guerra. La Prussia vorrebbe andare più in là. Non è forse lontano dal vero l'attribuire alla Prussia un progetto, il quale consisterebbe nell'annessione dell'Oldenbourg, dando a quel duca lo Schleswig-Holstein. Informazioni avute da Vienna portano che la missione del Generale Manteuffel colà aveva per iscopo di offrire alla Austria la garanzia dell'integrità dell'Impero a patto che l'Austria adotti i piani della Prussia ne' Ducati. In questo caso la soluzione nazionale ne' Ducati sarebbe

fatta, contro la logica di principii ma non contro la logica degli interessi,

a nostre spese.

Se l'Austria non accetta di lasciarsi trascinare dalla Prussia, potrà nascere fra le due Potenze quello screzio che è forse l'occasione attesa lungamente da'll'Imperatore. Avrà a1lora la Prussia il cora,ggio di passare il Rubicone e accor

darsi colla Francia? Ecco le incertezze che spiegano la nostra riserva, riserva dettata sopratutto dal dubbio di poter ora far noi un atto che sia efficace, come conviene all'Italia. Volevo scriverti due righe. Mi lasciai trascinare a far un letterone semi inutile, perchè Minghetti ti scrive delle stesse cose.

(1) Cfr. n. 575.

574

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, pp. 178-179)

L. P. Torino, l marzo 1864. Da molte parti mi è confermato quel cenno che voi deste a Visconti cioè il formarsi di una coalizione di Russia, Prussia ed Austria. Ciò non mi sorprende; è la reazione contro il programma dell'Imperatore per il Congresso, ed era naturale che sorgesse. Questa coalizione non si proporrà certo di essere offensiva rispetto alla Francia, ma vorrà isolarla, renderla impotente in Europa. Rispetto all'Italia potrà divenire offensiva col tempo. Ciò mi sembra un pericolo grave sul quale chiamo tutta la vostra attenzione. Contro tale pericolo la vera la sola, la grande politica sarebbe l'alleanza d'Inghilterra, Francia e Italia: oltre l'interesse comune, i principii comuni, anche la soluzione delle questioni più flagranti sarebbe facile. Sventuratamente se un momento siamo stati vicini all'ottenimento di tale intento, ora mi pare che ne siamo dilungati. L'idea dell'Imperatore che fra Austria e Prussia nascerebbero dissapori mi pare smentita dai fatti. Intanto gli eventi camminano, e l'Imperatore col suo silenzio e colla sua aspettativa li lascia svolgere. Quando Pasolini ebbe a lui esposto la condizione nostra, i disegni nostri, quello che noi cl'edevamo possibile, egli rispose: Je crois qu'iL faut aviser. Dites au Roi que je vais y réfléchir sérieusement. Tali erano le sue parole. Sono passati quasi due mesi. Non sarebbe questa opportuna circostanza per fargliene ricordo? Sebbene io creda che la coalizione minacci l'Italia più che lui: pure non so comprendere questa politica che dopo una sì grande proposta come quella del Congresso, si raccoglie e lascia addensarsi le nubi di una tempesta avvenire. Vogliate dunque invigilare attentamente, raccogliere il più possibile notizie; e qualora queste notizie di coalizione vi paiano prendere consistenza, giudicate se non fosse il momento di chiedere udienza all'Imperatore, e pren

dendo occasione delle parole dette a Pasolini sentire su qual condotta si proponga di stare...

575

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. CONFIDENZIALE RISERVATISSIMA. Torino, 1 marzo 1864.

Gravissimo è il tema della tua lettera del 20 (1) recatami dal tuo cameriere. E ciò che mi annunzi, sebbene non di preciso, pur balenava nel mio pensiero, e da varii indizii mi era indicato; sicchè mi dolse, non mi sorprese. Imperocchè dal giorno che l'Imperatore fece la sua splendida proposta, e la Russia la accolse con mal viso, da quel giorno la possibilità di una coalizione reazionaria mi parve discendere come conseguenza di quelle premesse. A te pare che l'unione personale sia per così dire il motto d'ordine di questa coalizione, non so se la Russia voglia andar sin là in Polonia; ma quanto all'Austria essa non potrà mai neppure discutere la possibilità di una tale soluzione. Per lei sarebbe meglio barattare la Venezia, che darle armi, tesoro, e amministrazione separata sotto lo stesso scettro. Io credo adunque che il fine della coalizione possa andar molto più oltre. Isolare la Francia, e rendere impotente l'Imperatore; soffocare la Polonia, disfare un giorno l'Italia. Come contrapporsi a questa coalizione nei suoi inizii? Il vero il solo gruppo che potrebbe annichilire siffatta minaccia sarebbe l'alleanza d'Inghilterra, Francia e Italia. E dopo il contegno della Russia susseguente al congresso, mi parve che fosse trattabile. Aggiungerò che vi fu un momento in cui la cosa era prossima. Sventuratamente l'Imperatore in quel momento stimava probabile che Austria e Prussia lungi dall'accordarsi fra loro e colla Russia sarebbero condotte a maggiori dissensi fra loro. Ma il fatto ha smentito questi pronostici, e intanto le diffidenze, le gelosie inglesi rendono ora più difficile il grande intento, sebbene non impossibile. Appoggiare le minori potenze germaniche e la dieta nei suoi concetti di nazionalità. Anche questo pensiero non sfuggì alle nostre combinazioni; a questo effetto Anselmo Guerrieri viaggiò in quelle provincie, e si accordò col Roggenbach che è pure l'uomo più liberale, e che per la posizione del duca di Baden può avere grand'influenza. Guerrieri tornerà fra breve: ma parmi che in quelle minori potenze prevalga a tutto la paura della Francia. E la riunione di Wurzbourg fu così fiacca e senza conclusione da rendere anche più debole il tenue filo a cui questo si attiene.

Resta eziandio l'ipotesi rivoluzionaria ([par. ill.] che Gallizia e Ungheria si agitano) nè questa ancora vuoi ripetersi, ma a suo tempo. Ad ogni modo io ti prego di vegliare attentamente. D'altra parte avrò fra breve maggior contezza del come l'Imperatore giudichi questa tempesta che sorge, e ti scriverò di nuovo.

P. S. -Spero che questa legge della perequazione finirà bene dico bene, fermo il principio con un temperamento per graduarne l'applicazione. E sarà l'ultima. Ma se tu vedessi l'ira dei Piemontesi, la giudicheresti soverchia.

Si dice che la Russia abbia proposto perfino la garanzia del Veneto al!'Austria se essa si accosta a questa politica».

(1) Di questa lettera, conservata in BCB, Carte Minghetti, si pubblica solo il brano seguente: « Essa (la Russia) tenta di formar di nuovo una coalizione del Nord: cerca ogni mezzo di condurre l'Austria e la Prussia a condizioni che ella possa accettare. La coalizione del dispotismo contro la libertà. L'unione personale è forse l'ultima proposta di questo patto. Unione personale a Kiel, a Varsavia, a Venezia: tre questioni intimamente legate fra loro.

576

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 224, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 1 marzo 1864 (per. il 4).

Vu ce matin baron de Roggenbach. Il m'a lu télégramme portant adhésion de la plus part des Etats représentés à Wurtzbourg pour voter jeudi à Francfort contre motion austro-prussienne tendant à mettre confédération germanique hors de cause et substituer leur action politique dans les Duchés à celle de la confédération germanique. Baron de Roggenbach espère vote favorable à politique états secondaires allemands tendant à isoler les deux grandes puissances allemandes. S. E. croit conférence proposée dernièrement par Ang'leterre, difficile pour tous, inacceptable pour la Confédération. Espère que France maintiendra que Diète doit etre représentée. S. E. est d'avis: l) que la Diète ne peut jamais accepter conférence sur les bases du traité de Londres. 2) En cas conférence, qu'il faut en élargir cercle à d'autres états non signataires traité de Londres. 3) Considère important que Italie fUt engagée à conférence pour .le réglement question dano-aHemande. H m'a témotgné désir, comme ministre de Bade, que nous mettions pour condition préalable que la Diète germanique y soit représentée. S. E. désire connaitre les vues du Gouvernement de S. M. à ce sujet.

577

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE CIFRATO 6. Amburgo, 1 marzo 1864 (per. il 4).

Le Marquis de Rivière, après avoir eu une audience du Roi, mercredi dernier, a quitté Copenhague. Il s'est rendu au Quartier Général danois et puis, traversant le camp de l'armée alliée, est arrivé hier à Hambourg où il a trouvé une dépeche lui prescrivant de s'y arreter jusqu'à nouvel ordre.

La combinaison projetée par l'Empereur Napoléon serait de faire la réunion du Danemark proprement dit à la Suède et à la Norvège, dans la personne du Roi de Suède, et, par la réunion sur une seule tete des trois couronnes, constituer dans la mer Baltique une Puissance maritime assez forte contre la Russie. L'actuel Roi du Danemark qui est de race allemande, serait nommé Grand-Due du Schleswig-Holstein et du Lauenbourg.

Ce projet de l'Empereur Napoléon, comme V. E. le voit, présente beaucoup de difficultés. Les nouvelles ci-dessus rapportées proviennent de bonne source, mais je n'ose pas les garantir.

(1) Al r. 4.

578

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA,

AL GENERALE DABORMIDA

(AS Biella, Carte La Marmoca)

L. P. Napoli, l marzo 1864.

Comunque io riceva di quando in quando delle tue notizie, o da mio fratello Edoardo o da >alcuni amici, >sento il bisogno di chiedertene direttamente, che se non mi potrai scrivere tu stesso, ne vorrai incaricare tuo figlio.

Sono rimasto tre giorni a letto per una lombagine come quella che mi molestò quando sul principio del 60 sortimmo dal Ministero.

Il Principe Umberto è partito per la Sicilia senza che ben si sappia dove andrà poi. Il suo soggiorno a Napoli è stato utilissimo massime per l'animazione che ha dato al Carnevale, che negli ultimi anni dei Borboni era triste. Il paragone che se ne faceva da tutti è naturalmente intieramente a favore dell'attuale famiglia regnante. Il Principe si adattò pure anche con bel garbo a visitare i ~stabilimenti e ad assistere a riunioni non sempre dilettevoli. Si è pur anche molto divert1to a caccia, che è qui assai più abbondante che da voi. Riguardo alle cose militari sarebbe certamente desiderabile che studiasse di più, ma le cose di piazza d'armi, le fa volentieri e assai bene. L'ultima manovra di brigata da lui comandata andò benissimo. Vi erano 8 battaglioni di linea, 1 bersaglieri, 2 ,squadroni e 8 pezzi. Assistevano a quella manovra Clotur molti e brillanti spettatori d'ambo i sessi.

Dei miei rapporti col Ministero è meglio che non te ne parli. Non passa giorno che io non riceva dall'uno o dall'altro Dicastero qualche grave dispiacere quello dell'interno poi continua a farmi attaccare sui giornali da lui pagati. Sto ruminando che cosa mi convenga di fare. Ti prego però a non parlarne.

579

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 3. Francoforte, 2 marzo 1864 (per. il 5).

A mesure que la lutte se prolonge en Schleswig, et que d'un autre còté l'on sait de moins en moins à quoi s'en tenir sur les véritables intentions de la Prusse après l'issue de la campagne, l'opinion publique en Allemagne se préoccupe de plus en plus de l'attitude de l'Italie et du parti qu'elle pourrait tirer des complications allemandes pour compléter son unité par la conquete de la Vénétie. Quoique l'on soit à peu près sur que si la lutte s'engageait pour ainsi dire corps à corps entre l'Autriche et l'Italie sans le concours de la France, l'armée autrichienne ne serait aidée par aucun de ses Confédérés surtout dans les conditions d'antagonisme où se trouve actuellement l'Autriche avec les

Etats secondaires et qu'ainsi les chances seraient à peu près égales, l'an croit cependant que l'Italie ne tentera rien sans qu'une puissante diversion opérée par les armées françaises pour s'emparer de la rive gauche du Rhin, ne vienne lui faciliter considérablement les moyens d'arracher Venise à la domination qui l'oppresse.

Ainsi, dans l'opinion générale, la question de la Vénétie se trouve pour le moment intimement liée à celle du Rhin, et ce ne serait que lorsque celle-ci viendrait à se produire que l'autre devrait simultanément se résoudre.

Partant de cette première base d'appréciation qui enchaine une question à l'autre, l'an en est arrivé nécessairement à se demander quels peuvent étre les plans secrets de l'Empereur Napoléon pour mettre à exécution des projets que l'an sait avoir été le réve de toute sa vie, et qui, en faisant de la France le .plus beau royaume du monde, affermiraient puissamment la Dynastie Napoléonienne ,en la rendant éminement populaire. De l'avis de tout le monde, jamais occasion plus belle ne s'offrira à l'Empereur pendant tout le cours de son règne, et on la regarde comme d'autant plus inéspérée qu'au lieu du prétexte qu'il cherchait pour réaliser ses ambitions, les convoitises prussiennes sont venues leur donner un caractère tout particulier de justification. Aussi le croit-on positivement décidé à en profiter; seulement persuadé camme il parait l'étre que, plus il interviendra tard dans le débat, plus il y arrivera fort, l'an suppose qu'avant d'avoir recours à la guerre, il voudrait essayer de mettre à profit les appétits de la Prusse en Holstein, pour obtenir pacifiquement par des considérations de compensation territoriale ce qu'il est résolu de demander plus tard, en cas de non réussite, à. des moyens plus énergiques. Un puissant élément de succès que l'an fait valoir pour arriver à ce résultat, c'est que depuis deux ans les Provinces Rhénanes sont soumises à un travail incessant d'assimilation française dont la première base a été le traité franco-prussien et qui par la perspective d'intér,éts commerciaux plus étendus, a déjà porté ses fruits.

L'an s'attend bien à ce que l'Angleterre s'opposera de toutes ses forces aux tentatives françaises de quelque manière qu'elles se produisent, mais fourvoyée comme elle se trouve actuellement dans une politique sans issue, et redoutant par-dessus tout une conflagration générale, l'an croit qu'elle ne se montrerait peut-étre pas aussi violemment hostile que par le passé à l'agrandissement de la France, pourvu qu'il s'arrétat aux frontières de la Belgique.

Tel est en résumé, M. le Ministre, ce qui se dit ici relativement aux complications que pourrait faire naitre la guerre avec le Danemark suivant les avantages que voudrait en tirer la Prusse. Il n'est pas besoin d'ajouter qu'entre les deux combinaisons pacifiques ou belliqueuses auxquelles l'an suppose que l'Empereur veut avoir recours, la seconde seule est regardée camme nous étant particuUèrement favorable, et que l'on est ,convaincu en Allemagne que ,}'Italie ne sortira pas de son attitude expectante jusqu'à ce que, en prenant une tournure décisive, les événements viennent indiquer tout à la fois, à l'Empereur Napoléon, et à l'Italie, la résolution qu'ils doivent prendre.

580

L'INCARICATO D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE CIFRATO 7. Amburgo, 2 marzo 1864 (per. il 5).

On m'assure que le but de la mission secrète du Marquis de La Rivière a été d'encourager le Danemark à la résistance. L'Empereur Napoléon voudrait occuper longtemps les forces militaires de l'Autriche et de la Prusse dans le Nord de l'Europe pour des raisons faciles à supposer. On prétend que l'Autriche veut saisir la première occasion de se retirer du Schleswig-Holstein et de laisser toute la guerre sur les bras de la Prusse avec des conditions préalablement concertées entre elles.

La nouvelle de l'arrivée d'autres troupes prussiennes m'a été donnée par le Ministre de Prusse.

Ce Ministre des Affaires Etrangères, auquel je viens de parler, n'en sait rien. Cela prouverait encore une fois que le Gouvernement prussien n'a pas trop de méì1agements vers les Etats allemands.

581

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Pietroburgo, 2 marzo 1864.

Eccoti la Memoria che dietro il tuo consenso inviai a Parigi (1): essa per me contiene la esatta situazione della politica europea. Io non vorrei che le mie parole e i miei dispacci ti avessero offeso, me ne dorrebbe altamente, ma io non posso dissimulare il mio pensiero. Credo che una dichiarazione favorevole alla Germania fatta da te alla tribuna avrebbe prodotto un ottimo. effetto. Ma comunque sia fate agire tutti i vostri mezzi per impedire la riunione delle Conferenze. Io oggi spero che queste non si riuniranno ma aprite gli occhi e state attenti. I miei saluti a Minghetti e ai colleghi vostri.

ALLEGATO

PEPOLI A NAPOLEONE III

Pétersbourg, le 29 février 1864 .

... Sire, je ne puis dissimuler que je vois avec une grande inquiétude la réunion de ces Conférences. Je crains que les véritables principes nationaux ne soient sacrifiés aux intérets d'une politique mesquine. Je crains qu'on n'adopte une de ces

solutions batardes qui ne satisfont personne et qui laissent intactes les germes de la guerre et de la révolution...

Vous proposez le Congrès, Sire; au lieu d'accueillir cette proposition dictée par un esprit de conciliation et de justice, on crie contre Vous, on accuse Votre ambition. C'est la prépondérance de la France qui est un danger pour le monde; tout autre danger s'amoindrit auprès de ,celui-là. Il faut ,que ,sans délai les autres quatre Grandes Puissances se tendent la main. La libre Angleterre ne craint de la tendre à la Russie sur le cadavre de la Pologne. ,L'Autriche et la Prusse se rapprochent en oubliant Olmiitz. Comme en 1840 la diplomatie organise l'entente morale des quatre Grandes Puissances.

Par là la Russie non seulement force l'Europe à assister impassible aux funérailles de la Pologne, et dissipe l'orage qui s'était amoncelé sur sa tète, mais elle réunit autour d'elle toutes les Grandes Puissances et tourne contre la France la coalition qui la menaçait; manoeuvre habile et hardie qui était sur le point de réussir lorsque la question des Duchés éclata.

La Prusse et l'Autriche sont forcées de marcher contre le Danemark. La Providence force l'Empereur François-Joseph à devenir le champion d'une cause nationaie. Ses canons sur l'Eider tirent sur le drapeau qui flotte en Vénétie. Les soldats qui doivent défendre le quadrilatère sont employés à démolir le Danewirche...

En définitif, il me parait évident que cette question vous offre l'occasion de regagner le temps perdu. L'espace qui sépare les Duchés de la Pologne est plus court que celui qui la séparait de l'Italie. Vous rétrécissez le cercle; vous avancez sans combattre, sans verser une goutte de sang. C'est dans le camp ennemi que vous planterez votre drapeau. Je crois que la Russie vous écoutera si vous lui dites qu'en s'associant à vous elle sera à la tète de toute l'Allemagne.

Malheur à la dynastie des Hohenzollern si elle laisse échapper cette occasion de ressaisir sa prépondérance en Allemagne. Le peuple ne pardonne jamais au Roi les lachetés. Abandonner la cause des Duchés sous la pression de la réaction de l'Europe serait une lacheté. Livrer sa patrie pour fortifier la Russie à Varsovie et l'Autriche dans la Vénétie et dans la Hongrie serait une démence. Ameuter contre soi toute l'Allemagne, quand on peut marcher à sa tète, serait un crime contre soi-mème.

Non, la Prusse ne se suicidera pas. Appuyée par Vous, elle ne reculera pas, Sire. Dans ma lettre du mois d'octobre dernier je Vous disais: « Je crois que jamais r6le plus éclatant n'a échu à un Souverain d'un grand peuple •. Eh bien! ma prophétie est bien près de s'avérer! Dans les Conférences qui vont s'ouvrir, au lieu d'une défaite morale que vos ennemis Vous ont préparée, Vous trouverez les éléments d'une victoire certaine. Les discours des membres de l'opposition du Corps législatif vont recevoir un éclatant démenti. Sans tirer un coup de canon vous serez écouté. La fierté nationale des autres peuples peut se révolter quand vous leur parlez au nom de la France, la main appuyée sur l'épée. Tout le monde s'inclinera quand vous leur parlerez au nom de la Liberté et de la Justice.

La Pologne, l'Italie, la Grèce et l'Allemagne ont les yeux tournés vers Vous, Sire. Elles vous demandent de déjouer les calculs ambitieux de leurs éternels ennemis; d'empècher que la campagne entreprise par la réaction contre la démocratie nationale allemande triomphe. Soyez, S'ire, dans les Conférences le défenseur des nationalités. Elles Vous ont confié leur drapeau. Vous seul pouvez montrer aux Gouvernements européens qu'en 'soulevant ce drapeau jusqu'à la hauteur du tr6ne on le purifie des souillures qui lui infligent les partis extrèmes quand on le livre à leurs passions désordonnées...

(1) Dell'allegato si pubblicano soltanto alcuni brani.

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

T. 93. Torino, 3 marzo 1864, ore 14,35.

Huit bàtiments autrichiens se trouvent aujourd'hui à S. Leuca. D'après nos informations la plus grande partie de la flotte autrichienne restera dans l'Adriatique et la Méditerranée: quelques bàtiments seulement se rendront dans la mer du Nord. Il parait qu'un bàtiment danois a été pris par les autrichiens.

583

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17. Parigi, 3 marzo 1864 (per. il 5).

Portai a notizia di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys quanto l'E. V. mi scrisse con dispaccio del 2.7 ultimo (1) in ordine alla questione dei beni situati nei Principati rumeni e già appartenenti ai conventi dedicati. Questo signor ministro degli affari esteri, nel ringraziarmi della fattagli comunicazione, mi annunziò che il Gabinetto di Londra s'era anch'esso finalmente pronunziato in favore del principio di secolarizzazione e di equa indennità sostenuto dall'Italia e dalla Francia. L'accordo su questa base ebbe luogo tra Parigi e Londra per mezzo di uno scambio di lettere. Una comunicazione analoga a quella fatta dal Governo francese al Governo inglese sarà diretta dalla Francia all'Italia, e così le tre potenze si presenteranno alla conferenza di Constantinopoli, mosse dal medesimo intento.

584

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 179-181)

L. P. Parigi, 3 marzo 1864.

Non v'è dubbio; la proposta del Congresso e la questione polacca hanno ricongiunto le fila della vecchia coalizione dell'Austria, della Prussia e della Russia. Se l'accordo delle tre potenze non è scritto in un trattato, è nella natura stessa delle cose e nella forma logica degli eventi. Voi giudicate molto esatta

mente quando dite che questa coalizione è più pericolosa per noi che per la Francia, e quando vi contrapponete come rimedio un'alleanza fra Francia, Inghilterra ed Italia. Sventuratamente i nostri sforzi furono finora senza gran risultato ed ecco perché: l'Imperatore non vuoi fare la guerra in favore della Danimarca, ed anzi è favorevole al principio di nazionalità invocato dalla Germania. L'Inghilterra invece è portata dai suoi interessi e dal suo rispetto pei trattati a favorire la Danimarca contro l'Allemagna, e non amerebbe la formazione di un regno scandinavo, vagheggiato dalla Francia. Quindi scissione profonda su questo primo punto. In secondo luogo l'Imperatore pensa alla Polonia, mentre l'Inghilterra considera oramai questa questione come un anacronismo. Scissione adunque anche su questo secondo punto. Entrambe le potenze poi non amano la guerra e vorrebbero evitarla. Qui in Francia il corpo legislativo, il Senato, i Ministri, la borghesia hanno una vera rabbia di pace. Il solo punto in cui la Francia e l'Inghilterra si incontrano è la questione veneta. Ma finora è quasi una passione platonica e né l'una né l'altra vi trovano i loro interessi abbastanza impegnati perché si decidano a levare la spada. Perché si decidessero bisognerebbe che la questione veneta fosse sollevata colla flagranza del fatto. Finché è posta sul terreno, meneranno il can per l'aia e non si conchiuderà nulla.

È dunque un fatto ben chiaro che la questione danese dall'un lato e la polacca dall'altro invece di condurre ad un riavvicinamento la Francia e l'Inghilterra, condussero a un accordo tra l'Austria, la Prussia e la Russia, e forse la stessa Inghilterra, giacchè è indubitato che se la conferenza per gli affari di Danimarca ha luogo, se la Danimarca, come pare oggi più probabile, finisce per accettare, la Francia vi si troverà in un certo isolamento rimpetto alle altre potenze.

Se questa minaccia di coalizione avesse per risultato di spingere la Francia a pigliare un'iniziativa, quasi quasi sarebbe a benedire. Ma l'Imperatore, sempreché lo spettro della coalizione s'appresenta, raddoppia di cautele, e piuttosto che combatterla apertamente, cerca di sciogliere la coalizione per altre vie tentando di tirare a sè ora l'una ora l'altra delle parti coalizzate. L'Imperatore non fu mai così lontano come ora dal tentare imprese ardite ed arrischiate. In tale stato di cose il domandargli che cosa intende fare è inutile. La risposta sarà come due mesi fa: aspettare. Certo per lui è cosa agevole. Nulla lo minaccia. Può attendere tranquillamente che il prindpio di nazionalità prosegua lentamente ma sièuramente la sua vittoriosa carriera attraverso la vecchia Europa. Ma per noi la posizione è ben altra.

Io credo che se noi dobbiamo nuovamente interpellare l'Imperatore dobbiamo presentarci a lui con un piano fatto. Quale può essere questo piano? Una alleanza con l'Inghilterra? Lo credo impossibile. Piuttosto che favorire una conflagrazione che sia utile alla Francia, l'Inghilterra si riaccosterà, se già non lo fece, alle tre corti del Nord. Attaccar noi l'Austria nella Venezia? Non lo credo nè savio nè prudente partito. Rimane il partito di sollevar la Galizia. l'Ungheria e la Croazia. Non credo che spiacerebbe qui. Ma qui non si farà

nulla per aiutare il movimento. Ora come da noi si potrebbe promuovere ciò? Non ho dati sufficienti per giudicare. Ho bisogno di conoscere su ciò le vostre idee e quene di Visconti. Trasportare la questione daHa Danimarca e da Varsavia, nella Croazia, nell'Ungheria e nella Galizia, sarebbe certo un movimento molto abile e molto utile. Quando l'Austria avesse imbarazzi gravi da quel lato, la questione veneta si porrebbe di per sé, e in ogni caso la potremmo porre noi. La questione della Venezia diventa flagrante, l'accordo della Francia e dell'Inghilterra su questo terreno (e su questo solo) diventa possibile.

Riflettete a queste cose, controllatele con quanto scrive d'Azeglio e con quanto vi giunge d'altronde, e scrivetemi. La sola urgente e ineluttabile necessità forzerà la Francia e l'Inghilterra ad agire d'accordo.

P. S. Vi prego di leggere questa lettera a Visconti.

(1) Non pubblicato,

585

IL PRINCIPE NAPOLEONE AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Parigi, 3 marzo 1864.

J'ai reçu vos deux lettres du 6 et 25 Décembre. Je vous ai écrit le 17 Janvier, malheureusement ma lettre est arrivée trop tard pour le courrier qui allait à S. Pétersbourg et depuis Nigra ne m'a pas prévenu en avoir, sauf à l'instant il me fait dire que dans une heure il a une occasion. J'en profite pour vous écrire un mot. Les événements ne m'ont que trop donné raison, étes-vous convaincu de l'existence d'une alliance Russe, Autrichienne et Prussienne? pour moi je n'en doute pas; elle a pour but l'écraisement de la Pologne, de l'Italie ensuite et de la France après si c'est possibLe. Rappelez-vous ce mot que j'ai trouvé dans une de vos dépèches si intéressantes que Nigra m'a fait lire, et qui disait que Lord Napier vous disait: • Alexandre est un prince allemand légitimiste • tout est là. Pour nous il n'y a qu'une alliance, la révolution, ne croyez plus à ces vilains Russes, ils vous enguirlandent, sont vos ennemis et les nòtres. Hors de l'alliance de la révolution et des nationalités il n'y a qu'abime pour nous. Je vous félicite de la netteté, de la claireté et de la rédaction des deux dépèches que j'ai lues.

Ici à l'intérieur nous n'allons pas du tout tant que M. Drouyn de Lhuys

sera aux affaires, cela ira mal, nous ne ferons absolument rien; à l'intérieur il

y a un grand affaiblissement. L'Empereur s'endort. J'ai eu le malheur de perdre

un de mes amis que vous connaissiez, M. Pietri, mon seul ami politique au

Sénat. L'Italie a perdu un ami de sa cause. Les affaires de Danemark traineront

en longueur; c'est un gachis, le printemps amènera des événements, en Pologne

soyez certain d'une recrudescence du mouvement.

Mes amitiés à ma cousine, ma femme est enceinte, elle vous dit mille

choses...

586

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP)

L. P. Berlino, 4 marzo 1864.

J e vous remercie de m'avoir permis de prendre lecture de vos dépeches confidentielles du 31 Janvier et du 13 Février (1). La première a été remportée par le Courrier Collino, j'ai donné cours à la seconde, dont j'ai eu soin d'envoyer une copie à Nigra avec votre recommandation.

J'ai lu tous ces détails avec un vif intéret, quoique nos vues ne concordent pas entièrement. Vous voudriez un peu devancer les événements. Je les attends parce que je crois que le moment viendra pour nous de tirer profit d'une situation qui tend de jour en jour à se compliquer. Je crois donc notre politique expectante parfaitement justifiée. Démasquer trop tòt nos batteries aurait de graves inconvénients, car en politique le succès dépend beaucoup de la question d'opportunité, ce qui n'empeche pas que nous armions jusqu'aux dents pour nous tenir pr,ets à toutes les éventualités. Je vous donne raison en théorie, mais nous sommes encore séparés sur le terrain pratique. Il ne s'agit aujourd'hui ni de combattre pour, ni contre la nationalité allemande, mais de savoir attendre que nos adversaires montrent davantage le défaut de leur cuirasse à l'Italie, à la France et si possible à l'Angleterre. La logique des intérets doit primer dans la vie des nations sur la logique des principes. D'ailleurs, je ne suis nullement édifié sur la valeur du prétendu mouvement national en Allemagne. Je ne vois dans les Etats secondaires qu'un état de défaillance, des courbettes sans fin devant l'Autriche et la Prusse, qui, si o n les laisse faire, peuvent tout se permettre pour comprimer les velléités du peuple germanique. Vous y trouverez partout des hableurs, des ergoteurs émérites, mais pas un chef de parti devant lequel les masses s'enclinent; mais ce qui fait surtout défaut ce son les hommes d'action. Décidemment la race germanique de nos jours est une... taillable et corvéable dans toute l'extension du mot. Demain le Roi de Prusse, entre autres, ferait un coup d'Etat, octroyerait une nouvelle Constitution qui aurait pour résultat d'amener une Chambre composée de membres délégués par les Etats provinciaux, eh bien! personne ne bougerait, chacun continuerait à payer les impòts, et meme prendrait des coupons d'un nouvel emprunt. Je ne parle pas des autres Souverains et peuples de la Confédération. Leur attitude n'est sérieuse ni au point de vue libéral, ni au point de vue national. Le camp de Wurtzbourg fait plongeon dès que les Cabinets de Vienne et de Berlin font mine de résistence. L'opinion publique bat la campagne sans plan préconçu et qui plus est, avec une mauvaise foi, dont nous devons prendre acte. Elle voudrait bien séparer le Schleswig du Danemark, mais sans tenir compte que la moitié au moins de ce Duché est de race danoise. Le parti le plus avancé, la démocratie, pour obtenir ce démembrement, consentirait mème à garantir à

40 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

l'Autriche ses possessions extra-fédérales. Je n'invente rien, cela est écrit tout à l'heure dans un article du Journal du peuple qui s'imprime à Bel'lin et qui a 40 m. abonnés. En d'autres termes, l'Allemagne veut bien, sous de faux semblants de nationalité, s'agrandir aux dépens de ses voisins, mais sans respecter chez les autres ce mème principe. Et nous chercherions à nous concilier dans ces circonstances l'appui moral de ce pays, en rompant le silence, qu'à mon avis nous avons sagement gardé jusqu'ici dans cette question des Duchés. Je ne saurais dans ma correspondance le conseiller au Gouvernement. J'ai seulement cherché sous main à tailler des croupières à l'alliance austroprussienne; mais jusqu'ici j'ai échoué.

Ce qui nous importe bien plus, c'est de travailler à faire sortir la France de son attitude de réserve, en lui présentant le tableau assombri de la coalition qui de jour en jour se forme entre les trois Puissances du Nord. A cet égard, il me semble qu'on ne saurait avoir aucun doute. Je ne me fie guère à la parole du Prince Gortschakoff: les temps sont finis où la Russie se fairait l'exécutrice des hautes oeuvres de La réaction • à moins qu'il ne veuille dire par là que désormais on remplira à trois le ròle dévolu à l'Empereur moscovite. Les indices de la coalition pleuvent de tous còtés, pour ne citer que celui de la proclamation de la loi martiale en Gallicie et à Cracovie. J'espère qu'à Paris on ouvrira enfin les yeux, et qu'on préparera des contre-mines pour éventer les menées souterraines de nos ennemis communs. On prétend cependant que rien ne sera changé à la politique des Tuileries, tant que l'Archidue Maximilien ne sera point ,embarqué pour le nouveau monde qui, d'après la pensée première de l'Empereur, devrait fournir des éléments de compensation aux Princes dépossédés dans l'ancien.

En attendant, la situation est loin de s'éclairer. L'Angleterre se bat vainement les flancs pour faire accepter son feu roulant de propositions conciliantes. Les conférences restent pour le moment suspendues, comme le tombeau de Mahomet, entre ciel et terre. Ce qui parait assez certain c'est que la guerre continuera, que la Prusse finira par se faire délivrer, malgré les répugnances de l'Autriche, un lascia passare pour le Jutland, dont elle mobiliserait ainsi la frontière, comme elle a déjà à peu près mobilisé toute son armée, afin de pouvoir au besoin en retourner une partie contre l'Allemagne, si elle fairait mine de contrarier ses mouvements. La guerre prendra donc une plus grande extension vis-à-vis du Danemark, bien décidé à la résistance parce qu'il compte tòt ou tard sur des alliés. Laissons donc mùrir la situation, tout en poussant la France à se joindre bientòt à l'Angleterre pour rompre le faisceau de la coalition. J'avoue qu'alors nous ne devrions pas hésiter à soutenir une politique qui rangerait l'Allemagne parmi nos ennemis. D'abord, comme je l'ai dit plus haut, je ne fais pas grand cas des sympathies de cette nation pour l'Italie, et consents, dans la ,position où nous sommes, nous ne sommes pas appelés à faire étalage de sentiments nationaux en faveur de la race germanique, mais à assurer avant tout ,les ,conditions probables de notre propre existence. Quand nous aurons Venise et Rome, nous pourrons ètre logiques dans nos principes vis-à-vis d'autres, mais jusque là soyons parfaitement égo'istes en nous contenant à la logique des intérèts.

On a souvent parlé d'une garantie donnée par la Prusse à l'Autriche de sa possession extra allemande. Jusqu'ici autant qu'il me résulte il n'y a aucun accord écrit; mais cette garantie est dans la situation meme des choses. Il n'est donc pas nécessaire d'avoir le corpus delicti sous les yeux avant de nous préoccuper de cette éventualité.

J'ai reçu ce matin l'avis télégraphique du passage du courrier qui ne s'arretera qu'une heure ici, le temps nécessaire pour passer d'un train à l'autre. Je lui remets deux caisses à votre adresse: l'une venant de Dusseldorf, l'autre de la fabrique de porcelaine de Berlin.

P. S. Je remets également au courrier la matrice de vos boutons armoiriés.

(1) Cfr. nn. 491 e 533.

587

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 14. Londra, 5 marzo 1864 (per. l'8).

Ho visto jeri i miei Colleghi· di Francia e di Svezia e non pare che abbiasi gran fatto a notare nella situazione della vertenza Danese. Alcuni Inglesi m'assicurano che idee favorevoli alla Danimarca fan progr·esso. E ad ogni modo le sottoscrizioni ne fan fede essendosi in 10 giorni raccolti e mandati dai varii Comitati quasi 2•50 m. franchi. Intanto l'Austria seguita a Londra come a Parigi a far dare le assicurazioni le più rassicuranti mantenendo sempre l'osservanza perfetta del Trattato del 1852. Ho trovato il mio Collega Francese forse un po' disposto a temere se non che il Gabinetto Inglese parteggi coi Governi del Nord se venisse a stabilirsi un'intesa fra loro, almeno a non considerarla di cattiv'occhio come potendo impedire quello scopo unico di parecchi fra questi Ministri, lo estendersi della Guerra. Egli così teme perchè malgrado i continui suoi discorsi sul pericolo di una alleanza simile macchinata dalla Russia egli trova Lord Russell impavido e quasi indif:Eere:nte. Alla verità Egli sembra poter far calcolo maggiore sul liberalismo di Lord Palmerston. Da qualche giorno il Morning Post pubblica certi Articoli d'una strana energia e che sarà bene non attribuire, come al solito, alla influenza del Primo Ministro. Ricordandosi ·che, sebbene esso possa far inserire quei tali Arti:coli, intende però che il Giornale si riservi una certa indipendenza. Questi Articoli parrebbero dettati dalla Politica Francese o Polacca. Forse da ambedue. In quanto alla Conferenza essa sussiste sempre nelle stesse condizioni, cioè, sta in sospeso. Si pretende qua al Foreign Office che le notizie di Copenhagen lasciano ,sperare un buon risultato. Ma si è qua tutti d'accordo che, anche riunendosi i Plenipotenziari:, allora principieranno le difficoltà. Lord Russell pare non scoraggiato da tante sconfitte che ha dovuto toccare

nella sua politica e continua a confidare di poter con l'assistenza dell'Austria giungere a pesare sul risultato finale. E questo potrebbe fino a un certo segno spiegare un po' d'intimità che il Principe di Latour d'Auvergne crede rimarcare con la Russia. Essendo questa motivata dal desiderio di pesare sulla Prussia con l'influenza di Pietroburgo.

Ho visto jeri il Principe Czartorysky il quale molto si lagna dell'indifferenza che trova qua fra i Ministri.

Si son scambiate a Parigi comunicazioni confidenziali ma officiali tra l'Inghilterra e la Francia, sull'adottarsi in principio la secolarizzazione, come soluzione della difficoltà dei Conventi a Bucharest.

Lord Russell mettendo al solito un po' di timidità e di ritrosia e preferendo la cosa si passasse a Parigi e non qua, onde forse non capitasse alla conoscenza della Russia, ancora ignara del fatto.

Ho mandato un Telegramma su quanto mi venne risposto da Lord Palmerston, Lord Russell e l'Ambasciatore di Francia riguardo alla Missione del Generale Manteuffel a Vienna.

Jeri poi l'Ambasciatore mi ha ripetuto che questa Missione aveva tratto al rinnovamento della Convenzione militare e alla sua applicazione al Jutland.

Avendomi il Conte di Bernstorff parlato ultimamente di pretese offerte di ajuto fatte da noi alla Danimarca, ho potuto contraddirle; ma nell'istesso tempo avendo fatto menzione di promesse verbali a detrimento nostro fatte tra i due Sovrani, egli alla sua volta le contraddi e disse che questo scambio avea rapporto a conversazioni di data troppo remota per significar qualcosa parlandosi di tre o quattro anni fa.

Non ho scritto a V. E. per telegrafo il felice esito della vertenza Slythe a Malta perchè ho pensato che direttamente l'E. V. ne sarebbe stata informata. Ma credo non v'abbia il menomo dubbio che il Signor Console non sia persona grata alle Autorità dell'Isola. E farà bene tenerlo per regola della sua condotta.

588

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 11. Madrid, 5 marzo 1864 (per. il 10).

Nel mio ultimo rapporto notato col N. 10 (1), mi riservavo di portare alla conoscenza di V. E. quanto l'Eccellentissimo Signor Pacheco m'avrebbe detto nella prima conferenza che avrei con lui ufficialmente avuto. Il franco linguaggio tenuto da questo distinto uomo di Stato rianimò un poco il mio spirito abbattuto dalle continue insulse e melliflue ciarle dei quattro Ministri di Stato che con mio sconforto ebbi a vedere in questi ultimi due anni. Il Signor Pacheco è uomo dotto e liberale, due qualità che amici e nemici suoi non potranno per certo negargli, ma egli è ministro d'una Regina divota e perciò poco amica della prima dote di questo Statista, d'una Regina della Casa di Borbone e così naturale nemica della seconda. Ora è d'uopo vedere se la saggezza del Mini

stro potrà vincere le ritrosie della Corte, giacchè è necessario stabilire per base che la Spagna è un paese Monarchico assoluto con un simulacro di Co

stituzione, e che lo sguardo d'ogni politico non alle Cortes, ma all'Alcazar sta rivolto.

Il Signor Pacheco mi disse che era per me inutile che egli svolgesse il suo modo di pensare, giacchè a me era desso bastante noto; e che per essere oggi Ministro non aveva cambiato le sue opinioni di jeri. Amo l'Italia e desidero vederla grande: anelo il momento di vedervi liberati dal brigantaggio nel Napoletano, come spero che presto sarete padroni della Venezia, ma non posso partecipare a tutte le vostre allucinazioni su Roma. Il Papato è per me un'istituzione troppo grande per essere distrutta e credo che, supposto che riusciste nel vostro intento, sarebbe nell'avvenire più pel male che pel bene di Italia. Ma lasciando quest'argomento, che vedo non essere del vostro gusto, dirò che son Ministro della Regina di Spagna e non di rami dei Borboni, perciò io credo utile alla Spagna un'Italia forte, nè m'interessa che in Napoli vi sia un Principe della Famiglia regnante qui, giacchè finalmente non abbiamo neppur diritti alla successione ivi reggendo la Legge Salica. Perciò farò quanto potrò per unire le relazioni fra i due paesi; farò quanto potrò, dico, giacchè non sarei franco se vi dicessi che porrò questione di Gabinetto il riconoscimento d'Italia; no, ciò nol farò; ma coi miei colleghi lavorerò in questo senso. La memoria che conservo del Conte Cavour, la conoscenza fatta col Signor Rattazzi e poscia coll'attuale Ministro dell'Interno Signor Peruzzi, fece sì che non solo amo l'Italia come Nazione, ma anche l'apprezzo pei suoi distinti uomini di Stato.

(1) Non pubblicato.

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

T. 98. Torino, 6 marzo 1864, ore 13,35.

Reçu votre dépeche chiffrée du l mars (1). Je vous enverrai des instructions écrites par le prochain courrier. En attendant, vous pouvez assurer M. de Roggenbach qu'en cas où nous serions appelés à assister à des conférences pour la question danoise nous demanderions l'intervention de la Diète.

590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, JOANNINI

T. 99. Torino, 6 marzo 1864, ore 14,10.

Veuillez me dire si le choix du comte Della Minerva est agréé. Dans le cas affirmatif il sera munì des instructions nécessaires pour répondre aux ouvertures dons vous me parlez dans votre annexe ·chiffré du 12 février (2). Vous pourrez le laisser comprendre aux personnes dont il s'agit. J'approuve du reste votre conduite dans cette circonstance.

(1) -Cfr. n. 576. (2) -Cfr. n. 528.
591

IL MINI,STRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 14. Copenaghen, 6 marzo 1864 (per. il 14).

Les formidables dispositions permettent de croire que si la position de Duppel sera prise ce ne sera toutefois qu'après une résistance désespérée des danois. Ceux-ci se retireront dans les iles et alors sauf quelques nouveaux incidents diplomatiques commencera la résistance passive du Danemark. Les finances de ce pays sont en assez bon état pour lui permettre de continuer la guerre sans recourir à des moyens e~traordinaires. J'ajouterai en dernier lieu que le président du conseil compte non seulement sur la France et sur la Suède mais un peu aussi sur les embarras intérieurs de l'Autriche et sur l'Italie. Sur ce dernier point mon langage a été conforme à vos instructions, c'est-à-dire extrèmement réservé.

Me référant à ce que je vous ai précédemment écrit au sujet d'une alliance offensive et défensive entre les cours de Pétersbourg, Vienne et Berlin je dois ajouter qu'on prétend meme qu'elle a été déjà signée. Le bruit de tout cela vient de Stockholm. Vrai ou non j'ai cru devoir le répéter à V. E.

592

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 233. Londra, 7 marzo 1864, ore 14,35 (per. ore 16,50).

Russell paraìt disposé à seconder les démarches que le cabinet français, d'après ouvertures récemment faites par chevalier Nigra, fera à Vienne quant à convention Danube.

593

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 234. Londra, 7 marzo 1864, ore 16 (per. ore 19,20).

Malgré nouvelle du Jutland et navires autrichiens, l'Angleterre n'a pas changé son attitude pacifique et expectante. On espère que Danemark finira par céder. Autriche et Prusse acceptent armistice sur base de évacuation Alsen par danois, et Jutland par allemands.

594

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 241. Carlsruhe, 8 ma1·zo 1864, ore 21,12 (per. ore 0,45 del 9).

Baron de Roggenbach fort préoccupé situation actuelle des choses: croit Sainte Alliance assez avancée pour devenir envahissante. Il en craint les suites aussi pour l'Allemagne qui sera entrainée bon gré mal gré. Il a dit changement probable ministre de Prusse chez nous. J'attends occasion favorable pour vous rapporter long et important entretien avec ministre des affaires étrangères.

595

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 105. Torino, 9 marzo 1864, ore 16.

Oldoini mande de Carlsruhe que baron de Roggenbach est très inquiet de la situation et qu'il ,craint qu'Usedom ne soit menacé dans sa position.

596

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 15. Torino, 9 marzo 1864.

Colla Nota, di cui la S. V. Illustrissima troverà copia qui unita insieme ai suoi allegati, il Ministero della Guerra avverte che il Generale Montebello ha rifiutato di accordare l'estradizione del Capo banda Bernardino Viola, dichiarando inoltre nel modo più esplicito ch'egli non procederà all'arresto se non di coloro che commettessero reati compromettenti la sicurezza dell'armata di occupazione. Benchè il Ministro della Guerra speri che malgrado tale dichiarazione il comandante delle truppe Francesi non opporrà un rifiuto perentorio alle domande dei nostri Generali, credo bene richiamare l'attenzione della S. V. Illustrissima sugli inconvenienti che nascerebbero inevitabilmente qualora il caso del brigante Viola, e quelli, accennati nella nota che pure Le trascrivo, dei briganti Bevilacqua e Forte, dovessero essere seguiti da altri analoghi.

I fatti di brigantaggio, moltiplicatisi nelle provincie napoletane in segUito alla cospirazione permanente esistente in Roma contro di noi, hanno dato luogo a comunicazioni troppo frequenti e numerose fra il Governo del Re e quello dell'Imperatore perchè io richiami ora alla S. V. Illustrissima tutte le fasi di questi lunghi negoziati. Mi limiterò perciò a constatare che il notevole miglioramento avvenuto in questi ultimi tempi nei casi di brigantaggio specialmente nelle provincie che toccano il confine pontificio, si debba ascrivere sovratutto al sistema invalso d'accordo fra il Generale Montebello ed il Generale Lamarmora della consegna di fatto dei briganti la cui presenza in Roma era da noi

denunciata al Generale Francese. Poco importa che questa consegna avesse o non i caratteri di una estradizione regolare: il tacito assenso accordato dal Governo Francese bastava a fare di questo provvedimento la vera base della cooperazione delle truppe Francesi alla repressione del brigantaggio, la sola guarentigia valida a prevenire la continuazione o la rinnovazione di tali disordini.

Ora se le dichiarazioni del Generale Montebello, tendono soltanto a porre in salvo i principii e non mutano in sostanza la consuetudine invalsa, noi non ne impugneremo per certo la giustezza ed il valore teorico. Ma se, come avvenne nel fatto del brigante Viola, il Comandante delle truppe francesi si atterrà d'ora in poi alle massime da lui proclamate e non si occuperà che di soli quei fatti che possono compromettere la sicurezza delle truppe Francesi, noi saremmo costretti a far osservare che i principii più giusti possono avere in certe anormali circostanze un'applicazione assai improvvida e pericolosa. Pel fatto, per se stesso irregolare, della occupazione francese sussiste a Roma un governo che si sottrae da gran tempo a tutti gli obblighi che la giustizia e le convenienze internazionali impongono verso gli Stati vicini, ed alle obbligazioni

altresì che ogni autorità civile contrae verso i suoi governati. Mentre il Governo Pontificio rifiuta d'accordare l'estradizione dei malfattori chiesta dal Governo del Re, Roma è divenuta, per le condizioni particolari in cui da gran tempo si trova, il centro al quale accorrono in gran numero, non solo dall'Italia ma da altri paesi d'Europa, individui che sfuggono alla vigilanza di Governi più consci dei proprii doveri.

Ella troverà qui unita, Signor Ministro, una nota di 282 persone colpite nel nostro Regno da mandati regolari di cattura per fatti di brigantaggio o per altri reati e rifugiatesi a Roma o nelle provincie pontificie. Le nostre popolazioni non sono le sole che soffrano dell'impunità di cui tali individui godono negli Stati di Sua Santità. Le corrispondenze di Roma abbondano di notizie sui furti, sugli assassinii che in qualunque ora del giorno si commettono nella città eterna: né il Generale Montebello né l'Ambasciatore di Francia avranno potuto dispensarsi dal riferire al loro Governo quali siano attualmente le condizioni della pubblica sicurezza in Roma. A questo stato di cose, prodotto dal genere d'interna amministrazione non meno che dal sistema adottato dalla Corte Pontificia verso

il Governo Italiano, possono forse applicarsi convenientemente le massime cui allude il Generale Montebello? È egli possibile di non iS'costarsi dai principii teorici quando s'intende di puntellare il Governo temporale del Papa? Può il Governo Francese rimanere spettatore impassibile di quanto accade a Roma ed astenersi da ogni ingerenza nell'amministrazione romana? Io credo che la necessità di eccezionali provvedimenti non cesserà, finchè il Governo Pontificio, rimasto solo in faccia ai proprii sudditi, non si troverà costretto a meglio tutelare la loro vita e la loro proprietà.

597

AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

D. CONFIDENZIALE 4. Torino, 9 marzo 1864.

Je m'empresse de vous accuser réception de la dépeche Confidentielle

N. IX du 2 Mars, et de l'annexe chiffrée qui accompagnait la dépeche N. 4

L'aeeord qui s'est formé entre l'Autriche et la Prusse pour l'invasion du Jutland a rejeté sur le second plan la question des Conférences. Cependant je ne puis qu'applaudir à l'opinion que S. E. M. de Roggenbach vous a exprimée premier triomphe qui rendrait facile à atteindre son autre but, celui de faire sur l'attitude que la Diète Germanique devrait prendre au cas où cette proposition reviendrait sur le tapis. L'Angleterre acharnée à poursuivre la paix fera probablement tous ses efforts pour que la Conférence sur la question Danoise se compose exclusivement des puissances qui ont signé la Convention de 11852. L'exclusion de la Diète de la Conférence serait pour la politique anglaise un Affaires courantes (1). l'Allemagne. Cependant c'est pour ces Etats une question essentielle que celle plan par la politique sans façon de MM. de Rechberg et de Bismarck, la Diète de prendre part à ces nouvelles négociations. Rejetée violemment sur le second à Paris, il trouverait de notre part un empressement sincère et la plus entière discrétion. En effet il nous semble que si une entente directe entre l'Allemagne des stipulations de Londres la base unique des nouvelles négociations. De leur còté l'Autriche et la Prusse qui visent bien plus à humilier la Diète qu'à donner satisfaction aux prétentions de l'Allemagne trouveront sans doute plus commode d'exclure de la Conférence le Représentant des Etats secondaires de Germanique n'existerait plus, elle n'aurait plus aucune autorité morale en Allemagne si elle laissait se dénouer sans elle une question à laquelle les populations attachent tant d'intérèt. Pour se défendre les Etats secondaires n'ont qu'un moyen; celui de se rattacher fortement aux deux Gouvernements qui, seuls en Europe, ont embrassé la politique des nationalités sans atermoiements et avec franchise. Nous avons lieu de croire qu'à Paris on serait disposé à bien accueillir les propositions nécessairement secrètes, qu'on croirait convenable à Carlsruhe ou à Francfort d'y faire parvenir. Si le Baron de Roggenbach jugeait que ces propositions pourraient utilement passer par Turin pour aller et la France pourrait rencontrer des obstacles dans les souvenirs et les rancunes qu'ont laissé derrière eux les événements des premières années de notre siècle, rien ne serait plus utile au point de vue des intérets et mieux justifié au poipt de vue des principes qu'un accord entre l'Allemagne et le Royaume d'Italie. L'alliance de ces deux nations, qui s'appuyeraient secrètement sur la

France, serait peut-ètre le seui moyen de résoudre à la satisfaction commune, les difficultés existantes. C'est dans ce but et avec cet espoir que nous avons prié dernièrement S. E. M. de Roggenbach de sonder le terrain pour la reconnaissance du Royaume d'Italie par quelques-uns au moins des Etats secondaires de l'Allemagne. Sans nous laisser décourager par le peu de résultats des déma:nches que S. E. M. de Roggenbach a eu l'obligeance de faire à ce sujet nous continuerons à agir autant que possible d'accord avec le Gouvernement Badois. Je vous ai déjà fait connaitre sommairement par le télégraphe quelle attitude nous nous proposerions de tenir au cas où nous serions appelés à prendre part à des Conférences sur la question Danoise. Nous trouverions non seulement Iégitime mais nécessaire l'intervention de la Diète à cette réunion, et nous ne démentirions nullement dans cette circonstance les principes qui forment la base de notre politique intérieure et extérieure. Mais il est évident que l'Autriche cherchera de toute manière à nous exclure des Conférences dont il s'agit. Il n'y a qu'un seui moyen de couper court à ces intrigues. La France n'acceptera volontiers la Conférence qu'à la condition qu'elle ressemble autant que possible au Congrès proposé par I'Empereur. Puisqu'il est de l'intérèt de l'Allemagne que cette réunion internationale, dont on veut exclure la Diète, ne soit pas composée uniquement des puissances signataires de la Convention de 1852, et prenne une base plus large que celle établie par ces stipulations, les Etats secondaires allemands n'auraient qu'un moyen de réussir c'est de faire eux-memes d'accord avec la France, la proposition d'une Conférence générale pour la question Danoise à laquelle seraient aussi appelées à prendre part celles parmi les puissances européennes qui avaient adhéré à la proposition du Congrès. Cette proposition faite non plus par la France mais par la Diète trouverait peut-etre un meilleur accueil de l'Angleterre, qui, dans son désir de faire cesser la guerre, n'insisterait pas sur son refus antérieur. De toute manière la Diète aurait réussi à affirmer son autorité, à démontrer qu'elle ne veut

, pas se laisser effacer par la politique de la Prusse et de l'Autriche, à défendre devant l'opinion publique les droits de l'Allemagne.

En tenant à M. le Baron de Roggenbach un langage conforme à cette dépéche, dont vous ne lui laisserez pas copie, vous vous attacherez surtout à faire comprendre que ce n'est pas une proposition officielle que nous faisons. Le Gouvernement Badois désire que nous marchions d'accord avec lui: nous ne demandons pas mieux que le faire, mais nous désirons qu'on comprenne à Carlsruhe qu'un accord entre Bade et l'Italie ne saurait avoir toute son importance qu'autant que les autres Etats Allemands seraient disposés à suivre les conseils patriotiques et la politique éminemment libérale du Baron de Roggenbach.

P. S. -Je vous accuse en méme temps réception de vos dépèches aux

N. VII et VIII Confidentielle, et 10, 11 Politique, ainsi que des annexes chiffrées à plusieurs dépeches affaires courantes.

(1) Il primo non è pubblicato, il secondo è il n. 576.

598

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, TALIACARNE

D. CONFIDENZIALE S. N. Torino, 9 marzo 1864.

Le Chevalier De Martino m'a remis la dépeche confidentielle que vous avez bien voulu m'adresser le 26 février 1864 (1) et je m'empresse de vous remercier de cette intéressante communication.

Après avoir pris connaissance de l'annexe joint à votre dépeche, le Président du Conseil et moi nous avons cru que notre devoir était de la piacer sous les yeux de S. M. En attendant je me suis empressé de vous charger de remercier S. A. R. le Prince Oscar des sympathies qu'il exprime pour la cause italienne. Vous pouvez lui répéter, M. le Marquis, que notre vif désir est de rendre de plus en plus intimes et cordiales les rélations qui existent déjà heureusement entre les deux augustes familles Royales ainsi qu'entre les deux pays.

M. le Comte Corti partira dans les premiers jours de la semaine prochaine pour se rendre à Stockholm. Il aura l'honneur, avant de partir, d'etre reçu en audience par S. M. le Roi et se trouvera ainsi à meme de faire connaìtre à son arrivée à S. A. R. le Prince Oscar le point de vue sous le quel S. M. le Roi et son Gouvernement envisagent les différentes questions traitées dans l'annexe confidentielle de votre dernière dépeche.

En vous accusant réception en meme tems de vos dépeches N. l et 3 Confidentielles je vous prie d'agréer...

599

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 28. Berlino, 9 marzo 1864 (per. il 13).

La Gazette universeLle de l'Allemagne du Nord publie aujourd'hui une proclamation du Comité Vénitien d'action, et elle en déduit de telles conséquences que cet article semble plutòt écrit à Vienne qu'à Berlin. Il s'y trouve les insinuations les plus odieuses. J'avais un instant l'intention de me plaindre d'un langage si peu fait pour entretenir les bons rapports entre les deux Gouvernements, mais ayant déjà été dans le cas de faire des observations sur les publications de ce meme journal, qui ne cesse cependant de nous attaquer, je me borne à transmettre cet article à V. E. pour le cas où Elle croirait à propos d'en parler au Comte d'Usedom ou d'y faire répondre par un des organes les mieux accrédités de notre presse.

Je dois dire que M. de Thiele a désavoué maintes fois l'attitude de ce meme journal, et qu'une fois meme il lui a fait adresser une rémontrance.

Mais cette dernière circonstance prouverait à elle seule que cette Gazette est sous une certaine dépendance du Ministère, si M. de Bismarck ne m'avait dit à moi-meme, tout en lui refusant un caractère officieux, qu'elle mettait quelques-unes de ses colonnes à sa disposition. II est vrai que les représentants prussiens à l'étranger ont été chargés de lui dénier toute attache officielle ou officieuse.

(1) Non pubblicata ma cfr. nn. 543 e 556.

600

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 9 marzo 1864. La posizione continua ad esser la stessa. Nessun indizio d'una politica bellicosa da parte della Francia; nessun indizio d'un riavvicinamento tra Francia e Inghilterra. Gli articoli del Morning Post che si credevano ispirati di qui, non sono che l'espressione dei sentimenti personali di Bertin divisi non so in qual proporzione, da una parte del pubblico inglese. L'Imperatore persevera nel medesimo silenzio, e ripigliò da dieci giorni la sua vita di Cesare. L'Arciduca Massimiliano è qui da quattro giorni. Dicesi che parta sabato per Londra. Dal suo linguaggio pare oramai indubitato che va al Messico. La Francia gli lascerebbe 25000 uomini per un tempo da determinarsi. Quanto alla questione Danese l'Arciduca dice che l'Austria volle far da contrappeso ai progetti ambiziosi della Prussia ed agli ardori della Confederazione Germanica. Egli aggiunge che l'Austria non ha la menoma intenzione di pigliar l'offensiva contro l'Italia; ed è persuaso, dopo il colloquio avuto coll'Imperatore Napoleone, che per quest'anno non vi sarà guerra europea. Dal suo lato l'Imperatore Napoleone desidera vivamente che l'Arciduca vada al Messico, e quindi egli ménage l'Austria, perchè nessun incidente venga ad impedire la partenza dell'Arciduca. Del resto l'accoglienza cortese fatta all'arciduca non impedisce che uguali cortesie si facciano a noi. Recentemente fui invitato a pranzo alle Tuileries, con parte della Legazione, en petit comité, il che si fa rarissimamente coi Ministri esteri. Avantieri, malgrado la presenza dell'Arciduca, la Legazione fu invitata al concerto di Corte, ed in quell'occasione presentai all'Imperatore parecchi italiani, fra cui il Marchese e la Mar,chesa Trivulzio di Milano. Si parlò del prossimo ritiro di FouLd. Io esco in quest'istante dail suo Gabinetto, e non mi disse nulla che faccia prevedere un tale avvenimento. Ho vivamente raccomandato a·l Signor Dr[ouyn] de Lh[uys] a voce e rper iscritto la causa del Fantini. Vi manderò domani la copia del dispaccio che gli lasciai in proposito. Ho pure vivissimamente insistito perchè la questione del preambolo dell'atto di navigazione del Danubio sia risolta nel nostro senso, e non secondo la proposta inglese. Vi manderò pure copia della lettera confidenziale che diressi su ciò al Ministro degli Affari esteri.

È inutile che vi dica che quanto è pubblicato nelle corrispondenze di Parigi dell'ItaLia, che mi arriva oggi, intorno a colloquii da me avuti coll'Imperatore, non ha ombra di fondamento. Quanto l'Imperatore mi dice non lo ripeto che a voi e a Minghetti, e nessun altro nè qui nè altrove riceve le mie confidenze.

C'è qui Tiirr di nuovo, e anche Klapka. Non vidi nè l'uno nè l'altro. Ma il Principe Napoleone vide Klapka, il quale gli disse che si tenterebbe qualche cosa in Ungheria, benchè non speri nulla d'abbastanza serio.

Scrivetemi, vi prego, le vostre intenzioni e il vostro modo di vedere intorno alle posizioni presenti.

601

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (AP)

L. P. Pietroburgo, 9 marzo 1864.

Ho ricevuto le vostre lettere. Esse mi hanno amareggiato, perchè veggo che aspettate gli eventi invece di prepararli. Eppure, caro amico, tu hai sommo ingegno. Perchè dunque tieni le mani alla cintola? Perchè approfitti cosi poco delle attuali circostanze? Pensa al tuo gran maestro Cavour e ardisci; non far follie, ma annoda tu pure i fili della novella Diplomazia. Io non posso convenire con Visconti che crede che sarebbe per noi inutile se i Ducati fossero annessi alla Germania, e se il principio nazionale trionfasse. Egli crede che ciò si farebbe a nostro scapito mediante una garanzia data all'Austria dalla Prussia per la Venezia? Ebbene che cosa importa un patto scritto, quando questo patto è lacerato di fatto? quando il principio di nazionalità riceverebbe una nuova sanzione? quando la nostra attitudine ci avrebbe conciliato le simpatie della Germania? Nella questione dei Ducati sta implicata la questione del nostro avvenire. Se in Germania la democrazia e lo spirito nazionale saranno battuti, noi entreremo in un periodo reazionario, ed allora è meglio disarmare e fare della politica conservatrice. Credilo, amico mio; io veggo qui les gros bonnets della reazione, asc,olto le loro parole, conosco le loro aspirazioni; essi vogliono battere la Democrazia in Germania, e se la batteranno canteranno un Te Deum.

Addio, caro amico; aspetto con impazienza vostre notizie. Io vivo già sopra dei carboni ardenti.

602

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 246. Berlino, 10 marzo 1864, ore 0,03 (per. ore 4,50).

Secrétaire général a démenti hier cathégoriquement bruit changement de

M. Usedom. Le meme jour ministre des affaire's étrangères a déclaré de son propre mouvement à l'ambassadeur de France à propos de m1ssion extraordinaire du général Manteuffel qu'il n'existait aucun engagement avec Autriche pour garanties territoriales.

603

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 15. Copenaghen, 11 marzo 1864 (per. il 17).

Le Conseil des Ministres est divisé sur la question de l'acceptation meme conditionnelle de la Conférence. Si l'on ne parvient pas à s'entendre et que le parti favorable à la Conférence, à la tète du quel se trouve le Président du Conseil, l'emporte, il y aura une crise ministérielle. Ceci pourrait donner lieu à un retard de la réponse à l'Angleterre, car on voudrait éviter que la crise ministérielle éclate avant la clòture, prochaine au reste, du Rigsdag. Le Président du Conseil ne me parait pas faire de la question de l'armistice une condition sine qua non. D'un autre còté le Ministre d'Angleterre ma assuré qu'à Vienne et à Berlin on se montre plus disposé à y souscrire. Ce diplomate n'a rien épargné pour amener ce Gouvernement à accepter la Conférence. Les nouvelles dispositions du Président du Conseil me font presque croire qu'il a jusqu'à un certain point réussi. Je dois, au reste, ajouter que le Président du Conseil ne croit pas à la réunion de la Conférence: il met en doute l'acceptation de la Confédération germanique et celle de la France. Quant aux bruits relatifs à la prétendue Sainte Alliance, on est convaincu ici qu'il y a déjà quelque chose de signé entre la Prusse et la Russie, et que la mission à Vienne du Général Manteuffel n'y est pas étrangère. Le départ du Roi pour l'armée est ajourné.

604

IL CONSOLE TECCIO DI BAYO AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 11 marzo 1864.

L'ordine di richiamo di due Reggimenti francesi da Roma è stato momentaneamente sospeso, in seguito alla osservazione fatta dal Generale di Montebello al Ministro della Guerra, che la loro partenza cioè abbia a pregiudicare il servizio, obbligandolo a sguarnire molti posti nelle Provincie. Da quanto però assicura un Ufficiale francese, giunto di recente a Roma, da Parigi, il Ministro persiste nella misura decretata.

Le aggressioni ed i furti in Roma non cessano, non astante che la Polizia francese siasì decisa ad intervenire per reprimerli. Pare che vi sia una disposizione nella maggior parte dei Rappresentanti delle Potenze estere, a fare una nota collettiva al Cardinale Segretario di Stato, onde reclamare una maggior sorveglianza nel Governo a tutela della sicurezza pubblica. Si aggiunge però che il Cardinale Antonelli si adoperi per impedire un tale sfregio al Governo.

Continuano le collisioni fra soldati francesi e pontificii, malgrado la partenza per Subiaco del Battaglione Cacciatori pontificii, autore principale della rissa avvenuta al Campo Vac-cino. Dopo questo, i Dragoni fecero pure le loro, e per la via del Tritone, Piazza Barberini, e la scesa di Monte Cavallo menarono a più non posso. I Carabinieri francesi si adoperano colla autorità della voce e della mano a porvi un freno, ma inutilmente.

Qualunque sia la causa che abbia motivato simili odii, il fatto sta che tengono la città in allarme, ripetendosi tali collisioni nei luoghi più frequentati, e producendo continue confusioni e parapiglia a danno dei pacifici cittadini. Fu trovato ingiusto il provvedimento preso di consegnare in Caserma indistintamente i Corpi di truppa pontificia, mentre venne lasciata libertà ai Francesi. Tale misura come accrebbe il malcontento dei primi, aumentò dal pari la baldanza dei secondi, al segno che questi si portarono in fretta davanti ai Quartieri pontificii provocando con dileggi i soldati. Egli è certo che dopo i primi fatti, coi mezzi di cui può disporre il Comando francese tali scene non avrebbero più dovuto rinnovarsi.

Gli Ufficiali francesi pensano con ragione che il mezzo più efficace per ovviare a simili disordini sarebbe l'allontanamento da Roma, o almeno dagli affari, di De Merode, il quale ne è causa principale per il ,suo odio contro i Francesi ed il loro Governo, e che coi suoi atti anima ed istiga i suoi soldati a tali eccessi.

Vengo da buona fonte informato che quando l'ora cessato Ministero spagnuolo era intenzionato di mandare per suo Ministro a Roma il Signor Pacheco, che già vi aveva occupato lo stesso posto, contro l'aggradimento del Vaticano, pei suoi principi liberali, Sua Santità ordinò a Monsignor Barili, suo Nunzio a Madrid, di far conoscere a quel Governo che se Pacheco venisse destinato Ambasciatore a Roma non lo avrebbe accettato. È grande ora il disappunto in Vaticano, dopo la costituzione del nuovo Ministero, e la nomina del suddetto a quello degli Esteri, temendosi giustamente che la politica del Governo Spagnuolo possa subire una importante modifkazione a favore dell'Italia ed a danno di Roma. Intanto si accerta, ed è questo un buon principio, che sia stata soppressa la ridicola rappresentanza di Spagna presso l'ex Re.

L'intervenzione del Governo di Francia nella questione del Clero Lionese, in forza del Concordato del 1801, ha esasperato il Papa, che riguarda una simile questione di esclusiva competenza della Santa Sede.

L'incommodo sofferto dal Papa in .questi ultimi giorni fu prodotto da uno dei suoi soliti attacchi di carattere epilettico, cui sussegue in esso d'ordinario la febbre, e che gli si riproducono dopo soverchia concitazione d'animo o forte dispiacere.

605

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 255. Carlsruhe, 12 marzo 1864, ore 16,18 (per. m·e 18,10).

Aujourd'hui parlement a voté établissement légation badoise à Turin, et plus tard consulats, nommément Genes.

606

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 256. Londra, 12 marzo 1864, ore 18,50 (per. ore 19,25).

Ambassadeurs de Prusse et d'Autriche ont communiqué hier au soir dépeche identique acceptation conférence ·et armistice ,sur la base ou d'évacuation Alsen et Jutland, ou bien statu quo militaire au moment conclusion. Télégramme reçu de Copenhague par le Gouvernement anglais fait prévoir acceptation, mais à condition que base conférence soit arrangement existant à propos Schleswig. On dit que sondé Cabinets allemands, ont fait pressentir refus.

On persiste donc au fait à croire conférence impraticable malgré acceptation faite pour ne pas brusquer opinion publique.

607

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 16. Copenaghen, 12 marzo 1864 (per. il 21). Le Gouvernement Danois vous remercie pour les renseignements relatifs à la flotte Autrichienne. Le Président du Conseil me prie de vous demander

si vous pourriez indiquer le nom et la force des Navires destinés à croiser dans ses mers.

608

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III (AP)

L. P. Pietroburgo, 12 marzo 1864.

Les Conférences aujourd'hui sont très probables. La Russie a pesé sur l'Autriche et l'armistice est proposé sur des bases que le Danemark ne peut refuser. Les argumens que je vous ai exposé dans ma dernière dépeche sont plus solides que jamais, et la cause de la Liberté et de la Nationalité est dans vos mains. Il circule le bruit qu'une entente cordiale existe dans ce moment entre la Russie et l'Autriche; qu'on cherche d'entrainer la Prusse. Permettez-moi, Sire, d'insister sur ce point. Si la question du Danemark est aplanie, une nouvelle alliance se formera dans le Nord contre toute idée de liberté et de progrès. Le danger est imminent. Il pèse sur l'avenir de l'Italie aussi bien que sur celui de la France. Croyez-moi, croyez à un ami fidèle et dévoué; en définitif on veut Vous dépouiller de toute influence. On veut que la France se résigne à ce ròle que lui avait reservé la dynastie d'Orléans.

Je suis trtste, préoccupé, et je voudrais pouvoir Vous parler, Vous dire tout ce que j'éprouve, tout ce que je crains.

609

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 259. Carlsruhe, 13 marzo 1864, ore 18,40 (per. ore 20,35).

Ministre des affaires étrangères m'a dit aujourd'hui au sujet de votre dépeche télégraphique d'hier (1), d'après renseignements qu'il ne croyait pas de changement politique en Bavière: nouveau roi trop jeune et faible pour changer ministère actuellement. Roggenbach croit plutòt roi de Bavière suivra politique générale précédente et respectera dernier acte de son père tendant à tenir bon sur la question dana-allemande malgré entente austro-prussienne. S. E. croit pas à réussite mission récente archiduc autrichien à Munich pour détacher Bavière du groupe états secondaires allemands et de la rendre solidaire de l'Autriche dans certaines éventualités meme contre Prusse. Ministre m'a renouvellé crainte accord dans l'entente du Nord contre nous. Il a été assuré que ,changement ministre de Prusse à Turin c'est une concession prussienne envers Autriche. Grand-due de Bade va demain à :Munich assister funérailles du roi. Prince Guillaume de Bade vient de me dire, chez moi, avoir exprimé désir à Berlin d'aller quartier général prussien. Mais Prusse refuse à cause de politique de Bade. Il a dit: je ne puis peut-ètre aller au quartier général autrichien car mes principes ne le permettent pas. Prince Guillaume de Bade très préoccupé situation actuelle des choses. Craint roi de Bavière ne devienne autrichien tòt ou tard. J'ai à S. A. demandé s'il compte assez sur son pays pour donner force grand-due de Bade et son Gouvernement pour résister, cas échéant, forte pression austro-prussienne pour un changement de politique. Prince m'a dit: oui j'y compte, meme au risque d'appui non allemand.

610

IL MINISTRO DEGLI :E:STERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AVV)

L. P. Torino, 15 marzo 1864.

Aspettavo ed aspetto ancora la tua Memoria all'Imperatore sulla questione Germanica (2), per scriverti la nostra impressione in proposito. Mi meraviglio di non averla ancora ricevuta; telegrafai a Nigra per saperne notizie, non ebbi ancora la risposta.

Oltre i rapporti che cercai di annodare col Partito nazionale germanico, ti dirò, affatto confidenzialmente, che ebbi in questi ultimi tempi uno scambio seguito di idee col Governo del Baden che, guidato dal Barone di Roggenbach, uomo di Stato francamente liberale, rappresenta solo con una certa sincerità il moto alemanno. Roggenbach teme egli pure la coalizione e crede sia del reciproco interesse dell'Italia e della Germania liberale l'appoggiarsi mutua

41 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

mente contro la politica austriaca. Egli cerca di tenere compatta quella lega degli Stati secondarii, lega poco omogenea, del resto, e poco solida e già minacciata sul nascere dalle possibili .conseguenze della morte del Re Massimiliano, dall'attitudine vacillante dell'Annover e del Wi.irtemburgo. I suoi sforzi si volgono a impedire che la Dieta accetti mai le conferenze ristrette, le quali implicano le basi del Trattato di Londra. Egli vorrebbe che alle Conferenze ristrette fosse sostituita una Conferenza generale, la quale trattasse la quistione

de' Ducati come un nuovo fatto europeo e ci chiedeva che l'Italia, ove fosse interpellata, chiedesse la partecipazione della Dieta alle conferenze suddette. Per verità è più facile che la Dieta anzichè noi sia interpellata per le conferenze. Quanto a noi, pur facendo sentire come, malgrado il nostro vivo desiderio di guadagnarci le simpatie germaniche, la condotta poco logica della Dieta e de' Governi tedeschi ci rendesse molto difficile di poter seguitare con loro un piano di politica, non fummo restii dal dichiararci in un senso conforme a quello desiderato dal Barone di Roggenbach. Il Barone di Roggenbach non crede però conveniente che noi facciamo alcuna ufficiale dimanda diplomatica, egli la crede in questo momento prematura e forse pericolosa. Del resto noi aggiungemmo che agli Stati secondarii sopratutto e al loro organo, la Dieta, spettava di sostituire alla proposta delle Conferenze ristrette la proposta delle Conferenze generali facendo sì che esse diventassero praticamente più probabili, e perchè la Francia le avrebbe più volonterosamente accettate e perchè l'adesione della Dieta è pure necessaria all'asse·stamento della quistione dé' Ducati, a meno che non si voglia affatto umiliarla e conculcarla.

Ti ho riassunto il senso generale di queste comunicazioni per esporti quello che le circostanze ci permisero di fare nella via da te indicata. Del resto il miglior rimedio della situazione attuale io lo troverei sempre in un accordo delle due Potenze occidentali, il solo che possa controbilanciare l'accordo delle Potenze del Nord. Quando la politica della Francia e dell'Inghilterra reciprocamente si neutralizza, il vento della reazione soffia in Europa. Sventuratamente questo accordo non esiste e l'Imperatore sembra sempre alieno da qualunque iniziativa. L'Austria senza minacciarci prende però delle precauzioni militari, noi ci poniamo in misura, senza per questo volerei gettare nelle avventure e giuocare le sorti del paese in condizioni sfavorevoli.

Ho pregato Tornielli di dirti a che punto si trovi ancora l'affare della casa.

(1) -Cfr. t. 108 del 12 marzo, ore 14,40, che non si pubblica. (2) -Cfr. n. 581, allegato.
611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 112. Torino, 16 marzo 1864, ore 11,35.

Le ministre de l'intérieur vous prie de lui dire au plus tòt par télégraphe

si Mazzini est toujours à Londres ou si, comme on le prétend, il est parti pour la Suisse (1).

(1) La presenza del Mazzini a Londra venne confermata con t. 273 in pari data.

612

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 4. Pietroburgo, 16 marzo 1864 (per. il 29).

I miei ultimi Dispacci furono spesso contradittorii fra loro. Ciò provenne dall'essere i Ministri degli altri paesi ed il Principe Vice Cancelliere medesimo non sempre esattamente informati. Quindi una notizia che la mattina si afferma sicura è la sera medesima contradetta. Ciò avvenne sopratutto per l'affare delle ConfeTenze Danesi. La sera di Lunedì il Segretario della Legazione Danese annunziò che era giunto il rifiuto ufficiale del suo Governo. L'indomani l'Ambasciatore Inglese ed il Principe Gorchakow annunziarono invece che le Conferenze erano accettate a Copenaghen. lo telegrafai le due notizie: duolmi di essere caduto in errore: ma credo più opportuno tenerLa informata anche dei rumori che corrono, piuttostochè serbare il silenzio.

Quest'oggi Lord Napier mi ha con molto rincrescimento suo annunziato che la notizia dell'accettazione era meno sicura: che sorgevano delle gravi difficoltà. Io confesso che non capisco più nulla e credo seriamente che la Diplomazia tentenna ad ogni suo passo. Nulladimeno ho telegrafato quest'ultima notizia, aggiungendo alcuni particolari sopra un abboccamento che l'Ambasciatore Inglese ha avuto col Principe Gorchakow.

V. E. conosce il Dispaccio di Lord Napier in cui sta scritto che il Principe gli aveva detto che sperava che mentre un accordo esisteva fra le quattro Grandi Potenze sopra una questione gravissima, questa armonia non si sarebbe turbata su una questione di minore importanza quale quella dei Ducati.

Queste parole hanno destato grande rumore e confermato in molti le voci di coalizione contro la Francia. Lord Napier ha fatto osservare che quelle parole che si riferivano unicamente alla questione del Congresso meritavano una spiegazione Ufficiale, poichè avevano dato luogo a incerta interpretazione. La risposta comparsa jeri mattina nel Giornale di S. Pietroburgo non poneva nulla in chiaro e Lord Napier fece osservare al Principe come quell'articolo non solo non avrebbe dileguato i sospetti ma li avrebbe fol'se raffermati. Il Principe rispose che quei sospetti non potevano essere discussi seriamente e che un trattato d'alleanza non solo non esisteva, ma non era neppure stato nel pensiero di alcuno. La Russia vuoi essere rispettata e lasciata tranquilla all'interno: essa non domanda che di rimanere neutrale: que,sta è la ,sua politica dopo il 1856 e da essa certamente non si discosterà mai. Sono dunque sogni, utopie i segreti accordi coll'Austria.

·Lord Napier gli chiese, se egli poteva ufficialmente smentire ogni voce in proposito.

Il Principe rispose che anzi gliene sarebbe grato.

Lord Napier allora distese una Nota partita oggi stesso per Londra nella

quale dichiara che il Governo Russo smentisce categoricamente e sdegnosamente ogni segreto accordo coll'Austria o colla Prussia. Anzi il Principe lo pregò di notare questo fatto che prova la riserva della Diplomazia Russa: la Gallizia fu posta in istato d'assedio senza che il Gabinetto di Pietroborgo ne avesse sentore. " Fu una grata sorpresa, aggiunse, ma dite che fu per noi veramente una sorpresa».

Mylord pareva convinto di queste dichiarazioni e crede fermamente che gli accordi che levarono tanto rumore esistono soltanto nei cervelli malati di qualche visionario politico.

Io però gli feci osservare che la Russia desidera stringere un ac,cordo morale fra le Potenze conservatrici per respingere la politica nazionale di alcuni paesi e le audacie del partito rivoluzionario. Essa, io credo, suona a raccolta le forze reazionarie e vuole unirle in un fascio.

Lord Napier mi rispose che fino a tanto che io parlavo di un accordo morale, forse poteva esservi un lato di vero, ma che questo accordo non era preventivamente stabilito, e ,che non poteva avere che un carattere transitorio. E citava l'esempio dell'accordo morale delle quattro Potenze per respingere il Congresso. Accordo cessato appena che la meta fu raggiunta.

Oggi qui nei saloni e nel mondo diplomatico non si odono che delle voci per ismentire ogni concetto di coalizione o di accordo fra le Potenze del Nord. È una calunnia del partito rivoluzionario; è un pretesto per sollevare l'opinione pubblica in Francia contro il Nord; è infine una manovra iniquissima per legittimare più tardi una guerra ingiusta; il partito conservatore è incapace di siffatte arti; la sua politica è chiara senza equivoci; la Diplomazia del Nord non ha alcun registro secreto, essa è candida e innocentissima.

Io non aggiungo commenti. Ho riferito, Signor Ministro, senza esagerazione i discorsi che corrono.

613

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY (AP)

L. P. Pietroburgo, 16 marzo 1864.

Convincetevi una volta. Leggete il mio dispaccio (1), e vedrete ,che nessun accordo esiste fra le Potenze del Nord. È stata una utopia di qualche cervello malato. La Russia non pensa che a raccogliersi. Il Principe Vice Cancelliere smentisce categoricamente ogni concetto reazionario in quel senso.

Spero che dopo questa dichiarazione dormirete tranquillo e che sarete sereno.

P. S. -Trasmettete a Parigi a Nigra questo dispaccio, pregandolo trasmetta a Torino e lo faccia leggere al Principe.

(1) Cfr. n. 612.

614

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 281. Carlsruhe, 17 marzo 1864, ore 22,35 (per. ore 1,40 del 18).

Reçu hier dépeche N. 4 (cabinet) (1). Vu aujourd'hui baron de Roggenbach. Il a trouvé idée qui domine dans cette dépèche et la forme développement juste et utile. Il m'a dit en etre tellement persuadé que déjà il avait taché de la faire prévaloir à Wurtzbourg, mais avait échoué surtout avec baron de Beust. Il se propose reprendre aujourd'hui initiative à ce sujet et faire travail analogue auprès des Cabinets allemands. Il m'a assuré discrétion absolue au sujet de notre entretien; me tiendra au courant, et, le .cas échéant, n'a pas repoussé offre passer par Turin. Si chance de succès ira lui-meme à Francfort pour pousser travail. Maintient manière de voir générale sur la conférence. Grand-due revenu satisfait de Bavière. Baron de Roggenbach parait rassuré contre influence hostile surtout autrichienne en Bavière, qui continuera politique du Cabinet Schrenck. Baron de Roggenbach connait pas encore résultat voyage SaxeCobourg. Il ne le croit pas infructueux. S. E. toujours contente de la France. D'après l es communications récentes ministre d'Angleterre à Munich a demandé au ministre des affaires étrangères si éventualité corps d'armée bavarois dans le Tyrol en faveur d'Autriche. On m'assure que baron de Schrenck répondit par une négative absolue, ajoutant que si bavarois devaient occuper Tyrol serait pour y rester et non pour le compte des autres.

615

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 12. Madrid, 17 marzo 1864 (per. il 22).

Il Signor Ministro di Stato m'invitò con suo biglietto a recarmi presso lui per intrattenermi d'affari. Fui, come di dovere, or fa pochi istanti, ed il Signor Pacheco incominciò immediatamente a dirmi che vari Consoli nostri di Andalusia, e segnandomi specialmente quello di Siviglia, avevano da alcuni mesi innalzato lo scudo delle armi di Savoia colla leggenda di • Consolato (o Vice Consolato) d'Italia •: che sin dal tempo del Ministero Arrazola l'Agente di Francesco II in Madrid aveva sporte lagnanze sopra questo fatto, e che il Consiglio de' Ministri d'allora aveva deciso che dal Ministero della Guerra venisse ordinato ai Capitani Generali di invitare i Consoli Italiani a togliere la parola

• Italia • e sostituirla con quelle di • Re Vittorio Emanuele II •. In questo frattempo cadde il Ministero Arrazola; ed egli aveva immediatamente insistito presso il Ministro della Guerra perchè sospendesse ogni determinazione in pro

pooito, non volendo dare troppa importanza a quest'affare; ma che trovando grande impegno a che venga messa ad eseguimento la determinazione presa nel Consiglio dall'anteriore Gabinetto, mi pregava di scrivere amichevolmente ai detti Vice Consoli d'Andalusia, invitandoli a fare scancellare la parola • Italia • sostituendola con quelle anzidette di • Re Vittorio Emanuele II •.

Prima ch'io potessi prendere la parola il Signor Pacheco protestò che era a malincuore che mi faceva questa comunicazione; che egli era animato dal desiderio di riannodare le relazioni ordinarie tra la Spagna e l'Italia, ma che credeva utile servirsi di mezzi persuasivi e un po' lenti; e che credeva che l'arbitrio preso dai Vice Consoli nl!lstri di porsi in una via atta a suscitare difficoltà all'attuale Gabinetto non era per certo quella ch'Egli credeva più acconcia a giungere al suo desiderio. Risposi al Signor Pacheco essermi compiutamente ignoto che i Consoli d'Andalusia avessero adottato questo o quel provvedimento: che quanto a me non credevo poter invitare nessuna Autorità Italiana a togliere il nome d' • Italia • per sostituirlo con altra definizione veneratissima, ma poco conforme agli usi che stabiliscono che i Consolati sono della Nazione e non del Sovrano; che perciò essendomi tolta la possibilità d'aderire al desiderio suo, proponevo di scrivere al mio R. Governo, e prendere i di lui ordini, e che m'avrei affrettato di farli conoscere all'E. S. Allora il Signor Pacheco insistè perchè io prendessi la determinazione d'invitare i Consoli, e rifiutandomi nuovamente s'adattò egli al partito d'attendere la risposta che avrei ricevuto dal mio Governo, assicurandomi però che le insistenze di qui erano a tal proposito così forti ch'egli doveva pregarmi di sollecitare dal Governo del Re il più prontamente possibile una risposta che egli credeva e sperava che fosse conforme ai suoi desideri, non incontrando a parer suo difficoltà perchè s'intitoli • Consolato di S. M. il Re Vittorio Emanuele • quando la Legazione porta in Madrid egual titolo.

Nel portare alla conoscenza di V. E. quanto sopra, mi permetto di pregarla di volermi compartire i di Lei sempre ossequiati ordini in proposito; e devo per conto mio aggiungere che riconobbi il disgusto che produceva nell'animo del Signor Pacheco quest'affare, e che il desiderio di vederlo ·Composto era forse dettato da spirito che rivela la voglia di cogliere miglior occasione per compiere quanto egli dice essere sua aspirazione.

(1) Cfr. n. 597.

616

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Costantinopoli, 17 marzo 1864.

Mi pregio accusare ricevuta delle lettere con le quali si compiacque onorarmi in data del 2 marzo. Terminato il Ramadan, durante il quale gli affari tutti si rallentano, mi recai l'altro ieri da Aali Pacha e munito della lettera particolare con la quale

Ella mi onorò in data del 19 ultimo, presi nuovamente a parlargli del modo di sottoscrizione deH'Atto pubblico del Danubio. Anzi per avvalorare le mie parole, gli diedi lettura d'alcuni passaggi della di Lei lettera, nellél; quale egregiamente è espresso il diritto nostro di comparire nell'atto finale nel modo conveniente alla nostra dignità ed alla nostra grandezza.

Questa lettura parvemi produrre qualche impressione sull'animo di Aali Pacha, il quale mi disse: non doversi dubitare delle sue buone disposizioni in nostro favore: ma essere un fatto che il Gabinetto di Vienna rifiutasi ad ogni concessione, smentendo ciò che fu fatto dal Ministro d'Austria a Bruxelles.

Osservai che Aali Pacha ha sopratutto a cuore d'impicciolire il più possibile l'Atto pubblico per diminuire l'importanza e far quindi meno palese l'intromissione europea sul territorio ottomano, col pretesto di regolare la navigazione del Danubio. Io però gli sostenni nuovamente che, sotto qualsiasi forma fosse redatto l'Atto pubblico del Danubio, noi avessimo persistito nel voler1o sottoscrivere palesemente come Italia.

Dal mio rapporto politico di oggi Ella avrà la compiacenza di rilevare che l'istante della sottoscrizione è ancora lontano stante che bisognerà combattere le pretese della Porta, la quale non vuole acconsentire ad attribuire un carattere internazionale ai funzionarii superiori dell'amministrazione fluviale. Abbisognerà quindi che i Commissarii tengano altre conferenze. A questo proposito mi permetto di chiederle, Signor Ministro, se non converrebbe fin d'ora dare istruzioni al Cavalier Strambio di rifiuta11si a partecipare ai lavori della Commissione ammeno che siagli concesso di sottoscrivere i :protocolli delle sedute come Commissario d'Italia? In siffatto modo noi potressimo immediatamente provocare una risoluzione ed ottenere di stabilire in modo immancabile il nostro diritto di sottoscrivere qualsiasi ulteriore transazione internazionale, come Italia. Lascio all'alta saggezza Sua, Signor Ministro, l'apprezzamento di questa mia proposta. Coglierò la prima occasione d'incontro con l'Ambasciatore di Inghilterra per indagare le sue opinioni su questo argomento.

Aali Pacha fu poi soddisfattissimo di quanto gli dissi circa la sorveglianza che il Governo italiano esercitava sul partito d'azione circa pretesi sbarchi od invii d'armi sulle coste di Turchia. Il Ministro mi disse: che aveva sempre riconosciuto nel Governo italiano la maggiore lealtà nei suoi procedimenti verso il Governo ottomano, e che quindi non dubitava che anche per l'avvenire sarebbesi continuato in questo sistema.

Per ultimo feci cenno ad Aali Pacha dei lamenti fatti da Rustem Bey a proposito del progettato torneo allusivo alla battaglia di Lepanto. Non ebbi fatica a convincerlo della leggerezza con la quale anche in questa occasione si condusse il Rappresentante a Torino. Aali Pacha mi disse che nulla eravi più a dire su ciò e mi ringraziò e mi pregò ringraziarLa del cortese suo procedimento.

Ignoro tuttavia quali determinazioni definitive siansi prese a riguardo l'affare Stampa. L'apprezzamento di questa vertenza soddisferà il Governo ottomano e quindi lo troveremo sempre più disposto a compiacerci. Duolmi che qui da taluno di questi funzionarii e dallo stesso Principe ereditario si crede che io sia esclusivo autore della ordinata sospensione della Commissione mentre come era mio dovere non feci che ubbidire agli ordini suoi signor Ministro.

Alcuni giorni or sono nelle vicinanze di Cospoli, il Sultano ebbe una lunga conferenza 'Con Omer Pacha; pretendesi che questi lo abbia consigliato ad attenersi alla alleanza occidentale.

Il Marchese di Moustier non avendo per anco ricevuto le sue istruzioni, nulla venne determinato circa l'epoca della riunione della Conferenza.

Appena il Governo turco ebbe i rapporti sulla bella condotta dell'equipaggio dell' • Aquila • in diverse occasioni d'incendii, mi fece chiedere la lista degli ufficiali di bordo, desiderando dare a tutti una giusta ricompensa.

Feci quanto stava in me per sollecitare la distribuzione di questa ricompensa conformemente all'intenzione espressami nella di Lei lettera del 3 Marzo. Mi perdoni, Signor Ministro, la fretta con la quale mi prendo la libertà

di redigere queste mie righe...

617

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 18. Copenaghen, 18 marzo 1864 (per. il 23).

Ainsi que je l'ai mandé à V. E. par ma dépèche télégraphique en date d'hier (1), le Gouvernement danois accepte la Conférence sur la base des engagements de 1851 et 52, en méme temps qu'il rejette l'armistice. Pressé par le Ministre d'Angleterre, il s'est décidé à donner préalablement une réponse verbale dans ce sens, qui sera renouvelée dans une note officielle. L'adhésion de la France et de la Suède ayant, jusqu'à un certain point, été subordonnée à celle du Danemark ne parait plus douteuse aujourd'hui. Quoique la base posée par le Gouvernement danois repose précisément sur le fait de ces mémes engagements, dont la soi-disante violation a servi de prétexte aux récriminations qui ont amené la guerre, et quoique dans une question aussi étrangement compliquée il soit difficile de prévoir les décisions des Puissances intéressées, je ne pense pas qu'elle soit acceptée à Berlin et à Vienne. L'union personnelle des Duchés étant, quant à la Prusse surtout, le minimum de ses prétentions.

P. S. -La réponse officieUe, sous forme d'une note au Ministre de Danemark à Londres, est partie aujourd'hui. Les membres du Cabinet ayant fini par tomber d'accord sur l'acceptation de la Conférence, la crise ministérielle est évitée. L'ensemble des dernières nouvelles de la guerre n'est pas favorable aux Danois. Les Prussiens se sont emparés de l'ile de Fermern qui fait partie du Schleswig.

(1) Cfr. t. 282 del 17 marzo, ore 16,15, per. ore 3,20 del 18, che non si pubblica.

618

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 23. Parigi, 18 marzo 1864.

Intorno al contenuto del dispaccio di Gabinetto n. 15 del 9 marzo corrente (1), ho creduto dover rimettere a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys la nota verbale di cui l'E. V. troverà qui unito una copia. Aggiunsi alla nota verbale la lista di 282 persone colpite da mandati regolari di cattura e rifugiati negli Stati pontificii, la quale era unita al dispaccio di V. E.

Domandai sostanzialmente al Ministro Imperiale degli Affari Esteri che nulla fosse innovato al sistema seguito finora dal Generale Montebello d'accordo col Generale La Marmora intorno alla consegna dei malfattori segnalati dalle Autorità italiane alle Autorità francesi e rifugiati sul territorio papale; sistema che aveva grandemente contribuito al miglioramento notevole verificatosi nella repressione del brigandaggio segnatamente nelle provincie contigue agli Stati di Sua Santità.

Il Signor Drouyn de Lhuys prese nota dei nostri reclami e mi disse che a sua notizia nessuna nuova istruzione era stata impartita alle Autorità francesi in Roma.

.ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

Paris, 16 mars 1864.

La Général Cvmte de Montebello vient d'annoncer au Général de Villarey, Commandant de Gaète, par la lettre ci-jointe en copie, qu'il ne saurait accorder l'extradition du brigand Viola (Bernardin) réfugié dans les Etats pontificaux, et il ajoute qu'il ne peut faire arrèter que les individus qui commettent des crimes ou délits portant atteinte à la sécurité de l'armée française. Le Gouvernement italien espère que, malgré cette déclaration, le Commandant des troupes françaises à Rome n'opposera pas toujours un refus péremptoire aux demandes des Généraux italiens. Il croit cependant convenable d'appeler l'attention du Gouvernement français sur les inconvénients auxquels donnerait lieu le renouvellement de cas semblables à celui de Viola et d'autres brigands nommément de Bevilacqua et Forte, dont l'extradition a été également refusée.

Les faits de brigandage, dont les Etats pontificaux sont l'un des foyers, ont donné lieu à des communications trop fréquentes entre le Gouvernement du Roi et celui de l'Empereur, pour qu'il soit nécessaire de rappeler ici toutes les phases de ces longues négociations. Mais il est utile de constater que l'amélioration remarquable qui s'est vérifiée dans ces derniers temps, notamment dans les Provinces limitrophes à celles des Etats du Pape, est due principalement au système suivi d'accord par le Général Montebello et le Général La Marmora, d'après lequel les

brigands, dont la présence à Rome était dénoncée au.Gouvernement français, étaient remis en fait aux Autorités italiennes. Peu importe que cette remise eiìt ou n'eiìt pas le caractère d'une extradition régulière. Le consentement tacite du Gouvernement français suffisait pour faire de cette mesure la base véritable de la coopération

des troupes françaises dans la répression du brigandage, la seule garantie pouvant prévenir la continuation ou le renouvellement de semblables désordres.

Maintenant, si les déclarations du Général Montebello tendeht seulement à sauvegarder les principes, et ne changent pas substantiellement l'usage suivi jusqu'à présent, le Gouvernement du Roi n'en contestera certes pas la justesse et la valeur théorique. Mais si, comme dans le cas du brigand Viola, le Commandant des troupes françaises, en suivant strictement la doctrine qu'il vient d'énoncer, s'occupera uniquement pour l'avenir des faits qui peuvent compromettre la siìreté des troupes françaises, le Gouvernement du Roi ne saurait s'abstenir de faire remarquer que les principes les plus justes peuvent recevoir quelquefois dans des circonstances anormales une application dangereuse. Par le fait irrégulier, en lui-meme, de l'occupation française, il existe à Rome un Gouvernement qui se soustrait depuis longtemps aux devoirs que la justice et les convenances internationales imposent aux Etats limitrophes, ainsi qu'aux obligations que toute autorité civile contraete envers ses administrés. Tandis que le Gouvernement pontificai refuse l'extradition des malfaiteurs demandée par le Gouvernement du Roi, Rome est devenue, par les conditions particulières où elle se trouve, le centre autour duquel accourent en grand nombre, non seulement de l'Italie mais de plusieurs pays de l'Europe, des individus qui se soustraient à la vigilance de leurs Gouvernements.

Le Gouvernement français trouvera une confirmation de ce fait dans la liste que le Gouvernement du Roi a l'honneur de lui soumettre et qui est annexée à la présente note verbale; cette liste contient les noms de 282 individus (1) frappés dans

le Royaume d'Italie par des mandats réguliers d'arrestation pour faits de brigandage ou pour d'autres délits, et qui se trouvent tous (sauf peut-etre quelque inexactitude presque inévitable au milieu de tant de signalements) réfugiés dans les Etats de Sa Sainteté. Les populations du Royaume d'Italie ne sont pas les seules qui souffrent de l'impunité qui est accordée à ces personnes par les Autorités pontificales. Les correspondances de Rome signalent à chaque instant les vols et les assassinats dont la Ville éternelle est devenue le théatre. Du reste, le Gouvernement Impérial doit connaitre, par les rapports du Général Commandant le corps d'occupation, et par les dépeches de l'Ambassade de France, les conditions présentes de la siìreté publique à Rome.

Il parait donc évident que les maximes énoncées par le Général de Montebello ne sauraient etre convenablement appliquées à un état de choses aussi exceptionnel, état de choses qui est le résultat du genre d'administration intérieure appliqué dans les Etats pontificaux, aussi bien que du système de conduite suivi par la Cour de Rome vis-à-vis du Gouvernement italien. Ne peut-on pas se demander si la stricte application des principes théoriques est possible, lorsqu'il s'agit d'étayer le Gouvernement temporal du Pape? Le Gouvernement français ne peut, à notre avis, demeurer spectateur indifférent de ce qui se passe à Rome et s'abstenir de toute ingérence dans l'administration intérieure du pays qu'il occupe. Nous pensons que la nécessité de recourir à des mesures exceptionnelles dans les Etats pontificaux durera aussi longtemps que le Gouvernement romain ne sera pas laissé seul en face de ses sujets, et qu'il ne se trouvera ainsi forcé de pourvoir d'une façon plus efficace à la sécurité de leurs personnes et de leurs propriétés.

(1) Cfr. n. 596.

(1) Annotazione marginale del documento: • Furono comunicate ulteriormente altre liste man mano che venivano trasmesse al Ministero Esteri dall'Interno •.

619

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 116. Torino, 19 marzo 1864, ore 14,10. Nouvelles de Rome confirment maladie du Pape, et le cas possible de sa mort devient ici la préoccupation générale. Impossible de laisser cette éventualité ,se vérifier sans avoir arreté d'avance notre pian de conduite. Dites-moi

si vous etes à meme de me fair·e connaitre de quelle manière l'Empereur envisage la situation qui serait créée par la vacance du Saint Siège.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. Torino, 19 marzo 1864.

Speravo in questi giorni di radunare, come si dice, a capitolo Minghetti e Peruzzi per esaminare con calma la situazione e scrivervi ad agio, come ne avete espresso il desiderio, le nostre impressioni e le nostre idee. In questa bufera della perequazione fondiaria non mi riuscì di farlo ed ora che mi si presenta improvvisamente un'occasione, non voglio !asciarla sfuggire, senza riassumervi di furia gli argomenti dei quali avrei voluto intrattenervi con maggior comodo. Vi telegrafai oggi intorno alla salute del Papa (1). Per quanto le notizie ricevute non abbiano nulla di preciso, pure il Papa è in un'età e in uno stato di salute per cui ogni malattia alquanto grave può declinare a rapido fine. L'eventualità della morte del Papa si pone dinnanzi al Governo e al paese e non deve coglierci alla sprovvista. Far qualcosa bisogna, non si può lasciar passare questa occasione in perfetta calma senza grave danno, non dirò solo al Governo, ma all'intero partito moderato, ed allo spirito nazionale. Qui sorge la doppia domanda -Che cosa fare a Roma? Che cosa fare a Parigi? A Roma per opera dei romani siamo disposti a fare una solenne manifestazione, un plebiscito dell'intiera popolazione. Il Comitato nazionale ci assicura che tutto è disposto per ciò. Siccome questo moto può tradursi, specialmente fuori di Roma, in aperta ribellione, rimane a vedere sino a che punto ci giovi aiutarlo con invio di armi e di emigrati, oppure fino a che punto temperarlo. Devesi porre per assoluto assioma che non si ·tocchino i francesi, o lasciare che gli eventi si sviluppino a loro posta non incaricandoci noi di risparmiare all'Imperatore la responsabilità del sangue sparso? Si può ora sperare di ottenere

qualche cosa a Parigi in previsione di una vacanza della Santa Sede? Quanto al plebiscito credo che sia inutile di chiederne la licenza. Ci si risponderebbe di

no. Il progetto portato l'anno scorso da Arese fu così nettamene scartato che

parmi non possa riproporsi. Ad ogni modo vi prego di volermi dire quali di

sposizioni credete esistano presso il Governo francese, al di fuori, ben inteso di

Drouyn de Lhuys, e se credete che vi sia possibilità o coll'Imperatore o diretta

mente con Rouher di venire ad un'intelligenza qualunque, di esaminare un pro

getto qualunque che faccia fare un passo alla quistione romana, nella even

tualità della morte di Pio IX.

Le vostre lettere ci hanno chiariti intorno alle disposizioni d'animo dell'Imperatore il quale non prenderà alcuna risoluta iniziativa. Ciò posto sventuratamente, non credo che alcun nuovo progetto o alcuno sforzo d'eloquenza possa avere efficacia per trascinarlo nella via nella quale vorremmo si ponesse. Siamo noi pure d'accordo che solo qualche avvenimento lo può smuovere e che quindi bisognerebbe cercare di crearne. Di questi avvenimenti il solo che sia nella nostra sfera d'azione è l'insurrezione ungherese, e noi vi lavoriamo. Siamo in communicazione diretta e separata col Comitato di Pesth da una parte, e con Klapka dall'altra, i quali agiscono d'accordo. Abbiamo fidati agenti in Ungheria per controllare quello che coi nostri mezzi si fa in Ungheria. Le armi poco a poco riescono a penetrare. Non so se giovi tentar qualche cosa per complicare questi possibili moti ungheresi con qualche moto orientale. Vi sono degli svantaggi, ma v'è anche il vantaggio di porre con qualche complicazione nei Principati e nella Servia in antagonismo gli interessi dell'Austria con quelli della Russia. Bensì credo che nei Principati e nella Servia ·condizione indispensabile a qualche cosa di serio sia almeno una parola sussurrata a mezza voce dall'Imperatore. Vi dico rapidamente queste cose solamente per informarvi che in questa via camminiamo sempre, se non altro per avere delle preparazioni che non si possono improvvisare.

La riunione delle Conferenze ristrette non è ancora sicura. Per quanto io creda che ogni passo per parte nostra a proposito di queste Conferenze sarebbe inutile e poco ·Conforme alla nostra dignità, pure è sempre un fatto grave per noi e male accetto all'opinione pubblica l'effettuarsi d'una riunione diplomatica dalla quale siamo esclusi. Il Governo del Baden, di cui conoscete le tendenze e l'attitudine, ci fece delle aperture a proposito di queste Conferenze, dicendo che la quistione poteva offrire all'Italia il destro per guadagnarsi le simpatie della Germania liberale. Noi rispondemmo in via confidenziale che l'Italia non si sarebbe scostata dai principi che informano la sua politica, ma che toecava alla Dieta e agli Stati secondari di prendere l'inizitiva perchè a una Conferenza ristretta sulla base del trattato del 52 fosse sostituita una Conferenza generale la quale sarebbe riuscita più accetta alla Francia e più favorevole alle aspirazioni nazionali. Il Barone di Roggenbach ci annunciò ch'esso agiva in questo senso e che sperava ·che la Dieta non avrebbe accettato la Conferenza sulla base del trattato del 52. Vi manderò alla prima occasione la copia di questa corrispondenza. Ora non so se la Francia abbia realmente a proposito della Conferenza una condotta affatto passiva, oppure se agisca per rendere improbabile, ove le riesca, la Conferenza ristretta allo scopo di renderne possibile una che rassomigli un po' più al Congresso.

L'Austria aumenta le sue truppe nel Veneto. Ma di questo vi scriverò un'altra volta, perchè devo consegnare tosto questa lettera.

(1) Cfr. n. 619.

621

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 5. Pietroburgo, 19 marzo 1864 (per. il 28)

Le ho reso conto nel precedente mio dispaccio (1) di un abboccamento avuto dall'Ambasciatore Inglese col Principe Gortschakoff. Debbo oggi informarLa che il Conte Massigna·c, Incaricato d'Affari di Francia ha pure chiesto, a proposito del famoso dispaccio di Lord Napier, delle spiegazioni al Principe ViceCancelliere.

Questi ha nuovamente dichiarato nel modo più formale che non esiste alcun progetto di alleanza contro la Francia; che la Russia desidera conservare la propria indipendenza con tutti, e consacrare l'opera sua al riordinamento interno. Egli ha, a quanto mi disse, vivamente insistito su queste dichiarazioni, e si mostrò più del consueto simpatico alla Francia ed all'Imperatore.

Il Conte Massignac era stato grandemente colpito, a quanto mi sembrò, delle parole del Principe Gortchakoff, e gli pareva che le relazioni fra i due Paesi fossero migliorate.

L'Incaricato Francese pareva favorevole alla legge che ·Confisca le terre dei signori in Polonia, e pareva credesse che questa riforma riavvicinerebbe assai la Francia alla Russia. Egli mi disse, cito le sue parole precise: • Ancora qualche concessione in senso liberale e non sarà difficile accordarsi in un Congresso Generale •.

Ignoro se queste dichiarazioni abbiano fondamento in un reale riavvicinamento fra le due Potenze, o se siano soltanto state ispirate al Conte Massignac dalla favorevole accoglienza fattagli dal Ministro russo.

Io per me non posso ammettere che delle parole distruggano i fatti, ed il dispaccio pubblicato in Inghilterra per errore, a quanto mi disse Lord Napier, rivela la situazione nella sua integrità. Io non credo che alcun trattato secreto esista tra le Potenze del Nord, ma mantengo nel modo più formale il mio concetto, ·che un accordo morale si è formato fra i Sovrani Nordici; accordo che non ha per iscopo di distruggere i fatti compiuti, ma d'impedire che nuovi fatti si compiano nel senso nazionale e che il Partito liberale faccia nuove conquiste.

La politica della Prussia e dell'Austria lo prova.

Se questo intento non fosse nei loro piani, io non credo che esse si sarebbero acconciate a proporre un armistizio sulla base del possesso attuale e dell'unione personale. Esse hanno evidentemente ceduto alla pressione della Reazione che vuole sconfiggere la Democrazia europea nei Ducati. L'Imperatore d'Austria ed il Re di Prussia anelano di vincere il partito nazionale in Germania più che di vincere la Danimarca. L'affetto alla sicurezza della loro corona, ed alla inamovibilità dei loro principii vince in essi l'amore di patria. Molti altri fatti provano a mio avviso il prossimo trionfo di questa politica del Nord. La benevolenza della Russia rispetto alla Turchia è per me un fatto capitale. Il Principe Gortchakoff ha capito che bisognava rinunciare alla politica rivoluzionaria in Oriente. Intese che tutti i Governi assoluti e dispotici sono solidarii tra loro. Egli, per la dolorosa esperienza fatta in Polonia, comprese che

gli anelli de_lle catene che opprimono i Cristiani in Oriente, sono anelli di

quelle stesse catene che legano la Polonia, i Ducati, la Venezia, la Gallizia, l'Ungheria. Esso rimpiange il servigio prestato alla Francia al tempo della guerra di Lombardia, rimpiange il riconosdmento dell'Italia, è convinto che la rivoluzione Polacca fu generata dall'emancipazione dell'Italia. In conclusione, egli accettando con dolore e con rimorso i fatti compiutisi in questi ultimi anni, non vuole più permettere che nuovi fatti si compiano in quest'ordine d'idee. È fermamente deliberato ad impedire che si straccino nuove pagine dei Trattati di Vienna.

Ora se la coalizione non si è tradotta in un Trattato, egli è perchè nessuna Potenza vorrebbe infrangere quei patti; ma se l'occasione si presentasse, io mantengo nel modo più deciso, che l'alleanza fra le tre Potenze del Nord verrebbe telegraficamente segnata. È l'Europa condannata dal despotismo all'immobilità, alla pace armata, è la libertà e la Reazione accampate l'una in faccia all'altra.

Io non posso quindi che mantenere le osservazioni da me fatte su questo proposito negli altri miei dispacci, e ripeterLe, Signor Ministro, che il partito reazionario in Europa vuole ad ogni patto sopprimere la questione Danese che dividendo le Potenze Nordiche impedisce a questa nuova coalizione di formarsi. Sciolta questa questione in un senso anti-nazionale, la Reazione non nasconderà più lungamente i suoi disegni. Essa non minaccia direttamente la Francia, affermano alcuni. No, ma minaccia le idee che la Francia rappresenta. Essa vuole ritornare allo stato di cose che esisteva in Europa prima del 1856. In allora l'influenza, l'autorità erano al Nord; tutti piegavano dinnanzi alla volontà suprema dello Tzar; egli era l'arbitro dell'Europa. Egli, rappresentando il Despotismo, ne avvenne che il Despotismo era in cima e la Libertà al fondo. La Francia governata dalla Dinastia d'Orléans e poscia dalla Repubblica si rassegnava al silenzio: il Trattato del 1840 spense in essa le ultime velleità di supremazia.

Dopo la presa di Sebastopoli l'influenza e l'autorità emigrarono dal Nord al Mezzodì. Oggi si tenta di ricondurle al Nord. Ecco lo scopo dell'accordo morale delle Potenze del Nord.

La Francia che nel tempo della sua potenza operò cosi grandi cose, tra cui primeggia l'emancipazione dell'Italia, si lascierà essa spogliare di questa autorità? L'Imperatore Napoleone si rassegnerà egli ad essere ciò che fu Luigi Filippo? La Francia ,che lo collocò in trono per riconquistare la sua legittima influenza accetterà essa questa trasformazione?

Ebbene, io non lo credo. La Russia si lasciò spogliare della sua influenza e del suo prestigio a Sebastopoli. Cedè alla forza, ma combattè fortemente. L'Imperatore Napoleone non cederà senza combattere. Avremo dunque prima le lotte diplomatiche, poscia le lotte armate. Nessuna combinazione diplomatica può impedire che questi fatti si producano.

Ecco, Signor Ministro, la mia opinione chiara e precisa; credo che in simili congiunture il compito del Governo Italiano sia grande. Ad ogni modo bisogna che l'influenza rimanga al Mezzodì; se essa si ripara nuovamente al Nord noi possiamo disarmare, giacchè troveremmo sugli spaldi del Quadrilatero la Reazione in armi contro di noi, e sarebbe pericoloso l'assalirlo.

(1) Cfr. n. 612.

622

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 6. Pietroburgo, 19 marzo 1864 (per. il 28).

Je me permets d'appeler de nouveau votre attention sur les affaires des

Couvens.

Hier soir Lord Napier me disait que cette question a creusé un profond

abime entre la France et la Russie, et qu'elle empeche un rapprochement entre

elles bien plus que la question de Pologne. L'esprit ,religieux est puissant en

Russie. A la tete du parti orthodoxe marche l'Impératrice qui est inspirée par

un aveugle fanatisme. La suprématie de l'Eglise grecque en Orient se lie à

son point de vue, avec la question des Couvents. L'argent et la noblesse sont

en définitif pour les prètres des différents cultes les seules bases solides de

leur puissance et de leur influence.

Ainsi, une transaction est très difficile. Je sais que le Prince Gortchakoff a envoyé une nouvelle dépèche sur cette question. Il maintient que les biens doivent etre rendus aux Couvents; il appelle l'attention de l'Europe sur des faits regrettables qui se sont produits dans les Principautés, et signale entre autres l'achat à vil prix d'une grande propriété fait par le Ministre des Affaires Etrangères des Provinces Danubiennes.

La France, tout en insistant pour qu'on 1aisse les Biens des Couvents au Gouvernement Moldo-Valaque, demande qu'une Conférence décide du montant de l'indemnité.

L'Angleterre a proposé un arrangement auquel Lord Napier croit que la Russie finira par s'associer; c'est que les Biens soient remis à une Commission internationale qui devra en dix ans les vendre et en affecter le prix selon les décisions de la Conférence qui se réunira ad hoc.

Je crois que le Gouvernement Italien, à son tour devrait proposer un arrangement et briser dans cette question la tuteUe qu'on prétend que la France exerce sur lui. Et d'autant plus je le crois, qu'il peut proposer un arrangement sans se mettre en contradiction avec ses propres principes et les lois présentées au Parlement. Le parti libéral doit vouloir abolir la main-morte qui appauvrit les pays, et abrutit les populations. Il doit vouloir rendre au commerce à l'industrie, à la civilisation la masse des Biens immobilisés dans les mains des pretres; mais il doit en meme temps insister pour que le principe de propriété soit respecté. Toutes les lois qui ont paru à ce sujet en Italie ont été inspirées par ce principe. Ainsi je ne vois pas pourquoi on n'accepteraìt pas la proposition anglaise qui tout en abolissant immédiatement la main-morte réserve à la Conférence la tàche d'examiner la légitimité des droits des possesseurs actuels.

Seulement je crois que l'Italie pourrait proposer un amendement au projet anglais et dans un sens démocratique. Elle devrait proposer que les Biens des Couvents, après que la Commission internationale en aurait fixé le prix, fussent partagés entre les paysans Moldo

Valaques qui en acquitteraient le montant en annuités, qui serviraient à la fo1s à payer les intérets et à rembourser le capitai aux propriétaires légitimes de ces terres. On pourrait émettre un emprunt garanti avec hipothèque sur les terres, et qui serait graduellement remboursé par tirages. On pourrait fixer à trois pour cent les intérets et à un pour cent l'amortissement.

Ce projet, je crois, rencontrerait un accueil favorable dans les Principautés, en Angleterre peut-ètre, à coup siìr en Russie.

Je vous prie, M. le Ministre, de vouloir examiner ce projet; y trouverezvous peut-etre les éléments d'une combinaison sérieuse. Pour l'Italie il est urgent et utile de prendre l'initiative dans une grande question européenne. Ce sera pour nos ennemis la déclaration la plus explicite que nous sommes sortis de tutelle, reproche qui pèse sur nous et qui est pour tous nos Représentants à l'étranger un sujet éternel d'amères déceptions.

623

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(A VV, ed. in LIPPARINI, p. 191 e in MINGHETTI, La convenzione di settembre, p. 23)

L. P. Napoli, 19 marzo 1864.

... Io non ho mai ,creduto aUa guerra imrrninente, ma come voi penso che un impreveduto ,avvenimento vi ci può condurre da un momento all'altro. Se avvenisse per esempio la morte del Papa io non dubito che ne sapreste approfittare per sciogliere la quistione romana. Io sono poi in generale e massimamente poi nelle attuali nostre condizioni avver,so ad una politica avventata, ma se il Papa muore ci vuole qualche energica ed ardita risoluzione.

E giacchè mi trovo il Generale più vicino, con sufficienti truppe, qualora mi crediate capace, contate su di me ...

624

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 289. Londra, 20 marzo 1864, ore 10,25 (per. ore 12,40).

Garibaldi est attendu ici dans la semaine. Lord Palmerston, consulté, a fortement cherché à le dissuader, mais ses amis prétendent indispensable pour lui de consulter médecin et préférable le tirer du milieu parti d'action. Lord Palmerston a maintenu son opinion qu'il sera dans le cas de faire ou dire sottises, à moins qu'il ne vive entièrement retiré (1).

(1) Sul viaggio di Garibaldi in Inghilterra cfr. Politica segreta italiana (1863-1870), Torino-Roma, 1891, pp. 138-174.

625

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Torino, 20 marzo 1864.

Vi mando un rapporto di un nostro Agente a Vienna sui preparativi Austriaci nella Venezia. Secondo le notizie che ci giungono dal Veneto vi sarebbe un considerevole movimento di truppe e un Corpo d'armata (30.000 uomini) passerebbe dalla Carinzia in Italia. Fra qualche giorno avremo delle notizie esatte. Usedom, che è nostro amico, ieri dopo avermi chiesti degli schiarimenti sui nostri preparativi ed avere avuto delle spiegazioni rassicuranti, vidde Artom e gli disse: -Dico a Voi quello che non voglio dire direttamente al Ministro. Siete voi ben sicuri che l'Austria non vi attaccherà? Io non oserei assicurarlo e fareste bene a pigliare le vostre precauzioni (1).

Io non spero che l'Austria voglia attaccarci -Non lo credo. Se essa però prende delle misure straordinarie nel Veneto, bisognerà che da parte nostra corrispondano delle misure di previdenza, che pigliamo infine un'attitudine difensiva. Questo lo dobbiamo alle sollecitudini del paese.

Vi scriverò di nuovo intorno a quest'affare appena avrò potuto parlarne con Della Rovere, per sapere quali disposizioni stia per dare e con Minghetti oggi liberato dal ginepraio della perequazione.

.ALLEGATO (2).

Le véritable but de sa mission (Archiduc Albert) était de nature exclusivement militaire. Il s'agissait de prendre des arrangements avec le gouvernement bavarois, dans le cas que la guerre éclate en Italie.

Il s'agissait d'une espèce de convention qui a pour but de régler le passage des troupes Autrichiennes par la Bavière.

Le jour où M. de Manteuffel a quitté Vienne et où la marche en avant en Jutland avait été arrangée, la mobilitation de l'armée Autrichienne en Italie, a commencé. Depuis les Bataillons sont expédiés l'un après l'autre en Italie.

Il y a quelques jours 4 bataillons passaient par Vienne la nuit. Ils venaient d'Albe Royal (Stukloveisenbong) en Hongrie et partaient pour la Vénétie. Toutes les tl'oupes s'avancent depuis huit jours vers les plaines de la haute Italie et se concentrent entre le Po et le Mincio. Le Corps d'armée qui se trouve au Schleswig reviendra prochainement et sera dirigé par la Bavière en Vénétie sans toucher le territoire Autrichien. La convention avec la Bavière doit régler le passage des 4.mes Bataillons que l'Autriche enverra en Vénétie.

Il y aura prochainement une fournée de nominations militaires. Une douzaine de Colonels sePont nommés Brigadiers et seront placés à la tète des garnisons italiennes formées par les 3.mes et 4.mes Bataillons.

c On manifeste dans les régions gouvernementales meme quelques appréhensions d'une attaque autrichienne. Non pas que l'on ajoute trop de croyance aux articles des journauxanglais sur une Sainte-Alliance de l'Autriche, la Prusse et la Russie contre l'Angleterre, la France et l'Italie, mais on croit avo,ir des données sures quant à un échelonnement formidable de troupes dans le Frioul et les Provinces au Nord de la Vénétie, non comprisles masses déjà concentrées, comme on prétend, dans le Quadrilatère. De telles préoccupations, fondées ou non, retrécissent visiblement les liens qui attachent l'Italie à la France, et les rapports avec ce dernier pays, sous la dictée de la nécessité, n'ont jamais été meilleurs •.

4l -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Le Général Russera nommé plénipotentiaire Autrichien à Berlin.

Le général Gablentz sera nommé Général de Cavalerie, et commandera un corps d'armée en Italie. Vraisemblablement on veut tacher de finir vite la besogne en Danemark! Voila ce qu'on m'a dit, maintenant je puis, moi, ajouter que la Bavière qui a

cessé d'ètre le satellite de l'Autriche n'a pas voulu préter la main à la Convention militaire que l'Archiduc Albert demandait à Munich. La mort du Roi a interrompu les négociations, mais il y a lieu de croire que la Bavière finira par céder aux voeux de l'Autriche.

D'un autre còté j'apprends que les 3.mes Bataillons placés dans le rayon de l'Armée de l'Italie (en dehors de la Vénétie) viennent de recevoir l'ordre de se concentrer autour de Mantoue. Ici on se méfie du langage pacifique du cabinet des Tuileries et particulièrement des arrangements pris par la France avec l'Archiduc Maximilien relativement au Mexique.

On pense que l'Archiduc une fois parti, Napoléon 3 òtera le masque. On croit mème, que Maximilien aura jasé trop à Paris. On cl:>nnait la mauvaise langue de ce Prince qui hait sa patrie. M. de Schmerling a dernièrement dit à un membre de la Diète provinciale de Vienne pendant un entretien confidentiel sur le voyage de Maximilien à Paris: • Sa Majesté notre Empereur n'a pas de sujet plus dangereux que son propre frère •. Ce qui est certain c'est que Maximilien aura tout dit à Napoléon, et Maximilien en sait beaucoup.

(1) In un rapporto del 18 marzo, Usedom aveva segnalato a Berlino:

(2) Si tratta del riassunto di una relazione di Porcia in data 15 marzo.

626

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 118. Torino, 21 marzo 1864, ore 17,45.

Ce matin un batiment à vapeur anglais s'est approché de Caprera, a hissé quatre pavillons et tiré deux coups de canon. Garibaldi s'est embarqué vers onze heures avec sa famille. Le batiment est désigné sous le nom probablement erroné de • Crea •. On ignore le nom du capitaine. Ordres ont été donnés pour surveillance. Si vous pouvez vous procurer des détails soit sur le bàtiment soit sur sa direction réelle, télégraphiez (1).

627

IL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. 308. Torino, 21 marzo 1864, ore 20,40 (per. ore 23).

Garibaldi partì oggi da Caprera su vapore inglese dice per Londra però se sbarca e raduna gente audacemente disperda e impedisca qualunque disordine e complicazione (2).

(1) -Analogo telegramma Minghetti inviò in J:ari data, ore 17, 20 anche a Nigra (t. 119, che non si pubolica). (2) -Annotazione marginale: « già il Prefetto mi aveva avvertito della partenza di Garibaldi •.
628

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 296. Parigi, 22 marzo 1864, ore 13,05 (per. ore 14).

J'ai communiqué à Drouyn de Lhuys la nouvelle de Garibaldi. Je vous prie de m'envoyer successivement tout ce que vous saurez à ce sujet. L'empereur m'a fait répondre au sujet de l'éventualité de la mort du Saint-Père qu'il

n'avait pour le moment rien à me dire parce que la question exigerait une miìre réflexion.

629

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 298. Londra, 22 marzo 1864, ore 17,10 (per. ore 19,20).

Palmerston m'a écrit pour me répéter ce que je vous ai mandé dimanche quant à la venue de Garibaldi à Londres, où il est prochainement attendu. Il aaint qu'il n'écoute pas les bons conseils qu'on lui donnera. Autriche et

Prusse trouvent impossible fixer d'avance bases conformes, à cause de Francfort. On a écrit en ce sens à Copenhague.

630

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE (AS Biella, Carte La Marmora)

T. CONFIDENZIALISSIMO 337. 22 marzo 1864.

Ricevuto suo secondo telegramma riguardante Garibaldi. Confesso poi di non capire la seconda parte dei due telegrammi giacchè se si tratta del dover mio mi pare aver date prove abbastanza di saperlo fare. Se si tratta poi di sortire dalle mie attribuzioni e supplire per caso all'incapacità altrui, con Peruzzi e Spaventa al Ministero bisogna che il pericolo sia ben grave per indurmi a farlo.

631

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 22 marzo 1864. Ho ricevuto i Vostri telegrammi e le Vostre lettere del 19 e del 20 (1).

Il modo di procedere che m'indicate nella Vostra lettera del 19 parmi il solo possibile. Ho fatto domandare da Conneau all'Imperatore quale fosse il

pensiero di S. M. nella questione della morte del Papa, della cui salute correvano gravi notizie e fondate. L'Imperatore mi fece rispondere, come vedrete dall'unito squarcio di lettera di Conneau, che la questione è troppo grave perchè mi possa rispondere ora. Fra quindici giorni la risposta, credo, sarà ancora la stessa. È un argomento che l'Imperatore tratta con visibile ripugnanza. Il mantenimento dello statu quo è ciò che più gli sorride, perchè è il partito il più comodo. Non hisciatevi illudere da quanto si dice su Rouher. Ha certo ottime disposizioni. Ma è debole; e non esercita la menoma influenza sull'Imperatore per le questioni estere. Non credo che l'Imperatore accetti ora, più che l'anno scorso, un progetto qualunque per l'evacuazione di Roma. Le difficoltà son'o le stesse. La reazione clericale è tutt'altro che domata in Francia. Insomma l'Imperatore si trova in faccia dei medesimi ostacoli. Non c'è che il fatto, l'inesorabile fatto, che possa mutare la condizione presente e spostare i termini della questione. Questo fatto o questa serie di fatti bisogna preparare per quanto si può. Avete cento volte ragione quando mi dite che non bisogna interpellare il Governo francese intorno all'eventualità d'un plebiscito a Roma. Qui si direbbe di no. Vengo alla questione da Voi posta. Dobbiamo noi o non dobbiamo assumere la responsabilità di quanto accadrà in Roma? Il mio avviso è per la negativa. L'iniziativa deve rimanere ai Romani. Se ci si vede la mano nostra, di tanto sarà diminuito il significato del moto romano. Non lo ripeterò mai abbastanza. Finchè l'Italia domanda Roma, non possiamo sperare che l'Europa ci dia ragione. Ma se i Romani domandano essi la loro Roma, chi potrà dar loro torto? Adunque il moto, se vi sarà, deve essere opera dei Romani, e noi non dobbiamo implicarvi la nostra responsabilità; quanto agli ajuti da darsi, essi devono, a mio avviso, restringersi entro limiti tali che il Governo non possa essere accusato di portar le armi contro la Santa Sede, e ciò conformemente anche al principio detto di sopra, che ogni iniziativa deve appartenere ai Ro

mani, se vuolsi che il moto abbia un vero valore e un grande significato.

Quanto all'Ungheria e ai Paesi orientali, ·credo anch'io •cosa prudente che si tenti di suscitare imbarazzi quanti più .si può all'Austria. Ma qui il modo di procedere è tutto. Se non avete la convinzione che le persone destinate a preparare ed a agire siano serie e prudentissime, non vi consiglierei di farlo. Ricordatevi quante seccature e quanto scredito attirarono al Governo i maneggi di certa gente.

I preparativi dell'Austria nella Venezia, di cui mi scrivete in data del 20, saranno da me portati a notizia dell'Imperatore. Non spero nemmeno io che l'Austria ci aggredisca. Non lo farà. Ne sono tanto convinto, che se io fossi nei consigli del Re, non esiterei di proporre che si rispondesse ai preparativi dell'Austria col rimandare a casa 50.000 soldati. E non mi lascierei smuovere dalle strida dei giornali. Accadrebbe di due cose l'una. O l'Austria ci attaccherebbe, aHettata dall'occasione, e in questo caso i 50.000 uomini, lasciati intatti i quadri, sarebbero ben presto richiamati, e avremmo certo con noi la Francia. O l'Austria non d aggredisce e il profitto sarebbe sempre nostro.

Per ciò che riguarda le Conferenze (dato che si riuniscono), io, se fossi a luogo Vostro, farei sapere, a chi vuoi intendere, che mai l'Italia consentirebbe a far parte di una riunione che pone per base l'unione personale, e sacrifica così il principio di nazionalità, e le giuste aspirazioni dell'Allemagna.

Vi riscriverò presto. Intanto aspetto che mi diciate quello che avete definitivamente combinato. L'importante sarà di ben sapere se, da quanto state preparando, scaturirà la guerra in quest'anno. Dico ciò, perchè sarebbe un'illusione il credere che la guerm possa venire di qui, o dall'Inghilterra. A Parigi come a Londra continua la rabbia di pace, e l'Imperatore non fu mai così pacifico come ora. Egli dice che se si è ritirato a Villafranca colla Russia amica e certo cìell'Inghilterra, non si divertirà a tirar la spada ma contro le tre grandi Potenze coalizzate e con l'Inghilterra malfida. Ma se l'Austria ci attaccasse, l'opinione della Francia intera lo forzerebbe a entrar in lotta, e non gli spiacerebbe il farlo.

Vi unisco una noterella di Conneau. Se potete dar ila Croce a suo n1pote gli farete piacere, e sarebbe ben data.

Vi fo i miei complimenti sinceri, e specialmente a Minghetti, per la votazione della legge di Imposta. Non si spaventi dei Piemontesi. Pagheranno e in ogni questione seria li avrà con lui.

(1) Cfr. nn. 620 e 625.

632

IL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora)

T. 456. Torino, 23 marzo 1864, ore 9 (per. ore 10,40).

I due telegrammi di ieri su Garibaldi sono circolari a tutti i comandi di

dipartimento. Viste ambiguità ministero Rattazzi pTeferisco eccedere che stare indietro. Il secondo telegramma fu un dupl.icato spedito inutilmente.

633

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 304. Francoforte, 24 marzo 1864, ore 9,38 (per. ore 11,15).

Ministre d'Angleterre a été chargé hier d'informer Diète que conférence composée de Prusse, Autriche, Angleterre et Danemark allait se tenir à Londres sans avoir arreté à l'avance bases de l'arrangement à intervenir. La commu

nication se bornait à cette simple information sans invitation à la Diète d'y prendre part.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

T. 124. Torino, 24 marzo 1864, ore 15.

Putsque Angleterre admet la conférence sans base, vous pouvez insister auprès de l'empereur pour qu'il abonde dans le meme sens et fasse remplacer

la conférence restreinte par une conférence générale. Ce n'est que dans une conférence générale que vos idées peuvent etre émises et appuyées.

635

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 306. Carlsruhe, 24 marzo 1864, ore 20,20 (per. ore 21,50).

Ce ministre des affaires étrangères a des raisons pour croire concentration troupes autrichiennes en Italie se rattache aussi éventualité mort du pape, et conseille prévision à ce sujet. Il m'a dit conférence avortée. Il faut attendre événements plus décisifs.

636

IL MINI,STRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 22. Copenaghen, 24 marzo 1864 (per. il 29).

Sur l'invitation de trois personnages dont l'on joue un assez grand ròle dans le Rigsdag, une réunion a eu lieu pour s'entendre sur la proposition d'un manifeste à adresser à la nation italienne. La proposition a été adoptée à l'unanimité et un Comité a été nommé pour élaborer un projet. Il se compose de cinq personnes qui jouissent d'une grande considération dans le pays.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA

T. 125. Torino, 25 marzo 1864, ore 14,10.

Veuillez m'expliquer si le manifeste dont vous me parlez sera adressé uniquement à l'Italie et quel en sera le sens.

638

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 313. Carlsruhe, 25 marzo 1864, ore 14 (per. ore 16,20).

Je viens d'apprendre que Autriche, Prusse et Danemark ont accepté proposition anglaise.. conférence sans bases, et que Confédération germanique y a été invitée. Baron de Roggenbach vient de me confirmer opinion dont il est question dans mon annexe au n. 6 quant à la nécessité d'élargir cercle. Il vient de faire des démarches pressantes dans ce sens, surtout en Bavière.

639

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 126. Torino, 26 marzo 1864, ore 11,30.

Avant de répondre à votre politique n. 12 (1) je désire connaìtre exactement quels sont les consulats ou vice-consulats royaux dont M. Pacheco a voulu vous parler. Je vous prie d'écrire confidentiellement à M. Rossi à Séville, ainsi qu'à Cadix et à Malaga pour savoir si d'autres agens se trouvent dans le mème cas. En attendant vous pourrez répondre à M. Pacheco que le Gouvernement du roi

n'ayant pas donné lui mème l'ordre, dont il s'agit, désire prendre des renseìgnements auprès des consuls eux mèmes.

640

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 317. Berlino, 26 marzo 1864, ore 15,35 (per. ore 17,40).

Ensuite de l'acceptation déjà connue de la majeure partie des puissances intéressées, y compris la Prusse, réunion d'une conférence à Londres sans bases

préalables est envisagée ici comme très prochaine. Diète germanique également invitée par l'Angleterre est encore saisie de la question.

641

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 31. Berlino, 26 marzo 1864 (per. il 30).

Dernièrement le secrétaire d'Etat m'a demandé si j'avais reçu quelques nouveaux détails sur la question de l'acte de navigation du Danube qui continuait à susciter des embarras à la Prusse. Sur ma réponse négative, il m'interpella sur nos armemens extraordinaires et notamment sur une concentration de troupes vers les frontières romaines. Il fit en mème tems quelques allusions sur des menées en Servie, dans les Principautés Danubiennes. Quant au premier point, je lui demandai à mon tour s'il pouvait me fournir des données sur l'armée Autrichienne massée dans la Vénétie et dans les provinces limitrophes. Mes renseignemens en portaient le chiffre à environ 160.000 hommes, et nos journaux les mieux accrédités parlaient aussi de grands préparatifs de guerre chez nos voisins, absolument comme en Prusse. Que dans ces

conditions, et dans celles générales de l'Europe, nous continuions à compléter notre organisation militaire, la simple prudence l'exigeait; mais que nous agis

sions avec le but préconçu de créer de nouvelles ~complications en Europe, c'est un ròle que nous abandonnons à l'Autriche. Notre attitude au reste durant la révolution Polonaise, comme dans le conflit Dano-Allemand est le meilleur démenti que nous puissons donner à ceux qui sont intéressés à nous représenter comme nous livrant à une politique aventureuse.

Relativement à de prétendues menées en Servie et dans les Principautés Danubiennes, il se pourrait que le soi-disant parti d'action montrat des velléités dangereuses pour la paix générale, mais le Cabinet de Turin s'appuyant sur l'opinion publique, dont H a rentière ,confiance, est fermement décidé, comme il l'a déjà montré en diverses circonstances, à conserver la direction de toutes les forces du pays. Et pour ce qui me concerne je ne représente pas un parti, mais le Gouvernement du Roi; or je puis certifier que pas un mot de sa part ni dans mes instructions générales ni dans la correspondance de Turin, ne saurait donner l'ombre d'un fondement à un ordre d'idées dont je devinais parfaitement la source. Mais le piège que l'Autriche tendait à la Prusse, en voulant nous faire passer pour provocateurs, était trop grossier pour qu'un homme d'Etat aussi éminent que M. de Bismark s'y laissat prendre. Et à propos de M. de Bismark, je priais M. de Thiele de lui dire de ma part que si je ne cherchais pas à le rencontrer depuis quelque tems, ce n'était pas assurément parceque je boudais en quelque sorte de le voir marcher provisoirement de conserve avec son alliée de circonstance. J'étais audessus de ce sentiment; je pouvais seulement regretter la conduite du Cabinet de Berlin; mais je savais me rendre compte des difficultés de sa position. Ainsi, si je montrais moins d'empressement que par le passé à prendre l'initiative d'un entretien avec le premier Ministre, c'était simplement par discrétion, et pour ne pas trop lui rappeler par ma présence que j'ai été le dépositaire de certains secrets de sa politique qui ne tendait à rien moins, il y a six mois à peine, qu'a mettre le feu aux poudres contre l'Autriche.

M. de Thiele m'a répondu que M. de Bismark était sur ses gardes contre le langage du Cabinet de Vienne à notre égard; qu'il savait apprécier mon attitude parcequ'il connaissait la loyauté de mon caractère. Je me suis borné à répliquer que l'éloge devait remonter à V. E. dont je suivais scrupuleusement les instructions.

(1) Cfr. n. Gl5.

642

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 32. Berlino, 26 marzo 1864 (per. il 30).

J'ai reçu le 23 mars un rapport confidentiel en date du 16 du meme mois et sous cachet volant, auquel le Marquis Pepoli me priait de donner cours par la voie de Paris (1). Je l'ai expédié le meme jour. Cette dépeche dit en résumé, sur le ton de persiflage m'a-t-il paru, que la Russie est innocente comme l'enfant qui vient de naitre; que les prétendus

accords entre les Cours du Nord n'existent que dans les cervaux malades de quelques visionnaires politiques. Comme le dit fort bien le Marquis Pepoli, les

déclarations du Prince Gortschakoff et celles de Lord Napier n'ont pas besoin de commentaires. A. S. Pétersbourg, comme à Vienne et à Berlin, on joue sur les mots. Nous pouvons admettre que le traité forme! d'une coalition n'existe pas; qu'il n'y a pas d'accord explicite pour une politique agressive pour combattre non seulement les tendances révolutionnaires dans lesquelles sont englobées les aspirations nationales et libérales, mais aussi ~a suprématie de la France. Il n'en est cependant pas moins évident que l'entente morale existe virtuellement dans la situation meme des choses. Elle s'est produite pour faire échouer le projet du Congrès Général; elle s'est manifestée pour la Pologne et pour les affaires Danoises, et elle se reproduira dans chaque question où les trois Puissances auront à leur point de vue des principes conservateurs ou d'anciennes dynasties à sauvegarder. Si aujourd'hui, par exemple, il éclatait une guerre sur le Mincio, il est évident que le Roi de Prusse hésiterait moins qu'en 1859 à preter son concours à un allié qu'il est intéressé, dans les conditions actuelles, à ne pas laisser affaiblir.

La France surtout, de méme que l'Italie ont donc raison de n'accueillir que sous bénéfice d'inventaire les protestations des Cours du Nord. Et, pour mon compte, je croirais m'ètre rendu coupable vis-à-vis de mon Gouvernement, si je ne lui avais pas révélé tous les indices qui me portent non point à conclure à une sainte alliance, mais à une entente morale qui a déjà donné signe de vie et qui se reproduira, tant qu'on n'aura pas réussi à en briser le faisceau, dans chaque phase importante de la politique.

Aujourd'hui, l'Ambassadeur de France avait reçu, quoique dans des termes assez vagues, l'avis que l'Autriche et la Russie cherchaient à s'entendre sur une occupation éventuelle des principautés Danubiennes, pour mettre un terme aux abus du Gouvernement du Prince Couza. Si le fait se confirmait, il viendrait à l'appui de ma manière de voir: partagée au reste, par quelques uns de mes collègues.

La proposition Anglaise à la quelle on s'attendait à la date de ma dernière dépèche, est en effet arrivée ici, et a été présentée au Gouvernement Prussien le 25 courant. Elle a été acceptée par M. de Bismark. Elle l'a également été par l'Autriche et la France. Ici on ne met point en doute l'adhésion de la Suède et du Danemark. La Conférence se réunirait ainsi très prochainement à Londres. Ses chances de succès sont fort incertaines pour les premiers tems du moins, car elle s'ouvrira sans aucune base préalable, et sans que l'Autriche ni la Prusse se soyent expliquées entre elles sur la solution finale de l'affaire des Duchés. Je doute presque qu'autour du tapis vert leurs diplomates montrent la méme entente que leurs généraux sur le champ de bataille.

La Diète Germanique a également été invitée à se faire représenter à Londres, et à cet égard il sera curieux de comparer le langage de la Confédération avec celui des Cabinets de Vienne et de Berlin. Il y aura là une véritable confusion qui exigera un travail de longue haleine. En attendant la belle saison s'approche, et les craintes ou les espérances d'une guerre non localisée diminuent chaque jour.

Rien de nouveau du théatre de la guerre.

Le Comte Corti est arrivé ici et partira demain pour Lubeck où il s'embarquera le 28 courant pour se rendre à son poste, via Copenhague.

(1) Cfr. n. 612.

643

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 8. Pietroburgo, 26 marzo 1864 (per. l'B aprile).

Le Prince Gortchakoff m'a lu ce matin une dépeche qu'il a adressée au Ministre Russe à Berlin sur la question des Couvents dédiés, en m'annonçant en meme tems qu'il avait donné ordre au Comte Stackelberg de Vous la communiquer. Il a insisté vivement sur les conclusions de ce document en me déclarant qu'il était urgent que les Puissances Signataires du Traité de Paris se réunissent en Conférence à Constantinople pour mettre un terme au violent état de choses qui existe en ce moment dans les Principautés. Il m'a signalé des faits regrettables qui se son produits à Bukharest. Le Prince Couza oubliant tout à fait les engagements pris, a non seulement dépouillé les couvents, mais il se sert des biens qu'il a violemment confisqués pour commettre une nouvelle infraction aux Traités existants. Le Protocole sur les Principautés établit que la Cour Suzeraine combinera avec elles les mesures de défense de leur territoire (Art. 4). Or les Chambres MoldoValaques ont approuvé un Décret qui organise 120/m soldats. Ce chiffre est tout à fait hors de proportion avec les moyens financiers, et avec la population des Principautés et jamais il n'a reçu l'approbation du Gouvernement Ottoma!1, qui a meme en dernier lieu protesté. Aucun danger extérieur n'autorise cet armement extraordinaire, auquel l'Hospodar ne peut pourvoir qu'avec les revenus des biens des ,couvents. H faut donc que ce violent état de choses cesse puisqu'il menace la tranquillité de l'Orient. Le Prince m'a signalé d'autres abus. Il m'a confirmé ce qui m'avait été déjà dit par l'Ambassadeur d'Angleterre, que le Prince Couza s'est servi de ces biens pour gagner ses ennemis et pour se créer un parti. Il m'a cité le Ministre des Affaires Etrangères qui a affermé une grande propriété à vil prix, et ce qui est encore plus grave, il m'a assuré que plusieurs parmi ceux qui avaient loué les propriétés appartenant aux Couvents refusaient meme de payer la legère indemnité qu'ils avaient convenue. J'ai demandé alors au Prince si le Cabinet Russe acceptait le nouveau projet Anglais dont il était question dans sa Dépeche. Il m'a répondu qu'en principe il ne refusait pas de traiter sur cette base qui pourrait étre méme équitable, mais qu'il ne pouvait pas admettre que le principe d'indemnité qui pouvait résulter des délibérations put étre pris pour point de départ arrété avant l'entrée en conférence. J'ai répondu au Prince en lui soumettant quelques observations qui m'avaient été suggérées par la lecture des Protocoles des Conférences à Paris, tout en déclarant que je n'avais eu d'autre communication officielle de la part de mon Gouvernement que les documents que j'avais eu l'honneur de lui soumettre. J'appelai d'abord l'attention du Prince sur un nouvel ordre d'idées.

Je lui demandai s'il croyait que les Assemblées législatives des Principautés n'eussent pas le droit d'abolir la main-morte.

L'art. 3 (Protocole XIV) définit les limites des droits de la Cour Suzeraine; ces droits ne limitent d'aucune manière le pouvoir législatif accordé par l'art. 5 aux assemblées et à l'Hospodar des Principautés qui • s'administreront '(je cite le texte) librement et en déhors de toute ingérence de la Sublime Porte •.

L'art. 39 reserve explicitement à la Commission centrale des deux Principautés toutes les lois d'intéret général, toutes celles qui ont pour objet l'unité législative: l'Hospodar seui (art. 15) a le droit de refuser sa sanction aux lois.

L'art. 51 enfin établit que toute exemption, tout manopole dont jouissaient

encore certaines classes, seront abolis.

Il me parait qu'il ressort des différents articles, que je viens de citer, le droit du Gouvernement Moldo-Valaque d'abolir la main-morte. Et je ne crois pas que les Puissances Alliées aient protesté contre la sécularisation des Couvents appartenant au Pays meme.

On ne pourrait pas vraisemblablement admettre que la France, la Russie, l'Italie, l'Angleterre puissent s'opposer au triomphe d'un principe qui a été consacré dans leurs codes. La question se borne selon moi simplement à décider si le Protocole N. XIII s'oppose à la sécularisation des biens des Couvents dédiés et si cette question a été reservée à la decision des Puissances Signataires du Traité de Paris. Pour mon compte je ne le crois pas; je crois que la valeur des biens des Couvents dédiés est sous la sauvegarde des Puissances Alliées; je crois que c'est à elles à s'entendre avec la Porte pour décider la légitimité des titres de ces propriétés; mais je me refuse d'admettre que la Porte puisse vouloir s'opposer à une loi d'intéret général votée rpar les Chambres Moldo-Valaques et sanctionnée par le Prince. J'entends parler de la disposition de la loi qui abolit la main-morte: je partage entièrement la conviction de la Russie sur la partie de la loi qui confisque au bénéfice de l'Etat ces couvents et fixe l'indemnité à 50 millions. Cette prétention des Principautés est inadmissible. Elles ne peuvent se soustraire à la décision des Puissances Alliées, qui ont expressément reservé cette question.

On ne peut pas admettre que les Chambres des Principautés puissent dis

poser des biens appartenant aux étrangers, de meme que les étrangers ne peu

vcnt pas prétendre de posséder d'une manière défendue par la loi émanée des

Pouvoirs légitimement constitués.

J'ai développé cette opinion (que je m'empresse de Vous declarer m'etre

tout à fait personnelle et n'engager en rien mon Gouvernement) pour arriver

à un résultat pratique et pour répondre aux objections soulevées par le Prince.

Je crois que, tout en admettant le droit aux Principautés de modifier la légis

lation du Pays, on doit empecher que son application ne devienne une spolia

tion. La proposition Anglaise, à mon point de vue, offre un terrain sur lequel

on peut facilement se concilier.

Les biens devraient etre remis à une Commission internationale qui de

vrait en effectuer la vente dans un délai fixé, et qui en affecterait le prix,

selon la décision de la Conférence. Cette solution tout en sauvegardant les

droits des tiers ne violerait pas les principes de justice qui sont adoptés pres

que par tous les législateurs modernes et n'amoindriTait la souveraineté, à mon

point de vue, incontestable des Pouvoirs publics des Principautés.

Le Prince Gortchakoff me répondit qu'il ne pouvait pas admettre l'exemple que j'avais cité pour la Russie, puisque la Russie, tout en s'appropriant les biens de ses Couvents, leur avait alloué des rentes supérieure,s meme aux revenus des terrains expropriés, et avait toujours respecté les biens des Couvents appartenant à d'autres pays. Il était cependant loin de s'opposer à admettre le principe d'indemnité, mais ce principe devait etre voté par les Conférences. Si on admettait qu'il fUt nécessaire une entente préalable pour réunir la Conférence, il faudrait tout autant y renoncer, puisqu'alors une Puissance pourrait toujours empecher qu'une solution légale intervienne en se refusant d'y prendre part.

Le Prince me déc1ara en se résumant qu'il croyait de la plus grande urgence de trancher cette question et de mettre un terme à l'agitation qui s'était produite en Orient.

Il ne doutait pas que la Conférence une fois réunie, on finirait par s'entendre, et me pria d'insister dans ce sens auprès de Vous, M. le Ministre.

En me congédiant il me déclara d'une manière cathégorique que le Cabinet de S.t Pétersbourg avait envoyé des instructions formelles à Son Ministre à Constantinople pour qu'il ait à se refuser d'entrer en Conférence si on voulait poser des bases préalables.

644

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 365-369)

L. P. CONFIDENZIALE. Bologna, 27 marzo 1864.

La lunga e faticosa discussione che ebbe luogo alla Camera sulla perequazione dell'imposta fondiaria mi ha impedito di scrivervi come avrei desiderato. Supplisco ora che ho preso due giorni di vacanza per fare la Pasqua in famiglia.

E prima di tutto due parole sulla situazione interna. Il paese cammina, si organizza, ha fiducia nel Governo. Le provincie meridionali soprattutto han fatto e fanno progressi notabilissimi. Il viaggio del Re, la quasi total distruzione del brigantaggio (che sarebbe spento del tutto se non ci mandassero nuove bande da Roma) e queste ultime discussioni hanno prodotto colà eccellente effetto. I napoletani si sentono adesso partecipi e solidali dell'Italia, e del Governo che sinora, sedendo in Torino, riguardavano quasi come conquistatore. La stessa Sicilia, non mai ben soddisfatta ha però ultimamente migliorato assai e nella sicurezza pubblica, e nelle condizioni materiali, e nello spirito degli abitanti.

n partito d'azione può fare qualche sciocchezza, ma è impotente a cosa alcuna efficace. Se costì udite dire che il Governo possa essere soverchiato e trascinato dal partito d'azione, smentite pure tali supposizioni sicuramente. Col Re siamo in ottimi termini. Io non ho che a compiacermi del suo contegno in queste ultime peripezie parlamentari: e ho prove quotidiane di benevolenza

e di fiducia. Il partito d'azione disperato di trovar ascolto nelle moltitudini lo ha tentato e lo fa tentare parte con lusinghe parte con minaccie, e con supposti pericoli; ma sinora ha tenuto il fermo; e per questa parte non credo siavi da temere che Garibaldi possa esercitare alcuna influenza. Più difficile e più grave è la situazione parlamentare.

La legge ultima discussa, che è anche l'ultima delle grandi leggi finanziarie ha avuto oppositori naturalmente coloro che ne erano aggravati: se non che i Siciliani votarono contro, ma si agitarono poco o nulla; i Toscani si divisero, e una grande maggioranza dei loro votò con noi i Piemontesi invece lottarono, e inferocirono. Vi scrivo come ad un amico con tutta schiettezza. I Piemontesi in questa occasione hanno avuto un contegno quasi furioso, e ciò che è peggio temo che non lo smetteranno. Non già che ritengano la legge per ingiusta, al contrario tutti convengono in privato che non v'ha aggravio indebito, ed inoltre il paese non d'altro si richiama che della mancanza di un equo sub-riparto, fatto il quale (e si farà) sarebbero contenti più che non lo sono ora. Ma codesti uomini politici un poco per timore degli elettori, un poco perchè si rinfocolarono fra di loro e subirono inscienti influenze contrarie a noi, soprattutto per amor proprio, hanno costituito un partito d'opposizione municipale che susciterà seri imbarazzi. Parve ad essi che questa legge li umiliasse, che l'Italia volesse far sentire la sua potenza sopra il Piemonte, che insomma non si avessero loro quei riguardi che meritano. Ciò fu torto, e invero se avete scorso le discussioni, vi sarà stato chiaro con quanta longanime pazienza e moderazione io mi sia diportato: ma il resultato è quale ve lo dipingo. Noi avremo dunque alla Camera la solita trentina di voti di opposizione radicale, quell'altra ventina del terzo partito o rattazziani pur soliti, ma per di più un altri trenta o quaranta che io chiamerò municipali e che ci saranno avversi. La mancanza di un programma, e di uomini da surrogarci lungi dal trattenerli par che li attizzi e li irriti. Ci faranno la guerra alla spicciolata, e bezzicando, ci metteranno ostacoli e difficoltà per la via. Tale è la situazione. Sarà possibile farli rinsavire, persuaderli, dividerli? L'esempio di alcuni piemontesi molto savii come il Boncompagni potrà sopra di loro? Vi sarà modo di contentarli in qualche altra legge o provvedimento? Io non lo dispero, ma bisogna che io sia pronto a combattere almeno per qualche mese una opposizione più grave e più numerosa che pel passato. Però non dubito di una fida maggioranza anche in ogni peggiore ipotesi. E quanto al Senato sono convinto che nonostante qualche opposizione, minore eziandio di quel che s'aspettano, la legge passerà.

Ora che v'ho parlato delle cose interne e senza reticenze, vengo alle estere. Le notizie che voi ci scrivete sono dolorose quasi disperanti, e nondimeno trovo il giudizio vostro savio e vero. Ora cosa può fare l'Italia in questa confusione? Noi abbiamo tentato ogni sforzo perchè Francia ed Inghilterra s'intendessero, sciogliessero insieme le questioni più ardue, procedessero di accordo ad un'azione efficace. Il tentativo, (è vano il dissimularlo) non è riuscito. Per quanto Azeglio mi scriva della buona parte che fa Latour d'Auvergne a Londra e di quella che pur fa egli d'Azeglio, tuttavia non veggo prossima alcuna entente sopra nessuna questione. D'altra banda l'alleanza, se non formale, certo sostanziale di Austria, Russia e Prussia è un fatto troppo evidente perchè si possa chiudere gli occhi e discrederlo. L'Imperatore sperava già di poter vedere

la Germania divisa in sè porgere occasioni a noi favorevoli: anche questa speranza mi pare dileguata. E dico dileguata, perchè le piccole potenze renane non hanno nè coraggio nè forza di fare. Il concetto di Pepoli d'appoggiare l'elemento nazionale e democratico germanico è buono nè certo abbiamo trascurato per quanto era possibile questo filo. Ma entrar noi non chiamati in ballo, far delle note che non avrebbero sanzione non mi par politica nè fruttuosa nè prudente.

Rispetto alla nostra attitudine verso l'Austria, se noi avessimo, attaccando soli, una grande probabilità di vincere, io dico il vero non esiterei a consigliare S. M. di farlo. Ma da tutto quello che ho raccolto, esaminato, discusso in questa materia sono costretto a concludere che tale passo sarebbe avventato, e il giocar tutto sopra una posta sarebbe follìa e colpa. Dunque noi, stando così le cose, non attaccheremo: nè il paese ce lo imputerà a mancanza di energia e di previdenza. Che l'Austria ci attacchi nol credo punto. Sarei ben contento se lo facesse, ci troverebbe pronti e porrebbe contro di sè l'opinione europea. Aiutati da questa, in una guerra difensiva, col nostro valoroso esercito, coll'entusiasmo delle popolazioni, io avrei grande fiducia nella vittoria anche da soli. Ma non mi fermo in questa ipotesi e mi è forza per conseguenza tornare a quel punto che pur tante volte abbiamo insieme ventilato, profittare d'un'occasione favorevole e, potendo, crearla. Quel che io diceva dell'Ungheria, e di che l'Imperatore mostrava gran dubbio, mi pare che riceva oggi una conferma, trista sì ma pur concludente. Gli arresti di personaggi ragguardevoli, le scoperte di depositi d'armi provano che la cospirazione era seria. Ma questi rigori dell'Austria in parte le troncano i nervi. Nondimeno credo che non si smetterà, e il lavoro preparativo d'una insurrezione continuerà alacremente. Se possa scoppiare e scoppiasse in quest'estate, questo è ciò che nel momento non saprei assicurarvi.

Ho pensato sovente che ,converrebbe far nascere quella occasione che cer,chiamo nella questione dei Principati. Se fosse possibile d'intavolare la pratica, combinata da Pasolini d'accordo a Londra e a Parigi sarebbe ottimo principio, ma non veggo ove la diplomazia trovi il punto ubi consistat. Delle note a tal proposito create un bel mattino senza precedenti mi paiono un'utopia. Se m'ingannassi voi potete dirmelo e tanto meglio. Ma forse nei principati non sarebbe impossibile far nascere tale situazione che necessitasse un intervento delle potenze. Ora io vi chieggo: credete voi che l'Imperatore piglierebbe tale occasione per favorirci? V'ha fra lui e il Principe Couza qualche segreta intelligenza, per la quale il nostro disegno anche nell'ipotesi che ho fatto di sopra riuscisse frustrato? Piacciavi darmi sopra di ciò la vostra opinione e se questa vi pare via che possa condurre a qualche risultamento.

In ogni modo il lavoro ungherese sarà continuato e ove si possa esteso.

Non ho parlato della Danimarca. Sono pienamente d'accordo con voi che si trattasse d'entrare in una conferenza nella quale si dovesse ribadire il trattato del '52 e sancire il principio dell'unione personale, sarebbe meglio rifiutare recisamente. Se la fortuna ci nega di fare, sappiamo, almeno non

disfare. Ma se la Conferenza dovesse avere larghezza di discussione e di pro

poste, in tal caso l'esserci noi potrebbe porger destro a qualche utilità. Gli stati

renani sono dell'avviso notevolmente che la Conferenza dovrebbe essere allar

gata nel numero dei partecipanti e libera. Quando la Francia vi entrasse col

pensiero d'appoggiare le idee nazionali germaniche, il nostro posto non sarebbe

nè cattivo nè alla Francia stessa disutile. Sebbene in questo momento non

sembri probabile che si venga a tale combinazione, non di meno vi prego di

tenervi bene al corrente sull'argomento e di afferrar l'occasione se si presenta.

Quando Pasolini partì da Parigi e vide l'ultima volta l'Imperatore aven

dogli esposto la condizione delle cose nostre, la necessità di fare qualche passo

verso la soluzione delle nostre questioni, e quel che tante volte abbiamo detto

insieme, egli rispose: • Dites au Roi que je vais y réfléchir sérieusement •. Il

tempo della riflessione fu lungo. Cosa ha egli conchiuso? A me pare che seb

bene in minor grado, pure anche la sua politica, il suo prestigio, l'avvenire

della sua dinastia soffrano di questa inazione nella quale egli si trova. Noi

abbiamo tutti i mali della guerra, le incertezze, le diffidenze, il ribasso del

credito nei fondi, l'arenamento delle speculazioni industriali e non abbiamo

almeno le eventualità favorevoli che ci potrebbe porgere. È egli proprio impos

sibile scuotere l'Imperatore dal suo letargo? Lascerà passare le circostanze

attuali senza prendere un partito, senza far nulla?

Non voglio lasciar passare la questione di Roma. Se il Papa muore e si

dovesse crearne un altro senza che fosse nulla mutato sarebbe per noi un colpo

funesto. Non parlo del Ministero, parlo dell'Italia in generale. Volete una prova

dello spirito che regna in tale argomento? Eccovi alcune righe del generale La

marmora, scrittemi in data 19 marzo da Napoli. • Se avvenisse la morte del Papa

io non dubito che ne saprete appl'ofittare per sciogliere la questione romana.

Io sono in generale e massime nelle presenti circostanze avverso ad una poli

tica avventata, ma se il Papa muore ci vuole qualche energica ed ardita riso

luzione. E giacchè mi trovo il Generale più vicino con sufficienti truppe qualora

mi crediate capace contate su di me •.

Questo linguaggio di tal uomo vi basti per tutto. Ora il dar ordine ai

nostri generali di entrare mi par troppo pericoloso quando non si avesse una ·probabilità che la Francia non s'opponesse con aperta forza. Che i Romani facciano il fattibile cioè dimostrazioni, plebisciti, insurrezione nelle provincie,

questo mi par chiaro e spero che lo faranno. Se lasciassero passar l'occasione

di protestare e di ottenere il loro diritto si coprirebbero di obbrobrio. Final

mente ci sarebbe la possibilità d'intendersi colla Francia. Ma la risposta data

al Conneau mi sembra toglierne la speranza. Ad ogni caso di ciò vi scrivo in

altra lettera.

E vi scriverò quanto prima del viaggio probabile del principe Umberto /a Parigi nel maggio. Ma prima di muovere costì parole voglio averne discorso

una seconda volta col Re e più di proposito, il che sarà giovedì. La prima volta

che gliene feci motto parvemi approvarlo.

Ho scritto come la penna getta e per dirvi le mie impressioni.

645

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 24. Copenaghen, 27 marzo 1864 (per. l'1 aprile).

A peine ai-je été informé qu'un comité vient de se former pour s'occuper de la rédaction d'un manifeste à la Nation italienne, je n'ai rien négligé pour· savoir dans quel sens 11 serait conçu, et de quelle manière il serait présenté. Si mes informations à cet égard sont jusqu'ici très incomplètes, cela tient à la grande réserve qui m'est imposée. Devant en effet éviter toute démarche qui de ma part pourrait étre interprétée soit dans le sens d'un encouragement, soit dans le sens d'une désapprobation du projet, je n'ai pu puiser mes informations qu'à des sources très indirectes. Il ne m'en reste pas moins qu'il s'agira de la nation italienne seulement. J'ai entretenu confidentiellement de tout ceci le Secrétaire Général du Ministère des Affaires Etrangères avec qui je suis lié, et sur la prudence et la discrétion du quel je puis entièrement compter. Quoiqu'il ne connaisse personnellement aucun des membres du Comité en question, il pourra indirectement et sans que le conseil paraisse venir de moi, agir de manière à ce que dans le Manifeste il ne soit pas question du Gouvernement italien. Ayant d'un autre c6té appris que l'on viendrait peut-étre me remettre le manifeste avec plus ou moins de solennité, je me suis sur ce point aussi expliqué de manière à éviter tout ce que l'éclat d'une semblable démarche aurait de compromettant pour moi. Le Secrétaire Général partageant entièrement mes vues m'a promis d'agir dans ce sens. J'espère avoir déviné vos intentions en travaillant de mon mieux pour que tout ceci se passe tran

quillement. V. E. aura sans doute la bonté de me faire connaitre si Elle approuve ma conduite.

646

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 9. Pietroburgo, 27 marzo 1864 (per. il 7 aprile).

Le prince Gortchakow m'a prié hier d'appeler l'attention du Gouvernement du Roi sur les menées révolutionnaires qui menacent dans ce moment plusieurs Etats et qui ont leur foyer principal à Gènes. Le prince a ajouté qu'il en est douloureusement affecté, qu'il regretterait vivement si le pays qui, à son point de vue, a le plus besoin de calme et d'ordre, allait devenir le foyer permanent des désordres qui menacent la paix de l'Europe. Il a ajouté qu'il ne méconnaissait certainement pas les bonnes intentions du Cabinet actuel, qu'il savait que sa politique était une politique d'ordre et de résistance aux empiètements du parti révolutionnaire; mais qu'il croyait en mème temps de son devoir d'insister sur ce point qu'un Gouvernement fort doit pouvoir

empècher que les partis extrèmes s'agitent malgré lui et lui créent des diffi· cultés internationales.

« La Russie a reconnu le nouvel ordre de choses établi en Italie non obstant

ses sympathies réelles et légitimes pour une dynastie qui avait succombé dans

la lutte. Elle a cru fortifier les principes d'ordre et d'autorité, en fortifiant le

Gouvernement du Roi Vietar Emmanuel. L'Italie était alors, et malheureuse

ment elle l'est encore, un objet de méfiance pour le parti conservateur d'Eu

rape. Tant que cette méfiance existera contre Elle, Elle ne parviendra pas

à occuper la piace que sa population, sa position, son étendue lui assurent

d'avance dans les Conseils de l'Europe. Le parti ·conservateur ne peut oublier

les protestations du Cabinet du Comte de Cavour qui déclarait ,etre complè

tement étranger à l'expédition de Marsala, et qui plus tard en a acc:epté la

responsabilité en s'associant à la guerre contre le Roi de Naples. Je ne veux

pas, s'empressa-t-il d'ajouter, accuser un homme d'Etat que j'ai beaucoup

estimé et dont je respecte la mémoire; mais le passé pèse ainsi douloureuse

ment sur le présent. Les protestations de votre Gouvernement qu'il est com

plètement étranger aux complots qui dans ce moment se nouent à Génes ne

sauraient avoir de la valeur réelle à nos yeux, que s'il saura reprimer toute folle

tentative du parti d'action.

La sympathie du Gouvernement Russe, je dois vous l'avouer franche

ment, cesserait d'etre pour le Gouvernement Italien le jour où par faiblesse

ou bien par impuissance il ne saurait mettre ses relations internationales à

l'abri des violences des partis extremes.

Croyez-moi, M. le Ministre, un Gouvernement qui se respecte ne doit jamais laisser meme soupçonner qu'il conspire en secret avec la révolution: un faux pas dans cette voie vous entraine et vous perd dans l'opinion des autres Gouvernements. Je comprends qu'un Gouvernement organise son armée, et attaque meme ses ennemis ouvertement, mais je crois qu'il joue un ròle peu digne de lui meme s'il ose s'introduire furtivement chez son voisin par la porte batarde, au lieu d'y entrer par la grande porte.

Croyez-moi toutes les mené-es souterraines, toutes les finesses diplomatiques en dernière analyse se tournent contre ,ceux qui s'en servent. Un Gouvernement qui manquerait constamment à sa parole, qui vous caresserait d'une main et vous frapperait de l'autre, qui tromperait successivement toutes les Puissances, qui s'appliquerait à semer la désunion dans la Grande Famille Européenne pour régner seui, qui tout en sévissant chez lui contre la révolution l'encouragerait au dehors, finirait toujours par créer autour de lui le vide et le néant. Cherchez vous-meme et vous ne chercherez pas longtems pour trouver des exemples frappants de ce que je viens de vous dire dans la histoire ancienne et moderne. Que l'Italie prenne garde; qu'elle écoute la voix d'un ami, qu'elle s'arrete en tems sur la pente fatale où Elle peut etre en

trainée •· Je répondis au Prince que je ne pouvais accepter ses paroles en silence. Le Gouvernement du Roi a prouvé à l'Europe qu'il sait faire respecter les lois et résister aux entraìnements du parti révolutionnaire. Il n'a mème pas reculé devant la guerre civile, et si l'Europe avait oublié Aspromonte, nous ne l'avions pas oublié. Je crois, Prince, que jamais aucun Gouvernement n'a accompli un devoir si pénible que celui que dans cette circonstance a accompli le Gouvernement

43 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

ltalien. Le parti conservateur doit se rassurer. L'Italie a su prouver qu'Elle est forte vis-à-vis des partis extrèmes; mais jamais Elle ne se fourvoiera dans les voies de la réaction. Notre Gouvernement ne conspire point: il n'a qu'à compter ses bataillons pour savoir qu'il n'a pas besoin de conspirer; il saura, soyez-en sur, Prince, réprimer les folles tentatives du parti d'action mais il a en mème tems le devoir de s'opposer aux menées sourdes du parti réactionnaire qui conspire contre nous et qui nous menace.

Vous avez bien voulu examiner un còté de la médaille, permettez-moi de Vous en montrer le revers.

Ne conspire-t-on pas à Rome et en Autriche contre nous? La réaction reste-t-elle dans ce moment immobile? Ou bien, ajoutai-je avec force, ne cherche-t-elle pas au contraire de serrer ses rangs contre nous, contre toute idée libérale?

• -Voyons •, me dit le Prince en m'interrompant, • croiriez-vous aux bruits malveillants répandus dans ces derniers temps d'une nouvelle alliance qui va se former? Y croiriez-vous après le démenti catégorique que je viens de leur donner dans le journal de S. Pétersbourg? •. • Oui, Prince •, je répondis en ,souriant, • je suis presque tenté d'y croire et surtout après avoir lu le démenti du journal de S. Pétersbourg et les paroles avec lesquelles Lord Palmerston a expliqué quelques mots que Vous aviez adressés à Lord Napier •. - • -Voyons, Prince •, je m'empressai de continuer, • le Gouvernement de l'Empereur de Russie depuis l'insurrection polonaise est devenu méfiant. Depuis ce temps il a sérieusement refléchi aux événements qui se sont passés en dernier lieu en Europe. La déclaration de l'Empereur Napoléon que les Traités de Vienne ont cessé d'exister n'était pas faite pour diminuer cette méfiance. Il se posa la question si on avait agi sagement en les laissant déchirer impunément il se demanda si la victoire de l'esprit national en Italie n'était point de nature à contribuer aux soulèvements de la Pologne de la Hongrie, de l'Orient de l'Allemagne, s'il était prudent et sage de laisser ébranler ainsi l'édifice dans sa base. Il a pensé que les événements qui ont déchiré l'Europe n'avaient pu s'accomplir que parce que par un fatai aveuglement Ies liens qui unissaient les Puissances du Nord entre elles s'étaient relachés. C'est la division entre les Grandes Puissances qu'à son avis a Iaissé la prépondérance au parti national que vous appelez le parti révolutionnaire. Selon vous il n'a pu pénétrer dans la forteresse que parce qu'on lui a laissé une porte ouverte. Je crois, ajoutai-je, que toutes ces assertions sont erronées, je crois qu'elles pèchent par la base, je n'ai voulu que reproduire ici les appréhensions et les argumens du parti conservateur. Eh bien la proposition du Congrès a rallié instinctivement de nouveau les Puissances du Nord. Vous vous ètes comptés et vous avez cru que l'union fait la force.

Désormais tout en acceptant les faits accomplis, tout en renonçant à reconquérir le terrain que la Sainte Alliance de 1815 a perdu, vous vous étes mutuellement promis de ne permettre plus aucune infraction aux Traités de Vienne, de ne plus souffrir que l'on doute de la légitimité de ce qui existe en force du droit historique. C'est une ligue défensive que vous avez moralement constituée.

Désormais l'Autriche ne plaidera plus la cause des Polonais, vous soutiendrez énergiquement en Orient le Gouvernement Turc. Toute question se1condaire qui pourrait vous désunir sera écartée, le plus urgent pour le moment c'est de battre complètement le parti révolutionnaire partout où il relèvera la tete, il est l'ennemi de tout Gouvernement régulier, c'est lui qui menace, à votre point de vue, la tranquillité de l'Europe. Il faut aussi l'enfermer dans un cercle de fer, limiter le camp de son action, l'étouffer dans ses espérances. Il faut enfin que tout Gouvernement sache que lorsqu'il veut sortir des limites des Traités, il trouvera liguée contre lui l'Europe entière. Pour ce qui est de la Russie, Prince, vous me disiez, il n'y a pas longtemps

Nous serons les alliés de celui, s'appelle-t-il Pierre ou Paul, qui combattra les ennemis des intéréts Russes.

C'est dans ce sens que je crois qu'une entente morale et définitive s'est formée. Je ne puis m'expliquer autrement les paroles de Lord Palmerston ».

Le Prince me répliqua vivement: • Eh bien! si une ligue morale s'était formée dans ce sens que trouveriez-vous à redire? qui pourrait nous en vouloir? C'est la situation meme de l'Europe qui la dicterait dans l'intér!et des peuples aussi bien que dans celui des Gouvernemens. Pourrait-on rétablir le calme et la tranquillité en laissant que l'imprévu seul nous gouverne? Vous qui etes franchement libéral croyez-vous que l'on puisse faire avancer une Nation dans la voie du progrès quand elle est continuellement menacée dans son existence? Non! je le repète, nous avons besoin de calme, il nous est indispensable que la ·confiance dans le présent puisse renaitre pour accomplir toutes les réformes que l'esprit du tems exige des Gouvernemens. A mon point de vue dans le Parlement Anglais j'aurais été bien plus explicite que Lord Palmerston. J'aurais déclaré que cette entente qui s'était formée après la propositl.on du Congrès, instinctivement, sans projet arrèté, à notre insu meme, était une entente contre l'esprit révolutionnaire, contre cet esprit fatai qui trouble la marche de l'Europe entière en déchainant sur Elle ses tempètes; et qui est contraire aux véritables idées de liberté: que cette entente n'a point de cocarde, que la France, l'Italie et tous les Gouvernemens sans exception, y sont conviés: qu'elle ne menace personne devant au contraire rassurer tout le monde puisque elle est appelée à consolider les bases sur lesquelles repose la société et à servir aux intérèts matériels et moraux tant des peuples que des Gouvernemens ». Mais en descendant de la hauteur des principes où il avait placé la question, jusqu'aux applications de cette entente, le Prince me dit qu'il pouvait m'assurer de la manière la plus catégorique qu'aucun engagement n'avait été pris, qu'aucun papier n'avait été signé et qu'aucun document n'avait été rédtgé. Il ajouta qu'il avait été en Russie le créateur de l'alliance française si toutefois cette parole pouvait ètre admise puisque l'Empereur seul avait le droit de créer une politique, mais qu'en tout cas elle avait été inaugurée sous son Ministère: qu'en écartant meme les raisons de sympathie et les anciens souvenirs qui le liaient à la famille de l'Empereur Napoléon, deux raisons puissantes lui avaient conseillé cette politique. D'abord la pensée que les intérèts de la Russie ne sont nulle part en contradiction avec les intérets de la France, en second lieu l'effet moral et salutaire que cette alliance produirait en Europe. La France alliée de la Russie tout soupçon disparaissait contre Elle.

L'Europe savait que la base de cette alliance ne pouvait etre que le respect des idées d'ordre et que jamais la France n'aurait pu compter sur la Russie pour tenter des entreprises révolutionnaires. Cette alliance avait été ébranlée par le fait du Gouvernement Français lors de l'insurrection de la Pologne; cédant à la pression d'une op1nion publique factice le Gouvernement français s'était laissé entrainer dans une voie fatale. Mais les causes qui ont amené un relachement dans les relations mutuelles n'étaient certes pas de nature à exclure la France de l'entente telle qu'il venait de la définir. Il affirma meme qu'il serait heureux de la voir y prendre piace parce que cela contribuerait autant à sa grandeur qu'à sa prospérité, lui assurerait la confiance de l'Europe et raffermirait la dynastie de l'Empereur Napoléon.

J'ai répondu au Prince que je ne pouvais qu'ètre tristement affecté de ses paroles, que du reste il lui était facile de deviner ma réponse nous avions trop souvent porté notre discussion sur ce terrain brùlant pour ,avoir oublié récdproquement nos idées. L'erreur de la politique qu'il venait de tracer se tr~uvait selon moi dans la confusion que l'on faisait de l'esprit démagogique et de l'esprit national. Entre la politique de résistance et la politique envahissante de la démagogie, une troisième politique devait naturellement se piacer. C'etait la politique que l'Empereur Napoléon demandait à l'Europe d'inaugurer avec la réunion d'un Congrès. Cette politique avait pour but de purifier dans le creuset d'un Congrès les passions révolutionnaires qui agitent l'Europe. Croyez-moi, Prince, ne forcez pas le parti national à s'enròler parmi les soldats de la révolution. Utilisez contre vos ennemis les forces et les ressources dont il dispose; songez qu'il y a de véritables intérets qu'il ne faut pas méconnaitre. On ne peut pas condamner l'Europe à l'immobilité. Prenez garde qu'en voulant étouffer l'esprit national, il n'éclate.

Vous y voilà, me dit le Prince, Rome et Venise.

Non je ne borne pas la question à l'Italie, je pose des principes généraux; et je continuai en lui disant que je m'étais dans le temps bercé d'une douce espémnce en lisant la lettre de l'Empereur Alexandre. Dans cette lettre il ne repoussait pas radicalement l'idée d'un Congrès, il admettait meme qu'on devait concilier les lois constantes du progrès avec les legs inéffaçables de l'histoire. Le Prince Gortchakow m'interrompit de nouveau pour me faire observer que j'étais dans l'erreur, que le progrès dont avait parlé l'Empereur Alexandre était le progrès et le développement des libertés intérieures, mais que jamais le Tsar n'avait pensé que l'on pourrait accorder au Congrès la faculté d'intervenir dans les questions touchant au régime de chaque état; puisque comme pour la Pologne il en était de mème des autres pays agités par l'esprit révolutionnaire ils n'avaient à attendre des modifications et des améliorations que de l'initiative de leurs propres Souverains.

Je répondis que je ne pouvais pas accepter cette interprétation qui était,

selon moi, tout-à-fait contraire à l'esprit conciliateur de la lettre; mais que

lorsque meme l'Empereur Alexandre n'aurait jamais été prèt à appuyer cette politique, elle n'existait pas moins et l'opinion publique l'avait adoptée. Je regrettai donc profondément la formation d'une entente morale s'opposant au parti national qui malgré les efforts de ses ennemis s'avance toujours. Je déplorai de voir rejeté par une méfiance injuste tout le grand parti national dans les bras de la révolution. La résistance du parti conservateur, ,continuai-je, a pour corollaire la continuation de la paix armée. Les budgets au lieu d'étre diminués pèseront plus lourdement que jamais sur la prospérité des différens peuples. On continuera à armer partout, partout on forgera des canons, et tout le monde se préparera à la guerre. Je vous défie de désarmer non obstant que l'entente contre la révolution soit solidement établie. Cette impuissance est la condamnation de votre système.

En définitive cependant et malgré la ferme volonté des Gouvernements je ne crois pas à la durée de cette entente morale. L'opinion publique entrainera les Cabinets dans une voie différente de celle que le Prince venait de me tracer. Je n'avais à citer que l'exemple de la question des Duchés. L'Autriche malgré tout avait été entrainée à défendre le principe national. Je ne croyais pas que les efforts que l'on tentait pour que cette question secondaire s'effaçat devant la question bien autrement importante de l'entente des Grandes Puissances à laquelle avait fait allusion Lord Napier, seraient couronnés de succès.

J e me resumai ainsi:

Je voyais avec douleur l'Europe partagée en deux camps et je ne pouvais qu'ètre vivement affecté que les propositions de conciliation que la France avait faites eussent été rejetées.

Le Prince me répondit:

• Veuillez me permettre que je répète encore que c'est vous qui confondez l'esprit national et l'esprit révolutionnaire. L'Empereur de Russie a la conviction d',étre aussi national que qui ce soit quand il s'applique avec sollicitude au bien-étre du royaume de Pologne. C'est mème la seule volonté nationale qui puisse lui faire du bien. Je suis loin de vouloir diviser les Gouvernemens de l'Europe en deux camps, comme vous l'affirmez, tout au contraire je veux en former un seui et je reste persuadé qu'une entente entre tous les gouvernements qui aurait pour base les idées que je viens de vous énoncer servirait en méme temps et au méme dégré les intéréts des Souverains et des peuples et ceux d'une liberté rationnelle et d'un développement progressif.

Je vous le répète que c'est à cette entente que nous serions heureux que tous les Gouvernemens veuillent accéder: elle n'a besoin d'aucun document écrit, d'aucun traité secret: elle peut et elle doit se former à la clarté du soleil. Je désire, mon 'Cher Marquis, que vous soyez l'interprète de ces idées maintenant que vous allez rentrer en Italie. J'espère de vous voir bientòt revenir parmi nous en apportant la preuve que mes paroles ne furent pas stériles •.

Je répondis au Prince, en prenant congé de lui, que tout en le remerciant de ses sentiments bienveillants je constatais que l'entente dont il avait été question pour étre réellement utile et pour n'alarmer personne ne pouvait se produire que sous la forme du Congrès proposé par la France et qui avait pour but de pacifier l'Europe en donnant une juste satisfaction aux aspirations légitimes des peuples.

Quant à moi je suis de ceux qui croient que pour prévenir les résultats facheux de l'esprit révolutionnaire il faut en diriger la course violente. Un torrent ne ravage les campagnes, disait de ses jours Fox à la tribune, que lorsque vous ne lui avez pas creusé un lit.

C'est ma devise, c'est la devise du parti national en Europe.

647

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE,

MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (BCB, Carte Minghetti, ,ed. in LIPPARINI, p. 369)

L. P. Bologna, 28 marzo 1864.

La questione romana può da un momento all'altro risorgere e diventar grave, se la salute del Papa peggiora. L'importanza di tentar qualche cosa in questa occasione mi pare evidente. E siccome Vimercati mi ha parlato sovente dell'influenza che Rouher esercita nei consigli dell'Imperatore, così ho pensato di dirigermi ·confidenzialmente a lui e di vedere se per parte sua ci fosse possibile intavolare una pratica. Ma ciò che spetterà a voi di decidere e che lascio al vostro giudizio, si è: l o se convenga o non convenga far questo passo, il che giudicherete leggendo la lettera aperta; 2° qual'è il modo di presentarla, se da voi o da Vimercati o insomma tutto quanto può riguardare siffatta corrispondenza.

Nel caso che non diate seguito a quest'affare speciale, non è però meno importante che la eventualità della morte del Papa sia ventilata. Sebbene stia meglio, pure da un momento all'altro può mancare. Ora qui ci sono tre punti da considerare:

Primo, i Romani. Io credo e spero che faranno qualche grande dimostrazione. Se noi facess~ro si coprirebbero d'obbrobrio e lascerebbero correre la prescrizione contro i loro diritti. Ma di ciò è bene costì non fiatare.

Secondo, l'attitudine nostra al confine. Se io potessi avere la possibilità che occupando i paesi dove non sono francesi e che insorgeranno, non sia questo un mettersi in aperta guerra con loro, non esiterei a dare a Lamarmora istruzioni in tal senso.

Terzo, gli accordi possibili con Parigi. E qui giudice siete voi.

Vi ha il progetto Cavour modificato che può essere rimesso sul tappeto. V'ha il progetto inglese che ampliato e migliorato potrebbe essere accolto. Se i francesi si ritirassero sulla riva destra del Tevere e colà nascesse un nuovo Papa del genere di Bof9ndi, io credo che questi non abbandonerebbe H Vaticano.

Sper;;tre in trattative colla corte di Roma è un sogno sul quale non possiamo fermarci. Ma la soluzione inglese avrebbe il vantaggio di rispettare il potere temporale; dando a noi parte di Roma.

E l'Imperatrice? Potrebbe servirei? o ci sarà nemica spietata?

Aspetto su tutto ciò vostre informazioni.

MINGHETTI A ROUHER ALLEGATO (BCB, Carte Minghetti)

L. P. 28 marzo 1864.

Permettez-moi de m'adresser à vous sans intermédiaire pour vous entvetenk confidentiellement d'une éventualité qui intéresse au plus haut degré la politique des deux pays que nous avons l'honneur de servir. Mon admiration très grande pour V. E. et ma conviction qu'une entente entre le Gouvernement de l'Empereur et le Gouvernement du Roi est d'une necessité absolue pour prévenir des dangers certains me font espérer que vous voudrez excuser la liberté que je prends en agissant de la sorte.

Depuis quelque temps l'opinion publique se préoccupe serieusement de la ma1adie du S. Père. On se demande avec inquiétude ce qui arriverait si un accident amenait brusquement une vacance du S. Siège. La maladie du Pape, quelqu'en puisse etre l'issue suffit déjà à reveiller toutes les anxiétés de la question romaine. Le Gouvernement du Roi doit d'autant plus éviter de se laisser prendre au dépourvu par les événements que la possibilité d'un accident suffirait à elle seule pour détruire l'oeuvre d'apaisement à laquelle nous nous sommes voués depuis deux années.

Appelés à la direction des affaires le lendemain de la demission de M. Thouvenel nous avons entrepris une tàche des plus ingrates dans les conditions extraordinaires où l'Italie se trouvait. Nous nous sommes efforcés de ramener l'attention du pays vers les problèmes de son organisation intérieure: pendant deux ans avons réussi à écarter tout mouvement dangereux, toute déclaration imprudente, bien plus nous avons obtenu de la Chambre des manifestations qui rendent possible une politique conciliante et modérée dans la question romaine. Ces résultats peuvent s'évanouir si la mort du Pape n'apporte aucun changement à la situation. L'Italie ver·rait dans ce fait non seulement une humiliation nationale, mais l'intention de renoncer pour toujours à résoudre cette question virtale. Non seu1ement le parti d'action tenterai.t de jeter le pays dans l'agitation et le desordre, mais le Gouvernement se trouverait abandonné par le parti libéral modéré qui l'a soutenu jusqu'ici dans son oeuvre. Ce n'est pas de l'existence d'un Ministère qu'il s'agirait mais les principes monar·chiques s'affaibliraient au profit de l'anarchie; l'unité italienne et l'avenir de la dynastie pourraient étre compromis.

Mais la France n'a-t-elle pas aussi le plus grand intérét à saisir l'occasion qui se présenterait pour sortir de l'impasse où elle se trouve? On ·comprend jusqu'à un certain point que le Gouvernement de l'Empereur ait des égards exceptionnels pour le Pape Pie IX. On comprend que pendant la vie du Pape aetuel on n'ait pas le courage de faire nai-tre une oppo11tunité pour résoudre ~a que,stion d'une manière définitive. Mais il serait difficile de concevoir que la France veuille prendre l'engagement de rester indéfiniment à Rome et de protéger le pouvoir temporel de tous les successeurs de S. Pierre.

Il y aurait là plus d'une ·Contradiction qui ne pourrait manquer tòt ou tard d'apporter des funestes conséquences. La France de 1789 et le Gouvernement issu du suffrage universel assumeraient contre la volonté des Romains la défense d'une institution qui est la negation de ses principes. La France qui a proclamé la non intervention, en sanctionnerait elle méme la violation permanente. La France enfin qui a versé son sang pour l'Italie et qui a si puissamment contribué à notre régénération détruirait son oeuvre au profit des ennemis de l'Empire et de l'Empereur. Car on ne peut pas s'y tromper. Rome par sa nature meme sera le foyer obligé de toutes les intrigues de la réaction européenne.

En soumettant ces considérations à V. E. je n'ai pas l'intention de lui présenter des projets de solution romaine. Il est nature! que V. E. se préoccupe surtout des intérets de la France. Mais comme au fond ils me paraissent identiques à ceux de l'Italie, je laisse à votre perspicacité età votre prudence le soin de trouver le meilleur moyen de profiter de l'occasion si elle se présente. Quant à moi je serai très heureux de m'entendre confidentiellement avec V. E. sur une éventualité qui est pleine de dangers, mais qui peut offrir aux deux Gouvernements les chances les plus serieuses pour faire un nouveau pas dans la voie du progrès, de la liberté et de la paix de l'Europe.

648

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AP)

L. P. Pietroburgo, 28 marzo 1864.

La dépèche que je viens de vous envoyer et qui porte la date du 27 mars (1) a été lue par moi au Prince Gortchakow. Il a approuvé l'exactitude et la loyauté avec laquelle j'avais reproduit ses paroles et les miennes. Tout en reconnaissant cependant qu'il n'avait aucun mot à supprimer dans ma dépèche, il m'a prié d'en modifier quelques phrases; puisque cette dépeche pourrait etre connue plus tard il croyait prudent d'en mesurer la portée de toutes les paroles. Dans une entrevue particulière on peut se parler avec plus de franchise et entre amis on n'a pas besoin de ménagemens.

La première modification témoigne le désir du Prince de maintenir de bons rapports avec le Gouvernement du Roi. Il m'avait dit que l'Italie était le foyer des agitations qui menacent l'Europe; d'après son désir j'ai substitué la parole deviendrait à la parole est.

La politique qui finit par créer autour d'elle le vide était positivement citée camme celle de l'Empereur Napoléon. J'avais moi-meme modifié cette phrase, mais je m'exprimais ainsi: • Un Gouvernement qui caresse d'une main et frappe de l'autre etc. •; il a changé en mettant • Un Gouvernement qui caresserait etc. •.

Il m'avait dit dans le tems que la Russie serait l'allié de celui, s'appelàt-il Pierre ou Paul, qui combattrait pour les principes d'ordre. Le changement porte sur la dernière phrase où il a substitué qui combattrait les ennemis des intéréts Russes. Il m'a dit que les ennemis du principe d'ordre était une expression trop vague, on avait dans le tems justifié la Sainte Alliance par ces paroles. Je lui fis cependant observer que la démenti du Journal de S. Pétersbourg se servait de termes presque identiques. Il refusa la paternité de cet entrefilet qui est cependant sorti de sa plume.

Là où j'avais dit: l'Empereur est devenu méfiant il s'est fortement alarmé; il m'a prié de changer ma phrase. Après les paroles: en décha'ìnant sur l'Europe ses tempétes, il a ajouté et qui est contraire aux véritables idées de liberté.

Il a aussi ajouté après les paroles: appeLé à consolider les bases sur lesquelles repose la Société Européenne, la phrase à servir les intéréts matériels et moraux tant des peupLes que des Gouvernemens.

En revanche il retrancha la phrase qu'il m'avait dit: Ecarter par sa force et par san attitude tout dange1· de modifications territoriales actuelles. Tout en maintenant sa pensée il me dit qu'il croyait que la phrase qu'il substituait était plus concise: L'Europe savait que la base de cette alliance ne pouvait étre que le respect des Traités; il préféra mettre que les idées d'ordre. Il

m'expliqua ce changement en me disant que depuis l'annexion de Nice et Savoie et la reconnaissance de l'Italie les mots 1·espect des Traités n'étaient pas exacts.

Il a ajouté entièrement et j'ai écrit sous sa dictée la phrase qui commence par les mots n'est pas de nature à exdure La France et finit par raffermirait La dynastie de l'Empereur Napoléon. Il tenait beaucoup à cette dernière phrase qu'il m'avait dit et que j'avais oublié de reproduire.

La dernière partie du discours du Prince m'a été dictée par lui-méme ayant cru nécessaire de répondre à mes dernières repliques. A mon tour j'ai rédigé sous ses yeux les dernières paroles que j'ai placées camme conclusion de notre entretien.

Il voulait introduire dans la dépeche des phrases très flatteuses à mon adresse. Je l'ai prié de les supprimer. Il comptait, disait-il sur moi pour convertir à ses idées l'Italie.

Mais la phrase capitale qu"il me dit en prenant congé est d'après moi la plus importante, car elle éclaire la situation et confirme mes prévisions. Il m'annonça que la conférence se réunirait à Londres le 12 du mais d'avril. Je lui ai demandé s'il appuierait l'union personnelle en lui faisant observer que nous verrions par là le véritable esprit de l'entente morale des Grandes Puissances. Il me répondit qu'il n'avait rien de positif à me dire. Ne repoussez pas, répliquai-je dans les Duchés l'esprit national. Avant tout, me répondit le Prince, il faut savoir si les Duchés veulent appartenir à l'Allemagne, je ne le crois pas. Mais il y a un moyen assez simple pour le savoir; vous n'avez, lui dis-je, qu'à consulter le pays. Avec le suffrage universel, n'est-ce pas? m'interrompit le Prince. Merci! nous avons assez de cette farce là. Et sur ce je pris congé de lui par,ce qu'il y avait plus d'une heure que Lord Napier attendait dans l'antichambre.

J'ai vu le soir Lord Napier. Il était content de l'acceptation du Danemark; en causant avec lui il me dit: • C'est étrange! Le Prince dans le tems m'avait dit qu'il lui suffirait d'une autre question, ne fut-ce que celle des Duchés Allemands, pour traiter dans un Congrès la question Polonaise. Il nie maintenant de me l'avoir dit. J'ai répondu qu'il me l'avait aussi répété plusieurs fois • .

J'ignore si ces paroles avaient trait à de récentes démarches faites par l'Angleterre pour tmiter la question de Pologne à Londres. En continuant notre conversation l'ambassadeur d'Angleterre m'a dit ensuite que sa conviction était que si la guerre éclatait entre l'Italie et l'Autriche, la Russie occuperait la Galicie; il ne croyait pas à un Traité ni à une promesse formelle, mais il croyait que la chose étaìt dans la nature de la situation.

Voici, mon cher ami, des détails secrets et réservés que je confie à votre prudence et qui ne doivent mème pas rester aux Archives du Ministère.

P. S. -J'ai oublié de vous noter une phrase qui a aussi sa valeur. Le Prince me dit qu'il avait proposé lui-mème le Congrès dans le temps. Mais que c'était la préface que l'Empereur Napoléon avait mis à sa proposition qui avait alarmé l'Europe et avait fait échoir ce projet.

(1) Cfr. n. 646.

649

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 130. Torino, 29 marzo 1864, ore 10,30.

Gardez vis-à-vis de Garibaldi la plus grande réserve sans affectation. Attendez qu'il vienne vous faire visite. Ne paraissez pas en public avec lui. Je vous ai écrit par la poste.

650

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 330. Parigi, 29 marzo 1864, ore 15,30 (per. ore 16,15).

Les nouvelles de Vienne mettent en doute l'acceptation de l'archiduc Maximilien. La Diète germanique a accepté la conférence. Le bruit court d'un échec des troupes prussiennes.

651

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

(BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 370-371)

L. P. CONFIDENZIALE. Bologna, 29 marzo 1864.

Vi ringrazio di tutte le lettere che mi avete scritto intorno al Garibaldi. Vi ho telegrafato in breve ma chiaro le nostre istruzioni; mi spiego ora maggiormente: Garibaldi è un cittadino italiano, che ha reso grandi servigi al paese, che ha commesso una grav~e colpa della quale è stato amni,s:tiato. È un cittadino italiano né più né meno, e il Ministro d'Italia non ha da fargli visita se non la riceve prima da lui. Se viene adunque a Grosvenor Street o manda un biglieHo, e voi fate il medesimo verso di lui colla gentilezza che vi è propria.

Se Garibaldi si tenesse nei termini della prudenza, se ricevesse amici e consultasse chirurghi, non vi sarebbe alcun inconveniente a trovarsi con lui. Ma egli parlerà di politica e dirà sciocchezze, e forse anche improntitudini, alle quali sarebbe doloroso che il Ministro d'Italia si trovasse presente: se per buona fortuna non le dicesse egli, le diranno altri in vece sua, o esagereranno le sue parole e i suoi sentimenti, e quando anche l'offesa non arrivi sino alla sacra persona del Re (perché voglio sperare che stia nei limiti) non risparmieranno il Governo che voi rappresentate. Per queste ragioni e per tutti gli antecedenti voi non dovete trovarvi a pranzi o riunioni pubbliche o semipubbliche con lui (1). Ma rifiutando evitate l'affettazione, il che a voi sarà facile; parlando di lui con quel riguardo che si conviene, ma accennando anche alla posizione che occupate, e ai doveri ch'ella vi impone. Quanto alle

buone intenzioni del duca di Sutherland e di Eber io ne sono lieto, e sarà

bene che essi, e Panizzi se lo vede, lo consiglino seriamente; ma è probabile

che non li ascolterà e invece si lascerà inebriare dalle ovazioni e trascinare dai

cattivi consiglieri.

Garibaldi ha perduto in Italia molto credito e molto seguito. Egli viene costì per ritrarre dalle accoglienze inglesi quel prestigio che sentiva venir meno. Viene anche per fare denari e credo che codeste vecchie pinzocchere sentendolo parlare male del Papa e dell'Imperatore dei Francesi gliene daranno in quantità. Così sollevato dagli entusiasmi, e assestato dalla pecunia britannica, spera di tornare in Italia colla potenza di far qualche impresa. E questa può esser contro i Tedeschi entrando nel Tirolo secondo i progetti di Mazzini, o contro i Francesi facendo uno sbarco sul territorio pontificio, o infine sulle rive dell'Adriatico per gettarsi sull'Ungheria o sui Principati.

Il Governo ha gli occhi aperti, e ha forze bastevoli per impedire almeno una cosa grossa o per reprimere le piccole che si facessero all'interno. Ma non è men vero che potrà crearci degli imbarazzi. Mazzini spera di mettersi pienamente d'accordo con lui. Non è facile perchè sono entrambi ambiziosi del primato indiviso: pure è possibile, e su questo vi p:rego di fare indagini e di tenermi informato. Se egli o il Mazzini parlassero d'intelligenza col Re, smentiteli pure con franchezza. So che lo hanno tentato per molte vie, ma so che il Re non si è lasciato né si lascerà smuovere.

Strana cosa davvero sarà conciliare i perpetui consigli di pace e prudenza che ci dà Elliot in nome del suo Governo, e gli incoraggiamenti che avrà costì Garibaldi dal popolo inglese. E ciò in un paese libero, dove l'opinione pubblica è signora, e dove governo e popolo sono quasi una cosa sola. Ma noi andiamo diritto per la nostra via e non ci lasceremo smuovere comunque. Provocazioni avventate all'Austria non faremo, siamo abbastanza forti per non mettere tutto l'acquistato sovra una sola carta. Che l'Austria ci attacchi nol credo ma in ogni caso ci troverà pronti a ,respingerla. Se vi saranno occasioni grandi e favorevoli in Europa ne approfitteremo. Ecco tutta la nostra politica.

Mi gode che siate in così buoni termini con Latour d'Auvergne. Vorrei pur dare la pensione al Crolli come egli desidera, ma la materia delle pensioni spetta oggi alla Corte dei Conti, ed asta un decreto formale all'ottenimento di questa.

Se il Papa declinasse ancora e venisse a morte, credete voi che l'Inghilterra facesse alcun passo circa all'occupazione di Roma per parte dei Francesi? Gradirei se mi scriveste su questo argomento.

(1) In una lettera di Vittorio Emanuele II a Minghetti del marzo-aprile 1864, ed. in Le Lettere di VittoTio Emanuele II, cit., vol. I, p. 778 è contenuta la seguente frase: « Indi mi permetto di ricordare di far scrivere ad Azeglio di non intervenire ai banchetti e grandi dimostrazioni Garibaldesche, di far sentire al Governo Britannico che quelle gran feste non mi amusano niente me personalmente ».

652

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI (AP (1), ed in LIPPARINI, pp. 371-373)

L. P. CONFIDENZIALE. Bologna, 29 marzo 1864.

Sono venuto a riposarmi due giorni dalle lunghe fatiche. Stasera torno a Torino. Ma intanto di qui ti scrivo e ti riscriverò poi di nuovo.

Lessi il tuo memoriale all'Imperatore(!). Convengo in quei pensieri: l'alleanza delle tre potenze nordiche se non è scritta nei trattati è nella politica loro e nei fatti. E se questa alleanza minaccia l'Italia prima forse di ogni altro, mira però a indebolire e fiaccare l'Imperatore. Però, a mio avviso, comune sarebbe l'interesse di contrapporvisi efficacemente.

Il concetto tuo rispetto alla questione danese ha un doppio aspetto: negativo e positivo. Non far cosa che invalidi i principii di nazionalità e di diritto pubblico che noi professiamo, sui quali si fonda anzi il Regno d'Italia. Sta bene; e se ci fosse offerto di partecipare ad una conferenza, ove questa avesse per iscopo di sancire l'unione personale dei Ducati, preferirei l'astensione o il rifiuto. Secondo, appoggiare i piccoli stati renani nel loro movimento democratko, e nelle loro aspi'razioni nazionali. E questo fu rpure nelle nost>re disposizioni, tantoché, come ti scrissi mandammo Anselmo Guerrieri a tale scopo in Germania. Ed egli si incontrò con Roggenbach che è l'uomo il più intelligente ed operoso di quelle parti e vide anche i capi del NationaL Verein. Il Roggenbach è in ottimi termini con noi, ed abbiamo scambiato comunicazioni importanti. Ma tre cose prevalgono nelle menti di quei signori. La paura del movimento, che vorrebbero pur capitanare, onde una serie di disegni monchi e poco arditi. La paura dell'Austria e della Prussia delle quali veggono le armi potenti e vittoriose. La paura infine e soprattutto della Francia che un bel giorno non voglia incarnare i suoi piani sul Reno il che li riunirebbe in un fascio di reazione. Ora con tre paure non è il caso di tentare imprese magnanime. Quanto a noi, io 1credo che in effetto, cioè ,coll'opera e coll'armi occorrendo non ci convenga prendere ,l'iniziativa in questa questione nella quale la Francia sta in disparte e l'Inghilterra ci sarebbe contraria. Iniziativa poteva prendersi con una nota dichiarativa di principii. Ma che giovano le note? In verità il Conte di Cavour le paragonava molto acconciamente agli articoli dei giornali. Un regno nuovo che vuole acquistare reputazione di serietà e di potenza deve parlare poco e parlando appoggiar le parole con la forza. Per questo non reputo che questa via abbia utilità e possa condurre a qualche efficace conclusione.

Ho guardato la questione da un solo aspetto, non bisogna trascurarne un altro. È innegabile che l'opinione pubblica la quale in ciò non pretende saperne di più di Layard (che confessava di non aver mai capito nulla nella questione dei Ducati) l'opinione pubblica dico è favorevole a Danimarca. L'oppressione del debole chiama il compatimento e la simpatia dei cuori generosi; e l'assalto Austro-Prussiano è giudicato come una brutta violenza. Ora nei governi liberi e in Francia stessa, questo sentimento non può essere trascurato; e se la resistenza Danese continua può essere foriera di gravi conseguenze. Ad ogni modo ecco la nostra posizione. Provocar l'Austria primi e soli no: tale è l'opinione dei più arditi generali, tale è il pubblico senso, tale è anche il criterio europeo.

Che l'Austria ci attacchi nol credo. E perdio lo facesse. Saremmo pronti a riceverla come si deve, e sono fidente nella vittoria. Ma non ripeterà gli errori del 1859, non bis in idem. Profittare dell'occasione favorevole. Non chieg

go di più. Se l'Imperatore disegna di compiere una qualche grande impresa, noi saremmo lieti di associarvisi; se la guerra divenisse grossa nel Nord non esiteremmo ad approfittarne.

Creare questa occasione che desideriamo. Due volte ci è stata una qualche eventualità. La questione polacca, la questione danese. L'esperienza ha mostrato che fu savio consiglio non gittarsi all'impazzata nella questione polacca; avremmo avuto il danno e le beffe. Quanto alla questione danese ti ho espresso sopra il mio pensiero. Di altre eventualità ti parlerò a voce.

Ma dacché tu vedrai l'Imperatore è bene che tu gli rappresenti (e in ciò esprimi il tuo stesso giudizio) come il lasciare che la reazione stringa le fila, inorgoglì e divenga minacciosa è un errore grande e forse funesto; che mai momento non fu più opportuno per prendere un'attitudine che riconciliando i popoli alle loro dinastie (1) prepari l'avvenire: che l'Italia è un alleato che può rendere dei grandi servizi: che l'Inghilterra se non può aversi favorevole, non sarà però nemica, quand'anche, com'è naturale, la Francia voglia conseguire quell'intento ,che almeno in parte si riconosce giusto e conveniente. Non so se a te convenga parlar di Roma e della eventualità della morte del Papa. È cosa di tatto che tu giudicherai costà, sebbene le promesse avute nel 1862 quando tu eri a Parigi te ne diano un diritto. Ma egli è certo che se morto il Papa ne succedesse un altro, senza mutamento di sorta, per l'Italia sarebbe quasi rinunciare indefinitamente a Roma, per la Francia sarebbe un assumere indefinitamente la difesa del potere temporale. Se fossero possibili accordi prima, meglio: se no, è forse 'Più prudente non chieder consiglio, non avere dissuasioni anticipate, non farsi rispondere in modo negativo sopra l'uno o l'altro disegno.

Starà ai Romani fare il loro compito, e spero lo faranno; starà a noi non lasciare senza qualche utilità i loro sforzi.

Ora di un'ultima cosa ti scrivo non come ministro ma come amico. La legge sulla perequazione ha creato delle difficoltà interne che confido di vincere, ma che però non saranno leggere. L'intrigo farà ogni sua possa; dunque sta in guardia perchè ne sarai assiepato quando vieni in Italia. E di ciò non scriverò e non parlerò più teco, ma era mio dovere d'avvertirti, perchè tu non lo ignori. Già quando Cavour fece le sue leggi d'imposta patì ben maggiori persecuzioni, e fu ben più maltrattato. Io dunque né mi stupisco, né mi dolgo, ma cammino per la mia strada colla bandiera della giustizia e della italianità e confido di giungere alla meta.

(1) La minuta in BCB, Carte Minghetti.

(1) Cfr. n. 581, allegato.

653

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 335. Parigi, 31 marzo 1864, o1·e 17,30 (per. ore 18,30).

Voici la situation de la question danoise:

La dernière propositiòn anglaise est acceptée par l'Autriche et la Prusse. Une dépèche télégraphique du ministre d'Angleterre à Copenhague annonce qu'elle est acceptée par le Danemark. L'acceptation de la Diète germanique est probable mais pas certaine. La France acceptera si tous les autres acceptent.

Dites à Peruzzi que j'ai vivement insisté auprès de Drouyn de Lhuys pour l'extradition et la surveillance des brigands. Drouyn de Lhuys vient d'en écrire à Rome. J'écrirai sur ce sujet par la première occasion. Prince Napoléon est parti pour faire une excursion sur mer, où il essaye un nouveau biì.timent: il visitera les cOtes de la Hollande et de l'Angleterre. Ce voyage n'a aucun but politique et doit durer quinze jours.

654

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LIPPARINI, prp. 181-182)

L. P. Torino, 31 marzo 1864. Garibaldi sarà ben presto a Londra. Egli spera riacquistarsi il prestigio che in Italia era venuto meno, e avere larga messe di denari. Tutto ciò però è il mezzo non è il fine: far leva in Inghilterra per muovere qualche altro punto. Sperare che torni pacificamente a Caprera dopo le ovazioni di Londra lo credo utopia: se lo volesse anche i suoi lo spingerebbero ad agire. Voi sapete che l'idea fissa di Mazzini è il tentativo nel Tirolo e nel Cadore. Ma Garibaldi è uomo poco arrendevole ai disegni altrui, cosicché vorrà egli iniziare un piano suo; e questo piano non sarà quello di Mazzini. Potrebbe essere una calata sulle coste pontificie perché Roma gli sta sempre fissa in mente, e gli Inglesi nol dissuaderanno da ciò. Si tratta di osteggiare il Papa e di creare un imbarazzo alla Francia. Potrebbe esser anche una spedizione sulle coste adriatiche dell'Austria colla speranza di dar mano all'insurrezione greco-ungherese. Ma di ciò gli Inglesi faranno ogni mossa per dissuaderlo. Voi sapete che in Ungheria elementi non pochi vi sono per una insurrezione: quanto ai Principati noi finora non abbiamo fatto nulla, cosicché io mi meravigliai della cattura delle armi di che parlava il telegrafo l'altro giorno (se ne sapete qualche cosa ditemelo). Ma non ci mancherebbe forse il destro di esercitare sopra Garibaldi influenza per indurlo a fare dei Principati l'obiettivo delle sue mosse. Nei Principati vi sono da circa ventimila Ungheresi emigrati i quali costituirebbero per lui il nocciolo d'azione già pronto, e la facilità di entrare in Transilvania. Comunque andasse la spedizione egli è certo che verrebbe sul tappeto un'altra delle questioni proposte dall'Imperatore nel suo discorso del Congresso; e quella appunto che è la più difficile a riunire le disposizioni delle potenze nordiche. Se coalizione vi ha non resisterebbe all'irrompere della questione d'Oriente. In ogni caso vi sarebbe là un addentellato sia per un congresso, sia pei negoziati di che Pasolini vi tenne discorso. Ora vi prego di pesare queste cose, e se lo credete vi autorizzo a parlare direttamente all'Imperatore, ma non vorrei intermediarii: il suo interesse è evi

dente a mio avviso: e piglierebbe sull'Inghilterra la rivincita del giuoco d'Aspromonte.

P. S. Prima di muover nulla, aspetto una vostra risposta, ma il tempo stringe.

655

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI , AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 14. Madrid, 31 marzo 1864 (per. il 5 aprile).

Ebbi l'onore di ricevere il dì 26 corrente il telegramma di V. E. (1) in risposta al mio rapporto del 17 n. 12 (2) e seguendo le istruzioni favoritemi scrissi sì in Seviglia che in Malaga e Cadice invitando quei RR. Agenti Consolari di comunicarmi se avevano posta l'iscrizione di Consolato d'Italia sulla porta della casa consolare e ciò essendo in che epoca l'avevano fatto. Intanto fui dal mio particolare amico Signor Baiiuelos nuovo Sotto Segretario di Stato e lo pregai di far conoscere al Ministro Pacheco la provvisoria risposta che d'ordine del Governo del Re ero incaricato di dargli. Oggi poi che già avevo una risposta dai detti Agenti Consolari cioè da quello di Seviglia, che mi dice che sin dal 8 Luglio 1861 aveva posto la parola Italia invece di Sardegna, mi presentai dal Signor Pacheco e per esser franco coll'E. V. dirò che presi la quèstione sul terreno poco serio. Dissi al Signor Ministro che già gli avevo fatto conoscere la risposta provvisoria del Governo del Re che era che avrebbe esaminato l'affare, ma che dovevo dargli anche io una risposta particolare e tutta mia, che consisteva che non era possibile continuare questa questione giacchè sapevo che da tre anni il Delegato Consolare di Seviglia aveva posta l'iscrizione che spaventò tanto ultimamente i neocattolici e che il tempo di tre anni doveva dare un diritto etc. Il Signor Pacheco preso l'affare sullo stesso tuono mi disse, fatemi il piacere lasciate ciò, non ne parlate più, e vedremo se mi lascieranno tranquillo, in caso contrario ne riparleremo.

Riservandomi di comunicare ciò nullostante all'E. V. le risposte che riceverò dai Consoli predetti.....

656

IL SEGRETARIO GENERALE EGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 4. Torino, 4 aprile 1864.

Rien n'est venu modifier sensiblement la situation telle que vous la connaissiez à la date de Votre télégramme d'avant hier (3). Le Gouvernement Anglais annonce comme ·certaine l'acceptation par le Danemark de la Conférence sans armistice et sans bases; toutefois, dans la note du 18 Mars par laquelle le Gouvernement Danois notifiait son acceptation à Londres, la condition est posée que la Conférence se placera sur le terrain des négociations de 1851-52; et rien n'indique, jusqu'à présent, que la manière de voir du Danemark se soit modi

fiée à la suite des dispositions montrées depuis par les puissances intéressées. La France a aussi accepté la Conférence, dans la supposition que les autres puissances invitées à y prendre part y adhéraient en principe, ce qui parait en effet probable, mais elle aussi, camme vous le savez, a fait connaitre sinon les bases, puisqu'il est convenu que la Conférence n'en doit pas avoir, du moins le point de vue où elle se placera dans les négociations à intervenir.

Elle se rangera à l'opinion des autres puissances si elles s'accordent à prendre pour point de départ le Traité de 1851: si cet accord ne se réalise pas, elle émettra l'avis que les POIPUlations doivent ètre consultées. Des notifications dans ce sens ont du etre adressées aux Legations Françaises non seulement en Allemagne, mais à Copenhague, à Stockholm et à St. Pétersbourg. D'après ce que vous m'avez fait connaitre, il n'est pas invraisemblable que la Prusse et l'Autriche viennent à énoncer à leur tour leurs vues préalables sur la question; je n'ai pas besoin, M. le Ministre, de vous dire avec quel intéret je recevrai vos informations a ce sujet, car si ces puissances obéissent elles aussi au besoin de formuler, à défaut des bases qu'on ne veut pas donner à la Conférence, des déclarations préalables sur leurs intentions, ce pourra etre le début de la scission qui doit tot ou tard se déclarer entre les deux grandes puissances Allemandes sur la solution à donner à la question des Duchés.

Il ne parait pas que la Diète prenne dans cette circonstance une attitude à part, à coté de la Prusse et de l'Autriche: c'est du reste ce que feront connaitre ses prochaines délibérations sur l'invitation de l'Angleterre, et la nomination de son Plénipotentiaire.

D'après des informations récentes, la Russie recommanderait avec insistance la division du Sleswig en deux moitiés; la partie méridionale de ce Duché serait unie au Holstein, et englobée dans la Confédération Germanique, l'intégrité de la Monarchie Danoise restant d'ailleurs intade. C'est du moins ce que propose formellement le Baron de Brunow à Londres, où on ne fait pas un mauvais accueil à ce projet de solution, tout en renvoyant naturellement à l'époque de la réunion de la Conférence tout échange d'idées sur le fond du différend Dano-Allemand.

J'approuve entièrement, M. le Ministre, que dans les circonstances actuelles vous observiez dans vos rélations officielles une réserve sans éloignement. Le concours d'événemens qui a placé momentanément sur la meme ligne l'Autriche et la Prusse, donne à leur rapprochement un caractère d'instabilité tel que nous n'avons à prendre aucune autre attitude que celle de la confiance et de l'attente. Le langage que vous avez tenu à M. de Thiele a du aider à faire comprendre combien nous sommes loin d'éprouver le désir d'ajouter de nouveaux embarras à ceux qui préoccupent l'Europe.

Les allégations malveillantes d'une partie de la presse Allemande, dont vous avez, camme moi, aisément reconnu l'inspiration, trouvent un démenti de tous les jours dans la politique suivie par le Gouvernement du Roi, dont la modération ne saurait certainement etre méconnue à Berlin.

Camme vous l'avez appris sans doute, le Grand Duché de Bade a resolu d'établir prochainement une Légation auprès du Gouvernement du Roi. Je termine en vous accusant réception et en vous remerciant de vos intéressants rapports Confidentiels du N. 23 au N. 32.

(1) -Cfr. n. 639. (2) -Cfr. n. 615. (3) -Non pubblicato.
657

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 20. Londra, 4 aprile 1864 (per. il 7).

Garibaldi è sbarcato ieri a Southampton verso le quattro. Deggto ri:llerire l'E. V. ai giornali inglesi di questa mane per numerosi dettagli che accompagnarono quest'arrivo.

Ho poi visto in questo momento una persona legata da lunga amicizia con Garibaldi e che col Duca di Sutherland fu ad incontrarlo anche prima del suo entrare nelle acque di Southampton.

Da questa persona son venuto a sapere che Garibaldi par deciso a dare ascolto ai consigli di moderazione e prudenza che da veri amici 8uoi gli vennero dati. Anzi dichiarò 'Solennemente e per i8critto di de8iderar di non aver la politica mischiata nel suo ricevimento, e sopratutto si evitassero cause di perturbazione.

Un partito Italiano in Londra non domanderebbe meglio che far pubblicità riprovevoli. Ma fortunatamente, in una riunione tenutasi sabbato, questo partito ebbe la peggio ed il celebre ottico, Signor Negretti, benchè appartenendo anche esso all'opinione liberalissima, seppe fare adottare risoluzioni molto diverse da quelle che avrebbero volute i fautori di programmi demagogici.

Del r,esto molte rivelazioni curiose cominciano a trasparire.

Sembra diffatti che un Comitato di persone ancora ignote, ma da quanto sembrerebbe non di una celebrità Europea, avrebbero avuto l'idea di far venir Garibaldi, ed il Signor Seeley richiesto da questi di dar anche lui qualcosa pez la sottoscrizione avrebbe ricusato denaro dicendo che darebbe se si volea l'ospitalità a Garibaldi.

Qualche tempo dopo gli si annunziò l'arrivo di Garibaldi che accettava il suo invito. Ma come par appena conoscerlo, tutto questo trionfo gli è causa di non lieve imbrvglio.

Domani anderanno a trovarlo Lord Shaftesbury ed il Signor Arturo Kinnaird. E par definitivamente aggiustato che Garibaldi alloggierà dal Duca di Sutherland a Stafford House essendosi la cosa decisa a Southampton stesso.

Questa dimora in un tal sito non può a meno di dare un carattere speciale alla visita di Garibaldi togliendolo dalla demagogia. Ma sembra che non si fermerà che quattro o cinque giorni a Londra.

Non mi si è saputo dir nulla finora 8ulle intenzioni di Garibaldi riguardo alle sue relaztoni col Rappresentante di S. M. a Londra.

44 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

658

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 4 aprile 1864.

Ricevo la notizia dolorosa della morte di vostra madre. Non vi mando volgari condoglianze. Vi sono dolori che nessun complimento può mitigare, e quello che voi provate in questo momento, è del numero. Solo che sappiate che sono addoloratissimo della perdita che avete fatto, e che io misuro dalla mia affezione per mia madre.

Sarei poi più dolente ancora se questo avvenimento avesse per risultato, come dice qualche giornale, che voi lasciaste il Ministero. Vi scongiuro di non lo fare. Voi avete preso nel Ministero e nel paese e fuori, un'ottima posizione. La vostra uscita dal Ministero avrebbe inconvenienti non lievi e renderebbe ancor più diffi.cile il compito del Ministero stesso. Certo non voglio farvi illusioni intorno alle nostre questioni estere. Se avvenimenti che non si possono prevedere non si verificano, non vedo come per quest'anno esse possano avere una soluzione. L'Imperatore, in vista della coalizione che si sta formando, raddoppia di prudenza, non vuoi provocare, ed è meno disposto che mai a correr le avventure. Aspetta che la tempesta passi, o almeno che le nubi aggruppate si scindano e scompajano.

Ma d'altra parte ogni giol'no che passa ci consolida e prepara la via all'avvenire. Le idee hanno le loro strade malgrado ogni ostacolo, e percorrono totalmente il loro cammino. Ora si tentano d'applicare in Allemagna, domani verrà il nostro turno. Adunque bisogna perserverare e non disperare.

Ho ricevuto importanti lettere di Minghetti. Scriverò appena abbia potuto

avere un istante di colloquio coll'Imperatore, il che non è sempre facile.

659

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 137. Torino, 5 aprile 1864, ore 15,15.

Le ministre de la guerre désire savoir s'il est vrai oue outre !es troisièmes bataillons les régiments autrichiens vont avoir leur quatrième bataillon prèt à marcher. Veuillez me dire si les renseignements qu'on a à Paris confirment cette nouvelle et comment le Gouvernement de l'empereur envisage !es préparatifs de l'Autriche dans la Vénétie et le Tyrol (1).

col n. 138.

(1) Analogo telegram..n3 venne inviato,, in pari data, anche a Berlino e Francoforte

660

IL MINISTRO RESIDENTE A FRANCOFORTE, DE BARRAL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 357. Francoforte, 6 aprile 1864, ore 9,40 (per. ore 11,20).

Le pléntpotentiaire militaire d'Autriche a dit à une rpeTsonne de toute confiance que la formation du quatrième bataillon dans les régiments était chose déeidée pour toute l'armée en ,raison ,surtout de l'atHtude de l'Italie que :I'on croit vouloir attaquer Vénétie à la première occasion.

661

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 139. Torino, 6 aprile 1864, ore 15,15.

Réglez-vous d'après anciennes instructions approuvant principe indemnité, et marchez d'accord avec ministre de France et d'Angleterre. En cas de difficultés informez (1).

662

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 32. Parigi, 6 aprile 1864.

Le notizie che giungono da Roma intorno alla salute del Papa diventando di giorno in giorno più gravi, ho creduto di dover chiamar l'attenzione del Signor Drouyn de Lhuys sopra l'eventualità della morte di Sua Santità, e sulle conseguenze gravi che questo fatto potrebbe avere in Italia e in Francia, ove i Governi di questi due paesi non avvisassero per tempo e d'accordo al da farsi. Ho in questa occasione manifestato al Ministro imperiale degli Affari esteri il convincimento in cui era il Governo del Re che l'eventualità, ove si verifichi, della morte del Papa avrebbe fornito al Governo francese l'opportunità di far cessare il fatto dell'occupazione.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi domandò che il Governo del Re gli facesse pervenire le sue idee intorno al modo di far cessare l'occupazione francese a Roma senza che si ponesse in pericolo la sicurezza del Papa e del suo Stato.

Risposi al Ministro imperiale degli Affari esteri che fino dal 16 luglio dell'anno scorso io avevo avuto l'onore di comunicargli le idee del mio Governo intorno alla questione romana, dandogli copia del dispaccio di V. E. (2) che porta

(ll Questo telegr~e.mma risponde al t. 350 del 4 aprile, ore 13,06, per. ore 7,05 del 5 col quale Greppi aveva chiesto di conoscere se fossero ancora valide le istruzioni ricevute in gennaio circa la questione della confisca dei beni dei conventi nei Principati Danubiani.

la data del 9 dello stesso mese e al quale non si era pur anca fatta risposta. Soggiunsi però che avrei di nuovo riferito all'E. V. questo suo desiderio e che non avrei mancato di esporgli nuovamente il pensiero del Governo del Re intorno ad una questione la cui soluzione fu dallo stesso Imperatore dichiarata urgente or volgon già due anni.

Il Governo del Re vedrà se occorra il sottomettere ora nuove proposte al Governo imperiale pigliando occasione dalla preveduta imminenza della morte del Papa. Io consiglierei di farlo.

(2) Cfr. serie I, vol. III, n. 696.

663

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 361. Berlino, 7 aprile 1864, ore 16,40 (per. ore 19,20).

Je n'ai rien appris encore de positif sur les armements d'Autriche, mais chacun s'accorde à prétendre que dans tous les cas ils n'auraient qu'un but définitif: ses difficultés intérieures et extérieures; ses relations avec la Prusse,tendent à se modifier. Celle-ci se rapproche des états secondaires, et parait déjà accepter, dans une certaine mesure, base de consulter voeux populaires dans les duchés. Les trois italiens détenus à Posen ont été rendus à la liberté.

664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERNA, JOCTEAU

D. CONFIDENZIALE 4. Torino, 7 aprile 1864.

J'ai reçu régulièrement et j'ai lu avec intéret vos dépeches politiques No 10, 11, et 12 et confidentielle N° 3. Le Ministère de l'Intérieur et celui de l'Agriculture et du Commerce ont particulièrement apprécié les passages de ces rapports qui les intéressaient directement. Camme vous l'avez bien observé dans la dépeche par laquelle vous m'avez transmis le rapport du Conseil Fédéral Suisse à la haute Assemblée Fédérale, ce document constate, avec raison, la marche satisfaisante des affaires qui concernent les intérets réciproques de l'Italie et de la Suisse, et je n'ai à exprimer à cet égard que la confiance où je suis que les négociations à suivre sur les questions diverses dont nous nous occupons respectivement aboutiront à la satisfaction commune.

La détermination prise récemment par le Gouvernement Badois d'établir à Turin une Légation aura pour effet de faciliter beaucoup les accords à établir pour nos relations commerciales avec l'Allemagne, relations qui sont pour la Suisse meme d'une si grande importance. Vous en aurez dane, M. le Ministre, appris la nouvelle avec plaisir. Je puis vous prévenir confidentiellement que l'Envoyé Badois à Turin sera celui qui est actuellement accrédité auprès de la Confédération Suisse. Je vous serai obligé, M. le Ministre, de vouloir bien m'adresser les renseignements particuliers que vous pourrez avoir sur son compte.

Pour la Suisse comme pour l'Italie, les incidents relatifs à la Conférence à réunir à Londres n'ont guère d'intérèt qu'au point de vue de leurs conséquences à venir. Il est cependant possible que l'opinion en Suisse, meme dans les cercles officiels, vienne à se préoccuper d'un projet de négociations qui peut acquérir une portée plus large qu'au début, sinon par la transformation des Conférences en une réunion plus analogue au Congrès proposé par la France, du moins par le caractère de généralité des principes adoptés par certaines puissances comme éléments de solution du conflit Dano-Allemand. Il est superflu que je vous prie, M. le Ministre, de me transmettre vos observations sur le contrecoup que pourraient, produire dans la Confédération les faits ou les impressions de ce genre.

Les armements de l'Autriche, sa résolution qui parait positive de compléter ses régiments par des quatrièmes bataillons, sont un autre objet sur lequel la Suisse a sans doute les yeux ouverts, et il ne saurait etre indifférent d'observer aussi l'impression que produisent chez elle ces dispositions, que rien ne nous oblige du reste jusqu'ici à considérer comme des préparatifs d'agression. En ce qui le concerne, le Gouvernement du Roi suivra avec constance la politique modérée et réservée dont nous avons donné de si sincères et si persévérants témoignages. Nous nous en rapportons aux événements pour donner des démentis aux feuilles qui, sous des inspirations connues, · affectent de représenter l'Italie comme toujours préte à des tentantives hasardées et inquiétantes pour l'Europe.

665

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 141. Torino, 8 aprile 1864, ore l 0,50.

Reçu vos lettres du 4 (1). Il va sans dire que vous appliquerez instructions à propos de Garibaldi avec la latitude que vous jugerez convenable. Cependant je préfère beaucoup que vous le voyez sur un terrain neutre plutòt que de lui faire une réception chez vous. Lady Palmerston vous tirera d'embarras. Quant à Rome je ne demande pas démarche Angleterre, qui pourrait étre dangereuse; je désire seulement connaitre avis de nos amis sur l'attitude des Romains et la nòtre à l'occasion.

(1) Conservate in BCB, Carte Minghetti.

666

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 362. Londra, 8 aprile 1864, ore 15,55 (per. ore 16,45).

Journaux confirment ce que j'avais appris, que général Garibaldi a eu hier une entrevue avec Mazzini à demande de Garibaldi. Ceci pourrait modifier mes vues très complètement, ainsi que celles de lord Palmerston. La nouvelle de la flotte se réduit à ceci, que lord Palmerston va en proposer l'envoi dans prochain conseil.

667

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 142. Torino, 8 aprile 1864, ore 18.

Je m'attendais à la nouvelle que vous me donnez. Si elle est certaine donnez-lui grande publicité; c'est une raison nouvelle pour confirmer mes précédentes instructions.

668

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 31. Parigi, 8 aprile 1864 (per. il 10).

Ho l'onore di trasmettere qui unito all'E. V. copia di un ufficio che ho creduto dovere dirigere al Signor Drouyn de Lhuys in data del 6 corrente intorno all'argomento dell'estradizione dei briganti dal territorio Romano.

Penso che il contenuto di quest'ufficio risponda alle intenzioni del Governo del Re in proposito, ed è sostanzialmente conforme allo spirito delle istruzioni compartitemi dall'E. V.

ALLEG,\TO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

Paris, 6 avril 1864.

J'ai eu, ces jours derniers, l'honneur d'appeler l'attention de V. E. sur la présence dans les Etats Pontificaux d'un nombre considérable de sujets italiens qui, après avoir commis des Vlols, des meurtres et autres actes de brigandage sur le territoire italien, se sont réfugiés à Rome et dans les provinces romaines pour s'y préparer à de nouvelles expéditions dans les provinces méridionales de l'Italie. Les Autorités militaires italiennes ayant demandé au Général commandant le corps français d'occupation, qui est la seule Autorité à Rome avec laquelle le Gouvernement du Roi se trouve en rapport, l'arrestation et la remise de quelques-uns de ces individus, le Général Montebello a répondu, ainsi que j'ai eu l'hcnneur de l'annoncer à

V. E. par ma note verbale du 16 courant (1), qu'il ne peut faire arreter que les individus qui commettent des crimes ou délits portant atteinte à la sécurité de l'armée française.

Cette réponse du Général Montebello dont nous appil'écions hautement, du reste, la coopération et les efforts dans la répressilon du brigandage, soulève une question de principe que le Gouvernement du Roi croit indispensable de résoudre d'accord

avec le Gouvernement de l'Empereur.

Lorsque des malfaiteurs appartenant à un pays y commettent des crimes graves, tels que vols à main armée, incendies, meurtres et pillages, et se réfugient ensuite dans un pays limitrophe, attendant l'occasion de recommencer leurs forfaits, le Gouvernement du pays auquel ils appartiennent a-t-il le droit de demander leur extradition? Aucun doute ne peut sUil'gir à cet égard lorsqu'il y a entre les deux pays una convention d'extradition. Mais meme en l'absence d'une telle convention et d'après les seuls principes du droit nature! un Etat peut demander à un autre Etat voisin de ne pas accueillir sur son territoire des gens qui vont s'y préparer pour porter dans le territoire de l'autre le meurtre, le vol à main armée, l'incendie et le pillage, et dont la présence sur la frontière constitue un danger grave pour la vie et les propriétés de ses sujets. Si l'Etat auquel une telle demande serait présentée dans ces circonstances se refusait de l'accueillir, l'Etat requérant aurait le droit de recourir à la force des armes et de déclarer la guerre.

La question, appliquée aux rapports entre l'Italie et le Saint-Siège, peut etre envisagée également sous l'un ou sous l'autre des points de vue susindiqués. La réponse ne peut etre qu'une seule, c'est-à-dire que le St. Siège ne peut se soustraire aux obligations, soit conventionnelles soit naturelles, qui lient tout Etat envers les Etats limitrophes.

Le St. Siège a conclu, 3oit avec l'ancien Royaume de Sardaigne, soit avec l'ancien Royaume des Deux-Siciles des conventions d'extradition. Si le St. Siège considère ces conventions comme étant toujours en vigueur, il ne peut pas se refuser à l'extradition des malfaiteurs, contre réciprocité, à l'exception toutefois des cas que les moeurs actuelles ne sauraient plus admettre, comme, par exemple, celui de l'extradition des ooupables de délit purement politique.

Si par contre le St. Siège considère ces conventions comme périmées par suite de la constitution du Royaume d'Italie qu'il n'a pas reconnu, la loi naturelle doit, dans ces cas, etre substituée à la loi conventionnelle. Or la loi naturelle accorde à tout Etat le droit de sa propre défense. En force de ce droit l'Ita.llie peut demander compte au St. Siège des véritables actes d'hostilité qu'il commet envers elle en accueillant sur son territoire et en se refusant d'extrader les brigands qui se réfugient à Rome pour porter de là, dans notre pays, la désolation et le meurtre. L'Italie, en un mot, aurait le droit de considérer comme un casus belli le refus que le St. Siège oppose à ses demandes.

Mais la présence des t~oupes françaises à Rome empeche l'Italie de recourir à 12 force des armes pour obtenir du St. Siège le redressement de ses griefs. Ce fait, irrégulier en soi-meme, et précisément parce qu'il est irrégulier, ne saurait changer le caractère du droit que nous invoquons, ni donner naissance à un droit nouveau. C'est donc à la France qu'il appartient d'òter l'obstacle qui s'oppose à l'exercice d'un droit incontestable, soit en faisant cesser l'occupation et en laissant l'Italie en face du St. Siège, !loit en obtenant du St. Siège, ou en exécutant elle-meme, l'extradition que l'Italie demande.

L'Italie de son còté est disposée à accorder au St. Siège la remise des sujets pontificaux qui après avoir commis dans les Etats de Sa Sainteté des crimes donnant lieu, d'après le droit international en usage, à l'extradition, se seraient réfugiés sur le sol italier1. Le Gouvernement du Roi est en outre disposé à consentir au mode de procéder qui serait proposé par la France à cet égard, pourvu que le but soit obtenu.

Ainsi, soit qu'on propose de considérer comme valables les clauses des anciennes conventions (i. l'exception de celles qui se réfèrent aux délits politiques) soit qu'on propose de conclure avec le St. Siège une nouvelle convention d'extradition, soit qu'on préfère un accord spécial entre les Autorités militaires italiennes et françaises, soit enfin qu'en laissant de còté la question de principe, on se borne à accueillir en fait les demandes, dument justifiées des Autorités italiennes, le Gouvernement du Roi n'opposerait aucune difficulté à l'adoption de l'un ou de l'autre de ces modes de procéder. Ce qu'il demande c'est qu'un état de choses aussi anormal vienne à cesser, que les brigands ne trouvent pas la protection à Rome et l'impunité à l'ombre du glorieux drapeau de la France; que le Saint-Siège accomplisse enfin les devoirs qui

incombent à tout Gouvernement civil. Je ne saurais assez reoommander, M. le Ministre, à l'attention de V. E. le contenu de cette dépeche. Je ne répéterai pas ici les considérations que j'ai eu récemment l'occasion de vous exposer de vive voix sur ce meme sujet. Les derniers débats de la cour d'appel de Sainte-Marie sont plus éloquents que tout raisonnement. L'horreur soulevée dans le monde par les atrocités qui y ont été révélées, doit vous prouver,

M. le Ministre, que les mesures que j'ai l'bonneur de vous proposer répondent au sentiment de tous les hommes honnetes, à quelque parti politique qu'ils appartiennent. Car ce n'est pas là une simple question politique; c'est une question de moralité publique.

(1) Cfr. n. 618, allegato.

669

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 34. Berlino, 8 aprile 1864.

Le dernier Blue Book contient l'extrait d'un rapport, en date du 12 mars, de Sir Buchanan rendant compte d'un entretien qu'il avait eu avec M. de Bismarck. Il y serait dit en substance que si, pendant le conflit Dano-Allemand, l'Autriche avait à subir une attaque, la Prusse ne pourrait à moins que de preter assistance à son alliée. Sur l'observation de l'Ambassadeur Anglais que si la guerre se prolongeait, l'Autriche pourrait, avant l'été, avoir sur les bras des difficultés telles en Hongrie et dans la Vénétie, qu'elle ne pourrait s'en tirer que par l'appui d'une Puissance tierce, M. de Bismarck aurait répondu que dans ce cas également le Cabinet de Berlin devrait venir en aide à cet empire.

.J'ai interpellé il y a quelques jours sur ce sujet M. de Thiele, qui s'est réservé d'en conférer avec le Ministre des Affaires Etrangères. Il m'a rendu réponse ce matin.

M. de Bismarck avait manifesté son étonnement d'une semblable publication. Il niait l'authenticité des propos rapportés par M. Buchanan. Après un mois de date, il ne pouvait se souvenir exactement de ce qu'il avait dit, ou de ce qu'il n'avait pas dit: mais le fond de sa pensée était que sans doute il ne saurait voir de bon oeil des menaces qui seraient dirigées contre l'Autriche au moment où elle combat sur le meme champ de bataille que la Prusse; mais que le Cabinet de Berlin n'avait contracté aucun engagement avec celui de Vienne. Quant à l'éventualité relative à la Hongrie et à la Vénétie, il ne saurait etre question que du cas où I'existence poHtique de l'Empire serait sérieus~ment menacée. Il est évident qu'alors celui-ci trouverait des alliés qui ne sauraient assister avec indifférence à un tel événement.

J'ai demandé alors à M. de Thiele si, d'après l'opinion du Gouvernement Prussien, la perte de la Vénétie serait envisagée comme étant de nature à compromettre l'existence meme de l'Autriche. Individuellement il ne partageait pas cet avis, et M. de Bismarck non plus, croyait-il, car après le morcellement déjà subi dans les possessions de cette Puissance en Italie, elle n'avait pas moins continué à vivre. On pourrait meme, dans une certaine mesure, considérer comme ayant quelque valeur l'argument de ceux qui soutiennent que la Vénétie est pour la couronne de Habsbourg une possession dont les profits ne compensent pas les inconvénients; mais c'était là une question académique et subordonnée à l'ensemble de la situation générale. Quant à la Hongrie, elle a une toute autre importance, et elle est essentiellement reliée aux conditions vitales de la Monarchie Autrichienne.

J'ai remercié le Secrétaire Général de ces explications, en regrettant seulement que le langage qu'on avait fait tenir à M. de Bismarck et qui n'avait pas été rectifié publiquement, put servir en quelque sorte d'encouragement au Cabinet de Vienne dans ses projets contre l'Italie.

Placé entre les assertions du Ministre des Affaires Etrangères et celles de Sir Buchanan, il me serait difficile de prononcer un jugement. Je dois seulement dire que l'intéret meme de la Prusse n'aurait guère permis au premier de contracter, en faveur de sa rivale, des engagements moraux d'une telle étendue et sans compensation. Et cela sans parler de l'antipathie personnelle du Président du Conseil contre le cabinet de Vienne. Et quant à Sir Buchanan, il n'y a qu'une voix dans le corps diplomatique pour constater que la précision dans les idées lui fait souvent défaut.

670

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 35. Berlino, 8 aprile 1864.

Le 5 au soir j'ai reçu le télégl'amme signé par M. le Commandeur Minghetti, me demandant quelques indications sur les armements de l'Autriche (1). Je me suis adressé à différentes sources sans avoir rien appris de très positif. Il résulte seulement que cette Puissance se tient sur ses gardes, qu'elle continue à substituer des canons rayés aux anciens canons de ses batteries de fortification et de campagne, mais chacun s'a·ccorde à prétendre que, si armements il y a, ils n'auraient qu'un but défensif motivé par ses difficultés intérieures et extérieures. Sous ce dernier point de vue, mon collègue turc, entr'autres, croit savoir qu'elle a concentré des troupes vers les Principautés Danubiennes dont la situation est alarmante. La Russie en aurait fait autant. Ce sont des camps d'observation, car il serait difficile d'admettre que ces deux Puissances dont

les intérèts divergent tellement sur le Danube, parviennent à se mettre d'accord pour une occupation.

J'avais prié M. de Thiele de me dire s'il pouvait me fournir quelques renseignements sur le méme sujet, afin que je fusse à méme de contròler les assertions des journaux Allemands.

Il m'a dit aujourd'hui qu'il avait compulsé la correspondance de Vienne et celle du Plénipotentiaire militaire; que rien n'y indiquait que l'armée Impériale allait ,étre complétée; qu'il avait, entre autres, tout lieu de croire à l'inexactitude de la nouvelle que le 4e bataillon des régiments devait étre prèt à marcher. Il savait ,seulement qu'on avait augmenté de deux régiments ,la cavalerie dans les provinces Vénitiennes. Cependant pour savoir mieux encore à quoi s'en tenir le Ministre écrirait à cet effet à sa Légation à Vienne.

Au reste V. E. comprendra que Berlin n'est pas le meilleur poste pour connaitre la vérité sur ce qui se passe chez nos voisins. Je tacherai cependant d'en apprendre davantage en poussant mes investigations jusque dans le cabinet militaire du Roi.

P. S. -J'ai l'honneur de transmettre ci-joint un article sur le service des ambulances (1), lequel pourra offrir quelque intérét à S. E. le Ministre de la Guerre.

(1) Cfr. p. 620, nota l.

671

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 36. Berlino, 8 aprile 1864.

En date du 25 Mars, le Cabinet de Berlin a transmis une circulaire aux Etats Secondaires de l'Allemagne relativement à la Conférence. Il y est dit que la Diète commettrait une faute des plus graves en négligeant de se faire représenter, d'autant plus qu'elle conservera une entière liberté d'action. Les engagements de 1851-1852 sont caducs. Les sacrifices supportés par la Prusse et l'Autriche leur permettent de les écarter sans encourir le reproche d'inconséquence. Il faudra donc rechercher un autre programme qui présente de sérieuses garanties vis-à-vis du Danemark. Mais dans le document en question on ne trouve la trace d'aucun nouveau programme. Il en est de méme dans la circulaire autrichienne identique sinon dans la forme, du moins dans le fond. Cependant si les deux Puissances étaient d'accord sur le langage qu'elles tiendront autour du tapis vert, elles n'auraient pas manqué d'en informer leurs confédérés. Si elles ne l'ont pas fait, on peut en déduire avec quelque certitude qu'à défaut d'une entente elles ont essayé, pour la dernière fois peut-étre, de sauver au moins les apparences.

En effet il me revient de plusieurs còtés à la fois que le Gouvernement prussien tend visiblement à se rapprocher des Etats Moyens de l'Allemagne,

et partant à adopter dans une certaine mesure la combinaison française de prendre pour base le voeu des populations. Bien entendu ce serait trop prétendre que de lui demander brusquement le suffrage universel dans toute son extension; il faut modérer la dose. Ainsi on ne serait pas éloigné d'admettre le vote des Etats (corporations privilégiées) sur ,la question si le Schleswig veut devenir allemand ou rester danois. Quant à la liberté du vote, il est assez malaisé de le comprendre si l'occupation armée s'y prolongeait durant cette opération. Et cependant il répugnerait aux deux Puissances belligérantes de rétirer leurs troupes avant la solution de la question. M. de Thiele m'a laissé entrevoir que ce serait là une grave difficulté.

Le Roi Guillaume serait à peu près gagné déjà à s'appuyer sur le sentiment national dans les Duchés, pourvu que le fait local ne format pas un précédent. A Vienne le Comte Rechberg se trouve dans une position très perplexe.

M. de Bismarck, dont la convenance fait le droit public, s'est servi habilement de l'Autriche pour tuer les réformes fédérales présentées avec tant de fracas par celle-ci à Francfort au mois d'Aoùt 1863; aidé par son allié de circonstance, il a partagé avec lui l'odieux de réduire presque à l'impuissance la Diète Germanique, précisément parcequ'elle était plus docile vis-à-vis de Vienne que de Berlin. Décidé à intervenir dans les Duchés, M. de Bismarck a mis en quelque sorte le marché à la main à l'Autriche, et cela à 1peu pres dans ces termes: je marche avec vous ou sans vous. Les 25.000 hommes envoyés par l'Autriche n'étaient pas autre chose qu'un comité de surveiHance. Maintenant que la Conférence va se réunir, que la prise de Duppel n'est plus qu'une affaire de temps, il fallait nécessairement aviser à la solution sur le terrain diplomatique. Mais là est la fondrière où s'engage la politique impériale. On lui fera comprendre, après avoir préparé le terrain auprès des Cours Secondaires, qu'on ne saurait trancher le noeud gordien sans le concours de l'Allemagne. Le Comte Rechberg aura nouvellement l'alternative, ou de suivre la Prusse dans une vaie désastreuse pour le contrecoup qui se ferait sentir en Hongrie, en Gallicie, dans la Vénétie aussi intéressées que le Schleswig-Holstein à sauvegarder les aspirations nationales: ou bien se tiendrait-il à l'écart en renonçant a1nsi à ses reves de suprématie en Allemagne. Dans les deux cas le beau ròle reviendrait à la Prusse.

La situation, je le répète, tend dane à se modifier. La métamorphose est loin d'étre encore complète, mais le changement s'opère par degrés. Dans ces circonstances il serait de bonne politique que de Paris on facilitat, par une attitude de condescendance calculée, les évolutions de la politique prussienne.

D'après une lettre de l'Attaché militaire français au Quartier Général des Alliés, le siège de Duppel pourrait durer encore quatre semaines. La second.e parallèle est achevée: 136 canons tirent contre les retranchements danois qui jusqu'ici répondent avec un feu soutenu à l'artillerie ennemie. Celle-ci vise en meme temps à détruire par ses pièces à longue portée le pont qui unit la terreferme à l'ìle de Alsen pour couper la retraite aux Danois.

Ici, au Ministère des Affaires Etrangères, on ne croit pas que la Conférence puisse se réunir à Londres avant le 20 Avril.

(1) Non si pubblica.

672

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 11. Parigi, 8 aprile 1864.

Per completare le notizie che Le trasmisi da Pietroburgo devo renderLe conto degli abboccamenti che ebbi a Parigi coll'Imperatore, e col Ministro degli Affari Esteri.

Appena giunto 'Comunicai a S. M. l'ultimo dispaccio da me diretto a V. E. e che riferisce le spiegazioni che ebbi, prima di partire, dal Principe Gortchakow. L'Imperatore si mostrò vivamente impressionato della lettura di quel dispaccio, egli non dissimulava a se stesso la gravità della situazione, nè disconveniva nel mio concetto che la questione dei Ducati era il solo mezzo che restasse per troncare i fili della reazione. Si compiaceva altamente della proposta che egli aveva fatta, e del plauso ottenuto in Germania, e mi disse non disperare che questa quistione, svolgendosi, offrisse mezzo a dividere l'Austria dalla Prussia. Mosse lagnanza sugli allarmi del popolo francese, e non dissimulò che i sospetti di guerra paralizzavano il commercio e le industrie. Si dolse di non avere uomini attorno a sè, e d'essere assiepato da gente paurosa e soverchiamente cauta. Mi parlò dell'Italia; toccai di Roma e della malattia del Papa. Egli si mostrò convintissimo che alla morte del Papa era necessario sciogliere questa dolorosa questione, accennò essere suo concetto di trattare col Papa come ha trattato col nuovo Imperatore del Messico: ritirare le truppe, lasciando una legione straniera; mi pregò di non parlare di questa soluzione perchè il rumore dei giornali avrebbe forse reso impossibile o almeno difficile il trattare; non respinse l'idea che posi innanzi di trattare su questa base col Pontefice vivente e non rigettò il concetto di trattare col Conclave. Mi dimandò se esistessero esempi storici di ambasciatori che avessero aperto negoziati con esso, e disse che avrebbe gradito, se ve n'erano di conoscerli. Mostrò desiderio di avere una mia memoria su tale argomento, ed io assunsi l'incarico di occuparmene, e di mandargliela prontamente. Conchiuse dicendo che aveva dato istruzioni al suo ambasciatore perchè si studiasse di fare eleggere Papa il Cal'dinale d'Andrea. Non gli dissimulai che credeva inutili queste pratiche, e che un candidato messo innanzi dalla Francia non avrebbe avuto speranza di essere eletto. Mi parlò ancora delle nostre Finanze. Risposi francamente che il male che consumava l'erario Italiano era il bisogno di conservare un poderoso esercito quasi in piede di guerra e credere che nessun rimedio efficace gli si poteva recare in fuori del disarmo. Mi replicò che, or fu quattro mesi lo aveva consigliato a Nigra; ma che bisognava fare questo disarmo in modo da mantenere intatti i quadri; non approvare il nostro sistema delle categorie; la forza di un esercito in questo specialmente consistere, che i sotto ufficiali sieno ammaestrati, ed invecchiati nel servizio. In questa guisa potere aver subito l'armata pronta, senza essere costretti a soverchia spesa; avere egli così disposto l'esercito in Francia e raccorne ottimo frutto; ad un suo cenno potere aumentare l'esercito di 300.000 uomini. Ma io gli chiesi risolutamente se nel suo concetto vedeva possibile sorgessero avvenimenti guerreschi nell'anno presente; se egli non lo vedeva essere inutile che l'Italia stremasse il suo erario. Mi rispose: Oggi non vi consiglierei il disarmo; possono sorgere impreveduti casi; è più prudente attendere l'arma al braccio sotto la tenda. Ecco il sunto dell'abboccamento che ebbi coll'Imperatore; le parole che udii il dì veniente dal Ministro degli Affari Esteri confermarono quelle del Sovrano; intorno alla quistione Danese mi disse questi, che la Francia non poteva disconoscere la sua firma apposta al trattato di Londra che se tutte le Potenze accettavano quel trattato, decorosamente essa non potrebbe chiedere di lacerarlo, ma se alcuna Potenza avesse voluto infrangerlo, essa allora, ricuperata la libertà di azione, avrebbe sostenuto i diritti delle popolazioni; non avere nominato il suffragio universale perchè potevasi anche in altro modo consultare il voto delle popolazioni. Gli chiesi se l'unione personale era una soluzione che entrasse nei limiti del trattato di Londra; rispose di no, ma che sarebbe però difficile alla Francia, se Germania e Danimarca ·Se ne appagassero, di respingerla; convenne meco però essere una soluzione pessima che non avrebbe troncato le radici alla questione. Insistei sull'opportunità che la Francia appoggiasse la democrazia tedesca; svolsi il mio concetto che la coalizione si formerebbe l'indomani che la questione Danese fosse risoluta in un senso antinazionale. Ne convenne, e disse che il mio ultimo dispaccio aveva fatto una profonda impressione sull'animo dell'Imperatore. Gli accennai della questione Romana, e della eventualità della morte del Papa. Dissi essere colpa in lui ma non avere neppure cercata una soluzione. Convenne però che era necessario sciogliere questa quistione se il Papa morisse; noi non avremo, disse, col nuovo Papa i vincoli che abbiamo col presente. La Francia ha bisogno di sciogliere questa quistione, essa debbe .cogliere l'opportunità per ritirare le sue truppe e cancellare dal nuovo bilancio le forti spese di questa occupazione. Stare a noi, ·continuò, di proporre una soluzione e ci spronò a non perder tempo; il Papa essere risanato, ma non potersi contare sulla salute di un vecchio; disse, alla Francia importare sovratutto, che non apparisca agli occhi dei cattolici che essa abbandonava il Papa in balìa de' suoi nemici.

Toccò pure della quistione d'Oriente e qui disse senza reticenza la Francia non potere consentire che l'ottavo del territorio dei Principati tornasse ad essere nelle mani di frati forestieri; mostrò di essere concorde all'Inghilterra e mi parve deciso a seguire una politica liberale e risoluta.

Eccole Signor Ministro in brevi parole il sunto dei due colloquj che ho avuto costì, e che parmi utile di sottoporre al suo giudizio.

673

IL CONSOLE TECCIO DI BAYO AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

R. Torino, 9 aprile 1864.

Sull'argomento della eventualità della morte del Papa, ricevo dal solito

nostro corrispondente di Civitavecchia una lettera contenente, a quanto mi sembra, utili osservazioni, che il R. Governo saprà nella sua saviezza valutare,

ed ove lo ,creda, usufruttuare, per cui sono certo che non sarà discaro a V. S. Illustrissima che io qui trascriva per intiero.

• Sulla elezione del nuovo Papa poca influenza eserciterà la Spagna col suo nuov~ Ministero liberale, inviso a Roma, nessuna la Francia, e molta l'Austria, appoggiata dal partito Cattolico legittimista nella quale unicamente confida, ed essendo inoltre la Potenza, che più di ogni altra, in specie nelle sue attuali condizioni politiche ha bisogno di muovere le fila del fantoccio del Vaticano.

È incontestabile che il Governo Napoleonico è odiato dalla immensa maggioranza del S. Collegio, ritenendolo come il principale autme di tutti i mali del Governo Pontificio. Gli stessi Cardinali Francesi gli sono forse i più ostili. Perciò la sua influenza sarebbe affatto nulla nel Conclave, nè si vede quale pressione potrebbe esercitare, malgrado la presenza della sua armata di occupazione. Se in tale contingenza il Generale, sotto il pretesto di mantenere l'ordine pubblico dichiarasse anche lo stato di assedio per concentrare in se tutti i poteri, non potrebbe tuttavia impedire la elezione libera del nuovo Papa, il quale potrebbe essere eletto nelle 24 ore, senza le solite formalità, in forza della Bolla emanata da Pio VII a Savona, e che dicesi confermata da Pio IX. Si potrebbe poi essere certi, giudicandone dallo spirito che domina nel S. Collegio che sortirebbe dall'urna un Pio IX renforcé.

Posto dunque che il nuovo Pontefice, come non se ne può dubitare, seguisse la politica del non possumus, quale potrebbe e dovrebbe essere quella della Francia? Una sola logica e naturale, e secondo i principii costitutivi del suo Governo, appellarne cioè al suffragio del Popolo Romano, legalmente convocato, perchè decidesse della sua sorte; sarebbe questo il caso, o mai, di seguire la politica consigliata da Thouvenel nella conclusione del suo rimarchevole discorso sulla questione Romana al Senato nella seduta del 29 Gennajo 1863.

Quand la situation est devenue si confuse, le meiUeur fil conducteur après tout, est l'affirmation du principe au nom duquel on existe. Sarebbe poi affatto conforme a quanto disse lo stesso Imperatore nella sua famosa lettera del 20 Maggio 1862: Pour que le Pape soit maitre chez lui l'indépendance lui doit etre assU'rée, et son pouvoir librement accepté par ses sujets.

Non saprebbe vedersi per la Francia altra possibile soluzione fuori di questa, la sola che possa offrirle una porta di sortita dal labirinto politico in cui trovasi a Roma.

Del resto scomparso dalla scena politica Pio IX, col quale il Governo Impe

riale poteva avere, come si assicura, contratto degli impegni, l'Imperatore

rientra nella sua piena libertà d'azione col nuovo eletto, qualunque esso siasi,

il quale non avrebbe la riputazione che fece al suo predecessore il partito libe

rale nei primordii del suo Pontificato, e della quale ha poi vissuto, non astante

il suo deplorabilissimo Governo, dall'epoca della sua fatale ristaurazione sino

ad oggi.

Il R. Governo in tale eventualità dovrebbe principalmente esercitare la

sua pressione in questo senso sul Governo Francese, e coadjuvarlo a Roma con

dimostrazioni pacifiche del popolo, e pubblicazioni del Comitato Romano sui

suoi legittimi diritti, opportunamente ora dimostrati colla posta dell'istoria

dall'Avvocato Gennarelli, e che potrebbero meglio rivendicarsi, se il Senato

Romano fosse l'eletto del popolo, dividendone lo spirito, e non fosse invece composto dei più umili ed ignobili satelliti del Vaticano.

Tali sono le mie idee su questo argomento nelle quali vedo che pienamente convengono quei Francesi di mente, ed imparziali, che hanno ben studiato la questione Romana •.

Per rinforzare la brigata sanfedistica a Roma nel giorno 4 corrente che il Papa si recò al Pontificale nella Chiesa della Minerva si fecero partire, a spese della Polizia, anche i pochi sanfedisti e spie che dimorano in Civitavecchia.

Nel giorno 6 del corrente ebbe luogo in Civitavecchia un gran funerale per parte dei Francesi, al soldato ucciso dal Marinaro della Corvetta Pontificia. Furono fatti gli inviti agli Ufficiali Pontificii di assistervi, qualificandolo vittima di un assassinio, ma d'ordine di de Merode non vi intervennero. È questo un nuovo alimento al fuoco non spento.

674

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 368. Londra, 10 aprile 1864, ore 18,25 (per. ore 20,40).

D'après ce que m'a dit le due de Sutherland, il se pourrait que le Général Garibaldi, influencé par son fils, se borne à mettre une carte chez moi. Deux lignes de conduite opposées se présentent par conséquent: l'une, pourvu qu'on puisse le persuader à se faire présenter, ne m'empècherait pas de le rencontrer dans des maisons tierces, en faisant valoir ainsi toute absence d'affectation et de mesquinerie dans notre manière d'agir; l'autre, qui pourrait ètre blamée à présent, mais peut ètre reconnue juste dans l'avenir, consisterait à rendre la carte mais à s'abstenir de le rencontrer en société. Je penche pour la première mais je suis prèt à me ranger à votre avis pour la seconde. Décidemment Garibaldi dinera chez plusieurs d es ministres. J e viens de recevoir votre dépeche télégraphique et je m'y conformerai (1).

675

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 148. Torino, 10 aprile 1864, ore 22,35.

Votre position est très nette. Vous ètes le représentant du roi, et vous devez attendre la visite de Garibaldi. S'il se borne à vous apporter une carte, rendez-la lui. S'il vient en personne, voyez-le. Mais évitez en tout cas les fètes et réceptions en son honneur. La modération de votre langage et le tact de votre conduite vous sauveront de toute imputation d'affectation et de mesquineries.

(1) Cfr. t. 145 del 10 aprile, ore 14: istruzioni di evitare di pranzare con Garibaldi anche a casa Palmerston.

676

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 370. Londra, 11 aprile 1864, ore 16,45 (per. ore 18,25).

J'obéirai à vos instructions: mais en conscience je me trouve dans la nécessité de vous dire que d'après l'opinion exprimée ces jours derniers par des personnes influentes, toute protestation, que nous pourrions faire contre la réception de Garibaldi, soulèverait contre le Gouvernement une indignation générale à commencer par les ministres. Lord Clarendon est envoyé à Paris en mission, on ignare pourquoi: mais on pense que c'est en vue d'un rapprochement. Ceci pourrait faciliter l'alliance de l'Angleterre de la France et de l'Italie.

677

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 2:9. Copenaghen, 11 aprile 1864 (per. il 16).

Une réunion à laquelle 1200 personnes ont assisté a eu lieu dans un des théàtres de cette capitale à l'effet de voter l'adresse à la nation italienne; elle a été votée à l'unanimité avec des acclamations enthousiastes à l'Italie. J'ai lieu de croire qu'elle sera transmise à Turin à l'adresse du parlement. J'en enverrai demain la traduction. La réunion de la conférence est remise au 20 courant.

678

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI (AVV)

Ginevra, 11 aprile 1864.

Reçu votre dépéche chiffrée.

Il est urgent d'expédier queLques fonds à votre Consul de Belgrade. Baron Huszar est ·chal'gé [par] le Comité de communiquer avec lui. On enverra chiffre et instructions directement de Bude. Il est blond, et àgé de quarante ans environ.

Veuillez dire à M. Kupa de rester à Turin.

J'expédie courrier fin semaine.

679

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 374. Carlsruhe, 12 aprile 1864, ore 16,55 (per. ore 18,30).

On est sur ici que la Diète votera jeudi le rapport du comité d'hier pour l'acceptation de la conférence avec constatation sans bases meme pour le Danemark et que le baron de Beust sera le plénipotentiaire choisi avec mandat général pour droit de nationalité. Roggenbach croit que la combinaison russe aura chance de succès fina! avec le prince d'Augustembourg comme conséquence; en ce cas tout à fait satisfait. S. E. prévoit dans la conférence, Prusse, Allemagne et France ensemble contre l'Autriche, la Suède et le Danemark, quant à l'Angleterre et la Russie douteux. Le prince Guillaume de Bade hier et Roggenbach aujourd'hui sont revenus sur le danger sérieux action militaire Autriche en Italie en cas de la mort du pape; le ministre des affaires étrangères m'a demandé avec insistance si nos rapports avec la France étaient beaucoup moins bons actuellement; j'ai répondu n'avoir aucune raison pour le croire, le

ministre ayant de nouveau insisté V. E. jugera si c'est le cas de m'autoriser à le rassurer à ce sujet.

680

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 376. Londra, 12 aprile 1864, ore 19,40 (per. ore 21,25).

li me revient de très bmme source confidentie1le que Galt"ibaldi a crefusé nettement à plusieurs de nos amis de venir à la légation entre autres à lord Palmerston prétendant que ce serait contre sa conscience faire alnsi acte de

.adhésion à un Gouvernement qui selon lui mal adminiJStre 'le rpays; c'est [a meilleure détermination pour nous.

681

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 12 aprile 1864.

Ho voluto, prima di scrivervi, accertarmi della realtà della gran disgrazia che Vi ha colpito. Potrei dire quasi che ci ha colpito poichè anch'io ho non ha guarì persa un'ottima madre che mi amava immensamente e che amavo del pari. Sento dunque più di chicchessia il quale non siasi trovato nell'istesso caso quale debba esser la Vostra desolazione. Nè mi proverò di consolarvi con quei ragionamenti di circostanza che poco valgono all'uopo. Ambedue abbiamo comuni quei doveri al nostro paese che ci allontana

vano dalla casa paterna. Ma Voi più fortunato di me giungeste in tempo a veder la madre.

'5 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Ma almeno se poco valgono le parole per compensare la perdita che abbiamo fatto mi sia permesso almeno dirvi ben di cuore che m'unisco al Vostro· dolore. Sento per Voi quello che sente un amico, e la mia simpatia in questa occasione è profonda e sincera. Non mi stupisce che, assorto in questi pensieri, non possiate in questo momento occuparvi d'affari. Forse anche a questo riguardo Voi e me abbiamo viste non molto dissimili. Per conto mio non Vi ha quasi .giorno in cui la vita privata non faccia apparire in visione le sue tentazioni.

Ma amerò di sapere che neppur Voi non Vi siate lasciato sedurre e che Vi conserviamo nel Vostro posto attuale.

Io mi trovo immerso in questo momento nelle difficoltà non lievi della venuta di Garibaldi. L'accoglimento fatto a questo uomo rimarchevole in Inghilterra ha qualcosa di favoloso. Nè Jui nè nessuno degli amici suoi più fervidi lo potea prevedere qual fu. Le autorità cercarono premurosamente di impedire ·quanto di politico nelle manifestazioni a·vrebbe potuto offendere chicchessia. Se non ,si riuscì totalmente queste eccezioni non diedero troppo nell'occhio.

Rimane adunque positiva la réception la più completa e la più immensa che io m'abbia vista in Inghilterra non eccettuata quella della Principessa di Galles. Gl'Inglesi affermano voler così dimostrare la loro ammirazione all'uomo onesto disinteressato, ma ad un tempo esser questa una gran dimostrazione a favore dell'Unità Italiana. Intendo dire che non hanno l'intenzione di biasimare il Governo separandone la causa da quella di Garibaldi.

Ora il resto dipenderà in gran parte da Garibaldi stesso. Evidentemente egli dovrà prima di tutto ossequiare il Re nella persona del suo indegno rappresentante. Dopo questo, e nel caso compisse questo dovere, nascerà la ·difficoltà grave, cioè a dire se m'astenessi di comparir in pubblico con lui (intendo nei convegni privati e ministeriali) questo produrrà un effetto pessimo e quellO" che avrebbe giovato alla nostra causa diventerà invece cagione di rimprovero. Naturalmente in noi esiste sempre la persuasione di dover mettere sempre Garibaldi in seconda linea. E se avessimo agito diversamente Dio sa dove saressimo andati. Dunque mi conformerò alle istruzioni che ricevo dal Governo, al quale però di mano in mano quasi direi à mes risques et périls fo conoscere lo stato dell'opinione pubblica. Ma può diventar la mia posizione tutt'altro che invidiabile (1).

682

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

T. 152. Torino, 13 aprile 1864, ore 16,40.

Vous pouvez rassurer M. de Roggenbach sur l'état de nos relations avec la France.

(1) Non si pubblicano varie lettere di D'Azeglio a Minghetti sulla visita di Garibaldi a Londra, conservate in BCB, Carte Minghetti, e ed. in LIPPARINI, pp. 374-393.

683

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 22. Londra, 13 aprile 1864 (per. il 16).

Non ho creduto di dover entrare in grandi dettagli relativamente al viaggio di Garibaldi in Inghilterra perchè la stampa Inglese sempre prolissa in queste circostanze non ha tralasciato d'indicare quasi minuto per minuto quanto i più esigenti potean desiderare di sapere su questo riguardo.

Egli arrivò ·a Londra Lunedi scorso in mezzo a un concorso della popolazione come, da quanto pare, non erasi veduto prima e preceduto da una Processione Industro-Politica di ·dimensioni considerevoli, benchè forse non pari a quanto si credeva.

Tricolori Repubblicani di tutte le principali nazioni d'Europa, bandiera Polacca, Deputazioni di fuorusciti formavano, oltre alle Corporazioni degli operaj, il Corteggio. Se non vi fu molto ordine, non s'ebbe nemmeno a deplorar disordini e, partito dalla Stazione alle tre Garibaldi potè finalmente verso le otto arrivare a Stafford House e mettersi a letto.

L'indomani (ieri) egli fu ricevuto da solo da Lord Palmerston col quale rimase in conversazione per mezz'ora.

Lord Palmerston gli parlò della necessità prima di tutto della pazienza e della prudenza. Ragionò seco lui dei pericoli che si correrebbero col voler far presto e male. Appoggiò sull'incertezza dei risultati di una lotta con l'Austria tuttochè rendendo piena giustizia al valore del nostro Esercito. Ma fece travedere la possibilità che, le cose andando male, dovessimo rico~rere all'inter:.. vento straniero e accettarne le condizioni, fossero queste smembramento e altre, mezzi non meno rincrescevoli.

Pare che Garibaldi abbia riconosciuto la verità di questo modo di vedere del Primo Ministro e la necessità di adattarsi ai tempi e alle circostanze. Quindi Lord Palmerston gli parlò con una certa insistenza di un altro punto, quello di mettersi in regola col proprio Governo rendendo visita al suo Rappre:sentante in Londra e facendo un atto d'ossequio al Re. Ma Garibaldi pare aver ricusato recisamente di conformarsi a questo consiglio. Egli, pare, averne dato per motivo non potere assolutamente far quest'atto di adesione a un Governo che, secondo lui, lede la libertà della stampa e degli individui, sottopone i~ paese allo stato d'assedio e altrimenti pone sotto ai piedi le libertà p1.1bbliche.

Lord Palmerston appoggiò sul cattivo effetto che questo produrrebbe e sulle difficoltà che così metterebbe alla buona volontà degli amici suoi. Ma non fu possibile persuaderlo.

Vi si eran provate altre persone della cui amicizia Garibaldi non pote~ dubitare. Non posso parlare positivamente, ma pare che il Duca di Sutherland, Lord Shaftesbury, alcuni fra gl'Italiani più pregevoli, abitanti in Londra, e perfino antichi suoi commilitoni di Sicilia abbian voluto dimostrargli che aveva torto; ma Egli rimase fermo e, tornato dalla colazione datagli dalla Duchessa di Sutherland (Madre) a Chiswick, egli andò invece prima di pranzo a far visita al Signor Stansfeld. Una tal determinazione ha prodotto, come dovea, un cattivo senso.

Queste notizie rendevano impossibile ancora che Garibaldi avesse voluto mutar proposito che io seguitassi in quelle disposizioni che avevo date nel caso si fosse presentato alla Legazione, e m'espressi ih modo da far sì che per buona volontà non si producessero altre complicazioni.

Sento oggi che il Duca di Sutherland ha l'intenzione di proporre una sottoscrizione per offrire a Garibaldi un Testimoniai, cioè una terra in Inghilterra ove egli possa ritirarsi.

Credono i promotori di questo progetto di poter far calcolo su di un cinquanta o sessanta mila lire sterline.

684

IL MINISTRO RESIDENTE A STOCCOLMA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Stoccolma, 13 aprile 1864.

Vengo a riferirti la conversazione che ebbi con S.A.R. il Principe Oscar (1). Incominciai dal dirgli che il R. Governo gli era stato assai .riconoscente per la prova di simpatia e d'interesse che gli aveva data comunicandogli le sue viste sulla situazione attuale delle cose in Europa. Gli narrai quanto egli aveva fatto in conformità delle idee sviluppate nel suo memorandum nonchè le impressioni da me raccolte durante il mio viaggio in Germania dal che risultava, che, mentre il Governo d'Italia aveva fatto ·e fa·ceva tuttora quanto per lui si poteva onde stabilire migliori relazioni cogli stati secondari della Germania, questi, all'eccezione di quello di Baden, si mostravano sempre avversi ad ogni riavvicinamento con noi ed avevano rifiutato recisamente di riconoscere il Governo del Re. S.A.R. mi disse conoscere siffatto rifiuto e sapere che gli sforzi fatti dal Signor Roggenbach a Wurtzbourg onde far intendere ai suoi colleghi quanto conveniva agli stati secondari di adottare quel mezzo, per formarsi una base d'opposizione contro le pretensioni sempre crescenti delle due Grandi Potenze Germaniche, avevano incontrato una resistenza insuperabile da parte degli altri Stati. Egli aggiunse avere sperato che la Baviera spinta da' sentimenti d'irritazione che manifestava contro l'Austria avrebbe fatto miglior viso alle istanze del Signor Roggenbach, ma aver poi saputo che il Re Max durante il suo soggiorno a Roma l'inverno scorso si era fortemente invaghito dell'ex Regina di Napoli che aveva quindi concepito una forte avversione pel Governo nostro, nè credere che il nuovo Re fosse abbastanza esperto delle cose di governo per inaugurare una nuova politica.

Onde far meglio apprezzare a S.A.R. il caso che il Governo del Re aveva fatto delle osservazioni contenute nel Memorandum le domandai licenza di

comunicarle verbalmente il dispaccio che tu scrivesti al Marchese Oldoini il 9 dello scorso marzo (1). Il Principe prese conoscenza di quel documento con manifesto interesse e ne interruppe più volte la lettura per dirmi quanto era felice di vedere che il Ministro Italiano era entrato perfettamente nelle sue idee. Egli finì per osservare che sebbene credesse che v'era stato un momento nel quale si sarebbe potuto ottenere qualche cosa, nondimeno capiva che quel momento era pa,ssato, e nelle attuali civcostanze non v'era alcuna cosa da sperare da quella parte, ma aggiunse ciò nonostante convenire al Governo Italiano di mantenere buone relazioni col Signor Roggenbach il quale poteva in certi casi fornirgli nozioni utilissime ·sulle cose di Germania.

S.A.R. venne quindi a parlare della Svezia. Esso deplora amaramente lo stato d'apatia che vi regna riguardo ai grandi avvenimenti che occorrono alle sue porte, la mancanza di uomini superiori che capiscano i tempi e sappiano prepararsi per l'avvenire. • Ah se avessimo un Cavour solamente per tre mesi • diceva egli • la Svezia potrebbe bensì innalzarsi all'alta posizione che le spetta in Europa! Ma noi viviamo alla giornata, nè i nostri uomini di stato si curano dell'avvenire •. Mi permisi solo d'osservare che veramente non potevo a meno di meravigliarmi come le eroiche gesta dei Danesi che soli sostenevano una lotta sì ineguale non eccitassero maggiori simpatie negli animi degli Svedesi. Cui S.A.R. rispose ciò venire in gran parte dagli antichi pregiudizi di rivalità esistenti fra i due paesi, e credere che ci vorrà forse un secolo prima che le idee di fratellanza fra le diverse parti della famiglia scandinava siano entrate nei cuori della nazione. In tale stato di cose, aggiungeva il Principe • io mi astengo dal prender parte agli affari politici, e mi rivolgo piuttosto agli studi letterari e scientifici •.

Unisco alla presente una collezione di poesie pubblicate da S.A.R. sotto il titolo di • ALcune pagine det mio giornate •. Da alcune di esse come per esempio da quelle intitolate Venezia, Genova, il lago di Como, traspare la viva simpatia che il Principe professa per l'Italia.

Non ho bisogno di raccomandarti il segreto sopra le cose sovradette S.A.R. avendomi più volte ripetuto che esse devono rimanere fra noi.

Spedisco queste righe per la via di Londra servendomi della linea di battelli a vapore tra Gotheborg e Hull ed evitando la posta. Spero che essa ti giungerà salva fra le mani, e ti prego...

P. S. Il Principe m'incaricò di ringraziarti della comunicazione verbale e di farti i suoi complimenti.

(1) Una notizia sommaria della conversazione col Principe Oscar era stata inviata dal Corti con rapporto cifrato n. 409, del giorno 11, pervenuto il 21.

685

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 384. Parigi, 14 aprile 1864, ore 17,20 (per. ore 18,25).

La mission de Clarendon n'est qu'officieuse, elle a deux buts, un général

de rétablir !es bons rapports un peu refroidis, l'autre spécial, d'amener une entente sur les affaires du Danemark. Clarendon a eu aujourd'hui entrevue avec

Drouyn de Lhuys; ce dernier lui a dit qu'il espère que le Cabinet anglais se ralliera à la manière de voir de la France sur la question danoise, c'est-à-dire que si on ne tombe pas d'accord sur le maintien du traité on devra recourir au voeu des populations (1).

(1) Cfr. n. 597.

686

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 397, ANNESSO CIFRATO (2). Carlsruhe, 15 aprile 1864 (per. il 18).

Le ministre des affaires étrangères est fort satisfait des assurances au sujet des rapports avec la France. Il m'a dit qu'il les considère très importants non seulement pour nous mais dans l'éventualité de complications européennes, il croit que les assurances contraires répandues dernièrement en Allemagne devaient etre de source autrichienne, peut-Hre tenait-il à ètre tout à fait rassuré avant de la conférence si le cercle venait plus tard s'élargir. Roggenbach compte aUer rencontrer baron de Beust à son prochain pa:ssage à Francfort pour lui donner personnellement des renseignements confidentielles au sujet de la conférence. Il a aussi proposé personne politique de confiance pour rester à Londres auprès de Beust. Le baron de Schweitzer a reçu des instructions de se tenir pl"et à aUer directement de Paris à Turin. Il a reçu instruction verbalement de surveiller bien Autriche en Italie. On persiste ici à craindre un danger sérieux de ce coté. Roggenbach m'a assuré que l'Autriche est résolue à soutenir dans la conférence l'intégrité absolue du Danemark tandis que la Prusse semble disposée à laisser consulter non pas les populations mais les états des duchés.

687

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 34. Parigi, 15 aprile 1864 (per. il 20).

Ho l'onore di trasmettere qui unito a V. E. i dispacci della R. Legazione a Baden..Credo che in essi è trattata la questione dello stabilimento di una Legazione Badese a Torino. Da quanto ho saputo qui pare sia deciso che il Barone Schweizer, figlio del Ministro di Baden a Parigi, si recherà a Torino nella qualità di Incaricato d'Affari del Governo Granducale. Però egli dovrebbe essere preceduto da una missione straordinaria pel riconoscimento del Regno d'Italia che sarebbe affidata al Signor de Dusch ministro di Baden a Stoccarda. Ora io so in modo confidenziale e riservato che il Signor de Dusch non sarà in misura di recarsi a Tor,ino che fra tre o quattro mesi. Questo ritardo potrebbe nuocere alla soluzione di questa questione e forse anche comprometterla. In

questo momento le disposizioni del Governo Granducale sono ottime, bisogna approfittarne subito e rompere gli indugii. Fra tre o quattro mesi le cose possono mutare; un riavvicinamento fra l'Austria e Baden può diventare possibile dopo che sarà aggiustata la questione Danese. Dico possibile e non probabile. Ma anche la possibilità deve essere prevista. Parmi quindi essere interesse del Governo del Re che il nuovo Incaricato d'Affari di Baden si rechi senza indugio a Torino. Proporrei perciò a V. E. di dare al Marchese Oldoini istruzioni precise affinchè faccia sapere al Governo Granducale essere desiderio del Governo del Re che la Legazione Badese a Torino sia stabilita senza altro indugio, salvo a rimandare la formalità della missione straordinaria all'epoca in cui sarà possibile al Signor de Dusch di intraprendere il viaggio per l'Italia. Un ritardo nello stabilire regolari rapporti fra i due Stati, occasionato da una semplice formalità, mi parrebbe per ogni verso pregiudizievole.

Prego l'E. V. a volere considerare come affatto confidenziale il contenuto .di questo dispaccio...

(1) -La notizia relativa alla m1sswne di Clarendon era stata espressamente richiesta da Visconti Venosta con t. 153, pari data. (2) -Al r. 10.
688

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 392. Belgrado, 16 aprile 1864, ore 12,50 (per. ore 15,15).

Garachanine m'a demandé si nos relations avec le Montenegro sont bonnes. .Je prie V. E. de (si elle n'y trouve pas d'inconvénient) me dire l'état où se trouvent et si V. E. désire que je sonde le terrain ou fasse quelques pratiques aUJprès de l'aide de camp du prince Nicolas Ier. car il doit; revenir de Bukarest .à Belgrade; je le ferais avec la circonspection et prudence qui exige le caractère odes habitants du Montenegro pour qui la discrétion n'est pas leur qualité préoominante; dans ce cas je pourrais meme compter sur l'appui de Garachanine. .J'attends instructions précises.

689

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 16-18 aprile 1864.

Dopo avere lungamente parlato col Ministro Nigra ed essermi convin.to che Egli divideva l'opinione di S. E. il Presidente del Consiglio e suoi colleghi, sulla necessità di prendere accordi col Governo Francese per la questione Romana, ho pensato che dal canto mio era del caso usare di quella influenza salutare dei nostri amici di qui, che più d'una volta ci tornò tanto utile; a questo effetto fui da Conneau e lo pregai di dire all'Imperatore che giungendo da Torino, ero incaricato di far pervenire a S. M. L le nuove istanze, onde fra il Gabinetto delle Tuileries e quello del Re, si pensasse al da farsi, nel caso più o meno remoto della morte del Santo Padre, stante che questo, da quanto avevami detto

in altri tempi l'Imperatore stesso, doveva cangiare la natura degli impegni presi più verso Pio IX che a sostegno del Papato, aggiunsi che lo spirito pubblico in

Italia essendosi molto modificato, in seguito alla precedente riserva tenuta dal Ministero in codesta questione, io credeva che il Governo del Re sarebbesi accontentato d'un passo che accennasse un progresso verso la meta degli Italiani. Parlai allora del progetto communicatomi da S. E. il Presidente del Consiglio, il quale sembravami avere qualche probabilità di successo, riunendo l'utilità pratica di dare Roma per capitale all'Italia, lasciando ancora al Santo Padre una sovranità temporale, che s'estenderebbe dal Tevere fino alle attuali sue frontiere, aggiunsi come in compenso dei sagrifici a cui la Corte di Roma sarebbe costretta ad assoggettarsi, il governo del Re non sarebbe lontano dal prendere a suo carico il debito pubblico non solo, ma anche a concorrere alle spese necessarie pel lustro della Santa Sede.

Conneau, come al solito, incaricassi volentieri di parlare a S. M. senza però impegnarsi a darmi riscontro in proposito.

Questa conversazione aveva luogo il due corrente, il giorno successivo il dottore Conneau veniva da me mandato dall'Imperatore per chiedermi che quelle idee cl<J.e avevo espresse a voce le formulassi per scritto, in modo però che non risultasse menomamente che queste potessero essere, nè le intenzioni del Governo Italiano e neppure le mie proprie. Lo scopo di questa domanda era perchè l'Imperatore potesse avere sott'occhio un abbozzo anche di questa nuova combinazione, dacchè Egli pare convinto dell'urgenza di pensare seriamente preparandosi all'eventualità suaccennata.

Non scorgendo alcun inconveniente nell'aderire al desiderio Imperiale, recai il giorno dopo a Conneau la richiestami memoria fatta nei termini i più vaghi e generali; rimanendo fra noi intesi, che si sarebbe osservato il più assoluto segreto su questo passo che l'Imperatore stesso desiderava ignorato.

Il Ministro Nigra giudicando più conveniente che la lettera a S. E. il Ministro di Stato (1) fosse da me rimessa gliela recai, ne prese conoscenza e fece l'osservazione ,che questa era scritta in termini mo1to ,generali, io sog,giunsi che mi trovava in grado di dare tutte quelle più ampie spiegazioni avesse potuto desiderare e qui presi a parlare esponendo il progetto del Presidente del Consiglio del quale aveva mandata la memoria all'Imperatore. Rouher trovò che nel progetto erravi molto del buono quantunque Egli però preferisca sempre l'attenersi alle idee del suo amico M. Thouvenel.

Il Ministro di Stato, del resto, divide pienamente l'opinione sulla necessità di una intelligenza fra il Gabinetto Francese e quello di Torino, di preventivi accordi per le determinazioni a prendersi profittando del momento di Sede vacante; anche l'Imperatore assicurommi Rouher è nell'intenzione di non lasdar sfuggire quest'occasione; ma il difficile, come sempre, sta d'uscire dal campo delle intenzioni per mettersi sulla via pratica, impegnando per l'avvenire S. M. Imperiale ~al quale il Ministro di Stato, contava parlare senza far cenno però della lettera di cui attendo il riscontro prima d'inviare la presente.

Sartiges è a Roma tanto intollerabile quanto lo era a Torino, le sue informazioni portano l'impronta di quel carattere bilioso ed inconciliante che lo rendeva insopportabile fra noi. Egli scrive che vi sarà lotta rper ['elezione del nuovo Papa e che quindi fra la morte di Pio IX e la nomina del nuovo

Pontefice vi sarà tempo di mezzo bastante da poter agire. Chiede a M. Drouyn

de Lhuys istruzioni, senza averle fino ad ora, ottenute.

Lord Clarendon, dopo aver veduto l'Imperatore ed il Ministro degli Esteri, ha avuto un lungo colloquio con lVI. Rouher, la sua mission~ è di un ordine totalmente officioso, ha per incarico di ricondurre a buoni termini le relazioni molto intiepidite fra i due Gabinetti di Londra e di Parigi, deve inoltre cooperare all'accordo dei due Governi nella questione Danese, spera rimuovere l'Imperatore dalla sua idea d'applicare il suffragio popolare nei Ducati; Drouyn de Lhuys conta invece farlo accettare dal Gabinetto Inglese, se non col mezzo del voto universale, colla riunione almeno degli stati generali, per ora nulla è deciso in argomento.

Clarendon ha detto a S. E. il Ministro di Stato che il Gabinetto Inglese vedrebbe con piacere rimpiazzato l'attuale Ministro degli Esteri da Thouvenel. Egli non osa di ciò parlare all'Imperatore trattandosi di cosa delicata; l'opinione di Rouher si è, che la caduta di Drouyn de Lhuys sarà conseguenza del amiliorarsi dei rapporti fra l'Inghnterra e la Francia.

Il Duca di Grammont che ho veduto due volte, dicevami aver fatto segnalare all'Imperatore una lontana possibilità d'accomodamento coll'Austria per la cessione della Venezia, mediante il cambio di questa coi Principati Danubiani; senza essere certo di questa 'sua appreziazione, Egli dice esservi forse luogo ad intavolar trattative su questa base, mi aggiunse che espressa la cosa a Drouyn de Lhuys questi mostrassi favorevole, e che parlatone all'Imperatore non lo trovò alieno dall'idea, qualora fosse combinabile, sempre però salvando il principio del suffragio universale.

Grammont sembra tenere molto a questo progetto che offre come suo; fu ieri da S.A.I. il Principe Napoleone, ove io lo trovai, e so che chiese il suo intervento per farlo adottare; il Principe ne parlò con Nigra col quale Grammont non vuol tenerne discorso in proposito in vista della sua posizione ufficiale, Egli però mi ha incaricato di scriverne privatamente, il che mi fo premura di fare, senza attribuire troppa importanza alla ·combinazione su cui faccio tutte le mie riserve sulla probabilità di riuscita, sarebbe però bene, a mio avviso, lo scriverne a Vienna onde verificare se questa disposizione esiste realmente, o se è pensiero nato solo nella mente dell'illustre Duca.

Con S.A.I. il Principe Napoleone Grammont ha fatto lamentele sull'ostinato silenzio dell'Imperatore, dal quale, disse Egli, nulla ha potuto sapere delle intenzioni sue circa alle questioni le più urgenti.

Le ovazioni per Garibaldi a Londra son prese qui, come un sentimento d'ostilità alla Francia, piuttosto che, come l'espressione del sentimento Inglese in favore della causa Italiana.

Mazzini ebbe con Garibaldi un colloquio, prima che questi giungesse a Londra. Ho veduto un rapporto che trovavasi nelle mani di Rouher, dal quale risulterebbe che Mazzini sia stato malcontento delle disposizioni di Garibaldi, il quale sembra avergli dichiarato non voler Egli porsi alla testa di qualsiasi spedizione se non per entrare nel Tirolo Italiano, ma ciò, solo dopo che ivi fosse scoppiata e generalizzata una rivoluzione. Anche in questo caso però Egli dicesi ben deciso a volersi attenere al suo primo programma di fedeltà a Vittorio Emmanuele.

Le relazioni col Gabinetto di Pietroburgo peggiorano ogni giorno, i Russi che son qui però assicurano non esservi alcuna intelligenza fra il Gabinetto di Pietroburgo e quello di Vienna oltre alla questione Polacca, la quale naturalmente unisce l'interesse delle tre potenze che opprimono questa nazionalità.

Pepoli dice avere avuto grandi elogi dall'Imperatore e da Drouyn de Lhuys per le sue note, e perchè Egli è uno dei pochi che comprendono l'attuale politica. Rouher e Fleury deplorano quanto Egli ha scritto all'Imperatore, perchè ciò ha contribuito ad alimentare false ed erronee idee; Pepoli fu da me e da quanto dissemi Egli reca a Torino consigli sulla cui portata io non so dividere l'opinione sua.

Nel Principe Napoleone continua lo scoraggiamento e la sfiducia sullo stato della politica, non solo ma anche delle cose all'interno, è innegabile che in gran parte le osservazioni ch'Egli fa sono giuste ed è d'uopo convenire che

S. M. Imperiale ha perduto molto del suo prestigio al quale non può contribuire la preponderanza presa dal Gabinetto delle Tuileries sulla politica europea.

Non avendo notizie precise del viaggio di S. A. R. il Principe Umberto, non ho potuto soddisfare alle domande fattemi dal Principe Napoleone in proposito.

Come già dissi al Presidente del Consiglio, non sarà possibile che il Principe Ereditario prenda alloggio altrove che da sua sorella, dopo d'avere accettata l'ospitalità per qualche giorno dall'Imperatore; facendo altrimenti la cosa sarebbe male sentita al Palais Royal, non solo ma anche alle Tuileries.

L'aderire ai desiderii del Principe Napoleone e della Principessa Clotilde, sarà tanto più facile inquantochè, l'appartamento offerto al Cognato, ha una entrata separata alla quale si ha accesso per una differente contrada, S. A. R. quindi separata e libera in modo da ricevere per conto suo tutte quelle per.sone che avrà desiderio di vedere.

18 aprile.

Questa mane il Ministro di Stato mi ha rimessa la lettera che accludo (1) in

risposta a quella del Presidente del Consiglio, me ne ha dato lettura prima di ·suggellarla, dicendomi che aveva dovuto tenersi sulle generali, tale essendo anche la lettera scrittagli da Minghetti, essa però basta e sembrami anzi scritta in modo da impegnare il seguito di una corrispondenza privata che io credo, potrà essere della maggiore utilità.

La conversazione che ebbi con Rouher fu lunga e confidenziale, nulla

avendomi celato dei suoi progetti.

Sul da farsi a Roma in previggenza della morte del Papa ha parlato coll'Imperatore, il quale dopo avere accennato alla nuova idea, come cosa sua, rimandava ogni determinazione alla chiusura della sessione parlamentare che sarà il quattro giugno.

Il Ministro di Stato ha preso volontieri atto di questo termine fissato dall'Imperatore, tanto più ch'Egli dicevami essere ben dechm a quell'epoca di offrire le sue demissioni a S. M. Imperiale se non consente a rinviare Drouyn de Lhuys non sentendosi egli la forza di difendere nella sessione ventura una politica che crede funesta agli interessi della Francia e della Dinastia Imperiale.

Io già, per mezzo di Madame Rouher, conosceva le intenzioni del Ministro di Stato, questo passo si fa da lui d'accordo con Thouvenel, Morny, La Valette, Baroche, Rouland e Fleury, il quale nella nuova combinazione sarebbe messo al Ministero della guerra, ove si sente la necessità di rimediare al male fatto da Randon che ha insensibilmente scemato di molto l'influenza Imperiale nell'Armata.

L'Imperatore sentendo l'importanza di mettersi in communicazione diretta ·coll'esercito, ha preso Egli stesso l'iniziativa di parlare di ciò con Fleury che rispettosamente fece sentire, non avrebbe accettato quest'incarico, senza ordine .assoluto, prima che vi fosse un cangiamento nella direzione politica. S. M. a ciò nulla rispose, ma il Generale agisce in pieno accordo con Rouher.

Non oso pronosticare il successo del passo a cui si è deciso il Ministro di Stato, sono però convinto che se lo fa in modo da non lasciare all'Imperatore la speranza che Egli possa rinvenire sulla presa determinazione, Drouyn de Lhuys sarà ·sagrificato malgrado le vive e costanti protezioni dell'Imperatrice, il timore in me sta che Rouher ceda all'Imperatore, anzichè quest'ultimo acceda ai desideri del Ministro di Stato.

Dalle nuove informazioni giunte ieri al Ministro di Stato si rileva che

•Garibaldi è ricaduto sotto l'influenza di Mazzini ed i discorsi del Generale incominciano ad imbarazzare seriamente gli uomini di Stato Inglesi.

Lord Clarendon interpellato sotto qual punto di vista, credeva Egli che Garibaldi producesse in Inghilterra tanto entusiasmo, rispose che le masse lo riguardavano come un benefattore dell'umanità, e negava naturalmente che in q_uesto fanatismo, vi fosse alcun che d'ostile alla Francia od all'Imperatore.

Ho chiesto a Rouher che mi dicesse francamente se dai colloqui avuti con Lord Clarendon, e da quelli di quest'ultimo coll'Imperatore, credesse esservi .cosa che potesse interessare il Governo Italiano anche in rapporto alla questione dei Ducati, mi rispose che si era decisi a lasciar giuocare la commedia della ·conferenza sulla quale l'Inghilterra e la Francia erano quasi pervenute a mettersi d'accordo, aggiungendo che l'Imperatore ha ancora insistito nella sua idea di Congresso Generale.

Ebbi dal Ministro di Stato conferma di quanto ho esposto più sopra, circa il desiderio del Gabinetto Inglese di vedere Drouyn de Lhuys allontanato dagli :affari e circa alla risposta data da Rouher in merito.

Io non saprei meglio riassumere le mie informazioni che esortando il Governo del Re a non fidare per la questione della Venezia che nell'iniziativa sua propria, io penso che si dovrebbe adottare un piano di politica che gradatamente ci conducesse ad un attacco della Venezia per parte nostra nella primavera del 1865 passando però per tutte le fasi e percorrendo tutte le vie di condliazione verso l'Austria, facendo e dalla Francia e dall'Inghilterra proporre ogni mezzo d'accomodamento, ciò non tanto nella speranza di riuscita quanto per far ricadere sul Gabinetto di Vienna la responsabilità della lotta. Non sarei

lontano dal credere che presa abilmente questa linea di condotta politica, si potrà trascinare la Francia in nostro ajuto, ma è necessario esser pronti e fermamente decisi ad attaccare l'Austria anche soli, perchè questa ferma risoluzione darà al Governo del Re l'energia onde raggiungere questa meta politica.

È d'uopo convincersi che S. M. l'Imperatore non prenderà l'iniziativa di nessuna guerra, Egli è sincero nella sua affezione per l'Italia, desidera vedere completarsi questa nazionalità che riguarda in parte come opera sua, ma Egli mancando di energia cede troppo spesso al suo istinto seguendo una politica più teorica che pratica e M. Drouyn de Lhuys che vuole anzitutto rimanere al potere, fomenta le illusioni di una mente già tendente per se stessa a vagare in un campo d'idee astratte.

Unisco copia della memoria richiestami dal dottore Conneau, senza data e senza firma.

.ALLEGATO

MEMORIA DI VIMERCATI PER CONNEAU

L'Italie séparée de Rome par son antagonisme avec la Papauté, n'est qu'une agrégation nécessairement incomplète des différentes parties d'une grande nationalité; une éventualité, la mmt diu Bape, que tout le monde s'accorde à regarder comme plus ou moins prochaine, étant de nature à porter un grand changement dans les conditions de l'occupation française à Rome, des accords à prendre deviennent nécessaires entre le Cabinet de Tuileries et celui de Turin.

Trois intérets de premier ordre doivent etre conciliés dans cette grave question; la pleine et entière indépendance du S.t Siège, les besoins unitaires de l'Italie qui réclame Rome pour capitale, les convenances de la France et de son gouvernement.

Pour rejoindre ce triple but, je crois que l'on pourrait demander au Gouvernement Italien de reconnaitre et garantir à perpétuité la souveraineté temporelle du Pape sUT le territoire compris enttr.e le Tevere et ses frontières actuelles. Le Gouvernement Italien devrait prendre à sa charge, en compensation des nouvelles pertes que le S.t Siège serait obligé de subir, toute la dette Papale, non seulement, mais aussi il devrait etre appelé à concourir aux dépenses de la cour de Rome et des Cardinaux, par les moyens qu'on jugerait les plus convenables.

Par cet arrangement le S.t Père conservant une souveraineté temporelle et indépendante, serait librement en relation avec le monde catholique par la possession de Civitavecchia, et la libre action de ses représentants à l'étranger serait assurée.

Le Gouvernement du Roi d'Italie, établissant à Rome sa capitale, satisferait aux voeux de toute la Nation, et la France ayant assuré au Pape un pouvoir temporel, donnerait satisfaction à l'esprit catholique français, non seulement, mais aurait droit à la reconnaissance du S.t Siège, et de la nationalité Italienne.

(1) Cfr. n. 647, allegato.

(1) Cfr. MmGHETTr, La convenzione di settembre, cit., pp. 21-23.

690

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 18 aprile 1864.

Permetti che accluda nella lettera al Ministro una riga all'amico, per esprimere quanta parte io abbia preso all'angoscia che ti ha afflitto per la dolorosa perdita che hai fatta.

Ti avrei scritto prima ma ti sapevo assente e d'altronde ebbi riguardo a non turbare la tua tristezza.

Le informazioni che ti mando sono attinte a fonte sicura ed il giudizio ch'io porto sulla situazione attuale è quello degli uomini che godono in Francia la riputazione di maggiore saggezza e previggenza.

Scrivendo una lettera che probabilmente communicherai non osai dirti, in essa, come e quanto sia qui giudicata severamente dai nostri veri amici la condotta di Pepoli; lo si accagiona di avere fomentate per riscuoterne elogi le utopie dell'Imperatore; anche della situazione d'Azeglio a Londra si parla qui in modo assai poco lusinghiero pel nostro governo. Egli non avrebbe, dicesi, dovuto sopportare d'essere licenziato da casa Palmerston dalla volontà di Garibaldi che faceva una condizione di non trovarsi con lui.

Dirai, ti prego, al Ministro Peruzzi, che mi sono occupato di ottenere dai Débats l'inserzione del resoconto deHe nostre sedute parlamentari, però non ho ancora potuto riuscire stante che Bertin il quale sarebbe disposto, deve combattere un'influenza contraria.

Dammi ti prego un 'cenno di riscontro e raccomanda a Minghetti di serivermi lettere francesi ostensibili a Rouher onde tener viva la pratica, e poter intavolare le trattative appena sieno qui chiuse le camere.

So che Nigra ha scritto onde venga fatta una nota in previsione della morte del Papa, io non la farei senza prima averne interpellato ·confidenzialmente Rouher, attendo in proposito un cenno da te o da Minghetti, per non perdere tempo potresti scrivermi in ciffra col mezzo della posta ed io ne chiederei rispondendo subito.

691

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 156. Torino, 19 aprile 1864, ore 16,45.

Le roi se porte très bien (1). J'hésite si adresser à M. Drouyn de Lhuys une nouvelle note sur Rome. Nous ne pourrions formuler aucune proposition définitive dans l'attente où nous sommes des pourparlers que vous savez. Il ne s'agirait donc que de répéter des déclarations générales qui ont été déjà développées dans notre note de l'année dernière. Cependant veuillez me dire votre avis sur l'utilité d'une nouvelle note et sur les idées qu'il faudrait faire plus particulièrement ressortir. Minghetti ,suspend l'envoi de ses instructions sur le voyage du prince à cause du voyage de Garibaldi.

t. -403 del 18 aprile, ore 23,45, per. ore 5 del 19.
(1) -Nigra aveva riferito alcune notizie di una malattia del re circolanti a Parigi con
692

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 51/23. Londra, 19 aprile 1864 (per. il 22).

La salute di Garibaldi che travasi molto deteriorata per i continui andirivieni che ebbe ad incontrare in questi ultimi tempi, lo star in piedi, e quindi anche pel cambiamento d'abitudini, di vitto e le tarde veglie ha deciso varj suoi amici a fortemente insistere a che rinunzi al suo viaggio nelle Provincie e profitti dell'offerta fattagli dal Duca di Sutherland, che recasi a Costantinopoli nel suo Yacht, di condurlo direttamente da Plymouth a Caprera.

Difatti quando si pensa che avea Garibaldi accettato circa 60 inviti in Città diverse, non sarà difficile comprendere come vi fosse impossibilità d'esecuzione e difficoltà di scelta.

D'altronde poi i promotori di Garibaldi nell'Aristocrazia si dicono soddisfatti della riuscita della visita e bramano evitare che per imprudenze sue o· degli amici e nemici q~alche cosa succeda che cagioni rimproveri e censure.

Il partito avanzato rosso parve solo disposto a contestare l'esattezza di queste osservazioni. Ma prevalse l'opinione favorevole alla partenza. Onde col consiglio anche del Chirurgo Fergusson che ha visitato Garibaldi durante il suo soggiorno in Inghilterra egli lascerà Londra Venerdì per passare due giorni col Colonnello Peard vicino a Plymouth e Lunedì lascerà l'Inghilterra.

Le opinioni non son troppo unanimi riguardo al modo di procedere di Garibaldi, ognuno vedendo le cose a modo suo. Siccome dissi più sopra i membri della Aristocrazia che vollero dirigere i movimenti di Garibaldi credono di aver pienamente riescito a impedirlo di far corbellerie.

Ma sembra, a dir vero, questa soddisfazione l'effetto d'un partito preso; poichè le non poche relazioni avute apertamente da Garibaldi con Mazzini, Sa:f:fi, Campanella, Ledru-Rollin, Louis Blanc e con i Capi della Demagogia

Tedesca e Polacca, non :fanno che assicurare a questa visita un carattere democratico molto energico.

Bandiere di tutti i colori comparirono, meno quella del proprio paese.

I difensori affermano che i discorsi di Garibaldi si mantennero entro dovuti limiti. E sicuramente egli diede ascolto ai consigli che gli vennero dati da persone alle quali questo per lo meno si dovea, tanto più che, seguendo questi consigli, egli veniva impedito di danneggiare la propria causa.

Detto questo è detto tutto, poichè da questi plaudenti si è dovuto volontariamente chiudere gli occhi all'aver Garibaldi voluto separare la propria causa da quella del Governo, e non potè a meno di recar maraviglia che, dopo il rifiuto di venire alla Legazione, il Governo abbia creduto dover mettersi avanti in modo così marcato.

Non so se l'Austria vi avrà visto la conferma di quella intimità che assicura esistere in modo permanente, benchè latente agli occhi di semplici mortali, fra la politica di Vienna e quella di Londra.

E non so nemmeno se avrà il Gabinetto Inglese riflettuto bene ai pericoli che può far correre alla pace nel Mezzodì l'interpretazione che voglio sperare falsa di queste ovazioni pel Capo del partito d'azione; o almeno ogni partito in Italia resterà provvisto, da quanto successe, di un'ampia copia di argomenti e spiegazioni per qualunque cosa fosse per succedere nell'avvenire.

Ho l'onore d'informare l'E. V. essere stamane partito a cotesta volta il Conte Zannini, g,iusta gli ordini ricevuti dal Ministero.

693

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 159. Torino, 20 aprile 1864, ore 14,10.

Les journaux allemands prétendent que par suite de l'accord établi par Clarendon avec l'empereur la conférence de Londres se transformera dans un congrès général. Je doute de la vérité de cette nouvelle cependant donnez-moL quelques renseignements là-dessus.

694

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 406. Parigi, 20 aprile 1864, ore 13,55 (per. ore 14,55).

J'ai proposé une note sur l'éventualité de la mort du pape dans le seui but d'interrompre pour ainsi dire la prescription, évidemment elle ne pourrait pour le moment avoir d'autres résultats. On ne sait rien encore ici sur les raisons qui ont conseillé Garibaldi à repartir mai,s on espère le savok et on me le dira.

695

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 407. Parigi, 20 aprile 1864, ore 19,05 (per. ore 20,20).

Demain je verrai Drouyn de Lhuys et je ,saurai vous dire si la nouvelle des journaux allemands a quelque fondement. Je me borne à vous dire pour le moment que je n'y crois pas.

649'

696

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 40. Berlino, 20 aprile 1864 (per. il 25).

Je suis à meme de fournir à V. E. des renseignements, que je crois parfaitement exacts, sur les instructions données aux plénipotentiaires prussiens à la conférence de Londres.

Ils devront éviter soigneusement toute déclaration de principes; ainsi s'abste

nir, par exemple, de prendre un engagement absolu pour le maintien de l'inté

grité de la Monarchie Danoise.

Ils demanderont: lo L'union réelle entre les Duchés du Schleswig-Holstein et leur union personnelle à la couronne du Danemarck, à laquelle ils ne resteront rattachés que par un lien dynastique. Ainsi ils auront une administration distincte, leur propre armée, leur propre flotte; 2° L'entrée du Schleswig dans la Confédération Germanique, avec faculté d'ériger Rendsbourg en forteresse fédérale;

3° Payement de tous les frais de guerre par le Danemarck à lui seui;

4o Enfin ils démontreront les avantages d'un grand canal maritime à établir entre la Baltique et la mer du Nord.

Quand M. de Balan, le second plénipotentiaire prussien, reçut verbalement ces directions de la part de M. de Bismarck, il ne put s'empecher de lui faire observer combien il serait malaisé de faire admettre ces différents points. Mais le Ministre des Affaires Etrangères lui enjoignit formellement de se conformer à ses ordres.

D'après ces instructions, on serait tenté de croire que le Cabinet de Berlin voudrait pousser à un avortement de la conférence, ou du moins en prolonger indéfiniment les discussions. Chaque jour qui s'écoule sans amener une solution, consolide la position de l'Allemagne, ou pour mieux dire celle de la Prusse dans les duchés. Durant cette occupation les Duchés sont de plus en plus amalgamés de manière à en former un tout inséparable qui, selon les circonstances, serait attribué à la Confédération, ou au prétendant Augustenbourg, ou à la dynastie des Hohenzollern, selon les vues ambitieuses de M. de Bismarck. Le fait est que les représentants prussiens ne sont pas mème autorisés à discuter une combinaison qui tracerait une ligne de séparation entre le Nord et le Midi du Schleswig. Ce sont des questions qu'ils ne devront pas préjuger, évidemment afin de se laisser, selon l'occurrence, plusieurs portes ouvertes.

L'Autriche arrivera aussi avec le projet de l'union personnelle. En cela il y a accord entre les deux Puissances Allemandes, mais chacune, comme le disait M. de Bismarck, s'est réservée de formuler ce projet à sa façon.

Il n'est pas à su:pposer que l'Angleterre et moins encore le Danemarck admettent les exigences de la Prusse. Quant à l'Autriche, il lui sera difficile de conserver à la longue une attitude qui lui permette de naviguer de concert avec son alliée. Mon collègue d'Angleterre ne se fait aucune illusion sur les efforts

de la diplomatie. Il regrette que son Gouvernement, comme il l'avait conseillé, n'ait pas dès le début déclaré que le passage de l'Eider serait considéré par la Grande Bretagne comme un casus belli; et il prévoit qu'il faudra peut-etre en venir plus tard, dans des ,conditions beaucoup moins avantageuses, à chasser à coups de canon les prussiens du Schleswig.

Ce soir je verrai M. de Bismar,ck.

697

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 41 Berlino, 21 aprile 1864 (per. il 25).

J'ai fait visite hier au Président du Conseil pour le féliciter des succès remportés à Duppel par les troupes Prussiennes. Il m'en a témoigné ses remercimens. A cette occasion il m'a dit que l'Empereur des Français avait e~primé ses félicitations au Roi de Prusse pour la bravoure déployée par son armée dont le mérite avait été encore rehaussé par la belle défense des Danois. Il est de fait que la plupart de leuvs canoniers ont été à coté de leurs pièces. Il ne faudrait pas s'exagérer pourtant l'importance de cette victoire. Ce ne sont que quelques hectares gagnés sur l'ennemi. Rien n'indique que les hostilités touchent à leur terme. Il reste l'ile d'Alsen, qui sera attaquée, s'il y a des chances de réussite. Peut-etre faudra-t-il assiéger sérieusement Frédéricia et ,s'emparer de l'ile de Fionie. Le Danemark ne voudra pa-9 mettre bas les armes, et cela dans l'espoir de prendre sa revanche sur mer. Quant aux Conférences, il y a le projet de l'union personnelle.

Je me suis permis d'émettre le doote que cette combinaison fut le dernier mot de la Prusse au moins.

M. de Bismarck a répondu que tel était bien le maximum de l'Autriche, et peut-étre le sien mais dans une autre direction. • Pourtant, ajoutait-il, la Cour de Vienne qui professe un tel amour pour la légitimité, plutot que de voir triompher le Due d'Augustenbourg, le candidat de la démocratie, devrait préférer l'annexion des Duchés à la Prusse qui aurait au moins pour elle le droit de conquéte. Au reste la conduite du Due d'Augustenbourg ne prouve-t-elle pas qu'il est dépourvu de tout savoir-faire, ou qu'il est tvès ma'l conseiHé par son entourage? Il est vrai que ses conseillers intimes sont choisis dans les rangs des pro:llesseurs, comme s'il étai,t possible de transformer en hommes d'Etat, des gens dénués en général de tout sens pratique. L'été dernier, lors du Congrès des Princes, le Due se déclare franchement partisan de l'Autriche et de ses alliés. L'opposition contre la Prusse était alors de mode. Plus tard ses avances ayant été mal reçues à Vienne, il menace de passer avec armes et bagages dans le camp Prussien. La menace n'ayant eu aucun effet, il envoie à Berlin son factotum M. Franke, et celui-ci au lieu de s'adresser au Ministère ou à d'autres personnages influents, recherche tout d'abord la société des chefs reconnus de l'extreme gauche. Bref ses partisans ont si bien manoeuvré, qu'ils ont excité la défiance des deux grands Etats Germaniques •.

46 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

J'ai fait observer à mon tour que quelque fUt le gout si raffiné du Cabinet de Vienne pour la légitimité, il y avait une chose qui lui tenait plus à coeur, celle de ne pas se preter à un agrandissement de la Prusse à ses yeux déjà trop redoutable en Allemagne. Il ne saurait lui convenir d'ètre placée en quelque sorte entre deux Italies.

M. de Bismarck répUquait en souriant qu'il ne partageait pas entièrement mon avis sur le danger que pouvait présenter à Vienne un agrandissement de la Prusse dans le Nord. D'ailleurs on ne saurait voir de mauvais oeil une augr,lf'ntation de forces chez un allié. Il a prononcé cette qualification d'un ton qui ne m'a pas semblé sérieux.

• C'est probablement, lui ai-je dit, en qualité d'alliée fidèle que l'Autriche pousse avec une telle lenteur ses opérations dans le Jutland, et qu'elle se retranche derrière les aspirations pacifiques de l'Angleterre. C'est à ce meme titre sans doute que ses vaisseaux se bornent à faire la police dans la mer du Nord, sans venir en aide à votre flotte dans la Baltique pour établir un certain équilibre vis-à-vis de la marine Danoise qui vous donne maille à partir sur les còtes du Schleswig et du Jutland. Quoiqu'il en soit ce titre d'allié ne saurait inspirer aucune inquiétude pour l'avenir de l'Allemagne, car vous ètes, M. le Ministre, trop bon Prussien pour dépasser une certaine limite. Sur le terrain des véritables intérèts de la Prusse, nous nous rencontrerons toujours.

Vous m'avez dit au commencement de cette année, que le potage était au feu, et qu'il fallait le laisser mitonner. Depuis lors vous l'avez servi tout bouillant à l'Autriche. Elle s'y est peut-.etre biiulée mais j'espère, plus pour vous que pour nous, que bientòt vous repousserez la gamelle et lui couperez ainsi les vivres •.

Que voulez-vous, il faut suivre le courant! M. de Bismarck n'a pas ajouté un mot de plus sur ce sujet. Il a fait diversion en me demandant comment étaient nos rapports avec l'Angleterre. Je n'ai pas hésité à les déclarer très satisfaisants de mème que ceux avec la France. Il s'est alors livré à une amère critique de l'accueil fait à Londres au Général Garibaldi, démonstration à son avis fort maladroite du moment où les notabilités Gouvernementales et parlementaires s'y étaient associées d'une manière si éclatante. Et cela précisément quand la Grande Bretagne a besoin du concours des trois Empereurs pour conduire à bon terme le conflit Dano-Allemand. Elle fète en Garibaldi le champion, comme il se proclame lui-mème, de la Pologne et l'ennemi de Napoléon, en mème temps que l'adversaire de votre polìtique, puisqu'il aurait déclaré ne pas vouloir rendre visite au Marquis Azeglio, en sa qualité de représentant du Roi Victor-Emmanuel. Décidément le Gouvernement Anglais n'est pas un Gouvernement sérieux avec lequel on puisse compter.

Sans discuter à fond ce chapitre, je me suis contenté de répondre qu'il ne fallait pas attribuer à ces ovations plus d'importance qu'elles n'en ont réellement en se plaçant au point de vue des moeurs et des instincts Anglais; que quant à l'Italie, Garibaldi y rentrerait avec ses défauts, et avec ses qualités qu'on ne saurait méconnaitre, en se retrouvant en face d'un Gouvernement qui se réserve la direction de sa politique, et qui ne permet à aucun citoyen, quelque haut placé qu'il soit, de se mettre au-dessus de la loi.

Avant de prendre congé, j'ai expliqué à M. de Bismarck pourquoi j'avais rallenti mes visites depuis quelque temps. Le sachant très occupé, il y aurait eu indiscrétion de ma part à venir le déranger. Je continuerai à montrer la meme discrétion, puisqu'il me répétait que la besogne allait toujours, croissant. Il m'a exprimé ses regrets que ce seul motif ne lui rpermit ,pas de se livrer à de plus fréquents entretiens avec moi en qui il avait confiance. Je me suis réservé, sauf le cas d'une communication à lui faire d'ordre de mon Gouvernement, de venir de loin en loin frapper à sa porte, afin de régler ma boussole. Il m'a dit que c'était convenu, en me promettant meme de conférer préalablement avec moi s'il se trouvait dans le cas de faire une démarche de quelque importance à Turin.

J'ai oublié de mentionner que dans le courant de la conversation dont je viens de rendre compte, nous avons échangé quelques mots sur la doctrine de consulter le voeu des populations. Il s'est montré vis-à-vis de moi moins explicite qu'avec l'Ambassadeur de France. Il m'en a parlé comme d'une arme à deux tranchants pouvant offrir plus d'un danger. Ainsi la Prusse ne saurait y donner son assentiment pour la Pologne. Vis-à-vis de M. de Talleyrand il avait simplement présenté des objections contre l'application a priori de ce principe, mais il ne le repoussait pas sous certaines restrictions quant au mode de consultation, quand il ne s'agissait plus que d'une sanction définitive du fait accompli. Par ce détail, comme par maintes allusìons qui m'ont été faites par le Président du Conseil, on voit clairement qu'il ne veut fermer aucune issue à un agrandissement de la Prusse. Les instructions à ses plenipotentiaires à la Conférence sont évidemment calculées avec cette arrière-pensée.

J'ai essayé de faire parler M. de Bismarck sur la mission de Lord Clarendon, mais il n'a répondu que par des généralités.

698

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 21 aprile 1864 (per. il 25).

Col Piroscafo Postale La Lombardia, che parte quest'oggi, ho indirizzato all'E. V. il seguente dispaccio in cifra, che inviai sotto piego al R. Prefetto in Cagliari con preghiera di pronta e sollecita trasmissione in via telegrafica.

• Insurrection Bedouins menace serieusement le Bardo. Tunis est en alarme. Forces du Gouvernement insuffisantes et en desorde. J'ai permis au bateau à vapeur italien aller prendre des Troupes du Bey à Suse. Il est rentré hier et part aujourd'hui pour Cagliari. Vaisseau Anglais est déjà en rade. Consul français a envoyé exprès barque à Bòne pour porter dépeche. Enfin la situation est assez grave et la colonie très inquiète. Envoyez, au moins, une Frégate sans retard à Tunis et un autre bàtiment à Suse qui est entièrement sans troupes • (1).

Riferendomi ora alle gravi notizie contenute nei miei Rapporti ai nn. 53 e 55 affari in genere compio al dovere di far rapporto a V. E., in via riservata, sulla situazione del paese, sulla posizione del Governo Tunisino e del Kasnadar, e sugli sforzi che fecero in quest'ultimi giorni i Consoli Generali di Francia e d'Inghilterra per far adottare a S. A. il Bey una linea di condotta conforme alle rispettive loro vedute politiche.

È ormai inutile il farsi illusione; le popolazioni indigene dell'interno e quelle della costa, stanche dai soprusi e dalle estorsioni esercitate per ben sette anni dagli uomini del Bardo cui sta a capo il Kasnadar, ed esasperate dal recente aumento dell'imposta già grave del testatico portata da 36 a 72 e perfino a 108 piastre all'anno, si rifiutano al pagamento dell'imposta suddetta, chiedono la caduta ed alcune la testa del Kasnadar, del Caid Nissim e degli altri Mamaluchi rinnegati che sono al potere; vogliono soppressa la così detta Costituzione Tunisina e con essa l'istituzione dei tribunali; insistono perché il Bey faccia giustizia come prima egli stesso; ed a tale scopo organizzarono un movimento d'insurrezione con intelligenze bene stabilite in tutte le Tribù della Reggenza. Il Kasnadar, che non ha mai voluto credere che i Beduini saranno stanchi un giorno di pazienza, e che diminuì a proporzione microscopica ed annientò per così dire l'armata Tunisina !asciandola senza disciplina e senza soldo, spende ora e spande danaro per radunare alcune migliaja di uomini e di cavalli da opporre alle Tribù che presero l'iniziativa del movimento. Egli giuoca in questo momento l'ultima carta; se vince, è probabile che il movimento generale sia arrestato, ma se perde, come è opinione quasi generale che le truppe tunisine non possano resistere ai Beduini di gran lunga più numerosi, nessuno può prevedere fin dove giungeranno le orde fanatiche vittoriose. Tale è la posizione cui la politica egoistica del Kasnadar ridusse questo paese così ricco di ogni produzione agricola se fosse bene ed onestamente amministrato.

Il Bey ignorò o finse d'ignorare fin ora che le sue truppe non erano pagate da più d'un anno; ignora probabilmente che non, esistono più nei magazzeni né oggetti d'equipagg.iamento, nè tende per le truppe; ignora forse anche che i redditi dello Stato sono percepiti e spesi senza controllo; e finge infine di non avvedersi che i suoi Ministri, già schiavi della sua famiglia, tengono ora Lui ed i suoi Cognati e fratelli in istato di abietta schiavitù, ammassando ricchezze favolose ed ostentando un lusso sperticato ed insultante. Insomma, o il Bey ha in petto un cuore di tigre contro il proprio sangue, oppure è un uomo inetto che subisce la volontà del suo Primo Ministro, e che ha paura che tale volontà onnipotente lo faccia scomparire da un momento all'altro dal numero de' viventi al minimo indizio di opposizione o di resistenza. Un avvenire non molto lontano ci darà la soluzione di questo enigma altrettanto strano quanto fatale agli interessi così degli europei come degli indigeni.

Il Console Generale di Francia Signor De Beauval, che travasi da otto giorni circa in aperta rottura col Kasnadar per alcuni crediti che sostenne di sudditi francesi verso i Principi tunisini, dichiarò al Bey il 18 di questo mese in presenza del suo Primo Ministro, che lo stato attuale delle cose era necessaria conseguenza della pessima amministrazione che sgoverna il paese da alcuni anni; chiese il mantenimento del Patto fondamentale ma la soppressione del così detto Codice Politico o Legge Organica. Aggiunse poi che S. A. il Bey

nulla dovea decidere senza il consenso della Francia, e rivolgendosi verso il Kasnadar, che guardava per la seconda volta l'ora sul suo orologio di tasca, gli disse che se aveva occupazioni poteva !asciarlo solo con Sua Altezza. Il Conte Felice Raffo, interprete del Bey, esitando a tradurre tale brusca lezione, il Signor De Beauval ordinò al suo primo Dragomanno di tradurla nel suo senso letterale al Kasnadar che divenne d'un pallore terreo senza profferir parola. Il Bey rispose che era padrone di fare in casa propria quanto credeva utile al paese, ma il Signor De Beauval replicò che nessuno aveva il diritto di attraversare la politica della Francia limitrofa alla Tunisia, (alludendo al Console Generale Inglese ed alla recente Convenzione Anglo-tunisina che il Signor De Beauval interpreta dal lato politico come un piede messo dall'Inghilterra vicino all'Algeria), e che sperava nessun cambiamento sarebbe stato fatto senza essere consultato. Il Signor De Beauval avendo fatto partire una barca rper Bona, (tutti i telegrafi sono rotti), sembra aver l'intenzione di far avvicinare delle truppe francesi verso la frontiera dell'Algeria che trovasi precisamente sulla direzione del Chef, ma non saprei accertare questa notizia.

Contrariamente alla politica del Signor De Beauval il Signor Wood Console Generale d'Inghilterra, panegirista incauto, (altri dicono anche salariato), dell'amministrazione del Kasnadar, sostiene energicamente la Costituzione Tunisina con tutta la disgraziata sequela de' Tribunali che furono e sono tuttora la fonte dell'arenamento degli affari e d'infiniti guai. Ma la costituzione assicura la testa degli uomini del Bardo da un colpo capriccioso ma pur legale di scimitarra, ed il Kasnadar avendola ottenuta con grandi sacrifici morali e materiali non la lascierà certamente distruggere senza combattimento. Il Signor Wood fa pompa e vanta egli stesso (sic) la sua finezza diplomatica acquistata, dice egli, con 25 anni d'esperienza in Oriente, ma se discende a parlare d'affari economici e commerciali sostiene delle tesi impossibili con argomenti che fanno a pugni colla logica e persino col buon senso. Al ritorno da un recente suo viaggio sulla costa decantò a suon di tromba il benessere delle popolazioni e l'eccellenza della amministrazione tunisina (sic), ed aggiunse che a Gerba soltanto trovò che le cose non andavano bastantemente bene perchè vi è un Caid iL quaLe dà sovente ragione agLi Europei.

La politica diametralmente opposta che sostengono in Tunisi i Consoli Generali di Francia ed Inghilterra, non recherà a V. E. maraviglia alcuna, perchè su tutti i punti del Globo queste due nazioni si trovano in aperta opposizione. Io credo però che il Signor De Beauval agisce con dettagliate e recenti apposite istruzioni, quando invece il Signor Wood si appoggia alle istruzioni generali antiche che lasciano all'agente una latitudine considerevolissima. L'insurrezione dei Beduini fece scomparire il riso umoristico, incredulo e sarcastico dal viso del Signor Wood, e la sua finezza diplomatica ricevette un colpo mortale, per cui non sarebbe impossibile che diventasse fra non molto alquanto più modesto e meno ottimista.

In mezzo a questa commozione generale io mi attenni, quanto alla Politica, alle istruzioni che V. E. mi dava col Dispaccio del 20 Luglio 1863 (1), e mi

vi atterrò anche in avvenire finchè non riceverò ordini che mi prescriva no una linea di condotta differente.

È mia convinzione che l'Italia è interessata a che sia conservato in questa Reggenza lo stato attuale, cioè un Governo piccolo e debolissimo, m a deve desiderare anch'Essa che l'amministrazione sia migliorata e che gli uomini del Bardo adottino una politica riparatrice dei danni gravissimi che la loro condotta recò fin ora tanto alle colonie europee quanto alle popolazioni indigene. L'importanza della colonia italiana in Tunisi esige imperiosamente che il Rappresentante del Governo del Re agisca sempre e spesse fiate agisca con molta energia; spero che l'E. V. avrà la bontà di segnarmi i confini di tale azione per l'avvenire. Intanto non devo tacere che l'aver io accordato al Bey l'uso del Vapore postale italiano per andare a prendere delle truppe in Susa, produsse al Bardo ed in Città così fra gli Europei come fra gli indigeni una generale favorevolissima impressione. Il Bey sapendomi al Bardo presso il Kasnadar il giorno 19 mi mandò a ringraziare particolarmente, ed il suo Primo Ministro dopo avermi espresso i ringraziamenti ufficiali di Sua Altezza e del Governo, mi disse, accompagnandomi verso la porta, che darà prove di aver buona memoria deL servizio che l'Italia gli rese con tanta cortesia e disinteresse nella presente critica circostanza.

Le ultime notizie di questa mattina annunziano piuttosto peggiorata che migliorata la situazione. L'attitudine de' Beduini pare sempre la stessa, ma l'allarme si mantiene sempre perchè anche nella notte scorsa una banda di !adroni giunsero fino alla Manuba, a due ore di distanza da Tunisi, e vi commisero spogliazioni ed omicidi. In questo momento che scrivo, sono le 11 antimeridiane, la parte più ragguardevole della Colonia italiana si trova riunita in piazza e sembra decisa a venire a chiedermi cosa deve temere e cosa può sperare. Io tranquillizzerò gli animi perchè credo realmente che il pericolo non sia tanto immin~nte quanto possono farlo credere le notizie quasi sempre esagerate, e li persuaderò nel tempo stesso che il Governo del Re prenderà tutte le misure possibili onde tutelare gl'interessi e provvedere alla sicurezza delle persone degli Italiani qui residenti. Assicuro infine l'E. V. che in caso di pericolo imminente e reale il Console Generale di Sua Maestà si porrà alla testa della Colonia italiana per organizzare una difesa ed opporre seria resistenza all'invasione possibile del quartiere Europeo.

Nella speranza di veder presto apparire in rada della Goletta una R. Nave da Guerra...

(1) Si tratta del t. 413 trasmesso da Cagliari il giorno 22 alle ore 11,25, pervenuto alle 14,30.

(1) Non pubblicato.

699

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 21 aprile 1864.

Vi scrivo d'ufficio sulla missione Clarendon. Le mie notizie vengono dalle

migliori fonti, cioè da Lord Cowley, da Drouyn de Lhuys, e dalla Corte. Sicchè potete tenerle per esatte. Non è vero che l'Imperatore abbia detto a Clarendon

ciò che Palmerston disse ai Comuni intorno a Garibaldi. L'Imperatore si limitò a dire che, conoscendo il carattere inglese, non era meravigliato di ciò che accadeva. Naturalmente le ovazioni fatte a Garibaldi spiacquero qui, e Drouyn de Lhuys me ne parlò in modo non equivoco, e giudicò molto severamente la condotta dell'aristocrazia inglese in questa occasione. Qui nemmeno il signor Boittelle non sa quali ragioni abbiano condotto Garibaldi ad accelerare la sua partenza. Forse Garibaldi ha capito egli stesso la convenienza di non protrarre il suo soggiorno che avrebbe potuto diventare un imbarazzo pel Governo inglese. Ma è possibile che ci siano altre ragioni. Ad ogni modo credo importantissimo che lo si sorvegli. Questo è affare vostro. Pare anche a me che sia molto difficile che Garibaldi dopo la strepitosa ovazione di Londra si contenti di rimanersene tranquillo al suo scoglio. Bisogna badarci, se vuoi andare altrove e vada, ma se vuol tentare nulla in Italia, bisogna impedirlo ad ogni costo per Dio.

Ho proposto una nota sull'eventualità della morte del Papa. Lo scopo era che rimanesse un documento scritto che facesse fede che noi abbiamo avvisato in tempo. Del resto chiamai verbalmente l'attenzione di Drouyn de Lhuys sul

· l'eventualità, e ve ne scrissi d'ufficio. Questo però forse bastava, in vista delle pratiche extraufficiali che conoscete, cioè quelle di Pepoli, e quelle di Minghetti con Rouher, la cui risposta è ora .pervenuta a Torino. Voi e Minghetti vedrete se convenga l'attendere l'epoca indicata da Rouher, però la mia convinzione è che l'Imperatore, non piglierà impegni. Sarà dunque bene che nulla si tralasci perchè la popolazione romana faccia il plebiscito. Il desiderio dell'Imperatore di ,cogliere l'occasione della morte del Papa per uscir da Roma è sincero. Anche l'Imperatrice (per la prima volta) mi disse riconoscere essere conveniente per la Francia che l'occupazione cessi e che si colga l'occasione della morte del Papa. Ma quando si tratta dell'applicazione essa torna in campo coll'idea, non nuova, della cessione nominale dell'Umbria e delle Marche. Come ben potete pensare, ho escluso recisamente una tale possibilità. Da questo lato si va guadagnando un po' di terreno, ma molto lentamente e con difficoltà tnfinita. È però un fatto abbastanza considerevole che invalga a poco a poco la convinzione che colla morte del Papa bisogna finirla coll'occupazione.

Vi ripeto quanto ho scritto a Minghetti sul viaggio del Principe. Tocca a voi giudicare dell'opportunità di esso, e tocca sopratutto al Re. Ma se sarà deciso, vi confermo che il Principe sarà invitato a scendere alle Tuileries e vi sarà ben accolto. Intorno a ciò aspetto le vostre ulteriori istruzioni.

Gli Stati Uniti non riconoscono l'Imperatore del Messico. È questo un fatto estremamente grave, sul quale chiamo la Vostra attenzione. Malgrado ciò, io sono tuttavia d'avviso che i nostri interessi richiedono che noi riconosciamo il nuovo Impero, appena la sua costituzione ci sarà ufficialmente annunziata, com'è intenzione del nuovo Imperatore. L'accommodamento messicano sarà qui attaccato vivamente al Corpo legislativo. Anche la proposta dell'Imperatore di diminuire il diritto di registro non sarà, dicesi, accettata tal quale, non si accetterà a quanto pare che la riduzione del mezzo decimo.

Questa lettera vi sarà rimessa da Ressmann. Vi raccomando vivamente questo giovane. È chiamato a subire esami, li subirà certo in onore, essendo capacissimo ed istruitissimo. È inoltre diligente ed assiduo lavoratore, oltrecchè ha un carattere eccellente. Mi è qui di grande utilità. Vi prego di rimandarmelo, il più tosto che potrete. Non vorrei che pigliaste questa mia raccomandazione come cosa ordinaria. Mi renderete vero servizio rimandandomelo.

700

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 22 aprile 1864.

Eccovi un'altra versione sul precipitato ritorno di Garibaldi a Caprera. Si dice che l'Austria e la Prussia abbiano fatto osservazioni al Gabinetto Inglese sulla ·sconvenienza della simultanea presenza a Londra del celebre Generale e dei rappresentanti riuniti in conferenza. Il Signor de Beust, secondoquesta notizia, avrebbe cosi dichiarato di non voler andare a Londra finchè Gar1baldi vi ci stesse. Pa•re quindi che i Ministri inglesi, protestando però sempre di !asciarlo libero d'agire come crede, abbiano fatto comprendere a Garibaldi la convenienza di por fine al suo soggiorno in Inghilterra. Ma nel tempo stesso avrebbero fatto a Garibaldi la promessa di promuovere l'evacuazione di Roma. Benchè queste notizie mi giungano da buona sorgente, tuttavia esito a prestarvi fede e ve le do con tutta riserva. Dalla stessa sorgente mi viene assicurato che lo scopo principale della gita di Garibaldi a Londra era quello di far denaro; e che Garibaldi stesso, sulla istanza dei Polacchi di Gallizia, abbia inviato denari ed armi ed uomini nei Carpazii. Voi potrete

controllare queste cose, nelle quali c'è probabilmente una parte di vero e· molto di esagerato.

701

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 23 aprile 1864.

Mentre Ella era assente, ho scritto quotidianamente a Minghetti il ragguaglio il più preciso, quasi ora per ora, dell'oprarsi da Garibaldi in Londra. Naturalmente che quando scrivo a un Ministro è colla speranza che questa mia lettera serva ad informare non solo quel Ministro. Ma i suoi ·colleghi. E ne sappia le parti importanti S. M. Nella vita costituzionale molte minuzie non si possono pubblicare. Molti dettagli intimi che toccano al cancan et aL commérage non posson introdursi in un dispaccio. Siamo dunque soventi ridotti a scriver lettere particolari. Ma colla speranza che seguitino la stessa filiera degli scritti ufficiali.

Ora dunque cercherò completare questa corrispondenza avuta con Min

ghetti, rispondendo alla Sua del 19. Tutto quanto spetta al viaggio di Gari

baldi non è esente da mistero. Convien cercar discerner il vero.

L'aristocratica cotterie, che erasi assunto l'impegno di guidar Garibaldi, vide pericoli per lui se lasciato agir solo e lungi dalle loro amichevoli ispirazioni. Garibaldi, che par destinato a servir di stromento pei furbi, diventava in Provincia creatura loro. Si ~sar~bbe lasciato metter innanzi per qualunque sproposito. Poteva parlare e sparlare, agire e lasciar agire. Potevan accadere battaglie per motivi religiosi, uccisioni. E finalmente le ovazioni, che sotto a certe condizioni di durata e di gran centri, potevan aver risalto, diventavan ridicole. se prolungate per settimane e celebrandosi in nieschinissime località.

Essendovi poi realmente la salute di mezzo vennero quei Signori alla conclusione che conveniva oprar in quel senso. Consultavasi il chirurgo Ferguson, il quale fu d'opinione che se Garibaldi avesse fatto di più egli correva rischio sia di rimettersi della gamba sia d'una paralisi.

Per la parte tecnica, debbo rimandarla a lettere di Ferguson stampate nel Times; a un articolo del Giornale radicale The Lancet pubb1Lcato ieri nel

Times e scritto da Ferguson; come a tutte le asserzioni dei Ministri e lettere di Gladstone Shaftesbury etc.

Anche un altro distintiss~mo medico di Londra Protheroe Smith che visitò Garibaldi dal Seely fu talmente colpito dall'apparenza che scrisse una lettera che non ~si pubblicò per riguardi tra colleghi.

Quanto alle asserzioni dei Partridge, non le calcolo poichè egli fu molto indispettito vedendosi interamente messo da banda.

E Basile scrisse quanto gli dettò Mazzini. Dunque Garibaldi soffriva delle tante e continue fatiche. Soventi si lagnava di confusione e vertigini al capo. Del resto zoppicava molto visibilmente. Ma questo aver potuto andar per quasi due settimane a traverso a un genere di vita che avrebbe rovinato un giovane prova esser di costituzione forte e robusta.

Se dunque invece di pranzi, di ore tarde, di saloni affollatissimi, se invece di turbe schiamazzanti da sconnettere i nerv,i d'un elefante, se .invece di migliaia di strette di mano da sconnetter il cervello, avete all'incontro aria libera, esercizio a cavallo, ore mattutine e Garibaldi potrà entrar in campagna adesso. E sopratutto fra qualche mese.

Qualunque versione troppo assoluta sarà inesatta. Cioè è ammalato e claudicante. Ma non abbastanza per renderlo inutile per l'avvenire.

Del resto, ieri si venne a saper aver egli cela~to un suo malanno. Essendo già a Stafford House pel Principe di Galles,, Seely afferratolo pel braccio lo vide a far una ~smorfia e interrogatolo disse d'aver parecchi furuncoli pel corpo.

Secondo la dottrina inglese questo significa povertà di sangue. Si mandò immantinente per Ferguson, il quale disse che con persona portata all'infiammazione potrebbe nascere pericolo grave.

Tornando dunque al primo argomento, il Comitato aristocratico di Garibaldi gli consigliò sopratutto il limitar a sei o sette città le sue corse in Provincia. Si radunavan con persone d'opinioni diverse. Ma Garibaldi fu di parere che a preferenza di far meno, conveniva non far nulla. E così s'intese la sua partenza, che venne anche differita, per combinarla colla visita del Principe di Galles.

Ma intanto il partito demagogico inglese ed estero che per fini suoi particolari voleva aver Garibaldi in mano, fece in questi giorni il fattibile per farlo restare. Quei tali del partito che a Stafford House avean parlato in un modo agivano sotto mano nel senso opposto. Tra i compagni .stessi di Garibaldi non pochi eran del parere di codesti arrabbiati. Garibaldi che pare atto a prender facilmente impressioni in senso opposto, e che diffida, era così combattuto in senso diverso. Il suo linguaggio fino all'ultimo tradiva quest'incertezza. Volle esprimersi ambiguamente sull'indirizzo, dimandò a quella tale Madame Schwaabe, che andò a curarlo al Varignano e che ora dovea riceverlo a Manchester, al caso che fosse comparso repentinamente alla sua casa, se sarebbe stato accolto.

Intanto i protettori, vedendosi al momento di perder tutto il frutto delle loro fatiche, s'impiegavano sempre più energicamente a farlo partire. Tutta la mattina ieri egli ebbe a lottare contro a deputazioni e domande. Finalmente prese commiato da Seely e venne insospettato a Stafford House, donde partì per Aiefeden. E tutto questo fu talmente ignorato che mi trovai per caso al parco in carrozza in quell'ora nel mio legno e vidi a pochi passi davanti a me un legno a quattro cavalli in posta e non fu che più tardi che seppi esser il Duca e la Duchessa con Garibaldi.

Ora vidi un momento fa il Duca di Sutherland che mi venne a dire addio, che mi disse esser tutto l'itinerario combinato per scritto fino a martedì. Ma che se non veniva non l'aspetterebbe 24 ore. Egli mi domandò, al caso che Garibaldi volesse andare yachting con lui e toccare in qualche nostro porto, se l'avressimo impedito. Ed io risposi esser libero come qualunque altro cittadino di far quanto voleva.

Si assicura che i 'suoi figli, Menotti almeno, resteran qua per qualche tempo e torneranno per Parigi. Menotti che ha una certa influenza sul padre, è un selvaticone, in mano di Mazzini. E si crede che Guerzoni sia stato posto lì anche da Mazzini.

Anzi Madame Schwaabe, che detesta Mazzini, glielo disse ieri ed anzi gli fece onta di esser amico con un tale che fuggiva ogni pericolo personale.

E Garibaldi non negò che avesse ragione.

Il Duca di Sutherland mi confidò che Seely gli aveva detto di aver cercato di persuader a Garibaldi di far nel suo indirizzo qualche rispettosa allusione al Re ed egli rispose non poterlo fare poichè alcuni fra i suoi commil'itoni ancora stavano in carcere da due anni.

Parlatogli pure del venire alla Legazione Garibaldi disse di non intendersi di étiquette. Ma quando il Governo agiva bene egli gli andava assieme. Quando agiva male gli faceva contro e non andava a vederlo.

Del resto fu gran fortuna che le cose siano andate così, poichè se, scambiate le visite, io mi fossi conformato alle istruzioni, vedevamo stante gli animi concitati, l'Inghilterra tutta voltar al Garibaldismo.

·Nessuno ha però mai detto o scritto una parola contro al Re o contro al Governo, al più si può dire che ci hanno lasciati o forse dimenticati nell'attitudine di riserva scelta da noi. Ma non altro.

L'attitudine conservata da me piacque e ne ebbi non pochi elogi.

E posso dire d'aver nulla che non rifarei nelle medesime circostanze, .avendo agito nell'interesse del Governo con moderazione e giustizia.

Il Duca suppone che se si raccoglie una forte somma di denaro, Garibaldi la ricuserà. Ma che si stabilirà sul capo dei suoi figli.

Intrighi Mazziniani non dubito che esistono. E gravi.

Farò il possibile per seguitarli e smascherar1i, ma sono i miei mezzi d'informazione .limitati, solamente di Agenti francesi. Mi par impossibile che non abbiate mandato qualche agente sicuro che possa sorvegliare le combriccole segrete. Abbiamo qua quasi tutti i caporioni.

Pmtroppo che l'Agente francese è a Parigi. L'ora 'tarda m'obblig;a a terminare.

702

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 164. Torino, 24 aprile 1864, ore 16,05.

Garibaldi est libre de débarquer où il veut et le Gouvernement ne mettra aucun obstacle à sa liberté (1). Il serait cependant utile que vous fassiez connaitre au due de .Sutherland comme votre opinion personnelle que la présence de Garibaldi après les manifestations de Londres pourrait donner lieu à des démonstrations facheuses et à des désordres qu'il serait utile de prévenir. Il serait donc utile et à désirer que la traversée se fit directement de l'Angleterre à Caprera.

703

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 24 aprile 1864.

Aprofitto della partenza di Zannini per scriv,ervi due corte righe iii1tomo a cose che non voglio mandar per la posta. Da qualche tempo la lotta tra Drouyn de Lhuys da un lato, Rouher e Fould dall'altro, si va facendo più palese e più viva. Essa s'impegnò ultimamente in presenza dell'Imperatore a proposito della discussione dei Bilanci. Rouher si lagnò che non lo si mettesse a chiaro di tutte le pratiche, disse che non sapeva come difendere la politica del suo collega degli affari esteri ch'egli non approvava, e lasciò intendere che non avrebbe conservato il Ministero di Stato, ove questo non fosse rivestito di tali prerogative da renderlo un vero posto di primo Ministro.

Visconti Venosta della possibilità che Garibaldi toccasse, nel suo viaggio di ritorno a Caprera,.qualche porto dell'Italia meridionale.

Dr[ouyn] de Lh[uys] si difese dicendo che la politica criUcata dal suo collega non era sua, ma dell'Imperatore. Pare che l'Imperatore abbia accolto molto male le doglianze e le critiche e le domande di Rouher, del quale però non volle accettare la demissione. Rouher consentì dic'egli a rimanere fino alla chiusura del parlamento; ma in allora esso afferma che porrà novamente all'Imperatore il partito di scegliere tra Dr[ouyn] de Lh[uys] e lui. Intanto so che l'Imperatore pensa ad una riforma nel Ministero di Stato. Il Principe Napoleone mi disse che questo Ministero sarebbe soppresso, che Rouher tornerebbe alla Presidenza del Consiglio di Stato, e che si permetterebbe ai Ministri di presentarsi alle Camere come Commissarli, per difendere tale o tal altra questione speciale relativa al proprio dicastero.

L'Imperatore messicano incontra difficoltà gravi. I movimenti di borsa che sconcertarono molti calcoli in questi giorni, fanno una profonda impressione qui; la tendenza al ribasso, appoggiata dalla maggioranza degli speculatori, è considerata come un atto d'opposizione al Govemo. Sono pure censurate le misure prese dal Governo per impedire la rappresentazione in onore di Shakespeare, il banchetto, e parecchie letture di sera.

Insomma la situazione interna è !ungi dall'essere migliorata, e gli amici dell'Imperatore, come siam noi, non possono guardarlo in faccia senza inquietudine.

Devo dire però che in mezzo a tutte queste difficoltà e a queste inquietezze l'Imperatore continua nella sua imperturbabile serenità.

(1) Con t. 419 del 23 aprile, ore 19,30, per. ore 20,20, D'Az~glio aveva informato

704

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, E AI MINISTRI RESIDENTI A CARLSRUHE, OLDOINI, E A FRANCOFORTE, DE BARRAL

D. CONFIDENZIALE (1) Torino, 25 aprile 1864.

La Conférence qui vient de tenir à Londres une séance préliminaire en attendant l'arrivée des plénipotentiaires en retard se trouve en présence de, difficultés prévues et que rien n'est venu modifier sensiblement, quoiqu'aient pu faire ,supposer des bruits assez répandus. La mission de Lord Clarendon à Paris a eu sans doute cet heureux effet de préparer les voies à un rapprochement entre la politique Anglaise et celle de la France; toutefois il parait inexact que, comme on l'a prétendu, il en doive résulter un changement de manière de voir de la part de la France à l'endroit des Duchés, ou la transformation de la Conférence de Londres en une sorte de Congrès. Cela étant, il y a lieu d'observer avec plus d'intérèt que jamais l'attitude respedive des deux grandes Puissances allemandes en face l'une de l'autre; car les circonstances favorisent, loin de l'entraver, le développement des divergences qui !es séparent dans la question Dana-Allemande. La Prusse ne doit pas voir

avec déplaisir les dispositions de la France, qui continue à envisager la question à un point de vue bien plus ,conforme aux aspirations nationales de l'Allemagne qu'aux appréhensions mal dissimulées du Cabinet de Vienne. De leur coté, les Plénipotentiaires de la Diète trouveront la plupart des membres de la Conférence moins décidés qu'on ne l'avait cru naguère à leur opposer inexorablement las stipulations de 1851 et 1852. Le Gouvernement Anglais a assez montré lui-meme que son désir principal est moins encore de maintenir les arrangements de Londres, que d'effectuer la réunion de la Conférence et d'arriver autant que possible à mettre fin au conflit. Dernièrement encore il avait manifesté l'intention de proposer que l'on confirrnàt dès le début les deux principes posés en 1852, c'est-à-dire l'intégrité de la Monarchie Danoise et l'ordre de la succession au trone; mais il renonça à cette idée sur l'observation, faite par la France, qu'il était inutile de donner pour tàche à la Conférence une nouvelle édition des accords de 1852, puisque si la Conférence avait été convoquée ,c'était précisément parce que quelques-unes des parties intéressées n'avaient pas adhéré aux principes dont parlait le Cabinet de St. James.

La situation ne contraria donc en rien le rapprochement qui a commencé de se déterminer entre la Prusse et les Etats secondaires au sujet de la politique à suivre dans les Conférences. Sur le fond du débat la Russie parait ne vouloir aucunement céder dans la question de succession, et le Danemark laisse entrevoir camme extreme limite de ses concessions le partage du Sleswig et l'union de sa partie méridionale au Holstein, dans des conditions très restrei:ntes d'ailleurs quant aux rapports des duchés avec le reste de la Monarchie.

Les nouvelles d'Allemagne continuent à appeler l'attention sur des projets menaçants de l'Autriche contre l'Italie. On signale en meme temps des demonstrations militaires du coté des Principautés Danubiennes. Il n'en résulte jusqu'ici pour nous que la nécessité d'une surveillance attentive, dont je ne doute pas, M. le Ministre, que vous ne continuiez à prendre activement votre part autant que cela est possible du poste où vous etes.

Pour Berlin. Je vous accuse réception et vous remercie de vos intéressantes dépéches NN. 33 -41 (Confid.) ...

Pour Francfort. Je vous accuse réception (ut supra) NN. 30-34 (Poi.) ...

Pour Carlsruhe. Je vous accuse réception (id.) NN. 10-14 (Confid.) et des annexes chiffrées aux dépeches NN. 9 et 10 affaires ·courantes et 13 politique...

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO PER CARLSRUHE

J'ai appris avec plaisir que M. Schweizer a Teçu l'ordre de se tenir pret à aller directement de Paris à Turin. Je vous prie de rien négliger auprès de M. le Ministre des Affaires Etrangères pour que aussitòt que la Chambre haute aura sanctionné les dispositions relatives à cette mission, M. Schweizer soit envoyé à Turin sans aucun retard.

(1) A Berlino il dispaccio venne inviato cc,l n. 5, a Carlsruhe col n. 6 e a Francoforte· col n. 7.

705

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 24. Londra, 25 aprile 1864 (per. il 28).

Tutti i Plenipotenziar"i alla Conferenza essendo giunti a Londra, la prima dunione vera avrà luogo oggi stesso.

Da quanto seppi ieri sera da uno dei principali di questi, pare s'abbia speranza d'ottenere una cessazione di ostilità, sia che si chiami sospensione o armistizio. Ben inteso i Danesi avrebbero a rinunziare alle operazioni sul mare e per conseguenza ai blocchi.

II Barone di Beust pare abbia ricevuto una specie di mandato generale illimitato, però tenendosi d'accordo con i due Gran Governi Tedeschi; e perciò avrà a prendere una via di mezzo fra l'impazienza di conchiudere dell'Austria e le difficoltà Prussiane. Però indizio delle difficoltà a vincersi si è ,che precisamente il Barone di Beust esprimeva l'opinione che occorresse, come diceva il mio interlocutore, louvoyer per un pezzo senza metter avanti una proposizione definitiva, la quale sarebbe sicura di tutto mandare in aria. Soggiungeva sola speranza dover esser derivata da quel grande sedatore di tutti i mali; il tempo. Potersi dare cioè che, guadagnando tempo, qualche cosa occorresse per opera della Provvidenza da venire in ajuto ai 13 Plenipotenziar!, i quali altrimenti avrebbero poca probabilità d'intendersela.

Ma il tempo che molti sono desiderosi di veder agire benignamente potrebbe anche voltar gli avvenimenti nel senso contrario.

E se, come si pretende, la Russia intervenisse repentinamente nei Principati, sarebbe a detrimento dei Ducati. Bensì ne rinascerebbero le quistioni di Polonia, d'Ungheria etc. etc. L'Austria temendo altri sconquassi non solo vuol finirla nel Nord, ma, siccome mi diceva ieri Lord Russell, protesta contro l'applicazione del voto popolare nello Schleswig.

Intanto già incomincia a trasparire qualche indizio di più su i motivi che avrebbero condotto il Garibaldi in Inghilterra.

Da sorgenti ottime mi vien riferito che quasi all'ultimo momento l'itinerario che dovea dirigersi altrove venne deciso per l'Inghilterra. Il Duca di Sutherland parlò in mia presenza di quattro giorni, come se in quel breve tempo si fosse deciso per l'Inghilterra. E avendolo citato a Lord Russell ieri, egli mi disse che credeva fosse probabile perchè il Segretario per l'Interno, Sir George Grey, avea avuto dapprima informazioni che indicavano come destinazione di Garibaldi l'Ungheria o la Polonia; quindi avea saputo invece venire in Inghilterra.

Molti credono che questo viaggio sia connesso con un piano insurrezionario su varj punti d'Europa che scoppierebbe fra non molte settimane. Informazioni mi son venute d'armi comperate dal partito d'azione che si fanno ascendere da 45 a 60 mila fucili. Queste notizie le quali però do con riserva fino a ulteriore conferma, dicono che Garibaldi nei colloqui avuti coi capi della demagogia dei varj paesi abbia parlato come se non s'intendesse di piani, trame e combinazioni politiche.

Quando fossero pronti loro, egli sarebbe pronto ad operare. Difatti pare

che notizie consimili le abbia avute il Governo poichè, avendone discorso con

Lord Russell ieri, egli mi disse d'aver fatto domandare al Duca di Sutherland

se egli era ben certo dell'impiego di quel tale danaro che si voleva prelevare

per Garibaldi. E il Duca disse che non uscirebbe dalle mani dei Trustees o

guardiani, fuorchè come annuo reddito per Garibaldi o i suoi figli. Ma siccome

feci osservare a Lord Russell Garibaldi avendo ricevuto il provento dei con

certi del Crystal Palace dovea aver avuto a sua disposizione una vistosa som

ma all'infuori del resto.

Tutte queste indicazioni renderebbero non improbabile l'ipotesi ,che dagli

ignoti promotori di questo lasciar Garibaldi l'isola di Caprera s'avessero due

alternative, e non potendo per motivi imprevisti effettuarsi il suo comparire

su qualche Centro rivoluzionario, che lo volessero avere a conferire con loro

in Inghilterra e avessero capito inoltre quanto potrebbe ,giovare alla loro

causa, sia l'applauso di questo paese, sia il risorgere il suo prestigio in Italia.

E difatti non mi potei impedire d'osservarlo incidentalmente a Lord

Russell.

Più di un uomo di Stato 'in Italia sarebbe tentato di dire che, siccome

le masse sia in Italia che in Inghilterra non son disposte a metteT tante distin

zioni sottili fra l'applauso all'individuo e quello all'Unità Italiana, poichè la

Inghilterra per secondar l'una in uno dei suo più ardenti promotori invece

di trattenerlo lo si lascerebbe andare avanti intendendosi naturalmente che la

Nazione Inglese ci assisterebbe nelle difficoltà che ci avrebbe spinto ad incon

trare, o pure dovrebbe esser messa al bando deHe Nazioni.

E Lord Russell rispose che non mi potevo mai illudere sui consigli in senso contrario che egli e Lord Palmerston avean dati a me sempre e a Garibaldi recentemente. Ed io risposi che in un paese libero e Costituzionale il Gabinetto dovrebbe eseguire quello che gl'indicherebbe la nazione, e se questa voleva far guerra per noi Lor Signori la dovrebbero fare, come avrebbero dovuto farla per la Danimarca se il paese avesse voluto così. Ed egli soggiunse che per la Danimarca egli personalmente non avrebbe avuto nulla in contrario.

Deggio aggiungere che, benchè parlassi così a Lord Russell, non si può fare a meno d'aggiungere che se si volesse procedere su di un simile ragionamento, egli si è col partito preso di fondarsi più su quanto v'è di apparente che non su quanto v'ha di vero. Voglio dire che sempre persisto a credere che gl'Inglesi che tanto schiamazzarono per Garibaldi pochissimo agirebbero per secondarne le imprese.

Ma l'uom di Stato è talvolta obbligato di accettar per base anche una apparenza quando può farla servire ai suoi propositi. Lord Russell mi parlò dei consigli di prudenza che avea dati a Garibaldi facendo però quella distinzione che non s'aspettavan qua, che ove una guerra generale nascesse in Europa, noi soli non ci saressimo mossi. Ma che sarebbe stato imprudenza il voler suscitar un movimento isolato. Pare che Garibaldi non abbia detto nè si nè no, ma siasi tenuto sui generali più che con Lord Palmerston che gli diceva doversi frenare il partito d'azione. Al che egli rispose che per frenarlo conveniva appartenervi; ma egli nè vi apparteneva nè volea entrarci.

Feci osservare a Lord Palmerston che questa risposta era in contraddizione assoluta con quella supposta essersi fatta a Mazzini. Cioè che quando fossero pronti loro sarebbe pronto anche lui.

Del resto è certo che a Lord Palmerston Garibaldi disse esser probabile che fra non molto moti rivoluzionari nascerebbero in Ungheria e forse altrove.

Quel che deve destare maraviglia è che, informati di tanto i Ministri Inglesi, abbiano preso su di loro di mostrarglisi ,così ospitali. Questo fino a un segno spiegò Lord Russell dicendomi ieri che la Regina avea fatto sentire che desiderava che i suoi Ministri nulla facessero nella loro qualità officiale e poi soggiunse che egli Lord Russell scrivendone a Lord Palmerston gli avea detto: • Dimentichiamo Aspromonte per non ricordarci che di Milazzo ».

Non mi potei impedire di far notare a Mylord che ad ogni modo non sarebbe caso di ricordare un certo Dispaccio in Cifra scritto da lui a Napoli al Signor Elliott informandolo della partenza da Genova per la Sicilia di Garibaldi su due Bastimenti e ordinandogli d'informarne senza perder tempo il Governo Borbonico.

Egli non negò l'esistenza di questo Dispaccio, ma non so se per compensarlo disse che, avendo il Governo Francese proposto d'impedire con la forza lo sbarco di Garibaldi su terra ferma, egli avea ricusato.

Termino questo rapporto informando V. E. che avendone parlato ieri con Lord Russell, egli mi disse che le istruzioni mandate a Bulwer portano d'insistere sull'amministrazione dei redditi dei Conventi sequestrati da un Commissario nominato dalla Conferenza, essendosi ammesso con contraccambio di Note colla Francia il principio del riscatto mediante indennità. Ed in secondo luogo Bulwer deve insistere presso i Colleghi per farli sottoscrivere una dichiarazione di biasimo contro il Principe Couza per gli armamenti. Ma questo pel caso solamente che tutti si accordassero per firmare. Onde che se noi e la Francia non sottoscriviamo l'affare anderà a monte.

706

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 26 aprile 1864 (per. L'1 maggio).

Facendo seguito al mio Rapporto confidenziale del 21 corrente mese (1) devo annunziarle che alla generale grave apprensione dei giorni precedenti, successe uno stato di speranza poco fondato è vero, ma che pure servì a tranquillare alquanto gli animi giustamente allarmati. Il Governo di S. A. il Bey non avendo forze sufficienti da opporre ai rivoltosi si decise ad adottare la via delle concessioni consigliata dai Consoli, ma ciò fece suo malgrado e colla evidente intenzione di ritornare al primo sistema. Infatti fu decretata l'abolizione della recente imposta del testatico, ed il popolo fu lasciato libero di

adire i Tribunali esistenti oppure l'amrrndnistmzione della giustizia personalmente ripresa da S. A. il Bey, ma non vennero egualmente aboliti i Tribunali medesimi e non si dichiarò esplicitamente che il sistema così detto Costituzoonale aveva fatto cattiva prova. Per quanto sia abile la lettera, di cui trasmetto qui unita la traduzione, indirizzata da S. A. il Bey ai Governatori delle diverse provincie e contenente le surriferite concessioni, io temo ,che non produrrà dapertutto l'effetto des,iderato. È vero che i beduini degli Hammensa, Uerga e Dufen non fecero più alcun movimento ostile e che non sembrano più concordi e compatti come prima, ma è vero nel tempo stesso che le Tribù dei Zellas assediarono e s'impadronirono della Città santa di Kirouan, e che a quest'ora non fecero risposta alcuna al nuovo editto del Bey. Esistendo pertanto da quelle parti gli stessi timori e gli stessi pericoli di prima io feci partire questa notte per Susa la Piro-Corvetta l'Etna. Non sarebbe però improbabile che i beduini devoti in generale al principio di Autorità ed alla persona del Bey, in cui venerano il Capo della religione, si contentassero delle concessioni date, pronti però e disposti a sollevarsi di nuovo il giorno in cui venissero ritirate. Al Bardo si attendono ora con ansietà le notizie del Kirouan ed intanto vi si incontra su tutte le fisonomie l'incertezza e la paura.

La situazione in cui si trovano gli uomini componenti il Governo tunisino offre in questo momento una anomalia veramente strana e curiosa. Si crede generalmente che il Bey subisca l'influenza del Kasnadar che tiene a sé raggruppati i Mammalucchi che coprono le più alte ed importanti cariche dello Stato, e che se potesse distruggerebbe molto volentieri quella disgraziata Costituzione che non ha potuto mettere radici in nessuna classe della popolazione. Dall'altro lato i Mammalucchi vedono assicurate le loro teste ed i loro averi nel mantenimento della Costituzione, e sono perciò pronti a qualunque sacrificio per sostenerla. In mezzo a tale contesa sorge l'influenza che esercitano in prima linea i Consoli di Francia e d'Inghilterra, per cui, mantenendo essa una specie d'intermittenza politica, ne deriva uno stato di deplorabilissima incertezza fatale alla tranquillità pubblica ed agli interessi di tutti.

Il Console Generale d'Inghilterra appoggta e sostiene il Kasnadar e la Costituzione e sembra secondato dai Consoli d'Austria e di Spagna. Il Console Generale di Francia dichiarò invece ufficialmente doversi cambiare una politica che condusse il paese nello stato attuale, ed io, per la mia attitudine riservata, sono considerato come sostenitore di quest'ultima opinione. In un colloquio avuto col Kasnadar colsi il destro per dichiarare che pel fatto di essersi il Bey rimesso a far giustizi:a lui stesso io consideravo e ritenevo definitivamente soppressa la Commissione provvisoria, e che da ora in poi mi sarei sempre attenuto strettamente ai Trattati, e mi sarei :rivolto a S. A. in tutte le controversie presenti e future fra Italiani e tunisini. Avendo ricevuto in proposito risposta esplicitamente affermativa si può ritenere ,come completamente terminata la quistione della giurisdizione.

Verso le ore 8 pomeridiane del giorno 22 successe in questa Città un fatto che gettò lo sgomento in tutta la popolaz1one già allarmata. Sulla notizia, imprudentemente sparsa, che alcuni Siciliani garibaldini avessero organizzato un complotto per introdursi in diverse Case a rubare uniti a degli indigeni, il Console di Francia, senza prima avvertirmi o chiedermi se avevo sentore

47 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

di qualche cosa, invitò la colonia ad armarsi e vegliare attentamente; fece chiamare 200 Algerini in difesa del Consolato, e si recò quindi a fare energiche rimostranze al Bardo. Poco dopo le guardie della Città avendo intimato bruscamente ai Caffè ed alle botteghe di chiudere le porte, in un minuto la piazza, che era piena di Europei, divenne deserta. Tutti fuggirono alle rispettive case senza sapere in modo preciso quale fosse il pericolo da cui erano minacciati. Dopo aver convocato la Colonia il Signor De Beauval mi mandò un Ufficiale ad avvertirmi di tutto ciò, ed a chiedermi se avevo nulla saputo di quei criminosi progetti, ma il male era fatto, ed io che conoscevo da 24 ore le microscopiche proporzioni e la poca importanza del complotto, reso già impossibile per alcuni arresti da me ordinati, ho potuto soltanto diminuirlo assicurando tutti che nulla v'era da temere. Malgrado ciò molti francesi e Maltesi si rifugiarono nel rispettivo Consolato e ben pochi si decisero a coricarsi. Ora ecco la vera origine del fatto in tutta la sua verità e spogliata da ogni esagerazione. Un Siciliano venuto in Tunisi da circa 20 giorni, senza passaporto e sotto falso nome, disse ad una sua compaesana, nella cui casa abitava, che egli voleva partire prestamente, ma che era stato consigliato da altri Siciliani a fermarsi alcuni giorni ancora onde profittare del primo movimento che succedesse in Tunisi per fare un buon colpo ed andarsene poi tutti insieme. La casa di quella donna essendo attigua ed appartenendo alla chiesa cattolica, ed avendo anzi una comunicazione interna con quest'ultima, il frate laico di Monsignor Vescovo conobbe tosto quel progetto, venne collo stesso Monsignore a denunziarmelo, e 24 ore dopo, temendo forse che io non pr·endessi misure energiche, fecero altrettanto presso il Console di Francia. È evidente che se il Signor De Beauval mi avesse avvertito prima di convocare la Colonia, nulla sarebbe avvenuto per le misure che io avevo già prese in proposito. Il Signor De Beauval mi disse all'indomani che nel provocare quell'allarme era stato mosso da motivo e da scopo diverso, ma tutti generalmente, compresi non pochi francesi, sono convinti che commise una imprudenza la quale avrebbe potuto recare funestissime conseguenze. La calma e l'energia dimostrata in tale circostanza da questa R. Agenzia fu unanimamente lodata ed altamente apprezzata.

Nella speranza di avere migliori notizie a comunkarle col prossimo corso di vapore...

(1) Cfr. n. 698.

707

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE (1). Torino, 27 aprile 1864.

En apprenant que la régence de Tunis est menacée par des désordres inquiétants pour la sureté des étrangers de diverses nations qui y résident, et pour le maintien des relations commerciales et autres établies entre l'Europe et ·Cette région, le Gouvernement de France (d'Angleterre) a envoyé dans ces.

parages des forces maritimes pour la protection de leurs sujets respectifs, le Gouvernement du Roi a pris la mème mesure. La colonie italienne à Tunis étant nombreuse et représentant des intévets d'une importance considérable, le Gouvernement du Roi a du pourvoir avec toute la sollicitude nécessaire à la sureté des personnes et des propriétés de nos nationaux: Notre Consul a reçu en conséquence l'ordre de faire débarquer au besoin une partie des équipages des bàtiments italiens, pour la protection de la Coloni.e, et de prendre avec les Consuls de France et d'Angleterre les accords convenables pour cette opération éventuelle et pour les mesures analogues que ses deux collègues croiraient nécessaires dans le mème but. Le Gouvernement français (anglais) étant intéressé aussi bien que nous au maintien de l'ordre et de la sùreté publique à Tunis, j'espère qu'il ne verra aucune diffi.culté à s'entendre avec nous pour les dispositions à arrèter, et je vous charge, M. le Ministre, de faire immédiatement auprès du Gouvernement de S. M. lmpériale (Britannique) les démarches convenables pour déterminer cette entente.

(1) A Londra il dispaccio venne inviato col n. 6 e a Parigi col n. 31.

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. CONFIDENZIALE l. Torino, 27 aprile 1864.

Viste le notizie date' dalla S. V. sullo stato politico attuale a Tunisi. Considerato il pertcolo che può correre la numerosa colonia italiana, ed ogni interesse europeo ·costì.

Contemplata l'opportunità di valersi della circostanza per definire in modo conforme agli intevessi generali nostri ed europei le questioni che sono da varii anni pendenti col Bardo, e

Tenuto calcolo dell'attitudine presa dalla Francia e dall'Inghilterra in questa grave emergenza, il Governo del Re, senza avere di mira alcuno scopo di particolare esclusivo vantaggio nella Reggenza, ha già spedito costì, sotto gli ordini del Cav. Acton una Fregata, ed una Corvetta, ed ora invia la Maria Adelaide, il Duca di Genova, e la Magenta sotto gli ordini dell'Ammiraglio Albini.

Il Sotto Ammiraglio ha istruzioni di conformarsi alla richiesta della S. V. Illustrissima circa l'azione che egli avesse ad eserdtare colle RR. Forze in codeste acque, e paese.

La S. V. si terrà in comunicazione costante coi Consoli di Francia e di Inghilterra, e farà loro ·conoscere che ha l'ordine di far sbarcare le forze italiane contemporaneamente alle Francesi ed Inglesi per azione concorde, qualora lo stato delle cose a Tunisi imponesse la necessità di rigore.

Il Ministero non dubita che la S. V. Illustrissima nei rapporti coi colleghi, col Comandante, e col Bardo darà prova di tutta l'assennatezza e di quella fermezza e dignità, che assicurino a Lei l'affezione e la stima di tutti,

669·

e convertano a successo fortunato di patrio e generale vantaggio la crisi purtroppo dolorosa, in cui il paese nell'attuale momento si trova.

Gradisca i sensi della distinta mia considerazione, e con essa l'approvazione della condotta tenuta da V. S. in questo grave affare cui si riferiscono i di Lei rapporti 21 aprile, l'uno confidenziale, e l'altro col n. 56 Affari in genere (1).

709

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL VICEAMMIRAGLIO ALBINI

D. 68 bis. Torino, 27 aprile 1864.

Conosce la S. V. quanto considerabili sono gli interessi italiani nella Reggenza di Tunisi. La Goletta, Susa e qualche altro porto sono annualmente visitati da qualche centinaio di nostre navi mercantili, e da 4 a 6000 italiani sono domiciliati nella Reggenza. Il valore complessivo delle proprietà italiane mobHi, ed immobili a Tunisi è enorme: è grande a Susa, e rilevante in altre località, e potrebbe a dismisura aumentarsi il traffico se il paese godesse il beneficio d'ordine e di civiltà.

Ma gli interessi italiani, ed europei in generale sono adesso in quella Reggenza seriamente minacciati per una insurrezione delle Tribù dell'interno, che si avanzano contro la Capitale, ed alla data delle ultime notizie non erano poco discoste.

Per ovviare al grave pericolo derivante da questo stato di cose la S. V. Illustrissima riceve ordine da S. E. il Ministro di Marina di partire per Tunisi con forze nuove, ed accrescere la potenza d'azione della squadra già precedentemente inviata col Cav. Acton.

La S. V. assumendo il comando superiore delle forze italiane assicura alla nostra bandiera rispetto e dignità. Ella si porrà in rapporto immediato col R. Agente e Console Genemle a Tunisi, Sig. Cav. Gambarotta, a cui vorrà comunicare dopo d'averne preso esatta notizia, l'unito dispaccio, ond'egli sia indubbiamente edotto delle intenzioni del Ministero anche nel caso che fosse in ritardo o smarrito l'altro esemplare dello stesso dispaccio, che oggi gli dirigo col mezzo della posta. In pari tempo vorrà significare allo stesso Signor Console la di Lei spontaneità di concorso a sua richiesta, e dargli pure notizie di quanto fosse conveniente che egli conosca per meglio procedere e deliberare.

La S. V. nell'agire d'accordo col R. Console, e coi comandanti delle forze Inglesi e Francesi, avrà costantemente di mira che il Governo del Re non tende ad assicurarsi speciali vantaggi nella Reggenza, ma ad esservi partecipe della legittima influenza, che in paese sì vicino, e dove sono sì grandi i nostri interessi, deve competere alla nazione italiana, ma poichè la circostanza può essere opportuna ad ottenere dal Bardo la fortunata soluzione di molte controversie da lunghi anni pendenti, le quali Le saranno esposte dal

R. Console, così la di Lei presenza nella rada della Goletta, e l'uso eventuale

delle forze italiane, potranno ottenere risultanze di positiva utilità. Nella complicazione generale però delle politiche cose, e nella concorrenza degli interessi Francesi ed Inglesi a Tunisi, per cui ragguardevoli forze di quegli Stati furono subito rivolte alla Goletta, egli è rigorosamente necessario che la

S. V. non solo si mantenga con quei Comandanti in ottimi rapporti ufficiali e privati, ma agendo nello stesso modo di essi, non proceda da solo ad atti politici o militari di maggior rigore o di diversa specie, nei quali potrebbe per avventura mancarle l'immediato e successivo concorso degli altri Comandanti. In una parola l'Italia volendo tutelare a Tunisi i proprii interessi e l'influenza legittima, riconosce appieno lo stesso diritto negli alleati suoi e non ama d'esercitare azione singolare per esclusive utilità.

(1) E' edito solo il rapporto confidenziale al n. 698.

710

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 3. Belgrado, 27 aprile 1864 (per. il 3 maggio).

Spero che saranno pervenuti regolarmente a V. E. i miei ,telegrammi dell'U, 14 e 16 andante (1) non pertanto oso pregarla d'un cenno di ricevuta.

L'Ambassadeur de Russie a écrit à son Consul que la Sublime Porte s'est plainte qu'ici il y a 300 et plus émissaires italiens qui intriguent, et que moi je fais une active propagande révolutionnaire. Il demande éclaircissements. Consul répondu étre complètement faux et fait éloge flattant de ma con-: duite. Je pense que c'est l'Autriche qui a fait croire ces propos frivoles à la Sublime Porte. La Commission Turco-Serbe pour les indemnités pour l'expropriation des biens Musulmans est plus loin que jamais de s'entendre ici, et on prétend méme dans l'intérieur du pays il y a quelque peu de mécontentement contre le Ministère mais surtout contre celui de l'Intérieur; mais dans quelques jours je serai à meme de dire à V. E. au juste l'état des esprits dans l'intérieur. Il ne faut pas se le dissimuler, l'Autriche et la Sublime Porte travaillent beaucoup pour organiser un mouvement contre le Princ,e Miche!.

711

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 437. Londra, 28 aprile 1864, ore 17 (per. ore 18,45).

Les neutres se réunissent aujourd'hui pour discuter la proposition anglaise d'appuyer les négociations par une démonstration navale. Le fin mot de la chose étant que l'Angleterre redoute que si les danois refusent de lever le blocus, la flotte autrichienne ne vienne agir dans la Baltique, ce qui rendrait

671,

l'intervention anglaise inévitable. La France n'est pas disposée à entrer dans les vues de l'Angieterre ni à s'associer à l'i'rritatton de lord Palmerston contre Ies allemands qui est extreme. Les prussiens se sentant forts de la neutralité de la France redoublent de jactance {1).

(1) E' edito al n. 688 il solo telegramma del 16 aprile.

712

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 172. Torino, 28 aprile 1864, ore 21,45.

Le ministre de l'intérieur vous prie de lui dire si Garibaldi s'est embarqué seui sur le yacht du due de Sutherland, ou si il est accompagné des memes individus qui I'ont suivi en Angleterre. Il désire aussi savoir si le yacht se rendra directement de Gibraltar à Caprera.

713

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 57/29. Londra, 28 aprite 1864 (per. l'1 maggio).

Garibaldi lasciò l'Inghilterra stamane essendosi fermato a Falmouth la notte stante lo stato burrascoso del mare e qualche cosa da metter·e in assetto a bordo della nave. Egli s'imbarcò ieri mattina e parea nell'ultimo giorno di v~aggio talmente sfinito dalle fatiche, dalla persecuzione incessante dell'ammirazione e dagl'indirizzi a ricevere che quando giunse dal Peard svenne. A dir la verità quel giorno il viaggio, compresa la visita alla Flotta, durò dalle 8 del mattino alle due e mezzo dopo la mezzanotte.

L'esperienza di quell'ultima gita ha fatto capire a Garibaldi che realmente se avesse dovuto prolungarsi per tre settimane, era cosa impossibile.

Il suo sistema nervoso sembra ne abbia avuto tale scossa che l'indomani del suo arrivo dal Peard fu osservato per la prima volta in uno stato d',irritabiHtà mentale di cui non avea dato segno ancora e che rendeva come impossibile il tener discorso con lui.

Il Yacht del Duca di Sutherland, Ondine, dovea lasciar Falmouth stamane per i1 Mediterraneo allo spuntar del giorno.

Così termina questo incidente di cui tanto s'è parlato e di cui molto più si parlerà ancora. I Partiti già si agitano per cavarne quel maggior frutto che potranno. Sarebbe dunque ridicolo il negare che oltre ai fatti che trasparirono altri non esistano che ancora non si son potuti scoprire. Ma credo ad un tempo che sia da prevedersi che tra il solito introdursi di falsità e il magnificare la verità, ,senza contare la necessità per molti di non prestar fede a quanto si presenta sotto forme naturali e semplici, frequenti saranno le esagerazioni ed i totali errori.

(1) La stessa situazione politica venne diffusamente illustrata dal D'Azeglio con il rapporto 56, pari data, che_ non si pubblica.

714

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 449, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 28 aprile 1864 (per. il 2 maggio).

Le grand-due de Bade m'a dit hier qu'il se félicite de la continuation de très bons rapports entre l'Italie et Bade, de la communauté de vues sur les principes des nationalités; qu'il fallait persévérer à tout prix dans la politique natilonale pour la solution des questions européennes. S. A. est très satisfait de l'attitude de la France envers l'Allemagne. J'ai lieu de croire rapprochement sensible s'est opéré dans ces derniers jours entre la Prusse et Bade.

715

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 40. Parigi, 28 aprile 1864.

Mi pervenne ieri il telegramma (2) con cui l'E. V., annunziandomi che il Governo del Re spedisce a Tunisi legni da guerra per la tutela della vita e della proprietà dei cittadini l·taliani colà residenti, mi esprime la fiducia che il Governo francese vorrà, nelle gravi circostanze in cui trovasi quel paese, concertarsi col Governo del Re intorno alle misure da prendersi allo scopo di proteggere i comuni interessi Europei.

Ebbi oggi a tal proposito una conversazione col Signor Drouyn de Lhuys.

•Questo Ministro mi disse che era stato spedito ordine all'Agente francese a Tunisi di intendersi col R. Console Generale per tutte le misure da prendersi .e gli era stato anche specialmente raccomandato che nel caso in cui il Governo Italiano non avesse spedito bastimenti da guerra, la protezione della forza francese colà spedita fosse estesa a benefizio dei nazionali Italiani.

Finora però il comandante francese non ebbe ordine di effettuare uno sbarco.

716

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM

(Copie Artom)

L. P. Parigi, 28 aprile 1864.

Ho letto la lettera di Lamarmora. Parmi che quanto esso propone sia savio. Un'irruzione repentina nel territorio pontificio per parte delle nostre truppe ci creerebbe qui imbarazzi serii. Ciò non può farsi che all'ultimissima estremità, e in ogni caso si dovrebbe lealmente prevenirne il governo francese. Non posso

fl) Al r. 15.

quindi che approvare senza restrizione quanto Lamarmora propone, cioè di

iniziare esso stesso una pratica diretta con Montebello nel senso indicato nella

sua lettera.

Fammi il favore di mandarmi una copia del 1° e 2° volume dei discorsi

di Cavour. Ti prego poi di dire a Visconti che mi farà cosa grata se mi riman

derà Ressmann il più presto che potrà.

P. S. -Fammi il favore di dtre confidenzialmente a Pasolini, che Fleury ha ricevuto con sorpresa una sua lettera politica per la via della posta. Teme che sia stata letta. Così almeno mi disse Vimercati a cui Fleury stesso ne parlò. Fleury è ambizioso e astuto. Non ama compromettersi; nè lo credo uomo di convinzione. Non credo sia cosa prudente lo aprirsi troppo con lui. È un utile strumento ma vuol essere maneggiato con abilità e con riserva. Ti dico queste cose, perchè giungano a notizia di Pasolini, e perchè servano a lui solo. È bene anche che sappia che il personaggio non è di una discrezione a tutta prova, e ne ha un esempio nella confidenza fatta a Vimercati, il quale non pare nemmeno esso di prudenza soverchia.

(2) Non pubblicato, ma cfr. il dispaccio dello stet~so tenore edito al n. 707.

717

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 440. Londra, 29 aprile 1864, ore 17,08 (per. ore 19,10).

La Prusse répond insistant sur suspension blocus; en ce cas accepte armistice. Danemark objecte sur abolition blocus et préfère suspension d'armes simple jusqu'à ce que conditions paix soient connues. La réunion partielle d'hier a conclu, d'après avis de lord Clarendon, à ne rien faire sans avoir pesé les conséquences envoi des flottes et interpellé formellement l'Autriche sur ses intentions finales en l'informant du danger qu'elle attirerait sur elle en pénétrant dans la Baltique.

Le second fils de Garibaldi a été trop souffrant pour continuer par mer

et il est revenu hier au soir, ils partiront tous ce soir ou demain.

718

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 450, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsmhe, 29 aprile 1864 (per. il .2 maggio).

J'ai reçu la dépeche de Cabinet n. 6 et son annexe, mon annexe du 28 et celui du 27 y répondent en partie (2). J'ai communiqué aujourd'hui verbalement à M. Roggenbach les considérations dévelo.ppées par V. E. qu'il a trouvé justes; il m'a dit que la situation ne fait à peine que se dessiner !mais il est d'avis que les intérèts qui se rattachent à la question dana-allemande et à la

conférence étant opposés la divergence des vues et des aspirations des pui,ssances intéressées se fera jour au fur et à mesure que les intérèts réciproques se trouvent en présence, et produ1ra des éloignemens et des rapprochemens dont il est difficile prévoir la portée; en attendant il est avéré que la Prusse sans avoir fait des démarches officielles s'est rapprochée de fait de la politique française-allemande sur la question dana-allemande tandis que l'Autriche parait s'en éloigner davantage. La Russie ayant fait connaitre qu'elle s'opposerait à ce que les duchés fussent consultés, M. de Bismarck a fait répondre qu'il s'étonne d'une telle opposition de la part d'une puissance qui a reconnu l'application de ce principe en Italie et l'avait favorisé en Grèce. Un paragraphe d'une lettre politique recente d'un personnage autrichien dit: • nous avons commis une faute de nous aliener le sentiment de l'Allemagne, d'autant plus grave aujourd'hui que nous ne pourrons guère la réparer », M. Roggenbach m'a dit que pour son compte il serait bien aise dans l'intévét allemand que la Prusse put gagner dans le conflit Danois-Allemand camme en toute occasion une puissance morale et politique plus grande. S. E. m'a dit qu'il tàcherait d'envoyer le baron de Schweitzer à Turin le plus tòt possible.

(1) -Al r. l. (2) -Cfr. nn. 704 e 714. L'annesso del 27 non si pubblica.
719

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 446. Londra; 1 maggio 1864, ore 15,10 (per. ore 16,25).

Le ministre des affaires étrangères autrichien interpellé avec insistance quant à la destination de la flotte autrichienne qui prend chaque jour des proportions plus considérables a répondu d'une manière évasive en répétant ses premièves déclarations mais ajoutant qu'on ne pouvait prévoir ce que

l'on serait dans le cas de faire. Il est plus question que jamais de faire prendre à la flotte anglaise attitude d'observation.

720

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. 1 maggio 1864.

L'idea che mi accennate nella vostra del 2,3 (1) deHa quale vi ringrazio mi par che possa essere effettuabile e fruttuosa: specialmente se come indicate non gli si dà apparecchio nè importanza nel pubblico. Oramai il Papa mi pare che ci lasci del tempo a fare le ,cose nostre. E quindi se voi fate una corsa a Torino nel Giugno sarà quello il momento di discuterla, e di combinarla.

Due diverse voc:i corrono sulla destinazione di Garibaldi. V'ha chi dice che il duca di Sutherland lo farà passeggiare pel Mediterraneo e sino a Costantinopoli

tanto che passino due mesi. Questa voce si dà segretissimamente. Io non la credo; e credo invece che andrà a Caprera. Da tutti i l'agguagli che abbiamo avuto si deduce 1° che quei signor,i inglesi si erano spaventati essi medesimi della piega che prendevan le cose e del movimento democratico che la presenza di Garibaldi nelle provincie avrebbe suscitato onde lo hanno rimandato. 2f> Che gli hanno dato grandi consigli di moderazione e di prudenza, ai quali esso non ha mai risposto nè sì nè no. 3° Ch'egli vagheggia di rientrare nella vita attiva con qualche impresa: ma non gli sorride punto quella che Mazzini prepara, cioè una escursione e insurrezione nel Tirolo, nel Cadore, nel Friuli. Pare che Garibaldi lo abbia dissuaso da ciò, ma senza frutto. Restarono entrambi nella loro opinione. Il che non impedisce che se Mazzini riesce a far qualche cosa, strascinerà Garibaldi. Quanto al Governo la sua attitudine e la sua politica è perfettamente delineata. Noi faremo ·tutto il possibile per impedire che nel Veneto sorgano insurrezioni, perchè dallo Stato vadano uomini ed armi a tal fine. Se Mazzini o Garibaldi tentano qualche cosa contro le leggi nello Stato, noi siamo decisi sin dal primo sintomo di reprimerlo energ,icamente. L'iniziativa delle imprese italiane non può spettare altro che al Re e al suo Governo.

Io desidero che qualche bella occasione sorga in Europa perchè il Governo italiano ne profitti, ma dubito per quest'anno che questo desiderio si avveri. Passò di qui la gentilissima duchessa di S. Arpino, e parlammo di voi cordialmente. Ora sarà a Londra.

(1) Cfr. MINGHETTI, La convenzione di settembre, cit., pp. 25-27.

721

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

"T. 453. Londra, 3 maggio 1864, ore 11 (per. ore 13,10).

Lord Palmerston a déclaré hier à l'ambassadeur d'Autriche qu'au prix de donner sa démission si la flotte autrichienne allait dans la Baltique elle serait .suivie par la flotte anglaise pour empecher ses opérations. L'ambassadeur de Autriche parut très impressionné et a ajouté que la chose étant ainsi la flotte n'~rait pas. Lord Palmerston a annoncé cela à ses collègues ajoutant qu'en <:as de désaccord était prèt à se retirer. Les ministres ont été surpris (1).

722

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 459. Londra, 4 maggio 1864, ore 15,05 (per. ore 16,50).

Lord Palmerston a raconté à un de ses parents hier que dans sa conversation dimanche avec le comte Appony il lui avait donné comme positif <!Ue complications avec l'Autriche dans la Baltique amèneraient une escadre .anglatse devant Tr1este.

(1) Il colloquio Palmerston-Apponyi venne riferito con maggiori particolari anche con -un rapporto pari data che non si pubblica.

723

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 4 maggio 1864.

Ebbi l'onore di ricevere il Dispaccio (Gabinetto) (1) non che la lettera particolare che l'E. V. mi ha indirizzati in data 27 Aprile.

Avrà rilevato dal mio Dispaccio telegrafico in cifra in data d'oggi che la mia condotta tanto al Bardo, quanto presso i Consoli Generali di Francia e d'Inghilterra fu precisamente quella che V. E. mi indicava colla precitata di Lei .corrispondenza, anche prima dell'arrivo delle ultime tre RR. Fregate. Il Governo del Re può dunque ritenere pe,r positivo che in caso di necessità le forze italiane sbarcheranno contemporaneamente alle francesi ed inglesi per azione concorde in difesa della città e degli ·europei.

Eguale accordo non esiste però tra il Signor De Beauval ed il Signor W ood, ·Come ebbi già ad informarne l'E. V. coi m,iei precedenti Rapporti, relativamente ai consigli. ed alle determinazioni da suggerirsi al Bey nelle presenti ,critiche e difficili ·Contingenze, per cui agiscono ambidue separatamente, e con qualche mal umore reciproco.

Il Signor De Beauval, accompagnato dal Vice-Ammiraglio, dal personale .del Consolato e da diversi Ufficiali, chiese Giovedì scorso in modo esplicito la dimissione del Kasnadar, e ciò in presenza del Kasnadar stesso, giacchè

S. A. non permise che si ritirasse come il Signor De Beauval ne aveva dimostrato il desiderio. Il Bey domandò quali erano le colpe del suo Primo Ministro, ed il Signor De Beauval rispose che tutti rimproveravano al Kasnadar di essersi smisuratamente arricchtto, mentre H paese divenne povero, e che quando un Uomo riduce uno Stato nella posizione in cui trovcas,i oggi la Reggenza, deve ritirarsi spontaneamente, oppure deve essere Hcenziato soprattutto a fronte degli avvenimenti presenti. S. A. rispose che il Kasnadar aveva sempre eseguito i suoi ordini, e che gli riuscirebbe cosa assai difficile il trovare un Uomo -capace di surrogarlo. Un Colonnello francese avendo in quel momento indirizzato al Kasnadar alcune parole poco urbane ed assai concitate, il Bey si levò e rientrò ne' suoi appartamenti da una porta che aveva dietro di sé, e ,così ebbe fine quell'Udienza pesantissima per tutti.

Il Signor Wood, fu sempre favorevole così al Governo Tunisino in generale, come al Kasnadar in particolare col quale si trovò costantemente in ottimi anzi intimi rapporti. Infatti alla vigilia dell'attuale movimento il Signor Wood, di ritorno da un viaggio a Susa, Monastir, Sfax e Gerba, decantava pomposamente l'amministraztone tunisina sostenendola pari alle europee, al punto che avendo voluto spingere troppo oltre il panegirico, dovette poi soffrire una smentita che gli fu data in casa mia ed in presenza della mia famiglia da persona franca, indipendente ed usa a chiamare gli uomini e le cose col loro proprio nome. Eppure il Signor Wood aveva ricevuto alla Costa alcune

deputazioni di arabi e di beduini riclamanti contro le esorbitanze del Governo ed imploranti il suo intervento per rimedi: resi ormai necessari ed urgenti.

Le incomplete e poco chiare concessioni fatte dal Bey furono così consigliate dal Signor Wood, il quale divide cogli uomini del Bardo l'opinione che la presente burrasca possa dileguarsi a poco a poco senza ulteriori atti di debolezza. Intanto il Signor Wood ricevette ordine di non opporsi all'abolizione della Costituzione tunisina; dichiarò la sua non opposizione con una lettera che indirizzò al Signor De Beauval Venerdì sera, ma protestò contemporaneamente al Bardo ,contro qualunque atto tendente a diminuire la forza della recente Convenzione Anglo-Tunisina. Come possa essere abolita e cadere la Costituzione senza seppellire la Convenzione, il Signor Wood non lo dice, e su ciò il suo silenzio è a mio avviso molto opportuno. Dunque il Console d'Inghilterra non è, e non sarà d'accordo con quello di Francia sui consigli da dare e far accettare al Bardo. È un fatto però che se tale accordo esistesse, e che se i Consoli di Francia, di Inghilterra e d'Italia poponessero unanimi una soluzione (fosse anche compresa la dimissione del Kasnadar) il Bey l'accetterebbe, ed il paese sarebbe forse a quest'ora già pacificato; ma è una fatalità dolorosissima che l'antagonismo delle due grandi Potenze Occidentali abbia a produrre serie conseguenze in tutti i paesi ove scoppiano avvenimenti politici di qualche importanza.

L'E. V. vedrà facilmente che l'attitudine discorde di questi miei due Colleghi rende più delicata e più difficile la mia posizione, a fronte anche delle ultime istruzioni favoritemi. Io vedo sovente così il Signor Wood come il Signor Beauval, ed ambedue vengono da me con qualche frequenza; sono d'accordo con entrambi sull'azione concorde da esercitarsi il:! caso di necessità, ma poi sulla questione delle misure da consigliar,si al Bey io mi accosto assai più all'opinione del Signor De Beauval che a quella del Signor Wood. V'ha un ragionamento molto semplice ed evidente che condanna l'amministrazione del Kasnadar. Negli ultimi momenti del Regno di Ahmed Bey (1855) il Governo tunisino aveva sotto le armi 30.000 soldati di fanteria, 4000 tra Cavalleria ed Artiglieria, e 2000 uomini di marina tutti regolarmente pagati; aveva vapori ed altri legni da guerra in buonissimo stato; mandò un contingente di

10.000 uomini in Crimea; non esisteva la gravosissima imposta del testatico; furono costrutti quattro grandi stabilimenti tra palazzi e caserme; tutti gli iJmpiegati erano puntualmente pagati; eppure Ahmed Bey, prodigo di regali principeschi, non solo non lasciò alla sua morte un centesimo di debito, ma si trovò dippiù il tesoro dello Stato ricco di numerario e di pietre preziose. Oggi invece il Bey di Tun1si non ha che 3.000 soldati 1a maggior parte sbandati e non pagati da un anno; gli impiegati civili avanzano 14 mesi di paga; ag,giunse a tutte le altre imposte quella oneTosissima del testa,tico che percepì durante tre anni; di opere pubbliche non fece che il Canale conduttore delle Acque in Tunisi; deve a tutti i Negozianti per forniture (non parlo dei debiti dei Principi) eppure non ha un soldo in cassa e per sopra mercato ha un debito di, 45 milioni di franchi!...

S. A. il Bey mi fece chiamare Sabato al Bardo, e dopo avermi parlato del Colloquio avuto col Console di Francia e della scena che vi pose termine, mi chiese il mio parere e la mia opinione sugli avvenimenti etc. etc. Risposi che non è intenzione del Governo del Re di immischiarsi nella politica interna del paese, ma che non può vedere con occhio indifferente i gravi avvenimenti successi in questi ultimi giorni, i quali minacciano la tranquillità, gl'interessi e la sicurezza degli Italiani stabiliti nella Reggenza. Come Capo e protettore della più numerosa ed importante colonia europea in Tunisi reclamai quegli atti di deferenza e di volonterosa sollecitud,ine cui il Consolato d'Italia ha diritto ne' suoi rapporti amministrativi e ·Contenziosi col Bardo pel pronto disbrigo degli Affari. Ripetei poi quanto avevo già detto al Bardo altra volta, doè che l'Amministrazione era considerata generalmente e riconosciuta viziosa tanto nella sua organizzazione quanto nella pratica, e terminai col chiamare la seria attenzione di S. A. sulla necessità di fare più ampie e più esplicite concessioni per ricondurre la calma in mezzo alle sue popolazioni grandemente agitate. Il Bey mi ringraziò molto di questo linguaggio franco, leale ed amichevole, e mi rhmovò ringraziamenti reiterati per avergli concesso con prestezza il Vapore postale italiano per prendere truppe in Susa.

• Il Consolato d'Italia, aggiunse, mi rese in questa circostanza un servizio di cui conserverò eterna memoria, e spero dimostrargli presto tutta la mia riconoscenza. Bisognerebbe ch'io fossi cieco, per non vedere, dopo i fatti successi, che sono necessarii dei cambiamenti importanti nell'amministrazione del paese •.

Come V. E. vede io mi ,astenni dal nomilnare gli Uomini che dovr,ebbero essere allontanati dal Potere, ed il Kasnadar mi seppe buon grado di tale mia astensione al punto che mi mandò a ringraziare la sera del giorno stesso da una persona a lui pienamente devota. Sapendo che il Signor De Beauval aveva tanto insistito e voleva insistere maggiormente più tardi per la dimissione del Ka:snadar, io avrei fatto un atto impolitico se mi fossi pronunciato esplicitamente contro quest'ultimo quando anche le mie istruzioni me lo avessero permesso, tanto più che il Bey si dimostra ora più deciso di prima a conservarlo al suo posto. Sono poi inoltre pienamente convinto che quand'anche ulteriori e più seri: avvenimenti venissero a costringere S. A. a separarsi dal suo Primo Ministro, questi non rimarrebbe per ciò meno il solo suo Consigliere e Direttore, sebbene non apparente, di tutta la sua politica.

A fronte dell'attitudine sempre ostile dei Beduini, e della fermezza del Bey nel voler conservare il Kasnadar al Potere, io non devo nascondere alla

E. V. che possono succedere torbidi talmente gravi da mettere in più prossimo e più serio pericolo la vita degli Europei e quella dello stesso Bey, e da necessitare una occupazione della Reggenza dal1e forze combinate della Francia dell'Italia e dell'Inghilterra. Finora i Beduini del Kirouan non dimostrarono intenzione determinata di mardare contro il Bardo e quindi sulla Capitale, ma possono farlo da un momento all'altro, e dalle qui annesse copie di corrispondenze recentissime (1) l'E. V. rileverà quanto sia prudente il prepararsi ad agire. Anche in Tunisi avvennero jeri sera alcuni fatti provocanti di musulmani contro israeliti indigeni, oggi o domani possono ripetersi contro israeliti

europei e forse anche contro Cristiani, ed allora avrà principio una lotta che non potrà non avere le più funeste conseguenze. Io sono pertanto d'avviso che non si debba ritardare a stabilire accordi di una occupazione eventuale della Tunisia fra Torino, Parigi e Londra nello scopo principale di salvare la colonia europea e di mantenere sul trono la famiglia Regnante, lasciando da parte la questione d'influenza politica che divide i Signori De Beauval e Wood.

Fregandola infine di volermi continuare consigli ed istruzioni...

(1) Cfr. n. 708; la lettera particolare non è pubblicata.

(1) Non rinvenute.

724

IL REGGENTE IL CONSOLATO A SERAJEVO, DURANDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 493, ANNESSO CIFRATO (1). Serajevo, 6 maggio 1864 (per. il 14).

La correspondance du journal serbe Dermk a fort exagéré; on fit inserire· les musulmans comme Bachibouzouks avec l'ordre de se tenir rprésents, le nombre ne peut pas ètre supérieur à 25 mille hommes. Le Gouvernement répandait le bruit que la Serbie voula.it assaillir la Bosnie; je crois que ·cela fut une manoeuvre pour exciter le fanatisme turc et arriver indirectement à établir la conscription militaire en Bosnie. En effet on a assemblé les principaux beys et l'on a obtenu de former un régiment régulier lequel restera sous les armes un an et ne sortira pas de la Bosnie. Maintenant tout est tranquille. Dans le cas d'une guerre les musulmans bosniaques se rangeraient avec le Gouvernement comme soutiens de la religion, les chrétiens s'insurgeraient difficilement et seulement à l'aide d'une invasion en Bosnie; ils ont trop peur des Tures. Les chrétiens d'Herzégovine s'insurgeraient au moindre appui. En Bosnie aussi bien qu'en Herzégovine on a plus de confiance dans le Monténégro que dans la Serbie. L'Autriche n'en est pas aimée; les slaves fort arriérés, turbulents, travaillent à relever les musulmans, leur faire oublier la nationalité slave et au nom de la religion s'opposent au mouvement national des

chrétiens. Je viens d'apprendre à l'instant qu'on a appelé trois mille Bachibouzouks et qu'ils seront échelonnés sur la frontière serbe.

725

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 6 maggio 1864.

Io ho regolarmente trasmesso al Signor Drouyn de Lhuys i ragguagli che

ogni giorno mi mandate, sui fatti di brigantaggio che si commettono e si preparano sulla frontiera romana, e chiamai sopra di essi l'attenzione seria.

del Governo francese. Questi ragguagli, mandati a Montebello, furono trovati talmente inesatti, che Montebello scrive non poterli pigliare sul serio. Vi prego quindi di voler esaminare e far esaminare attentamente, prima di mandarmeli, i rapporti dei Prefetti e dei Sottoprefetti. Salvo il caso in cui. si tratti di fatti gravi e certi, non sarei d'avviso che m'incaricaste di farne oggetto di comunicazione e di conversazione ufficiale. Il Signor Drouyn de Lhuys dietro consiglio, credo, di Montebello, proposemi egli stesso che i comandanti militari rispettivi si diano in comunicazione queste specie di ragguagli, e trattino direttamente il da farsi. Sarebbe quindi bene che i Sottoprefetti e Prefetti comunicassero alle nostre Autorità militari le informazioni di cui si tratta, invece di far loro percorrere l'immenso giro del Ministero dell'Interno, del Ministero degli Affari Esteri di costì, della Legazione, del Ministero degli Affari Esteri di qui, dell'Ambasciata francese a Roma e del Comando d'occupazione.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi narrò oggi ciò che s'era passato nella conferenza di ier l'altro. Mi disse che disapprovava la condotta dei Plenipotenziar~i tedeschi, i quali, invece d'accettare, avevano preso ad referendum. la proposta del Conte Russell; proposta che in fondo non era se non la riproduzione della proposta tedesca del 7 marzo. Soggiunse che s'em lagnato con Goltz delle esagerate pvetensioni del suo Governo e che lo aveva impegnato a scrivere a Berlino perchè la proposta inglese fosse accolta senz'altro. Avendogli io fatto notare come, se la proposta venisse rigettata dai tedeschi, l'Inghilterra sarebbe finalmente costretta forse a fare atto di energia, mandando la flotta nel Baltico, il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose che ciò gli sarebbe parso molto naturale. Io gli domandai allora quale condotta terrebbe il Governo francese in questo ,caso. Egli mi replicò: che il Governo francese lascierebbe fare, e non susciterebbe il menomo imbarazzo all'Inghilterra; che la Francia non sarebbe intervenuta, perchè il di Lei intervento provocherebbe una guerra continentale con tutta l'Allemagna; ma che se era nell'impossibilità di esercitave essa stessa la giustizia, avrebbe visto con soddisfazione che questa giustizia fosse esercitata da altri; che l'Inghilterra diventando l'alleata marittima della Danimarca non correva alcun rischio; che anzi ciò la rileverebbe nell'estimazione del mondo, e agli occhi della stessa Allemagna che ora la disprezza; infine che forse questo era n mezzo di far intender ragione agli alleati tedeschi che abusano della forza e del rigore del diritto di guerra contro una Potenza infinitamente più debole. Avendogli io ricordato la teoria delle nazionalità, egli mi disse che se i tedeschi si fossero ristretti entro i limiti del principio di nazionalità, la Francia non avrebbe avuto nulla a dire; ma che appare oramai evidente che questi limiti furono varcati.

(1) Al r. 9.

726

IL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

T. 179. Torino, 9 maggio 1864, ore 13,35.

Le ministre de la marine envoie navire avec des soldats. Je n'ai qu'à confirmer mes instructions précédentes. Le Gouvernement désire que nos nationaux soient efficacement protégés, meme en débarquant les .troupes. Mais s'il s'agit d'intervenir entre les insurgés et le Gouvernement du bey ne faites den sans vous concerter préalablement avec les consuls et les amiraux de France et d'Angleterre.

727

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 9. Torino, 9 maggio 1864.

Da lungo tempo non vi scrivo e devo ringraziarvi della parte che prendeste alla mia sventura. Ponete il mio silenzio sul conto delle mie preoccupazioni e d'una ,specie di torpore morale che m'è. rimasto addosso.

Pepoli ha fatto il suo progetto e lo manderà fra tre o quattro giorni a Parigi. Il progètto è preceduto da una Memoria sul genere di quella pel Congresso e per la quistione Danese. È presso a poco la riproduzione dell'antico progetto del Conte di Cavour colla differenza che si tratterebbe d'un trattato da firmarsi ora e da mandarsi in esecuzione all'epoca della morte del Papa. Del resto lo leggerete quando giungerà a Parigi.

Su questa donnée, ma in modo più generico, faremo la nota che ci avete consigliata. Essa rimarrà, se non altro, come un precedente nella corrispondenza diplomatica su Roma. Avendo qualcosa a dirmi su questo proposito, Vi prego di telegrafarmi.

Ieri Greppi mi telegrafò da Costantinopoli che il Marchese di Moustier era andato da lui per dirgli giungergli notizia da Drouyn de Lhuys che in Italia si fanno arruolamenti pei Principati, che cinquemila individui, sotto veste d'operai, si devono gradatamente imbarcare a Genova per Galatz, per promuovere delle rivoluzioni nei Principati e che la mano dell'Austria non è straniera a tutto ciò. Non occorre che Vi dica che, per quanto trattisi d'arruolamenti si siano fatti per opera d'agenti sospetti allo istesso partito d'azione, pure tutto quest'affare è una fiaba. Mi fece anche senso questa sollecitudine pei nostri cinquemila operai, quando le Messageries Impériales non fecero tutto quest'anno che trasportare fucili e cannoni alle bocche del Danubio.

Ad ogni modo Vi prego di farmi sapere che cosa pensi, o almeno, che

cosa dica il Governo Imperiale su queste minaccie che sembrano abbuiare

l'atmosfera dalla parte de' Principati, se crede che realmente vi siano delle

intelligenze fra l'Austria ·e la Russia in una quistione che si direbbe fatta apposta per separarle, e che realmente l'Austria voglia crearsi de' pretesti per una occupazione dalla quale non saremmo certo noi che la distoglieremmo.

Mi intenderò con Peruzzi perchè le communicazioni sul brigantaggio non facciano il giro che voi lamentate a ragione.

Il Cardinal Morichini fu arrestato per opera d'un Procuratore generale, senza che il Governo ne sapesse nulla. Ora si cel'ca di fare in modo che invece dell'Art. 168 del Codice Penale, se ne applichi un altm che ammette la difesa a piede libero.

Ressman tornerà a p,arigi, appena finiti gli esami, vale a dire fra qualche giorno.

728

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. CONFIDENZIALE 7. Torino, 10 maggio 1864.

Trasmetto alla S. V. Illustrissima copia d'un dispaccio Confidenziale del

R. Console Generale a Tunisi (1). Com'Ella vedrà da questo documento, esiste purtroppo anche colà una divergenza assai raggual'devole di opinioni e di contegno fra H Console Generale Inglese e quello di Francia. In un momento di così gravi torbidi, in cui si tratta non solo dell'esistenza del Governo del Bey, ma della !Sicurezza, della vita e della proprietà della colonta europea, questa lotta d'influenze ha conseguenze assai funeste. Finora il nostro Console Generale si astenne saviamente dall'abbracciare in modo reciso l'opinione del Signor Wood o quella del Signor Beauval: esso si limitò a consigliare al Bey di fare ai ribelli le conce·ssioni opportune, e di riformare convenientemente l'amministrazione del paese. Però esso crede che se i Governi d'Italia, d'Inghiilterra e di Francia non si mettono prontamente d'aceordo per tenere al Bey lo stesso linguagg~o e dargli gli stessi consigli, i disordini ·cresceranno in guisa che sarà ne·cessario far occupare da truppe europee i principali punti dei territorio tunisino. Benchè il Governo del Re sia disposto a proeedere anche a questa misura qualora essa :llosse veramente 'inevitabile, io non credo opportuno ch'Ella prenda per ora rispetto al Governo Inglese l'iniziativa di simili proposte. Bensì mi pare utile ch'Ella abbia una conversazione coi Ministri Inglesi e cerchi di persuaderli a dare al Console Inglese colà istruzioni che si scostino il meno possibile da quelle date dalla Francia e dall'Italia. Sembra che il Signor Wood sia aperto sostenitore del Kasnadar, la cui rimozione dall'ufficio par necessaria per sedare la rivolta. Io ignoro quali motivi abbia il Console Inglese per opporsi a questa domanda del Signor de Beauval, alla quale il nostro Console Generale si è finora associato. Però a giudicare dalle condizioni generali del paese, dal grave malcontento che vi regna, non pare che l'amministrazione attuale possa grandemente lodarsi dei risultati da essa ottenuti. Lettere private di italiani residenti a Tunisi confermano su questo

48 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

rapporto le relazioni del nostro Console Generale. La destituzione d'un Ministro, anche quando non è dimostrata la sua inettitudine, essendo uno dei mezzi più semplici per prevenire o sedare le insurrezioni, io non credo che il Governo inglese preferisca esporsi alla necessità d'una occupazione armata del territorio tunisino anzichè secondare in ciò i desideri della Francia. Tuttavia io raccomando espressamente al Cavalier Gambarotta di non esprimere alcuna opinione circa la rimozione del Kasnadar o la sua conservazione al potere, desiderando conoscere anzitutto i motivi dell'appoggio datogli finora dal Governo Inglese, e le sue ulteriori deliberazioni su questo argomento.

(1) Cfr. n. 723.

729

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 34. Torino, 10 maggio 1864.

Credo opportuno di trasinetterle copia d'un dispaccio del R. Console Generale in Tunisi (1). Ella vedrà dal medesimo quale sia l'attitudine serbata finora dal R. Governo in quella Reggenza. Rileverà pure esservi sfortunatamente disaccordo fra gli Agenti Francese ed Inglese nei consigli dati in questa occasione al Bey. Sarebbe a mio avviso sommamente desiderabile che questo disaccordo cessasse e che i Consoli d'Italia, Francia ed Inghilterra tenessero lo stesso linguaggio e dessero a quel Governo gli stessi consigli. Se poi ciò non si potesse ottenere, io crederei almeno opportuno che il Governo Imperiale ci facesse conoscere le disposizioni che intende adottare per guarentire gli interessi dei sudditi europei i quali reclamano una pronta ed efficace protezione.

730

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINI8TRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 185. Torino, 11 maggio 1864, ore 15,55.

Comte Corti mande de Stockholm (2) que l'alliance entre l'Autriche, la Prusse et la Russie aurait été signée le 22 février. Russie aurait donné son consentement à la séparation des duchés du Danemark. Il serait en outre question de s'opposer à l'unité italienne et d'empécher le développement constitutionnel de l'Allemagne. Ces renseignemens auraient été puisés dans une dépéche du Comte Rechberg qui aurait été interceptée. Gardez ceci pour vous seul, mais tàchez de vérifier l'exactitude de ces bruits, qui coi:ncident avec les autres indications venues de Berlin.

(1) -Cfr. n. 723. (2) -Con annesso cifrato 479 al r. 13 del 4 maggio, per. 1'11, non pubblicato.
731

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 484. Tunisi, 11 maggio 1864 (per. ore 19,35 del 12) (1).

J'ai reçu votre dépèche confidentielle àu 3 (2) et chiffrée du 9 mai (3). Vos ordres seront ponctuellement exécutés en toute cir,constance. Les forces navales italiennes et françaises ont fait cesser les désordres dans tous les points de la cote. Les nouvelles des tribus ,sont bonnes. Plusieurs chefs sont venus demander amnistie au bey; on en attend d'autres après-demain. Le Gouvernement de Tunis agit officieusement auprès des chefs avec des concessions et promesse de concessions futures. Il est presque sùr de réuss1r. Tunis est calme mais l'émigration continue. Le conflit entre le consul de France et le premier ministre est devenu une affaire personnelle. Les troupes françaises ont tenté un débarquement dimanche à l heure de matin, mais la chaine n'a pas été enlevée par l'autorité tunisienne quoique demandé par le vice-consul français de la Goulette. I .e consul français a déclaré cela un malentendu et il déclare encore qu'il ne fera débarquer les troupes françai,ses qu'avec les italiens et les anglais. Une réunion pour un débarquement éventuel aum lieu ce soir au consulat italien entre moi et les consuls anglais et français. Nous sommes déjà presque d'accord de laisser aux amiraux le soin de fixer les points à occuper en cas de danger réel pour isoler le quartier européen. Mes occupations m'empèchent de faire un mpport détaillé.

732

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA,

ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. CONFIDENZIALE 2. Torino, 11 maggio 1864.

Mi è regolarmente pervenuto il di Lei rapporto Confidenziale 4 Maggio (4).

Approvù la condotta da Lei tenuta sinora col Bardo. Il Governo del Re deplora il dissenso che esiste fra il Consolato di Francia e quello d'Inghilterra nelle presenti circostanze. Nei miei dispacci a Parigi ed a Londra io ho cercato di persuadere i Governi di Francia e d'Inghilterra a mettersi prontamente d'accordo, vista l'urgenza di provvedere alla tutela efficace della colonia europea. Ho incaricato il Marchese d'Azeglio di far sentire confidenzialmente a Lord Russell che l'opposizione del Signor Wood alla rimozione del

Kasnadar non mi pareva conforme alle esigenze della situazione. Tuttavia

non credo opportune di prendere l'iniziativa della proposta d'una occupazione

militare, finchè non sia apertamente dimostrata l'urgenza di questo grave

provvedimento.

Col dispaccio telegrafico speditole il 9 corrente (1) e che a quest'ora debbe esserle pervenuto io Le confermai le istruzioni già date. Accennai inoltre sommariamente quale fosse il pensiero del Governo circa il contegno che Ella dovrebbe tenere qualora la situazione della Reggenza e quella sopratutto della città di Tunisi divenisse peggiore. Quando si tratti esclusivamente di proteggere la vita e gli interessi dei sudditi italiani, Ella ha facoltà di procedere, d'accordo cGl Vice AmmirogliG Albini, ad uno sbarco di quella parte degli equipaggi a ciò destinati che l'Ammiraglio crederà necessaria. A questo intento il Ministro della Marina spedirà pure delle altre truppe a disposizione del Vice Ammiraglio. Avvenendo l'ipotesi che ora prevedo, la S. V. Illustrissima dara nel modo più cortese semplice comunicazione dei provvedimenti da Lei ordinati, ai Consoli di Francia e d'Inghilterra.

Quando si tratti invece d'intervenire fra il Bey, il suo Governo e gli insorti, Ella avrà cura di procedere con accordi preventivi coi Consoli di Francia e d'Inghilterra.

Finchè il Signor Wood non abbia ricevute altre istruzioni circa il Kasnadar, o non mi siano stati comunicati da Londra i motivi per cui il Governo Inglese persiste a volere il mantenimento di quel Ministro al potere Ella continuerà a serbare su tale argomento quella prudente riserva che ha tenuto finora.

Rimangono a prevedersi due casi:

Quello cioè in cui il Bey stesso personalmente richieda a codesta R. Agenzia e Consolato Generale di procedere :ad uno sbarco di truppe pel mantenimento dell'ordine, e quello in cui questa misura sia richiesta per la difesa non della colonia, ma di quella d'altri sudditi europei.

Nel primo caso Ella avrà cura d'assicuransi che la richiesta procede dal Bey, e dopo averla ottenuta per iscritto, la comunicherà officialmente ai Consoli Francese ed Inglese. Qualora l'urgenza della cosa sia veramente dimostrata, potrà aderire all'istanza del Bey spiegandone i motivi ai suoi Colleghi. Naturalmente Ella trarrà profitto di questa circostanza per ottenere dal Bey la promessa per iscritto che tutte le questioni attualmente pendenti fra il suo Governo ed il Consolato Generale saranno immediatamente favorevolmente risolte.

Nel secondo caso, Ella potrà pure per ragioni d'umanità e per quella solidarietà che deve esistere fra tutte le colonie europee in Barbaria, procedere d'accordo e meglio sulla domanda del Console della Potenza interessata ad uno sbarco di truppe. Ma anche in questa ipotesi avrà cura di dar comunicazione dei motivi di questo provvedimento, motivi che devono essere ben fondati e da Lei conosciuti per tali, al Signor di Beauval ed al Signor Wood.

Non dubito ch'Ella saprà nelle presenti ·circostanze condursi con quella prudenza e fermezza che valgano a crescere il prestigio del Governo Italiano in codesta Reggenza senza destare la gelosia delle Potenze nostre amiche ed alleate.

(1) -Il documento venne trasmesso telegraficamente da Cagliari alle ore 10,12 del 12. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 726. (4) -Cfr. n. 723.

(1) Cfr. n. 726.

733

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 11 maggio 1864.

Rouher vous prie de ne r1en faire pour La Note à Drouyn. Dans ce moment il faut laisser la lutte se décider. Le discours que Rouher a fait hier à la Chambre a amélioré la situation de nos amis. Morny et Fleury ont écrit deux lettres à l'Empereur en sortant de la séance. Ces J.ettres et l'opinion publique ne manqueront pas d'influence sur la décision impérìale. La Chambre sera close le 19: de suite après on poussera à une décision. J e vous enverrai les détails par la première occasion. Pour la presse je continuerai à faire de mon mieux en usant de la facuJ.té que vous me donnez d'augmenter la dépense. Les correspondances de Rome sont parfaites: celle de Turin laisse à désirer, car ne marque aucune des tendances du Gouvernement dans les deux grandes questions, surtout pour la Vénétie. Elle devrait etre écrite de manière à préparer de longue main l'avenir. J',attends la lettre du Président du Conseil: il faudrait qu'elle fiìt ostensible et de manière à faire connaitre la sympathie de notre Gouvernement pour Rouher méme a·vant qu'H ait triomphé dans la lutte actueJ!le. Je vous enverrai par occasion, l'opinion de Thouvenel sur ce...

734

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 485. Bucarest, 12 maggio 1864, ore 16,45 (per. ore 24).

Après la dissolution de l'assemblée le prince Couza a résolu de soumettre au vote universel la loi électorale et la nouvelle constitutilon connue aV'ec quelques modifications, après quoi S. A. ira à Constantinople pour la faire approuver; la France l'engage à aller de suite avant de rien faire mais le prince Couza résiste ne voulant pas avoir l'air d'un pacha allant quéter des faveurs. D'après les conseils du marquis de Moustier S. A. va s'adresser probablement aujourd'hui à la Sublime Porte et aux Cabinets de France et d'Angleterre et quelques jours plus tard aux Cabinets d'Italie et de Prusse pour demander en vertu des articles 8 et 9 de la convention d'aviser au moyen de sauvegarder la siìreté de ses frontières menacées par les armements de l'Autriche avec 30/m hommes dans la Transylvanie et en Bukovine et de la Russie avec 50/m horn

mes dans la Bessarabie et les provinces vmsmes. Le prince m'a dit tout cela très confidentiellement tenant à ce que rien ne transpire dans la diplomatie. Plusieurs de mes rapports sont en route avec des renseignements autant que j'ai pu faire sur la situation politique; quant aux armements dans les Principautés Danubiennes voyez en attendant mon rapport politique n. 3.

735

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 45. Parigi, 12 maggio 1864.

Ringrazio l'E. V. della comunicazione del rapporto del R. Agente a Tunisi (1), fattami col dispaccio di Gabinetto N. 34 in data del 10 corrente (2). Mi intrattenni oggi stesso col Signor Drouyn de Lhuys intorno agli affari di Tunisi. La condotta ed il linguaggio dell'Agente di S. M. meritano, a mio avvilSo, l'intera approvazione del Governo del Re. Il Signor Drouyn de Lhuys convenne che la condotta del R. Agente era stata saggia e credo che nelle i,struzioni che saranno inviate all'Agente francese gli si raccomanderà di tenere un linguaggio in sostanza identico. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse confidenzialmente, essere interesse della Francia (che ha l'Algeria vicina) che la Reggenza rimanga tranquilla che non le susciti imbarazzi e sopratutto che la dinastia attuale vi duri nelle medesime condizioni, cioè che la Reggenza quasi indipendente di Tunisi non venga sostituita da un Pascialicato della Porta. Soggiunse, e ne convennL che noi dovevamo avere ugualmente in vista questa ultima considerazione.

Pare evidente che i Consoli di Franda e di Inghilterra esagerarono, in questa circostanza, la loro azione e si lasciarono trascinare agli opposti estremi. L'amministrazione del Kasnadar anzichè meritare gli encomii tributatigli dal Console Inglese è degna di molto biasimo come risulta dal parallelo che il

R. Console ne fa coUa precedente amministrazione. Ma d'altro lato il dQIIIlandare come fece H Console di Francia la destituzione del Kasna:dar al Bey, è cosa che oltrepassa ,la competenza di un Agente estero.

Ho 'ragione di credere che da Londra e da Pari~i giungeranno in Tun~s:i consi1gli tali da d1minuire la divergenza dei due Agenti. Nessuna nuova istruzione venne inviata alla squadra per la tutela degli Europei. In tale stato di cose parmi che la condotta nostra sia naturalmente traedata.

Dar buoni consigli al Bey, se li chiede. Usar ogni possibile moderazione nell'ingerenza dell'Amministrazione interna finehè gli 1nteressi Italiani non sono minacciati. Quando questi fossero in pericolo tutelarli energicamente, anche colla forza, previo concerto colle marine Anglo-Francesi, ma anche senza questo concerto se non potesse stabilirsi. Noi abbiamo in Tunisi tali e sì gravi interessi da legittimare all'occorrenza anche un'azione isolata ed indipendente.

(1) -Cfr. n. 723. (2) -Cfr. n. 729.
736

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, A NAPOLEONE III (1)

(AP)

L. P. Favorita, 12 maggio 1864.

Vous avez été toujours si bon et si bienveillant pour moi que je n'hésite pas à vous soumettre un Mémoire sur la question Romaine que V. M. un jour appelait devant moi un lourd boulet à trainer. J'ose espérer que V. M. daignera le parcourir et si Elle entrait dans la voie que j'ai tracé je suis fondé à penser que notre Gouvernement n'hésiterait pas un instant à Vous y suivre. J'ajouterais meme que je crois qu'à peine le Cabinet italien serait assuré que Vous etes favorable à mon projet il ne tarderait pas à m'envoyer à Paris pour traiter directement la question. J'avoue cependant que j'ai hésité un instant à profiter de la permission que V. M. m'avait accoraé avec tant de bienveillance de lui envoyer mes idées par écrit. Ma1s je me suis de suite rassuré pensant que

V. M. aime suvtout qu'on lui parle avec franchise et loyauté et qu'Elle me pardonnerait mes paroles peut-ètre trop rudes. La solution que je propose est modérée, rationneUe, sauve toutes les convenances et éloigne tout danger. Pour moi c'est la seule possible puisque le statu quo ne peut pas ètre considéré comme une solution. Les bienfaits qu'en retirerait l'Italie sont pour moi évidents! le parti Monarchique est faible parce qu'on le croit impuissant à résoudre cette question. Le lendemain cette solution acceptée il serait fort et n'aurait plus rien à craindre des partis extrèmes. Une autre considération est aussi puissante sur mon esprit. Pour moi que je Vous aime et vous suis dévoué il est agréable de penser que les paroles que Vous adresserez au Conclave releveraient encore davantage votre prestige et auraient un immense retentissement dans l'histoire. Elles marqueraient une nouvelle étape dans l'histoire de l'Eglise. Je les attends avec recueillement et espérance. Je présente mes hommages à S. M. l'Impératrice...

ALLEGATO

MEMORIA (2)

La France marche aujourd'hui à la tete de l'Europe; aucune difficulté internationale ne saurait etre résolue sans son concours; mais de toutes les graves questions qui agitent et troublent la paix du monde, deux surtout intéressent vivement l'Empereur Napoléon et réclament sa sollicitude éclairée. La question du Mexique et la question de Rome. L'Empereur lui-meme en parlant un jour de ces deux questions n'hésita pas à les appeler les deux boulets que traine après lui l'Empire. Il est évident que les 60.000 hommes que l'Empereur a envoyé au Mexique ont eu pour résultat de paralyser en partie sa liberté d'action. Il fallait rappeler l'armée en France sans faire semblant de reculer devant les difficultés de cette expédition lointaine. La question, grave en soi-méme était devenue plus grave parce qu'elle avait été exploitée par l'opposition au Corps Législatif qui avait surtout plaidé la

cause des contribuables. Il fallait donner en définitif une augmentation de gioire au peuple français sans lui donner en méme temps une aggravation du budget. La question a été habilement résolue. L'argent dépensé, rentrera au trésor, les troupes partiront en laissant derrière elles un nouvel ordre de choses établi. La France s'est dégagée de l'impasse où elle se trouvait sans amoindrir sa dignité et sans appauvrir son trésor. C'est un succès diplomatique qui a couronné un succès militaire.

Reste la question de Rome. Il est évident que l'occupation française à Rome amoindrit la force morale de la France. Je ne veux pas examiner la question au point de vue Italien; je veux écarter ce còté brulant de la question; je veux discuter la question Romaine au point de vue des principes généraux. J'élargis la question, en la rattachant à l'existence méme du Gouvernement français. Il n'y a que les gouvernements logiques qui soient forts, a dit quelque part l'Empereur Napoléon L L'occupation de Rome par les troupes françaises est une erreur de logique. Je veux m'expliquer nettement. La société européenne à l'heure qu'il est est partagée en deux camps. La liberté lutte partout contre le despotisme. Les principes de '89 sont partout aux prises avec le système féodal et religieux établi par Charlemagne. Rome est le centre de la réaction, Paris le centre des idées libérales, et cependant c'est à l'ombre du drapeau français que la réaction européenne se renforce et grandit. Il n'y a qu'à lire les Encyclyques du Pape pour apprécier les idées que la France protège à Rome. La Iiberté de conscience, la liberté individuelle, les conquétes de la Science, sont condamnées comme des utopies dangereuses et fatales. Le dernier coup a été ces derniers jours porté au parti de la conciliation. Les doctrines de l'école libérale de Montalembert ont été condamnées par le Pape. Pas de transaction avec les idées. modernes! Guerre aux erreurs de '89!

L'Etat asservi à l'Eglise: voilà le but de la politique suivie à Rome! C'est toujours le Cléricat qui plutòt que convenir que la terre marche livre Galilée aux bourreaux du St. Office.

Je ne pense pas que personne oserait affirmer que le triomphe de ces idées préchées par le Saint-Père augmenterait l'influence et l'autorité de la France. Quand la réaction triomphe l'action de la France s'efface. Elle ne saurait oublier les tristes jours qui suivirent Waterloo, puisque c'est de cette triste époque que date la longue période réactionnaire pendant laquelle son influence, son autorité ont été presque nulles en Europe. Elle reprend sa piace dans le concert européen le jour où l'Empereur Napoléon III déclare que son drapeau, sur lequel il a inscrit les principes de 89 • est toujours prèt à accourir là où il y a une grande et juste cause à défendre •. L'influence de la France c'est la liberté; l'influence de Rome c'est la réaction. C'est Rome qui tient dans ses mains les fils de la réaction européenne. En France mème le clergé s'efforce de ramener le pouvoir aux mains des représentants du système féodal. Si la voix du Pape s'élève en faveur de la Pologne, qu'on ne s'y trompe pas, le Pape ne plaide pas la cause d'un peuple opprimé, il plaide la cause des privilèges de l'Eglise. Il est indigné uniquement qu'on ait arraché à son siège épiscopal l'Archevèque de Varsovie; s'il en fut autrement il ne se serait pas incliné en silence devant les gibets autrichiens; il n'aurait pas envoyé sa bénédiction aux mercenaires en débauche qui ont ensanglanté en son nom la ville de Pérouse. L'occupation de Rome en définitif renferme un danger sérieux et réel pour la France. Je n'oublie pas cependant que l'occupation de Rome par la France devait dans l'idée de l'Empereur atteindre un noble but: amener la réconciliation de l'Eglise avec la liberté. Cette réconciliation est impossible tant que la Papauté temporelle sera défendue par la France. En suivant la voie qu'on a jusqu'à présent suivie on s'éloigne du but qu'on veut atteindre. La conviction que jamais le Gouvernement de l'Empereur Napoléon osera quitter la ville Eternelle, augmente la violence et l'obstination de la Papauté. C'est le secret de la résistance de la Russie: Elle a résisté parce qu'elle savait d'avance que l'Angleterre et l'Autriche ne feraient pas la guerre. Le Pape rés1stooa parceque on ne lui a jamais menacé sérieusement d'évacuer Rome.

Il n'y a qu'à lire l'encyclique du Pape à propos des propositions que lui avaient été faites par l'Empereur des Français: • Nous ne pouvons pas (déclare le SaintPère) en aucune manière accepter les conseils de Napoléon III parce qu'ils présentent des difficultés insurmontables • Non possumus: c'est la seule et unique réponse du Saint-Siège. C'est le résultat qu'après quatorze ans d'occupation (et j'ajouterais d'abnégation) a obtenu la France; et cependant c'était en 1850 que le Prince Louis Napoléon écrivait au colone! Ney: • J'ai été personnellement blessé en lisant la proclamation de trois Cardinaux qui ne rappelle ni le nom de la France ni les souffrances de nos braves soldats. C'et outrage à notre Drapeau et à notre uniforme est allé droit à mon coeur. Rappelez au Général de faire connaìtre que si la F·rance ne vend pas ses services elle exige qu'on lui soit reconnaissant de ses sacrifices et de son abnégation •. Et il est trois ans que Monseigneur De Mérode se vante d'appliquer des soufflets moraux aux représentants de la France. Il y a à peine un mois que l'Archeveque de Lyon appuyé par Rome s'insurgeait contre les décisions du Gouvernement français. Jamais, on peut le dire avec assurance, jamais le Clergé n'a été en France si remuant, si hautain, si hostile que depuis l'occupation de Rome.

Une autre comparaison a aussi sa valeur; l'Empereur en proposant le Congrès appelle l'attention des Gouvernements de l'Europe sur la nécessité de satisfaire aux légitimes aspirations des peuples. Le Saint-Père en acceptant d'intervenir au C'ongrès. avoue loyalement qu'il viendra y défendre les principes réactionnaires. « C'est pourquoi (écrit-il), avec une disposition toute cordiale, nous nous associons à un aussi louable projet et c'est avec empressement que nous pouvons dès à présent assurer V. M. que tout notre concours moral sera apporté au Congrès afin que les principes de la justice aujourd'hui si méconnus et foulés aux pieds •soient rétablis à l'avantage de la Société troublée, que les droits violés soient admis pour etre· révE.ndiqués en· faveur de ceux qui ont eu à souffrir de leur violation et surtout que l'on rétablisse spécialement dans les pays catholiques, la préeminence réelle qui appartient à la religion catholique •.

On ne peut d'une manière plus nette plus catégorique définir les deux politiques qui se battent en Europe; l'une qui veut pacifier les peuples avec la liberté, l'autre qui veut les réduire au silence, avec la force.

Je suis donc fondé à dire que l'occupation de Rome est en définitif une diminution de l'autorité m01rale de la Flrance et un danger rpooma~ pour SOIIl influ.erK:e.

J'ajouterais meme ·que ce1Jte occupation •qui violie les rprincipes de souvNaineté populaire affaibliit la proposition que 1a France vient de :Eaire aux ooruférences de· Londres d'inrterroger les voeux des populations des Duchés aillemands.

J·e connais cependant bearucoup de monde qui porur légitimer une rpolitique stationnaire soutient que la papauté exilée de Rome serait un danger pour la dynastie Napoléonienne .et pour l'Erurope Hibérale. On dte l'exemp·1e de NarpoJ.éon I morur~mt à S.te Hélène. Si le grand Empereur est mort sur un rocher, c'est parce qu'il avait violé les principes sur lesquels il avait fondé son tròne, c'est qu'en arrachant Rome au Pape, il l'incorporait à l'Empire Français, c'est que Empereur par la volonté du peuple il élevait sous les boucliers de ses soldats ses frères aux trònes étrangers. Il n'y a que les Gouvernements logiques qui soient forts et si un Gouvernement libéral tombe c'est qu'il s'est blessé lui-méme.

S:i (l'église .catholique 1a:ussi a vu son autodté f,aiblir c'est que le pouvoir tempo!I'el a dénaturé son origine, et je crois pouvoir affirmer qu'clle retrouverait sa force en retrouvant son berceau; et son berceau c'est la liberté. Ce qui rattache l'Eglise au système féodal, c'est le fief qu'elle possède à Rome! Débarassez-la de ce fief elle passera dans les camps de la liberté où depuis longtemps ses vrais intérets et son avenir Fappellent et lui ont marqué d'avance sa place.

Mais tout en condamnant l'occupation militaire de Rome on ne peut pas méconnaitre le sentiment d'honneur qui force l'Empereur Napoléon à rester malgré lui à Rome. L'Europe et la France surtout ne peuvent pas oublier que ce vieillard qui meurt lentement au Vatican fut un jour un Prince réformateur et libéral. Le souvenir de l'amnistie protège Pie IX à Rome. En amnistiant la révolution il était loin de croire qu'il s'amnh;Jtierait lui-méme. La France recule devant la (pensée d'ouvrk les portes de Rome à la révolution. Ce qu'elle veut c'est de faire relever les sentinelles qu'elle a placé un jour au Vatican par des sentinelles neutres. Elle ne veut, elle ne peut pas en partant laisser derrière elle l'anarchie. Elle désire surtout que le parti clérical, je dirais plus que sa conscience ne lui reproche pas d'avoir livré la papauté à ses ennemis. C'est le noeud de la situation. • Dégager le drapeau de la France sans amener une catastrophe •.

Mais si jusqu'à ce jour l'Empereur Napoléon a reculé devant une solution, c'est que malgré lui peut-ètre il attendait un événement. Il attendait que la figure du vieillard qui a tenu sur le font du Baptéme son enfant fùt disparue à jamais. Il faut aussi le dire: le parti révolutionnaire, qui est puissant à Rome n'a pas créé de sérieux embarras à l'Empereur Napoléon pour la mème raison. Qu'on ne s'y trompe pas: impuissant à créer il aurait pu sans rencontrer de sérieuses difficultés rendre la position de l'armée française à Rome intolérablet Lui aussi attend la mort de Pie IX. Tous les partis se sont donnés rendez-vous autour de son cercueil; mais si à la mort du Pape l'armée impériale restait à Rome, la situation s'assombrirait partout parce que si la France protège matériellement la papauté, l'influence morale de l'Italie contribue à maintenir à Rome l'ordre et la tranQuillité. Son oeuvre est possible, parce que le peuple romain attend. Il attend parce qu'il espère que l'Empereur Napoléon protège Pie IX et qu'il ne protège pas le pouvoir temporel. Le jour où cet espoir serait trompé, le réveil serait terrible.

Je ne veux pas, ni exagérer la force de la révolution ni ses chances de succès. .Je crois que la France triompherait de tout mouvement révolutionnaire qui éclaterait à Rome parce que derrière les 10.000 soldats qui sont à Rome il y a son armée entière. Mais une lutte dans les rues de Rome serait une lutte fatale à l'empire.

* Rappelons encore une fois qu'il n'y a que les Gouvernements logiques qui soient forts. Les boulets des canons français tkés sur le malheureux peuple romain demandant d'exercer ses droits déchireraient le drapeau de la France si c'est vrai que ce drapeau est celui des principes de 89 ·~ (1). N'oublions pas que les canons .républicains ont tué à Paris au mois de Juin la Réprublique. Que Napoléon III n'oublie pas que la réaction s'organise partout, que surtout elle est dirigée contre lui... contre la France; qu'il n'oublie pas, que le but persistant de la politique de ses ennemis c'est de faire revenir au nord l'influence et l'autorité qu'il a ramené au midi. Le jour n'est pas loin où il aura peut-ètre besoin de tous ses amis. * L'esprit national reculerait devant lui comme en 1815 devant son oncle si son épée, grondait du sang des Romains * (1).

Qu'il n'oublie pas que si l'empire Français a été battu par l'Europe coalisée à Leipzig et Waterloo c'est que l'esprit national et libéral s'était rangé parmi ses ennemis. Une répression sanglante à Rome serait fatale à l'Italie aussi bien qu'à la France comme toute guerre civile. On doit donc à tout prix l'éviter. Le génie de l'Empereur Napoléon III ne peut pas se dissimuler la gravité de la situation. Nous sommes sùrs qu'il repousse les malveillants conseils de ceux qui s'efforcent à lui prouver que le ·peuple romain ne s'insurgerait pas. Ce 1sont les mèmes hommes qui en 1849 du haut de la tribune proclamaient que les Romains ne résisteraient pas aux troupes françaises et Rome républicaine a résisté énergiquement et n'a succombé qu'après une lutte meurtrière et sanglante.

Une solution ou une catastrophe: voilà le dilemme qui se pose de lui-mème à la mort du Pape. La solution pourrait ètre radicale; nous ne l'espérons pas; ajoutons mème, que nous ne le croyons absolument pas.

Mais nous croyons que mème sans ètre radicale, elle peut sauver les principes prévenir et empècher le danger d'un confiit. La France veut retirer son drapeau, mais elle ne veut pas livrer le Pape à ses ennemis.

L'esnrit libéral de l'Italie de son còté oeut attendre! Il doit ètre satisfait que le

drapeau français cesse de protéger le Pouvoir temporel. Cette solution n'est pas

ncuvelle; elle a été autrefois largement discutée.

Un moment il a paru que l'Empereur Napoléon fiì.t prèt à l'accepter et peut-ètre

sans la mort du Comte de Cavour et sans la levée des boucliers du Général Garibaldi,

elle serait depuis longtemps accomplie. Il est nécessaire pour s'en former une idée

exacte de rappeler quelles auraient diì. en ètre les dispositions principales:

l o Un arrangement direct devait ètre conclu entre la France et l'Italie.

2° La France ayant mis le Pape à l'abri de toute atta(!ue étrangère, ses soldats

devaient évacuer Rome.

3° L'Italie s'engageait de ne pas attaquer et d'empècher mème par la force

toute attaque venant de l'extérieur contre le territoire actuel àu Pape.

4° Le Gouvernement italien consentait à l'organisation d'une légion étrangère

à Rome composée de catholiques; bien-entendu que cette armée ne dépasse pas

10.000 hommes.

5° L'I-!oalie se déclarait prète à entrer en arrangement avec le Gouvernement

du Pape pour prendre à sa charge la part proportionnelle qui lui revenait dans les

charges des anciens Etats de l'Eglise.

Ces dispositions peuvent mcme à l'heure qu'il est ètre acceptées par le Gouvernement italien. Tous les Ministres qui ont succédé à lVI. le Comte de Cavour, tous en ont fait la base dc leur politique. Leurs espérances ne sont jamais allées au-delà [de] ce projet. Les idées de c<mciliation .du Pape ruvec le Roi d'ltalie (hàtons-norus de le dire) n'ont jamais été sérieuses et n'ont jamais eu chance de réussir. Mai.s l'Empereur a toujours reculé de traiter sur ces bases. Le Ministre Thouvenel est tombé pour avoir patronné cette solution. Deux raisons à mon point de vue ont surtout pesé sur l'esprit de Napoléon III: c'est-à-dire la crainte que le Gouvernement italien ne fùt pas assez fort pour tenir ses engagements, le respect qu'inspirent toujours les douleurs et les larmes d'un vieillard.

Le Gouvernement du Roi Victor-Emmanuel a donné un éclatant démenti aux

craintes du Gouvernement français. Il a su résister à la révolution; il a prouvé son

autorité et sa force. L'épreuve par laquelle il a passé a été d'autant plus terrible

,qu'il était forcé de combattre l'homme qui avait puissamment contribué à fonder l'unité d'Italie sur cette mème ture qu'il avait émancipée lui-mèrne avec une innégable valeur. Il en est cependant sorti triomphant. Il me semble après ce que j'ai tracé plus haut qv'il ne serait pas difficile de tenir compte des sentiments de respect que l'Empereur a voué à Pie IX sans pour cela reculer les négociations. Un dernier a1·tide statuerait que le traité signé sans délai serait tenu secret jusqu'à la mort du Pape; il ne serait mis en exzcution que six mais après.

Il ne peut pas échapper à aucun esprit sérieux l'utilité de ne pas attendre la mort du Pape pour signer un arrangement entre la France et l'ltalie. Les partisans .d'un traité direct entre la France et Rome, ne manqueront d'observer qu'après la mort du Pape on doit tenter avant tout des négociations auprès de son successeur.

Des négociations avec le St. Siège (j'en ai la conviction et je crois que beaucoup de monde partage cette opinion) n'aboutiront à aucun résultat sérieux tant que le Pape n'aura acquis la conviction que les troupes françaises abandonneront Rome s'il refuse. Le successeur de Pie IX ne saurait marcher dans une autre voie. L'esprit de résistance de la Cour de Rome, après la mort d'un Pape renait de ses cendres. Cet esprit aveugle de résistance a cédé cependant toutes les fois qu'il s'est trouvé vis-à-vis d'une volonté inébranlable.

Il a cédé à Tolentino parce qu'il savait que Bonaparte n'aurait pas reculé. Il est donc indispensable que le nouveau Pape ne puisse avoir aucun doute sur la volonté ,du Gouvernement français d'évacuer Rome. Le traité avec l'ltalie trancherait la question! C'est l'épée d'Alexandre coupant le noeud Gordien!

Ne perdons pas non plus de vue crue pour éviter des déplorables collisions dans les rues de Rome il est nécessaire que le peuple Romain à la mort du Pape soit rassuré sur son avenir. Il faut ainsi fortifier le parti constitutionnel en Italie, désarmer les partis extrémes.

Mais il me semble urgent d'entrer dans un nouvel ordre d'idées et d'indiquer à mon point de vue la marche qu'on devrait suivre pour atteindre le but qu'on se propose.

Je crois que les propositions et les conditions de la France devraient étre posées au Conclave avant la nomination du nouveau Pape afin d'en éclairer l'élection. C'est au Conclave que le traité conclu entre la France et l'ltalie devrait étre communiqué.

L'Ambassadeur de France devrait se présenter au Conclave avec un projet de réforme qui aurait pour base la politique tracée par l'Empereur Napoléon lui-méme dans sa lettre au Ministre Thouvenel.

Ce projet tout en conservant les libertés municipales des provinces possédées maintenant par le Gouvernement papal devrait assurer l'indépendance du St. Siège en faisant accepter librement son autorité par les populations et en le délivrant de cette responsabilité toujours lourde qu'un gouvernement puissant peut seui supporter. L'Ambassadeur de France déclarerait en méme temps que la France est préte à organiser comme au Mexique une Légion étrangère pour remplacer l'armée d'occupation française. Nous examinerons plus tard si le Conclave aurait le droit d'accepter ce projet et de Iier ìe nouveau Pape. Nous ne concevons aucun doute à cet égard. En attendant s'il refusait d'adhérer aux idées du Cabinet français l'Ambassadeur n'aurait qu'à communiquer aux Cardinaux une copie du traité signé entre la France et l'Italie en faisant connaitre sa décision inébranlable de respecter ses engagements.

Le nouveau Pape élu dans ces conditions ne saurait plus tard se plaindre de l'Empereur Napoléon qui en dégageant sa parole dégagerait en méme temps sa responsabilité.

En politique il n'y a rien de plus fatai que les équivoques.

Si la voix de la France ne s'élevait pas nettement dans cette solennelle circonstance, son silence plus tard lui serait reproché: lorsqu'elle demanderait de se retirer on lui reprocherait ces engagements tacites. Ainsi sa parole se trouverait engagée malgré elle. Se taire c'est abdiquer. La sagesse de cette solution au point de vue français ne saurait étre mise en doute. L'Empereur Napoléon sortirait de l'impasse où il se trouve à Rome comme il est sorti triomphant de l'impasse où il se trouvait placé au Mexique.

Il sauvegarderait l'indépendance du St. Siège; il se retirerait laissant derrière lui l'ordre et la tranquillité; il mettrait enfin un terme à la fatale contradiction des principes qu'amoindrit son autorité morale.

Mais se peut-il qu'un souverain catholique traite avec le Conclave? peut-il ouvrir avec lui des négociations?

Je n'hésite pas à répondre affirmativement à ces deux questions. Il n'existe pas j'en conviens des traités signés entre les Cours Souveraines et le St. Siège vacant, mais il existe de longues négociations suivies par les Ambassadeurs des Puissances Catholiques avec les Cardinaux pendant le Conclave. Il existe méme des notes diplomatiques des différentes Cours de la famille des Bourbons qui n'hésitent pas à développer cette thèse que le Conclave peut traiter directement avec les Souverains· étrangers.

Je ne me borne à citer qu'un exemple: Le Conclave de Clément XIV. Les Ambassadeurs des puissances catholiques firent accepter comme base préalable de l'élection du Pape l'abolition de l'Ordre des Jésuites. L'intervention des Cours catholiques dans le Conclave est inserite dans l'histoire. Sans parler du veto qui est pourtant une intervention des plus directes il me suffit de rappeler l'exemple du C1onclave de Pie VIII. L'Ambassadeur Autrichien se présenta en grandes pompes devant les Cardinaux rassemblées pour lire un message de l'Empereur François qui leur promettait aide et protection.

Mais l'autorité du Conclave est-elle pleine et entière? Peut-il lier avec ses décisions le Pape futur?

J'ai dit plus haut qu'il n'y a pas d'exemple de traités signés entre une Cour Souveraine et le Conclave. Mais s'ensuit-il pour cela que pour n'avoir pas été exercé ce droit n'existe pas?

Ce droit existe et il a été meme reconnu dans une circonstance solennelle. Les Cardinaux avant l'élection du Pape Eugène IV jurèrent entr'eux les conditions que désormais devraient régler les rapports du Pape avec le Sacré Collège.

C'est un acte de souveraineté plein et entier.

Il fut ratifié le lendemain de son élection par le nouveau Pape et il est encore aujourd'hui la base de la constitution de l'Eglise. Or si les Oardinaux s'adjugèrent la faculté de lier la Papauté, il est évident qu'ils peuvent régler d'avance les conditions de l'occupation étrangère qui protège l'église et qui jusqu'à présent a sauvé le pouvoir temporel. Il est évident que l'acte qui précéda l'élection d'Eugène IV était un acte bien plus important que celui qui serait proposé aujourd'hui par la France.

Le thème de l'infaillibilité du Pape n'est pas appliquable au cas actuel parce qu'on ne demanderait pas au Conclave de régler une question de Dogme mais purement et simplement une question politique. Mais quand meme le Conclave refusat de traiter, le Cabinet français se placerait sur un terrain excellent en débarrassant désormais la question romaine de toute équivoque. Les positions nettes sont toujours les meilleures!

Il me reste à rappeler une circonstance qui a aussi sa valeur.

Les différentes Bulles Pontificales sur les élections du Pape ordonnent que l'on doit attendre neuf jours avant d'ouvrir le Conclave. Ce délai est à peine suffisant pour que l'Ambassadeur de France puisse recevoir une copie du traité signé entre la France et l'Italie et les instructions nécessaires de Paris.

Malheureusement ce délai peut-etre raccourci. On dit en effet qu'une bulle du Pape actuel qu'on a tenu jusqu'à présent secrète supprime le devoir d'attendre neuf jours pour entrer au Conclave.

Il est donc urgent, vu l'état de santé du Saint-Père que le traité soit signé sans délai; que l'Ambassadeur français à Rome en reçoive une copie et qu'il soit pret à lire le message impérial aux Cardinaux le jour avant que le Conclave soit fermé.

Jamais la parole de l'Empereur Napoléon III .serait écoutée avec plus de recueillement. Il serait, nous en sommes surs, l'interprète de tous les catholiques qui ne se laissent pas emporter par une haine insensée contre la liberté. Sa parole toujours éloquente aurait cette fois d'autant plus d'autorité que ce serait la parole d'un ami. Elle pourrait rappeler les services réels rendus à la Papauté par la France qui a enduré en silence les actes d'ingratitude dont on a payé sa sollicitude et son dévoueme:nt.

L'Empereur Napoléon en retraçant les dangers qui font courir à la religion catholique les av;eug1es passions du C1ergé re'vendiquerait noblement pour le Sou

verain de la France le titre de fils ainé de l'Eglise. Le message impérial pourrait etre un des plus grands événements des temps modernes. Il pourrait fermer l'ère de la guerre civile entre la liberté et l'église qui trouble les consciences, qui renforce le déspotisme.

Par cet acte solenne! Napoléon III compléterait aussi son admirable idée du Congrès.

(1) -Cfr. il seguente biglietto. pari data, di Pepoli a Visconti Venosta conservato in AVV: c Ti mando due lettere una per S. M. l'Imperatore, l'altra per il Principe Napoleone, assieme alla memoria. Ti sarei grato se le spediste subito a Parigi poichè urge, aggravandosi sempre lo stato di salute del Papa ». (2) -Copia della Memoria esiste anche in AVV.

(1) Il brano tra asterischi è cancellato nella minuta conservata in AP ma è mantenuto nella copia conservata in AVV.

737

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 186. Torino, 14 maggio 1864, ore 15,40.

Je suis de votre avis, ,et je vous autorise d'après les considérations politiques et commerciales que vous avez développées dans vos rapports du 28 mars et 2 avril (1) à accueillir les ouvertures de M. de Bismark relativcment au traité de commerce.

On ,assure qu'un accord relatif à la Pologne, question danoise etc. etc. et peu bienveillant pour l'Italie a été signé le 22 février dernier entre la Prusse, l'Autriche et la Russie. Tachez de faire adroitement allusion à cet accord dans votre conversation, pour savoir s'il existe, et quel en est l'objet.

738

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 71/36. Londra, 14 maggio 1864.

Secondo quanto V. E. mi prescriveva ,col Dispaccio del 10 corrente n. 7 Gabinetto (2), del quale mi pregio accusarle ricevuta, sono stato a vedere Lord Russell ieri per parlargli dell'affare di Tunisi e senz'altrimenti entrare in materia mi limitai a mettere innanzi argomenti per la necessità di metter da parte contestazioni e rivalità, onde pensare in un momento di crisi e di pericolo agli interessi urgenti dei nazionali.

Ma Lord Russell si mantenne sempre sul terreno di cui ho cercato in poche parole dare un sunto a V. E. per telegramma, cioè che il Governo Inglese non solo non credeva dover appoggiare il consiglio di annullare la Costituzione, come s'era detto, ma non volea intromettersi punto negli affari interni della Reggenza, consigliare la dimissione dei Ministri. Ma puramente limitarsi alla protezione dei Nazionali.

Disse che invece di far troppo poco quasi trovava il Signor vVood aver fatto troppo. E non vi fu modo di smuoverlo da quella maniera di pensare.

Ne avevo anche parlato giorni sono con Lord Palmerston il quale s'era mostrato molto adirato contro il Console Francese a Tunisi e in generale contro i Francesi ch'egli accusa d'aver con pretensioni e reclami esagerati in materia di danari obbligato il Bey a fare imprestiti onerosi e quindi a stabilire imposte eccessive per pagarne gl'interessi. Disse ,che questo voler rivocare la Costituzione data poco prima per consiglio della Francia e dell'Inghilterra non avea nome ed era opra di coloro che sotto l'antico regime potevano più sicuramente rendersi colpevoli di atti di malversazione e di corruzione. Anche lì per conse

guenza trovai il terreno tanto più mal preparato che ambedue Lord Russell e lui assicurano esser necessario il mettersi in guardia ·contro le pretensioni Francesi di volere negli Stati Ba.rbareschi far trionfare assolutamente la preponderanza Francese non permettendo a nessun'altra Potenza non solo d'eguagliarla, ma di accostarvisi. Anzi Russell parve d'opinione che le truppe inglesi non avrebbero ad occuparsi che a difendere il Consolato, ma neppure i nazionali sparsi per la città e territorio. Mi rincresce di dover rispondere in siffatta guisa al dispaccio di V. E. ...

(1) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 728.
739

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 10. Torino, 15 maggio 1864.

Vi spedisco col corriere la memoria di Pepoii all'Imperatore (1). V'è unita anche una lettera di Pepoli stesso pel Principe Napoleone. Minghetti poi vi scrive con questo corriere. La discussione sulla politica estera è finita alla Camera. Ho fatto un lungo discorso, un po' accentuato perchè le circostanze lo esigevano, spel'o che non lo troverete compromettente. Ho .creduto opportuno di leggere alla Camera un brano della bella Nota da voi scritta a Drouyn de Lhuys, riferendola piuttosto a quello che si è già ottenuto che a quello che non si ottenne. La sua lettura fece un eccellente impressione. Pur troppo parlando sentivo la vacuità della situazione di cui mi facevo l'espositore, sentivo che il Ministro degli Affari Esteri del Giappone avrebbe potuto fare lo stesso discorso. Almeno il Governo Francese, sentendo la necessità di ripigliare la sua influenza in Italia, si risolvesse a fare a Roma un piccolo éclat, esigendo l'allontanamento di Francesco II e di tutti i cospiratori!.

Del resto, da alcuni giorni la situazione mi sembra diventare anche meno ridente. Vedo impegnata a Parigi una lotta nella quale temo che chi abbia la peggio sia Rouher. E vi spedisco una communicazione da Stockholm che, se è esatta, è gravissima, perchè la situazione peserà su noi come una cappa di piombo, mentre l'Imperatore non prenderà probabilmente altra risoluzione che quella di fare il morto e d'aspettare. Vi noto però che frattanto la Prussia ci ha fatto delle ouvertures per un Trattato di commercio in via confidenziale.

Pel Ministero la situazione parlamentare è notabilmente migliorata, a quanto mi pare. L'opposizione ha preso un granchio non dandoci battaglia subito dopo la riunione della Camera, finite le vacanze. È vero che era per essa una necessità attendere che la legge di perequazione fosse votata. Ora la lotta è rimandata alla quistione finanziaria. Ma colla Camera assai meglio disposta, il Ministero può aspettare senza inquietudine.

Ressman ritornerà a Parigi, fra due o tre giorni.

(1) Cfr. n. 736.

740

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GIANOTTI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 512, ANNESSO CIFRATO (1). Pietroburgo, 15 maggio 1864 (per. il 22).

Le chargé d'affaires de Russie à Vienne vient d'informer le prince Gortchakoff que M. de Rechberg lui a dit tenir de la bouche de l'ambassadeur de France revenu récemment de Paris que le marquis PepoJ.i a dit avoir vu à Pétersbourg le traité d'alliance entre la Prusse, l'Autrkhe et la Russie. Le Brince Gortchakoff a dit qu'il était étonné de voir le due de Gramont plaider le faux pour savoir le vrai puisqu'il devait savoir que le marquis Pepoli n'a pas pu affirmer une pareille nouvelle.

741

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 47. Berlino, 16 maggio 1864 (per. il 20).

Dans mon dernier entretien avec le Président du Conseil, tout en lui avouant qu'à Turin j'avais parlé en faveur d'une entente commerciale entre l'Italie et la Prusse, je ne lui ai pas dissimulé que de prime abord j'avais éprouvé une certaine répugnance à plaider ,cette cause. Il m'avait été assuré à Berlin meme par une personne des mieux renseignées qu'un accord relatif à la Pologne, à la question Danoise etc. et peu bienveillant pour mon pays, avait été ,conclu entre la Prusse, la Russie et l'Autriche. On m'en avait meme indiqué la date, le 22 Février dernier.

• -Le 22 Février! mais c'est une date qui me revient à l'esprit, m'a répondu M. -de Bismarck Voyons! •. Après un instant de réflexion, il ajoutait en souriant: • En effet l'anniversaire du Roi se ,célèbre le 22, mais c'est en Mars. Plaisanterie à part, la nouvelle n'a aucun fondement. C'est un fantòme qui a surgi dans quelque imagination malade ».

J'ai dit qu'après ce démenti, je ne voulais pas pousser plus loin mon investigation sur une nouvelle qui avait pris racine dans une situation, bien faite d'ailleurs pour inquiéter ceux qui voyent la coalition debout; pour nous, nous ne la craignions pas, parce que nous comptions sur nous-memes, sur la force des choses et sur le bénéfice du tems.

La conversation, s'est alors engagée sur la question du Holstein. Dans mon prochain rapport, j'en résumerai les détails (2).

(1) -Al r. 15. (2) -Cfr. n. 743.
742

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 38. Copenaghen, 16 maggio 1864 (per. il 22).

Malgré la crainte que j'éprouve d'etre accusé de vouloir empiéter sur les attributions du Ministre du Roi en Russie, et quoiqu'il ne m'appartienne pas de vous entretenir de la politique du Cabinet de Pétersbourg, je crois pourtant devoir, à toute bonne fin, vous transmettre l'extrait suivant de deux dépeches adressées le lO Février dernier par le Pdnce Gortschakoff au Ministre de Russie à Berlin. Il renferme des données rétrospectives fort intéressantes sur la politique de la Russie dans la question Danoise, en meme ,temps qu'il jette une nouvelle lumière sur l'intimité existante entre les Cabinets de Berlin et de Pétersbourg. Dans la première dépeche, dont communication confidentielle a été donnée à l'Ambassadeur d'Angleterre à Petersbourg, le Prince Gortchakoff déclare que la Russie défendra pour sa part l'intégrité du Danemark en faisant ressortir que son démembrement ne profiterait qu'au scandinavisme contraire aux intévets de la Russie. Dans la seconde dépèche au meme et .confidentielle le Prince Gortschakoff rend ·compte d'ouvertures qui lui ont été faites par l'Ambassadeur d'Angleterre, relativement à une action commune de l'Angleterre et de la Russie en faveur du Danemark; il ajoute que dans l'intéret de la Prusse et de l'Autriche la Russie a cru devoir paralyser l'action de l'Angleterre et empecher son intervention matérielle. Il autorise le Ministre de Russie à Berlin à déclarer que l'Empereur continuera à preter à la Prusse, dans la question Danoise comme dans toutes les autres, son concours le plus loyal et le plus efficace. Des documents en question il résulte aussi que si la Suède était matériellement intervenue en faveur du Danemark elle aurait eu la Russie sur les bras.

743

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 48. Berlino, 17 maggio 1864 (per. il 21).

Après avoir terminé mes premiers pouvparlers sur les affaires commerciales, le Président du Conseil a bien voulu me fournir les renseignemens suivans sur la question des Duchés:

• Jusqu'ici la diplomatie Prussienne n'a eu que des demi-succès. L'échéance de la suspension d'armes est trop rapprochée. Il eut fallu fixer un terme de trois à six mois; aussi le Comte de Bernstorff a-t-il été réprimandé pour avoir consenti à un délai d'un mois. Si l'armistice n'est pas prolongé, la Prusse se verra contrainte d'envahir l'ile de Fionie, et si sa flotte n'était pas de force à tenir tète aux escadres Danoises, elle achèterait, absolument comme les Romains dans les guerres puniques, de nombreux bàtimens sans regarder à la dépense. Si

49 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

l'Angleterre veut soutenir le Danemark à main armée, nous trouverons d es alliés... ou nous n'en trouverons pas. Mais nous sommes parfaitement décidés à ne céder à aucune menace, à ne subir aucune tutelle, d'aucune Puissance. Les victoires de nos troupes doivent peser dans la balance. Le Gouvernement Britannique ne saurait causer à notre ,commerce et à notre navigation de plus graves dommages que ceux que nous avons déjà éprouvés par le blocus. Tout au plus pourrait-il avec ses vaisseaux incendier Brème et Hambourg; tant pis pour ces villes! Mais ìl est évident que nos régimens ne sauraient abandonner le territoire du Schleswig-Holstein sans une solution qui satisfasse l'honneur militaire, et compense dans une juste mesure les sacrifices de sang et d'argent • .

• En attendant, ai-je repris, il me semble que vos troupes ,resteront au moins trois ans dans ces provinces. C'est plus qu'il n'en faut pour habituer leurs habitans à votre présence et pour y asseoir votre influence •.

• Dieu le veuille! • m'a répondu, M. de Bismarck.

J'ajoutai qu'il avait tous mes voeux pour autant qu'ils se rencontraient avec ,ceux des Duchés. A mes yeux les succès de la Prusse, ses agrandissemens territoriaux tourneraient, tot ou tard, au bénéfice de l'Allemagne, c'est-à-dire au profit des aspirations nationales qui avaient toutes nos sympathies. A ce propos je parlai de l'opinion publique en Italie un peu déroutée sur cette question. Les hommes d'Etat se rendent compte de certaines exigences politiques d'un caractère passager, mais chez nous les masses sont instinctivement portées à blamer non pas la Prusse proprement dit, mais l'alliée de circonstance de ì'Autriche. Si le Cabinet de Berlin eiìt entrepris la guerre à lui seul en faveur des populations Allemandes placées sous la domination du Danemark, il y aurait eu dans la Péninsule unanimité, pour applaudir à ,cet élan national.

• Oui, a rrépondu 'S. E.; mais nous n'avions pas 'les mains complètement libres, en suite de la conduite de la France lors de l'insurrection Polonaise. Dans ces conjonctures nous étions rejetés vers l'Autriche. Vous m'objectez que par là, l'étranger sait que nous nous sommes attachés un boulet au pied, et qu'ainsi notre marche est retardée et soumise aux convenances d'un frère d'armes. Mais pour nous l'Autriche est un bouclier vis-à-vis de l'Angleterre. Sans l'Autriche, l'Angleterre aurait déjà fait le coup de feu contre nos soldats •.

J'objectai encore que si le Cabinet de Vienne s'attribuait le ròle de contenir l'Angleterre, il jouerait sur les mots, car il servait plutòt d'instrument docile entre les mains du Gouvernement Britannique pour battre en brèche tout projet d'agrandissement de la Prusse. Il doit exister une entente entre Londres et Vienne bien moins favorable à la politique Prussienne, que ne l'eiìt été un accord entre les Cabinets de Paris et de Berlin.

M. de Bismarck convenait que j'avais peut-ètre raison; mais il me répétait que la France, dans la question Polonaise, ayant vivement blessé la Cour de Prusse, on avait diì chercher ici un contrepoids ailleurs. Il est vrai qu'aujourd'hui, à sa grande satisfaction, les relations entre les deux pays étaient nouvellement sur un bon pied, mais l'expérience faite l'année dernière a diì mettre en garde contre de facheux retours.

Dans cet entretien, j'ai donné à M. de Bismarck un aperçu sur le mouvement des partis en Italie, en me prévalant des discours faits à la ,chambre par le Président du Conseil et par le Ministre de l'Intérieur. Je me suis notamment basé sur le discours prononcé par V. E., à la séance du 12 Mai, sur notre politique étran.gère. Je n'en connaissais encore que quelques extraits télégraphiques; mais ils suffisaient pour démontrer à mon interlocuteur que notre attitude, sans déroger en rien à nos principes, était celle d'un Gouvernement sérieux, jaloux de sa propre autorité, et marchant avec circonspection vers le but qu'il se propose, parce qu'il sait tenir ·compte de l'ensemble de la situation générale.

Depuis lors j'ai lu ce discours dans la Perseveranza, où il est reproduit avec assez de détails. J'en félicite V. E. car sa tache n'était pas facile, moins vis-à-vis de la Chambre, que vis-à-vis des Gouvernemens étrangers. Il me tarde· de recevoir le compte-rendu officiel. J'ai entre autres remarqué avec plaisir les sympathies manifestées pour l'Allemagne. Il ne fallait rien moins pour effacer l'impression laissée par certains discours du Général Garibaldi à Londres.

J'ai eu aujourd'hui une première conférence avec M. Philipsborn, sur les affaires commerciales. J e doi.s le revoir encore avant de transmettre mon rapport à V. E. La Saxe a déjà signé avec la Pl'usse un Traité .pour ·le renouvellement du Zollverein. Bade, Brunswick, Oldenburg, etc. vont en faire autant. La Bavière et le Wtirtemberg resteront bientòt isolés et finiront par faire acte de soumission. On leur adressera la sommation de se prononcer, avant le 1er Octobre, pour ou contre le maintien de l'union douanière.

744

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 18 maggio 1864 (per. il 23).

Col dispaccio telegrafico cifrato 11 corrente (1) ho segnato ricevuta del di Lei Dispaccio Confidenziale 3 Maggio (2), e con Dispaccio telegrafico pure cifrato in data di questa mattina (2), segnai ricevimento dell'altro Dispaccio portante il

N. 2 che Ella mi fece l'onore di indirizzarmi dal Gabinetto 1'11 di questo stesso mese (3).

L'Inviato della Porta Keider Effendi, di cui l'E. V. mi annunziò l'arrivo col precitato Dispaccio in data 3 Maggio, giunse in rada della Goletta nelle ore pomer.idiane del giorno 11. Il Signor De Beauval, mancando d'avviso e di istruzioni in proposito da Parigi e vedendo in tale Missione avverarsi i suoi sospetti di connivenza tra l'Inghilterra e la Turchia, fece pregàre l'Inviato di non discendere a terra prima dell'indomani dopo l'arrivo del Vapore postale francese, e fece appoggiare quella preghiera dal Vascello l'Alexandre che mise tosto fuoco alle macchine e si accostò alla flottiglia ottomana in attitudine ostile. Il giorno seguente avendo ricevuto istruzioni poco presso eguali. a quelle che l'E. V. mi diede col Dispaccio Confidenziale del 3 Maggio, il Signor De Beauval trasmise al Contr'Ammiraglio Derbinghem opportuno cenno telegrafico, e sen

tendo il bisogno di dare all'Inviato esplicite spiegazioni in proposito, partì tosto per la Goletta. Intanto Keider Effendi aveva preso terra e si trovava già a metà strada tra la Goletta e Tunisi quando il Signor De Beauval lo incontrò, prese posto nella di lui carrozza ed entrarono insieme a Tunisi. Sembra che il Signor De Beauval abbia dato all'Inviato soddisfacenti spiegazioni, giacchè non si fece più parola dell'incidente sopra esposto.

Io ricevetti da Keider Effendi cortesissima accoglienza, e nella conversazione, che durò quasi due ore, ripeté più volte essere persuaso che le cose sarebbero presto accomodate. Disse che la Porta per deferenza alla Francia aveva acconsentito a ·conservare nella Tunisia lo statu quo, ma con abile circonlocuzione lasciò travedere nel tempo stesso la possibilità di cambiamenti importantissimi. Aggiunse poi tosto che la sua missione era limitata per ora ad un esame scrupoloso degli Atti e dei fatti che occasionarono la Rivolta degli Arabi ,contro il Governo del Bey, non che sui vizi: dell'amministrazione attuale tanto c·riticata; che stava assumendo informazioni da molte diverse sorgenti; e che sperava di poter far partire il suo rapporto sabato o Domenica al più tardi. Mi si dimostrò infine informato dell'importanza degli interessi commerciali di questa Colonia italiana, e fu del mio avvtso sulla necessità di formare quanto prima un'armata da 12 a 15 mila uomini scelti e puntualmente pagati, dalla quale si possano estrarre fedeli, forti e disciplinate guarnigioni a sicurezza del Bardo, della Capitale e di tutte le altre Città abitate da Europei sulla Costa tunisina. Del resto criticò esplicitamente l'Amministrazione che condusse questo paese in mezzo alle presenti difficoltà; constatò anch'egli le ricchezze immense degli Uomini del Bardo a fronte della miseria del paese e del Governo; ma non accennò a nessuna probabilità di ritiro o demissione del Kasnadar.

Sulla questione del ritiro del Kasnadar le istruzioni di Parigi, ·che il Signor De Beauval mi fece leggere, sono chiare ed esplicite. Il Ministro degli Affari Esteri di Francia dice .chiaramente ed esplicitamente a questo Console Generale di continuare a far conoscere al Bey la verità, qualunque sia per essere il risultato dei consigli suggeriti. Le istruzioni stesse fanno conoscere al Signor De Beauval ·che si presentò a Parigi il già conosciuto emissario del Kasnadar Signor Dahdah (questo personaggio, ex negoziante fallito in Marsiglia, quindi direttore di un giornale arabo in Algeria, ed ora ad latus del Kasnadar col titolo d'Interprete del Bey, deve essersi presentato a codesto Ministero or fa circa un mese .senza mia lettera d'introduzione) che chiese al Signor Drouyn de Lhuys se veramente il Signor De Beauval aveva avuto ordine di consigliare al Bey la dimissione del Kasnadar; e che gli fu risposto seccamente in modo da non !asciargli la voglia di rinnovare simile domanda. È poi qui noto a moltissime persone .che il Signor Dahdah era inoltre incaricato di provocare con ogni mezzo il traslocamento del Signor De Beauval ad altro posto.

Per l'eventuale sbarco di truppe a sicurezza e difesa della numerosa Colonia in Tunisi ci siamo ,riuniti nelle Sale di questa R. Agenzia il Console Generale di Francia, d'Inghilterra ed io, e ci trovammo subito d'accol'do sulla grande convenienza di non addivenire a tale estremità ·che nel caso di evidente ed imminente pericolo. Fummo anche d'accordo sulla convenienza di lasciare agli Ammiragli la parte strategica dell'operazione, affinché alcuni ufficiali da

essi delegati fissassero i punti della Città che converrebbe occupare per isolare il quartiere europeo, e designassero i luoghi sui quali dovrebbero dirigersi le truppe delle tre Potenze. L'unico punto sul quale ci trovammo discordi si fu quello di sapere se si doveva o no avvertire il Bey prima di far discendere le truppe e dopo riconosciuto il pericolo e la necessità dello sbarco, oppure se si dovesse comunicare a S. A. le risoluzioni prese, anche prima che il pericolo e l'urgenza dello sbarco fossero stati riconosciuti, per non perdere in questo ultimo caso un tempo prezioso da cui potrebbe dipendere la salvezza della Colonia, sopratutto nel caso di un attacco di notte tempo. Il Signor De Beauval ed io fummo d'avviso di prevenire il Bey subito dopo le risoluzioni prese, ed il Signor Wood, trovandosi in minoranza, propose di riflettere e di sospendere la decisione durante 24 ore. Intanto nella sera del giorno stesso essendo giunto l'Inviato Ottomano, ci riunimmo di nuovo all'indomani, e decidemmo unanimamente di attendere alcuni giorni per ,conoscere l'effetto ,che produrrebbe in paese ed al Bardo l'a,rrivo deU'Inviato suddetto. Dopo d'allora la tranquillità non essendo stata menomamente turbata in Tunisi, la ,cosa rimane ,così sospesa indefinitivamente fino a nuovo invito di uno di noi.

Le tribù del Nord, dopo le concessioni del Bey, fecero quasi tutte la loro sottomissione, ma quelle del Sud conservano sempre attitudine ostile e non cessano di chiedere il ritiro del Kasnadar. Lo stato di agitazione in cui si trovano queste ultime è la cagione dell'ardimento degli Arabi predoni appartenenti ai villaggi vicini alla Costa che portarono il disordine e lo scompiglio a Susa ed a Sfax. Le intenzioni dei rivoltosi che hanno centro al Kirouan non sono conosciute. Circola la notizia non bene accertata ma pure consistente che 200 Capi siano in viaggio per portare le loro lagnanze ed ottenere concessioni più late e più formali. Per altra parte si ripete che gl'insorti a Cavallo abbiano deciso di presentarsi in grandissimo numero nella grande pianura distante due ore dal Bardo, ma nulla v'ha in tutto ciò di ben positivo, per cui non giungendo più alcun corriere per la via di terra ci troviamo in balia della più completa incertezza.

Ieri sera partì per Susa sopra un Piroscafo della R. Squadra, che porta viveri alla Garibaldi ed alla Magenta, Si Mohamed Ministro della Guerra con pieni poteri, accompagnato dal Generale Osman, uomo energico e stimato, e da due Ufficiali Superiori. Il Bey ed il Kasnadar sperano buon risultato dalla missione di questi personaggi, e si dimostrano assai tranquilli sull'avvenire. In una recente conversazione avuta ,con S. A. ed il suo Primo Ministro, questi dichiararono esplicitamente a me ed al Conte Albini essere persuasi che il Signor De Beauval mantiene l'agitazione in mezzo agli insorti del Sud, mentre per altra parte il Signor De Beauval si dimostra sempre convinto che l'agitazione stessa è l'effetto di accordi e di progetti prima d'ora stabiliti tra l'Inghilterra e la Porta.

Allo stato in cui si trovano oggi le ,cose, e sopratutto dopo l'arrivo dell'Inviato Ottomano, l'urgenza di un grave provvedimento quale sarebbe quello di una occupazione militare non è certo apertamente dimostrata, ma gli avvenimenti possono necessitare quella estrema misura, ed io sono per ciò sempre d'avviso esser bene che i Governi di Torino, Parigi e Londra fossero preparati anche a tale eventualità. Non intendo di escludere con ciò nè la possibilità nè

la probabilità di un componimento pacifico delle difficoltà pres~nti; è soltanto mia intenzione di sottoporre alla saggezza dell'E. V. e del Governo del Re tutte le idee che la posizione attuale della Reggenza fa nascere nella mia mente, calma ed imparziale spettatrice di fatti già gravi assai e che possono divenir gravissimi da un momento all'altro.

Prima di ,chiudere il presente Rapporto io devo porgere all'E. V. le più ampie assicurazioni sul perfetto accordo che esiste tra me ed il Conte Albini, non soltanto sulla esecuzione degli Ordini del Governo del Re, ma eziandio sul modo di giudicare i fatti avvenuti e prevedere i futuri. Il Conte Albini, che fecemi l'onore di accettare l'ospitalità in Consolato durante alcuni giorni, fu da me messo al fatto così della posizione politica ed amministrativa della Reggenza, ,come di tutte le questioni più importanti che toccano da vicino la Colonia italiana in generale, non che gl'interessi particolari di ciaschedun membro di cui è composta.

Augurandomi di meritare anche in avvenire l'alta di Lei approvazione...

(1) -Cfr. n. 731. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 732.
745

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 11. Torino, 19 maggio 1864.

Ressmann, secondo i vostri desideri ritorna a Parigi, nè lo lascio partire senza dargli due righe per voi. Artom vi manda alcune notizie che abbiamo oggi dcevuto sulla salute del Papa (1). Su questo argomento bisognerà pure venire a qualche più esplicita dichiarazione col Governo francese, prima che l'evento ci giunga improvviso e tutto sia lasciato alla vicenda dei casi.

La memoria di Pepoli è già fra le mani dell'Imperatore. Ma credete voi che prima di mandare la nota, la quale ci porgerà occasione di porre nettamente la quistione, giovi di aspettare che sia decisa la crisi ministeriale francese, il conflitto fra Rouher e Drouyn de Lhuys? Vi prego di dirmi il vostro avviso. Malaret -del quale siamo del resto assai contenti -si è preoccupato della presenza sulla frontiera pontificia di emigrati romani e di alcuni fra i ,capi più conosciuti di questa emigrazione, per esempio Checchetelli, il quale ha fatto una corsa colà. Vi basti il nome di Checchetelli e de' suoi amici per provarvi che non si minaccia, per opera loro, alcuna follia. Essi si sono recati ,colà per preparare, in ,caso di morte del Papa, la manifestazione che sappiamo. Se Malaret me ne parla, io gli risponderò che ora non c'è nulla a temere e che, come è noto, siamo pronti a reprimere ogni cosa, ma che non bisogna farsi illusioni sull'immensa agitazione che può produrre la morte del Papa e che il Governo non potrà padroneggiare che colle assicurazioni morali che potrà dare se vi è qualche accordo, qualche previsione col Governo francese, ma che non darà

se dò non esiste. Su questo proposito Pepoli nella sua memoria ha scritto delle cose giuste e perfettamente vere.

Minghetti vi ha ieri telegrafato su dei tentativi Mazziniani nella Venezia. Qui v'è ora un pericolo più vicino, perchè Mazzini, Bertani etc. etc. lavorano in questo senso; mentre Cairoli e i Garibaldini puri sconfessano i tentativi di invasioni dal territorio italiano nel Veneto e lavorano per una insurrezione nel Veneto stesso. I tentativi, di cui ora si tratta, si farebbero sulla linea del basso Po, con elementi specialmente romagnoli. Furono prese delle precauzioni efficaci e estensibili per scoraggiare, e le notizie d'oggi ci fanno sperare di poter scongiurare in erba non dirò un Aspromonte, ma anche un Sarnico. I rapporti di Cialdini sono rassicuranti.

Ricevo oggi da Vienna delle notizie di ottima fonte.

Mi si dice che l'idea di una soluzione pacifica della quistione Veneta, con uno scambio, se non ha fatto de' grandi progressi, ne ha però fatto qualche piccolo. V'è anzi alcuno de' Ministri che vi è favorevole, ma non è certo nè Re,chberg, nè Schmerling. Grammont tiene delle conversazioni in questo senso in casa sua, ma non so se le abbia tenute anche agli uomini del Governo. Francesco Giuseppe vi è sempre contrario, ed uno dei maggiori ostacoli al progresso di questa idea è il pensiero che l'Imperatore Napoleone non abbia definitivamente accettata l'Unità Italiana.

La situazione parlamentare del nostro Ministero è assai migliorata. L'opposizione darà forse una battaglia sulla quistione finanziaria, ma parmi che abbia rinunciato alla seria speranza di rovesciare il Gabinetto. La sessione speriamo di non prolungarla oltre la fine di giugno.

Minghetti m'incarica di farvi le seguenti domande: furono fatte presso di Lui, aedo anche presso il Re, delle vive istanze perchè si dia il Gran Cordone dei SS. Maurizio e Lazzaro al Principe Pietro Bonaparte (Luciano). Ora, credete Voi che non vi siano ostacoli di convenienza? Fatemi il piacere di rispondere per telegrafo.

Si prepara a Parigi la pubblicazione di una Corriere itaLiano redatto da un Gius. Caccia. Vogliate informarmi con che intento e ·Con che denari si pubblichi questo giornale.

(1) Allude a notizie sul presunto peggioramento della salute del Papa. comunicate da Teccio di Bayo in data Torino 19 maggio.

746

ROMUALDO BONFADINI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Milano, 19 maggio 1864.

Ho scritto ieri alla redazione della Valtellina prevenendola dell'invio del tuo discorso, il quale sarà unito come supplemento al prossimo numero. Quanto al discorso medesimo, non posso dirti altro senonchè esso ha giustificato e realizzato quel programma di politico personale di cui, se ben ti ricordi, abbiamo parlato a Travedona. Senonchè esso è andato molto più in là

ed ha reso impossibile, mi pare, quella sostituzione ministeriale che prima era destinata soltanto a rendere onorevolmente possibile. Qualunque siano le tue attuaLi disposizioni d'animo, il tuo discorso ti ha ora compromesso; ministro degli affari esteri nell'attuale ministero non puoi essere che tu, e questa convinzione che è nel Parlamento e che dovrei credere sia nel ministero stesso ti obbliga e ti conforta nel medesimo tempo, a camminare risolutamente sulle sole tue gambe e a gettar via quel resto di pudore ministeriale che se poteva essere scusato prima per la tua posizione personale in faccia al Minghetti, non sarebbe oggi scusato, nè come modestia nè come delicatezza. Bada che, sopratutto da oggi in poi, la vera responsabilità della politica estera non solo l'hai tu, in realtà, ma anche nell'opinione generale, che quindi i mezzi e le modalità a te spetta volerli e fortemente volerli; perchè, se non sarai tu il Ministro destinato a condurci nè a Venezia, nè a Roma, sarai almeno destinato a provarci che l'Italia ha trovato un ministro degli affari esteri serio, inteUigente e rigoroso; e questo risultato, che oggi par piccolo, potrà giungere presto il tempo in cui sia considerato grandissimo.

Non so se ti ho fatto elogio od una censura, ma ti ho detto in ogni caso quello che penso. È un'abitudine che con te mi par facile.

Non ho tempo oggi, ma vorrei parlarti in altra occasione anche della necessità ,che tu dovresti sentire di avere con un giornale indipendente relazioni e comunicazioni più frequenti, e della convenienza che questo giornale sia fra tutti, la Pe1·severanza. La forza di un giornale non è a sprezzarsi per un ministro che vuole avere delle idee e ~che non è sempre in libertà di esporle, nè dinanzi alla Camera nè in colloqui ufficiali. La Perseveranza è abbastanza seria per darti forza e abbastanza indipendente per riceverne. All'infuori dell'Opinione, che non potrà e non vorrà ma,i seguire le tue 'inspirazioni, la Persevemnza mi pare il giornale meglio collocato, per essere lo spiraglio delle tue idee personali. Ma di ciò ti ripeto, parleremo altra volta, se almeno credi valga la pena di parlarne.

Sono perfettamente del vostro parere cir,ca le elezioni generali. Mi pare sia in tutti penetrato il concetto dell'opportunità e l'atmosfera la credo, assai più favorevole che non si pensi al partito liberale, anzi proprio a quello ministeriale. Qui lavoriamo ad una larga conciliaz,ione, nell'ipotesi che l'elezioni avessero p. es. ad eseguirsi nell'autunno.

Gli amici stanno bene, ti raccomando sempre quel buon uomo del prefetto Papa. Anche ricordati del Gaudenzio Guicciardi per la prima infornata di cavalieri.

747

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 522, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 20 maggio 1864 (per. il 25).

Le baron de Roggenbach est persuadé que l'entente austro-prussienne déjà

ébranlée malgré !es apparences recevra le coup de gràce à l'occasion du nouveau Zollverein. L'Autriche restera isolée meme politiquement en Allemagne et

Prusse avec les etats secondaires allemands se rapprocheront de la France. J'ai toute raison de croire comme je l'ai déjà signalé à V. E. que Baden travaille à la fusion politique prusse-allemande. Un haut personnage me disait ces jours derniers, sans la Prusse en tète il n'y aura jamais une Allemagne. Une personne très bien informée m'a dit à propos de la solution de la question danaallemande, l'Allemagne exigera avant tout la constitution des duchés en état indépendant avec le due d'Augustenbourg, tolèrera au besoin l'annexion à la Prusse et ne subira l'union personnelle au Danemark que pour déchirer ce pacte à la première occasion. Le baron de Roggenbach continue à envisager l'entrevue de Kissingen de la manière signalée dans ma ·confidentieUe chiffrée N. 15.

(1) Al r. 2. '

748

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 517. Tunisi, 21 maggio 1864 (per. ore 19 del 22) (1).

Le consul français fait partir ce soir bateau à vapeur porteur de dépèches télégraphiques à Trapani demandant à Paris ce qu'il doit faire si des troupes turques arrivent ici par la frontière de Tripoli. J'en profite pour faire la meme demande car les bruits de l'éventualité susdite sont confermés et prennent grande consistance. Je puis avoir votre réponse par le bateau poste qui part de Trapani dimanche soir.

749

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. CONFIDENZIALE. Torino, 21 maggio 1864.

All'ultima vostra lettera nella quale toccavate della questione romana, io rispondeva accennandovi parermi che l'Imperatore avesse modificato alquanto il suo pensiero. Aver ragione di credere ch'egli sentisse la necessità nel caso di sede vacante di far qualche cosa, e fosse disposto a intavolare qualche negoziato sin da ora sull'argomento. lo rimandava il seguito di questa discussione alla vostra venuta in Torino che mi annunz,iavate pel Giugno prossimo, dopo di che avremmo insieme esaminato e deciso la convenienza di una vostra gita a Parigi.

Intanto una memoria era spedita di qui all'Imperatore nella quale erano delineate quelle proposte che avevamo motivo di credere entrassero nel suo concetto odierno, ed erano pure quelle medesime con alcune modificazioni che si

agitavano negli ultimi giorni della vita del Conte di Cavour. La somma delle quali consiste in ciò che la Francia piglierebbe impegno, dirimpetto all'Italia di sgombrare in breve termine dagli Stati romani, e l'Italia piglierebbe impegno dirimpetto alla Francia di non attaccare il territorio romano e di non permettere che bande di volontarii, o corpi franchi lo attaccassero. Tale è la sostanza, il resto sono accessorii. Il Papa formerebbe una legione mezzo sua, mezzo straniera ma ai suoi soldi, e da lui dipendente. Quale sia la risposta dell'Imperatore non sappiamo ancora. Bensì è da credere che lo trattenga dal prendere una risoluzione la crisi che minaccia di scoppiare fra breve nel suo ministero avvegnacchè Drouyn de Lhuys e Rouher non possono continuare insieme, ed è mestieri che l'uno di essi se ne vada. Il che se non toglie che l'Imperatore faccia con l'uno o coll'altro la sua propria e non altra politica, però non di meno accennerà a quale pieghi e come ne possa aver luogo l'attuazione. Ad ogni modo a noi conviene insistere, e cercare di giungere con la Francia ad una conclusione. Ma le notizie della salute del Papa che va peggiorando ci obbligano ancora a riflettere seriamente alla eventualità di sua morte, innanzi che nul1a sia combinato.

In tale eventualità comincio dal dichiarare che l'ingresso puro e semplice delle nostre truppe nel territorio papale mi sembra ipotesi contraria ad ogni buona politica, e da scartarsi interamente.

Ma che cosa accadrà nell'interno? Qui distinguo Roma, e gli altri paesi che sono occupati dalle truppe francesi, dai paesi dove truppe francesi non sono. Cominciamo da que·sti ultimi.

Nei paesi che non hanno truppe francesi, è probabile che scoppierà una insurrezione. È probabile ancora e non mi sembra strano che gli emigrati romani che sono presso ai ·confini piglino quel momento che Sovrano non c'è (anche a termini delle costituzioni e consuetudini antiche pontificie) per entrare e far causa commune cogl'insorti. A questo noi non dobbiamo opporci. E poniamo che l'insurrezione trionfi, che vi si faccia rapidamente un plebiscito, che il plebiscito sia per l'annessione, che tale plebiscito sia recato da autorità regolari ai capi del nostro esercito; credo che sia il caso di entrare con forze abbastanza imponenti e di occupare i paesi dove la rivoluzione avrebbe avuto il suo compimento senza intervento delle truppe francesi.

Rispetto a Roma e ai paesi occupati da truppe francesi, quivi insurrezione non potrà aver luogo ma semplici dimostrazioni, che difficilmente giungeranno ad una forma regolare di plebiscito. Ma checchè ne sia, è certo che tali dimostrazioni mentre potranno dar luogo a trattative diplomatiche, non potranno esser seguite da nostro intervento materiale, dovendo noi evitare qualunque conflitto colla Francia.

E sarebbe intenzione nostra di comunicare queste disposizioni all'Imperatore quando venga il momento necessario e senza chiedere consiglio, ma soltanto in via di amichevole partecipazione delle deliberazioni del governo italiano.

Tali idee sottopongo anche al vostro giudizio. E ben inteso nel caso di una morte repentina del Papa, prima che le trattative colla Francia fossero venute ad alcuna conclusione.

So che Peruzzi scriverà in questo senso anche al marchese D'Afflitto, col quale per conseguenza potrete favellarne; ed egli stesso anzi si rivolgerà a voi per potere all'occorrenza prendere opportuni concerti.

Come >io vi dicea dapprima avrei aspettato la vostra venuta qui per conferirne. Ma bisogna esser pronti alla circostanza. Perchè, come ben voi stesso notavate, se dovesse farsi un cambiamento di Pontefice, senza che nessuna cosa fosse avvenuta, e l'Italia disperasse di fare alcun passo verso 1a soluzione della questione romana; ciò toglierebbe grande autorità e prestigio al Governo, e darebbe forza al partito d'azione, al quale abb~amo senza equivoci e senza reticenze detto alla Camera la nostra risoluzione di impedire qualunque tentativo, da qualunque parte voglia farlo in Italia; e ove occorra energicamente e immediatamente lo reprimeremo.

(1) Il telegramma venne trasmesso da Trapani alle ore 15,35 del 22.

750

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 21 maggio 1864.

Vi ringrazio delle vostre lettere del 15 e 19 corrente (1). Risponderò col ritorno del corriere Villa che conto spedire a Torino Lunedì.

Vi fo i miei complimenti sul vostro diseorso. Ne ho distribuito gli esemplari, e sono lieto di potervi dire che è molto apprezzato; è un successo tanto più notevole quanto più è radicata qui la ripugnanza d'occuparsi della questione romana. Questa ripugnanza può paragonarsi alla noja prodotta in un cattivo debitore dal ricordo d'un obbligo insoddisfatto. La memoria fu rimessa. Scrivendo per la posta non posso entrare in particolari. Riservo ciò alla partenza del corriere. Ma intanto credo non dover tardare a dirvi il mio avviso sulla nota che preparate. La crisi può tardare, e intanto il Papa può morire. Penso che noi dobbiamo fare il debito nostro, avvertendo il Governo francese di questa eventualità. Lo scopo della nota a mio avviso non deve esser altro che questo, cioè: chiamare l'attenzione del Governo Imperiale sull'eventualità della morte del Papa, e dell'oc,casione ch'essa offre per la soluzione della questione dell'occupazione; avvisare lo stesso Governo dei gravi eventi che possono nascere in Italia se da questa circostanza non ,si piglia occasione di ritirar la guarnigione; insistere sulla necessità che i due Governi d'Italia e di Francia s'intendano in vista di questa gravissima eventualità; richiamare alla memoria del Governo francese la nota precedente rimasta senza risposta.

.La nota redatta su queste basi dovrebbe essere presentata subito.

lo non m'illudo al punto da credere che l'Imperatore voglia firmare un atto qualunque o pigliare un impegno positivo. Non credo che lo faccia. Ma sarebbe suo interesse il mettersi, ufficiosamente se vuole e senza impegni scritti, d'accordo con noi sul da farsi. Dico che è suo interesse, perchè se l'Italia si muove, la posizione della Francia potrebbe diventar più che imbarazzata, pedcolosa.

Dite, Vi prego, a Minghetti che ho ricevuto la sua lettera, che lo ringrazio e che gli risponderò pure col corriere. Ho ricevuto anche H suo discorso. Non poteva meglio por la questione, e mi congratulo vivamente con lui d'averla posta sul vero suo terreno. Ditegli pure fin d'ora che sono sventuratamente convinto, che nè anche l'insuccesso della Conferenza di Londra (qualora si verificasse, il che è possibile ma non probabile), nè un moto nelle Provincie orientali dell'Austria o nei Principati, smoverebbero per ora l'Imperatore dal suo proposito di non entrare in nessuna guerra. Gliene dirò le ragioni più tardi.

Non vedo inconvenienti a che si dia al Principe Pietro Bonaparte, come già si diede al Principe Antonio, il Gran Cordone. E giacchè sono forzato a parlarvi di questo nojoso argomento, devo pregarvi di proporre al Re due decorazioni di Commendatore di S. Maurizio per due funzionarii della Corte Imperiale: una pel Barone de Laage.. Comandante delle Cacce dell'Imperatore, vecchio ufficiale d'Affrica, che ebbe l'onore di portare il fucile del Re quando cacciò a Compiègne; è Commendatore della Legion d'onore. Ed una pel Barone De Varaigne du Bourg, Prefetto del Palazzo. Sormani vi scriverà suoi titoli a questo favore.

Il Corrie1·e italiano pubblicato a Parigi da Caccia (figlio), è uno di quei giornali che sono destinati a breve ed oscura vita. Non avrà nessunissima influenza nè qui nè in Italia, e non sarà letto nè nell'uno, nè nell'altro paese. Il solo modo d'influire efficacemente sulla stampa francese, è, a mio giudizio, quello d'avere in Italia un buon giornale francese che abbia adito in Francia, e che sia quotidiano. Esso sarà letto qui e copiato. Voi sapete al par di me come la compilazione dei giornali francesi si faccia in gran parte ,colle forbici. Se potete giovarvi dell'Italia sarà ottima cosa; se no guardate di fondare un altro foglio coi danari che si spendono meno utilmente in altri giornali. Ad ogni modo credo che a titolo di esperimento il nuovo Corriere Italiano potrebbe avere da voi qualche incoraggiamento. Il Caccia si mostra disposto a servirei, e dice che ebbe sussidii dal Gabinetto dell'Imperatore. Se quest'ultima asserzione è vera, il giornale avrà una tendenza a noi favorevole.

Il Principe Napoleone è partito per la Svizzera ove rimarrà circa tre settimane.

(1) Cfr. nn. 739 e 745.

751

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. CIFRATA. Parigi, 21 maggio 1864.

Dites au Roi que je reste ici jusqu'au premier pour attendre solution de la crise ministérielle. Il est important pour Gouvernement du Roi que je vous apporte à Turin les détails à ce sujet. Le Moniteur a démenti à faux la crise et la lettre de l'Empereur au Ministre d'état. Ceci à la suite d'une dépèche du Roi qui demande à Nigra si je suis déjà parti.

752

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Londra, 22 maggio 1864.

Deggio domandar più del solito la vostra indulgenza pel dispaccio che vi mando oggi. Ma non mi sento bene e pur troppo il fisico ha gran influenza sullo stato mentale. Inoltre siamo in quel terribile momento della stagione di Londra in cui tutto, seccatori ricevimenti calore ed occupazioni impediscon quasi di trovar tempo per vivere. Da quattro mesi non son pervenuto a liberarmi di una irritazione di gola che il mio medico ·considera ·come semplice debolezza della mucosa, cagionata e mantenuta dal freddo. Diffatti, dopo il tardo avvento del calore mi pare vada meglio. Anzi per Pentecoste andai per 4 giorni a Brighton dove solitariamente mi seccai, ma volli provare l'effetto dell'aria di mare e del cambiamento d'aria. Ero venuto al punto di dubitare se non mi converrebbe precipitare le intenzioni di retraite. Ma ne giudicherò quando verrà l'inverno. Il fatto sta che riconosco la necessità d'una vita più attiva, la vera panacea di tutti questi uomini di Stato. E spero potrò quest'anno oltre ai bagni far qualche corsa pedestre in montagna o Svizzera o altrove.

Ho parlato senza appoggiar gran fatto a Lord Russell di quanto mi dicevate del linguaggio mal calcolato di suo nipote a Roma. Ma egli rispose che al caso parlasse così non avrebbe fatto che rendersi l'eco di quanto ogni giorno asseriva l'Ambasciatore di Francia al Cardinal Antonelli. Poter cioè il Governo papale far calcolo sulla protezione francese in ca,so d'interregno e di Conclave. Non esser il cambiamento di persona motivo per l'Imperatore di cessare il suo tutelare il papato etc.

Gli agenti diplomatici francesi non sempre rappresentano il pensiero del loro Capo. Ma nel caso presente, pur troppo, può darsi che parlino giusto.

Ad ogni modo è bene che siate informato anche delle impressioni che esiston qua. Poichè del linguaggio che tiene Sartiges non dubito che siate istruito.

In quanto alle notizie, di cui mi fate parola come trasmessevi da Stoccolma, esse s'ac·cordano con quanto soventi in questi ultimi tempi ebbi occasione di scrivervi. Esser pervenuta al Governo inglese per vie sotterranee la conoscenza di un accordo scritto tra l'Austria e la Prussia, regolando certe eventualità e sopratutto quello d'un attacco nella Venezia.

S'impiegò per questo il signor Oliphant, Agente confidenziale del Foreign Office e che anche ieri sera incontrai da Lord Palmerston. Oliphant, del resto, è molto per noi. Egli mi disse aver letto questo accordo ma ·che non eravi compresa la Russia poichè l'Austria avea paura d'esserne imbrogliata, mentre credeva di prima importanza l'assicurarsi l'appoggio della Prussia pei casi della Venezia.

Lord Palmerston a più dprese s'espresse in termini consimili, e sempre ve ne rendetti conto nelle mie lettere sia a Voi sia a Minghetti. Questo desidero constatare soltanto per dimostrare ,che vigilo.

Cercai di far discorrere Lord Palmerston su Couza. Ma egli tanto in quest'affare come in quello di Tunisi vede intrighi francesi. Anzi, mi disse d'aver fatto osservare a Latour d'Auvergne come fosse strano che dappertutto, fuorchè nelle sponde del Mediterraneo, andassero d'accordo gli Agenti francesi e inglesi. Per riguardo a Couza finì per dire che era un perturbatore che voleva rendersi indipendente e che se la Porta lo avesse mis à la raison come Potenza suzeraine non avrebbe avuto che quanto si meritava. Sempre osserverete che quando trattasi d'Oriente in Lord Palmerston la passione prende il dissopra. Poichè siccome mi osservava Oliphant chi potrebbe impedire che in questo momento l'Austria e la Russia s'impadronissero di una provincia per uno.

Non so se lo dovressimo avversare poichè essendosi l'Austria così servita a dirittura dei compensi resterebbe meno difficile, stante l'irritazione di qualche altra Potenza di riprendersi noi pure quanto ci conviene. Tanto più che nel Nord essa ci prepara antecedenti ed esempii che ci potranno servire all'occorrenza.

In quanto alle espressioni alla camera sarò sempre contento di esser messo come si suoi dire in Inglese nella stessa barca di voi. E a dire il vero le schiamazzate di alcuni deputati non mi fanno gran cosa.

Vi lascio per ·condurre a Greenwich i coniugi Trivulzio...

753

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. Torino, 23 maggio 1864.

Ho ricevuto stamane la Vostra lettera del 21 (1). Minghetti è assente e sarà

di ritorno domani l'altro. I decreti per la decorazione di Commendatore alle

persone che mi raccomandate saranno presentati al Re alla prima udienza.

La Nota sarà redatta domani e discussa al ritorno del Presidente del Con

siglio. Essa comincierà col riassumere brevemente la questione, l'attitudine del

Governo Italiano in quest'ultimo periodo, la Nota del luglio, indicherà come

l'urgenza di occuparsi di queste quistioni sia resa anche più grande dalla

eventualità d'una vacanza della S. Sede e svolgerà, a proposito di questo

evento, quelle considerazioni che voi indicate.

V'è un pericolo sul quale chiamo tutta la Vostra attenzione e la Vostra

previdenza ed è che non ci si mandi qualche facsimile della risposta fatta da

Drouyn de Lhuys al Generale Durando. Che ci si dica che, la quistione rima

nendo qual'è, si fa conto sulla saviezza del Governo italiano per prevenire ogni

tentativo d'emigrati e sull'azione delle truppe francesi per impedire ogni tenta

tivo rivoluzionario all'interno. Ad ogni modo non ci sarà nulla nella Nota che

minimamente sposti la quistione del terreno diplomatico su cui l'abbiamo posta.

In faccia all'evento della morte del Papa, il Governo ha due mezzi innanzi a sé -tentare d'accordarsi colla Francia -promuovere delle manifestazioni nelle quali la sua diretta responsabilità sia il meno possibile impegnata. Questo secondo mezzo è già un po' guasto in quanto che imprudenze e indiscrezioni avvengono per necessità, e la complicità nostra apparirà più o meno evidente, ma apparirà pur sempre. Per questo è bene che esista un documento dal quale appaja come il Governo italiano non ha mancato di lealmente chiamare l'attenzione della Francia sulle complicazioni che sorgeranno e che constati a chi spetta la responsabilità. Qui non si tratta di Gariba,ldini e di partiti d'azione. Quando vi dico che il Generale La Marmòra e il Generale La Rovere dichiarano che è impossibile lasciar passare l'eventualità della morte del Papa senza agire, vi avrò dato il miglior criterio dello stato dell'opinione pubblica in Italia a questo riguardo.

Ho veduto un'ora fa Malaret, e parlando appunto della salute del Papa, gli dissi che, senza un qualche accordo preventivo la Francia avrebbe potuto trovarsi dinnanzi a una conseguenza della sua situazione, conseguenza che fortunatamente finora non aveva dovuto subire, queLla di spargere il sangue per le vie di Roma. Malaret mi disse che egli era lasciato senza istruzioni, che qualche tempo fa aveva scritto a Drouyn de Lhuys una lettera particolare nella quale lo informava dello stato degli spiriti in Italia e come, in caso di morte del Papa, egli credeva che dei moti sarebbero avvenuti o in Roma o verso Roma e che il Governo italiano avrebbe lasciato fare. Mi aggiunse che non aveva ricevuto alcuna risposta a questa lettera. Sventuratamente io credo che nella Memoria di Pepoli ci sono dei dettagU che parranno poco pratici all'Imperatore -le proposte al Conclave per es. -e che possono per conseguenza esercitare una cattiva influenza sull'insieme. Bisognerebbe poter discutere con lui su questi dettagli, renderli il più ch'è possibile accettabili e pratici.

Le notizie dalla frontiera Veneta sui tentativi mazziniani sono rassicuranti. Le precauzioni finora bastarono e tutto è tranquillo.

(1) Cfr. n. 750.

754

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 23 maggio 1864.

Approfitto della partenza del corriere di Gabinetto per darvi notizie della situazione.

Rouher che ho visto ieri mi assicurò che esso persisteva nelle intenzioni espresse nella sua lettera all'Imperatore. Che cosa ,l'Imperatore decida, non si sa ancora, e non lo sa nemmeno l'Imperatore stesso. Pare però probabile che l'Imperatore farà il possibile per evitare la crisi. Ad ogni modo egli vorrà pigliar tempo e non vorrà esser messo al muro. Le due ipotesi le più probabili sono adunque le seguenti: o Rouher persiste a dar la sua demissione subito, se non si cambia il Ministro degli Affari Esteri e se non si entra nel nuovo ordine d'idee da lui proposto, e in questo caso l'Imperatore accetterebbe la demissione e metterebbe al Ministero di Stato un titolare per interim, senza significato politico, per esempio il Maresciallo Vaillant che è Ministro della Casa dell'Imperatore e delle Belle Arti. Questo sarebbe un prorogare non risolvere la questione. Ma a questo modo l'Imperatore avrebbe dinanzi a sè tre o quattro mesi di tempo per avvisare. Ovvero Rouher, che accoppia ad un'alta intelligenza una certa debolezza di volontà, non saprà resistere alle preghiere della Corte e alle influenze di famiglia, ed accetterà di rimanere titolare del Ministero di Stato ancora per due o tre mesi. Spirati i quali la crisi avrà una soluzione. In questo caso egli piglierebbe un congedo e non si parlerebbe di cambiamenti che all'approssimarsi della nuova Sessione legislativa. Questa seconda ipotesi è di tutte la più probabile, quantunque Rouher ripeta che non è disposto ad accommodarvisi.

La miglior soluzione sarebbe certamente quella che ponesse Rouher e Thouvenel alla testa del Governo. Ma non oso sperarla per ora. Una quarta soluzione, che io vi riferisco unicamente perchè negli scorsi giorni se n'è parlato molto, è quella messa in campo da Persigny. Secondo questa combinazione, i portafogli sarebbero così distribuiti: Walewsky al Ministero di Stato, Persigny agli Affari Esteri, Thuillier all'Interno con intervento al Corpo .legislativo, Haussmann ai Lavori Pubblici, Fremy alle Finanze, Magne al Consiglio di Stato; de Vienne Guardasigilli, ed anche secondo alcuni Fleury alla Guerra. Un'amministrazione così .composta non potrebbe avere che tendenze molto restrittive per non dir .reazionarie. Benchè Walewsky e Persigny si diano molto moto per far prevalere questa combinazione, non si crede, e con ragione, che essa abbia probabilità di riuscita.

Vi ripeto adunque che è molto probabile che l'Imperatore voglia guadagnar tempo facendo prevalere una delle due prime ipotesi che vi ho accennato.

La memoria di Pepoli è nelle mani dell'Imperatore. La seconda parte di essa mi par buona. Dico buona nel senso, che parmi più accettabile dall'Imperatore. Credo che l'Imperatore non ·SÌ risolverà a pigliare un impegno formale verso di noi. Ma gli sarà facHe fare al Conclave la dichiarazione di ritirar le truppe. Io agirò in questo senso, e Rouher, a cui ne ho confidenzialmente parlato, mi ha promesso d'agire in via parallela, senza mostrare, ben inteso, ·che è informato della memoria. Spero che l'Imperatore risponderà a Pepoli. In ogni caso io gliene parlerò. Ma non potrò farlo che a Fontainebleau. Sarebbe bene che a quell'epoca io avessi nelle mani delle informazioni precise intorno ai Cardinali probabili. Se me le mandate, non .saranno inutili. Sarebbe pur bene che si profittasse del veto portoghese. Se ne potrebbe scrivere a Lisbona; ed io qui posso agire per mezzo di Paiva, che si mostra disposto ad appoggiare le nostre idee. Parmi sia utile l'indicare fin d'ora a quella Corte i Cardinali che bisognerebbe escludere. Mi si dice qui che i Cardinali che riuniscono in questo momento le maggiori probabilità sono Patrizi, Caterini e Riario-Sforza, tutti e tre ostilissimi a noi. Mi si indicano per contro come meno ostili, e perciò appunto meno probabili Altieri, Bofondi, D'Andrea e Barnabò. Desidererei sapere su quest'argomento le vostre idee. Spero che intanto non si perderà tempo per agire presso i Romani. Se i Romani sanno e hanno coraggio d'agire,

poco importerà di tutti i veto e del Conclave. È importante che si prepari fin d'ora il modo di far la votazione. Appena il Papa sia morto la popolazione romana deve rivendicare la sua Sovranità, protestare contro l'occupazione e votare l'annessione. So che le difficoltà saranno grandi. Ma se i Romani vogliono davvero, sapranno superarle. L'attitudine loro >in questa circostanza varrà più d'ogni negoziato, e in ogni caso ajuterà i negoziati stessi.

Vi ripeto quello che già vi dissi nelle lettere precedenti intorno al Vostro discorso. Non ne udii che elogi, anche là dove meno m'aspettava d'udirli. Avete fatto egregiamente a protestare contro le accuse di servilità e di soverchia deferenza alla Francia. Queste accuse sono stolide; e dirò anche ingiuste verso l'Imperatore, il quale in nessun caso mai, dacchè ho la fortuna d'avvicinarlo, mi disse cosa che oltrepassasse i limiti della più scrupulosa convenienza. Nè voi, nè io, nè quanti uomini onorati sono nel nostro paese sopporterebbero mai nulla che possa aver l'ombra d'una pressione donde che venga. Due sole volte, dacchè l'Imperatore regna in Francia, ci si tenne da' suoi Agenti un linguaggio poco misurato. La prima volta fu dopo il colpo di Stato quando il Ministro di F,rancia Signor de Butenval diresse a Massimo d'Azeglio una nota imperiosa a proposito dell'internamento degli emigrati francesi in Savoja e a Nizza. La nota fu rimandata e l'imprudente Ministro richiamato. La seconda volta fu quando il Governo francese, dopo l'attentato d'Orsini, perse la testa, e tenne propositi minacciosi in Inghilterra, in Belgio, in !svizzera e presso di noi. In quella circostanza il re fieramente rispose: sapesse l'Imperatore che i suoi antenati regnavano da otto secoli indipendenti, che intendeva rimaner tale ed era pronto a salir le Alpi e tirar la spada; e gli facesse sapere se voleva altro da lui.

Del Cardinal Morichini e del suo arresto non mi si disse verbo qui. Io penso però che questo arresto fu un errore. MandarE via questi Signori, quando cospirano, mi pare miglior partito che lo arrestarli e dar loro l'apparenza di martiri.

Scriverò intorno alle altre cose a Minghetti.

755

IL GENERALE KLAPKA AL GENERALE GARIBALDI (AVV)

L. P. Torino, 23 maggio 1864.

En conformité de ce qui a été arreté, lors de nos dernières entrevues, en Angleterre, je me suis rendu à Turin, pour communiquer au Gouvernement

vos idées et pour arriver à une entente avec nos représentants et amis, MM. Mordini et Cairoli.

M. Cairoli aura soin de vous faire parvenir toutes Ies pièces relatives à nos

pourparlers. Je regrette vivement de n'avoir pu rapprocher d'avantage, les deux parties. Vos amis, trouvaient les offres du Gouvernement insuffisantes, et ,le Gou

vemement, de son coté, était retenu par des considérations politiques et d'Etat pour s'engager d'avantage.

:;o -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Ce n'est pas à moi, étranger, à m'arroger de porter un jugement sur celui des deux qui avait tort ou raison.

Pénétrés du meme ardent désir de compléter l'affranchissement de l'Italie, vous pouvez bien différer sur les voies et moyens pour y arriver, tout en poursuivant toujours le meme grand but.

C'est dans cette conviction, que j'insiste auprès de vous, pour que vous n'abandonniez pas la grande tache que vous avez si chaleureusement accueillie à Londres et à Cliveden, celle de devenir le Médiateur du peuple de l'Europe Orientale, et par là, d'offrir à votre propre pays, la plus belle et la plus siìre occasion, d'engager lui-meme, sa dernière Iutte contre l'Autriche.

Il y a des moments, dans la vie des peuples, où ils doivent faire abstraction de leurs questions intérieures pour ne viser qu'à la destruction de l'ennemi dont ils se sentent menacés.

Le but fina! que vous poursuivez, c'est certes, la destruction de l'Autriche. Vous pouvez coopérer à cette oeuvre, plus puissamment peut .etre encore, dans la vallée du Danube que sur le littoral de l'Adriatique ou ailleurs.

Depuis les Garpathes jusqu'au Danube, de l'Adriatique jusqu'à la mer Noire, s'étend un vaste théatre où tout vous appelle et vous convie, pour y grouper ensemble en un formidable faisceau, des forces qui jusqu'à présent, étaient hostiles, en vue de l'Indépendance de l'ItaHe, comme de la leur propre.

Pour éviter tout malentendu, je crois devoir vous préciser la position que vous occuperiez parmi nous, au cas où vous donneriez suite à vos premières résolutions de Londres.

Les différents états, qui avec leur passé, leur traditions, leur nationalité, aspirent au rétablissement de leur indépendance, sont en première ligne, la Hongrie, la Transylvanie, la Croatie et la Gallicie. A ce groupe de pays combattants, se joindraient, plus tard, la Servie, ainsi que !es Princtpautés Unies, pour acquérir s'imultanément avec nous, leur complète indépendance.

Chacun de ces Pays, est jaloux de ses droits et tient à sa dignité, chacun

s'organisera donc librement comme il le voudra, politiquement et militaire

ment, chacun fournira et apportera dans la grande lutte son contingent; votre

tàche, serait de les lier ensemble, et de les faire converger vers le but commun.

A cet effet, vous auriez deux phases d'action à traverser, au cas, où vous

accepteriez nos propositions:

La première de nous aider à préparer à la lutte tous ces peuples, par l'esprit

de réconciliation que vous leur precheriez;

La seconde de sceller leur alliance sur les champs de bataille, par votre

médiation présente et active au moment de la lutte.

On ne vous demande pas de vous occuper d'organisation militaire et des

questions politiques intérieures de ces différents peuples.

Vous auriez la direction supreme de Ieurs forces réunies et le mouvement

en commun, une fois engagé, vous pourriez considérer votre tache comme glo

rieusement terminée.

Permettez-moi d'ajouter encore quelques mots.

Quant à la I~re de ces deux phases, nos préparatifs sont en train de s'opérer

sur tous les points.

Toutefois, les immenses difficultés que nous rencontrons ne nous permettent pas d'espérer de les voir achevées au point d'entamer sérieusement la lutte avant la fin du mais d'Aout.

Ce temps, pourra ètre néanmoins fructueusement employé à préparer les esprits dans tous ces pays, aux événements dans lesquels ils vont se trouver engagés, et à la part que vous ·consentiriez à y prendre.

Vous avez déjà choisi, pour faire ce travail, un de vos amis, le Colone! Missori, auquel j'aurai soin de remettre les instructions qui lui seront nécessaires, ainsi que les moyens pour agir efficacement. Il va sans dire que des lettres écrites par vous seront indispensables pour le bien piacer.

Si M. Missori pouvait, en outre, emporter avec lui, une première proclamation qui serait adressée par vous aux peuples Hongrois, Slaves et Roumains de la vallée du Danube et du littoral de l'Adriatique, notre cause ne pourrait qu'en tirer un effet très salutaire.

Tous ces préparatifs une fois assez avancés, et les préliminaires terminés, nous vous en préviendrons et nous nous entendrons alor.s sur l'Espagne et sur la manière de nous rendre sur les lieux.

Dans l'attente de vos bonnes nouvelles...

756

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 24 maggio 1864.

Il tuo discorso fu qui generalmente apprezzato, ne ho fatti tracés per alcuni articoli in diversi giornali, ti mando qui acclusa copia del primo che uscirà nell'Opinion Nationale, verrà in seguito quello della Patrie e dei Débats. Domenica scorso ho chiesto a Rouher un rendez-vous per Nigra, rimase con Lui lungo tempo e ne fu contentissimo, il nostro Ministro conviene ora meco che Rouher est la seule planche de salut alla quale noi possiamo attaccarci, ammesso però che la planche si salvi dal naufragio, il quale potrebbe essere ancora la conseguenza dell'attuale crisi Ministeriale. Io sono convinto che il mio amico finirà per trionfare, poichè la posizione che egli s'è fatta è tale che nessuno potrebbe rimpiazzarlo; ammettendo anche che S. M. Imperiale acconsentisse ad entrare nella via della responsabilità Ministeriale, sarebbe sempre necessaria una preponderante intelligenza parlamentare. La cotteria di corte ed i seguaci dell'Imperatrice non lasciano intentato nessun intrigo, per liberarsi del Ministro di Stato, l'opinione generale però è talmente favorevole a Rouher che sembrami impossibile non abbia a trionfare; anche Morny nella sua finezza e nelle sue vaste ambizioni di Reggenza, ha fatti tacere alcuni personali risentimenti per appoggiarsi a Lui, ed è per queste ragioni che il Principe Napoleone è a Rouher meno favorevole che non dovrebbe esserlo per i suoi principii.

L'Imperatrice che aborre Madame Rouher si è però abbassata a far fare passi indiretti ond'Essa persuada suo marito ad accettare la proposizione di 11imanere per tre mesi ancora al Ministero come travasi attualmente, qualora

questa gli venisse fatta dall'Imperatore, colla promessa formale che allo spirare

di questo tempo i suoi desiderii sarebbero interamente esauditi. È da notarsi

che le informazioni giunte da Roma a Torino ed a Parigi combinano perfetta

mente nel non dare al Papa una vita più lunga di tre mesi, è quindi evidente

che l'Imperatrice vuol tener lontano Thouvenel onde impedire che nel mo

mento di sede vacante si prendano risoluzioni favorevoli all'Italia. Questo giuoco

è agevolmente compreso dal Ministro di Stato, il quale fa dell'evacuazione degli

Stati Pontifici, una delle principali basi della sua politica e ciò posso assicu

rarti malgrado ch'EgH abbia poco detto alla Camera sulla questione Italiana,

poichè il dire di più sarebbe stato nocevole all'intrapresa lotta ed all'avvenire

della questione stessa.

Thouvenel manterrà la parola data a Rouher quantunque sente tutta la

difficoltà che va ad incontrare; massime per gli odii che su di Lui hanno atti

rato le opinioni sue sulla questione Romana ad arte esagerate, onde aumentare

il numero dei suoi avversarii.

L'opinione di Thouvenel sui Principati Danubiani era, fin dal principio

di questa questione contraria a quanto vi si è fatto; nella sua nota di quel

tempo presentendo la difficoltà a cui la questione Italiana andava incontro,

Egli avrebbe desiderato che i Principati Danubiani fossero dati all'Austria in

compenso dei suoi possedimenti in Italia, raggiungendo così il doppio scopo,

quello cioè di pacificare la penisola da una parte, mettendo dall'altra un osta

colo permanente ad un riavvicinamento fra l'Austria e la Russia.

L'idea di far trionfare il principio del suffragio universale prevalse, e la

nomina del Principe Couza è dovuta alla rivalità fra le diverse famiglie d'Ospo

dari, le quali non potendo mettersi d'accordo, e nessuna sentendosi preponde

rante, preferirono dare i loro voti a persona, che, secondo Essi, non avendo

antecedenti non prenderebbe solide radici nel Paese tanto più che ciascheduno

di Loro proponevasi di combatterlo poi a proprio profitto; quanto ora succede

è la conseguenza d'un falso punto di partenza.

La nuova legge elettorale che il Principe Couza ha attualmente sottomessa al voto del Paese è una patente violazione della ·convenzione del 1858, la quale non permette che questa legge venga modificata che dietro proposizione, diretta dal Governo Moldo-Valacco alla S. Porta, esaminata di concerto colle potenze segnatarie della convenzione.

Per giudicare giustamente la portata di questa legge sarebbe necessario il conoscere giustamente il numero e la qualità degli Elettori che sono ·chiamati a votare; secondo le idee di M. Thouvenel ed in seguito agli studii da Lui fatti risulterebbe che nella popolazione rurale non si troverà più del 10% fra i Rumeni che riuniscono le due condizioni volute, quella cioè di pagare 4 ducati di contribuzione e q.uella di saper leggere e scrivere. L'articolo che dispensa le pretese capacità dal pagamento della fissata contribuzione, è secondo M. Thouvenel d'un deplorabile effetto, poichè ha per iscopo di sostituire una democrazia della peggiore specie, ad una nobiltà incapace ed ostile, ma avente però ancora una certa forza come possidenza.

Sarebbe ingannard seriamente se si prendessero al serio le nominazioni citate nel secondo articolo della nuova legge proposta dal Principe Couza, e non bisogner,ebbe sopratutto fare confronto fra queste individualità e quelle che sotto le stesse denominazioni trovansi in Italia ed in Francia.

La questione seria sta nel sai)ere se si permetterà aHa Porta d'intervenire, la convenzione del 1858 non designando ben chiaramente quale delle Potenze segnatarie debba eseguire l'intervento che deve essere preceduto dall'autorizzazione delle potenze, fra le quali varie pretese possono prodursi, quelle della Porta in primo luogo, quelle delle potenze vicine in seguito.

Non è da credersi che si permetta alla Russia nel 1864 di prendere col consenso della Francia, dell'Inghilterra e della Turchia la posizione sul Danubio che motivò la guerra nel 1855, tale risultato non sarebbe possibile che nel caso che l'Austria e la Russia rinunciassero alle loro rivalità sul Danubio, e preoccupata l'una della Polonia, dell'Ungheria l'altra, s'intendessero per dividersi l'occùpazìone come preludio dì un partage territoriale.

La Questione d'occupazione potrebbe divenire anche seriissima per i Principati del Danubio, se l'accordo invece di stabiHrsi a Vienna ed a Pietroburgo, si stabilisse fra la Porta e l'Austria dietro insinuazione dell'Inghilterra, il che sarebbe pienamente conforme alla politica seguita dalle tre potenze dopo il trattato del 1858.

Se le potenze riunendosi per decidere ,}'Intervento facessero cadere la loro scelta su l'Austria, e la Francia a ciò non si opponesse, questo si effettuerebbe, la Russia non potendolo impedire che facendo la guerra; il punto essenziale sarebbe però nell'accordo perfetto fra la Francia e l'Inghilterra, quest'ultima sarebbe più arrendevole non avendo come la Francia a disfare ciò che nei Principati si è fatto dietro suo consiglio e quasi per opera sua.

Secondo Thouvenel il Gabinetto di Torin·o dovrebbe camminare pienamente d'accordo con quello delle Tuileries cercando però di spingere segretamente presso l'Imperatore, perchè Egli consigliasse ed acconsentisse all'Intervento Austriaco. Sarebbe questo il solo modo per rendere pratici certi progetti, fino ad ora assai vaghi, per la liberazione della Venezia.

Eccoti, caro amico quanto Thouvenel mi ha detto circa la questione dei Principati; Egli m'incarica di dirti che ha letto il tuo discorso, e che si congratula teco della posizione che deve averti fatto alla Camera e presso tuoi colleghi.

Il dirti quanto io faccia voti per il ritorno di Thouvenel agli affari è cosa inutile, lo spero, malgrado le ostilità, ma non oso tenermi sicuro.

Puoi spedire, anche secondo il parere di Rouher, la nota per Roma qualora però in essa non vi sieno progetti e si l'imiti a segnalare i pericoli inevitabili, a cui l'Italia non solo, ma anche ,la Francia, vanno incontro se avviene la morte del Papa senza che si sieno presi concerti preventivi; quanto al progetto Pepoli che non conosco, ma che credo esser poco presso quello di Cavour, o per megLio dire queLLo deL suo tempo, non otterrà riscontro, poichè da quanto mi si assicurava questa mane, l'Impemtore non si vuole impegnare preventivamente.

Il mio avviso si è che si finirà per adottare l'ultimo prog·etto di Thouvenel, !imitandomi a sperare che S. M. Imperiale ne dichiari il contenuto al momento stesso della morte del Papa senza prendere impegno anteriore.

Io giungerò a Torino la sera del Io Giugno, la crisi non sarà ancora vidée a causa della nuova prorogazione della Camera, ma prima della mia partenza saprò, in gran parte a cosa attenermi.

Pregoti salutarmi Minghetti e Peruzzi...

757

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti, ed., con data 22 maggio, in LIPPARINI, pp. 398-399)

L. P. Parigi, 24 maggio 1864. Voi mi domandate se l'imperatore piglierà occasione di far la guerra dall'insuccesso (ove si verifichi) della conferenza di Londra o dai moti che fossero per svilupparsi nei Principati e nelle provincie orientali dell'Austria. In ·coscienza credo di no. L'Imperatore si sente stanco ed affaticato. Ha desiderio di riposo e di calma. Temporeggia in tutto. Rimane interi giorni nel suo gabinetto. Parla di rado coi Ministri. Non ha vicino a sè un uomo di energica volontà che lo determini e lo spinga, come quando fece il colpo di stato e la guerra d'Italia. Il principe Napoleone si tiene in disparte. Persigny ha perso il credito, e se ne avesse si adoprerebbe per spingerlo a una politica retriva all'interno. La sola imperatrice gli sta vicino ed agisce sulle sue deliberazioni. Ma essa pure è aliena da ogni idea di guerra. Il Ministero è in congelato dissesto. Rouher insiste per ritirarsi, Morny ugualmente. D'altro lato è evidente che le tendenze della Francia han mutato direzione; dalle cose estere si passò alle interne. Non si domanda all'imperatore di far la guerra; gli si domanda di dare libertà e franchigia al paese. Oso dire che se si ripresentasse ora la situazione del 1854, non si farebbe più la guerra di Crimea. A meno adunque di esservi tirato pei capelli e forzato da una necessità inesorabile, l'imperatore non entrerà in nessuna guerra. Lo spettro della coalizione lo spaventa, e raddoppia di cautela, di moderazione, di prudenza. V'è ancora un caso in cui potrebbe esser tratto alla guerra, e sarebbe se si presentasse l'occasione sicura di far conquiste sul Reno. Ma perché quest'occasione si presentasse, bisognerebbe che l'imperatore fosse sicuro di aver con sé l'Austria e la Russia, o almeno fosse certo d'una neutralità benevola di queste potenze e dell'Inghilterra. Ma chi può sperare un tal cambiamento dopo la sciagurata campagna diplomatica della Polonia? Quanto alla necessità che potrebbe forzar l'imperatore alla guerra essa può verificarsi (per quanto si può giudicare dagli eventi futuri) in due casi. In primo luogo non v'è dubbio che se l'Italia fosse battuta sul Mincio e sul Po, e se l'eserdto austriaco venisse ad accamparsi sul Ticino e sugli Appennini,

la Francia sarebbe costretta a scendere in Italia. In secondo luogo se le ·cose interne della Francia pigUassero una piega meno favorevole, se l'imperatore

fosse messo nella dura alternativa o di fare un colpo di stato, o di spogliarsi affatto della sua autorità dittatoriale, potrebbe accadere che volesse soffocare nel rumore di una grande guerra i desiderli di novità che si van manifestando all'interno e le difficoltà che gli suscita la nuova opposizione in seno al Corpo legislativo.

So ·che non bisogna esagerare queste difficoltà. L'Imperatore ha ancora un immenso prestigio, e la sua autorità è per nulla contestata. Ma d'altro lato non bisogna chiuder gli occhi all'evidenza. La Francia è bramosa di libertà. La tendenza generale è questa. Esiste un po' di malcontento, e un po' d'inquietudine. Il torto è un po' dalla parte del Governo e un po' dalla parte della popolazione. La cattiva direzione della politica estera; la spedizione del Messico; la reazione clericale occasionata dalla nomina di Drouyn de Lhuys; l'amministrazione Persigny sono colpa del governo. Ma è colpa della popolazione l'incostanza e l'instabilità del suo carattere, questa manìa di mutazione che si fa luogo ogni qualvolta, dissipato il pericolo, la Francia gode di soverchia prosperità e di riposo; è colpa della popolazione l'abuso della libertà ogni qualvolta le è accordata. In nessuna epoca mai la Francia fu più prospera a·1l'interno nè più rispettata all'estero, nè meglio amministrata. Ma a guisa di Eva che preferì a tutte le delizie del paradiso terrestre l'amaro frutto della scienza, la Francia pospone tutta la felicità del governo imperiale all'ottenimento della libertà. È cosa dolorosa vedere che in quindici anni di regno, dopo aver fatto due guerre gloriose, dopo aver messo la Francia in uno stato di prosperità a cui mai non era giunta, l'Imperatore si trovi in faccia d'una situazione come la presente; che si vegga senza alleati all'estero, e che sia ancora a domandarsi qual costituzione ha da ac·cordare alla Francia.

Il modo migliore per uscire da una situazione così poco favorevole sarebbe senza dubbio che l'Imperatore chiamasse alla direzione del governo Rouher e Thouvenel, concedesse una responsabilità di fatto ai Ministri, una maggiore larghezza alla stampa, evacuasse Roma e tentasse di riavere l'alleanza inglese. Questa è la sola politica ragionevole. Facciam voti perché la segua e perché la crisi si risolva col trionfo di Rouher. Da ventiquattr'ore in qua le probabilità per quest'ultimo sono aumentate.

758

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. 26 maggio 1864.

Vi sono molto tenuto per la novella prova di fiducia e di amicizia che mi date con la lunga e importante lettera del 21 (1) cne ho ncevuto ieri sera. Mi permetterete però che con tutta franchezza, io vi faccia alcune osservazioni. Premetto anzitutto, che per conto mio, non tengo di andare a Parigi, e assai meno poi di

fare un'entrata solenne a Roma, o nello Stato Romano con le mie truppe. * Io mi offriva di recarmi dall'Imperatore perchè mi sembrava poterlo meglio di alcuni altri (scusate la poca modestia) persuadere della necessità che il Governo francese stabilisse, d'accordo col Governo Italiano il da farsi alla morte del Papa. Il da farsi poi ch'io avrei proposto era appunto un plebiscito, concerato fra i due governi e garantito dalla presenza simultanea delle truppe Italiane e Francesi. In questo solo caso avrei passato volentieri la vicina frontiera per prevenire i disordini e rassicurare la gente onesta * (1). Mi sembra che il Governo del Re abbia in mente ben altri progetti ch'io non posso a meno di deplorare e che intendevo appunto di 'prevenire colla mia proposta. Voi mi parlate della probalilità che alla morte del Papa scoppi una insurrezione negli Stati Pontifici, e che gli · emigrati Romani che sono presso ai confini piglino quel momento che Sovrano non c'è per entrare e far causa cogli insorti. Ma, caro Presidente, altro che probabilità, tutto sta pronto e organizzato per cura e coi quattrini del Governo Italiano; e per il caso anche probabile che non vi abbiano detto tutto vi mando copia delle istruzioni diramate dal Comitato Romano dall'una e dall'altra parte

della frontiera ch'io ho ricevuto fin dagli ultimi giorni di Aprile.

Supposto pure che vero ordine si possa chiamare l'attuale stato di cose

nelle provincie Siciliane e Napoletane io vi osservo ·che le condizioni della Sicilia

e del Napoletano erano assai diverse da quelle dello Stato Romano. Nel '60 le

popolazioni di queste Provincie meridionali, o erano ostili o indifferenti ai Bor

boni. A Roma invece, checchè se ne dica, vi sono non pochi fanatici per il Papa

da una parte, e dall'altra, molti esaltati contro il Papato per cui odii tremendi

che devono inevitabilmente produrre la catastrofe di cui vi faceva cenno, se non

si trova una forza imponente per impedirla. Voi credete che le truppe Ital.iane

non dovrebbero passare la frontiera se non quando sarebbero invitate dai capi

delle colonne insurrezionali, composte naturalmente ·in gran parte di garibaldini

mazziniani e forse peggio. Non dimenticate per carità i sforzi di Cavour nel '60

per impedire che Garibaldi si vantasse di aver lui solo conquistato il Regno delle

Due Sicilie, e che dò malgrado molti credono e un Ministro Inglese disse in

pieno Parlamento che Garibaldi ebbe la generosità di regalare al Re Vittorio

Emanuele la Sicilia e le Provincie Napoletane da lui conquistate.

Finite la vostra lettera rammentandovi ch'io stesso raccomandava al Governo

di profittare della morte del Papa per far fare qualche passo alla questione

Romana. Mi rammento non solo di avervi detto questo, ma di avervi aggiunto

che il Governo doveva esser pronto ad agire con energia ed anche con audacia

(mi pare). Ma secondo me non è nè energico nè audace il Governo, qualunque

siano le dichiarazioni fatte alle Camere, che invece di fare e impedire disordini,

abbandoni una delle più gravi questioni della ... [par. ili.] alla sventatezza e im

prudenza degli uomini del disordine.

Ma permettetemi ancora. E se mentre sui varii punti dello Stato Romano

si va organizzando l'insurrezione, per votare il plebiscito che autorità regolari

porterebbero poi ai capi del nostro esercito, * saltasse là in mezzo Garibaldi, e

che alla testa di qualche migliaia d'insorti attaccasse senz'altro i francesi, che

cosa dovrebbero fare le Regie truppe? Prender la difesa dei Francesi attaccando

Garibaldi? Mettersi con Garibaldi perchè non sia battuto dai Francesi, ovvero aspettare tranquillamente il risultato del Plebiscito? *. Qui poi mi assicurano che alla questura sono già più di 2 mila gl'inscritti per irrompere negli Stati Pontifici al primo cenno, e ,che fior di roba! Ora credete voi che il Governo Francese ignor,i tutto ciò? Non più tardi di ieri il Console francese me ne ha parlato. E * che cosa risponderete all'Imperatore al quale proponete ora appunto di prendere impegno di non attaccare il territor,io Romano, e di non permettere che bande di volontarii o ,corpi franchi lo attaccassero, ,se vi domandasse conto degli arruolamenti 'che si stanno facendo* (1), o per conto o istigazione almeno deg1i agenti governativi? Non vi pare ,che questo ,sia assai più probabilmente il motivo che l'Imperatore non fece caso fin ora della vostr'a nota anzichè aHribuire il suo silenzio ai dissapori fra Drouyn de Lhuys e Rouher?

Chi avete poi, permettetemi ancora, per dirigere un movimento insurrezionale sui vadi punti del territorio Pontificio, senza che trasmodi? Senza che avvengano disordini e fors'anche qualche brutta catastrofe, di cui il Governo del Re dovrebbe render conto ai nemici non solo ma agli stessi amici nostri? E non ,credete voi che il concerto sia reso assai più difficile dalle variazioni introdotte nel programma, secondo che nelle differenti località vi saranno o non vi saranno <i francesi? Come se i francesi fossero soldati da starsene immobili l'armi al braccio quando si vuoi forzare la loro consegna? E se per caso il capo... [par. ili.] fosse lo Spaventa, il meno che ci possa arrivare è qualche fiasco clamoroso. Voi mi potrete forse addurre esser questo uno dei casi dove conviene al Governo.:> [par. ili.] far l'ordine col disordine (1).

(1) Cfr. n. 749.

(1) I brani fra asterischi sono editi, con alcune varianti, in MrNGHETTI, La convenzione di settembre, pp. 36-37.

759

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 531. Belgrado, 27 maggio 1864, ore 15,50 (per. ore 9 del 28).

L'aide de camp du prince de Montenegro m'a fait dire que ce soir viendra chez-moi. Je crois que l'objet de sa visite est demander comme son prince pourrait se mettre en relation avec le Gouvernement de S. M. Je pense lui dire que le prince doit envoyer une personne très sùre en Italie, qu'aucun autre que le prince ne doit ètre informé de ,cette détermination, la princesse Darinka se trouvant en Suisse la personne qui sera désignée pourrait faire croire qu'elle va auprès de la princesse. Veuillez bien, Excellence, me télégraphier si vous approuvez ma réponse. L'aide de camp partira demain matin; il parait que le Gouvernement serbe traite que1que chose d'important avec 1'aide de camp puisque depuis quelques jours il voit constamment mème deux fois par jour Garachanine.

(1) In BCB, Carte Minghetti, si conserva una lettera di D'Afflitto a Peruzzi in data 25 maggio, di cui si pubblica il brano seguente: « .•• [Lamarmora] crede doversi intervenire con forza militare e con accordo Francia. Senza di questo vede pericolosa qualunque azione armata. Soprattutto riprova favorire irruzione volontari che secondo lui irriterebbe anche buoni patrioti romani». Peruzzi rispose in pari data con il seguente biglietto, conservato ibid.: « Prego incontrarsi con La Marmora che deve avere domani lettera Minghetti, assicurandolo accordo Francia si sta trattando, e ,senza aprirsi interamente su Progetto dirgli questo essere solo per caso non conclusione ed accetto anche ai Romani più moderati».

760

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 44. Torino, 27 maggio 1864.

Dans ma dépéche du 4 Juillet 1863 (1) je vous ai prié d'appeler l'attention de

S. E. Drouyn de Lhuys sur la discussion qui venait d'avoir lieu à la Chambre des Députés relativement à la question romaine. J'ai cru devoir faire remarquer à cette occasion que les chefs les plus autorisés de la majorité dans leurs discours et la Chambre elle-méme dans l'ordre du jour qu'elle a adopté s'étaient associés aux déclarations du Gouvernement, et qu'il résultait de ces adhésions explicites la preuve que le pays et ses représentants légaux étaient préts à prendre pour base pratique de solution ce principe de non intervention qui avait été reconnu, avant la mort du Comte de Cavour, applicable à Rome comme au reste de l'Italie.

Presqu'un an vient de s'écouler depuis la date de cette dépeche. Le Gouvernement Impérial a bien voulu reconnaitre dans mainte occasion que pendant cet intervalle où l'Europe a été agitée par tant de questions brUlantes, l'Italie n'a pas cessé de donner des preuves de sa modération. De nouveaux débats viennent de s'engager tout récemment sur les affaires de Rome dans notre Chambre des Députés; ils ont eu pour résultat de donner une confirmation nouvelle à l'accord qui existe entre les grands pouvoirs de l'Etat sur la voie à suivre pour parvenir au but élevé que nous nous sommes proposé.

Nous avons donc réussi autant qu'il était en notre pouvoir à écarter du sujet qui nous préoccupe tous les éléments qui pouvaient passionner les esprits et troubler la sérénité du jugement. Les nombreux incidents qui surgissent nécessairement de l'antagonisme actuel entre la Cour de Rome et le Royaume d'Italie, ont été impuissants à détourner les Italiens de la ligne de sagesse et de conciliation qu'ils se sont tracée.

Cependant, et ·c'est sur ce point surtout que je dois appeler l'attention du Gouve!'nement Impérial, l'urgence d'une solution n'a pas cessé d'etre évidente. La nécessité de résoudre ce grand problème est à certains égards indépendante de l'attitude de l'Italie. Elle est inhérente à la situation anorma.le de la Papauté. C'est à Rome meme qu'il faut surtout reconnaitre les dangers de l'état provisoire actuel. Je ne parlerai pas des réformes inutilement sollicitées par la France, des conseils qu'elle a vainement donnés pour obtenir l'éloignement de l'ex-Roi de Naples, des mesures vainement réclamées pour prévenir la formation des baq.des de brigands: je passerai sous si.lence les collisions qui se sont souvent renouvelées entre les troupes françaises et les troupes du St. Père. Je me bornerai à vous entretenir d'une éventualité, dont la gravité n'a certes pu échapper au Gouvernement Impérial.

Depuis quelques mois des bruits alarmants se sont répandus sur la santé du St. Père. Souvent contredits, confirmés plus souvent, ces bruits ont fait naitre partout une émotion profonde et bien explicable. Si, à toutes les époques,

la vacance du St. Siège a donné lieu aux préoc,cupations les plus sérieuses, il est naturel que dans les circonstances actuelles les populations et les gouvernements ne puissent voir sans inquiétude J.'approche d'un tel événement.

L'oeuvre d'apaisement à laquelle nous nous sommes voués avait pour but, vous le savez, non pas de renvoyer indéfiniment toute négociation sur la question de Rome, mais ,au contraire de rendre possible un accord avec la France sur une base pratique conforme aux principes et aux intérets des deux pays. La possibilité d'une vacance du St. Siège suffirait à elle seule, si une entente préalable n'intervient pas entre la France et l'Italie, à rallumer les passions, à faire retomber dans le domaine du hasard une question pour laquelle il n'est pas trop de toute la prévoyance dont l'homme est capable.

Chaque changement de règne apporte avec lui des conséquences importantes meme lorsqu'il s'agit des Gouvernements ,les mieux assis. Que serait-ce lorsqu'il s'agit d'un Gouvernement électif, imposé depuis de longues années par une série non interrompue d'interventions étrangères? Peut-on se flatter de maintenir l'ordre autour du Conclave? A supposer meme qu'on parvienne à réprimer des troubles inévitables, quelle serait l'autorité morale du nouveau Pontife, élu parmi les manifestations hostiles de ses sujets, proclamé peut-etre au milieu de l'émeute et d'une sanglante répression?

Le Comte de Cavour a déclaré, et l'Italie le déclare encore actuellement, que la force matérielle est impuissante à résoudre la question romaine. Cette vérité s'applique évidemment aussi bien à la force répressive qui imposerait un Gouvernement impopulaire, qu'aux forces révolutionnaires.

Il ne suffit pas que l'ordre matériel règne à Rome: cela ne suffit pas surtout lorsqu'il s'agit d'élire le représentant de la plus haute autorité religieuse. Certes quelques Cardinaux peuvent élire à la hàte ,le successeur de St. Pierre: certes la France a tous les moyens nécessaires pour rendre matériellement possible cette élèction: mais il est évident que la force des armes serait impuissante à entourer ,}e nouveau Pontife de ce respect et de cette autorité morale dont aucun Souverain ne peut se passer dans notre siècle et qui est bien plus nécessaire encore au Chef de l'église catholique.

Nous croyons donc que la France catholique et libérale a autant d'intéret que l'Italie qui, elle aussi, est sincèrement catholique et libérale, à ne pas livrer à une aveugle fatalité le cours des événements. L'Empereur a déclaré par l'organe de M. Billault qu'il reconnaissait les droits des Romains, mais que des circonstances essentiellement exceptionnelles et transitoires le forçaient de suspendre l'exercice de ce droit. La lettre à M. Edgar Ney, celle à M. Thouvenel n'ont pu laisser aucun doute sur le but véritable de l'occupation française à Rome. Nous espérons donc que le Gouvernement Impérial reconnaitra qu'il est urgent d'aviser d'accord avec le Gouvernement du Roi à prévenir des complications qui doivent surgir nécessairement à une époque dont il n'est donné à personne de fixer la date.

Veuillez, M. le Ministre, exposer confidentiellement ces considérations à

S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères...

(1) Cfr. serie I. vol. III, n. 696.

761

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 533. Belgrado, 28 maggio 1864, ore 11,30 (per. ore 18,25).

L'aide de camp du prince de Montenegro s'est entretenu hier au soir deux heures avec moi il m'a parlé au nom de son prince du vif désir de S. A. de s'entendre avec le Gouvernement italien pour une action commune contre l'Autriche et il a beaucoup insisté sur l'avantage qu'il y aurait pour les deux pays d'accueillir l'offre du Montenegro quoique petit vu les intelligences qui existent et l'influence qu'il a sur la population slave depuis Cattaro jusque dans la Croatie. Je lui ai promis que je soumettrais à V. E. le désir du prince et les raisons qui m'a développées ce que je ferai dans un prochain rapport. J'ai fini pour lui faire la réponse contenue dans mon télégramme d'hier (1) lui disant que j'ignorais les intentions du Gouvernement du roi. En attendant il a retardé de trois jours son départ pour attendre réponse; si on accueillera ou non envoyé secret du prince. Informations de bonne source constatent aide de camp personne de toute confiance.

762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. CONFIDENZIALE 4. Torino, 28 maggio 1864.

Il dispaccio telegrafico spedito dalla S. V. Illustrissima il 21 corrente (2) non mi giunse in tempo perchè io potessi darle col vapore che partiva da Trapani il 22 sera le istruzioni da Lei ·chieste.

Si trattava d'altronde d'una ipotesi troppo grave perchè io non credessi opportuno di concertarmi prima coi miei colleghi.

Finora nè da Costantinopoli nè da Londra non ho ricevuta alcuna notizia che indicasse nella Porta l'intenzione d'agire da sè sola, e d'occupare militarmente la reggenza di Tunisi invocando per questo intervento un diritto di alta sovranità. Però il Ministro di Francia a Torino, mi diede alcuni giorni sono, lettura officiosa d'un dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys in cui si accennava all'interesse comune della Francia e dell'Italia d'impedire che la Tunisia ridiventasse un pascialicato turco.

Reputo perciò che non sia per verificarsi immediatamente l'eventualità di una occupazione isolata della Porta, senza accordi preventivi colla Francia nè con noi.

Tuttavia, qualora i timori manifestati dal Signor di Beauval dovessero verificarsi, eccoLe quale debb'essere, secondo il mio avviso, il contegno della

S. V. Illustrissima.

D'accordo coll'Ammiraglio Albini, che riceve istruzioni analoghe dal Ministro della Marina, la S. V. Illustrissima dichiarerà essere interesse comune dell'Italia, della Francia, dell'Inghilterra e della Porta che si ristabilisca l'ordine pubblico nella Tunisia e che il Governo del Bey vi si rassodi salve quelle mu

tazioni ·Che saranno riconosciute indispensabili nell'amministrazione del paese. Ella proporrà perciò che a tutela di questo comune interesse si proceda ad una occupazione comune e simultanea del territorio tunisino, nel duplice intento di tutelare le colonie europee, e di ristabilire la tranquillità nel paese. Aggiungerà che qualora l'intervento militare avvenisse pel fatto d'una sola Potenza, la questione di Tunisi si complicherebbe con una lotta d'influenze, che è sommamente importante di evitare; e potrà unirsi all'uopo al Signor di Beauval per dichiarare che l'Italia e la Francia intendono di opporsi a qualunque sbarco di truppe che avvenisse senza un accordo preventivo tra i varii Governi. Qualora poi l'Ammiraglio turco persistesse nel disegno che gli si suppone, l'Ammiraglio Albini potrà prendere coll'Ammiraglio Bouet de Willaumez le disposizioni necessarie perchè la nostra flotta cooperi colla flotta f_rancese.

Non isfuggirà alla S. V. Illustrissima quale intento si propone il Governo del Re, con queste istruzioni. Se un'occupazione militare è indispensabile, è preferibile di gran lunga che la questione di Tunisi sia trattata come le altre questioni europee, e quel paese non cada sotto l'influenza esclusiva d'alcuna Potenza. Facendo la proposta d'una occupazione comune, il Governo del Re prende quindi un'iniziativa politica, che non deve risvegliare alcun sospetto, nè turbare i suoi rapporti colla Francia nè coll'Inghilterra. Questa poi non vedrà malvolentieri ·che, nel ·caso che l'occupazione comune non sia accettata, e che la Francia si opponga all'intervento esclusivo della Porta, l'Italia vi si opponga essa pure. Importa a1l'Inghilterra che l'influenza Francese non sia la sola prevalente a Tunisi: tale sarebbe se il Governo Francese fosse il solo che difendesse il Bey dall'occupazione militare Turca. Il nostro concorso adunque è utile al Bey, così rispetto alla Porta, come nei suoi rapporti futuri colla Francia. Questo è poi il solo mezzo, che, nell'ipotesi da Lei accennata, ci rimane per guarentire lo sviluppo della nostra legittima influenza nella Tunisia.

Queste considerazioni confidenziali Le gioveranno, Signor Cavaliere, a porre nella vera luce la condotta del Governo del Re, sia parlando col Console Inglese, sia nelle sue relazioni col Bardo. Ma Ella non ommetterà di indagare e di farmi conoscere con qualche sollecitudine in qua.l modo il Bey intende condursi colla Porta, nell'ipotesi di 'cui ora si tratta. Ella ·COmprenderà infatti, che se il Bey stesso protesta contro l'occupazione Turca e reclama l'ajuto delle Potenze contro di essa, la questione politica sarà assai più semplice.

SegnandoLe ricevuta del suo pregiato Rapporto Confidenziale del 18 (1), e del telegramma in data 25 corrente (2) ...

(1) -Cfr. n. 759. (2) -Cfr. n. 748.
763

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (3)

D. CONFIDENZIALE 45. Torino, 28 maggio 1864.

Il Cavalier Gambarotta, R. Agente e Console Generale in Tunisi, e l'Ammiraglio Albini, che comanda ivi la nostra flotta, sembrano dividere il timore

loro manifestato dal Console francese, Signor di Beauval, intorno al disegno che si attribuisce al Governo Ottomano d'occupare militarmente la Tunisia, in virtù di un diritto d'alta sovranità.

Dalle istruzioni, di cui credo opportuno trasmetterle copia confidenziale (1), Ella vedrà quale ,condotta intenda tenere il Governo del Re in tale circostanza.

Sarebbe però mio desiderio di conoscere se veramente il Gabinetto Imperiale ha qualche fondata ragione di supporre che la Turchia stia per cogliere questa circostanza per rovesciare il Governo del Bey, e ristabilire quella Reggenza sotto il suo governo immediato, come le riuscì di fare a Tripoli alcuni anni sono. Amerei pure sapere se la Francia intenda opporsi con ogni mezzo alla attuazione di codesto disegno, che nuocerebbe pure ai nostri interessi. Io temo infatti che il Signor di Beauval per queilo zelo soverchio cui accennava lo stesso Signor Drouyn de Lhuys in una recente sua conversazione colla S. V. Illustrissima, accresca per avventura le complicazioni e faccia nascere una situazione diplomatica che potrebbe diventare assai grave rispetto all'Inghilterra.

Dopo avere indagate le intenzioni del Signor Drouyn de Lhuys su codesto argomento, Ella potrà, nei limiti e nei modi che Le parranno opportuni, dargli comunicazione confidenziale delle istruzioni da noi date al Cavalier Gambarotta ed al Conte Albini.

(1) -Cfr. n. 744. (2) -Non pubblicato. (3) -Il contenuto di que.sto dispaccio era stato già comunicato a Nigra con t. 199 del 27 maggio.
764

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 12. Torino, 29 maggio 1864.

Ho ricevuto la vostra lettera del 20 (2) e ieri Minghetti ed io ebbimo quelle

portateci dal Corriere (3). I decreti per le decorazioni di Commendatore alle per

sone che mi raccomandate saranno presentati al Re nella prossima udienza.

Minghetti vi promette di mandarvi quanto prima le notizie che desiderate

sui Cardinali ed io pure vi scriverò quanto avremo pensato di fare per utiliz

zare, se è possibile, il veto del Portogallo.

Vi spedisco la Nota su Roma (4). Nella sua primitiva redazione essa terminava

proponendo un progetto di soluzione, vale a dire l'antico progetto Cavour, com

presa la legione straniera. Si aggiungevano anzi alcune osservazioni sull'ar

gomento di questa legione.

Il Consiglio fu d'avviso che si dovesse sopprimere questa seconda parte

e che la Nota dovesse avere sopratutto il carattere di un documento dal quale

appaia come il Governo italiano non ha mancato di lealmente chiamare l'atten

zione della Francia sulle compiicazioni che si possono prevedere all'epoca della

morte del Papa. Valga almeno a constatare a ,chi spetti la responsabilità.

Ricevuta la Nota, rimane a vedere se essa vi sembra convenientemente

redatta e qual uso dobbiate farne.

Sul primo punto vi prego di telegrafarmi quando l'abbiate avuta se essa è fatta secondo le vostre vedute oppure se proponete delle modificazioni. Quanto al secondo punto, vedrete che non v'è istruzione di darne copia. Il Governo vi lascia facoltà di farne quell'uso che meglio di noi siete in grado di giudicare opportuno, di leggerla soltanto a M. Drouyn de Lhuys oppure di !asciargliene copia. V'è un pericolo sul quale ·chiamo tutta la vostra attenzione ed è che non ci si mandi qualche facsimile della risposta a·l Generale Durando, che ci si dica che la quistione rimanendo qual è, si fa conto sulla saviezza del Governo italiano per prevenire ogni tentativo di emigrati, e sull'azione delle truppe francesi per reprimere ogni disordine all'interno.

Non avendo la Nota alcuna conclusione precisa, Drouyn de Lhuys potrebbe rispondervi c;.uello che già disse, vale a dire che il Governo italiano dovrebbe presentare un progetto, esporre delle idee pratiche. Ebbene, ci si risponda questo per iscritto, una risposta ufficiale di questo genere può essere un punto di partenza per ulteriori proposte. Ma non ci si può chiedere di fare delle proposte senza che neppure consti che si è realmente disposti a prenderle in considerazione.

Vedrò probabilmente domani Malaret. Questi incontrò ieri Minghetti e gli disse avergU Drouyn de Lhuys scritto che la Francia era decisa a tutelare il Conclave e la libertà delle sue deliberazioni e che sperava che il Governo italiano si sarebbe servito della sua autorità morale per impedire dei disordini a Roma. È vero e lo dirò a Malaret, che il Governo italiano solo potrebbe avere l'autorità morale necessaria per evitare alla Francia forse una sanguinosa repressione e la spiacevole prospettiva di fare a Roma quello che i Russi fanno a Varsavia. Ma questa autorità morale dove potremo noi attingerla? Nei nostri accordi colla Francia, nello stato delle negoziazioni fra i due Governi. Prima di ascoltare i nostri consigli i Romani ci chiederebbero se noi abbiamo ottenuto dalla Francia qualche sollievo alle loro condizioni, se abbiamo ottenuto ch'essi sieno posti nelle condizioni di tutti i popoli civili, e qualche altro avvenire che quello di vivere a perpetuità sotto un pessimo Governo, sostenuto indefinitamente dalle baionette straniere. E se non abbiamo ottenuto nulla, che consigli potremo dare? Non ne daremo. Tutti i progetti ·che siamo disposti a discutere colla Francia hanno precisamente per iscopo di tutelare la libertà del Conclave e delle sue deliberazioni.

Minghetti vi scrive e vi manda la copia d'una sua lettera al Generale La

Marmora. Essa è relativa alle possibili .conseguenze delle dimostrazioni che

possono fare i Romani. Del resto fra pochi giorni ritornerà Checchetelli dal suo

viaggio verso la frontiera e ci porterà i ragguagli necessari per poter giudicare

di quello che i Romani sono preparati a fare.

Queste prospettive mi tengono grandemente inquieto, perchè se un accordo

qualunque non è prima assentito colla Francia, la condotta nostra che fu sem

pre guidata dalla ragione temo che sarà dominata dalla fatalità degli eventi.

Del resto quand le vin est tiré, il faut le boire. Lasciare che l'evento della

morte del Papa si presenti senza far nulla, è impossibile. E quando vi dico che

questa opinione è decisamente professata da La Marmora e da La Rovere vi

do la miglior misura per giudicare dell'opinione pubblica in Italia. Ma per sta

bilire, se è possibile, un accol'do colla Francia non basta presentare un pro

getto, bisogna discuterne i dettagli, definirli etc. e ciò non può farsi con Drouyn de Lhuys. Voi vedrete l'Imperatore a Fontainebleau, vogliate dirmi quando l'Imperatore vi si recherà e quando lo potrete vedere colà.

Vi scriverò ufficialmente a proposito dei Principati. Le misure prese dal Principe Couza sono una violazione delle convenzioni più grave di quelle dei Conventi. Amerei sapere che cosa ne pensa il Governo francese e se vi pare che le potenze garanti debbano finire coll'occuparsene in una Conferenza. In questo caso, meglio d'una conferenza a Costantinopoli sotto l'influenza di Bulwer e di Prokesch, parmi che gioverebbe al Governo francese una Conferenza a Parigi. In una Conferenza a Parigi, si potrebbe gettare il germe di ulteriori combinazioni.

(1) Cfr n. 762.

(2) Rec"te 21, cfr. n. 750.

(3) -Cfr. nn. 753 e 757. (4) -Cfr. n. 760.
765

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 542, ANNESSO CIFRATO (1). Carlsruhe, 29 maggio 1864 (per. l'1 giugno).

M. Rechberg a dit dernièrement au ministre de Baden à Vienne etre prèt à grandes concessions plutòt que de laisser constater légalement le principe de nationalité. M. Roggenbach persiste à croire que, malgré les concessions et la nouvelle attitude de l'Autriche sur la question ciano-allemande, l'Autriche ne parviendra pas à regagner le terrain politique et les sympathies allemandes. Le ministre des affaires étrangères m'a dit ètre convaincu, que si nous marchons avec la France sur la nouvelle phase éventuelle de la question romaine à la mort du pape, pas un soldat allemand bougera pour soutenir l'Autriche dans une guerre italienne.

766

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 201. Torino, 30 maggio 1864, ore 12,30.

J'approuve votre conduite. Nous apprécions les avantages des bons rapports avec le prince de Montenegro. Son envoyé secret sera reçu avec plaisir.

767

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (2)

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. 61. Torino, 30 maggio 1864, ore 16,25 (per. ore J.7,55). Per lui solo. Ricevuta lettera del 26 (3). Se avete sempre idea fare corsa a Torino credo

utile venite tanto più che gita progettata a Parig,i forse tornerebbe presto opportuna. Non consta .nè a me nè al minist·ro di interno che questura Napoli facCiia

arruolamenti. Ordini contrari severi furono perciò dati e ripetuti ieri telegraficamente a prefetto Caserta chiedente istruzioni. Se tardate telegrafatemi. Scriverò a lungo e confido rassicurarvi. Se telegrafa scriva in principio per lui solo.

(1) -Ad un r. s. n. (2) -Il telegramma venne trasmesso tramite il ministro della Guerra. (3) -Cfr. n. 758.
768

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 568, ANNESSO CIFRATO (1). Belgrado, 30 maggio 1864 (per. il 9 giugno).

Garachanine m'a dit: il est évident pour moi que le Gouvernement autrichien veut améliorer sés relations avec nous mais je suis et je serai toujours sur mes gardes, car nous ne devons jamais rien espérer de bon de l'Autriche. Je lui ai demandé s'il ne croyait pas à la possibilité d'une alliance offensive et défensive de la Russie, l'Autrkhe et la Prusse contre la France et l'Italie. Il a répondu: je la crois plus que possible, mais elle ne changera pas notre politique vis-à-vis de l'Italie, et meme dans une guerre de ces trois puissances contre les deux autres nous garderons la neutralité mais sous-main nous aiderons de notre mieux l'Italie contre l'Autriche.

769

APPUNTO DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO DEL GOVERNO NAZIONALE POLACCO, PRYBYLSKY

Torino, 30 maggio 1864.

Après avoir attentivement examiné les dispositions des diverses populations Slaves de l'Autriche, et prenant égard aux moyens dont je pouvais disposer ainsi qu'au but qui m'a été designé, j'ai cru nécessaire de diviser les travaux confiés à ma direction par l'entremise du Général Klapka, ainsi qu'il suit.

I) Conspiration préparatoire en Bohème, ayant pour but: a) l'agitation permanente de ce pays, devant aboutir, en cas de guerre, à des manifestations assez sérieuses pour obliger le gouvernement Autrichien d'y entretenir un corps de troupes considérable; b) l'enròlement de volontaires pour une Légion Bohème, qui suivant les circonstances pourrait combattre l'Autriche en Italie, en Hongrie ou en Croatie.

51 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Pour atteindre ce but j'ai commencé à agir sur l'opinion publique par les organes de la publicité, en propageant la .complète séparation de la Bohème d'avec l'Autriche et la future fédération de ce pays avec la Pologne. Les conditions dans lesquelles se trouve la Bohème ne lui permettent pas de songer à l'existence d'un état bohème séparé des autres états slaves, et l'idée d'une fédération autonome de ce pays avec la Pologne répond complètement aux voeux de ses habitants.

Tous les journaux bohèmes à l'exception du Narod organe de la propagande moscovite, qui n'a que 1200 abonnés sont sous ma direction et appuyent nos tendances. En outre, Ie journal Boleslavan> rédigé par 'le Prince de Turn et Taxies, qui par sa naissance, sa position et ses tendances est l'un des hommes les plus influents du pays, est notre organe spécial.

J'ai introduit dans les villes et les campagnes une organisation nationale à l'exemple de 1'or,ganislation de la Pologne, .ses membres sont a\S!Sermentés et

obligés à une obéissance sans bornes aux ordres du Comité centra! Bohème, siégeant à Prague.

Outre le Comité de Prague, j'ai institué dans les d.istricts et villes de la Bohème et de la Mo:mvie des Agents clandestins. Ces Agents ainsi que le Comité de Prague sont obligés de se comporter selon les instructions du Gouvernement National Polonais, qu'ils reçoivent par mon entremise.

La ~conspiration Bohème se deveioppe avec une grande celérité, et son organisation nationale compte déjà quelques milliers de membres assermentés, mais, considérant la position de ce pays et les malheurs qu'il a subi, nous devons épargner ses ressources et ne les employer que pour paralyser les forces de l'Autr.iche et éveiller la confiance et l'entousiasme en Hongrie, en Croatie et dans l es autres provinces Slaves de l'Autriche. J'ai choisi la ville de Vienne pour point centra! des communications entre la Hongrie, la Galicie, la Croatie et la Bohème. Vienne est la seule ville qui peut facilement fournir des armes et des approvisionnements à tous ces pays, les trois quarts des armes de l'insurrection polonaise ont été achetées à Vienne et nous y avons des agents surs et éprouvés, des relations nombreuses et toutes les voies de transport assurées.

Parmi la population ouvrière Viennoise il y a près de 80.000 Slaves. Considérant cette population comme un poste perdu pour la nationalité Slave, j'ai cru qu'il est de mon devoir de ne pas l'épargner et de l'employer comme moyen de créer un nouvel embarras à l'Autriche. Cette population ne se laissera pas entrainer dans un mouvement, au nom de la Nationalité, mais il est bien facile de l'agiter au nom de ses intérèts sociaux et de provoquer au moment donné à Vienne une révolution sociale. Cette révolution n'aura pas de chances de réussite et sera écrasée, mais je crois qu'en entrainant non seulement les ouvriers slaves de Vienne, mais toute la population proletaire, nous pourrons ·créer des graves embarras à l'Autriche et servir de puissante diversion aux insurrections de la Hongrie et de la Croatie.

II) Considérant les forces de la Croatie et sa position géographique, j'ai choisi ce pays pour point principal de nos travaux révolutionnaires. Les diverses tendances qui divisent ce pays m'ont obligé à employer divers moyens d'action, dans le but de les concilier et de rassembler toutes ses forces contre l'Autriche. Il a fallu anéantir les vieilles inimitiées des Croates contre les Hongrois, les tendances separatistes serbes des regiments de la frontière orientale, et concilier les sympathies italiennes du litoral Dalmate avec les dispositions purement Croates de l'intérieur de ·ce pays.

Après de nombreux pourparlers j'ai réussi à con'Cilier ces diverses tendances et à entrainer la Croatie dans une conspiration nationale, ayant pour but l'insurrection du pays contre l'Autriche et l'action commune avec la Hongrie. J'ai institué à Agram un Comité Centrai, composé des hommes les plus infl.uents du pays et avec leur aide j'ai introduit une organisation révolutionnaire dans tous les régiments Croates.

Le Comité Croate a publié une proclamation le 18 Mai, dans laquelle il pose Ies bases de 'la future insurrection Croate, avoue hautement son intention de se séparer de l'Autriche et d'agir d'accord avec la Hongrie en cas de guerre entre l'Italie et l'Autriche. Le Comité Croate a choisi pour intermédiaire dans ses rélations avec l'Italie et la Hongrie le Gouvernement National Polonais.

J'ai institué en outre des .AJgents Croates en Ita<lie, dans le but d'entretenir des relations avec les régiments Croates en Vénétie et de provoquer la désertion des soldats, qui pourront ètre formés en une Legion Croate, et un Agent à Belgrade qui a pour mission d'agir sur les régiments Croates de la frontière Orientale, de .tàche de reconcilier les Serbes et les Croates et de les entrainer contre l'Autriche notre ennemi commun. Cet Agent doit tàcher de provoquer une insurrection dans les régiments de Carlovitz, d'Essek et autres et doit choisir de lieux surs pour le dépòt d'armes, et le·s introduire en Hongrie et en Croatie. Sur ce point de la Croatie j'ai à ma disposition plusieurs militaires qui ont une grande infl.uence dans le pays et entre autres le Major Oresskowicz et le Capitain Tajkowicz. Les voies de transport et de communkation sur le Danube, ainsi que les lieux surs pour le dépòt des armes, sont choisis et assurés. Telle est la situation de ces pays et des travaux révolutionnaires que je dirige. Les passions politiques sont éveillées et il est impossible de conjurer longtemps. le mouvement. Le mouvement éclatera dans un bref délai, l'Autriche le prévoit et tàche de semer la discorde et de .conjurer .le danger par de vaines promesses qu'elle fait 'aux populations. Les agents de l'Autriche sont pour le moment très actifs surtout un certain Pawlinowicz, et leurs menées peuvent nous faire beaucoup de mal si de notre còté nous ne tàcherons pas de les paralyser. Il est donc indispensable d'appuyer energiquement le Comité Croate d'Agram et lui donner les moyens d'action, d'autant plus qu'on ne peut avoir de doutes sur ses tendances et sa bonne foi.

Le Gouvernement Italien ne peut pas abandonner la conspiration croate, car dans le cas contraire le mouvement peut changer de direction, l'Autriche avec sa perfidie habituelle peut l'exploiter pour son compte et il peut s'eu suivre des conséquences qu'il est impossible de :prévoir et de définir leur portée.

Le Gouvernement Italien peut appuyer le mouvement croate de deux manières:

l) S'il peut agir ouvertement contre l'Autriche, il faudra: a) appeler à Turin des militaires Oroates et le Major Oresskowicz entre autres. Ce dernier doit ètre nommé chef de la Légion Croate et il s'occupera immédiatement d'enrollement parmi les régiments croates stationnés en Vénétie. b) En outre il faudra choisir un autre point d'action en Bosnie et en Serbie et y organiser une expédition, conjointement avec les plans des généraux Klapka et Rozycki. c) Il faudra donner au Comité Croate les moyens d'agir sur une Iarge échelle en •lui fournissant des •subsides considérables. Dans le moment décisif la Légion Croate opérera une débarcation dans les environs de Zara et avec l'a.ppui de volontaires hongrois et de l'armée et la flotte Italienne elle entrera dans l'intérieur du pays, qui sera prét à se lever en masse. De cette manière la Dalmatie Meridionale devra ètre évacuée par les Autrichiens et serv.ira de base à l'organisation de l'insurrection.

En méme temps une autre Légion Croate entrera du còté de la Serbie à Carlovitz, le Général Klapka en Transylvanie, et le Général Rozycki en Boukovine et en Gallicie. L'Autriche menacée sur tous les points à la fois sera obligée de diviser ses forces et n'aura pas le moyen de les concentrer en Vénétie contre l'Italie.

L'exécution de ce plan exige une grande énerg.ie et de sommes considérables, mais il assure en méme temps des résultats décisifs.

2) Si le Gouvernement Italien n'est pas en état d'agir immédiatement d'une manière décisive, il devra faire tous les efforts pour soutenir l'agitation en Croatie, en appuyant le développement de l'org·anisation nationale de la Croatie, en entretenant la désertion dans les régiments Croates de la Vénétie et en assurant aux réfugiés Croates les moyens d'existence en Italie. Il faudra envoyer des Agents sur le litoral de la Dalmatie et confier ce genre de mission à des hommes sùrs et qui ne puissent pas étre soupçonnés d'agir sous l'impulsion du Gouvernement Italien.

Ce genre de travail n'entrainera pas de grandes dépenses, car dix à douze mille francs par mois pourrait suffire, mais Ies résultats de ce système sont douteux et méme nuisibles si les masses se lassent d'attendre et perdent confrance dans l'efficacité du secours que peut leur préter l'Italie.

(1) Al r. 6.

770

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE (AS Biella, Carte La Marmora)

T. CONFIDENZIALE 555. 31 maggio 1864, ore 10.

Per lui solo.

Dica a Minghetti che per vari motivi crederei meglio differire mia gita a Torino di due o tre settimane.

771

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 47. Parigi, 31 maggio 1864.

Accuso ricevuta all'E. V. dei dispacci di Gabinetto ch'Ella mi diresse il 25 e 28 ·corrente nn. 43 e 45, relativamente agli affari di Tunisi, nonchè del telegramma del 27 (1) anch'esso concernente la medesima questione.

Mi affretto ora a ·completare le notizie che ebbi cura di ·spedirle per telegrafo.

Non penso che il Governo francese abbia una ragione speciale di credere che la Porta tenti di prevalersi dei torbidi attuali per rovesciare il Governo del Bey e ridurre la Reggenza sotto il suo dominio immediato. Ma la tendenza generale della politica ottomana incoraggiata dall'attitudine dell'Inghilterra, alcuni precedenti che l'E. V. può ricordare, il desiderio manifestato dalla Porta di far sbarcare sul territorio tunisino truppe turche, queste ed altre simili considerazioni possono fare temere l'eventualità che l'E. V. accenna.

Perciò il Governo francese H quale per la vicina Algeria e per ragioni più generali ha interesse a ·che la Reggenza non venga incorporata ai dominii della Porta e non venga quindi a compltcare le questioni sue proprie con quelle che si raggruppano intorno alla grande questione d'Oriente e a quella dell'integrità dell'Impero Ottomano, ha dato ordine all'ammiraglio comandante la squadra a Tunisi d'opporsi colla forza ad ogni sbarco di truppe turche sul territorio tunisino, anche quando questo sbarco fosse domandato dal Governo della Reggenza.

Queste disposizioni del Governo francese mi vengono confermate in modo espresso dal Signor Drouyn de Lhuys col biglietto che mi pregio d'unir qui in via confidenziale (2) e del quale perciò prego V. E. di voler fare riservato e discreto uso.

Non occorre ch'io faccia osservare all'E. V. come queste medesime considerazioni devano in grado uguale, se non maggiore, spingere l'Italia nella stessa linea di condotta. I nostri interessi a T·unisi sono di molta gravità. E certamente se la Reggenza deve un giorno cessare di fare uno Stato indipendente non è né alla Porta né all'Inghilterra né alla Francia che essa deve essere annessa, ma all'Italia.

772

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 31 maggio 1864.

Ho ricevuto la vostra lettera del 27 e la nota (3). Questa mi pare acconcia e nella forma e nel fondo. Non ho osservazioni a farvi. Conto leggerla a Drouyn de Lhuys dopodomani. Non gliene lascierò ufficiaLmente copia. Ma se ne mostra

desiderio, gliene rimetterò un esemplare in via ufficiosa. Rimarrà ben inteso che ufficialmente non gliene avrò dato che semplice lettura. Gli terrò del resto il linguaggio che m'indicate. Non mi fo troppa illusione sul risultato di queste pratiche. Ma in ogni caso avremo fatto il dover nostro avvisando lealmente il Governo francese degli eventi che si preparano e invitandolo 9.d occuparsene d'accordo con noi. Vi scriverò l'esito della conversazione.

L'Imperatore parte per Fontainebleau il 6 o il 7. Ma io non vi andrò probabilmente che verso la metà del mese venturo. Odo che La Marmora conta fare una corsa a Parigi. Sarebbe bene che ci venisse alla stessa epoca, cioè nella seconda metà di Giugno. Ditelo a Minghetti e fate che il viaggio abbia luogo. La parola di La Marmora deve avere qualche peso, e certo non e sospetta d'intemperanza o di ,inesperienza. Tra lui e me tenteremo di scuotere questa fatale letargia che opprime lo spirito dell'Imperatore.

Nulla di nuovo per la crisi. L'Imperatore vorrebbe evitarla, e pare abbia ottenuto da Rouher lo statu quo fino allo scioglimento della conferenza di Londra. Scriverò sulla questione dei principati appena avrò visto Drouyn de Lhuys.

(1) -È pubblicato solo il dispaccio del 28 al n. 763. (2) -Annotazione marginale: • trattenuto da S. E.». (3) -Cfr. n. 760.
773

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 50. Tunisi, 1 giugno 1864 (per. ore 21 del 2) (1).

J'ai reçu votre dernière dép€che en chiffre (2) et j'ai pris connaissance de celle adressée au vice amiral Albini par le ministre de la marine. La situation de la cote est déplorable, le commerce anéanti complètement, à Sfax les gouverneurs civils et militaires se sont réfugiés à bord de la Magenta, les habitants ont fait cause commune avec les insurgés; nous faisons partir aujourd'hui un navire de l'escadre pour connaitre toute la vérité. Le bey çornmence à çraindre le nouveau bey des Meyers et fait tous ses efforts pour envoyer 3/m hommes contre ce dernier. Le ,consul de France a presque persuadé hier le bey de changer son premier ministre. Le bey m'a fait dire hier au soir si je voulais me charger de tenter un arrangement ou réconciliation entre le consul de France et le Gouvernement tunisien. J'ai répondu qu'il faut avant tout que le bey me trace lui-meme les termes et les limites de la mission qu'il veut me confier. J'attends aujourd'hui meme l'invitation de me rendre au Bardo. Je ne refuserai pas au bey cette nouvelle preuve d'intéret mais je suis persuadé d'avance que si la retraite du premier ministre n'est pas nettement accordée ma mission échouera complètement. Une lettre arrivée aujourd'hui a annoncé l'existence à Malte d'une nombreuse escadre ottomane. Le vice amiral et le consul de France sont décidés, en cas que cette escadre se présente, d'inviter l'amiral ou commandant turc à se retirer, et s'H le refuse à couler à fond tous les navires qui la composent, y compris les deux qui sont déjà en rade.

(1) -n telegramma venne trasmesso d" Cagliari alle ore 12,15 del 2 giugno. (2) -Cfr. n. 762.
774

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY

T. 206. Torino, 2 giugno 1864, ore 14,10.

J'ai reçu votre rapport commerciai et je le soumettrai au conseil des ministres et je vous ferai ·connaitre par télégraphe sa décision. En attendant veuillez me dire au plus tòt votre avis sur l'idée suivante. Ne pourrait-on pas obtenir que la Prusse s'engage par un échange de notes qui resterait secret à interrposer ses bons offices auprès des états allemands qui suivent sa politique commerciale pour qu'ils reconnaissent le royaume d'Italie? Ce serait là un correspectif nature! des concessions toutes gratuites que nous faisons actuellement. C'est à vous d'apprécier la possibilité de faire accepter cette proposition et par conséquent l'opportunité de la présenter à M. de Bismarck.

775

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 49. Parigi, 2 giugno 1864.

Ho intrattenuto il Signor Drouyn de Lhuys delle misure ultimamente prese dal principe Couza per modificare la costituzione dei Principati Rumeni delle quali l'E. V. mi tien parola col dispaccio confidenziale del 29 maggio scorso (1).

Il ministro imperiale degli Affari Esteri mi disse che avrebbe ·comunicato ai rappresentanti della Francia presso le Corti garanti il suo modo di apprezzare i fatti di cui è questione. Da quanto egli mi disse, il ministro di Francia a 'Torino avrà l'onore di partecipare a V. E. ciò che gli sarà scritto in proposito. Risulterebbe dal discorso tenutomi dal Signor Drouyn de Lhuys che il Governo francese non approva certamente il modo di procedere usato in questa circostanza dal principe Couza, modo di procedere che non può senza dubbio essere giudicato conforme alla legalità; ma d'altra parte il Governo francese non saprebbe non riconoscere che il principe Couza si trovava collocato in grave e difficile posizione, che si trovava di fronte ad una Camera sistematicamente ed ingiustamente ostile, ·che .esistevano cospirazioni contro l'autorità costituita. Questi fatti rivestono agli occhi del Signor Drouyn de Lhuys il ·carattere di circostanze attenuanti, le quali se non la scusano, possono spiegare la condotta tenuta dal principe.

In ogni caso il Governo francese non ammette che si pigli occasione da quanto aocadde nei prineipati per far luogo ad una occupazione sia per parte della Turchia, sia per parte di altre Potenze. Il Signor Drouyn de Lhuys pensa che il principe Couza deve fare ora, dopo gli eventi compiuti, quello che avrebbe dovuto fare prima. Regolarmente il principe, prima di modificare la

costituzione, avrebbe dovuto sottoporre la questione alla Porta ed alle Potenze garanti.

Giacchè questo non fu fatto, giacchè il ritornare sul fatto compiuto avrebbe inconvenienti sommamente gravi, e giacchè trovasi appunto in questo momento riunita a Costantinopoli la conferenza per esaminare altre questioni relative ai Principati, il Signor Drouyn de Lhuys propone che il principe Couza si renda a Costantinopoli, sottoponga le ragioni del suo operato alla conferenza stessa, e ne domandi la ratifica.

(1) Non pubblicato.

776

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 553. Berlino, 3 giugno 1864, ore 13,35 (per. ore 18,40).

L'idée n'a aucune chance de succès et conventions sont à prendre ou à laisser. Notre correspectif c'est la question politique, c'est le fait méme de la convention, dans les conjonctures actuelles c'est un service prété à la Prusse contre la Bavière et l'Autriche. Il y a plus de dignité et plus d'habilité de notre part à paraitre ignorer les états secondaires en les tractant de cette manière appendices de la Prusse. Hàtons-nous de conclure; j'attends les instructions télégraphiques, la moindre indiscrétion ferait tout échouer.

777

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

D. CONFIDENZIALE 9. Torino, 3 giugno 1864.

Dans un entretien que j'ai eu deTnièrement avec M. Elliot sur le affaires de Tunis, j'ai cru m'apercevoir que le Gouvernement Anglais parait craindre que notre Agent et Consul Général dans cette ville n'exerçat sur le Bey une pression en quelque sorte inopportune. Je me suis empressé d'expliquer au Ministre d'Angleterre quel est l'état de nos rapports avec le Bey, et je ne crois pas inutile de vous faire connaitre, M. le Marquis, les véritables intentions du Gouvernement.

Meme avant la constitution du Royaume d'Italie le Gouvernement du Roi entretenait comme vous le savez avec le Bey de Tunis des rapports, qui ont toujours eu une grande influence sur le développement de notre commerce et de notre navigation dans la Méditerranée. Il est inutile de rappeler qu'un traité de paix a été conclu, par la médiation de l'Angleterre, entre la Sardaigne et Tunis en 1816: que le traité de commerce du 22 Février 1832 vint confirmer les anciennes stipulations et en consacrer des nouvelles. La réunion de presque toute la péninsule italienne en un état monarchique et constitutionnel, augmenta considérablement l'importance de ces rapports commerciaux; les italiens établis dans la Régence y constituent peut etre la plus nombreuse des colonies européennes; plusieurs lignes de bateaux à vapeur font le service des postes et maintiennent des communications journalières entre les ports de Naples, de la Sicile et de l'ile de la Sardaigne et l es ports de Tunis. Nous avons donc dans la Régence des intérets qui réclament toute notre sollicitude, et personne n'a pu s'étonner, qu'à la première nouvelle que des troubles sérieux venaient d'éclater à Tunis, une escadre italienne soit arrivée dans ces parages.

En envoyant des forces dans cette partie de l'Afrique nous avions surtout en vue de rassurer la colonie italienne, alarmée des dangers qu'elle courait par suite de l'insurrection. Cependant notre escadre a pu rendre soit au Bey, soit aux autres européens établis dans quelques points secondaires, quelques services oont je suis loin d'exagérer l'importance, sans toutefois cesser de m'en applaudir. Les instructions que nous avons donné à l'Amiral Albini et à notre Consul Général leur prescrivent du reste de marcher d'accord avec les Consuls de l'Angleterre et de la France, et non seulement de s'abstenir mais de s'opposer

meme à toute action isolée qui aurait pu, à notre avis, compliquer par de nouvelles difficultés, la situation actuelle.

Dans leurs rapports avec le Bey, l'Amiral Albini et M. Gambarotta devaient se borner, d'après mes ordres, à donner au Bey tout leur appui moral, s'il faisait appel à eux, et à l'engager à rétablir la tranquillité en faisant au besoin les concessions qui seraient reconnues indispensables. Mais ils se sont abstenus, ainsi qu'il en avaient l'ordre formel, de formuler des exigences de nature à porter atteinte à l'indépendance du Bey: bien plus, ils n'ont aucunement profité des circonstances actuelles pour des concessions particulières ni aucun avantage exclusif au profit des Italiens.

Nous ne voyons donc nullement sur quoi pourraient se fonder les doutes que M. Elliot m'a laissé entrevoir. Notre politique à Tunis se borne à y maintenir l'état actuel; nous croyons etre en cela d'accord avec le Gouvernement Anglais, qui n'a pas plus que nous d'intérèt à des changements, dont l'utilité serait très douteuse, les dangers certains. Nous espérons que le Bey sera à meme de maintenir avec ses propres forces son autorité, et de rétablir la tranquillité sur tous les points de son territoire. Dans ce but il serait vivement à désirer qu'au lieu de recevoir des conseils différents et souvent contradictoires, il eut du corps consulaire établi à Tunis Ies memes encouragements et les memes directions. Nous regretterions qu'un débarquement de forces étrangères dut s'opérer soit pour y garantir la vie et la propriété des européens soit pour empècher que le Gouvernement du Bey fut renversé. Dans ce cas, et surtout dans J.a dernière hypothèse, la question de Tunis revetirait à nos yeux un caractère éminemment européen, et une occupation concertée entre l'Italie, la France et l'Angleterre nous paraitrait le seul moyen de prévenir des dangers, que l'action isolée d'une seule puissance ne ferait qu'augmenter. N'ayant aucun but égoiste et intéressé, ne visant qu'à sauvegarder les droits et le commerce des nombreux italiens établis dans la Tunisie, le Gouvernement du Roi ne voit pas comment il pourrait se trouver en désaccord sur le sujet qui nous occupe avec le Gouvernement de S. M. B. Le Cabinet Anglais reconnaitra au contraire '(Iue les instructions que nous avons données à nos Agents sont inspirées du <iésir de maintenir dans la Régence cet équilibre des influences, qui est essentiel au développement pacifique et régulier de nos rapports commèrciaux et maritimes dans la Méditerranée.

Veuillez donner lecture de cette dépeche a S. E. le Comte Russell...

778

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

TI. CONFIDENZIALE 47. Torino, 3 giugno 1864.

Le Baron de Malaret a bien voulu me donner il y a quelques jours communication d'une dépeche de S. E. M. Drouyn de Lhuys sur les affaires de Tunis. En exposant ses vues sur la situation actuelle de la Régence le Ministre Impérial des Affaires Etrangères exprime son espoir que notre Agent et Consul Général à Tunis se trouve d'accord avec M. de Beauval sur la condui-te à tenir dans les circonstances actuelles.

Cette communication m'a fourni l'occasion de constater avec plaisir dans mon entretien avec le Ministre de France qu'il n'existe aucune divergence entre les vues du Gouvernement du Roi et celles du Gouvernement Français dans cette question. Pas plus que la France nous ne désirons qu'il intervienne aucun changement dans les conditions politiques de la Régence: notre seui but est d'y sauvegarder des intérets qui réclament à bon droit toute notre attention.

Vous n'ignorez pas, M. le Ministre, que mème avant la constitution du Royaume d'Italie le Gouvernement du Roi entretenait avec le Bey de Tunis des rélations qui avaient une grande importance pour le développement de nos rapports commereiaux et de notre navigation dans la Méditerranée. Un Traité signé dès 1832 confirmait les anciennes stipulations et accordait à la Sardaigne des garanties nouvelles. La réunion de presque toute la pénisule à la Monarchie de S. M. le Roi Victor Emmanuel a accru naturellement le nombre et la force des liens commerciaux qui existent entre l'Italie et la Régence de Tunis. Les italiens y forment peut-ètre la plus nombreuse parmi les colonies européennes qui se trouvent dans cette partie de l'Afrique, plusieurs lignes de bateaux à vapeur font le service des postes et entretiennent entre Naples, la Sicile, l'ìle de Sardaigne et la còte de Tunis des communications journalières considérables. Nous avons donc le plus grand intéret a ce que la tranquillité soit rétablie à Tunis, et que rien ne vienne y troubler le développement de la prospérité naissante de notre colonie.

A la première nouvelle des desordres qui venaient d'éclater sur plusieurs points de la Régence, nous avons envoyé des batiments destinés à sauvegarder la vie et la propriété de nos sujets si elle venait à ètre menacée, et à appuyer par leur présence le Gouvernement du Bey, qui, en effet a eu recours immédiatement à un de nos vaisseaux pour le transport d'une partie de ses troupes. Nos frégates ont pu aussi servir d'asile à plusieurs européens et notamment à quelques Anglais qui se sont trouvés dans les localités envahies par les insurgés. En meme tems l'Amiral Albini et notre Consul Général avaient ordre de se concerter avec les Agents de la France et de l'Angleterre pour arreter les mesures nécessaires pour la protection des Colonies européennes. Enfin dans leurs rapports avec le Bey, nos Agents devaient se borner à l'engager à introduire dans son administration les améliorations nécessaires pour mettre fin .sans retard à l'état de choses actuel.

Ces instructions ont été fidèlement suivies par le Comte Albini et le Chevalier Gambarotta, et nous n'avons jusqu'à présent qu'à nous applaudir des résultats de leur conduite, et de la bonne impression qu'elle a produit soit sur les Italiens residants à Tunis soit sur le Gouvernement du Bey. J'espère que

M. de Beauval n'aura pas omis d'en informer S. E. M. Drouyn de Lhuys auquel vous voudrez bien, d'ailleurs donner lecture de cette dépeche. Nous désirons du reste vivement que le Bey soit en état de maintenir son pouvoir avec ses seules forces, et qu'aucun élément étranger ne vienne compliquer une question qui prendrait dès lors naturellement un caractère européen. Si le développement de l'insurrection faisait prévoir des changements dans l'état actuel de la Régence, nous sommes d'avis que les Puissances qui sont les plus intéressées à la tranquillité et à la prospérité de cette partie de l'Afrique devraient renoncer à toute action isolée, et se concerter pour aviser aux moyens de prévenir des éventualités désastreuses pour l'avenir des colonies européennes. Le seul cas où le débarquement de forces militaires sans concert préalable nous paraitrait légitimé par l'urgence des circonstances serait celui où la vie et les propriétés des sujets italiens seraient en danger. On comprendra que dans une telle éventualité nos Agents à Tunis aient l'ordre d'agir avec toute la promptitude néces.saire (1).

779

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(BCB, Carte Minghetti, ed. in MINGHETTI, La convenzione di settembre, pp. 43-44) (2)

L. P. Parigi, 3 giugno 1864.

Vi ringrazio della vostra lettera del 22 e del suo importante annesso.

Io parto per Fontainebleau H 13. Scrivete a La Marmora di essere qui alla stessa epoca. Il momento è supremo. Se il Papa muore, noi ci troviamo nella più difficile posizione in cui mai si sia trovato un Governo.

È possibile che l'Imperatore non voglia accordi con noi. In tal caso la nostra situazione, senza divenir più facile, è più netta. Voi proponete, d'accordo con La Marmora e Della Rovere, di occupare i punti sguerniti di truppe francesi. Ciò ,significherebbe una di queste due cose: o dovremo evacuare questi stessi punti dinanzi alle truppe francesi; ovvero impegneremo la lotta con la Francia.

Non crediate che l'Imperatore si lasci impaurire o sorprendere. Darà ordine di far fuoco, ne son convinto; e, quel che è peggio, in Francia e nell'Europa intiera gH si darà l'agione.

Vi scongiuro di guardar ben bene in faccia alla situazione. Si ammette che i romani rivendichino i loro diritti; si ammette che impegnino la lotta coi Francesi; si ammette che si diano essi stessi liberamente a noi. Non si ammette che noi occupiamo il territorio romano, che noi rivendichiamo nessun diritto su Roma. Tocca perciò ai romani, e non al Governo italiano, il pigliar l'iniziativa e rivendicar Roma.

Passo all'altra ipotesi. Un accordo scritto non si vorrà concedercelo. Quanto è possibile di ottenere dall'Imperatore si è una ·semplice promessa verbale che quando il Papa morrà, il Governo francese dichiarerà di ritirare le truppe entro un termine più o meno breve e di fornire al nuovo Pontefice i mezzi per fOTmare una legione straniera. Ora io vi domando: in presenza della effervescenza e delle esagerate speranze a cui darà luogo la morte del Papa, l'Italia si contenterà di questo risultato? Sventur•atamente l'opinione pubblica in Italia non ammise mai la distinzione fra la questione dell'occupazione, che è ammessa dalla Franoia, e quella del possesso di Roma, che la Francia non ammette.

Quindi avverranno le agitazioni, le dimostrazioni e forse il plebiscito, e quindi nuovi pretesti alla Francia di rimanere.

Vi prego di esaminare seriamente queste cose, di conferirne con i vostri colleghi e con La Marmora, e di mandarmi per mezzo di quest'ultimo istruzioni precise.

Alla morte del Papa la Francia si pronunzierà (.parlo della popolazione) senza dubbio per la ·cessazione dell'occupazione; ma non si pronunzierà per la soluzione radicale da noi desiderata.

(1) -Copia di tale dispaccio venne inviata alle legazioni a Berlino, Costantinopoli, Londra e Pietroburgo. (2) -Altra copia in AS Biella, Carte La Marmora.
780

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 3 giugno 1864. Poco ho da aggiungere a quanto scrivo d'ufficio (1). Lasciai a Drouyn de Lhuys copia della nota, ma in via ufficiosa. Ufficialmente è convenuto che gliene diedi semplice lettura. Gli suggerii di rispondermi nel modo che m'avete indicato, cioè col domandarci ufficialmente comunicazione delle nostre idee intorno ad una soluzione pratica. Drouyn de Lhuys mi disse che non era alieno dal farci una tale risposta; salvo il consenso dell'Imperatore. Non dissimulai a Drouyn de Lhuys che se la morte del Papa avveniva senza che esistesse un accordo tra l'Italia e la Francia, potevano sorgere complicazioni e fatti deplorabili. Che per parte nostra volevamo mettere in salvo la nostra responsabilità, .che i nostri consigl,i presso il Comitato romano rimarrebbero senza auto

rità, ove noi non potessimo appoggiarli ad una formale promessa per lo sgombro di Roma etc. etc. Il Signor Drouyn de Lhuys mi parlò dell'articolo del

l'Opinione. Non volli seguirlo su questo terreno. Dissi che il Governo è affatto estraneo a quel giornale; ma aggiunsi che da quell'articolo, scritto in un giornale autorevole, moderato, rappresentante la frazione la più considerevole della pubblica opinione del paese, si poteva dedurre quale fosse la preoccupazione e quale il sentimento della nazione. Drouyn de Lhuys, secondo il solito, non volle compromettere la sua opinione e si riservò di riferirne all'Imperatore.

Io parto per Fontainebleau il 13. Parlerò all'Imperatore. Sarebbe bene che La Marmora scegliesse questo momento per venir in Francia, e corroborasse così colla sua autorità quanto io sarò per esporre. Farò il possibile, ne siate certo, per indurre l'Imperatore ad accordarsi ,con noi. Ma non mi fo' soverchia illusione. L'Imperatore è imbarazzato, annojato, e poco disposto ad un'iniziativa ardita. Prorogare le questioni senza risolverle, ecco la sua politica di oggi. Ma ammettiamo la migliore ipotesi fra le possibili: sembra sarebbe che l'Imperatore ci promettesse, che alla morte del Papa esso dichiarerà di ritirar le truppe entro un termine più o meno breve, e fornire al nuovo Papa i mezzi di formare una legione straniera. Se ne 'Contenteranno gli Italiani? Non credo. In ogni caso questa dichiarazione dell'Imperatore non sarebbe nota che dopo la morte del Papa. Ma intanto i Romani avran preso le loro misure per fare una dimostrazione e forse il plebiscito. Come potrà contenersi il movimento una volta iniziato? E se una collisione sorge? Ecco un nuovo pretesto per continuare l'occupazione. Da qualsiasi punto ci volgiamo, sorgono le difficoltà.

Posto che in ogni caso, anche dopo la morte del Papa, l'Imperatore non permetterà che da noi si occupi una particella qualunque del territorio pontificio, io mi domando, se non sarebbe forse meglio di dichiarare al paese la verità vera, dicendo che non fu possibile un accordo coll'Imperatore, e che il Governo respinge ogni responsabilità di quanto potrà accadere, lasciando che i Romani facciano valer, come potranno, i loro diritti. Giacchè badate bene a queste due ,cose: l'Europa non riconosce a noi nessun diritto su Roma; e la Francia, se ammette la questione della cessazione dell'occupazione, non ammette la questione del possesso dello Stato pontificio. Mentre invece in Italia la questione della cessazione dell'occupazione è considerata come secondaria, e come un primo passo per arrivare alla soluzione dell'altra. La distinzione tra le due questioni non è mai stata accolta in Italia dall'opinione pubblica. Così, mentre in Francia la morte del Papa può significare l'evacuazione di Roma, in Italia essa significa l'annessione.

Scrivo questa cosa anche a Minghetti (1). Vi scongiuro di riflettere seriamente ai pericoli della situziaone. L'occupazione per parte della nostra truppa dei punti sguerniti significa la guerra colla Francia. Ora se si deve rompere colla Francia, non tocca a noi, partigiani dell'alleanza francese, il farlo. In questo caso dobbiamo cedere il posto ad altri.

In sostanza, l'azione non deve venire dal Governo del Re, ma dai Romani.

La nostra azione deve essere diretta ad ottenere un accordo colla Francia. Se

questo non si ottiene, dobbiamo declinare la responsabilità di quanto può

succedere, e !imitarci ad ajutare i Romani senza mettere la nostra truppa in col

lisione colle truppe francesi.

Parlai a lungo a Pantaleoni; con lui s'è discussa un'idea che vi sottometto. Morto il Papa, il Conclave è sovrano. Al Conclave gli Ambasciatori presentano le lettere di credenza. Ma si potrebbe mandare da noi un Ambasciatore al Conclave? Pantaleoni ve ne parlerà a Torino.

(1) Con r. confidenziale 50, che non si pubblica.

(1) Cfr. n. 779.

781

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora) (1)

L. P. Torino, 4-6 giugno 1864.

Vi ringrazio molto della vostra lettera del 26 (2). Ecco lo stato preciso delle cose colla Francia. Noi abbiamo richiamato l'attenzione dell'Imperatore sull'eventualità della morte del Papa, e sulla necessità di accordi in tal momento. L'imperatore si è mostrato persuaso della convenienza di tali accordi. Fin da quando Pepoli passò da Parigi, l'Imperatore gli chiese una Memoria sull'argomento, che questi gl.i mandò. Poi vi sono stati dei discorsi col Nigra, sempre sulla base del concetto di Cavour che vi scrissi. Ma sinora decisione alcuna non fu presa, il che Nigra non attribuisce ad altro che alla natura stessa dell'Imperatore, e alle difficoltà in cui si trova per le scissure che ha nel suo Ministero. Anche sabato scorso l'Imperatore ci fece sapere per mezzo di Conneau che la questione romana gli stava nell'animo, che pensava anche egli alla necessità di far qualche cosa alla morte del Papa, e soggiunse che in fondo il progetto Thouvenel era il più pratico. Sapete che il progetto Thouvenel non differisce da quello di Cavour, se non se in quanto questi chiedeva lo sgombro delle truppe francesi quasi immediato, mentre Thouvenel prendeva tempo e, sgombrando Roma, faceva una sosta di tre anni a Civitavecchia.

In t.ale stato di cose credo sempre più che la vostra gita a Parigi potesse essere utile. Il momento poi sarebbe opportunissimo, perchè l'Imperatore va a Fontainebleau e vi resterà tutto il mese corrente. Nigra ci anderà una settimana dal 13 al 20, e se voi foste là in quel tempo sarebbe ottima cosa. Ecco il motivo del mio telegramma (3), e desidero che facciate di affrettare la vostra venuta.

Accoerdo colla Francia, questo è d'l primo tema, ii solo ohe ~abbia una base soHda e .sicura. Fuor.i di esso ent11ia~mo iiJJeHa :politilca avventurosa. Nondimeno io son d'avviso che il lasoiar pas:sare la .circostanza della .mol1te del Papa senza. dar segno di vita sarebbe esiziale, e produrrebbe tale effetto nelle popolazioni italiane, che non solo il partito moderato, che dir.ige le cose :italiane dal 1859 in poi, non avrebbe più autorità di sorta (parlo in genere del partito moderato, non di questi o quelli individui); ma temo che la pubblica quiete stessa correrebbe rischi e l'unità italiana potrebbe perkolare.

In tale eventualità pertanto non si presentano che due partiti a prendere: 0 entrare noi senz'altro, o avere un'occasione nei moti interni a fare qualche passo.

Entrare noi senz'altro! Ma i francesi resterebbero tranquilli? Tollererebbero questo intervento italiano? (notate bene che suppongo non vi siano accordi). E con che programma entreremmo? Per difendere il Papa, no. Per soccorrere alle popolazioni neppure, imperocchè, nella ipotesi, si suppone che noi non aspettiamo alcun moto delle popolazioni medesime. Entreremmo adunque in virtù del di11itto nazionale, in virtù di quel diritto che la Fmncia non ha mai voluto riconoscere: imperocchè essa ha sempre detto: non riconosco ingerenze dell'Italia su Roma: al più Roma sia dei Romani.

E qui passo al capitolo scabroso dei moti interni. Immaginate voi possibile che il terrHorio romano, in caso di sede vacante, resti proprio interamente tranquillo e non dta segno di vita? Io nol credo: la cosa potrà esse·re più o meno forte, ma qualche tafferuglio ci sarà. E immaginate voi possibile che Garibaldi e i suoi stiano tr·anquilli in quella occasione? Anche questo nol credo: ogni partito sente per istinto i suoi interessi, e il suo interesse è di scombinare ed agitare.

Ora io mi sono fatto sovente questo quesito: che cosa farà il Governo italiano in tal circostanza? Può restar testimonio impassibile lasciando che garibaldini e mazziniani entrino con volontari nel territorio romano? Avremmo tutta la responsabilità dell'accaduto in faccia alla Francia e all'Europa, senza averne alcun vantaggio. La politica dell'assoluta inaz•ione equivarrebbe ad una connivenza. Può fare un secondo Aspromonte sui .confini romani. Ma la cosa sarebbe ben grave dirimpetto all'opinione pubblica.

E qui permettetemi, in via di parentesi, che vi dica che da tre mesi il partito d'azione macchina e s'apparecchia per :tiare un moto interno nella Venezia, e una invasione ii1el Veneto da·l Tiro,lo, e daUe !Lag;tllllle di Comacchio. Noi abbiamo agito con tutta la oculatezza e il rigore. Abbiamo sventate tutte le mene, ed eravamo pronti a reprimere qualunque tentativo colla forza, donde e come venisse. Il nostro linguaggio e i nostri atti sinora sono riusciti. Bisogna ch'io dia le debite lodi a Spaventa, che si è condotto con molta abilità ed energia; con tanta energia che il partito mazziniano lo fa segno delle sue ire. Ed io ho· visto certi rapporti, che voi potete forse immaginare, e che io poi vi dirò a voce, nei quali si faceva per prima dimanda che Spaventa fosse rimosso dal Ministero dell'Interno. Pertanto ripeto che da questa parte siamo sicuri e pronti.

M·a, tornando alla questione di Roma, io non dico •che non si potessero arrestare e, non potendolo, tirare addosso a Garibaldi e compagni, se volessero penetrare dallo stato nel territorio romano; si avrebbe modo di farlo, ma l'effetto· politico e morale sul paese sarebbe disastroso.

Se adunque non si vuol stare inerti, se non si può permettere al partito d'azione che prenda !?iniziativa, io non saprei vedere altro sistema che quello di avere intelligenze coi romani dentro e fuori più moderati, e di fare ch'essi dirigano il mov.imento in un senso ragionevole, tale da non. offendere la Francia, e da occasionare un intervento, diplomatico o armato nostro secondo le cir

costanze.

Tutto sta nel modo di prendere queste intelligenze, in guisa che vi sia saviezza .in ·chi debba condurre la cosa, opportunità nel farla, e non abbia luogo compromissione aperta del Governo. Capisco che ciò è difficile, ma non mi sembra impossibile.

* Le istruzioni del comitato che voi mi avete mandato, hanno una parte di buono, ma certo non doveano così esprimersi là dove avete notato con matita. Quanto ai giornali, io su questo punto non mi maraviglio di nulla, e non ci do importanza alcuna. Anche l'Opinione di qui ha fatto un arUcolo al tutto pazzo ed imprudente qualche tempo fa sulla materia *.

Ma ciò che sarebbe grave è la faccenda degli arruolamenti. Il Governo non vuole che si facciano, lo ha detto nettamente, e le istruzioni date da Peruzzi sono categoriche. Anzi, come vi telegrafai il giorno pvima e lo stesso che io ebbi la vostra lettera, un telegramma mandato al Prefetto di Caserta insisteva con fermezza su questo proposito; nè vi è necessità di arruolamenti, se anche si vogMa chiudere gli occhi al rimpatrio di emigrati nel momento della morte del Papa.

Ecco le considerazioni che io credo di sottoporvi, ringraziandovi della vostra lettera. La materia è gravissima e vuole essere guardata sotto tutti gli aspetti. Ma d.o spero che più largamente ne discorreremo in voce e che ci intenderemo in ogni punto.

Torino, 6 giugno 1864.

*P. S. -Non avendo potuto ieri finire e spedire la lettera, ricevo stamane l'acclusa di Nigra da Parigi (1) che vi compiego pregandovi di rimandarmela. Io ora non ricordo bene ciò che scrivessi precisamente a Nigra: ma parmi ch'egli non abbia bene inteso o io mi sia con lui male espresso: mentre non poteva mai portargM ,altre idee che quelle che scrissi a voi, nelle quali non era certo sostenuto il concetto del nostro ingresso nel territorio romano senza accordi con la Francia.

Questa è per me, lo ripeto, la soluzione migliore. Ma se gli accordi non si possono stabilire, allora sopravvengono tutti gli altri progetti.

Avendo io scritto a Nigra che io aveva in animo, quando voi verreste a Torino, di pregarvi a fare una corsa a Parigi, vedrete ch'egli prende la cosa con molto calore, e riconfermando la sua gita a Fointainebleau il 13, come già mi aveva indicato, insiste perchè voi poteste recarvi colà all'epoca medesima. Io pertanto vi rinnovo la mia preghiera di sollecitare.

Ieri alla Camera abbiamo avuto una buona seduta. Si è deciso di venir subito alla discussione delle legg,i organiche; e oltre a ciò è svanito tutto il grande échafaudage dell'opposizione, dinanzi ad un mio invito di franca ed immediata battaglia. La maggioranza si è ritrovata di nuovo forte e compatta *.

(1) -Edito, ad eccezione dei brani tra asterischi, in MrNGHETTI, La convenzione di settembre, pp. 38-42. (2) -Cfr. n. 758. (3) -Cfr. n. 767.
782

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. S.N. Belgrado, 6 giugno 1864.

J'ai l'honneur de Vous informer d'une manière très réservée que le Consul

Général de Russie a été informé par télégraphe de Paris et puis de Constantinople bien avant que M. Milkowsky arriviìt à Belgrade, que celui-ci devait se

rendre dans cette ville, pour s'occuper de mettre d'accord les éléments Slave, Polonais, etc., contre l'Autriche. Mon CoUègue a été informé de l'arrivée de

M. Milkowsky et il le fait surveiller attentivement. Le Gouvernement Serbe qui continue à ètre on ne peut mieux avec la Russie, du mo1ns en apparence, le fait aussi surveiller.

J'ai été informé (mais non pas par M. Milkowsky que je n'ai plus revu depuis la première entrevue) qu'il s'est mis en communication avec le parti croate qui ne veut d'aucune manière s'entendre avec l'Autriche et qui aspire à constituer la Croatie en Royaume indépendant.

D'après le peu de mots que j'ai entendu d'une personne qui laisse cependant beaucoup à désirer du coté de l'exactitude, il existerait un plan qui aurait le but de faire surgir, n'importe de quelle manière, la question d'Orient. Il s'agirait de provoquer une révolution en Servie d'accord avec le parti d'action serbe-autrichien. Si la révolution sera victorieuse on imposera au Prince le changement du Ministère actuel et on l'obligera à déclarer la guerre à la Turquie: aussitot la guerre déclarée, le parti d'action des Confins militaires entrerait dans la Principauté pour la soutenir contre les Tures, et il se promet d'ètre suivi par plusieurs régiments de Granger. Si l'Autriche intervenait, la Russie pourrait probablement s'opposer à l'Autriche ainsi que les autres Puissances occidentales. Si l'Autriche n'intervenait pas et que les Serbes succombaient o n pense que ce serait la Russie qui interviendrait en leur faveur, et dans ce cas la guerre générale serait presque siìre. Tout ceci ne parait pas sérieux, car je ne puis pas croire que l'on soit tellement écervelé que d'entreprendre une chose aussi impolitique, incertaine et difficile; mais il se peut qu'il y ait des fous pour la tenter.

Ne serait-il pas probable que ce Monsieur ait cette mission?

(1) Cfr. n. 780.

783

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Mirabellino, 6 giugno 1864.

Volendo inviarti oggi stesso la lettera per M. Thouvenel allo scopo d'aver copia del suo progetto, vi unisco il brouiLlon onde tu legga, se ci riesci, quanto gli ho scritto.

Rammenta dire a Guerrieri di mandarmi qui la sua corrispondenza set

timanale.

Attendo i giornali italiani, dei quali fino ad ora non ne è giunto alcuno. Domani preparate la lettera a Fleury, poi quella per Rouher. Avrò il piacere di vederti mercoledì a Torino.

P. S. -Accludo la mia lettera per Thouvenel in una diretta a Incontri; dalla, ti prego, ad Artom che l'accluda nel primo plico che andrà a Parigi per occasione particolare.

52 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

ALLEGATO

VIMERCATI A THOUVENEL

Monza, le 6 juin 1864.

Aussitòt arrivé, je viens remplir la promesse que je vous ai faite et je vous

envoie le peu de nouveau que j'ai trouvé ici.

La mort du Pape, que tout le monde s'obstine à prévoir dans un délai qui,

mème suivant la croyance des personnes les plus calmes, ne dépasserait pas l'espace

de six mois, occupe tous les esprits dans un sens différent, les uns pour se préparer

à agir, les autres pour empècher toute imprudence; les Ministres et tout ce qui tient

au Gouvernement, se trouvent naturellement rangés parmi ces derniers et l'on est

décidé à recourir à tous les moyens pour obtenir des accords avec le Cabinet des

Tuileries, qui, faisant faire un pas à la difficile question, lui donne la force d'agir

sur la grande masse de la population, toujours douée d'un sens politique admirable

et qui ne demandera pas mieux que de suivre les conseils du Gouvernement, dès

que celui-ci pourra lui faire comprendre qu'il est dans son intérèt de ne rien préci

piter, mais pour cela il faut au moins compter qu'il sera fixé un terme à l'occupation

française.

Gomme j'ai eu l'honneur de vous dire, avant mon départ pour l'Italie, on est

indirectement informé que S. M. l'Empereur se préoccupe sérieusement de cette

situation éventuelle et pense, que le retour à votre dernier projet serait la seule

combinaison pratiquement actuable; dans cet état de choses, vu les tendances de

S. M. Impériale, le Gouvernement du Roi ne serait pas éloigné de se prèter à cette combinaison, d'autant plus que vous, cher ami, étant regardé à juste titre comme le meilleur conseiller de l'Italie, le retour à vos idées serait déjà un grand pas pour les rendre populaires et les faire accepter; à cet effet, on voudrait savoir à Turin la différence qui existe entre le projet, dont vous m'avez donné connaissance en présence mème du Gomte Pasolini, et le premier projet que nous avions combiné à Paris qu'on appelle le projet Cavour.

J'espère, cher ami, que vous ne trouverez pas ma demande indiscrète, d'autant p1us qu'ayant déjà l'ancien projet entre mes mains, vous n'auriez qu'à m'indiquer la différence qui existe entre les deux, et vous savez que vous pouvez compter sur ma discrétion.

Vous croirez facilement que je suis impatient de ·connaitre ce qu'on va faire à Paris. L'ltalie y est aussi intéressée que la France Impériale, car on verrait avec joie le retour à une poUtique, qui .en diminuant ou au moins en séparant J.es ennemis de la nation Française, nous permettrait aussi de former des C!lliances possibles.

Notre Ministère actuel est encore assez fort à la Chambre, il est, à mon avis, très fort dans le pays, car oru iLui tient justement compte des difficultés graves qui l'ont entouré à l'intérieur et surtout à l'extérieur par la fausse direction donnée à la politique en général.

Vous recevrez cette lettre par le Marquis Incontri; vous seriez bien aimable en m'envoyant la réponse par Nigra, qui me la fera parvenir par la première occasion. Madame Vimercati vous prie, ainsi que moi, de faire agréer nos .compliments à Madame Thouvenel et se rappelle à votre bon souvenir.

Je vous serre cordialement la main dans l'espoir de vous voir en ltalie, comme vous me l'avez fait espérer.

784

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. 13. Torino, 7 giugno 1864.

Ho un'occasione domani per Parigi e me ne approfitterò per scrivervi un po' a lungo sul contenuto della nostra ultima lettera. Frattanto colgo un'occasione che mi si presenta ora per annunciarvi che Minghetti spedì a La Marmora la Vostra lettera. Prima del viaggio di La Marmora, Pepoli farà una corsa in Francia e vedrà l'Imperatore se non altro per ciò che riguarda il suo progetto e la sua memoria.

Malaret mi lesse tre o quattro giorni fa un dispaccio e mi tenne oggi un discorso in seguito a un altro dispaccio ricevuto. La ·conclusione di queste communicazioni è che la Francia è decisa a impedire ogni disordine, ogni manifestazione a Roma in occasione della morte del Papa e del Conclave e sinchè

• des circonstances, dont nous sommes les seuls juges nous conseilleront de maintenir un corps d'occupatiQill à Rome •.

Malaret mi disse che queste còmunicazioni non pregiudicavano lo scambio di idee che poteva esistere fra i due Governi sulla questione stessa, ma che dovevano servirei per conoscere le intenzioni del suo Governo in vista delle agitazioni annunziate dalla voce pubblica e dai giornali. Gli risposi, come potete immaginarvi, che il Governo italiano prevedeva infatti delle complicazioni e desiderava prevenirle, che ben !ungi dal volersi servire della loro minaccia come un mezzo, del resto poco efficace, di pressione sulla Francia, noi domandavamo di discutere col Governo francese intorno ai modi per evitare questi pericoli etc. etc. Finii col declinare qualunque responsabilità e partecipazione del Governo nei preparativi che si attribuiscono all'emigrazione romana.

Vi manderò domani un dispaccio su queste comunicazioni fatteci dal Ministro di Francia (1), che potrete anche leggere confidenzialmente a M. Drouyn de Lhuys. Riceverete pure unitamente un dispa•ccio sul fatto di certi condannati per delitti comuni, sudditi pontifici, respinti al confine romano dalle nostl'e autorità, fatto contro cui il Governo francese fa dei reclami. Siccome dalle parole di Malaret, per quanto velate, ho potuto comprendere che il Governo francese stabiliva quasi una certa connessità fra questo fatto e i tentativi sopra indicati, vi prevengo che dissi a Malaret ·che credevo che il Governo francese non nudrisse tale sospetto, assurdo per ogni riguardo, e al quale credevamo d'essere troppo superiori. Sul fondo della questione Malaret è senza alcuna istruzione, del resto ne' suoi rapporti porta sempre uno spirito assai amichevole.

Vi riscriverò dunque domani, mandandovi la spedizione indicata.

(1) Cfr. n. 786.

785

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE

T. R. 574. (AS Biella, Carte La Marmora)

A lui solo. NapoLi, 8 giugno 1864, ore 14,30. Dica a Minghetti che ho ricevuto sua lettera (1), che so positivamente essere il Papa rimesso e potersi prolungare anche un pezzo sua esistenza. Che mia partenza precipitosa per Parigi e massime per Fontainebleau, mi pare farebbe troppo chiasso, che Imperatore deve essere ora troppo occupato della questione danese per trattare seriamente con noi la questione romana, che per tutto questo mi sembra meglio differire mia gita. Se tutto ciò malgrado Minghetti crede meglio io vada, me lo dica e partirò subito. Può dire a Minghetti che tengo ancora i cifrari francesi F. 11 ed F. 12.

786

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 48. Torino, 8 giugno 1864.

Le Baron · de Malaret m'a lu confidentiellement, dans un entretien que j'ai eu avec lui le 4 Juin, quelques extraits d'une dépéche par laquelle S. E.

M. Drouyn de Lhuys appelait son attention sur certains projets qu'on attribue à l'émigration romaine. D'après le Consul de France à Naples un corps de deux mille réfugiés serait pret à passer la frontière en cas de vacance du St. Siège et une votation contre le pouvoir temporel serait organisée à Rome dans cette éventualité. Ces bruits mettaient S. E. M. Drouyn de Lhuys dans le cas de déclarer par sa dépeche, que le Gouvernement Français était décidé à maintenir l'ordre à Rome et à sauvegarder la liberté du Conclave. En mème temps le Ministre lmpérial des Affaires Etrangères exprimait son espoir que le Gouvernement Italien, dans un intérèt commun avec la France, aurait employé son influence et interposé ses conseils pour prévenir tout désordre.

Les mèmes déclarations m'ont été répétées de nouveau aujourd'hui par

M. de Malaret à l'occasion d'un incident survenu à la frontière romaine et complètement étranger à la politique. J'ai répondu à ces deux communications de manière à ne laisser planer aucun doute sur nos intentions.

Ainsi que M. Peruzzi l'a déclaré à la Chambre des Députés dans la Séance du 3 Juin, le bruit qu'un Corps de deux mille émigrés soit organisé pour franchir la frontière est dénué de tout fondement. Les instructions données aux Préfets des provinces limitrophes continuent à ,leur prescrire de s'opposer à toute tentative de ce genre.

Les bruits que le Consul de France à Naples a rapportés à S. E. M. Drouyn de Lhuys ne sont dane que le symptòme d'une situation qui tend à s'aggraver chaque jour et sur laquelle nous avons déjà appelé loyalement l'attention du Gouvernement Français. Il est inutile de se cacher qu'une agitation profonde

se manifeste en Italie à mesure que l'éventualité d'une vacance du St. Siège

semble s'approcher. Les dangers d'un tel état de choses sont évidents, ils s'im

posent 1mpérieusement à la considération du Gouvel'nement du Roi et du Gou

vernement de l'Empereur. Nous sommes loin de voir dans ces dangers un

moyen de solution, et l'on se méprendrait étrangement en nous attribuant le

projet de nous en servir camme pour exercer une sorte de pression sur les

délibérations de S. M. Impériale. Nous savons ,combien il est facile de fausser

une question qui est exclusivement du ressort du droit et de la politique en

s'exposant à y faire intervenir hors de propos le point d'honneur militaire.

L'idée d'une pression ne saurait donc entrer dans notre programme. Nous

ne pouvions en donner une preuve plus concluante qu'en prenant nous-memes

l'initiative de signaler à S. E. M. Drouyn de Lhuys les dangers dont il s'agit.

Les deux dépeches du 4 Juillet 1863 et du 27 Mai 1864 (1), dont vous avez donné

communication officieuse au Ministre Impérial des Affaires Etrangères sont

là pour couvrir notre responsabilité et pour démontrer que nos intentions n'ont

pas changé bien que la situation tende indépendamment de nous à se modifier

profondément.

Nous avons prouvé par des arguments qui nous paraissent irréfutables l'ur

gence d'un accord entre les deux Gouvernements sur le fond meme de la

question Romaine. S. E. M. Drouyn de Lhuys fait appel à notre concours pour

prévenir par nos conseHs et notre influence morale tout désordre dans le ter

ritoire romain.

Nous serions heureux de répondre à cet appel, si l'influence que le Minis

tre Impérial des Affaires Etrangères se plait à nous attribuer ne dépendait pas

surtout de l'exécution de notre programme. Nous avons décJ.aré que notre in

tention était de parvenir à résoudre la question qui nous oc·oupe par une

entente avec la France, et que nous n'avions pas perdu l'espoir d'y réussir.

S'il était démontré que nous nous sommes nourris de vaines illusions, que,

meme dans le cas d'une vacance du St. Siège, rien ne serait changé à l'état

actuel des choses, si aucune perspective meilleure ne venait s'offrir aux yeux

des Romains et de tous les Italiens, nous chercherions vainement à exercer une

influence que non seulement le Cabinet aetuel, mais tout autre Ministère ayant

pour programme l'alliance française, aurait d'avance perdue sur la nation

tout entière. Nous n'éprouvons donc aucun embarras à déclarer que dans une

telle hypothèse nous serions impuissants, non pas à réprimer les desordres qui

pourraient éclater dans l'intérieur du Royaume, mais à les prévenir sur le

territoire romain et à exercer cette haute mission morale à laqueUe le Gouver

nement Français nous invite, et qui dépend en quelque sorte de ses déter

minations.

Il est en effet une circonstance dont il faut surtout tenir compte pour bien

apprécier la situation. La crise qu'il s'agit d'éviter a sa raison d'ètre dans la .nature du pouvoir temporel, elle n'est pas provoquée arbitrairement par l'impulsion aveugle d'un parti ou de quelques hommes. Il s'ensuit inévitablement que le grand parti libéral et modéré se préoocupe aussi bien que les fractions les plus avancées du parti d'action de l'éventualité d'une vacance du St. Siège.

M. de Malaret n'a certes pas caché à son Gouvernement que l'opinion publique

75\.

en Italie se manifeste unanimement dans ce sens. Tous les journaux qui ont quelque importance se sont déjà livrés aux appréciations les plus différentes sur les probabilités de telle ou telle ,solution: tous ont été d'accord à en fixer la date à l'époque d'une vacance du tròne pontificai. Lorsque une idée s'empare de la sorte d'une nation tout entière, il se forme un courant d'opinion contre lequel ne saurait lutter l'autorité des Gouvernements les plus fortement constitués. Nous croyons qu'il n'y a aucune témérité à affirmer qu'il serait impossible d'affronter une semblable crise sans s'exposer à compromettre de la manière la plus sérieuse nos bons rapports avec la France.

Ces considérations tout-à-fait confidentielles démontreront encore à M. Drouyn de Lhuys l'urgence d'un accord entre les deux Gouvernemens. Bien loin de nous prévaloir d'un antagonisme d'intérets qui n'existe nullement, nous ne demandons qu'à prévenir les désordres que produira peut-étre sur notre territoire comme dans le territoire pontificai le maintien de l'état de choses actuel. C'est au Gouvernement Français de nous mettre à meme de démontrer que notre politique repose sur une base rationnelle et qu'en comptant sur son concours nous n'avons pas trahi nos devoirs et compromis l'avenir de l'Italie.

(1) Cfr. n 781.

(1) Cfr. serie I, vol. III, n. 696, e, qui, n. 760.

787

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 14. Torino, 8 giugno 1864.

Voi mi chiedete nella vostra lettera (1) se, nella migliore ipoteSl fra le possibili, se, cioè, l'Imperatore dichiarasse alla morte del Papa di ritirare le truppe in un termine più o meno breve, fornendo al nuovo Papa i mezzi per formare una legione straniera, gli Italiani si contenteranno di una tale soluzione. E mi esprimete il dubbio che non se ne appaghino. L'opinione pubblica in Italia, voi soggiungete, non ha mai accolta e non accoglie la distinzione essenziale fra la questione del non intervento e quella della annessione di Roma al Regno italiano. Io vivo tuffato in questa vita quotidiana dell'Italia politica e vi dirò la mia convinzione intorno allo stato della opinione pubblica a questo riguardo. Voi sapete che una certa indifferenza, un certo scetticismo dei mezzi è nel temperamento degli Italiani. La distinzione della duplice questione non esiste fra noi come una teoria, ma sarà perfettamente accettata come un espediente, al patto che quest'espediente ci conduca ad un risultato qualunque. Il Governo non potrebbe fare delle dichiarazioni esplicite che importino una specie di solenne abiura alle aspirazioni nazionali. Ma queste dichiarazioni esplicite e astratte, delle quali apparirebbe sempre problematica la sincerità, non mi sembrano un elemento necessario d'una possibile combinazione fra noi e la Francia. Certo, sgomberata Roma dai Francesi e il Papa padrone ancora di Roma, le aspirazioni nazionali acquisterebbero ancora maggior forza; ma il modo di

compierle sarà la difficoltà dell'indomani e non dell'oggi. Il paese si appresterà a considerare quest'altra difficoltà con tanto maggior calma, con pazienza

tanto maggiore in quanto, nella questione dell'intervento francese, gli sarà stato provato che la politica della calma e della pazienza, non fu sterile ed illusoria. D'altronde non vi saranno nel frattempo altre questioni, altre combinazioni da porsi sul tappeto, quella per esempio della Venezia?

L'opinione pubblica in Italia ha portate tutte le sue aspettative, tutte le sue speranze all'epoca della morte del Papa; essa non pretende una soluzione definitiva, completa, non l'aspetta; reclama solo che la questione faccia un passo e se ne contenterà.

Ciò che noi domandiamo al Governo francese è un accordo, pel quale sia provato all'Italia che l'attuale situazione a Roma è una situazione che deve avere una fine, che i termini nei quali l'opinione moderata italiana ha posta costantemente la questione di Roma, non sono termini derisori. Infatti, come è posta ora la questione Romana? Il Governo italiano dichiara: Noi vogliamo far applicare a Roma il principio di non intervento d'accordo colla Francia. E la Francia, questa Francia con cui si tratta d'andare d'raccordo, dichiara alla sua volta ,che ,continuerà l'intervento sinchè non si saranno verificate delle condizioni che essa stessa, pel fatto della sua occupazione, rende impossibili a verificarsi.

L'opinione pubblica in Italia è convinta che la mor,te di Pio IX, la vacanza della Santa Sede, può offrire aUa Francia una occasione favorevole per rompere questo circolo vizioso, per stabilire con delle dichiarazioni e con degli atti il carattere di una politica conciliativa e liberale che intende di misurare essa stessa la responsabilità che vuole assumere e non di assumere tutta quella che piacerà aUa Corte romana di imporle.

Se questa occasione passasse senza deliberazione alcuna, senza uscire dallo stato di irresoluzione attuale, gli Italiani vedrebbero in ciò la prova irrecusabile che la Francia intende dare alla occupazione una durata indefinita, i Romani vi vedrebbero la prova che per parte della Francia essi non hanno ad attendere altra prospettiva che quella di vivere in eterno sotto un pessimo governo appoggiato e sostenuto dalle baionette straniere. Non sarebbe questa l'opinione di Gariba,ldi o del par,tito d'azione, ma quella del paese intero.

Sinchè la Francia dice all'Italia: io voglio conciliare il Papato con voi, essa non si pone in diretta contraddizione col sentimento nazionaie degli Italiani. Ma il giorno in cui, a torto o a ragione, prevarrà il convincimento che la politica francese a Roma non è in realtà altra cosa che la negazione del diritto degli Italiani e dei Romani, non vedo quale avvenire possa più avere la politica moderata e quella dell'alleanza francese. Questa malaugurata convinzione si farà prevalente all'epoca della morte del Papa e produrrà necessariamente delle manifestazioni solenni in Roma e nel territorio romano per opera dei Romani, una agitazione morale, rprobabilmente anche materiale nel nostro Stato. Queste conseguenze sono facilmente prevedibili. Io credo che il Governo francese non dovrà vedere in queste previsioni un mezzo assai volgare di pressione che noi vorremmo esercitare sopra di esso. So bene che l'Imperatore non può considerare sotto questo punto di vista il leale linguaggio che noi teniamo, so bene che nessun uomo politico potrà seriamente considerarlo di tal maniera, ma noi non vogliamo dare neppure a qualche osUle redattore di dispacci il pretesto di confondere la questione Romana con una quistione di chauvinisme. Noi indichiamo dei pericoli che minacciano noi e la Francia e noi più che la Francia, li indichiamo come sintomi di una situazione che desideriamo esaminare d'accordo, a cui cerchiamo di provvedere d'accordo.

So bene, e perfettamente convengo con voi, che il Governo italiano, che l'opinione moderata italiana, non possono avere, per le eventualità che si presentano, altro programma che quello di un accordo preventivo colla Francia.

Al di fuori di questo accordo non può esservi per noi che l'ignoto, l'avventura, una dolorosa deviazione da quella linea di condotta che l'Italia ha finora costantemente seguita. Ma dirò anche che al di fuori di questo accordo la Francia sarà necessariamente condotta a falsare la sua situazione a Roma. Ad essa tocca di esaminare l'eventualità di una repressione sanguinosa nelle vie di Roma, poichè ad essa sola toccherà di eseguirla. Ma ci si dice -tocca al Governo italiano di interporre la sua autorità morale per impedire dei fatti i qual.i al postutto, se avverranno, anderanno a scapito dell'Italia.

Vi ho già scritto, vi ripeto oggi nel dispaccio, voi avete già detto a M. Drouyn de Lhuys, a quali condizioni soltanto questa autorità morale, che abbiamo sempre esercitato in un senso moderatore, abbia potuto e possa esercitarsi. Non ho più a tornare su questo argomento. Vi aggiungerò soltanto che, il giorno in cui prevalesse la convinzione di cui poc'anzi parlava, gli Italiani e i Romani saranno naturalmente condotti a credere che almeno giovi protestare, poichè aUro è una questione che non si vuoi compromettere, altro è una questione aHa soluzione della quale s'è perduta ogni fede che la Francia voglia concorrere.

Ma, ·ci si chiederà: le pretese dell'Italia sono tali da rendere possibile quest'accordo?

Noi abbiamo già dichiarato di accettare la questione nei termini in cui la pose l'Imperatore. Il Conclave, radunandosi, nominerà o un Pontefice reazionario ed austriaco, o un Pontefice moderato quale la Francia lo desidera.

L'una o l'altra eventualità mi pare che consiglino una dichiarazione dell'Imperatore, la quale annunci un termine, in una data epoca, alla occupazione.

Se viene eletto un Cardinale favorito dall'Austria, vorrà la Francia ImP€riale assumere indefinitamente la responsabilità della politica di questo Pontefice e rimanere insensibile alla considerazione che Luigi Filippo e M. Guizot ottennero, al loro tempo, che fosse nominato un Pontefice accetto alla Francia? Se viene eletto un Cardinale gradito al Governo dell'Imperatore, ciò che desidera l'Imperatore, ciò che desideriamo noi stessi, ciò che non è a prevedersi con Pio IX per un complesso di circostanze personali, la conciliazione del Papa coll'Italia diventa possibile. Rimane ad esaminare in quali condizioni però diventi possibile.

Queste condizioni siamo disposti ad esaminarle si)assionatamente d'accordo coll'Imperatore. Queste condizioni mi sembrano due erispondono ai due lati del problema, il lato italiano, a così esprimermi, e il lato francese. Bisogna in primo luogo, che il Papa non possa contare indefinitamente sulla protezione delle armi francesi. Protetto da questa occupazione, quand meme, sottratto per tal modo alle esigenze della situazione, non v'ha Pontefice il quale .possa o voglia uscire dal tradizionale non possumus. Ma bisogna anche che sino dai primi giorni del suo Regno si sappia che questo Pontefice non può contare su una indefinita occupazione e lo si sappia per esplicita dichiarazione e per un prindpio di ese

cuzione. Il ritiro delle truppe francesi, dopo un periodo qualunque del suo Regno, o si farà contro il volere del Pontefice, e la Francia si troverà in una situazione sempre penosa, o si farà d'accordo col Papa, e questi dovrà assumersi una responsabilità dalla quale sarà sempre rifuggente anche per iscrupoli d'ordine religioso. Nascendo invece, per così esprimermi, nella ,condizione di cose creata dalla dichiarazione dell'Imperatore, la sua responsabilità sarà assai meglio al coperto per seguitare quella politica di conciliazione che gli sarà, questa volta con successo, suggerita dall'Imperatore. Nel tempo stesso riconosco che, perchè il nuovo Pontefice possa prestarsi a questa combinazione, è d'uopo che, ritirate da Roma le truppe francesi, egli non si trovi sotto l'immediata minaccia di disordini e di rivoluzioni. In questo caso potrebbe avvenire ciò che la Francia non vuole e che noi non desideriamo, che il Pontefice fuggisse, ramingando per l'Europa in cerca d'un asilo. Bisogna che il Pontefice pure trovandosi in faccia alla necessità della nuova situazione escita da avvenimenti irrevocabilmente compiuti si trovi per un dato periodo di tempo, in condizioni di dignità e di sicurezza che gli permettano di onorevolmente prestarsi ad una conciliazione coll'Italia, che io credo possibile.

Ho lasciato correre la penna esponendo ,a lungo delle considerazioni generali, che non ponno avere per voi altro valore che quello d'indicarvi in quali disposizioni noi siamo e come crediamo che, ottenendo qualche risultato in questa linea di condotta, questo risultato sarà ,accettato dall'opinione pubblica.

Ma se l'Imperatore acconsente ad un accordo, voi mi dite, le sue dichiarazioni avverranno dopo la morte del Papa e frattanto succede:t:ebbero le manifestazioni di Roma e le complicanze che possono nascere. Mi rimarrebbe infatti a dirvi l'avviso nostro e sul modo di prevenire questi inconvenienti e sulle varie proposte pratiche di soluzione che furono poste innanzi. Non posso farlo oggi, me ne manca il tempo. Ma prima della vostra partenza per Fontainebleau Minghetti od io ve ne scriveremo, completando così l'esposizione delle nostre vedute. Il dispaccio che vi spedisco (1) potrà o servirvi di tema per una conversazione con Drouyn de Lhuys, o, come giudicherete meglio, potrete 'leggedo confidenzialmente per intero o solo per estratti. Esso risponde a delle comunicazioni che Malaret mi fece, leggendomi pure degli estratti, e senza !asciarmi nessuna copia, neppure ufficiosamente. Vi lascio giudice dell'opportunità, ma nello stesso tempo amiamo tenere un linguaggio che c'è imposto dal sentimento del dovere.

(1) Cfr. n. 780.

788

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 10 giugno 1864.

La salute del Papa comecchè migliorata, non lascia però speranza di lunga vita. E la eventualità della sede vacante se non può dirsi più prossima, non

può riguardarsi come remota. Ad ogni modo credo siamo d'accordo che bisogna occuparsene seriamente, e tenersi pronti all'occasione.

75S

Ma le ragioni che voi m'indicate, circa gli inconvenienti che potrebbero venire da una improvvisa vostra gita a Fontainebleau, mi sembrano di grave peso.

A queste ragioni se ne aggiunge ora un'altra speciale. Vi scrissi già che Pepoli alcun tempo fa aveva scritto una memoria su quel tema all'Imperatore che a ciò ne lo aveva invitato. Pepoli (la cui salute è sempre un po' vacillante e che ha consultato medici francesi) oggi fa una gita a Parig,L Dalla sua memoria esso non ebbe mai risposta, ma si confida di poter persuadere l'Imperatore delle proprie idee. Io credo pertanto che sarebbe poco opportuno che vi trovaste là in questo momento. Mi par meglio lasciare che questa fase si esaurisca, tanto più che la dimora di Pepoli a Parigi sarà breve, avendo egli necessità di curarsi radicalmente a casa propria. Per vostra norma Pepoli non sa nulla affatto del vostro possibile viaggio: nè credo si debba !asciarsene trapelar nulla. Nigra è avvertito di tenere il segreto.

Convenendo pertanto con voi, non insisto ,sulla vostra partenza da Napoli per ora. Bensì io vi prego a non prolungare il soggiorno oltre d,l termine che avevate prima fissato. Quindi debbo avvertirvi che l'Imperatore dopo Fontainebleau passerà a Vichy nel mese prossimo e forse quello sarebbe luogo propizio a vederlo con quiete.

Vi prego a .scusare la fretta di questa lettera...

(1) Cfr. n. 786.

789

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, l O giugno 1864.

Ricevo in questo momento la Vostra lettera del 7 (1) e l'annessovi dispaccio. La ho letta con piacere grande, giacchè, per pensare che io faceva, non vedo altra soluzione se non questa: che l'Imperatore ci prometta di ritirar la truppa· alla morte del Papa, e che scriva la relativa dichiarazione al Conclave; e che l'Italia se ne contenti.

Spero che Drouyn de Lhuys risponderà alla nota nel ·senso che vi ho indicato. Ieri ancora me lo promise.

Vi scriverò da Fontainebleau. Vi prego di ricevere Pantaleoni, che avrà l'onore di rimettervi questo biglietto. Egli potrà fornirvi interessanti notizie sui Cardinali. ·

Non vi parlo della Conferenza di Londra. Temo che, pur troppo, si verrà ad un accordo. Ah! se Palmerston avesse vent'anni di meno e l'Imperatore dieci! L'alleanza tra Italia, Francia ed Inghilterra sarebbe fatta da un pezzo e a quest'ora la bandiera tricolore sventolerebbe a San Marco. Ieri ancora Drouyn de Lhuys mi disse che se l'Inghilterra facesse alla Francia proposte

tali che inchiudessero per lei un interesse da compensare in qualche modo i sacrifizi di una guerra coll'Allemagna, si potrebbe pensare ad un'alleanza.

Leggerò a Drouyn de Lhuys e all'Imperatore parti del Vostro dispaccio dell'8 (1), e terrò all'uno e all'altro un linguaggio molto chiaro. Voglia Dio che esso sia ascoltato!

Aspetto ancora altra lettera Vostra e di Minghetti. Mandatemi un corriere. Mandate anche Pepoli, se La Marmora non può venir subito. La presenza di Pepoli non farà nè bene nè male. Ma non voglio avere dei regrets nè lasciar nulla di intentato.

(1) Cfr. n. 784.

790

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti, ed. in LIPPARINI, pp. 194-196)

L. P. Parigi, 1O giugno 1864.

Pantaleoni vi rimetterà queste poche righe. Ho parlato con lui a lungo sulle cose di Roma; egli mi ha dato interessanti notizie sw vari cardinali, ed è pronto a fornirvi su questo soggetto tutte le informazioni che potrete chiedergli. Esaminai con esso la questione sulla convenienza di mandare a Roma, all'occasione della sede vacante, un ambasciatore del Re. È cosa da studiarsi. Egli ve ne parlerà, e voi vedrete se la cosa possa essere utile e pratica.

Terrò all'Imperatore il linguaggio ·che voi e Visconti mi avete indicato nella vostra lettera. Temo che la migliore salute del Papa, allontanando l'imminenza del pericolo, non raffreddi l'animo dell'Imperatore già troppo propenso ad indugiare.

Le questioni a esaminarsi sono due:

O l'Imperatore consente a darci la promessa che dopo la morte del Papa evacuerà Roma, a condizione che tale promessa rimanga secreta, e allora converrà cercare come il Governo deva condursi per consigliare ai Romani di non dar pretesto a collisioni ed a complicazioni tali che possano spingere l'Imperatore a ritirare la sua promessa.

Ovvero non otterr·emo nemmeno questa mezza promessa, e in questo caso dobbiamo prepararci a far fronte a più gravi difficoltà. Si è su questa seconda ipotesi, la quale è purtroppo fra le cose prevedibili, ch'io chiamo tutta quanta la vostra attenzione. Bisogna esaminarla con ·calma e dall'alto, elevandoci al disopra delle agitazioni e della impazienza del momento. L'occupare qualche miserabile striscia di territorio sguarnita di truppe francesi, mi pare ad un tempo cosa meschina e pericolosa. La questione non farebbe nessun passo, e l'ostilità colla Francia ne sarebbe l'inevitabile corollario. Ora se si vuoi rompere con la Francia, tanto varrebbe marciar su Roma con un potente esercito. Così almeno la posizione sarebbe netta, e la grandezza dello scopo potrebbe spiegare l'arditezza della nostra azione. Ma questo .partito è troppo insensato perchè noi possiamo pigliarlo in questo momento. Se la Francia fosse seriamente im

plicata in difficoltà interne od esterne, tali che la ponessero nell'impossibilità di mandare un esercito in Italia, se la reazione clericale avesse dato luogo ad una reazione liberale (il che avverrà senza dubbio ma non per ora), se potessimo contare sopra un'efficace e sicura alleanza, la cosa sarebbe discutibile. Ma sventuratamente la Francia è tranquilla e potente, nessuna minaccia di guerra

o di moto interno la turba (dico ,sventuratamente per rapporto alla questione che esamino; giacchè non v'è dubbio che d'altra parte abbiamo tutto l'interesse a che l'Imperatore non perda il suo prestigio e la sua potenza); la reazione clericale in Francia continua e ne avete una prova nella destituzione di Renan, non possiamo contare su nessuna alleanza estera efficace.

Una guerra colla Francia in queste circostanze mi pare dunque un'ipotesi assolutamente impossibile. Certamente metteremmo l'Imperatore a mal partito, ma che cosa ci guadagneremmo noi? L'Imperatore uscirebbe da questa guerra vittorioso ma diminuito, come al Messico; e noi come ne usciremmo?

Vi scriverò da Fontainebleau. Se Lamarmora non può venire per ora mandatemi Pepoli. Ma vorrei che Lamarmora venisse perchè la sua testimonianza avrà molto peso agli occhi dell'Imperatore.

(1) Cfr. n. 786.

791

IL MINISTRO DI PRUSSIA A TORINO, USEDOM, AL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM (Copie Artom)

L. P. Nervi, 11 giugno 1864.

Avant de quitter Turin j'ai encore eu avec Malaret une conversation sur la question romaine et sur l'attitude que les Français prendraient à l'occasion du décès du Pape.

J'ai cru m'apercevoir que l'Empereur veut prolonger le status quo actuel mème après la mort de Pie IX, résister à tout mouvement en sens contraire, assurer tout au plus le choix d'un Pape modéré (autant qu'un Pape peut l'ètre) et obtenir de celui-ci les concessions qu'il a demandées en vain à Pie IX. Il me parut que ces concessions concerneraient plutòt les Romains que le royaume d'Italie et qu'elles seraient calculées pour contenter les sujets du Pape, au lieu de rendre Rome la Capitale italienne. C'est-à-dire qu'elles serviraient à reculer la solution au lieu de l'accélérer. Car si les Romains n'auront plus à se plaindre de leur Gouvernement, l'Italie est plus éloignée du Capitole que jamais et les Français y auront amélioré leur position en mème temps.

Malaret avait conseillé à Paris, que, si on voulait reprimer tout mouvement à Rome, mème par la force, on était tenu de le dire dès à présent à Turin, et cela rondement, sans exciter de fausses espérances. Mais cela est précisément ce que l'Empereur voudrait peut-ètre éviter, pour ne pas trop engager sa politique vis-à-vis d'événements futurs dont personne ne peut prévoir ni l'étendue ni la portée. QueUe que soit la position des Français à Rome, fùt-elle fausse au dernier degré, ils ne voudront jamais accepter ni une défaite ni mème une attitude passive au milieu d'une révolution ou d'un changement d'autorité. Si Garibaldi y paraissait en personne sur le terrain, ils feraient feu de toutes pièces, et cela devrait sans doute empirer la situation. Il est incroyable comme ils l'ont pris en grirppe.

Voulez-vous me peDmettre, malgré l'epais brouillard qui couvre l'avenir de cette question, de hasarder une opinion? je crois que, plus qu'on est là-dessus dans le vague, plus il faut tacher de préparer les moyens rpolitiques à temps. Sans négliger en aucune manière la France, sans meme la lacher, il me parait qu'il faudrait entamer l'Angleterre quant à la violation constante de la nonintervention, proclamée tant de fois en principe. Comme le Ministre Visconti l'a si bien dit, il faut réunir dans cette voie et la France et l'Angleterre encore une fois: cette double alliance portera ses fruits à l'Italie en toute circonstance, -in hoc signa vinces.

Ne pourrait-on pas rpeser sur l'Angleterre par tous les moyens diplomatiques et s'assurer l'appui britannique pour le moment où la mort du Pape occasionnerait un mouvement dans l'Etat romain? Certainement l'Angleterre pour-· rait empècher que l'opposition de la France ne dégénerat en une attitude hostile contre l'intérèt italien et contre l'Italie elle-mème dans une crise pareille. Plusieurs drconstances Vous pourraient venir à l'aide: le vieu sentiment du No popery -le désir de réparer l'échec de la diplomatie anglaise au Danemark sur un autre terrain -le sentiment très juste de ne pas laisser la France s'eroparer trop exclusivement des destinées italiennes --la révanche à prendre indirectement sur l'Autriche pour son action dans le Slesvig -mème les folies de l'opinion anglaise pour Garibaldi et l'unison des hommes en piace en faveur de l'Italie, comme Palmerston, Lord Russell, Elliot et Odo Russell, pourraient venir à propos et vaincre cette fois le phlegme anglais.

Adieu mon cher Artom. Ces lignes sont pour Vous ,seui, cela s'entend; il n'y a que l'intérèt pour la cause de ce pays -l'office n'y entre pour rien.

792

IL CONTE VIMERCATI ALL'AIUTANTE DI CAMPO DI NAPOLEONE III, FLEURY (AVV)

L. P. Mirabenino, 12 giugno 1864.

Quoique par les dernières nouvelles de Rome on soit plus rassuré sur l'état de la santé du Saint-Père et que le danger paraisse pour le moment éloigné, l'opinion générale ici est sérieusement préoccupée en vue des complications que la mort du Pape pourmit nous amener. Je constate cependant que l'esprit pratiquement politique des Italiens ne se démentit pas dans cette occasion, et comme dans les autres également graves, il faut espérer que le Gouvernement pourra exercer son influence salutaire, afin d'éviter toute complication facheuse, si toutefois la France consent à J.ui en fournir les moyens, par une entente préalable, qui permette de faire un pas vers la cessation de l'occupation française dans les Etats pontificaux.

Vous savez mieux que moi, mon Général et cher ami, que plus un danger est grave, plus il faut savoir le regarder en face, pour bien en mesurer l'étendue; c'est pour cela que je crois utile de vous faire connaitre, sans détour, le véritable état de notre situation.

Vous devez vous rappeler que dans une autre occasion, je suis venu vous signaler un danger, vous donnant l'assurance que le Gouvernement italien ne manquerait pas à ses devoirs. Vous avez eu la bonté de me répondre, et la bataille d'Aspromonte est venue vérifier mes prévisions; ici le cas n'est pas le mème, un second Aspromonte pour défendre un Conclave réuni sous l'influence contraire à l'esprit national, serait, je crois, impossible. Les hommes les plus sérieux, les plus conservateurs et monarchiques, comme les La Marmora, les Della Rovere, les San Martino, les Sclopis, qui appartiennent de naissance à l'ancien Piémont, demandent eux-mèmes au Roi et à ses Ministres, qu'on s'eutende avec S. M. Impériale, pour conjurer le danger, car il ne s'agit plus de la chute du Ministère actuel, ou de l'événement d'un autre un peu plus ou un peu moins avancé, ce qui serait d'une importance bien secondaire dans un Gouvernement constitutionnel, mais c'est tout le parti modéré qui serait anéanti d'un coup et réduit à l'impuissance, au profit de Garibaldi et ses amis, si un nouveau Pape était élu à Rome, sans que les conditions de l'occupation française ne fussent modifiées.

L'Italie regarde l'Empereur comme son seul ami et l'Empire français comme son seul allié. Elle travaille avec activité, et au prix d'énormes sacrifices, à l'organisation d'une armée imposante, et elle se dit à elle-mème • nous donnerons à l'Empereur une prépondérance énorme par nos forces, jointes aux siennes, nous serons avec Lui dans les conseils de l'Europe et sur les champs de bataille, tandis qu'à Rome les Cardinaux et les prètres acquittent jésuitiquement leur dette de reconnaissance envers la France, en lui étant contraires dans toutes les occasions, en voulant soutenir le chef de la chrétienté, la mauvaise foi des cléricaux fait que •l'on soutient à Rome, sans le vouloir, Monsei!gneur De Mérode et le parti légitimiste; il est impossible, on ajoute, qu'entre les amis véritables et les ennemis acharnés, l'Empereur penche pour ces derniers, d'autant plus que comprenant les difficultés graves qui entourent S. M. Impériale, on se contenterait, j'en suis convaincu, d'un arrangement qui, tout en fixant un terme à l'occupation française, permettait au Cabinet des Tuileries de rassurer le Conclave, que le nouvel élu ne sera pas abandonné sans qu'il ait eu le temps de pourvoir à sa sureté à l'intérieur et qu'on l'ait garanti à l'extérieur de toute attaque, par des arrangements pris avec le Gouvernement italien.

Mais il faut que ces arrangements soient pris préaiablement, au moins que le Gouvernement du Roi connaisse d'une manière bien positive les déclarations que la France est décidée à faire au moment de la réunion du Conclave, pour que le nouveau Pape sorte de l'élection, pour ainsi dire, dans des conditions nouvelles et spéciales, qui lui donneraient la force, vis-à-vis du Sacré collège, d'inaugurer sérieusement les réformes tant demandées par la France, qui seraient un acheminement à l'entente entre la Papauté et l'Italie, pour laquelle l'Empereur a déjà formé tant de voeux et donné tant de sages conseils.

Les Ministères qui se sont succédés après la mort du Comte de Cavour, ont du adopter le programme tracé par la situation où se trouva l'Italie, les hommes qui sont actuellement au pouvoir ont toujours gardé la plus grande réserve sur la question Romaine, cette réserve durerait encore, si l'événement plus ou moins prochain de la mort du Pape, n'était pas venu réveiller l'opinion publique, non pas assoupie ni indifférente, mais sagement contenue par l'influence du parti modéré, encore assez fort aujourd'hui en Italie, pour lutter contre Garibaldi, qui représente l'exagération du sentiment national, auquel il est prudent, je crois, concéder le possible, pour avoir la force morale de combattre tout mouvement populaire, en évitant des répressions sanglantes, aussi douloureuses pour la France que pour le Gouvernement italien.

A mon avis la déclaration faite par l'Ambassadeur de France, au moment de la réunion du Conclave, de l'intention formelle de l'Empereur d'adopter le dernier projet de lVI. Thouvenel, pourrait satisfaire l'Italie, qui en aurait connaissance, et écarterait toute autre idée sur Rome, qui ne sera jamais applicable sans un accord entre le Pape et le Roi d'Italie, oeuvre du temps et du progrès avenir.

Je vous envoie ma lettre par occasion, elle viendra vous rejoindre à Fontainebleau.

Aussitòt que vous verrez Madame Fleury, je vous prie avec Madame Vimercati de nous rappeler à son bon souvenir, tandis que moi je vous serre cordialement et amicalement la main.

Si vous avez la bonté de répondre à ma lettre, envoyez-la à Incontri, Secrétaire de notre Légation, ou bien remettez-la à Nigra, qui me la fera parvenir par la poste meme dirigée directement à Monza, si vous l'aimez mieux, elle me parviendrait également.

793

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 89/46. Londra, 13 giugno 1864 (per. il 16).

Ho l'onore di accusare ricevuta a V. E. dei pregiati di lei dispacci in data del lo corrente sugli affari del Libano, quello del 3 sugli atti ultimamente compiuti dal Principe Couza, e finalmente quello particolare del 3 della serie Gabinetto segnato col numero 9 sulla insurrezione scoppiata nella Reggenza di Tunisi (1).

Ieri essendomi recato a Pembroke Lodge, ho potuto finalmente ottenere che Lord Russell mi desse una risposta un poco più precisa nelle quistioni che più o meno riguardano l'Oriente. Diffatti per quanto spetta la nostra ammessione alla Conferenza che par debbasi presto occupare dell'ordinamento del Libano, Lord Russell, udite che ebbe le ragioni che gli rivolsi, onde persuaderlo, mi rispose che sicuramente bisognava prima di tutto eliminare la qui

stione di diritto per parte nostra. In secondo luogo si lagnò come al solito che nelle cose d'Oriente noi abbiamo tendenze a dividere sempre lo stesso punto di vista della Francia contro all'Inghilterra; finalmente obbiettò che se doveasi metter la firma dei commissarj, rinascerebbe il solito intoppo delle difficoltà Austriache.

Feci osservare, in quanto alla quistione di diritto, che non avendo accettato la prima conferenza sotto protesta, non vi avevamo mai rinunziato; che in secondo luogo la difficoltà Austriaca converrebbe pure di trovar modo di vincerla a costo di rimaner gli affari Europei continuamente arenati per queste formalità e pretesti.

Finalmente non ammettendo che avessimo per cosi dire dei pregiudizj a favore della Francia, dissi che sicuramente, se quando c'indirizzavamo all'Inghilterra, questa ci trattava freddamente, sarebbe precisamente un volerei gettare nelle braccia della Francia. Arguì ancora Lord Russell non esser gli affari di Siria, dipendenti dal trattato di Parigi, poichè di gran lunga aveano negoziati e convenzioni preceduto a quell'epoca. Ma ad ogni modo egli mi autorizzò a dire a V. E. che per conto suo non aveva difficoltà alla nostra ammessione; cioè che rimarrebbe a vedere come la penserebbe, per esempio, Sir H. Bulwer, e se non avrebbe a produrre valevoli ragioni contro. Gli risposi che siccome non pensavo che Sir Henry fosse divenuto di maggior peso del Ministro degli Esteri, così rimanevo colla persuasione che difficoltà non esisterebbero per parte del Gabinetto Inglese. Questa risposta è dunque un poco indecisa; ma spererei che venuto il momento, potesse venire accolta favorevolmente la nostra dimanda. E secondo le mie istruzioni, non penso occorra per ora fare di più.

Riguardo al Principe Couza, il Ministro degli Esteri approva il giudizio del Sultano, che dichiarò· nulle le novità introdotte nei principati contro alle stipulazioni anteriori. Però egli fa una distinzione fra la quistione riguardo all'interno, e riguardo ai rapporti colle potenze estere. Colla questione di reggimento interno, gli par difficile d'intrometterei, tuttoché biasimando quanto avveniva. Trova difficile che tante potenze s'accordino per intervenire, tanto più che il Principe Couza fece cose, nelle quali prese esempio dall'Imperatore dei Francesi, e distribuì terre ai popolani come fece l'Imperatore di Russia in Polonia. Ma in quanto all'Estero trova che a ragione possano desiderare l'Austria e la Prus,sia che gli si levi il vicinato di individui pericolosi, che cercano di suscitare guai a casa loro.

Questo però non significa che possa voler permettere l'Inghilterra che due potenze intervengano sole; ma ,crede che si potrebbe fare qualche accordo fra tutti per permettere alla Turchia di mettere il principe alla ragione.

Mi disse Lord Russell che Lord Palmerston si era coll'agente del Principe l'altro giorno espresso in termini forti assai, dicendo che nella vita privata, certuni che aveano fatto meno del principe, stavano in galera. Del resto, siccome già ebbi l'occasione di scriverlo a V. E. non si vuoi prender deliberazioni in fretta, e s'aspetta di veder che esito avrà la visita del Principe a Costantinopoli.

Finalmente il dispaccio di V. E. relativo a Tunisi è parso aver completamente rassicurato Lord Russell, sulle nostre intenzioni in quei paesi.

(1) È pubblicato solo l'ultimo dispaccio al n. 777.

794

IL GENERALE GARIBALDI AL GENERALE KLAPKA

L. P. Caprera, 13 giugno 1864.

Je vous assure, et vous pouver assurer le Gouvernement, qu'en cas d'action il peut entièrement compter sur nous.

Pourtant, comme vous me dites que nous aurons deux mois d'attente, je desire ne point m'engager d'aUer plus d'un còté que de l'autre, pouvant les événemens futurs nous obliger de modifier les décisions présentes.

Je vous enverrai la proclamation signée, quand vous le trouverez à propos.

795

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Parigi, 14 giugno 1864.

Fui ieri a Fontaineblau a pranzo: vi torno oggi e vi resterò una settimana.

Da alcuni discorsi uditi la posizione che non può disstmularsi cattiva, non è p<Ji così pessima come credevo.

A bientòt.

796

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 15 giugno 1864.

Vi ringrazio della vostra cortese lettera. Troverete qui unita copia di due bmni di lettere scritte dal Barone Ricasoli recentemente ad un suo amico. Questi è persona fuori dal ministero, e certamente non erano destinate a venir dinanzi ai nostri ed ai vostri occhi. Tanto più mi pare importante che le vediate (ben inteso in tutta riserva per voi solo) e vi formiate un'idea anche del suo modo di pensare.

Di Pepoli non ho più avuto notizie. L'ultima lettera che mi scrive Nigra dice così: • Se pensate che io faccia, non veggo aUra soluzione se non questa

53 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

che l'Imperatore ci prometta di ritirare le truppe alla morte del Papa, e faccia le relative dichiarazioni al Conclave; e che l'Italia se ne contenti •. Certamente

questa è la cosa più ragionevole; questo è il punto obiettivo della nostra politica. Tale sarà il fine della vostra gita e del vostro colloquio coll'Imperatore: accordi fra l'Italia e la Francia.

Nondimeno non bisogna dimenticare anche l'ipotesi· che l'Imperatore non accetti alcuna proposta; e che la morte del Papa si avveri in questo mezzo. Il Governo italiano ha mestieri di aver ben pesato qual sarà in tal caso la sua condotta : deve sapere quel -che stima buono e possibile quel che rifiuta o combatte. Il peggio sarebbe esser presi alla sprovvista.

Vi scrivo dal Senato, e scusate la fretta.

797

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Tunisi, 15 giugno 1864 (per. il 20).

Ho l'onore di segnar ricevuta del Dispaccio N. 4 ch'Ella mi indirizzò il 28 dello scorso mese di Maggio (1).

Per quanto improbabili potessero sembrare i progetti di una occupazione isolata della Tunisia per parte della Porta senza accordi preventivi colla Francia e coll'Italia, pure i timori del Signor De Beauval non erano senza qualche fondamento. Notizie pervenute da persona appositamente spedita a Tripoli di Bai'beria, annu.nzilla:rono al Signor De Beauval un concentramento di truppe turche verso la frontiera, e le notizie stesse furono confermate da lettere giunte in Tunisi per altra via. Si fu sotto la minaccia di tale eventualità, preparata dal Signor Wood col Kasnadar all'insaputa del Bey, che il Signor De Beauval si decise a far partire il 21 Maggio per Trapani il Vapore postale francese per chiedere istruzioni a Parigi in via telegrafica, e che io ne profittai per domandare all'E. V. quale condotta dovevo tenere in caso d'arrivo di truppe turche per la via di terra. Ora i timori del Signor De Beauval sono quasi intieramente svaniti, ma egli tiene per certo che il progetto esisteva, e che esiste forse tuttora conosciuto ed approvato dall'Inghilterra.

La politica francese fu per molto tempo la sola prevalente in Tunisi, diminuì alquanto a profitto dell'inglese durante la permanenza del Signor Roches; e si trovò poi seriamente minacciata dopo la Convenzione Anglo-Tunisina. Nel denunziare l'importanza politica di quest'ultima, il Signor De Beauval si prefisse J.o scopo di provocarne l'annullamento, e di ristabilire la prevalenza esclusiva della politica francese, ma dopo i recenti avvenimenti egli complicò poco destramente la questione chiedendo il ritiro del Kasnadar, per cui, non soste

nuto in ciò dal proprio Governo, si trova a fronte di uno scopo diametralmente opposto.

Le istruzioni !impartitemi da V. E. col precitato Dispaccio, mi saranno preziose nel caso, che io prevedo non lontano, di uno sbarco di truppe europee. L'impotenza materiale del Governo Tunisino e l'imprevvidenza del Bey e del Kasnadar affrettano quell'eventualità, resa ormai necessaria per far cessare i disordini sempre crescenti, ed arrestare i danni già grandissimi che soffre il commercio europeo e segnatamento l'Italiano. Anche la forza morale del Bey, continuamente minata dalla presenza del Commissario Ottomano, si trova in grave pericolo. Infatti si verificarono già alcuni casi di aperta rivolta di turrisini contro l'autorità del Bey invocando quella del Sultano, per cui si ebbe più volte a constatare che le Potenze interessate a conservare l'autonomia della Reggenza, avrebbero reso un segnalato servigio a Sua Altezza se avessero consigliato alla Porta di non immischiarsi direttamente negli affari tunisini. Sola ancora di salute è il piccolo nucleo di truppe irregolari, di cui .parlai nel mio Rapporto Confidenziale del 1° corrente mese (1), e èhe il Kasnadar farà partire finalmente domani o dopo domani contro gl'insorti, nella speranza che nel suo passaggio in mezzo alle diverse tribù ,sia rinforzato da numerosi devoti al Governo di Sua Altezza rimasti fin ora timidi ed incerti per mancanza di appoggio. Come già dissi a V. E. molto prima d'ora, il Kasnadar giuoca l'ultima carta; la partita essendo a lui poéo favorevole, se la perde avrà compromesso la Dinastia Husseinita in modo serio assai. L'unica sua speranza si è quella che le tribù vengano alle mani tra di esse, come avvenne in epoche precedenti, per quindi profittare della loro spossatezza e sottometterle con un colpo di mano energico e repentino. I tempi però sono cambiati anche in Africa, e l'attitudine ferma e moderata dei Beduini, nonchè l'unanime loro accordo nel chiedere riforme di uomini e di sistemi; provano che anche in questi paesi, sebbene tuttora privi d'istruzione propriamente detta, si pensa e si agisce meglio di prima.

Il Kasnadar ed il Bey hanno desiderato che io cercassi di rendere meno inflessibile il Signor De Beauval sulle sue esigenze, ma questi, come già prima mi avea prevenuto, non volle dar seguito ad alcuna proposizione che non avesse per base il ritiro definitivo del Kasnadar e degli altri Mamalucchi appartenenti alla sua famiglia. Conoscendo quanto già sia e quanto maggiormente possa essere di nocumento alla tranquillità del paese l'attitudine rispettivamente riservata, e direi quasi ostile, che conservano nei loro rapporti, così privati come ufficiali, questi Signori Consoli Generali di Francia e d'Inghilter:ra, io tentai un ravvicinamento, il quale, sebbene sia andato fallito nel suo scopo principale, valse tuttavia a far modificare alcune credenze e convinzioni erroneamente interpretate da ambedue le parti. Più tardi forse i miei sforzi recheranno buon frutto, ma intanto il Paese rimane inerte come colpito da stupore, ed ogni giorno che si passa nella posizione attuale di cose, ritarda di un anno il perfetto ristabilimento dello stato normale primitivo.

Conformandomi agli ordini ricevuti io non mancai di indagare in qual modo il Bey intende condursi nell'ipotesi di un tentativo di occupazione isolata

della Porta, e credo di poter assicurare l'E. V. che S. A. non chiederà mai l'intervento di questa Potenza quando una occupazione militare europea sia divenuta indispensabile. Anche il Kasnadar si esprime nel senso medesimo lagnandosi di essere ora sospettato di connivenza con Costantinopoli dopo trenta anni di lavoro indefesso sostenuto nell'unico scopo di consolidare la Dinastia regnante, e di conservare l'autonomia della Reggenza. Ambidue separatamente prima e quindi collettivamente mi dichiararono che nel caso estremo chiederanno l'intervento comune e simultaneo della Francia, dell'Inghilterra e dell'Italia, e che vedrebbero di preferenza volentieri una occupazione Italiana isolata prevj accordi presi a Parigi ed a Londra, nello scopo di impedire ulteriori conflitti di prevalenza per parte delle due grandi Potenze Occidentali. Non sono per ora in grado di dire alla E. V. se il Bey ed il Kasnadar abbiano avuto occasione di tenere simile linguaggio coi Signovi Wood e De Beauval, ma lo sarò certamente fra breve, e col prossimo corso di Vapore non mancherò di dirigerle nuovo Rapporto su tale argomento. È però mio dovere di non lasciare ignorare a V. E. che dovendo realizzarsi !',ipotesi suindicata, le RR. truppe da sbarco presenti in rada sono insufficienti per condurre a buon termine l'importante impresa che assumerebbe il Governo del Re.

(1) Cfr. n. 762.

(1) Non pubblicato.

798

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, ARTOM, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Copie Artom)

L. P. Torino, 16 giugno 1864.

Per incarico di Peruzzi Visconti e Spaventa ti mando il dossier rubato al Barone Cosenza a Roma, per incarico del questore di Napoli. Questo dossier contiene le più curiose rivelazioni sull'organizzazione dei Comitati borbonici per favorire il brigandaggio : esso fornisce la prova della complicità in queste trame della Corte di Roma da un lato, dall'altro di alcuni mazziniani, fra cui due o tre deputati. Tu comprenderai che è necessario che queste cose rimangano segretissime finchè coll'appoggio d'altre prove legali si possa chieder l'autorizzazione alla Camera, e fare il processo. Ma poichè tu sei a Fontainebleau parve a me ed anz,i a noi che tu potresti mettere direttamente sotto gli occhi dell'Imperatore codeste carte, per dimostrargli a quali pericoli siamo finchè le cose stanno a Roma come ora si trovano. S'era pensato dapprima di farne un

sunto: ma io fui d'avviso che sarebbe stato assai più interessante per l'Imperatore vedere il dossier stesso, coi nomi, le lacune, la convenzione col partito d'azione ecc. Però è necessario che tu colla prima occasione mi rimandi queste carte di cui non esiste altra copia a Torino. Ripeto poi che sarebbe bene che la comunicazione di esse fosse fatta all'Imperatore stesso non ad altri. Se potessimo ottenere almeno che Francesco II uscisse di Roma sarebbe già un vantaggio.

Addio, ti scriverò presto a lungo d'altre cose...

799

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Pm-igi, 16 giugno 1864.

Pepoli giunse a Parigi, domenica sera. Lo vidi nella sera stessa e fu con

venuto con lui, che l'indomani, appena giunti a Fontainebleau, avrei annunziato

all'Imperatore il suo arrivo, e che, nell'udienza che gli sarebbe accordata, egli

avrebbe fatto coll'Imperatore quello che mi ero proposto di far io stesso, cioè

avrebbe esposto senza ambagi la situazione dell'Italia di fronte all'eventualità

della morte del Papa e avrebbe domandato se l'Imperatore è disposto ad un

accordo. La memoria scritta da Pepoli dietro domanda dell'Imperatore fornir

doveva naturale l'occasione d'intavolare quella pratica.

Diffatti, appena giunti a Fontainebleau vidi S. M. e passeggiai una mez

z'ora, solo con e.sso, lungo i v1iali del Castello. Avendo l'Imperatore stesso

introdotto il discorso sulle cose nostre, io gli dissi che Pepoli era giunto da

Torino pur ora, che desiderava vederlo, e che dalla bocca ,di lui, che aveva

parlato ·coi Ministri e che aveva visto coi suoi proprii occhi la situazione, egli

apprenderebbe meglio che da me le gravi circostanze in cui ci troviamo, e

quanto abbiamo a domandargli. Pregai perciò l'Imperatore di ricevere Pepoli

il più presto che potrebbe. L'Imperatore disse che lo vedrebbe volentieri e mi

incaricò di fargli sapere, dopo averne parlato coll'Imperatrice, che avesse a

venire l'indomani a Fontainebleau per passarvi qualche giorno. Trovandomi

la sera assiso a pranzo a lato dell'Imperatrice presi i di lei ordini in proposito,

e avvisai subito Pepoli, il quale arrivò diffatti avantieri a Fontainebleau.

La conversazione coll'Imperatore, riservata in tal modo a più tardi, rela

tivamente alla questione Romana, continuò intorno ad un altro ordine d'idee.

Domandai all'Imperatore se si sarebbe unito all'Inghilterra nel caso in cui, fal

lita la conferenza, questa gli facesse serie proposte. L'Imperatore mi rispose

in modo da !asciarmi comprendere come non avesse intenzione di far la guerra

nemmeno in questo caso. Egli mi disse che l'Inghilterra non si preoccuperebbe

che di localizzare la guerra e che forse non manderebbe nemmeno un vascello

nell'Adriatico.

• Ma, gli dissi io, se ciò accadesse, se l'Inghilterra mandasse la flotta nell'Adriatico, se consentisse a unire alle truppe francesi un corpo di truppe inglesi, se consentisse alla rettificazione di frontiera vero il Reno, de.siderata dalla Francia, persisterebbe cionondimeno a voler la pace? •. Rispose che in questo caso la cosa sarebbe diversa. Ma non mostrò gran fede nella disposizione dell'Inghilterra, e ne mostrò anche minore in quella del partito Tory, ove venisse

·ai potere. In sostanza l'Imperatore è in questo momento alienissimo da ogni idea di guerra. Quanto alla crisi, ottenne da Rouher di non insistere per il momento.

Credo che Rouher finirà per restare e che forse forse si finirà per sacrificargli Drouyn de Lhuys. Ma ciò, se deve capitare, non capiterà che fra un mese o due. Appena Pepoli abbia avuto la conferenza coll'Imperatore, vi scriverò o a

Voi o a Minghetti (1).

800

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

(AVV)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 16 giugno 1864.

Je vJens d'envoyer un de mes amis le Comte Arthur Scherrtosz avec une miS'sion spéciale dans les Principautés Danubiennes. Il s'agit de prévenir le Prince Couza de nos projets, sans qu'il puisse se douter de nos préparatifs secrets. Le Comte Scherrtosz un de mes compatriotes et anciens compagnons d'armes est un homme discret, intelligent, énergique, je lui donne pleins pouvoirs de régler définitivement la question des armes mises à notre disposition en 1859 et expédiées par moi aux ports du Danube rpour étre déposées dans !es Arsénaux Moldo-Valaques.

J'ai .I'honneur de joindre à la présente la copie de la lettre que le Comte Scherrtosz doit remettre au Prince. Veuillez en donner, je vous prie, connaissance au Chevalier Artom et lui dire qu'il ne s'effraye pas du Iangage un peu serré dont j'ai cru devoir me servir vis-a-vis d'un homme, qui, jusqu'à présent, n'à prunt donné beaucoup de preuves de sa Ioyauté et de sa sinc~rité.

Le moment est venu d'aUer jusqu'au bout. Le Prince Couza a été appelé par la Providence de seconder nos efforts, d'aider et de ne rpas contrecarrer les aspirations des peuples Danubiens. S'il manque à cette mission, nous le considérerons comme un ennemi pire que l'Autriche. Nous le combattrons et tàcherons à le renverser. Toutefois veuillez, je vous en supplie, vous fier à nous. Nous ne compromettrons personne que nous-mèmes.

Il sera utile, indispensable, que vos Agents Politiques dans les Principautés ne nous refusent point, dans la mesure licite de Ieurs fonctions leur aide et appui. Je vous prie de prévenir votre Consui a Galatz ainsi que M. Strambio à Boukarest de l'arrivée de M. Scherrtosz et de l'organisation secrète qui se poursuit parmi les Hongrois de la Transylvanie et des Principautés Danubiennes.

J e pars demain rpour Londres pour me convaincre de la stricte exécution de mes ordres et de l'expédition des objets d'armement et d'équipement destinés aux Principautés. Le Général Eber m'écrit, que tout marche bien et que dans le courant du mois tout se trouvera en route vers le Bas Danuble. Nos Agents tant dans le Pays, qu'en Croatie et en Servie nous donnent des nouvelles rassurantes. Je verrai ces jours-ci deux officiers supérieurs de l'armée Autrichienne parmi lesquels un que vous savez. Je serai alors plus exactement encore info11mé sur les dispositions des troupes hongroises. Je compte partir sùrement vers le 15 Juillet pour surveiller sur les lieux l'achèvement des préparatifs et agir plus

dlrectement sur les Chefs et les forces destinés à entamer la lutte en Transylvanie.

Je vous prie instamment de presser l'envoi des deux stationnaires, avec les six mille fusils dans leurs flancs, aux embouchiìres du Danube. C'est une mesure de toute urgence dont l'omission pourrait devenir très nuisible à l'entreprise. Je vous prie aussi d'écrire un mot a M. le Ministre de la Guerre en insistant auprès de lui, qu'il veuille bien accorder aux Colonels Telkesy et Mogyorody, deux officier,s hongrois en disponibilité, un congé de trois mois à cause de santé. Le premier de ces deux officiers sera chargé de la surveillance des transports jusqu'à la frontière, le second, parlant parfaitement le serbe, ira avec quelques autres officiers en Servie, 'pour y agir d'accord avec ~e Baron H. et les autres agents, mais d'un point de vue essentiellement militaire, sur les Grenzer des Régiments de frontière de l'Esclavonie et du Banat.

Je n'ai point reçu encore des nouveHes de Caprera. Je viendrai avec le Général Eber dans les premiers jours de Juillet à Turin, pour y régler définitivement cette question. Si G. vient, tant mieux. S'il se refuse malgré les promesses si formelles qu'il m'a données à Londres et à Cliveden, nous serons obligés de faire sans lui.

Comme vous voyez, M. le Commandeur, nous nous approchons du moment décisif .Que le Gouvernement du Roi veuille bien se tenir prèt pour toutes les éventuaHtés. J'espère que nous réussirons. Nous n'avons rien négligé et nous ne négligerons rien, pour nous assurer un premier succès. Le reste dépend de la volonté de celui qui dirige les destinées des Peuples!

J'aurai l'honneur de vous adresser quelques nouvelles de Londres...

ALLEGATO

KLAPKA A COUZA

Paris, 15 juin 1864.

Quinze ans se sont écoulés depuis le jour néfaste de Vilàgor qui a mis fin à J.'existence politique de la Hongrie. Farmi les Chefs qui ont survecu à cette catastrophe et qui ont repris l'oeuvre si tristement interrompue par l'intervention russe en 1849, il me fut réservé un ròle actif, si non le plus actif de tous.

Dans l'accomplissement de cette tàche, et honoré de la confiance des deux Gouvernements de France et d'Italie, je dus deux fois me rendre dans les Principautés-Unies, la première fois avant la campagne d'Italie, la seconde fois dans l'hiver de 1860 à 1861, pour y conférer avec V. A. sur l'aide et le concours indirect que nous lui demandions. V. A. m'a bien voulu accorder un accueil bienveillant, et ses promesses, pleines de sympathie pour la cause hongroise, me sont restées comme un gage précieux d'un meilleur avenir pour tous les Pays danubiens.

V. A. s'exprima dans ce méme sens dans sa lettre adressée à l'Empereur des Français, lettre qu'Elle a bien voulu me confier pour la remettre entre les mains de S. M. à mon retour à Paris, et dont les dernières paroles étaient:

• Je charge le Général Klapka de faire connaitre en détail à V. M. les points qui ont été arrétés entre nous et dont l'exécution, conduite avec prudence et énergie, lorsque les circonstances le permettront, servira à assurer d'une maniére définitive le sort de tous l es Etats danubiens ».

Confiant dans ces assurances, positives et formelles de V. A. j'avais cru, en bon patriote hongrois, pouvoir songer en 1859 l'expédition à Galatz des 25.000 fusils que les Gouvernements alliés avaient mis à notre disposition en vue d'une insurrection en Hongrie. J'agissais ainsi dans la ferme conviction que ces armes ne sauraient jamais etre employées autrement que dans l'intéret commun des pays danubiens, et spécialement dans le n6tre.

Après la paix de Villafranca, toute tentative armée de notre part contre l'Autriche a diì. etre ajournée et nous eiì.mes soin (le comité Hongrois d'alors) d'arreter avec l'agernt plénipotentiaire de V. A., M. Jean de Balatschano, une convention spéciale relative à l'emploi ultérieur de ces armes, et lorsque plus tard, par suite de leur cession officielle à V. A., la validité de cette convention fut mise en question, V. A. me rassura complètement, en me disant le 9 Janvier 1861, en présence du Consul de France, que toujours nous pourrons compter sur une portion considérable de ces armes au moment où les circonstances nous permettraient d'engager la lutte contre l'Autriche en Transylvanie.

V. A. me permettra de Lui exprimer, avec le plus profond respect, le douloureux étonnement que j'éprouvais lorsque, quelque temps après, le Chevalier Benzi nous informa du changement qui se serait opéré dans l'esprit de V. A. à l'égard de cette transaction. Mais plus péniblement encore fus-je surpris en apprenant les paroles que, selon un bruit accrédité dans certains cercles diplomatiques, V. A. aurait prononcé dans une toute récente occasion. Vous auriez dit, Monseigneur, prétend-on: • que les Hongrois se trompent s'ils comptent sur ces fusils, qui serviraient plutòt un jour à faire tuer autant de Hongrois •. Non,

V. A. n'a pas pu prononcer ces paroles! Je me refuse et me refuserai toujours à y croire!

Depuis trois ans cette question d'armes ne fut plus discutée. Il m'a paru inopportun d'y revenir, vu qu'un soulèvement en Hongrie ne peut et ne doit se faire que d'accord avec l'Italie, et que jusqu'ici le Gouvernement Italien ne jugea pas encore assez avancés les préparatifs pour une entrée en campagne contre l'Autriche avec ses propres forces.

Aujourd'hui la situation n'est plus la meme. En Italie comme chez nous on est convaincu que d'ajourner plus longtemps l'action contre I'ennemi commun, ce serait le rendre plus fort et de nous priver des chances sur lesquelles nous pouvons compter actuellement. Le moment est donc venu où nous devons avoir recours à l'insurrection contre l'Autriche pour reconquérir notre indépendance.

V. A. Elle-meme a du éprouver, tout récemment encore, les empiètements du Gouvernement Autrichien sur les affaires intérieures des Principautés unies. A Vienne les journaux regorgent d'insultes et de menaces contre la personne de

V. A. et les dernières mesures politiques qu'Elle avait cru devoir adopter dans l'intéret de son pays, sont taxées par eux comme mensongères et usurpatrices.

Dans ce moment supreme, je viens de m'adresser à V. A. avec plus d'instance que jamais, pour La suppHer de vouloir bien nous faiire livrer les a=es en question. Nous commencerions immédiatement leur transport aux endroits à fixer du consentement de V. A. dans les forets et montagnes le long de la frontière transylvaine.

Personne n'a plus d'intéret que moi et mes amis de garder scrupuleusement le secret de cette opération. Aussi V. A. peut se fier à ma parole: rien ne transpirera des dispositions et de l'appui indirect qu'Elle voudra bien nous preter, ni avant ni après notre guerre contre l'Autriche. V. A. ne court donc aucun risque de se voir compromise par nous.

Nous ne demandons de V. A. que ce que les Autrichiens eux memes ont accordé aux Polonais en Galicie pendant le première période de leur insurrection: la faculté d'établir quelques communications à travers les Principautés, et de pouvoir y réunir tout discrètement et en silence les armes dont nous avons besoin.

La présente lettre sera remise à V. A. par le Comte Arthur Scherrthosz, un de mes anciens compagnons d'armes, mon ami_ intime, et exilé comme moi. Il est en meme temps chargé de donner à V. A. tous les renseignements désirables, et de s'entendre avec la personne que V. A. désignera pour fixer les détails et les mesures de précaution exigés par la nature de l'entreprise.

L'occasion qui se présente maintenant, est peut-etre la dernière, pour longtemps, pour la Hongrie, la Transylvanie et la Croatie de secouer leur joug commun, et la dernière aussi pour les autres pays danubiens de pouvoir conjurer le danger de leur absorption éventuelle par l'é.lément germanique ou ,lrusse. C'est à Vous, Monseigneur, qui Vous tenez sur le 'nanube la clef de la situation entre Vos mains, d'en décider des immenses intérets qui se trouvent en jeu. C'est à V. A. de choisir entre l'alternative de conserver sur les frontières de S'es Etats un Gouvernement hostile et menaçant ou de contribuer à se créer des voisins reconnaissants, désireux à sceller une alliance fraternelle avec la Roumanie, comme garantie réciproque de leur avenir.

Il est bien certain que la résistance passive que la Hongrie a opposé jusqu'à ce jour à l'Autriche ne saurait plus ètre continuée ,sans exposer le pays à une complète ruine, morale comme matérielle. Si, ce que Dieu préserve, V. A. nous refusait son appui indireot dans la tentative de délivrance que nos devoirs nous imposent, et si, par suite de ce refus, notre pays était forcé de renoncer à ses plus saintes et plus chères aspirations, ne pouvant pas avec succès engager la lutte armée, il ne lui resterait plus d'autre choix que de faire sa paix avec l'Autriche. Dans ce cas l'Italie aussi serait forcée d'ajourner à une meilleure époque l'affranchissement de la Vénétie, et d'entrer dans une rpolitique de paix et de transactions diplomatiques, pour ne pas épuiser infructueusement ses ressources financières. Certes, les malheureuses conséquences d'une telle situation ne frapperaient pas moins la nation roumaine que la nation hongroise.

Que V. A. daigne penser au verdict de l'histoire qui serait infailliblement prononcé contre celui qui, en refusant le beau ròle que la Providence lui avait assigné, et l'occasion de rendre son nom glorieux à tout jamais, aurait volontairement amené un résultat si funeste à la liberté et à l'avenir de deux braves peuples.

Mais lfien ne m'autorise à croire à une pare:il1e éventrual:ité, et j'ai, au contraire, une confiance entière dans les décisions que le haut patriotisme et le souvenir des promesses données, feront prendre à V. A. C'est avec cette confiance que je la prie instamment d'accorder un bienveillant accueil à mon représentant le Comte Arthur Scherrthosz...

(1) Questa lettera venne comunicata dal Minghetti al La Marmora con l. p. del 20 giugno.

801

IL SEGRETARIO GENERALE ALL'INTERNO, SPAVENTA, AL PREFETTO DI NAPOLI, D'AFFLITTO

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. u. Torino, 17 giugno 1864.

Decifri solo.

Questa notte o domani Garibaldi lascerà Caprera e verrà ad Ischia: questa mattina ha salpato da Genova il Iact del duca di Sutherìand per condurvelo. Mi si assicura che egli non resterà ad Ischia che 15 giorni. Nondimeno è d'uopo che ella prenda tutte le precauzioni senza la minima apparenza di allarme, ma efficaci in modo da guarentire appieno ordine pubblico. Bisognerebbe avere in Ischia persone fiducia che le riferiscano e studiare bene contegno partito in quanto possa aver relazione con la medesima. Ritenga queste notizie come sicure e comunichi generale La Marmora (1).

(1) Notizie relative agli spostamenti di Garibaldi dall'isola di Caprera erano state date direttamente al La Marmora con telegrammi 338 e 887, del Ministro della Guerra, non pubblicati.

802

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AVV)

L. P. Torino, 17 giugno 1864.

Ho ricevuto oggi i vostri dispacci (1). Sono lieto che il Governo inglese si mostri favorevole alla nostra partecipazione alle conferenze per gli affari del Libano. Tengo moltisismo a che sia definitivamente regolata la posizione del nostro rappresentante a Costantinopoli. Il Governo francese ha completamente adottato il nostro punto di vista e manderà delle istruzioni a Moustier. È probabile che i Ministri francesi presso le Corti garanti ricevano delle comunicazioni a tale riguardo e quindi anche il Principe de La Tour d'Auvergne. Gli affari di Siria non sono essi di natura a complicare la questione dell'integrità dell'Impero ottomano? Noi siamo garanti di questo principio. Ci se ne rpossono

imporre gli obblighi senza riconoscerne i diritti? D'altronde non è tempo di finirla colle pretensioni dell'Austria di impedirci di assumere il nostro titolo

l.n quegli atti alla cui partecipazione nessuno ci contesta il diritto? Si determini una formola di protesta, di riserva e sia finita. Se l'Inghilterra volesse realmente darci quell'appoggio deciso che speriamo di avere questa volta ottenuto dalla Francia, il risultato che desideriamo sarebbe probabilmente ottenuto.

Mi pare, dal vostro dispaccio, che il Governo inglese non si preoccupi molto degli affari di Tunisi, i quali hanno una reale gravità. In Italia il Governo e il paese se ne preoccupano vivamente. Basta gettare uno sguardo sulla carta geografica per vedere che noi non possiamo rimanere indifferenti a quanto avviene in Tunisi. D'altronde l'Inghilterra non può vedere con mal'occhio che l'Italia si occupi, come un nuovo elemento d'equilibrio, di quanto avviene nel Mediterraneo. Noi siamo disposti a proteggere efficacemente gli Italiani, non abbiamo alcuna idea di conquistare Tunisi e di gettarci in una impresa che impegnerebbe le nostre forze e che sciuperebbe i nostri quattrini. Oltre l'efficace protezione dei nostri nazionali che cosa vogliamo noi? Che Tunisi rimanga indipendente come prima della rivolta. Noi desideriamo che diventi un Paschalik turco perchè preferiamo trattare gli affari nostri direttamente con il Governo del Bey che a Cospoli. Noi preferiamo di non portare a Tunisi il sistema complicato che esiste a Cospoli. Ma di tutte le eventualità quella che più offenderebbe i nostri interessi sarebbe che Tunisi diventasse una Provincia dell'Algeria o che, per lo meno, l'influenza francese vi fosse esclusiva. Ora per impedir ciò H miglior mezzo è di poter concretare occorrendo un'azione comune. Le questioni non si risolvono negandole. L'anarchia nella Reggenza è somma, da un momento all'altro possono presentarsi degli avvenimenti per cui il Governo francese giudichi di dover sbarcare per la protezione dei sudditi. L'Inghilterra non lo vuoi certo, nè lo può impedire. Si lascierà dunque la Francia sbarcare sola? Quanto a noi, in questo caso, non vogliamo lasciar la Francia sola, intendiamo prendere la parte che spetta alla nostra influenza. Ma e nell'interesse nostro e nell'interesse generale preferiamo essere in tre, preferiamo uno sbarco

combinato della Francia, dell'Inghilterra e dell'Italia. La questione è assai importante e vi prego di farmi conoscere, quali sono a questo proposito le reali intenzioni del Governo inglese. Se avete qualche conversazione su ciò, fatemi, prego conoscere il risultato per telegrafo.

Gli affari di Danimarca si complicano. E l'Inghilterra si trova ridotta all'impotenza dall'attitudine della Francia. Le nostre informazioni portano che una alleanza della Francia e dell'Inghilterra sarebbe possibile, se l'Inghilterra facesse alla Francia proposte tali da richiedere per lei un interesse che compensasse in qualche modo i sacrifizii di una guerra colla Germania. La sola questione danese non presenta questo interesse. Drouyn de Lhuys ha anche ultimamente parlato in questo senso a Nigra. Bisognerebbe che l'Inghilterra cercasse una combinazione più ampia. Qui fa subito capolino il sospetto del Reno. Non si potrebbe esaminare il progetto di costituire le Provincie Renane tedesche in uno Stato neutrale come il Belgio? Ciò risponderebbe ad un antico progetto dell'Imperatore, ma se la guerra scoppiasse fra l'Inghilterra e l'Austria voi chiedete a Minghetti, nella lettera giunta oggi (1), quale dovrebbe essere il Vostro linguaggio. Non vi posso risponde categoricamente su due piedi. Ma anche Minghetti è dell'avviso di non scoraggiare l'interlocutore che vi richiedesse delle nostre intenzioni. Se v'ha una occasione in Europa non la lascieremo certo sfuggire. E se Lord Palmerston volesse sul serio esaminare queste eventualità d'accordo con noi, saremmo volentieri disposti a farlo.

Vi scriverò fra qualche giorno intorno a quanto stiamo facendo per la questione romana.

(1) Cfr. n. 793.

803

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AVV)

L. P. Torino, 17 giugno 1864.

Oggi Malaret mi ha letto la risposta di Drouyn de Lhuys su Roma (2). Essa mi fece un'impressione poco felice, ma non è certo su questa risposta che noi fondavamo le nostre speranze.

Il dispaccio francese comincia col riassumere il nostro dispaccio, constata che non contiene alcuna proposta formale e che la soluzione da noi indicata implica l'evacuazione di Roma. Soggiunge che il Governo dell'Imperatore desidera un riavvicinamento fra Torino e Roma, che l'onore impegna i Francesi a rimanere a Roma, finchè la sicurezza del Romano Pontefice non avrà ottenuto sufficienti guarentigie. Facendo elogi all'attitudine moderata del Governo italiano, esprime la speranza che noi vorremo concorrere, in caso della morte del Papa, a mantenere la tranquillità sulla frontiera. Finisce col dire che il Governo francese è sempre disposto a ricevere comunicazione dei progetti che noi ,crederemmo accettabili en vue de résoudre Le problème des rapports du Saint-Siège et de Rome avec Le reste de L'Italie, e che quando noi avremo

delle proposte pratiche accettabili par tout le monde, le esaminerà col sincero desiderio che si stabilisca un accordo.

Il dispaccio mi fece poca buona impressione per due ragioni -una che sembra riservare l'adesione anche del Pontefice alla combinazione, condizione impossibile a verificarsi sinchè i Francesi sono a Roma; l'altra che non sembra includere un reale e serio invito a trattare.

La situazione a Tunisi è sempre la stessa. Tunisi è ancora tranquilla, nel resto della Reggenza il Governo del Bey non :liunziona più. Si può aspettare da un giorno all'altro che gli Arabi piglino Tunisi e costringano il Bey alla fuga. In questa eventualità, che può benissimo verificarsi, che il Bey attuale perda il trono, e che il nuovo Bey rispetti gli Europei e contenga l'insurrezione dal commettere eccessi al loro danno, la Francia interverrebbe per ristabilir l'antico Bey? Desidero assai di conoscere, se è possibile, le intenzioni della Francia a tal riguardo, pel caso cioè in cui dall'intervento per la protezione si volesse passare all'intervento per le questioni interne.

(1) -Del 13 giugno, conservata in BCB, Carte Minghetti. (2) -Del 12 giugno, conservata in AVV.
805

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE

(AS Biella, Carte La Marmora)

Giugno 1864 (1).

Prego rispettosamente la S. V. Illustrissima di volermi accordare due mesi di permesso di cui ho bisogno per accudire ad alcuni miei affari particolari, nonché per riposare ancora per quanto possibile i miei occhi stanchi e dolenti di un lavoro continuo di molti anni. Se il permesso mi verrà accordato io intenderei partire nei primi giorni del prossimo luglio, passare qualche tempo in Piemonte ove stanno i miei privati interessi, e recarmi quindi in Francia o in Germania secondo mi sarà dagli uomini d'arte suggerito.

805.

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI (AVV)

L. P. Londra, 17 giugno 1864.

Je viens de passer deux jours à Londres et je suis heureux de vous annoncer que tout marche bien ici, que la plupart des articles se trouve en route et que toutes les mesures de précaution ont été prises par le Général G. pour sauvegarder le succès de l'entreprise.

Je me suis renc<mtré en mème temps avec 1e Général TiiN, qui se soumet volontiers à mes dispositions et pour lequel il nous ne sera pas difficile de trouver une sphère convenable d'action, soit en Servie, soit ailleurs.

Je serais désolé si vous et le Chevalier A. vous n'auriez pas approuvé le contenu de ma dernière lettre adressée au Prince Couza (1). Si c'était le cas, veuillez, je vous prie, télégraphier à M. Strambio et lui dke de prévenir la remise de la lettre au Prince; que le Comte Scheertoss attend nos avis ultérieurs.

Je vous prie instamment d'·insister auprès le Chevalier A. à ce que les fonds promis à M. Eber soient le plus tòt possible mis à sa disposition. Il les attend avec impatience pour terminer ces transactions avec les maisons de Liverpool et Manchester.

Nous serons tous ·les deux vers le I juillet à Turin pour régler défìnitivement toutes les questions ayant trait à notre mission, et nous partirons dans le courant du meme mois pour les endroits de notre destination.

(1) Sulla minuta della lettera, che si presume partita il 17 giugno, non è annotato il giorno della data. La risposta venne, comunque, data telegraficamente il giorno 19. Cfr. n. 809.

806

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Torino, 18 giugno 1864.

Perchè siate al ·corrente delle cose, vi mando la prima lettera spedita da Pepoli (2), e che vi prego rimandarmi, comecchè poco interessante.

Il duca di Sutherland passato di qui, e sul cui yacht Garibaldi viene ad Ischia, mi ha assicurato che è risoJuto di non venire nè a Napoli nè a Palermo e che intende tenersi estraneo alla politica. Nondimeno è necessario vegliare; e certo voi lo farete.

807

RESOCONTO DI UN COLLOQUIO FRA IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, E IL DEPUTATO MORDINI

(AVV)

Torino, 18 giugno 1864.

Si è cominciato col dtchiarare che ciò che .si vuole innanzi tutto evitare fra il Governo e il Generale Gariba1di •sono gli equivoci che ponno poi dar luogo a dolorose recriminazioni. Il Governo desidera por fine all'attuale sosta nello svolgimento del moto nazionale. Esso non solo attende le occasioni, ma cerca di crearle. La più efficace di queste occasioni gli è parsa essere un movimento in Ungheria. Ma perchè que·sto movimento acquisti un ampio sviluppo e l'importanza d'un'oc.casione europea è necessario che si annodi con un moto delle regioni danubiane. La presenza del Generale Garibaldi, la sua popolarità e il

« Après avoir parlé avec Eber, nous sommes tous d'accord que pour le moment il faut suspendre toute ouverture avec Couza. Si M. Schertoss n'était pas chargé (par vous) d'une mission financière il vaudrait mieux le rappeler à Turin.

En cas contraire (en tout cas) qu'il n'y reste que pour cela •.

suo prestigio non solo darebbero a questo moto un'ampiezza che non potrebbe diversamente ottenersi, ma egli potrebbe anche, con un'alta autorità morale, conciliare gli antagonismi che esistono fra le varie nazionalità di quelle regioni. Noi non consigliamo al Generale Garibaldi ciò ch'egli debba fare. Indichiamo questa combinazione che crediamo possa offrire l'occasione desiderata. Il Governo si è sempre occupato, com'era debito suo della questione ungherese. È fra gli uomini che rappresentano questa causa, come il Generale Klapka

p. es. e gli amici di Garibaldi ·che devono avvenire le trattative, indipendentemente dal Governo. Se il Generale Garibaldi si re•ca nei Principati, il Governo però esclude ogni idea di spedizione che parta da' nostri porti, come pure esclude l'idea d'una insurrezione nel Veneto che preceda il moto ungherese, e non sia coordinata allo scopo deHa guerra della cui opportunità si riserba il giudizio. Innanzi tutto poi il Governo intende rimaner padrone della situazione e riserbarsi intera assoluta l'iniziativa.

In vista che tale combinazione fra gli elementi ungheresi e il Generale Garibaldi avvenga, M. fece le seguenti domande:

Io -Quando le preparazioni si protraggano, e il Generale Garibaldi entri in azione a stagione avanzata il Governo rimanda il progetto della guerra alla primavera prossima o è pronto a farla in qualunque stagione?

Risposta -Quando il Governo creda che il moto abbia una estensione tale da creare una vera occasione, romperà la guerra qualunque sia la stagione.

2o -In una guerra in Italia che posto darà il Governo al Generale Garibaldi, gli affiderà il comando di un corpo d'armata composto di soldati d'ordinanza?

Risposta -Scoppiata la guerra in Italia, Garibaldi avrà una posizione corrispondente al suo grado e ai suoi precedenti. Non si può ora determinare il numero e la composizione delle truppe che gli saranno affidate perchè ciò dipende dal piano della guerra, dal luogo ove il Generale dovrà agire. Ma la sua posizione sarà quella di un Generale d'Armata. Senza poter precisare oggi quello che si farà, non si esclude anzi si accetta in massima l'idea di porre sotto a' suoi ordini anche truppe regolari, la nostra opinione è che gli si debba dare il comando d'un corpo in cui a truppe regolari si uniscano truppe volontarie.

3° -Il Governo è disposto a fare l'amnistia pei disertori condannati di Aspromonte?

Risposta -Politicamente desidera di poter affrettare questa amnistia. Le difficoltà, procedono da considerazioni di disciplina militare. Il Governo studierà la quistione, desidera di compiere quest'atto, ma vuole agire senza pressioni di partito.

4° -Il Governo è pronto a restituire i fucili ·sequestrati a Milano?

Risposta -No. -Il Governo continuerà nella istessa condotta tenuta finora, .riguardo ai tentativi del partito d'azione pel Veneto finchè non abbia deciso di far la guerra.

5° -Il Governo è disposto a interrompere il procedimento giudiziario per le armi suddette? Risposta -Si studierà il modo d'includere questa quistione in quella dell'amnistia per Aspromonte.

(1) Cfr. il seguente telegramma senza data di Visconti Venosta a Klapka:

(2) Cfr. n. 795.

808

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CIFRATO 604/50. Copenaghen, 18 giugno 1864 (per. il 23).

L'idée dont j'ai eu l'honneur de vous entretenir dans mon rapport n. 48 en date du 12 courant (1), a pris assez d'importance à mes yeux pour m'obliger à y revenir. L'entrée du Danemark tout entier dans la Confédération Germanique pouvant, si elle se réalise, constituer jusqu'à un certain rpoint un danger pour l'Italie je n'ai rien négligé pour obtenir à ce sujet des renseignements aussi précis que possible. L'idée en question est partie de Vienne, ceci est positif, il m'est permis d'y ajouter la supposition qu'elle est appuyée à Pétersbourg. L'Autriche me parait poursuivre un double but en travaillant à l'entrée du Danemark dans la Confédération Germanique: d'abord celui de mettre un obstacle à l'agrandissement de la Prusse par le maintien de l'intégrité de la monarchie danoise, et ensuite de pouvoir dans un cas donné compter sur les concours de la flotte danoise. Voilà pour ce qui concerne l'Autriche. Quant au Danemark lui-meme j'étais dans l'erreur en vous écrivant que personne ici ne voudrait du maintien de l'intégrité de la monarchie au .prix de son entrée dans la confédération. Des renseignements ultérieurs me .permettent d'affirmer que plusieurs personnes à commencer par le roi n'hésiteraient pas à souscrire à une telle condition. Le ministre du Danemark à Pétersbourg qui appartient à ce que, pour plus de clarté, je nommerai le parti allemand, adressait il y a quelques semaines à son Gouvernement un rapport dans lequel il plaidait la cause de l'entrée du Danemark dans la confédération. Je ne sais si son langage était inspiré uniquement par des opinions personnelles ou s'il fallait y voir aussi le reflet de l'opinion du rprince de Gortschakoff. Le fait positif est que le roi a gardé pendant 15 jours auprès de lui le rapport susdit. Le personnage en question vient d'arriver ici en vertu d'un congé et comme il est particulièrement bien vu de S. M. il agira sur son esprit dans le sens de ses propres idées. Le président du conseil me parait fort enp.uyé de sa présence à Copenhague et il m'en a parlé avec une nuance d'aigreur facile à saisir. Il m'a dit aussi que le ministre de France l'avait entretenu de l'idée de l'entrée du Danemark dans la confédération comme d'une chose qui le préoccupait. Il m'a en meme temps assuré que jusqu'à présent aucune proposition dans ce sens n'a été faite au Danemark et que tant qu'il resterait au pouvoir il s'opposerait à la réalisation d'un tel projet. D'après un entretien que j'ai eu plus tard avec un autre fonctionnaire je crois pouvoir conclure que le Danemark maintient son ulHmatum quant à la ligne de partage du Schleswig mais que en cas d'échec de cette combinaison et comme pis-aller on adopterait peut-etre le projet dont j'ai eu

l'honneur de vous entretenir. Ce serait un changement complet de politique qui amènerait inévitablement un changement de personnes c'est-à-dire l'avènement au pouvoir du parti du Héelstaat.

(1) Nel r. cifrato 601/48 del 12 giugno, per. il 18, Doria aveva riferito circa un articolo pubblicato da uno dei più accreditati giornali di Copenaghen, sull'opportunità di conservare l'integrità del territorio danese facendo entrare la Danimarca tutta intera nella Confederazione germanica. Egli aveva però affermato di non annettere eccessiva importanza a tale articolo.

809

IL MINISTRO DELLA GUERRA, DELLA ROVERE, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, CaTte La Marmora)

T. 92. Torino, 19 giugno 1864, ore 16,45 (per. ore 19,10).

Per lui solo.

Segno ricevuta domanda permesso due mesi. È troppo giusto che lo abbia. Siccome non mi pare conveniente lasciare Pomaretto solo ora che brigantaggio riprende alquanto e che Garibaldi è ad Ischia io potrei invitare Cucchiari a surrogare lei per quei due mesi riportandolo poi a Parma. Mi telegrafi suo avviso se vuol scrivermi mandi lettera a Livorno sotto coperta a Regio... (1) giacchè conto partire martedì per un giro di... (1) giorni in Maremma a vedere circa cento puledri romani acquistati per depositi vicino a Grosseto (2).

810

IL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI

(AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Napoli, 19 giugno 18134.

Vi ringrazio per vostra graziosa lettera del 15 (3) e rper i due brani di lettere del Ricasoli. Vedo come è d'altronde naturale che anche il Barone è molto preoccupato del da farsi alla morte del Papa, ma temo che si faccia illusione sull'esito dell'insurrezione ch'egLi consiglia. Egli vorrebbe che mentre il Conclave nomina il Papa capo Spirituale della Chiesa il popolo dall'altra proclami la riunione di Roma al Regno d'Italia con Re Vittorio Emanuele. Se tutto ciò tranquillamente si potesse fare, credo anch'io che i Francesci sarebbero molto imbarazzati ad impiegare la forza per imporci un nuovo Papa Re. Ma Roma non è come Firenze, nè Torino, nè 1\tiilano e Napoli. Ammetto che a Roma vi siano nelle varie classi partitanti più o meno caldi per la riunione, ma ve ne sono non pochi esclusivamente Romani, o almeno più Romani che Italiani; e molti poi si trovano che non sono nè Italiani nè Romani ma fanatici Papalini. Ora con tali elementi così disparati, come si può mai sperare che venghi pacificamente rovesciato il secolare Governo Papale? Io credo che vi sarà lotta anzi lotta sanguinosa se non si trova a Roma una forza regolare... [par. Hl.] a prevenirla. Ma se questa forza regolare non fosse poi esclusivamente francese gl'Italiani con ragione se ne offenderebbero, non può essere esclusivamente Italiana perchè la Francia non lo permetterebbe. Io non vedo dunque altro mezzo che di persuadere l'Imperatore della necessità di una occupazione mista per garantire l'ordine

e la sicurezza delle persone e delle proprietà mentre i Romani potrebbero libera

mente manifestare in un plebiscito, che cosa preferiscono, fra il Governo Papale

e la riunione al Regno d'Italia con Roma capitale.

La venuta di Garibaldi in Ischia mi obbligherà naturalmente a differire

la mia partenza. Siccome voglio però sperare che non abbia un'altra volta

ingannato il Governo, e che la cura non duri più di un mese, io potrei sempre

recarmi a Torino verso la metà di Luglio. Intanto la conferenza di Londra che

dicon naturalmente preoccupar l'Imperatore avrà è sperabile deciso qualche cosa,

e potrò recarmi in Francia, e ottenere più facilmente un'udienza, tenendo conto

pur anco di quanto avrà potuto farvi Pepoli.

Finora ch'io sappia nulla si è fatto per la ferrovia di Benevento e Napoli sl

rifiuta e grida che la linea di Foggia in questo stato di cose gli è di grave

danno.

(1) -Gruppo indecifrato. (2) -Con t. 622, non pubblicato, del giorno seguente La Marmora eccepiva l'inopportunità di essere sostituito dal generale Cucchiari assicurando nel contempo che non si sarebbe mosso da Napoli fino al rientro di Garibaldi a Caprera. (3) -Cfr. n. 796.
811

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELLE FINANZE, MINGHETTI, AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. uu. 530. Torino, 21 giugno 1864, ore 22,40 (per. ore 23,35).

Nostri rapporti ci fanno credere Garibaldi starà fermo Ischia. Peruzzi telegrafa istruzioni D'Afflitto (1) per caso muovesse di là con ordine comunicarle e concertarsi con Lei.

812

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 602. Tunisi, 21 giugno 1864 (per. ore 18,25 del 22) (2).

Le commissaire de guerre Bosio est arrivé hier envoyé par ·le ministre de la guerre avec ordre de pourvoir aux services administratifs des troupes qui pourront etre expédiées à Tunis. L'exécution des ordres reçus par M. Bosio pouvant occasionner des désordres graves de la part des indigènes contre la colonie j'ai prié le major Ricci de suspendre toute démarche du .commissaire Bosio jusqu'à l'arrivée de vos instructions d'après les observations que je vous soumets. Une occupation forcée sans le consentement du bey, quoique combinée à Paris expose la colonie à des dangers réels, et dans ce cas il est rprudent de la faire retirer de suite. Une occupation faite avec le consentement du bey ne sera pas sans dangers mais la colonie pourra etre garantie contre le fana.tisme, par quelques troupes qu'il sera facile de faire arriver à Tunis pendant

54 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

la nuit. Le bey désire de préférence l'occupation italienne convenue à Paris et à Londres mais avant il veut voir le résultat de l'envoi imminent de ces troupes dans l'intérieur. II n'a pas été question de tout ceci avec les consuls français et anglais; il est dane utile et prudent à mon avis que M. Bosio n'exécute qu'au plus tard possible les ordres reçus. Le comte Albini envoye aujourd'hui un bàtiment à Cagliari pour tenir ce mème ,langage au ministre de la marine, le major Ricci en fait autant avec le ministre de la guerre. Le bàtiment attendra les réponses du Gouvernement du roi.

(1) -Cfr. ibid., il t. uu.• pari data, con cui Peruzzi dà precise istruzioni al Prefetto di Napoli pregando di darne comunicazione al La Marmora. Tale ulteriore allarme circa le intenzioni di Garibaldi era stato suscitato dal noleggio del vapore c Tevere •. Sulla permanenza di Garibaldi a Ischia cfr. Politica segreta italiana, cit., pp. 175-185. (2) -Il telegramma venne trasmesso da Cagliari alle ore 11,25 del 22 giugno.
813

IL GENERALE GOVONE AL COMMISSARIO STRAORDINARIO A NAPOLI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora)

L. P. Palermo, 21 giugno 1864.

Ella ha ragione e mostra nel medesimo tempo molta bontà a gridarmi per il mio lungo silenzio. Ma se non ho scritto ho però pensato cento volte a farlo sia a Torino, sia dopo H mio arrivo qui. Aveva anz,i stabilito di passare per Napoli quando venni a Palermo, ma poi, sapendo il chiasso che si voleva fare ho creduto dover prendere il vapore diretto per giungere inaspettato.

Quando, l'anno scorso, scrissi a V. E. da Girgenti che colla ricerca dei renitenti forse mi preparava una burrasca, non ho sbagliato. V. E. ha potuto vedere tutti i guai alla Camera ma fortunatamente l'Armata è così popolare, che io, coperto da questa popolarità, fui ascoltato con una simpatia veramente eccezionale, e la Camera ci ha dato ancora più ragione che non avessimo, od almeno ce l'ha data tutta. L'ira della sinistra fu in ragione della delusione che aveva avuta, perchè essa sperava nientemeno che rovesciare il Ministero. Quindi si scrisse qui di agUare e di fare poi a me un ricevimento degno, e lo scrissero quei medesimi che ora si diedero l'apparenza di voler calmare, scrivendo per le stampe l'opposto. Io sapeva, partendo, che si trattava di dimostrazioni e cartelli, ed ho pensato che qualche duello sarebbe il miglior modo di troncare tutto da principio e così fu. Ora mi lasciano in pace, tutto è tranquillo e la mia ferita che non fu grave, sarà a giorni completamente chiusa. Così il Ministro potrà, senza inconvenienti, traslocarmi, come ne aveva l'intenzione quando venni qui e portarmi in paesi meno tristi di questi. Qui la grande massa del paese è inerte, e la gente ragionevole sta zitta per indolenza e per timore. Il campo è quindi libero ad una piccola camorra politica, che grida e schiamazza, insultando col giornalismo chi osasse far argine, autorità politica, questura, magistratura e tutti, talchè ne risulta una deplorevole intimidazione ed un solo giornale un po' ragionevole che c'è segue anche egli nelle grandi circostanze, la corrente, per non essere obbligato ad aver sempre la pistola in mano, imperocchè i camorristi politici passano alla sala di scherma il tempo che non impiegano a dire insolenze. Tuttavia, e malgrado questo male, ancor grave, vi è un miglioramento progressivo da due anni in qua, ed H silenzio si fa man mano intorno ai gridatori. La sicurezza pubblica ha anche grandemente migliorato dopo le operazioni

dell'anno scorso, e se non fosse delle carceri che lascian fuggire di tanto in tanto

i malandrini, e dei tribunali, che sono ancora la peggior cosa che vi sia, e che non

condannano i rei, il progresso sarebbe considerevole da questo lato.

Nel tempo che io fui a Torino il Ministro della Guerra mi fece lavorare

al progetto della mobilizzazione dell'esercito, che si credeva urgente. Abbiamo

in segreto compilate le tabelle di formazione che V. E. fece già compilare per

l'antko e,sercito, e fatto il progetto per la concentrazione dell'armata. L'effettivo

delle 18 Divisioni che il Ministro contava riunire di fronte agli austriaci, è

certo più che sufficiente per numero, anche con la diminuzione di un batta

glione per Regg,imento onde poter presidiare le provincie meridionali e fare

dei corpi leggeri. Ma, ammettendo anche la quaLità, se tutti i Corpi avranno

dei buoni Capi, il nostro debole, è senza dubbio nelle piazze, ed io confesso

che non so capire come si vada avanti, con coscienza tranquilla, quando si

hanno Bologna e Piacenza, che mi paiono la negazione d'ogni fortificazione,

senza parlare di talun altra piazza, come Pavia, che mi pare anche debole,

se non ci si può mettere una guarnigione considerevole.

Il Ministro della Guerra, era anche egli, malcontento di Bologna e Piacenza, ma non sa come osare chiedere al Parlamento i denari per rifare quasi, ciò che ha già costato tanto. È tuttavia un coraggio che si dovrà avere. A Torino ho anche lavorato al rimpasto di un progetto di ricordi per gli ufficiali di Stato Maggiore. Ho lasciato un lavoro assai incompleto e difettoso al Ministro, colla preghiera di farlo passare per le mani dei vari Capi di Stato Maggiore di dipartimento, che lo avessero modificato e completato, onde darlo poi nelle mani dei giovani ufficiali.

Mentre stava per partire da Torino, già accusato di aver dato del barbaro, al civile popolo Siciliano, ecco che sorte il libro del Bianco, dedicato a me. Egli mi aveva bene chiesto di dedicarmelo, ma io aveva accettato per rispondere con gentilezza a gentilezza, nella credenza che fosse un racconto militare che facesse spiccare il merito del povero caporale e soldato. Non avendomelo comunicato prima di diramarlo stampato, di fronte alle accuse ed a qualche calunnia che conteneva, ho dovuto svincolare la mia responsabilità. Il libro di Bianco è una compilazione di rapporti confidenziali fatti talora da ufficiali subalterni, che riferivano tutto quanto sentivano, anche senza verificare, di fatti reali e constatati, di cose udite o dette a pranzo od al caffè, un miscug1io d'un po' di tutto, fatto con quel criterio poco giusto, che distingue il Bianco. Comparso appena il libro, alcuni deputati, il Mancini ed altri, ne fecero chiasso, per ciò che dice della Commissione parlamentare del Brigantaggio, e per i giudizi troppo generali e severi che dà dei napoletani. Il Ministro e per questo e per la pubblicazione di alcune lettere della corrispondenza coi francesi, credè dovere svincolare la responsabilità del Governo in questa pubblicazione, sospese il Bianco, e voleva sottometterlo a consiglio di disciplina. Il Generale Cialdini raccomandò il Bianco, che è un disgraziato, ed altri lo raccomandarono, e spero che il male si arresti lì. Ma egli ha presi in ufficio i suoi documenti senza che io ne sapessi mai nulla, pubblicò lettere francesi senza pubblicare di fronte le nostre risposte che avrebbero dato un'impressione più giusta delle relazioni che allora esistevano alla frontiera, e aggiunse perfino qualche epiteto di suo gusto alle mie lettere, come per esempio a p. 233 éscobardien, loyolesque.

Molti a Torino, rper es. il Segretario Generale Reccagni, rimpiangono che il Bianco, poiché voleva sacrificarsi, non l'abbia fatto in modo più utile, astenendosi dalle esagerazioni, che fecero scandalo, ma dicendo tutta la verità su codesto benedetto paese e sulle colpe del Governo centrale.

Il Generale La Rovere cercò sopprimere il libro, ma lo stampatore rispose che se il Governo voleva, poteva pagargli tutte le 12 mila copie al prezzo di vendita, e così si lasciò correre.

Le contrarietà continuate che ha V. E. nella sua patriottica missione, le sarebbero senza dubbio compensate se Ella potesse sentire come l'opinione pubbLica di tutto il paese Le rende giustizia. Si fa il paragone fra chi abbandonò il posto dopo poco e V. E. che lo tiene malgrado tutto, ed io spero che Ella Signor Generale vorrà e potrà continuarsi questa gloria, anche dopo il congedo. Costì, io credo, si formano le truppe per la guerra avvenire ed è utile che si formino sotto la feirma mano sua.

Io sono ,stato sensibilissimo al gentile pensiero che V. E. ebbe di mandarmi il suo ritiratto, che rimpiazzerà con molto vantaggio gli altri nell'Album, firmato come è da Lei. Desidero nel partire da qui poter passare per Napoli onde riverirla e ringraziarla a voce. Per ora mi raccomando perché perdoni la troppa lunghezza della mia lettera.

Mia moglie essendo in stato interessante, non potei condurla con me, e i'ho lasciata in Piemonte. La prego Signor Generale voler presentare i miei omaggi alla Signora Contessa La Marmora, salutare Bariola...

P.S. -II Generale Carderina è in giro per l'Isola e tornerà fra pochi giorni. Si è parlato che Garibaldi dovesse venir qui, ma pare ora tutto svanito.

814

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 222. Torino, 22 giugno 1864, ore 14,55.

Azeglio mande de Londres (1) que la France a promis de rappeler son consul à Tunis et de s'abstenir de tout débarquement. Dites-moi si je puis avoir confiance dans ces renseignements.

815

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 224. Torino, 22 giugno 1864, ore 14,55.

Nigra mande de Paris (2) que 1'Angleterre a proposé la médiation de la France dans le conflit dano-allemand et la Prusse a refusé (3). Veuillez prendre des informations sur l'exactitude de cette nouvelle.

(1) -Cfr. t. 595 del 21 giugno ore 18,45, per. ore 20, che non si pubblica. (2) -Cfr. t. 598 pari data, che non si pubblica. (3) -Analogo telegramma venne inviato a De Launay in pari data col n. 223, salvo l'ultimo capoverso.
816

IL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 600. Fontainebleau, 22 giugno 1864, ore 14,45 (per. ore 15,40).

Je pars demain soir. Je vous prie de m'attendre vendredi soir devant vous parler ainsi qu'à Minghetti immédiatement.

817

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

D. CONFIDENZIALE 5. Torino, 22 giugno 1864.

Ho ricevuto regolarmente il rapporto confidenziale indirizzatomi dalla

S. V. Illustrissima il 15 corrente (1). Ho pure ricevuto il dispaccio telegrafico della stessa data (2). Rilevo da essi con dispiacere che continua l'incertezza della situazione e sopratutto che i Consoli di Francia e di Inghilterra sono lungi dall'essere d'accordo circa le cause dei disordini ed ìl modo di farli cessare.

Un telegramma recentissimo ricevuto da Londra farebbe credere però che il gabinetto Inglese sia riuscito a persuadere la Francia della necessità di richiamare il Signor di Beauval e d'astenersi da qualunque sbarco.

Non mancherò di accertarmi direttamente a Parigi della esattezza di questa notizia che mi limito per ora a comunicarle nel modo più confidenziale. Non ho elementi sufficienti per giudicare la condotta del Console Francese, ma desumo dalle stesse parole del di Lei rapporto Confidenziale che egli non serbò forse la calma necessaria per evitare imprudenze.

Ad ogni modo il Governo del Re non può che essere soddisfatto della riserva tenuta finora da Lei e dall'Ammiraglio Conte Albini. A questo proposito non credo inopportuno di spiegare più ampiamente alla

S. V. lllustrissima le dichiarazioni da me fatte alla Camera dei Deputati in risposta alle interpellanze del Deputato Mordini.

L'invio di un Ufficiale di Stato Maggiore a Tunisi ed alcuni preparativi fatti qui dal Ministero della Guerra diedero origini a voci di spedizioni progettate dal Governo del Re e di conquiste ch'esso mediterebbe di fare nella Reggenza di Tunisi. Le corrispondepze ricevute da alcuni giornali di Genova e di Torino dimostrando negli Italiani re,sidenti costì, il desiderio d'uno sbarco immediato delle truppe italiane, avvalorarono queste voci, e fecero credere veramente alla realtà di codesti disegni.

Preoccupato, come Ella sa, da questioni che toccano più da vicino l'avvenire politico della Nazione, il Governo del Re non potrebbe, senza avventa

tezza, impegnare le forze e ,le ricchezze del paese, in imprese le quali accanto a molti vantaggi offrono pure dei pericoli e delle difficoltà di qualche importanza. Egli è perciò che sino dalle prime notizie dei disordini avvenuti a Tunisi il Ministero si propose unicamente di compiere quei doveri che incombono a tutti i governi civili, vale a dire di proteggere efficacemente i proprii sudditi, e di mantener viva quella influenza morale che ,l'Italia è chiamata ad esercitare nella Reggenza di Tunisi. Per ottenere questo duplice scopo era mestieri di accordarsi coi governi di Francia e d'Inghilterra, per quanto ciò fosse consentito

dalle divergenze che esistono nella politica di queste due potenze. Era d'uopo inoltre mandare forze marittime sufficienti, e tener pronto a Genova un piccolo nucleo di truppe, destinate a imbarcarsi all'uopo per Tunisi ed a occupare alcuni punti del territorio. L'Italia essendo la potenza più vicina alla Reggenza era naturale che si prendessero tutte le precauzioni necessarie per impedire che questo vantaggio non andasse perduto per la lentezza dei preparativi da farsi. L'invio del Maggiore Ricci e le disposizioni date dal mio Collega Ministro della Guerra tendevano appunto a questo scopo, e non miravano menomamente a disegni di conquiste.

Io comprendo del resto che gli Italiani stabiliti nella Tunisia sopportando danni assai gravi nelle loro operazioni commerciali per lo stato presente di cose accarezzino il pensiero d'una spedizione italiana su quelle coste, ma il Governo del Re dovendo tener conto della situazione generale dell'Europa e di molti altri elementi che sfuggono all'apprezzamento comune, tradirebbe i proprii doveri ove impegnasse la propria politica al di là di quanto è necessario per la protezione dei RR. Sudditi. Ed io non dubito che la S. V. Illustrissima, d'accordo col Vice Ammiraglio Conte Albini, al quale vorrà dare lettura di questo dispaccio, s'adoprerà per mettere viè meglio in luce la politica del Governo del Re, sia parlando coi Consoli delle altre Potenze sia nei loro rapporti coi più distinti italiani costi residenti.

Sarebbe stato forse il caso di esaminar meglio la questione d'uno sbarco esclusivo di truppe italiane, se il Governo del Bey ne avesse fatto apertamente ed officialmente la domanda al Governo del Re. Ma secondo ogni verosimiglianza il Bey teme più che non desideri uno sbarco di truppe straniere, nè si può dare alcun valore alle parole da Lei riferitemi nell'ultimo suo rapporto, parole che furono probabilmente pronunciate anche nei colloquii del Bey con altri Consoli. Io debbo quindi !imitarmi per ora a confermarle le istruzioni che Le ho già impartite ed a pregarla di volermi dire con esattezza non solo qual'è lo stato politico della Reggenza ma altresì con quali Consoli Ella si trova d'accordo circa la condotta da serbare rispetto al Bey. Voglia pure

dirmi se è vero che gli insorti rispettano in generale le proprietà degli Euro

pei, e se è vero altresì, come mi si affermJ.a dai Ministri di Turchia e d'Inghil

terra, che il fanatismo religioso contro gli Europei non è menomamente uno

dei moventi dell'insurrezione.

Segnandole altresì ricevuta del Rapporto Confidenziale del 1° Giugno e

ael telegramma della stessa data (1) le rinnovo...

(1) -Cfr. n. 797. (2) -T. 585, che non si pubblica.

(1) Cfr. n. 773; il rapporto non è pubblicato.

818

APPUNTO DEL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

... (1)

Dans la pensée de l'Empereur Napoléon il faut que le traité signé entre la France et l'Italie sur la Question romaine ait un caractère sérieux et ne laisse pas planer de soupçons sur la loyauté des parties contractantes. Il faut empecher à tout prix que les catholiques et surtout les catholiques de France puissent accuser le Gouvernement français d'avoir adopté un fauxfuyant pour livrer la Papauté à ses ennemis, n'osant pas la leur livrer ouvertement. Cette solution aurait alors tous les inconvénients d'une solution radicale sans en avoir la grandeur et les avantages.

Il faut donc imprimer au traité un caractère sérieux qui en relève l'autorité, il faut chercher par quels actes on peut en assurer le succès moral. C'est ce coté de la question que S. M. se réserve d'examiner sans écarter cependant la possibiUté d'accepter mon projet.

L'Empereur a continué en me disant que à son point de vue la solution meilleure serait celle qu'en conservant au Pape les apparences de la souveraineté temporelle rattacherait les provinces romaines par des liens administratifs au Royaume d'Italie. Pour faire accepter cette solution par la majorité des catholiques en France et pour sauver la dignité du Saint Père, il faudrait que le Royaume d'Italie vint à reconnaitre cette suzeraineté meme sur l'Ombrie. Il ne faut point se dissimuler que l'évacuation de Rome blesserait non seulement le sentiment religieux de la France, mais jusqu'à un certain point ses susceptibilités politiq ues.

Il y a beaucoup de monde qui croit que laisser le Pape sous la domination italienne se ser,ait laisser à l'Italie le moyen d'avoir une immense influence sur toute l'Europe catholique. Il faut donc rassurer ces deux sentiments et les rallier à vos idées. Les apparences de suzeraineté qu'on laisserait au SaintPère auraient pu ètre suffisantes pour obtenir ce résultat. L'idée a-t-il dit est bonne, mais le difficile est l'application. C'est une question dont il faudrait analyser les détails. Je suppose, a-t-il continué, par exemple que ces provinces seraient rattachées au Governement du Pape par les memes liens qui rattachent les Principautés Danubiennes à la Porte, ou le Duché de Luxembourg à la Ho11ande. Il faudrait piacer, à coté des préfets nommés par le Gouvernement italien, des agents nommés par le Saint-Siège et qui n'auraient que les apparences du pouvoir. Je suppose que les lois du Parlement italien deviendraient exécutoires de plein droit dans les provinces romaines. Je répondis à l'Empereur que les difficultés de cette solution se trouveraient dans les deux esprits qui dominent et le Saint-Siège et le Gouvernement italien, l'un qui veut marcher en avant, l'autre qui recule toujours.

Le Gouvernement italien doit etre en Europe le représentant des idées

libérales. Les lois de son Parlement doivent n'etre empreintes que de l'esprit

du progrès, le Pape ne peut pas admettre à còté de l'Inquisition la liberté de

conscience, à còté de l'Index la Iiberté de presse, à còté de la Bulle De Divina

sapientia la liberté d'enseignement. Il ne peut en un mot admettre à còté du

système féodal la liberté et, ce qui est encore plus difficile, il ne peut pas

la couvrir de son manteau.

D'autre còté le Gouvernement ne peut et ne doit pas renoncer à son devoir.

L'Empereur a admis la difficulté d'arriver à ce résultat pratique, mais il a

insisté sur cette idée comme pouvant amener d'heureux résultats.

Nos discours ayant ensuite porté sur la situation générale de l'Italie, je lui

ai développé plusieurs idées que j'avais sur la marche de notre Cabinet et je

ne lui ai pas caché que dans mon idée en tout cas le transport de la Capitale

était une nécessité. Tant que le siège du Gouvernement sera à Turin, l'unité

de l'Italie sera toujours mise en doute par ses ennemis. J'ai ajouté que cette

opinion était partagée par beaucoup de monde et que plusieurs hommes d'Etat

l'avaient adoptée. A mon point de vue, elle souleverait moins d'embarras

qu'on ne croyait généralement, telle est aussi l'opinion du Président du Conseil.

L'Empereur s'empressa d'observer que le transport de la Capitale serait le fait

nécessaire pour imprimer un caractère ·sérieux au traité entre la France et

l'Italie.

Si tel est la pensée du Gouvernement du Roi et le désir de •la Nation bien des difficultés qui nous restent sur cette malheureuse question romaine seraient aplanies.

L'Empereur a parlé dans le mème ·sens à M. Nigra et Nigra lui a aussi confirmé qu'un parti influent en Italie partageait cette opinion qui était aussi celle de M. Minghetti; l'Empereur a conclu en disant que les négociations pouvaient dès ce moment aboutir à un heureux résultat.

Le lendemain l'Empereur m'a annoncé qu'il avait causé avec M. Drouyn de Lhuys de ce projet de traité et que son Ministre partageait son point de vue, que le transport de la Capitale pourrait aplanir toute difficulté.

Alors je lui ai demandé si en admettant que le Gouvernement consente à transporter la Capitale, il pouvait formellement s'engager vis-à-vis de notre Cabinet à accepter le traité tel que je lui ai présenté; il m'a répondu affirmati

vement. Je lui ai demandé si ce fait devait se réaliser avant ou après 1a signature du traité. Il m'a dit que c'était indifférent, mais qu'il croyait plus sage de signer le traité après.

Je lui ai fait observer qu'il ne fallait qu'aucun puisse penser ni en Italie ni en France que ce fait de politique intérieure pouvait se ·relier au traité pour l'évacuation de Rome. Ce serait soulever de grandes difficultés ajoutées à nos embarras intérieurs. Il faut que le Gouvernement italien garde vis-à-vis de la France son indépendance. C'est le meilleur moyen de consolider notre alliance et d'en fortifier les bases.

L'Empereur répondit que pour arriver à ces résultats, mieux valait commencer par transporter la Capitale, en dégageant ainsi la connexion de ces deux faits.

Je lui ai répondu que je ne pouvais nullement engager le Gouvernement dans cette voie sans avoir parlé avec le Président du Conseil et que je demanderais continuer cet entretien à la présence de M. Nigra, qu'en attendant je prenais acte avec bonheur de la déclaration de l'Empereur qu'il s'engageait, ce cas échéant, à tout, sur les bases que j'avais proposées.

En mettant de coté pour un moment la Question de Rome, je lui ai parlé de la Question de Tunis, je lui ai demandé s'il voyait avec méfìance l'intervention italienne; il m'a répondu négativement; je lui ai demandé s'il s'opposerait à ce que Tuni:s devienne une Colonie italienne, il m'a répondu que quant à la France elle ne pouvait voir qu'avec confìance se fonder une Colonie italienne en Afrique.

(1) Il documento si riferisce evidentemente al primo colloquio fra NapoJ.eone III e Pepoli, avvenuto fra il 16 e il 22 giugno (cfr. nn. 799 e 819).

819

APPUNTO DEL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP)

Fontainebleau, 22 giugno 1864.

Nous venons Nigra et moi d'avoir un entretien avec l'Empereur (1).

Il nous a répété à peu près les mèmes arguments: il m'a di t qu'H fallait absolument donner un cachet sérieux au traité entre la France et l'ltalie. Le transport de la Capitale est le seui moyen d'atteindre ce but.

Nigra lui a fait observer que pour transporter la Capitale il faut du temps et qu'en attendant le Pape pourrait mour.ir d'un moment à l'autre et que sa mort créerait à nos deux Gouvernements des graves embarras.

Le Gouvernement italien ne peut pas empecher que les émigrés fassent une tentative pour entrer à Rome, le Général français peut-ètre serait-il forcé de tirer sur le peuple romain.

L'Empereur a dit que tout cela était très grave, mais qu'il n'y avait aucun autre moyen de sortir de l'impasse où nous nous trouvions que celui qu'il venait de m'indiquer.

Si nous voulions signer le traité sans délai, il y avait un moyen tout simple et qui aurait considérablement facilité notre b'ìche.

Le Cabinet de Turin devait faire immédiatement une note dans laquelle il annonçat au Gouvernement français l'intention de transporter la Capitale dans une autre ville de l'Italie en développant les raisons qui conseillent cette mesure.

Le Cabinet des Tuileries en prenant acte de cette déclaration et en apprenant la résolution du Cabinet de Turin, annoncerait son intention de quitter Rome et d'entrer en négociation avec nous sur les bases que j'avais proposées. J'ai de suite demandé à l'Empereur si dans ce cas il voudrait attendre la mort du Pape, ou s'il consentirait à fìxer immédiatement la date de l'évacuation des troupes francaises. Il m'a répondu qu'il s'engageait à traiter mème en dehors du cas de la mort du Pape, et que il ne demanderait pas mieux de retirer ses troupes dans un délai fìxé d'avance.

Je lui ai alors fait observer que s'il se préoccupait de l'opinion publique en France nous nous préoccupions naturellement de l'opinion publique en Italie, et que pour ma part je persistais à croire qu'il fallait que les deux faits de l'évacuation de Rome et du transport de la Capitale n'eussent aucune connexion entr'eux.

Ainsi je lui ai posé cette question. Si nous commencions par transporter la Capitale, tenez-vous à déclarer dans une note que vous pouvez évacuer Rome parce que nous avons changé le siège du Gouvernement? Persistez-vous à relier ces deux faits entre eux?

Il m'a répondu que non et que dans ce cas il traiterait avec nous sans rappeler meme le fait du transport de la Capitale.

Il m'a ensuite dit qu'il avait lu le compte-rendu que je lui avais soumis de notre première entrevue et qu'il était de tout point exact. Il faisait cependant des réserves sur les six articles que je lui avais promis, non sur le fond mais sur la forme.

Par exemple, il n'aimerait pas que nous fixions le chiffre de la Légion étrangère dans un articie spécial: ce chiffre pourrait etre déterminé simplement dans le texte du traité. J'ai pu encore lui répondre que pour la forme nous pourrions facilement nous entendre mais que je désirais déclarer nettement à l'Empereur que dans le fond nous ne pouvions nous engager qu'à respecter et faire respecter les frontières. Ni le Cabinet actuel ni aucun autre Cabinet serait jamais allé au delà. Il m'a répondu que la France ne demanderait jamais à l'Italie d'aller au delà de ces engagements. Ayant épuisé la question de Rome, Nigra a interpellé l'Empereur sur les affaires de Tunis; il a confirmé ce qu'il m'avait déjà dit en ajoutant cependant qu'il ne voyait pas quels avantages nous pouvions en retirer.

L'entretien a ensuite porté sur les affaires du Danemark. Il paraissait flatté de la proposition de l'Angleterre de lui déferer l'arbitrage et blessé du refus de la Prusse. Il nous a exprimé l'espoir que l'Autriche et la Prusse finiront pour se brouiller entr'elles et qu'alors le moment serait venu pour la France d'agir.

Il nous a dit ensuite que la Russie avait dès le premier moment trahi le Danemark, que tandis que Brunow à haute voix défendait son intégrité, à voix basse il disait à la Prusse que l'Empereur Alexandre ne s'opposerait pas aux vues de l'Allemagne. Il croyait que l'Angleterre finirait par tirer l'épée, mais qu'elle tacherait à localiser la guerre dans la Baltique; que l'Italie avant de s'engager devait attendre qu'on lui fit des propositions sérieuses, et qu'il nous fallait beaucoup de réserve et de prudence. Qu'il ne fallait pas se cacher que nous aurions contre nous toute l'Allemagne et meme 1a Russie parce que dans sa pensée doivent avoir été pris des engagements entre le Cabinet de St. Pétersbourg et le Cabinet de Vienne rélativement à la Vénétie.

Nigra lui a touché de la possibilité pour la France de s'engager dans une

guerre générale et lui a parlé de l'offre des provinces Rhénanes fait par le

Cabinet anglais. L'Empereur a répl,iqué que l'Angleterre offrait ce qu'elle n'avait

pas et qu'il fallait à la France des garanties sérieuses pour s'engager dans une

guerre européenne. Nigra lui a fait observer que c'était déjà un fait de la plus

haute importance les avances que l'Angleterre faisait à la France dans ce sens,

et que le cas échéant il ne devait pas se laisser échapper une si belle occasion.

L'Empereur tout en avouant que le fait en soi-meme [est] très grave a continué

a exprimer ses doutes que l'Angleterre veuille sincèrement s'engager à soutenir

avec un corps d'armée une pareille politique.

Drouyn de Lhuys venait d'arriver et l'Empereur nous a dit que nous aurions avec lui plus tard un nouveau entretien pour mieux fixer nos idées et conclure les bases sur lesquelles la France acconsentait à traiter avec nous.

(1) Questo incontro a tre fece seguito a quello precedente tra Pepoli e Napoleone (cfr. n. prec.).

820

APPUNTO DEL MINISTRO A PIETROBURGO, PEPOLI

(AP) ... (1) Je viens vous rendre compte de la dernière entrevue que nous venons d'avoir Nigra et moi avec M. Drouyn de Lhuys. Le Ministre des Affaires Etrangères de France nous a confirmé en tout point ce que nous avait dit l'Empereur. Il m'a dit qu'à son point de vue mieux valait que les deux faits de l'évacuation de Rome et du transport de la Capitale, n'eussent pas entre eux aux yeux du public aucune connexion, et qu'il préférait ainsi que le transport de la Capitale fCLt un fait accompli avant de signer le traité. Il observait cependant que pour arriver à la conclusion du traité l'autre manière de procéder proposée par l'Empereur était plus favorable, puisque dans ce cas on n'aurait pas besoin d'attendre le transport matériel de la Capitale mais simplement le transport moral. Les discours de M. Drouyn de Lhuys n'ont été ainsi qu'une reproduction exacte des idées de l'Empereur, une seule phrase mérite d'ètre relevée. Le Ministre nous a dit qu'il fallait que la France empèche à tout prix qu'aux yeux du parti catholique de France l'évacuation de Rome par les troupes françaises amène la chute du pouvoir temporel: c'est donc une question de temps puisque dans sa conviction d'rme manière ou de l'autre Rome finirait pour nous appartenir.

J'ai insisté aussi auprès de M. Drouyn de Lhuys sur cette idée que l'Italie ne pouvait s'engager qu'à respecter les frontières et les faire respecter, qu'elle ne saurait adhérer à aucune autre proposition. Le Ministre m'a répondu que j'avais parfaitement raison.

Nigra a ensuite posé à M. Drouyn de Lhuys les questions de Tunis que j'avais posé à l'Empereur.

Il a répondu catégoriquement comme l'Empereur en formulant cette pensée que la Méditerranée devait etre un lac latin, qu'en faire un lac français c'était absurde: l'occupation de Tunis par les troupes italiennes devant amener ce résultat.

821

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLORUHE, OLDONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Kissingen, 22 giugno 1864.

Je profite de l'occasion du Consul Royal M. Traumann qui part d'ici

demain matin pour Turin, pour transmettre à V. E. des détails importants, quelqu'en soit la valeur réelle dont je n'ai pas eu le temps de lui rendre compte avant.

Le Baron de Roggenbach qui avait dìné chez moi avant mon départ de Baden, m'a paru fort préoccupé d'une éventualité qu'on venait de lui signaler, en cas que la Conférence de Londres n'aboutisse à une solution de la question Dana-Allemande laquelle, d'après le Ministre Gran Duca!, dépend maintenant beaucoup d'un changement de Ministère en Danemark.

Cette éventualité serait la .guerre générale •l'Ang·leterre, la France et l'Italie d'un còté contre l'Autriche, la Prusse et la Confédération Germanique. La Russie, douteuse, mais malgré sa politique de neutralité et de recueillement, deviendrait pour sur, au dire du Ministre Badois, partie belligérante dans le camp allemand, si les Puissances Occidentales menaçaient la Pologne, ou entamaient la question d'Orient.

J'ai demandé à S. E. si des renseignements si graves étaient de bonne source. • Oui m'a-t-elle répondu, du moins pour ce qui concerne Ies Puissances Occidentales. Des préparatifs se font mème dans cette prévision, et peut-ètre on prépare déjà le terrain sur le Danube et dans Ies Carpathes pour une diversion, le cas échéant en Hongrie et en Gallicie. Si une pareille guerre éclatait, dit le Ministre, je comprends parfaitement qu'il est dans l'intérèt de l'Italie d'ètre Puissance belligérante avec l'Occident, ·comme on doit comprendre que 1'Allemagne sera obligée de faire la guerre avec l'Autriche et la Prusse, dans son propre intévèt de conservation.

Tout ce que je viens de vous dire, termina le Ministre ce n'est nullement des indications particulières sur des éventualités que, tout désir que j'aie de ne pas les voir réalisées, ont pourtant une importance d'actualité qui se rattache à la question Dana-Allemande, et pour terminer de penser tout haut (sic) comme je viens de faire, j'ajouterai qu'en pareil cas, c'est un Ministère Persigny qui fera la guerre, et le Général Garibaldi se chargera probablement pour votre compte, ou pour compte de l'Angleterre de faire des divel'sions dans les pays ennemis •.

J'ai répondu au Baron, que non seulement j'ignorais tout à fait l'éventualité qu'il venait de signaler, mais ainsi les idées du Gouvernement du Roi si cette éventualité venait à se réaliser. Que les déclarations faites par V. E. au Parlement, et celles que j'avais eu l'honneur de faire d'après ses instructions à plusieurs reprises, étaient empreintes de sentiments bienveillants et sympathiques envers l'Allemagne, ma1s qu'en imitant S. E. sur Ja manière de s'exp11imer, c'est à dire de penser tout haut, j'étais trop de mon pays pour ne pas lui dire que l'intérèt italien doit toujours primer pour nous les situations, et ètre la base de la politique du Gouvernement du Roi.

• Et c'est juste, répondit M. de Roggenbach en me renouvelant l'assurance qu'il n'y avait rien d'officiel dans ce qu'il appelait une causerie amicale, malgré l'importance du sujet.

J'ai rencontré, à peine arrivé, dans la rue le Pnince Gortchakoff, qui a bien voulu m'accueillir en ancienne connaissance, et me ·souhaiter la bienvenue. L'Empereur et l'Impératrice de Russie, l'Impératrice d'Autriche, le Roi de Baviere

et plusieur,s Princes allemands sont ici. La haute diplomatie russe de meme en grande partie, l'Empereur d'Autriche est parti pour Karlsbad. Veuillez excuser, M. le Chevalier, cette lettre écrite à la hate, car M. de Traumann part de très bonne heure...

(1) Il colloquio con Drouyn de Lhuys, cui si riferisce questo documento ebbe evidentemente luogo dopo il colloquio a tre fra Napoleone III, Pepoli e Nigra (cfr. n. 819}.

822

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

T. 225. Torino, 23 giugno 1864, ore 14,15. J'approuve que vous ayez fait suspendre les dispositions que voulait prendre M. Bosio. Nous n'avons jamais voulu faire un débarquement isolé. M. Bosio et M. Ricci ont seulement l'ordre d'étudier sans bruit les conditions militaires d'une occupation éventuelle si l'urgence en était démontrée. Du reste rien n'est

changé à vos instructions et à ceUes du vice-amiral Albini. Vous pouvez donc démentir tout projet d'intervention isolée de notre .part.

823

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, GAMBAROTTA

T. 226. Torino, 23 giugno 1864, ore 14,50 (1). Le ministre d'Italie mande de Paris que contrairement au bruit qui en avait

couru le consul de France n'est pas rappelé et que les troupes françaises ne doivent pas ètre débarquées à moins que la vie des français ne soit en danger.

824

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 605. Londra, 23 giugno 1864, ore 15,25 (per. ore 17).

La conférence hier a échoué et samedi se réunira une dernière fois. Les allemands n'ont accepté que de bons offices sans se lier définitivement et ils demandaient un armistice de six mais. Les Danois ont également refusé l'arbi

trage et le délai, les hostilités vont recommencer. Lord Palmerston l'ambassadeur de France et les Danois ont nié que l'arbitrage eut été déféré à Paris.

825

IL SEGRETARIO DI LEGAZIONE A PARIGI, SORMANI MORETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. RISERVATA. Fontainebleau, 23 giugno 1864.

Le circostanze e la fiducia del mio capo mi hanno posto rperfettamente a giorno di tutti i vostri progetti, le vostre idee, timori e speranze. Non so quindi

ora resistere al dirti qual sia il pensiero mio intorno a tutto cw. La occasione della partenza di Pepoli rrne ne dà l'agio senza commettere indiscrezione: l'amicizia che ne lega mi serve di sprone. Ti premetto che queste sono idee mie esclusive, e che forse non tutte sono divise da chi sa quanto me. Tu puoi dar 1oro il valore che credi. Certo in casi così gravi come sono quelli sui quali tu hai ora a riflettere, l'opinione di un amico non può tornare discara. Comincio adunque. Da oggi, parmi che tu hai in mano il filo d'Arianna che ti può far sortire dal labirinto della questione romana. Quanto Pepoli viene ad annunciarti è realmente fecondo d'ogni miglior risultato. Noi eravamo ridotti al punto da non sperare nulla prima della morte del Papa e vivevamo incerti su ciò che ne sarebbe potuto accadere di buono in tale eventualità. Or bene, accettando le idee e proposte che Pepoli ti reca, ciò che abbiamo a desiderare di meglio, si è che il Papa viva ancora, per un anno almeno. In tal caso voi cominciate a preparare il terreno per far germogliare l'idea del trasporto della capitale; cosa che non mi pare nè impossibile, nè troppo lunga; poi enunciate questa idea in una bella nota; affare facilissimo; ne ricevete una risposta a far sbalordire tutti quanti in Italia non credono alla partenza de' francesi da Roma, e tale risposta vi dà forza, autorità, fiducia in paese: proseguite col predisporre il tutto all'effettivo trasporto della sede del Governo, e nel frattempo voi vedrete la guarnigione francese a Roma assottigliarsi di giorno in giorno ed essere rimpiazzata da una legione straniera, la quale per quanto agguerrita, accanita e numerosa, non ha dietro di sè la potenza d'una nazione, nè è coperta dalla bandiera di Fra..11cia. Il trasporto della Capitale sarà una prima tappa del Governo per arrivare più tardi alla sospirata sua sede. C0ntinui a vivere il Papa, e più un solo soldato francese non rimarrà in Roma; l'amministrazione nostra, uscendo dalle vecchie pastoie, si farà veramente italiana: al momento che il Papa, tardi pure quanto vuole, morrà, noi saremo liberi e più vicini a Roma: avremo già fatto mezza la via. Ma il Papa può morir prima che il progetto abbia vita. In tal caso, ove ciò avvenga, tra una settimana, tra un mese, noi saremmo al punto stesso in cui eravamo ieri; e voi, consci da una parte delle vere ed intime intenzioni di qua, non avreste che a lascia,r agire i Romani, evitare ogni apparenza di maneggi, impedire che un solo uniforme anche, de' nostri, s'avventuri al di là dei nostri confini, lasciare le popolazioni pronunciarsi, senza che voi abbiate l'aria di spingerle a ciò; mandare un Ambasciatore al Conclave con un manifesto a metter l'opinione pubblica dalla nostra; dar insomma vita alle idee del Pantaleoni, per quanto sono pratiche e per quanto non urtano e non vi compromettono con qui e non vi pongono in guerra o in lotta colla vostra armata contro l'armata francese. Che se poi il Papa morisse nel frattempo tra l'evacuazione stabilita e non ancora compiuta, sarebbe allora, a seconda delle circostanze, ad avvisare a questo o a quel partito fra i suaccennati. Qua null'altro si chiede se non d'avere un modo da fare una onorevole ritirata. È evidente che la Francia non può lasciar Roma per darla a noi. Bisogna che corra qualche tempo tra la partenza dei francesi e il nostro ingresso trionfale in Roma. Il progetto vagheggiato da Cavour, prima della sua morte era in questo senso, ed era pure meno favorevole a noi di questo d'ora. Pensatevi seriamente, che ne vale la pena. Fate che gl'italiani si mettano un po' anche nei panni della Francia, e

li persuaderete che questa è pure la sola via pratica e possibile per uscire dal labirinto in cui siamo. Non occorre dire che rinunziamo ad avere Roma un giorno: ciò anzi non dobbiamo dirlo. Certo è che qualunque altro Governo venisse al potere qua, non ci concederebbe neppure quanto ora ci si propone. In Italia i retriv:i e clericali riceverebbero da un tal fatto una sconfitta decisiva e perderebbero ogni speranza e fiducia; i più avanzati griderebbero; ma molti d'essi, credo, intenderebbero ragione e capirebbero che è, anche dal loro punto di vista, un gran passo in avanti. Ostili vi sarebbero i piemontesi puro sangue, ma non sono a temersi, e fra d'essi i bene pensanti e i sinceri patrioti sono pure in gran numero. Le difficoltà della pratica attuazione del trasporto della Capitale sono diminuite d'assai dal momento che vi si offre un lasso di tempo tra la dichiarazione di voler trasferire altrove la sede del Governo e l'effettuazione della promessa: e dal momento che la dichiarazione basta perchè vi si annunc1 lo stabilito ritiro delle truppe da Roma. Sino ad ieri io esitava ad avere tali opinioni intorno a queste proposte; ma le dichiarazioni e discorsi che si tennero a Pepoli stamane mi hanno francamente deciso, e credo produrranno in voi altri lo stesso effetto. Io penso che le buone disposizioni qua siano venute dalla tema di una coalizione d'Austria, Russia e Prussia : dal vedere che solo su di noi si può veramente far conto. Quanto al Signor Drouyn de Lhuys, egli s'accomoda all'avviso del padrone, perchè anzitutto ei vuol stare fermo al suo posto, non importa il come, e perchè poi, ei non ha nè ferme convinzioni, nè sa1di principi, nè gr<cmde ingegno, ma vanità assai e ambizione: ei ,sarà felice il dì che potrà presiedere qua a un congresso di Potenze. Circa a Tunisi ti voglio pur dire Il mio avviso, che è veramente personale e non diviso dal Capo mio. A me pare che non convenga imbarcarsi ora in una spedizione che può costare uomini e denaro assai e difficoltà molte. L'Algeria non è di gran profitto alla Francia. Facciamo prima l'Italia, poi penseremo a beccarci delle colonie. Ora sarebbe un porre il carro innanzi ai buoi, e farne la conquista mi farebbe l'effetto d'uno che prima di avere finito la fabbrica della sua casa e d'avervi posto il tetto, comprasse le tapezzerie, i quadri, i soprammobili, a rischio di restar senza danari pel più essenziale. Gli affari Dana-Tedeschi pare che s'imbroglino di nuovo e perbene; qua si prevede che l'Inghilterra sarà obbligata a tirar la spada, e però si pensa ch'essa farà il possibile per localizzare la guerra nel Baltico. La Francia è d'una prudenza mirabile, e dice: chi va piano, va sano e lontano. Tutto ciò fa che noi non dobbiamo sparpagliare le forze nostre, gittandone una parte in Africa. L'occasione in avvenire non ne mancherà, quando saremo completi e più forti e colle finanze 'Si,stemate. Non vorrei che Tunisi fosse un engoument del momento! Voilà non opinion! Essa vale quanto vale; ma pure non esito dirla all'amico. T'auguro ogni buona fortuna, e mi pare che ora tu la tenga pei capelli se sai impugnarla. Ove la popolarità vostra nel momento ne perdesse,

sono certo che in breve i fatti ve la ritornerebbero, centuplicata e fatta p:iù salda. Avrò fra breve bisogno d'un congedo per recarmi in seno della mia famiglia. Dal 1859 in poi non ebbi che un solo mese di ,congedo. Spero che mi concederai questo, quando te Io chiederò. Frattanto disponi di me in tutto come meglio t'aggrada...

ì93

(1) Sic. ma il t. 606 di Nigra a cui si fa riferimento nel testo risulta pervenuto alle ore 19.

826

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO (AVV)

L. P. Torino, 24 giugno 1864.

Non vi scrivo del telegramma che Minghetti vi ha spedito stamane. Conviene per esso tastare il terreno benchè forse il tempo non è per anco maturo. Desidero bensi insistere intorno ad una faccenda, certo meno importante, ma che pure mi sta a cuore. Voglio dire la questione della nostra ammissione alla Conferenza sugli affari del Libano. Lord Russell si è mostrato di una freddezza che mi è spiaciuta piuttosto che non mi abbia meravigliato. In verità quando vi si parla della nostra soverchia propensione verso la politica della Francia, si presenta ovvia alla mente una osservazione. Il nostro Ministero è venuto al potere, destando dei sospetti a Parigi e considerato anche nel paese quasi come il Ministero dell'alleanza inglese. Ora bisogna confessare che da un anno e mezzo ormai la politica inglese non ha fatto nulla per noi e che, con tutta la nostra buona volontà, non abbiamo potuto giungere ad alcun risultato, nè grande nè piccolo. Non parlo solo delle vaste combinazioni dominate da interessi superiori, ma nemmanco nei dettagli abbiamo trovato alcuna simpatia operosa. Ora vi si dice aiutandovi ad entrare nella conferenza, noi vi introduciamo un voto di più ostile alla nostra politica in Oriente. Su questi affari d'Oriente al tempo del viaggio di Pasolini, noi abbiamo dato delle ampie spiegazioni, le quali dal Governo inglese furono trovate soddisfacenti. Noi allora abbiamo dichiarato che in qualche questione di dettaglio la nostra condotta poteva benissimo trovarsi non in accordo con quella dell'Inghilterra, ma che era falso che la nostra politica avesse in Oriente degli scopi diametralmente opposti agli scopi della politica inglese. L'indipendenza dell'Oriente era anche un interesse italiano, e per conseguenza era un interesse 'italiano la conservazione dell'Impero turco che rappresenta, per ora, questa indipendenza. Che se, un giorno o l'altro, l'Impero turco dovesse disfarsi, è evidente che noi non possiamo avere alcuna fretta e dobbiamo desiderare che il gateau sia servito soltanto quel giorno in cui dalla petite table saremo passati alla grande. Noi crediamo, è vero, che la politica inglese, facendosi più turca dei turchi, è spesso una politica eccessiva, la quale è poi spesso costretta a piegarsi dinanzi alla necessità delle cose. Io credo, per esempio, che per i Principati, per la Servia, per altre autonomie cristiane, rendendo meno incommodo e pesante il vincolo della sovranità della Porta, si otterrà per risultato che questi paesi vedranno in questo vincolo una garanzia più che altro della loro indipendenza, poichè per tal modo essi appartengono a un vasto sistema politico, la cui conservazione è uno dei principii dell'ordine europeo. Io credo anche che questi paesi, sviluppandosi in essi una coscienza nazionale, resisteranno meglio alle ambizioni di potenti vicini, credo che la Servia, sarebbe, per esempio, per la Russia una meno facile preda della Bulgaria, e i Principati per l'Austria una

meno facile preda della Bosnia o dell'Erzegovìna, appunto perchè il sentimento di una vita propria è più sviluppato nei primi paesi che nei secondi.

Ma queste sono teorie su cui è inutile discutere, e veniamo alla pratica. Innanzi tutto, ha potuto il Governo inglese rimproverarvi qualcuno di quegli intrighi tendenti a sconvolgere l'Oriente e pei quali era diventato così sospettoso? Il solo affare che poteva aver relazione con 'l'integrità dell'Impero ottomano siamo venuti a trattarlo a Londra, e Lord Palmerston e Lord Russell si sono mostrati in massima favorevoli al nostro progetto. Le questioni trattate in quest'anno, diplomaticamente a Costantinopoli furono due: quella dei Conventi, quella del colpo di Stato del Principe Couza. Nella prima abbiamo sostenuto il principio della secolarizzazione: ora questo principio fu riconosciuto ed ammesso anche dall'Inghilterra.

Nella seconda dicemmo che bisognava tener conto dei fatti compiuti, e l'Inghilterra ha riconosciuto che alle complicazioni infinite che potevan nascere da un intervento era da preferirsi un accomodamento del Principe con la Porta. Questo accomodamento avvenne e non certo contro il parere di Bulwer.

Coi principii e colle tradizioni del Governo italiano ci era impossibile in alcune questioni di essere perfettamente d'ac,cordo con la politica inglese in Oriente. Abbiamo creduto dunque che il miglior mezzo per non suscitare conflitti era di moderare la nostra azione politica in Oriente, di non accentuarla troppo per ora. E per ciò v;i abbiamo tenuto da un anno un Incaricato di Affari che non poteva offuscare nessuno.

Del resto, nelle conferenze per gli affari più importanti, Principati, Servia, Montenegro, abbiamo il nostro posto, e ciò è fuori di discussione. Rimangono le altre questioni che non dipendono direttamente dal Trattato di Parigi, ma che si annettono al principio dell'integrità. Per noi il partecipare alla Conferenza del Libano è una questione di principio, perchè vogliamo essere sullo stesso piede di tutte le Potenze garanti. Non è già per la questione del Libano in sè stessa. E 'se per avere l'appoggio inglese è necessario confidenzialmente l'assicurazione che nella suddetta Conferenza non creeremo imbarazzi di sorta alla politica inglese, questa assicurazione datela pure.

827

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 99/54. Londra, 24 giugno 1864 (per. il 28).

Egli sarebbe inutile in questi giorni di cercare di chiamare l'attenzione di Lord Russell su altri soggetti che la Conferenza. Ma per rispondere al Dispaccio di V. E. relativo al Principe Couza mi son rivolto al Principe de La 'I1our d'Auvergne e quanto egli mi disse non mf par molto diverso da quanto già ebbi l'onore di scrivere all'E. V. a questo riguardo.

Riassumerò per conseguenza, nel riferire quanto mi disse, i miei Dispacci precedenti.

La presenza a Costanttnopoli del Principe Couza fece posporre qua qualunque risoluzione da prendersi pel ca,so prevedibile in cui egli avrebbe potuto intendersela con la Potenza la più direttamente interessata. La lettera del

55 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

Principe non venne presa in positiva considerazione, e neppur furon fatte rimostranze all'Austria e Russia avendo Lord Russell creduto di poter star soddisfatto delle dichiarazioni fatte dai loro Ambasciatori. Ma si scrisse un Dispaccio a Sir H. Bulwer dividendo la quistione, secondo la distinzione fattami da Lord Russell, in quistioni interne e quistioni internazionali. Ignorando le prime e quanto alle seconde riconoscendo alla Porta il diritto d'intervenire. L'Ambasciatore di Francia fece obbiezioni contro a questo modo di dar carte blanche a una sola parte garante. Ma gli venne risposto che l'ammettere il diritto di intervento dell'una non esclude quello delle altre d'unirvisi, e così rimane la

cosa per ora.

828

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 615. Londra, 25 giugno 1864, ore 10 (per. ore 12,35).

Tout porte à croire d'après les renseignements que je me suis procuré dans les réceptions d'hier au soir que dans le conseil des ministres d'hier les idées pacifiques ont encore prévalu. Le prince de La Tour d'Auvergne a écrit à Paris en ce sens. Le comte Apponyi a dit avoir reçu un billet aujourd'hui de lord

Russell disant que s'il n'allait pas dans la Baltique leurs deux puissances maritimes, l'Autriche et l'Angleterre pourraient maintenir bonnes relations.

829

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Londra, 25 giugno 1864, ore 15,48 (per. m·e 17,35 ).

Il me revient d'une manière positive qu'il y a en ces jours une proposition de la part du Gouvernement français d'une entente avec l'Angleterre sur les affaires danoises basée sur la cession de la Vénétie d'une part et de la frontière du Rhin de l'autre, mais je manque de détails soit sur l'accueil soit sur les termes précis.

830

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 16. Torino, 26 giugno [1864].

Due righe sole. Minghetti ed io parlammo con P[epoli] la sera stessa del suo

arrivo. Ieri sera si ebbe una lunga conversazione con Peruzzi che partì stamani per Milano. Domani comincia alla Camera la discussione sulla politica finanziaria del Gabinetto, nella quale sarà posta la questione ministeriale. Siamo sicuri di avere la maggioranza, ma questa discussione ci occuperà esclusivamente, Minghetti sopratutto, pei quattro o cinque giorni che durerà.

Subito dopo il voto della Camera Minghetti ed io vi scr.iveremo.

La cosa che sapete non è nota che a Minghetti, a Peruzzi ed a me.

Per non contrariare i miei colleghi, benchè con mia repugnanza, mi astenni

finora dal parlarne anche ad Artom. Ciò per Vostra norma.

831

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 57. Berlino, 26 giugno 1864 (per. il 30).

L'avortement des conférences est un succès pour la politique de M. de Bis

marck. Les instructions tracées dès le début aux plénipotentiakes Prussiens, et

dont j'ai transmis un résumé à V. E., étaient évidemment calculées dans ce but.

Le renouvellement des hostilités équivaut à une prolongation indéfinie de

l'occupation, et prépare les voies à une annexion, ou du moins à des combi

naisons où les intéréts de la Prusse seraient sauvegardés. Si elle oppose au

Prìnce d'Augustenbourg la candidature du Grand-Due d'Oldenbourg, c'est qu'elle

espère trouver des compensations dans un remaniement territor,ial.

La question essentielle est maintenant de savoir si et dans quelLe mesure

l'Angleterre soutiendra le Danemark les armes à la main. Ici l'opinion règne

assez généralement que l'Angleterre se bornera tout au plus à quelque démons

tration par l'envoi dans la Baltique d'une flotte destinée à protéger Copenhague

en cas d'attaque. Mais on doute fort, sauf dans cette éventualité peu présuma

ble, qu'elle se décide, au moins sous le Ministère actuel, à combattre sérieuse

ment la Prusse et surtout l'Autriche, dans la crainte que de la Baltique la

guerre ne s'étende à l'Adriatique.

A notre point de vue nous devrions désirer que la Grande-Bretagne se

levat avec toutes ses forces et entrainat la Suède. Alors ou l'Autriche attendrait

le choc et en subirait les conséquences, ou elle battrait en retraite; ce serait

une rupture de l'alliance avec la Prusse. Ce dernier cas me semblerait le plus

vraisemblable, car le Cabinet de Vienne ne peut sacrifier ses relations avec

Londres sans s'exposer à de graves dangers. D'ailleurs jusques à preuve du

contraire, il m'est avis qu'une intelligence secrète existe entre ces deux Gou

vernements.

En attendant, M. de Bismarck continue à trainer le Comte de Rechberg

à sa remorque. Les deux Ministres se seraient méme entendus à Carlsbad sur

une motion à présenter à la Diète de Francfort, pour demander la coopération

de tous les Etats Germaniques à la guerre contre le Danemark. Cette con

descendance du Gouvernement lmpérial ne serait-elle dictée que par le désir

de ne pas se laisser trop distancer par la Prusse dans une cause qui intéresse

l'Allemagne, où chacune a des convenances rivales à faire prévaloir? Ou bien

ces concessions ont-elles été obtenues au prix de garanties toujours recherchées,

mais encm:e non obtenues par la Cour de Vienne jusqu'à ces derniers jours?

Je l'ignore. Ici, nous sommes absolument sans détails sur les entrevues de

Carlsbad. Mais il n'y a aucun doute que la continuation des hostilités fortifie

le 1ien entre J.es frères d'armes, et leur impos•e respectirvement, lors méme qu'ils

ne seraient pas sanctionnés par un accord secret, des engagemens moraux dont

l'aecomplissement, selon .les conjonctures, pourrait se réaliser sans parti pris

à l'avance.

C'est un danger que nous ne devons pas perdre de vue, pas plus que la France et l'Angleterre, si nous ne voulons pas compromettre nos intéréts bie n entendus, intéréts inséparables de la cause de la liberté et de la civilisation. C'est précisément pour empécher la Prusse de tomber dans le piège que lui tendent l'Autriche et la Russie qu'il eùt été désirable que la campagne du Schleswig eùt abouti dès à présent à une transaction équitable et selon le principe des nationalités. Mais puisque le canon doit encore se faire entendre, il conviendrait aux Puissances occidentales, tout en ménageant la Prusse, de rappeler à l'ordre les deux autres Puissances du Nord, nommément l'Autriche dont la politique, comme le Sphinx de la fable, dévore tous ceux qui n'expliquent pas ses énigmes.

Nos négociations commerciales subissent un tems d'arrét ensuite de l'absence de M. de Bismarck, et du retard de la Saxe à répondre aux communications qui lui ont été faites à cet égard.

832

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOS1'A (AVV)

L. P. Parigi, 26 giugno 1864.

A quest'ora Pepoli vi avrà esposto il risultato delle nostre conferenze coll'Imperatore a Fontainebleau. Poco mi rimane ad ag.giungere a quanto egli ha dovuto dirvi. L'Imperatore è disposto a firmare un trattato sulla base da noi proposta, per l'evacuazione di Roma, se la Capitale del Regno è trasportata a Firenze, o a Napoli o altrove. In questo caso, dice egli, l'opinione cattolica in Francia potrà essere persuasa che l'evacuazione di Roma non implica la perdita del potere temporale; io potrò quindi onorevolmente richiamare la guarnigione francese. I particolari di questa combinazione sono esposti nei dispacci di Pepoli. Mi dispenso quindi di ripeterli qui. Tocca al Governo del Re lo esaminarla con ponderazione e il vedere se essa sia possibile. Io non celai all'Imperatore le gravi difficoltà a cui può dar luogo, e riservai interamente il giudizio e la libertà d'azione del nostro Governo. Dissi all'Imperatore che queste difficoltà erano di tre specie, cioè: 1° La questione di principio; 2o la questione della scelta della nuova Capitale; 3° la questione dell'esecuz-ione materiale. Soggiunsi poi, che ad ogni modo, ed ammesso anche che la combinazione fosse possibile,

essa non ·provvedeva all'urgenza del caso che noi eravamo incaricati di sotto

porgli. Se il Papa muore, gli dissi, in questo frattempo, se l'eventualità che ci

preoccupa, si verifica, la difficoltà non è nè tolta nè diminuita; noi ci troviamo

in presenza degli stessi pericoli. Si è a quest'urgenza che noi dobbiamo provve

dere. Impegnai vivamente l'Imperatore a preoccuparsene e gli domandai se,

riservata la questione del trasporto della Capitale, era disposto a trattare e su

quali basi, in vista dell'eventualità della morte del Papa. Ma l'Imperatore rispose

che non vedeva altro modo che il trasporto della Capitale. Drouyn de Lhuys

confermò, come era ad aspettarsi, le parole dell'Imperatore. Se quindi il Papa

venisse a morire entro un breve termine, la questione non avrebbe fatto nessun

passo e noi ci troveremmo in faccia ad una .gravissima posizione che non po

tremmo affrontare senza un pericolo evidente.

In tale stato di cose, due sono i partiti da esaminare: 1° se sia possibile

spingere l'Inghilterra ad una guerra seria, non localizzata, ma estendentesi al

l'Adriatico, e non solo marittima, ma continentale; 2° se non convenga, senza

perder tempo, mettere in campo la questione del trasporto della Capitale, che

a mio avviso, non a Napoli, ma a F·irenze dovrebbe aver luogo. Aspetto con

impazienza le Vostre lettere e quelle di Minghetti intorno a queste due ipotesi.

Io ho fortemente insistito presso l'Imperatore per impegnarlo in un'alleanza

anglo-italiana. Non vi ripeto tutti gli argomenti da me espostigli in proposito.

Pepoli, che assisteva alla conversazione, ve li avrà detti. Ma constatai con

dispiacere che le tendenze dell'Imperatore sono pacifiche oltre quanto si possa

credere. Io spero però che non ci avrà detto la sua ultima parola.

Se l'Inghilterra ha davvero l'intenzione d'impegnarsi a fondo in una guena coll'Allemagna, non dispero che, facendo larghe proposte all'Imperatore, questi possa essere tratto ad un'alleanza. Noi dobbiamo secondare questa combinazione, la quale avrebbe per risultato di trarci dagli imbarazzi presenti e di farci avere la Venezia. L'opinione dell'Imperatore, quale ce la manifestò, si è di attendere gli eventi, e sovratutto d'aspettare che la discordia insorga fra l'Austria e la Prussia, e si disciolga così la coalizione da cui si vede minacciato e che non osa affrontare, neanche in compagnia dell'Inghilterra e dell'Italia.

Oggi sapremo quale determinazione piglierà l'Inghilterra. A me pare impossibile che non sia risolta a tirar la spada.

Prego istantemente voi e Minghetti di mandarmi per telegrafo le Vostre comuni impressioni su quanto Pepoli ha portato. Vorrei paterne parlare ancora all'Imperatore prima che parta per Vichy.

833

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 237. Torino, 27 giugno 1864, ore 16,05.

Veuillez me dire ce qu'il y a de vrai dans la nouvelle donnée par les

journaux que le Gouvernement espagnol vient d'accréditer un représentant auprès de l'ex roi de Naples.

834

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AVV)

L. P. 17. Torino, 27 giugno 1864.

Voi sapete che abbiamo sempre cercato di fare dei passi, dei passi di formica, in Germania. I pochi risultati ottenuti hanno, se non altro, il vantaggio di mostrare l'intento continuato della nostra politica e fanno buon effetto sull'opinione. Quando il Baden ci riconobbe e quando avvenne la brouiHe, per gli affari Danesi, fra gli Stati secondari, la Dieta, l'Austria e la Prussia, chiesi al Barone de Roggenbach che facesse qualche ufficio presso alcuno degli Stati secondari per ottenere qualche riconoscimento, prendendone egli l'iniziativa come di atto di politica indipendente in faccia all'Austria che trattava allora quei Governi, così cavalièrement. Roggenbach scelse la Sassonia. Ma de Beust lasciò cadere le aperture che il Ministro badese gli fece.

Ora vi sono due fatti nuovi. L'accoglienza che Beust ebbe a Parigi e i suoi rapporti col Governo delle Tuileries e la morte recente del Re del Wiirtemberg.

Vi prego di esaminare se i buoni uffici che il Governo Imperiale certamente c·i presterebbe presso il signor De Beust e il Governo sassone per averne il riconoscimento del Regno d'Italia, possono, nell'opinione del Governo francese, ottenere un risultato. Nell'occasione che vi indicai, il Signor De Beust rispose che tale decisione spettava alla Dieta, ma considero questo piuttosto come una fin de non recevoir, perchè non credo che la Sassonia voglia spogliarsi del diritto di avere una politica propria come p. es. l'ha la Baviera.

Quando si potesse fare qualche cosa in questo senso, cercherei di far agire nel tempo stesso S. A. R. la Duchessa di Genova presso il Re suo padre.

Nel Wiirtemberg ci si era fatto credere, tempo fa, che alla morte del vecchiO Re le condizioni pote.ssero alquanto modificarsi. Qui credo che le simpatie italiane della Regina d'Olanda non si rifiuterebbero ad adoperarsi in nostro pro'. Ma qualunque passo che avesse l'aria di venire direttamente da noi potrebbe compromettere la nostra dignità. Forse il miglior mezzo d'informazioni presso la Regina d'Olanda sarebbe la Principessa Matilde alla quale potete parlarne, se credete. Vi prego insomma di informarvi intorno alle probabilità nel primo e nel secondo caso e di dirmene il vostro avviso.

I giornali parlano d'un trattato che si sta negoziando fra la Francia e la Santa Sede. Che c'è di vero? La notizia spiace qui perchè non si può credere che siano gli interessi commerciali che lo reclamano.

835

ALL'INCARLCATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 628. Madrid, 28 giugno 1864, ore 10 (per. ore 13,35). Bermudez ne retourne plus à Rome comme envoyé extraordinaire et min1stre plén~potentiatre, le mim.ilstre des affakes étrangères m'a fait observer qu'en y laissant un simple chargé d'affaires avait remporté un triomphe sur

le sentiment de la reine. Le premier secrétaire d'ambassade à Rome est nommé effectivement à ce poste.

836

IL MINISTRO A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 58. Berlino, 28 giugno 1864 (per. il 2 Luglio).

La dépeche confidentielle de V. E. en date du 22 Juin, s'est croisée avec celle que j'ai eu l'honneur de lui adresser le 23 du mème mois (N. 11 série politique) (1). Je lui mandais des renseignemens que je tenais de mon collègue de France sur la démarche dont il avait été chargé par son Gouvernement, en faveur de notre participation à la conférence relative à l'administration du Liban. Ayant appris que jusqu'à ce jour l'Ambassadeur d'Angleterre n'avait soufflé mot sur cette question au Ministère des Affaires Etrangères, je lui ai fait une visite pour l'informer de la démarche Française et pour lui demander d'appuyer les argumens que j'allais faire valoir de mon còté auprès du Gouvernement Prussien. Sir Andrew Buchanan m'a dit que si d'ici au l•r Juillet H ne recevait aucune instruction de Lord John Russell, il se ferait un devoir de la solliciter. Je viens également de faire une visite au Secrétaire d'Etat. J'ai rappelé les antécédens de cette question et les dispositions assez satisfaisantes montrées à plus d'une reprise pa,r le Cabinet de BerlirÌ. Je développais en mème tems les motif-s -indiqués dans la dépeche précitée de V. E., comme s'il:s émanaient de ma propre initiative, sans faire aucune allusion aux réponses reçues de Paris et de Londres. J'ai ensuite prié M. de Thiele de transmettre à M. de Bismarck mes ouvertures verbales et officieuses. Le Secrétaire d'Etant m'a alors parlé de la dépeche communiquée confidentiellement, il y avait peu de jours, par le Baron de Talleyrand, et par laquelle M. Drouyn de Lhuys se prononçait dans un sens favorable à notre cause. Ce document avait été sans retard expédié à Carlsbad, et on attendait la réponse. Jusqu'ici aucune autre Puissance ne s'était jointe à la France. M. de Thiele supposait que nous aurions fait sonder le terrain auprès des différens Cabinets,

nommément à Londres; car l'opinion de l'Angleterre serait d'un grand poids à Berlin. Sans doute en principe le Gouvernement Prussien maintenait notre

droit d'admission; mais pour le faire valoir il y avait aussi une question d'op

portunité en présence de l'opposition à laquelle il fallait s'attendre de la part

de l'Autriche. C'est pourquoi il convenait de s'entendre de Gouvernement à

Gouvernement afin de ne pas s'exposer, faute d'un accord préalable, à émettre

une opinion sans résultat immédiatement pratique.

A cette dernière observation j'ai opposé les considérations qui m'étaient suggérées par V. E.

M. de Thiele s'est personnellement montré favorable à notre manière de voir. Il m'a promis d'en référer dès demain à M. de Bismark.

(1) Non si pubblicano.

837

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 238. Torino, 29 giugno 1864, ore ls,25.

Je vous ai déjà envoyé une dépeche sur la conférence pour la Syrie. La France et l'Angleterre appuyent notre demande; la P.russe parait ne pas s'y

opposer. Mettez-vous d'accord avec l'ambassadeur de France qui doit avoir reçu des instructions et insistez auprès de la Porte.

838

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 630. Londra, 29 giugno 1864, ore 14,10 (per. ore 16,25).

Ayant entretenu Lord Russell du contenu de votre lettre il m'en a exprimé

sa satisfaction et répété qu'il avait maintenu notre admission à la conférence du Liban contre les objections autrichiennes.

839

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. Parigi, 30 giugno 1864.

Benchè l'Imperatore non si facesse illusione sulle velleità bellicose di Lord Palmerston, tuttavia non s'aspettava il linguaggio inqualificabile tenuto da questo Ministro. Drouyn de Lhuys se ne mostrò meco, più che meravigliato, afflitto. Dissemi che la Francia non ha interesse, ora sopratutto, a veder l'Inghilterra così umiliata e così basso cadente; che l'alleanza anglo-francese può risolvere tutte le questioni importanti; mentre la scissione fra le due potenze occidentali rende l'Inghilterra paralizzata interamente, e la Francia a metà etc. etc. Ho voluto segnalarvi queste parole, perchè parvemi scoprire in esse

un desiderio di riavvicinamento all'Inghilterra. Aspetto la Vostra lettera...

840

IL CONTE VIMERCATI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. MirabeUino, 30 giugno 1864.

Mia moglie riceve in data del 25 corrente, una lettera di Mme Rouher nella

quale vi è questo passaggio, che ti trasmetto letteralmente: • Monsieur de la

rue de Ponthieu (Thouvenel) me charge de dire à Ottaviano, qu'il ne doit pas

s'impatienter de ne pas re·çevoir de réponse à sa lettre, il est à la campagne et

ne veut confier à personne le soin de remettre sa lettre à qui de droit, pour

la faire parvenir d'une manière certaine.

J'ai sur ma table un charmant itinéraire, et pour peu que le Maitre nous

le permette, j'ai l'espoir, ma bonne Comtesse, d'aller vous voir à Monza; Lu

zerne, cependant, sera de toute façon l'endroit où nous pourrons nous voir

certainement •.

Aspettiamo adunque ancora la lettera di Thouvenel, che mi giungerà, sono

sicuro, col progetto ch'egli aveva sottoposto all'approvazione Imperiale, e che

forse, senza la sventurata nota di Durando, sarebbe stato adottato.

Speravo vederti domenica, non avendo ricevute tue lettere; sarà sempre un regalo per noi quando potrai torre un minuto alle tue occupazioni per venirci a vedere.

Pepoli deve essere di ritorno, sperava avere da te qualche cenno in proposito, essendo da tanto tempo addentro negli affari, e sopratutto in questa questione, credo non essere indiscreto chiedendoti a qual punto ora ne siamo, tanto più che io sono sempre ai vostri ordini per cooperare coi miei amici in quanto posso valere.

Fleury non ha ancora risposto alla mia lettera (1), scriverò di nuovo fra qualche giorno onde conoscere le ragioni del silenzio.

Farò presto una corsa a Torino onde vederti, intanto ti sarei grato se volessi scrivermi una riga, essendo naturalmente impaziente di sapere se ti sia giunta qualche notizia non avendone io nessuna finora da Parigi.

P. S. -Riapro la mia lettera per accludertene una ricevuta in questo momento stesso da Rouher. Te la invio onde tu la communichi a Minghetti ed a Peruzzi; ti prego però a conservarla presso di te, o a rinviarmela per la posta.

A senso mio sta che Minghetti dovrebbe fare una corsa in Svizzera per vedervi Rouher, s'egli non viene a Monza, qualunque siasi l'esito delle negoziazioni Pepoli: il Ministro di Stato è l'individualità più importante di Francia, ed i suoi stretti vincoli con Thouvenel, quanto egli fa per farlo ritornare al potere, sono circostanze tutte che militano in favore dell'utilità di stringere legami con lui, che, in fine dei conti, è quello che deve difendere la politica

Imperiale, e parmi che la sessione ventura si prepari assai burrascosa, massime se Drouyn de Lhuys rimane ancora qualche mese al potere.

Rouher, come vedrai, non mi scrive dettagli su quanto Pepoli ha ottenuto; spero che vorrai darmene, indicandomi anche cosa desideri che scriva a Rouher, al quale voglio rispondere prima della sua partenza da Parigi.

(1) Cfr. n. 792.

841

IL GENERALE KLAPKA AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Parigi, 30 giugno 1864.

J'ai vu les personnes que j'ai eu l'honneur de vous mentionner dans ma dernière lettre. Nous avons passé plusieurs jours ensemble à examiner sérieusement la situation avec toutes les chances et périls qu'elle présente. Nous nous sommes separés, mes amis me promettant, qu'au cas où le mouvement se montrerait sérieux et gagnerait du terrain dès son début et où nous serions puissamment et hardiment appuyés par l'Italie, on aurait recours aux memes expédiens et mesures qu'en 1848 et 49 à l'effet d'entrainer les éléments hongrois de l'armée autrichienne. C'est là tout ce qu'avec la promesse de la continuation de nos rapports j'ai pu, pour le moment, obtenir d'eux. A cet effet, je leur ai remis les fonds dont ils avaient besoin.

J'aurai bientòt l'honneur de vous entretenir de vive voix de quelques autres détails, ayant trait à ce travail, et qui me paraissent d'une importance non moins sérieuse pour l'avenir.

Le Comte Schentos mon envoyé auprès du Prince C[ouza] doit arriver à Boukarest dans le courant de la semaine. Si donc le Chevalier A[rtom] et Vous,

M. le Commandeur, croyez que ma lettre adressée au Prince pourrait produire un mauvais effet et par cela compromettre nos préparatifs, je me permets de vous réitérer ma prière de lui faire parvenir par le Chevalier Strambio l'ordre télégraphique voici:

• Klapka fait dire au Comte Scherrtoss de ne point remettre ses lettres au Prince et aux autres personnes, avant la reception de nouvelles instructions. Qu'il se tienne en attendant à sa mission industrielle. Il aura nouvelles lettres en quinze jours • (1).

Et ces nouvelles instructions nous pourrons les lui expédier vers le mercredi ou jeudi prochain, c'est à dire, quelques jours après mon arrivée à Turin, où je serai lundi prochain.

La saison avance. Il est de toute urgence que nous commencions, au plustard dans le mois de septembre; autrement nous perdrions encore cette année. Il serait en effet de toute impossibilité d'entamer dans ces parages les opérations à une époque plus avancée. En vue de cette circonstance je devrais infailliblement me rendre sur les lieux vers le 15 ou 20 du mois de Juillet.

J e pars ce soir pour Genève et dimanche matin pour Turin.

(1) Cerruti inviò a Strambio il seguente elegramma, conservato senza data in AVV: «Le Comte de Schertoss doit se présenter chez-vous. Je vous prie de lui dire de suspendre et d'attendre de nouvelles instructions du Général •.

<
APPENDICI

APPENDICE I

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione al gennaio 1864)

BADEN

Ca1·lsruhe -0LDOINI marchese Filippo, ministro residente; MAROCHETTI barone Maurizio, segretario di legazione di 2" classe.

BELGIO

B1·uxelles -LuPI DI MoNTALTo ,conte Alberto, inviato straordinario e ministro plentpotenziario; RATI 0PIZZONI conte Luigi, segretario di legazione di 1• classe; GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, addetto.

BRASILE

Rio de Janeiro -FE' D'OsTIANI conte Alessandro, ministro residente.

CITTA ANSEATICHE

Amburgo -GALATERI DI GENOLA Gabriele, console generale ed incaricato d'affari.

CONFEDERAZIONE GERMANICA

Fmncoforte -DE BARRAL DE MONTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CENTURIONE mar,chese Enrico, segretario di legazione di 2• classe; ScoTTI Carlo Alberto, addetto.

DANIMARCA

Copenaghen -DoRIA DI PRELÀ conte Rodrigo, ministro residente; CaNELLI DE PROSPERI Carlo, addetto.

FRANCIA

Pm·igi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; INcoNTRI marchese Luigi, segretario di legazione di l a classe: BoYL DI PuTIFIGARI conte Alberto, segretario di legazione di 2" classe; SoRMANI MaRETTI conte Luigi, segretario di legazione di 2• classe; DE GREGORIO Leopoldo, duca di Noja, addetto; RESSMANN Costantino, addetto; VIMERCATI conte Ottaviano, addetto militare col titolo dl consigliere onorario di legazione.

GRAN BRETAGNA

Londra -TAPARELLI D'AZEGLIO marchese Vittorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MAFFEI DI BaGLIO conte Carlo Alberto, segretario di legazione di l • classe; CuRTOPASSI marchese Francesco, segretario di legazione di 2" classe; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, addetto; ZANNINI conte Alessandro, addetto.

GRECIA

Atene -JoANNINI CEVA DI S. MICHELE conte Luigi, incaricato d'affari interinale.

PAESI BASSI

L'Aja -CARUTTI DI CANTOGNO marchese Domenico, ministro residente; MARTUSCELLI Ernesto, segretario di legazione di 2" classe.

PORTOGALLO

Lisbona -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, incaricato d'affari interinale; DELLA CROCE DI DoJOLA conte Enrico, segretario di legazione di l a classe.

PRUSSIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QurGINI PuLIGA ·Conte Efisio, segretario di legazione di 1a classe; ABRO barone Carlo Raffaele, addetto; CACHERANO DI BRICHERASIO Luigi, addetto.

REPUBBLICA ARGENTINA

Buenos Ay1·es -ULISSE BARBOLANI Raffaele, ministro residente.

RUSSIA

Pietroburgo -PEPOLI marchese Gioacchino Napoleone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANOTTI Carlo Felice, consigliere di legazione; TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, segretario di legazione di 2• classe; GALVAGNA barone Francesco, addetto; CoRBELLI-FERRARI Leopoldo, addetto.

SPAGNA

Madrid -CAVALCHINI GAROFOLI Alberto, incaricato d'affari interinale; AvoGADRO DI COLOBIANO ARBORIO Francesco, addetto.

STATI UNITI

Washington -BERTINATTI Giuseppe, ministro residente; CovA Enrico, segretario di legazione di 2" classe.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -TALIACARNE marchese Andrea, ministro residente; DE MARTINO Renato, segretario di legazione di 2" classe.

SVIZZERA

Berna -JocTEAU Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FAvA barone Saverio, segretario di legazione di l" classe; Tosr Antonio, segretario di legazione di 2" classe.

TURCHIA

Costantinopoli -GREPPI conte Giuseppe, incaricato d'affari interinale; PATELLA Salvatore, segretario di legazione di 2• classe; PRAMPERO conte Ottaviano, addetto; VERNONI Alessandro, interprete di 1• classe; ·GRAZIANI Edoardo, interprete di 2" classe; BARONE Antonio, interprete di 2• classe; CHABERT Antonio, alunno interprete.

URUGUAY

Montevideo -ULISSE BARBOLANI Raffaele, ministro residente.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al gennaio 1864)

MINISTRO VISCONTI VENOSTA Emilio.

SEGRETARIO GENERALE

CERRUTI Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, incaricato delle funzioni di segretario generale.

CAPI DIVISIONE CRAVOSIO barone Luigi Bartolomeo; CAPUCCIO Alessandro; SusiNNO Romano.

CAPI SEZIONE

SALVINI Luigi; TRossi Giuseppe; CoRso Edoardo; ScHIARI conte Domenico; CAVALLI D'OLIVOLA Giovanni; VALLETTI Maurizio.

SEGRETARI DI P CLASSE

ARNAun DI CHATEAUNEUF Felice; PEIROLERI Augusto; FALCONET Giuseppe; GAL Giovanni Battista; CANTON Carlo; DE GoYZUETA Francesco; FESTA Carlo Stefano; SANTASILIA Nicola; TROYSI Cesare.

SEGRETARI DI 2• CLASSE

Mo Alberto; PoNs Emanuele Eusebio; CARRERA Angelo Gustavo; BERTOLLA Giuseppe; BRASCHI conte Daniele; CATTANEO Angelo; BIANCHINI Domenico; CAVACECE Emilio; AMATO Giuseppe.

APPLICATI DI l" CLASSE

Puccr BAUDANA Eugenio; MIRTI DELLA VALLE Achille; BARRILIS Diego Lorenzo; RADICATI m BRosoLo Casimiro; TRABAUDI FoscARINI Marco.

APPLICATI DI 2• CLASSE

BoREA D'OLMO marchese Giovanni Battista; CAPELLO Carlo Felice; LATTES Giuseppe; MoNTERSINO Francesco; BAZZONI Augusto.

APPLICATI DI 3" CLASSE

JACQUIER Vittorio; MARGARIA Augusto; PAPINI Andrea; BERNONI Luigi; BIANDRATE DI S. GIORGIO conte Luigi.

APPLICATI DI 4" CLASSE

PRoMrs Vincenzo; LoNGO-VAsCHETTI Giovanni Battista; CrcERO Carlo Federico.

VOLONTARI

MALVANo Giacomo; 0DETTI DI MARCORENGO Edoardo; DE MARI Giovanni Maria; MARTIN LANCIAREZ Eugenio; CAPUCCIO Alessio; BROFFERIO Tullio.

CORRIERI DI GABINETTO DI l" CLASSE BALLESIO Giovanni Battista; ARMILLET Giuseppe.

CORRIERI DI GABINETTO DI 2" CLASSE ANIELLI Eugenio; VILLA Antonio.

56 - Documenti diplomatici -Serie I -Vol. IV

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: ScLOPIS DI SALERANO conte Federico, primo presidente di Corte d'Appello, presidente del Senato del Regno.

Vice Presidente: PINCHIA Carlo, consigliere di Stato.

Segretario: SusiNNO Romano, capo divisione nel Ministero degli Esteri.

Consiglieri: BARBARoux Carlo, consigliere della Corte d'Appello di Piemonte; MANCINI Pasquale, deputato e professore; ALFIERI DI MAGLIANO conte Carlo, deputato; GuERRIERI-GONZAGA marchese Anselmo, deputato; D'ONDES REGGIO barone Vito, deputato e professore; CERRUTI Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

APPENDICE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione al gennaio 1864)

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BARTHOLEYNS DE FOSSELAERT, primo segretario; 0RBAN Henri, secondo segretario.

Brasile -DE BRrTo Tomas, ministro residente.

Danimarca -DE RosENKRANTZ, barone, ministro residente.

Francia -DE MALARET, barone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoTHAN Gustave, primo segretario; LE SoURDE Georges, secondo segretario; DELMAS Albert Joseph, terzo segretario; DE CouRVAL visconte Vietar, addetto; DE GROUCHY visconte Emmanuel Henri, addetto; Du CAssE barone Georges Hermann, consigliere.

Gran Bretagna -ELLIOT Henri George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SACKVILLE-WEsT Lyonel, primo segretario; CoBBOLD Thomas Clement, secondo segretario; JocELYN William Nassau, secondo segretario; FANE Edmund Douglas Veitch, terzo segretario; SMALLWOOD capitano Edward, cancelliere.

Grecia -KALERGIS maggior generale Demetrius, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); RoQUE Phocion, segretario di legazione, incaricato d'affari interinale.

Paesi Bassi -HELDEWIER Mauritius, ministro residente.

Perù -MESONES Luis, incaricato d'affari.

Portogallo -FERRERA BoRGES DE CASTRO José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALVES GuERRA Manuel, segretario; DE SousA HoLSTEIN, addetto; DE PnoENçA VIEIRA Joaquim José, addetto; DE QuEIROZ GUEDES, addetto; DE BREDERADE DA CuNHA Antonio Zaverio, addetto.

Prussia -VoN UsEDOM conte Karl Georg, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VoN BuNSEN Karl, consigliere; VoN ScHMIDTHALS Richard, segretario; VoN KoussEROW, segretario.

Repubblica Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Russia -STACKELBERG conte Ernest, inviato s,traordinario e ministro plenipotenziario; GEREBZOV Nikolae, primo segretario; FoNTON Nikolae, secondo segretario; HASFORT Wsewolod, addetto militare; NECAEV Andrej, addetto.

Spagna -N. N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DuRo Y DuRo Augusto, incaricato d'affari; EscALANTE Y PRIETO Pedro, addetto.

Stati Uniti -PERKINS MARSH George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREEN Clay, segretario di legazione; ARTONI Giuseppe, addetto.

Svezia e Norvegia -HocHSCHILD barone Karl Ferdinand Lothar, ministro residente.

Svizzera -N. N., incaricato d'affari.

Turchia -RusTEM bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CARADJA bey, primo segretario.